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Ilaria e la scommessa Azzurra: Italia-Austria (Ottavi)

By 8 Agosto 2021No Comments

Sabato 26 giugno 2021

Quel weekend, per le famiglie di Paolo e Ilaria, iniziavano ufficialmente le vacanze. Quindici giorni di ferie al mare, rigorosamente insieme come da tradizione. Da quasi una decina d’anni, addirittura, i due nuclei familiari soggiornavano nello stesso appartamento: un grazioso loft all’ultimo piano di uno di quei condomini ad uso esclusivo dei villeggianti. Situato a meno di 400 metri dalla spiaggia, e dotato anche di una piccola piscina condominiale, quell’appartamento li aveva fatti innamorare da subito, e ogni anno ci tornavano con piacere. All’interno vi erano un salone abbastanza ampio, due camere da letto in cui dormivano le coppie di genitori, un bagno piccolo ma funzionale, e poi fuori un terrazzo che dava proprio sulla piscina, e dal quale si poteva godere della vista del mare. I tre ragazzi invece dormivano nel soppalco, un’area aperta e comune, in cui riuscivano comunque a ritagliarsi senza difficoltà uno spazio personale. Probabilmente dipendeva anche dal fatto di essere abituati fin da piccoli, ma né Paolo, né Ilaria e neanche Alessandro si erano mai lamentati di non avere una stanza tutta per sé.

I due fratelli, insieme ai loro genitori, erano stati i primi ad arrivare quel sabato mattina, mentre gli zii li avevano raggiunti verso ora di pranzo. Il tempo di sistemarsi, e nel pomeriggio ebbero anche l’opportunità di fare un primo giro in spiaggia, dove avevano prenotato due ombrelloni adiacenti per entrambe le settimane.
Ilaria invece si era trattenuta in città, e si sarebbe unita a loro solo nel tardo pomeriggio. Quel sabato infatti doveva partecipare a un pranzo di fine anno con tutta la sua classe. Un appuntamento al quale erano stati invitati anche i professori, una celebrazione di cinque anni di liceo alla quale non sarebbe mancata per nulla al mondo.
Visto che quella sera l’Italia avrebbe giocato contro l’Austria, nella prima gara a eliminazione diretta degli Europei, suo padre aveva già programmato tutto. Il suo treno arrivava alle 18.52, lui sarebbe andato a prenderla in stazione e avrebbe avuto tutto il tempo di portarla a casa, permetterle di posare la valigia e cambiarsi, prima di uscire per cena. Aveva già prenotato per le 20.30 nel loro locale preferito, che frequentavano ormai da anni. Lì avrebbero mangiato, seguito la partita sul televisore a 88 pollici insieme agli altri clienti, e auspicabilmente festeggiato la quarta vittoria consecutiva degli Azzurri.
Un piano d’azione studiato nei minimi dettagli: ecco perché l’uomo ci rimase male, molto male – al punto quasi di arrabbiarsi – quando gli arrivò quel messaggio in cui la figlia gli annunciava di aver perso il treno. “Il pranzo è andato per le lunghe” gli aveva scritto, aggiungendo poi “Arrivo col treno delle 20.24”. Ecco, il programma così minuziosamente costruito era andato in fumo. Per sua fortuna, prima che potesse dare in escandescenza gli venne in soccorso il nipote: «Posso andare a prenderla io – gli propose con encomiabile disponibilità – Voi andate a mangiare, vi raggiungeremo per l’inizio della partita».

Paolo aveva fatto del suo meglio per non darlo a vedere, ma era rimasto molto colpito dall’abbigliamento di sua cugina, quando l’aveva vista scendere dal treno. E ora che erano arrivati all’appartamento, poteva ammirarla meglio: camicia azzurro chiaro, gonna beige a vita alta, stretta e lunga fino al ginocchio, ai piedi delle graziose décolleté che – se n’era accorto solo una volta scesi dall’auto – con quei 7-8 centimetri di tacco la rendevano perfino più alta di lui. Non ricordava di averla mai vista così elegante, così… donna.
«Che ore sono?» chiese sciogliendosi i capelli, e appoggiando la borsa sul mobile dell’ingresso. Erano le 20.40, per arrivare al ristorante in tempo per la partita sarebbero dovuti partire praticamente subito.
«Aspettiamo ancora cinque minuti, che dici?» suggerì, appoggiandosi contro lo schienale del divano e fissandolo negli occhi. Lui era arrivato solo qualche ora prima di lei, ma a guardarlo le sembrava già un po’ abbronzato. Probabile che avesse preso del sole già nel corso della settimana, a quelle partite di calcetto con gli amici a cui le aveva raccontato di aver partecipato.
Il ragazzo fece il giro del divano e vi si accomodò. I loro corpi erano rivolti in direzioni opposte, ma sebbene lei fosse di fatto in piedi e lui seduto, girando la testa potevano guardarsi. Cosa che fecero per diversi secondi, sorridendo ma senza dire nulla.
«Pensi che mio papà abbia sospettato qualcosa?» gli chiese infine, rompendo il silenzio.
Lui scosse la testa. «Ci stava che il pranzo durasse più del previsto – la rassicurò – A chiunque sarebbe potuto capitare di perdere il treno. Non può certo immaginare che tu l’abbia fatto di proposito».

La proposta, a Paolo, era arrivata a metà pomeriggio. Sua cugina, alla ricerca di un complice, gli aveva scritto: “Sono già al quinto brindisi… Arriverò stanca e forse un po’ brilla. Se stasera non venissi a cena con tutti, secondo te quanto si offenderebbero?”. Subito dopo, facendolo scivolare via senza darci troppa importanza, aveva aggiunto: “Magari tiri pacco anche tu e guardiamo la partita insieme a casa?”.
Inutile dire che il ragazzo, nonostante attendesse quell’accoppiata “cena più partita” da quasi una settimana, ci mise meno di un secondo ad accettare. Anzi, il piano di prendere il treno successivo era opera sua. Ora per completare il tutto mancava solo quel messaggio che lui stesso mandò a suo papà, evitando a Ilaria di doversi confrontare di nuovo col proprio: “Siamo appena arrivati, Ilaria è stanca morta e mi sa che non ce la fa a venire a cena. Pensavo di non lasciarla sola, magari ci ordiniamo qualcosa da mangiare e ci vediamo quando tornate. Scusate”.
Paolo conosceva suo padre, la cui reazione fu esattamente quella che immaginava: non solo non se la prese affatto, ma ebbe anche grande stima del figlio, che con altruismo aveva rinunciato a quella serata. Un po’ meno bene la prese il papà di Ilaria, il quale tuttavia non poté fare altro che arrendersi a quel cambiamento di programma.

«Fatto! Te l’avevo detto, nessun problema» annunciò trionfante Paolo, salendo le scale e raggiungendo sua cugina nel soppalco. La ragazza aveva appoggiato la valigia sul proprio letto, e la stava svuotando. Il solo fatto di intravedere alcuni costumi e reggiseni fece leggermente arrossire Paolo. Cosa che Ilaria notò, anche se decise di fare finta di nulla.
«Mancano dieci minuti alla partita, se lasci che mi cambi e mi dia una rinfrescata, sarò pronta per il fischio d’inizio».
«Ah… ti cambi?» chiese il ragazzo, senza poter nascondere un pizzico di delusione.
Lei accennò un mezzo sorriso. Ma non disse nulla, come se volesse invitarlo ad elaborare quel pensiero.
«Stai molto bene vestita così – aggiunse allora lui, di fatto assecondandola – Come mai tutta questa eleganza?».
A Ilaria piaceva molto il modo che aveva suo cugino, un po’ timido e impacciato ma certamente molto dolce, di farle i complimenti.
«Al pranzo c’erano anche i prof, coi miei compagni abbiamo deciso che in quest’ultima occasione meritavano di vederci… maturi, e non solo dal punto di vista accademico».
«Beh, è stata un’ottima idea» le ribadì, concedendosi un’occhiata più prolungata al suo outfit. Ancora una volta, la ragazza lo guardò senza dire nulla. Sembrava quasi che i due stessero cercando di leggersi nel pensiero, alla ricerca di un segnale, un input, una sensazione.
«Facciamo così – gli disse infine, rompendo gli indugi – Se tu ora mi ordini del cinese, io la partita la guardo vestita come sono ora».

Pochi minuti dopo, Ilaria uscì dal bagno serena e rinfrescata. Come promesso, indossava ancora camicia e gonna, mentre si era concessa di togliere le scarpe, restando a piedi nudi.
«Ho ordinato da asporto, ma probabilmente ci vorrà una mezz’oretta» annunciò Paolo. Lei lo ringraziò, accomodandosi al suo fianco sul divano. Era appena terminata l’esecuzione degli inni nazionali, la partita di fatto stava già cominciando.
«Allora, com’è questa Austria?» gli chiese. Lui scosse leggermente la testa, sembrava quasi preoccupato: «Noi siamo più forti – rispose – Ma stasera è la prima in cui chi perde va a casa, sarà più dura».
Lo osservò stupita, era la prima volta che non ostentava completa fiducia prima della gara. «Non mi dirai che stasera dovrò essere io a scommettere per l’Italia?».
Le sorrise, facendo segno di no con la testa. «Non porta bene, interrompere le tradizioni».
«Giusto, giusto. E quindi, che risultato vuoi giocarti stavolta?».
«In realtà… – sorrise ancora, cercando le parole giuste – Pensavo che potremmo mettere in palio qualcosa ad ogni gol. Nel senso, se ti va di scommettere ancora i vestiti, come l’altra volta…».
«Prima vuoi che metta certi vestiti, e poi che me li tolga? Deciditi!» scherzò. E poi riprese: «Quindi, se ho capito bene… Dovrei togliermi un indumento a ogni gol dell’Italia? E se finisco gli indumenti?».
«Beh, se non sbaglio dovresti averne quattro addosso ora, giusto?».
Ilaria sorrise. Era vero: fra camicia, gonna, reggiseno e mutandine i capi che indossava erano proprio quattro. «Mi hai già fatto una radiografia?» gli chiese con una certa punta di malizia.

Il gioco era rischioso stavolta, la posta in palio si era alzata. Se l’Italia fosse riuscita a fare quattro gol, avrebbe davvero avuto il coraggio di restare nuda di fronte a suo cugino? Era anche vero che il 4-0 non le sembrava un risultato così facile da raggiungere, specie considerando che secondo Paolo la partita sarebbe stata dura. Le ritornarono anche alla mente un paio di screen ricevuti in quei giorni dal fidanzato, che parlando della partita le aveva inoltrato un articolo: due opinionisti, degli ex calciatori (uno francese e uno inglese, le pareva di ricordare), avevano sostenuto che l’Italia non aveva le qualità per arrivare fino in fondo all’Europeo. E anche se leggerlo le aveva provocato un certo fastidio, dettato più che altro da orgoglio nazionalista, non c’era dubbio che quei due fossero più esperti di lei. Magari davvero il percorso azzurro si sarebbe potuto interrompere a breve.
«Ci sto, ma a una condizione – annunciò – La scommessa vale anche per te in caso di gol dell’Austria».
Paolo rimase colpito da quella proposta. Era la prima volta che gli suggeriva di mettersi in gioco proprio come stava facendo lei, e non poté che rallegrarsene. Solo un dettaglio gli fece esprimere una piccola contestazione: «Io però oggi il reggiseno non l’ho messo – scherzò – Quindi di indumenti ne indosso solo tre».
Era evidente: t-shirt, pantaloncini, intimo. Di più non poteva avere. Ilaria uscì dalla situazione nella maniera più semplice: «Non avrai mica paura che la mia piccola Austria faccia tre gol alla tua grande Italia, vero?».

Che fosse una partita più tesa delle precedenti, se ne rese conto perfino lei che il calcio lo masticava poco. La Nazionale sembrava giocare in maniera meno sciolta, e il risultato faticava a sbloccarsi. Nella prima mezz’ora contò un solo pericolo veramente degno di questo nome, neutralizzato però dal portiere austriaco. Finì anche per provare un po’ di frustrazione, consapevole che una partita con tante reti avrebbe permesso loro di “giocare” una sfida parallela ben più divertente, lì sul divano. E invece nulla, sia i gol che la cena si facevano attendere.
Erano circa le 21.30, quando dalla grande distanza Immobile – un po’ Ilaria si stupì di come stava imparando a riconoscere i giocatori – scagliò un tiro che colpì l’incrocio dei pali. Paolo saltò in piedi, ma dovette strozzare in gola la propria gioia. Quando si girò verso di lei, sua cugina si impietosì per quegli occhioni tristi.
«Beh, questo valeva almeno un paio di bottoni» disse ironica ma non troppo, slacciando la parte alta della camicia. Paolo si mise a ridere, ma allo stesso tempo osservò con curiosità quel gesto, che la portò ad esporre parte della sua scollatura. In quelle ultime settimane, specie da quando nel corso della partita precedente aveva ricevuto le immagini dalla spiaggia, lui aveva pensato spesso a quel seno che aveva potuto ammirare solo avvolto dal bikini. L’idea che lo avesse scoperto in un luogo pubblico lo aveva mandato fuori di testa, e continuava a immaginare come sarebbe stato vederlo dal vivo. Ma decise di continuare a fare il gentleman, e deglutendo tornò a sedersi.

Un paio di minuti dopo suonò il campanello. Finalmente era arrivato il cibo cinese che avevano ordinato.
«Ho già pagato online con la carta, puoi andare tu?» la supplicò il cugino, che non voleva perdersi quel calcio di punizione appena sanzionato dall’arbitro. Ilaria non si fece pregare e andò alla porta, dietro alla quale trovò un giovane ragazzo orientale con in mano la sua ordinazione. Per un attimo lui rimase stupito, e i suoi occhi andarono ben presto a posarsi su quella scollatura che, lei lo realizzava solo in quel momento, era forse un po’ troppo profonda per aprire la porta al fattorino. Al centro si riusciva a intravedere anche il gancetto del reggiseno.
«Buonasera?» gli disse lei, come per risvegliarlo dal torpore nel quale era caduto. Lui tornò a guardarla negli occhi, pentendosi probabilmente di essere stato così sfacciato, ma non disse nulla.
«Posso… avere il mio cibo?» chiese infine allungando una mano, e di nuovo il ragazzo non spiccicò parola, ma le porse la busta con l’ordinazione.
A quel punto a Ilaria venne il dubbio che non parlasse italiano. In effetti il suo lavoro consisteva solo nel consegnare il cibo, non doveva neppure farsi pagare. Un incarico del genere avrebbe potuto farlo anche senza conoscere la lingua. Nel frattempo un’imprecazione di Paolo giunse chiara fino all’ingresso, rendendo evidente che un’altra occasione era andata in fumo. «Per fortuna! – disse divertita al fattorino, ormai convinta di parlare una lingua a lui sconosciuta – Se avessero fatto gol, avrei dovuto spogliarmi».
Di nuovo il ragazzo rimase immobile e in silenzio, e a quel punto lei, seppur divertita, decise che non rimaneva altro che salutarlo. Fu quando la porta era ormai a pochi centimetri dal chiudersi, che dall’altra parte lo udì finalmente parlare: «Grazie e buon appetito».
«Bene… – disse rivolgendosi a Paolo, mentre zompettava a piedi nudi fino al divano con le scorte di cibo – Per questa vacanza niente più cinese, ok? Colpa mia, sorry!».

Il tempo passava, ma i gol latitavano. La tensione sul volto del cugino si faceva sempre più evidente, perfino Ilaria iniziò ad avvertire una sorta di nervosismo per ciò che accadeva – o meglio, non accadeva – sul campo. A inizio ripresa, con il risultato ancora inchiodato sullo zero a zero, divenne consapevole che la loro scommessa era passata in secondo piano, perché Paolo iniziava ad essere seriamente preoccupato. L’Italia era in difficoltà, non riusciva ad esprimersi come nelle gare precedenti, mentre l’Austria si faceva sempre più spesso vedere in avanti.
«Uff… – protestò la ragazza, nel tentativo di alleggerire la situazione – Altro che 4-0, di questo passo mi toccherà tenermi tutto addosso!».
Per la prima volta da quando era cominciato il secondo tempo, Paolo distolse gli occhi dal televisore. Avrebbe quasi voluto scusarsi, perché negli ultimi minuti aveva smesso di reggerle il gioco e scherzare con lei. Ma non disse nulla, bloccato dal sorriso innocente della ragazza.
Tutto accadde nello spazio di pochi secondi. In un attimo vide l’espressione di sua cugina trasformarsi in un misto di stupore e paura: il tempo di girare la testa verso lo schermo, e Paolo poté assistere con disappunto al pallone che, in seguito al colpo di testa dell’attaccante austriaco, si infilava imparabile sotto la traversa.
«Ma no, non ci credo!» esclamò balzando in piedi. Incredibile, in quattro partite quello era il primo gol subito dall’Italia, e arrivava a meno di mezz’ora dalla fine di una gara che, se persa, avrebbe mandato tutti a casa.

Mani sui fianchi, testa bassa, occhi da cucciolo… Ilaria non poté fare a meno di provare grande tenerezza per lui, in quel momento. Anche a lei, che pure certamente teneva di meno al risultato, dispiaceva per quel gol. Ma allo stesso tempo non poteva dimenticare che, per la prima volta da quando avevano iniziato quello strano gioco, stava vincendo una scommessa.
«Ehm, io non vorrei dirtelo, però…» accennò con un filo di voce, cercando di essere più delicata possibile. Lui sembrò non capire. O forse fece solo finta di non capire, guidato dal desiderio di sentirglielo dire esplicitamente. Lei evidentemente lo intuì, perché qualche secondo dopo ufficializzò la richiesta: «Dovresti toglierti la maglietta».
Per un attimo, le sembrò quasi di scorgere di nuovo un sorriso sulle sue labbra. Era davvero riuscita a restituirgli un momento di emozione positiva? Dal canto suo, Paolo non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro. In fondo non gli dispiaceva poter finalmente ricambiare tutte quelle provocazioni che sua cugina gli aveva regalato durante le partite precedenti. Si augurò solo di poter essere all’altezza… in fondo lui era meno attraente di lei, o almeno ne era convinto.
Ilaria però era di tutt’altro avviso. Da quando le sue amiche, quel giorno al mare, avevano fatto tutti quei discorsi su Paolo definendolo “fregno”, aveva iniziato a pensare a lui in modo diverso. A vederlo come un maschio, e non più solo come il cugino con cui era cresciuta. E quando con fare un po’ impacciato lui si tolse la maglietta davanti a lei, rimanendo a petto nudo, sentì quasi un brivido.
Non era un fisico perfetto, o neanche il più bello che avesse visto. Quello di un ragazzo nella media, non certo di un palestrato, ancora poco abbronzato e con un timido accenno di peluria sui pettorali… Eppure, sarà stato per la situazione, quel suo spogliarsi davanti a lei le provocò un solletichio fra le gambe.
«Te la stai godendo, eh?» le disse tornando a sedersi di fianco a lei.
«Oh, non sai quanto!» rispose giuliva, senza mai distogliere lo sguardo.

Il gioco intanto non era ancora ripreso, nonostante fossero passati quasi due minuti. Se ne resero conto solo in quel momento, appena prima che il telecronista annunciasse che, in seguito a un controllo dei replay, il gol veniva ufficialmente annullato per fuorigioco. Paolo esultò a pugni chiusi, quasi come se l’Italia avesse appena realizzato il pareggio. E anche Ilaria, seppur incredula, applaudì contenta.
«Che culo!» disse lui entusiasta, abbracciando la cugina. Un contatto che durò pochissimo, giusto il tempo di ricordarsi di essere senza maglietta. «Mi sa che me la devo rimettere, a questo punto…» commentò con un filo di rammarico.
Lei però lo bloccò: «Ci sarebbe un altro modo per… tornare in parità» gli fece notare, alzandosi in piedi. Paolo rimase ancora una volta rapito dalla visione di quel delizioso fondoschiena, fasciato stretto dalla gonna. A quel punto la osservò con stupore, mentre la ragazza portava le mani sulla zip laterale. «Che dici?» gli chiese girando solo un po’ la testa, senza guardarlo davvero.
«Che culo!» ripeté lui, facendola ridere. Poi la vide fare quello che era già successo nella partita con la Svizzera, solo stavolta da posizione molto più ravvicinata: Ilaria abbassò la zip, e fece scivolare la gonna lungo le cosce e i polpacci, fino a terra. La camicia tuttavia le arrivava fin sotto ai glutei, per cui Paolo non poté vedere tutto ciò che sperava. Almeno fino a quando, con un gesto per nulla premeditato, la ragazza si piegò in avanti per raccogliere la gonna da terra. Nel farlo espose il proprio sedere al cugino, il quale ne ammirò ancora una volta la perfetta rotondità. Indossava una brasiliana di pizzo, di colore grigio scuro, che era facile riconoscere come molto sexy, anche in quei pochissimi secondi che ebbe a disposizione per osservare.
Solo quando si rimise in posizione eretta, Ilaria si rese conto dell’involontario spettacolo che aveva offerto. Si girò per rendersi conto di quanto lui ne avesse approfittato, e fece appena in tempo a vederlo voltare di scatto la testa verso il televisore. Sorrise, apprezzando quella sua delicatezza, e si rimise a sedere di fianco a lui, ora con le cosce esposte ai suoi sguardi.

I due ragazzi erano ancora abbastanza a loro agio, ma d’altra parte non stavano mostrando chissà che. Dal giorno dopo, in spiaggia, si sarebbero esposti molto di più. Anche per quel motivo, forse, crebbe in entrambi una certa frustrazione, quando i novanta minuti si conclusero sullo zero a zero.
«Ma se andiamo ai rigori… – propose Paolo – la scommessa sarà valida anche per i gol dal dischetto?».
«Mi pare ovvio!» confermò lei, senza esitazione alcuna.
Compiaciuto, il ragazzo si alzò per prendere qualcosa da bere. Quando tornò al divano, per poco non gli caddero i bicchieri. Decisamente inattesa l’immagine che si era trovato davanti: Ilaria si stava sbottonando del tutto la camicia.
«Magari è di buon auspicio, dai» si giustificò, arrossendo leggermente.
Mentre le porgeva il bicchiere, Paolo faticò a toglierle gli occhi di dosso. La camicia lasciava aperta una striscia centrale larga al massimo cinque o sei centimetri, sufficienti tuttavia per scorgere il reggiseno di pizzo, perfettamente coordinato con la parte di sotto che aveva intravisto poco prima, e impegnato con una certa fatica a contenere le sue forme.

Ad attenderli, dopo una piccola pausa, c’era un inizio di supplementari a dir poco scoppiettante. Dopo appena tre minuti capitò infatti un’occasione buona a Chiesa, che era entrato a partita in corso e che Ilaria aveva notato subito, trovandolo piuttosto carino. Il suo tiro da buona posizione, però, venne parato dal portiere. Al momento della conclusione, la ragazza aveva alzato le braccia speranzosa, quasi pronta a gridare al gol. Nel farlo la camicia si era aperta del tutto, e ora il suo reggiseno era perfettamente visibile.
Paolo non mancò di accorgersene, e il suo sguardo fu come calamitato: il seno di sua cugina era spettacolare, forse un po’ meno grosso rispetto a quelli che amava guardare su internet, ma trovava che avesse una forma perfetta. E come le stava bene quel reggiseno di pizzo, capace di esaltare la pienezza e morbidezza della mammella.
Ilaria si accorse di quelle improvvise attenzioni, e anche se si ritrovò ad apprezzarle, dovette rapidamente richiamare all’ordine suo cugino. La partita infatti stava vivendo un altro momento decisivo: su un bel lancio dalla sinistra, lo stesso Chiesa si fece trovare tutto solo e, dopo aver messo a sedere un difensore, scagliò finalmente il pallone in rete.
Di nuovo Paolo scattò in piedi, esultando con grande trasporto. Quel gol era una vera e propria liberazione! Anche lei ne fu contentissima, ormai la si poteva considerare una tifosa a tutti gli effetti. E il pensiero di cosa quell’agognato vantaggio avrebbe comportato ai fini della loro scommessa, le procurò un ulteriore brivido.

Suo cugino guardò e riguardò il gol da tutte le angolazioni possibili, godendosi i replay a un metro dallo schermo, con l’entusiasmo di un bambino. Ci mise un po’, dunque, a rendersi conto che silenziosa Ilaria era sgattaiolata via.
«Ma dove sei andata?» chiese a voce alta, non vedendola più sul divano.
«Arrivo!» urlò lei da dietro la porta del bagno, dal quale uscì pochi secondi dopo lasciandolo, ancora una volta, senza parole. Addirittura il ragazzo faticò a razionalizzare ciò che stava vedendo, almeno fino a quando non fu chiamato ad afferrare al volo il reggiseno che lei, scherzosamente, gli aveva appena lanciato. E tenendolo fra le mani, capì finalmente che non se lo stava immaginando.
Ilaria aveva deciso di prenderlo ancora una volta in contropiede, e invece di togliere la camicia come ci si sarebbe potuti aspettare, aveva rinunciato alla parte superiore del suo intimo. La camicia in compenso era ancora semiaperta, e lui poteva vedere quasi metà delle sue tette. I capezzoli erano coperti dalla stoffa, ma fu comunque una visione che lo fece eccitare a dismisura, molto più di ciò che sarebbe stato se l’avesse vista in reggiseno e mutandine.
Lei intanto passava con lo sguardo dagli occhi di lui, per monitorarne ogni minima reazione, al proprio petto, per controllare che nessun movimento sbagliato le facesse mostrare più di quello che voleva.
«Chiesaaa!» esclamò Paolo di punto in bianco, facendo il verso al telecronista. Stava praticamente esultando di nuovo come aveva fatto poco prima, stavolta non per il vantaggio dell’Italia ma per quella gioia che il giocatore e sua cugina gli avevano regalato. Lei scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con una mano, quasi imbarazzata.
Avvicinandosi a lui, si sentì ancora più emozionata, e ovviamente la stessa cosa valeva per il ragazzo. Il quale ora faticava a dissimulare i propri sguardi. Quando lei gli fu a fianco, ma rivolta verso la partita che nel frattempo era ricominciata, lui non poté non notare l’effetto di quella posizione di tre quarti: la camicia si adagiava dolcemente sulla parte superiore del petto, e più giù scendeva dritta, distanziata di qualche centimetro dal corpo a causa del volume del seno, di cui ora poteva ammirare il profilo praticamente senza alcun impedimento.
Tenendo fisso lo sguardo sullo schermo, ma senza preoccuparsi di nascondere un sorriso, Ilaria allungò lentamente la mano fino a posarla sul viso di Paolo… e poi con una leggera pressione aiutò suo cugino a voltare nuovamente la testa verso la partita.

Dopo quasi un intero minuto, la ragazza si rimise nuovamente a sedere sul divano, e lui allora la imitò. Le emozioni erano tante, per entrambi, e difficili da processare. L’unica cosa sensata pareva continuare a godersi il momento e la partita.
Dopo il vantaggio, intanto, l’Italia sembrava aver riacquistato la fiducia persa nel corso della serata, e ora stava controllando il gioco. Prima che si arrivasse al mini intervallo, ci fu un’altra grande occasione con un calcio di punizione di Insigne: solo un ottimo intervento del portiere tolse la palla da sotto l’incrocio. Un pericolo che ricordò molto da vicino il legno colpito nel primo tempo. Anche allo stesso Paolo, che provò subito ad approfittarne: «Questo deve valere almeno qualche secondo di apertura della camicia… o no?» le propose scherzosamente.
Un po’ a sorpresa, o forse no visto come stava andando la serata, la ragazza non la trovò un’idea così irrealizzabile. «Dici che dovrei?» gli chiese con uno sguardo che tradiva una buona dose di malizia.
Paolo, a cui non sembrava vero di aver ricevuto una risposta del genere, non ebbe il coraggio di spingersi oltre. Ma a lei non serviva di più: si alzò in piedi e, con un gesto rapido e deciso, afferrò entrambi i lembi della camicia e la aprì completamente.

Il problema – per Paolo, ovviamente – fu che la ragazza lo fece rivolta verso lo schermo, fra l’altro proprio durante il primo piano di un giocatore azzurro. L’unica scena che il ragazzo vide, dunque, fu quella di sua cugina che mostrava le tette a un calciatore della nazionale, ma dal divano poté solo immaginarsi come potesse essere stare dall’altra parte.
Stava ancora sorridendo amaro, quando da un’azione confusa in area l’Italia ne uscì con l’improvvisa rete del due a zero. «Ancora Pessina!» gridava il telecronista, mentre Ilaria si era richiusa la camicia, e ora fissava Paolo con gli occhi e la bocca spalancati e un sorriso incredulo. Quasi come se pensasse di avere in qualche modo contribuito, o portato fortuna, con quel suo gesto.
A volte il calcio è strano… Per più di novanta minuti non era successo quasi nulla, e ora nell’arco di un supplementare l’Italia aveva realizzato due gol! Ilaria, pur felice per quel doppio vantaggio che ormai sembrava aprire le porte dei quarti, sapeva cosa significava per lei: si sarebbe dovuta sbarazzare della camicia. Glielo fece notare, con il consueto garbo, anche Paolo pochi secondi dopo, quando l’arbitro fischiò la fine del primo tempo supplementare.

Se venti giorni prima le avessero descritto la situazione in cui si trovava in quel momento, forse si sarebbe messa a ridere. Ma ora era lì, era stata lei a infilarsi in quel gioco. Le tremavano un po’ le gambe, ma avrebbe mai potuto tirarsi indietro a quel punto?
«Non devi farlo per forza, sai» le disse suo cugino.
La ragazza gli dava le spalle. Chiuse gli occhi, fece un respiro profondo, e poi lentamente si sfilò la camicia, lasciandola cadere a terra. Paolo ne ammirò la schiena nuda, la sinuosità con cui si andava a congiungere a quel delizioso culetto che ora finalmente poteva guardare bene. Il pizzo che avvolgeva i glutei di sua cugina lo eccitò ancora di più.
Quando Ilaria finalmente si girò, aveva le tette fra le mani. Con i palmi si copriva i capezzoli, le dita quasi le stringevano, facendole risaltare ancora di più.
«Se sto così, è un buon compromesso?» chiese con un filo di voce. Credeva di deluderlo, ma non immaginava che lui trovasse quella posa eccitante quasi al pari di un topless.
«La scommessa diceva che dovevi toglierti un indumento, e mi pare tu l’abbia fatto» la confortò Paolo, che non voleva certamente forzarla a situazioni in cui non si sentisse a suo agio. Tutto ciò che li aveva portati fin lì era stato condiviso e voluto da entrambi, e non aveva alcuna intenzione di cambiare atteggiamento.

«Sai, pensavo… – le disse dopo che si furono riseduti – Matteo Pessina in tutto l’ultimo campionato di serie A ha realizzato due gol totali».
«Ah sì?» rispose Ilaria, fingendo interesse. Lui teneva il telefono in mano, evidentemente aveva appena controllato quell’informazione su Wikipedia. Si rese conto ben presto che Paolo stava cercando di cambiare argomento per smorzare il suo imbarazzo… nonché la tensione sessuale che si avvertiva distintamente nella stanza.
«Sì, e ora invece ha fatto due gol agli Europei in una settimana… Ed entrambe le volte ti ha fatta rimanere in topless!».
Era vero: la domenica precedente, era stata proprio la sua rete col Galles a spingere la ragazza a togliersi la parte superiore del bikini in spiaggia, per mandare la foto a Paolo.
«Scommetto che avresti una gran voglia di ringraziarlo» scherzò allora la ragazza, con una punta di orgoglio. Lui la prese in parola: «Lo faccio subito!» annunciò.
Incredula, lo vide entrare su Instagram e cercare il profilo del giocatore. Poi, sotto all’ultima foto si mise a scrivere un commento. «Lo stai facendo sul serio? Ma che gli scrivi?». Era curiosissima, ma nelle condizioni in cui stava non aveva il coraggio di avvicinarsi troppo a lui.
«Pubblicato!» annunciò soddisfatto, e poi porse il suo smartphone a Ilaria perché potesse vedere. O meglio, perché potesse prendere il telefono in mano e vedere. Lei però aveva entrambe le mani già occupate, lo sapeva benissimo anche lui. Non si scompose, e dopo avergli dedicato un sorrisetto sardonico, fece scorrere la mano destra lungo il seno, fino a coprire tutto con un solo braccio, e avere così la mano sinistra libera. Quando finalmente afferrò il telefono, lesse il commento: “Grande Matteo, mi stai facendo sognare!”. Una frase seguita da un hashtag che la fece scoppiare a ridere di gusto: #vivaletette.
La ragazza intanto non si era accorta che il suo avambraccio non era perfettamente posizionato, e che parte dell’areola del suo capezzolo destro faceva capolino.

Il gioco nel frattempo era ricominciato, l’Austria voleva ancora provare a crederci nonostante la partita fosse ormai agli sgoccioli. Dopo qualche minuto, Ilaria si rese conto della scomodità di quella posizione.
«Mi fa un po’ male il braccio» ridacchiò. Un assist che Paolo colse al volo: «Se vuoi ti do il cambio» le rispose scherzosamente, allungando entrambe le mani verso di lei e facendola ridere nuovamente.
«Sì, certo… Per fartele toccare dobbiamo almeno vincere gli Europei!».
Una frase a cui il cugino, serio come se fosse stato il commissario tecnico in conferenza stampa, replicò: «Ho piena fiducia nei nostri ragazzi».
Neanche un minuto dopo, tuttavia, arrivò una doccia fredda: su calcio d’angolo la pressione dell’Austria si tradusse nel gol del 2-1. Paolo si mise le mani nei capelli, ormai pensava di averla portata a casa e invece c’era ancora da soffrire. Ilaria invece la prese con molta più leggerezza, anche perché quel gol – stavolta non c’era rischio che lo annullassero – significava ripristinare un maggiore equilibrio di indumenti fra lei e il cugino.

«Non stai dimenticando qualcosa?» lo mise subito all’angolo. Voleva quanto le spettava. Lui però, un po’ stranamente visto quanto era accaduto fin lì, sembrava dubbioso. «Ila, non so se è il caso…» protestò timidamente.
La ragazza lo fissò negli occhi, seria. Poi abbassò lo sguardo su di sé, indossava solo un paio di mutandine di pizzo. E a quel punto tornò a guardare lui. «Che cavolo stai dicendo, Willis?» disse ripetendo una frase che usava spesso con lei suo padre, coniata le pareva da una vecchia serie tv. E vedendo che esitava ancora, gli intimò: «Voglio i tuoi pantaloncini. Ora».
Con una certa riluttanza, il ragazzo ne afferrò i bordi e, senza alzarsi dal divano, lentamente se li sfilò. Ilaria comprese subito il motivo di tali esitazioni: sotto indossava degli slip bianchi, all’interno dei quali era intuibilissima una potente erezione. La ragazza restò per un attimo senza fiato, sorpresa da quella visione. Paolo era eccitato a dir poco, ed era evidente la forma dell’asta dura, piegata leggermente di lato e stretta sotto quell’attillato strato di stoffa.
«Scusa, io…» provò a giustificarsi, ma lei lo bloccò subito. Non c’era alcun bisogno di scusarsi, anche perché lei non era in alcun modo offesa… anzi, quella visione la stava gradendo non poco, anche se non si azzardò a confessarglielo apertamente.

Se ne rese conto ancora meglio pochi minuti dopo, quando l’Austria ebbe un’importante occasione per pareggiare, ma la fallì. Se da un lato tirò un sospiro di sollievo, perché a quella vittoria ci teneva, dall’altro si rammaricò, perché un altro gol avrebbe significato vedere suo cugino tutto nudo. O perlomeno, senza mutande ma col pene nascosto dalle mani: questo avrebbe pareggiato ciò che stava facendo lei in quel momento.
Sul capovolgimento di fronte, fu invece l’Italia ad andare a un passo dal 3-1. Su un lungo lancio dalle retrovie, ancora Chiesa superò la difesa e si presentò a tu per tu con il portiere. Paolo scattò in piedi, incitandolo, e quando l’attaccante scavalcò l’ultimo avversario con un pallonetto, Ilaria fece altrettanto. Il loro grido però fu strozzato in gola dal recupero di un difensore, che salvò appena prima della linea.
«Ma quanto ci metti a fischiare?» inveì contro l’arbitro un agitatissimo Paolo, ormai sfinito da quei centoventi minuti di sofferenza. Poco dopo, finalmente, quel triplice fischio tanto atteso arrivò. La reazione dei due ragazzi fu immediata, spontanea e quasi identica: uno di fronte all’altra, esultarono alzando le braccia al cielo, e dopodiché si abbracciarono.
Fu questione di brevissimi istanti, ma per un attimo Paolo ebbe finalmente l’opportunità di vedere finalmente sua cugina a seno nudo. I capezzoli, rosa chiaro e perfettamente proporzionati, le si erano inturgiditi complice l’eccitazione della serata, e ora lui sentiva distintamente quei due bottoncini stretti contro il suo petto. Ma non erano nulla in confronto a ciò che sentiva lei, dato che l’erezione di Paolo le premeva all’altezza dello stomaco con vigorosità e sfacciataggine del tutto inedite.

La Nazionale italiana aveva battuto l’Austria per 2-1, qualificandosi per i quarti, e Paolo e Ilaria avevano entrambi vinto, a loro modo, la scommessa. Ora erano lì, abbracciati, seminudi ed eccitati… E nessuno dei due sembrava avere il coraggio – o la voglia – di staccarsi.
«Tra non molto i nostri genitori saranno qui…» sussurrò Ilaria all’orecchio del cugino, facendo leva sulla propria parte lucida e razionale. Erano stati abbracciati almeno un paio di minuti buoni, in completo silenzio. Alla tv avevano già fatto la prima intervista all’allenatore, e ora stava andando la pubblicità.
«Hai ragione» disse lui infine, staccandosi per primo. Lei lo guardò senza vergogna tra le gambe, attratta da quell’effetto “tendone da circo” che avevano le sue mutande in quel momento. Allo stesso tempo, coscientemente, ci mise qualche secondo prima di incrociare le braccia sopra al seno, regalandogli qualche altro secondo di visione delle sue tette, cosicché potesse stamparsela nella mente.
«Io… – bisbigliò Paolo – Prima che arrivino, devo andare in bagno».
Lei annuì, poi si allungò e in punta di piedi gli diede un casto bacio sulla guancia.
«Grazie della serata» gli disse semplicemente, prima di girarsi, raccogliere i propri vestiti e salire le scale fino alla loro camera.

Sapeva benissimo cosa Paolo stava andando a fare in bagno, ma non lo biasimava. Anzi, lei avvertiva lo stesso identico bisogno. E anche se il cervello le suggeriva che non era il momento giusto, che da un minuto all’altro la casa si sarebbe affollata, non poté in alcun modo controllare la mano, che già si era infilata nei suoi slip imbattendosi in un lago di umori.
Tolse le mutande e si distese sul letto, completamente nuda, con le gambe larghe e leggermente tirate su. Infilò due dita nella propria vagina, mentre con la mano libera andò a stringersi un seno, lo stesso che fino a poco prima era appoggiato sul petto del cugino. Probabilmente in quel momento Paolo era di fronte al gabinetto, o al lavandino, intento a stringere quel cazzo duro che le aveva premuto sulla pancia. Le bastò immaginare la scena per raggiungere uno dei più rapidi e intensi orgasmi della sua vita: strinse le gambe, intrappolando la mano con le dita ancora infilate nel suo pertugio più intimo, e fu preda di una prolungata scossa di piacere, con spasmi incontrollati del bacino.

Terminata quell’eruzione vulcanica, rimase immobile per almeno un altro paio di minuti, con gli occhi chiusi. Dio, che serata fuori da ogni logica era stata. Era sfatta e sudata. Alzò un braccio e girò leggermente la testa, per annusarsi un’ascella. Certo una doccia non le avrebbe fatto male. Chissà se Paolo, dopo quella che immaginava essere stata una copiosa venuta, si era fermato sotto la doccia. Chissà che faccia avrebbe fatto, se l’avesse vista entrare per unirsi a lui sotto l’acqua. Avrebbe mai avuto il coraggio di farlo? Di certo la voglia in quel momento non le mancava…
A interrompere bruscamente quei pensieri, fu il rumore delle chiavi che giravano nella serratura. «Siamo tornati» annunciò sua madre pochi istanti dopo.

Ilaria era ancora distesa nuda sul letto di una stanza senza porte. Il soppalco era esattamente sopra all’ingresso dell’appartamento, per cui da lì non la potevano vedere, ma la ragazza capì di avere pochissimi secondi per infilarsi addosso qualcosa. La sua fortuna fu l’aver disfatto la valigia appena arrivata: per terra era pieno di indumenti, e fu rapidissima nel raccogliere dei pantaloncini da casa, di quelli comodi, che si infilò senza biancheria.
«Paolo, Ila, siamo qui!» urlò il piccolo Alessandro, che già aveva inforcato le scale per salire in camera, saltando un gradino ogni due. Quando la raggiunse, Ilaria aveva appena finito di mettersi la prima maglietta che aveva trovato, una t-shirt gialla con disegnato il volto dell’uccellino Titti, dei Looney Tunes.
«Hai visto che vittoria?» gridò ancora, correndo ad abbracciarla. Un entusiasmo talmente vivace che li fece cadere entrambi sul letto. Ilaria sentì subito la coscia umida, a contatto con il lenzuolo dove poco prima era venuta.
«Ale, fai piano!» lo rimproverò bonariamente, rispondendo all’abbraccio.
«L’avete vista? Eh? L’avete vista?» le chiese con gli occhi che brillavano, distanti pochi centimetri dai suoi.
«L’abbiamo vista, sì» rispose Paolo per lei. Il ragazzo li aveva appena raggiunti, indossava gli stessi abiti che aveva a inizio serata. E non poté non provare un’immediata e istintiva invidia per il suo fratellino, che era abbracciato ad Ilaria. Sotto la maglietta gialla della ragazza, riusciva ancora distintamente a vedere i capezzoli premere contro la stoffa.
«Fatto tardi stasera, eh rospo? – disse rivolto ancora al fratello – Staccati da Ilaria, dai, è ora di andare a dormire».
«Dormire? – gli rispose con l’entusiasmo di un bambino, quale in fondo era – Non ce la farò, sono ancora troppo eccitato per dormire».
«Già – replicò Paolo, fissando Ilaria negli occhi – A chi lo dici…».

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