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Racconti erotici sull'Incesto

Anche in India

By 9 Luglio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

(Dal diario di Archisha)

Questa &egrave la mia storia .
Sono Archisha , Raggio di luce, ho 43 anni.
Tutto cominciò quando avevo circa 42 anni.
Sono stata sposata felicemente con mio marito ed abbiamo avuto un unico figlio Ravikira, Raggio di sole. Un giorno maledetto ho perduto mio marito, a causa di una malattia. Ero distrutta, come mio figlio Ravikira. Non potevamo vivere più in quella città, a Madras, così vendemmo tutto.
Ravikira ottenne il trasferimento in un luogo lontano e così ci trasferimmo lì. Lui aveva 21 anni, e già lavorava da tempo, guadagnando abbastanza bene. A noi, suoi genitori, corrispondeva 2000 rupie al mese, agli europei sembrerà pochissimo, perché sono meno di 40 Euro, ma nel nostro paese, a quel tempo, bastava per vivere a due persone. Era un accordo scritto che Ravikira aveva fatto con suo padre, firmato da entrambi, e mi assicurò che lo avrebbe rispettato dopo la imprevista e dolorosa scomparsa del mio sposo.
Erano trascorsi tre mesi da quando ci eravamo trasferiti nella nuova residenza, ed ebbi la chiara sensazione che qualcosa stava mutando nella nostra vita. Ravikira sembrava un estraneo, agiva in modo strano.
Quella mattina, era un giorno festivo, dopo aver fatto colazione, che io gli avevo preparato, tirò fuori quell’accordo e mi disse che avrebbe voluto rivederlo, aggiungere una clausola che mi avrebbe consentito di avere più rupie.
Gli stavo per dire che non avevo bisogno di più danaro, ma pensai che, in fondo, ero sua madre, e che sarebbe stato bello poter fare qualche spesa per me.
Lo guardai, eravamo in cucina.
‘E quanto sarebbe questa maggiore somma?’
‘Duecento rupie al giorno’!’
La cosa mi sembrò un po’ stravagante. Mi chiedevo come mai tanti soldi al giorno. Gli chiesi se mi sarebbero state corrisposte ‘tutti i giorni’.
‘Certo, ma’, perché ti chiederò un favore ogni giorno.’
Mi chiesi, mentalmente, quale favore avrebbe mai potuto chiedere alla propria madre. Comunque, alzai le spalle, mi sedetti e firmai l’aggiunta all’accordo, nei termini da lui proposti. 200 rupie per un favore al giorno. Una bella sommetta.
A cena, mentre eravamo a tavola, tentai di sapere di quale favore potesse trattarsi, ma lui evase la domanda.
Ma non dovetti attendere a lungo.
Dopo cena, mi misi a lavare i piatti, al lavandino, e iniziammo a parlare del più e del meno, e tornai nuovamente sul ‘favore’ che mi avrebbe chiesto.
‘Lo vuoi sapere veramente, ma’?’
‘Certo!’
Venne alle mie spalle. Pose le sue mani sulle mie anche, mi attirò a sé, si chinò e mi baciò ardentemente sul collo, lo leccò sensualmente, mentre infilava il duro del suo sesso rigido tra le mie natiche. Fui spaventata, rabbrividii.
Prima ancora che potessi reagire, si allontanò un po’.
‘E’ questo che voglio, ma’!’
Ero sbalordita, distrutta.
Non avrei mai immaginato che Ravikira potesse farmi una esplicita richiesta sessuale. A me! Alla sua mamma!
Mi affrettai a finire di lavare i piatti, e corsi nella mia camera. Passando dinanzi al soggiorno scorsi Ravikira, seduto sul divano, sereno e tranquillo, che guardava la TV.
Corsi in camera, con la testa piena di pensieri e disgusto. Come può chiedermi quello che nessun figlio chiederebbe a sua madre? Già, però, lui &egrave un ‘maschio’. Questa la ragione, L’uomo della casa, io dipendevo da lui’ La testa seguitava a vorticare. Non potevo accettare la perversione di Ravikira. Incredibile, non solo voleva sua madre nel proprio letto ma la voleva pagare per questo! In altre parole, sua madre doveva essere la sua puttana! Che figlio di’. Fermai a tempo il pensiero.
Ravikira deve essere forte di stomaco per chiedere a sua madre di essere la sua puttana.
Lui se ne approfitta perché &egrave l’uomo della casa, e io sono a suo carico. Adesso &egrave un ‘uomo’, non &egrave mio ‘figlio’! Quel disgraziato, sa bene quanto mi sia difficile dirgli di no. Dovrei abbandonarlo, mi lascerebbe senza una rupia, certo non mi corrisponderebbe neanche le 2000 contrattate col padre. E sarei sola, senza mezzi. L’alternativa era: o prostituta di mio figlio o prostituta per tutti! Bella prospettiva!
Non riuscii a chiudere occhio tutta la notte. Seguitavo a rimuginare intorno alla sua offerta, alla sua richiesta. Vediamo, dunque. Se accetto, resto con lui, ho più denaro, e’ e’ in effetti soddisfo anche le mie esigenze sessuali, poiché non ho più un partner. Quel pensiero, però, solleticava la mia ‘micetta’, piacevolmente. Era del tutto naturale e comprensibile. Ma mi assalirono altre riflessioni. Accettare significava commettere quello che viene chiamato incesto!
Pensai tutta la notte. Alla fine decisi che avrei consentito a Ravikira di ottenere quanto voleva. In fondo, se lui &egrave un pervertito, io’ sono sua madre!
La mattina successiva, prima ancora del risveglio di Ravikira, feci la doccia e mi misi addosso un ‘sari’ di chiffon, senza indossare biancheria intima. Andai a preparare la colazione. Giunse lui e, come al solito, facemmo colazione insieme, quasi in silenzio, senza chiacchierare molto. Vedevo che fissava il mio corpo, e leggevo la concupiscenza nei suoi occhi. Restò calmo. Non disse nulla. Ero sorpresa del come sapesse controllarsi. Finì, mi sorrise, si alzò, andò, a sua volta, nella doccia.
Ad essere sincera, avevo pensato che mi avrebbe afferrata e baciata quasi con violenza. No. Era calmo.
Dopo la doccia si vestì con un lungo sarong e la camicia, come fa sempre quando &egrave a casa. Andò a sedere sul divano del tinello.
Finito il mio lavoro, in cucina, andai da lui. Restai in piedi.
‘Ravikira, ho pensato alla proposta che mi hai fatto ieri.’
Sostai un momento, fissandolo.
‘L’accetto!’
Rimase in silenzio, mi guardò. Abbassò la testa.
Mi voltai per avviarmi verso la mia camera’ prese improvvisamente un lembo del sari e lo tirò, con forza. Questo gesto mi fece barcollare. Mi girai tentando di non far aprire il sari, ma lui ne aveva preso ambi i lembi, con le due mani. Lo guardai con un senso di timore. Il sari s’era aperto, il seno era completamente scoperto, e lui lo fissava con evidente concupiscenza. Il petto che l’aveva nutrito quando era bambino.
Si alzò, di colpo, mi abbraccio e mi baciò sulla bocca, con la sua lingua che cercava bramosamente di intrufolarsi tra le mie labbra. Le sue mani cominciarono a toccarmi dappertutto, specie là dove non &egrave consentito toccare la propria madre. Mio figlio stava godendo col corpo di sua madre! Era un tormento, per me, un vero supplizio.
Non perse tempo, mi portò di peso sul mio letto, mi tolse tutto. Mi succhiò voracemente le tette, mentre con una mano mi carezzava il grembo’ tra le gambe’
Mi fece sdraiare, completamente, si mise tra le mie gambe e ficcò decisamente il suo uccellone nella mia vagina. In me. In sua madre!
Non potevo far altro che chiudere gli occhi, sconsolata, mentre mio figlio entrava col suo sesso nella mia intimità, nel luogo dal quale era venuto al mondo. Sentivo che ero violata. Provavo sofferenza, nessun piacere. Seguitavo a tenere gli occhi chiusi, mentre lui si spingeva sempre più nella mia vagina. La mia vagina, violata da mio figlio!
Mi tornavano alla mente le scene di alcuni film. In particolare quello di una donna il cui figlio era stato rapito dai banditi. La donna va a chiederne la restituzione. Il ragazzo &egrave stato portato sulla sommità d’una torre. Il bandito sogghigna. Dice alla donna che o lei giace con lui o getterà il figlio dalla torre. La donna &egrave tormentata, alla fine acconsente, e mentre lui la stupra, il fanciullo viene liberato.
La differenza &egrave che nel mio caso il bandito &egrave mio figlio.
Io sono stuprata per poter restare con lui!
Mio figlio stava violando il mio corpo, col suo prepotente pene, infilandolo nel luogo da dove era nato! Questo mi sgomentava.
Era su me, dava colpi energici, col suo uccellane nella mia povera micetta, e ad ogni colpo ripeteva che voleva avermi, venire dentro me!
Fui richiamata alla realtà dai miei sensi, quando Ravikira m’invase col suo seme caldo e impetuoso. Prima di allora nessun altro seme s’era sparso nel mio grembo, se non quello di mio marito!
Quando ebbe terminato, sgusciò dal mio corpo, si alzò, prese le sue cose e uscì dalla mia camera.
Ero distesa, in un bagno di sudore, col seme di mio figlio che gocciava dalla mia vagina. Non avrei mai pensato che mi sarei trovata in una tale condizione, sul letto, a gambe divaricate, sudata e colante sperma, dopo la morte di mio marito!
Mi alzai, a fatica, e mi trascinai nel bagno, per pulirmi.
Dopo pochi mesi da questo primo episodio, cominciai ad abituarmi a tali rapporti. Lentamente, ogni mio senso di colpa cominciò a svanire e ho iniziato, pian piano, a godere i piaceri del sesso, con lui.
E’ trascorso più di un anno, da quella prima volta.
Ravikira non lascia passare giorno, salvo quelli proibiti per il mio ‘periodo’, senza alzare il sari della madre, senza succhiarle i capezzoli, leccarle la vagina, baciarla dappertutto, e scoparla con sempre maggiore passione.
Devo confessare che mi fa godere da matta. E che entrambi raggiungiamo vette incredibili di voluttà. Specie quando sono io a impalarmi sul suo magnifico pennone di carne soda e fremente. Lo prosciugo del tutto, fino all’ultima goccia del suo seme caldo e balsamico.
La nostra fantasia non ha confini. Certo, abbiamo raddoppiato il numero di posizioni del più ricco dei Kamasutra.
E’ magnifico quando mi penetra stando alle mie spalle, io appecoronata, lui con una mano sulle mie tette e l’altra che fruga intrigantemente nella mia vagina, titilla il mio sempre giovane e desideroso clitoride.
E’ cambiato tutto.
Mi piace, infinitamente, essere la puttana di mio figlio, e a lui piace scopare sua madre.
Conduciamo una più che regolare vita coniugale. Siamo sempre in luna di miele.
Sento di essere fortunata ad avere uno stallone del genere, ad essere stata scelta, alla mia età, e a destare tanto desiderio e voluttà.
In più, mi corrisponde un ricco compenso.
Tre mesi fa, ho avuto la mia ultima mestruazione.
L’ho detto a Ravikira. Sono incinta, aspetto un bambino. Da lui!
Siamo felicissimi. Questa gravidanza ci fa maggiormente sentire ‘marito e moglie’.
Lo chiameremo Juhl, fiore. Il nostro fiore, sbocciato dal suo seme, nel mio solco. Nascerà da me, come lui!
Tutto in regola. Abbiamo lo stesso cognome!
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