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Racconti erotici sull'IncestoSensazioniVoyeur

Ilaria e la scommessa Azzurra: Italia-Spagna (Semifinale)

By 11 Novembre 20214 Comments

Martedì 6 luglio 2021

«Ma quindi la guardiamo sul telefono?» chiese con un pizzico di delusione Ilaria. L’idea di passare dai 75 pollici del televisore del locale ai circa 6 dell’iPhone, per vedere il secondo tempo fra Italia e Spagna, la entusiasmava ben poco. Paolo accennò un mezzo sorriso, ripensando ancora una volta a quanto, in poco tempo, fosse totalmente cambiato il rapporto di sua cugina con il calcio. Ma in fondo non era neanche la relazione che in quelle settimane aveva preso le svolte più sorprendenti, considerò fra sé e sé con una certa soddisfazione.
«Comunque si vede bene, dai. La connessione tiene» la consolò il ragazzo, mettendosi a sedere sull’asciugamano vicino a lei. Lì in spiaggia, in quella sera illuminata solo dalla luna, tirava una leggera brezza, ma non si stava poi così male. Non era certo per il freddo, insomma, che i capezzoli premevano impudenti e sfacciati sotto al vestito di sua cugina.

In quei quattro giorni che erano passati dalla partita col Belgio, i due ragazzi avevano trascorso molto del loro tempo su quel piccolo lembo di spiaggia. L’avevano scovato dopo aver percorso a piedi quasi due chilometri di litorale, quella mattina in cui si erano allontanati dagli ombrelloni dei rispettivi genitori. La motivazione che avevano dato loro, abbastanza credibile tutto sommato, era che si sarebbero incontrati con un paio di amiche di Ilaria. La realtà era che entrambi erano decisamente ansiosi di riscattare il pegno offerto dalla ragazza nel corso dell’ultima scommessa.
Appena l’avevano vista, entrambi avevano intuito che poteva essere il posto giusto per farlo. Si trattava di una piccola spiaggetta libera, larga forse meno di trenta metri, quasi tutta delimitata dagli scogli. Per accedervi bisognava intraprendere un percorso impervio proprio fra quei massi rocciosi, ma chi vi si avventurava riceveva in cambio un premio prezioso: tranquillità e pace.

Quel giorno l’avevano trovata popolata da appena tre persone. Una donna più grande di loro, forse sui 35-40 anni, e una coppia che probabilmente ne aveva più di 60. Avevano sistemato i teli sulla sabbia, si erano fatti un bagno per mettersi un po’ a loro agio… e infine era accaduto. Seduta al fianco del cugino, Ilaria aveva portato quasi tremante le mani dietro al collo, dove aveva slacciato la cordicella del reggiseno. E poi con un gesto rapido, proprio come aveva fatto quel giorno con le sue amiche, aveva tolto tutto.
Era la terza volta (la quarta, considerando anche quanto era accaduto la notte precedente nel buio della loro stanza) che Paolo vedeva il seno di sua cugina, e ad ogni occasione ne rimaneva sempre più estasiato. Quel giorno poi, osservandola scoprirsi lì all’aperto con altre persone presenti, lo aveva trovato ancora più eccitante. E Ilaria aveva riso di gusto, vedendolo premere il pugno contro l’asciugamano per affondarlo nella sabbia.
«Che fai?» gli aveva chiesto ingenua.
«Devo fare spazio» si era limitato a risponderle, prima di mettersi a pancia in giù, con il pube proprio all’altezza della buca che aveva scavato.

«Chi è il tuo giocatore preferito?» chiese di punto in bianco Andrés, rivolgendosi a Ilaria. Il ragazzo era quello seduto più vicino a loro, anche perché era l’unico che parlava davvero italiano. Il secondo tempo della semifinale degli Europei era iniziato da quasi dieci minuti, e tutti e sei lo stavano guardando su un unico telefono appoggiato a terra contro la borsetta della ragazza, davanti a loro.
«Mi piace Chiesa» rispose lei, senza esitazioni. Era un pensiero che aveva maturato proprio in quei giorni: per quel giocatore aveva sviluppato quasi una cotta adolescenziale. Un po’ per il talento mostrato in campo, un po’ per quel viso carino da bravo ragazzo. Nella sua testa, inoltre, lo avrebbe per sempre associato a quel gol con l’Austria, quello nei supplementari, che l’aveva portata a stare per la prima volta senza reggiseno davanti a suo cugino.
«¿Apoya a la Juventus?» le chiese allora Juan, seduto proprio vicino ad Andrés.
Ilaria guardò verso Paolo, con aria smarrita. Ma non perché non avesse capito la domanda… «Chiesa gioca nella Juve?» gli domandò sottovoce. Non abbastanza per non essere sentita dagli altri, che scoppiarono a ridere.
«Hasta yo lo sabía» le disse Carmen con un sorriso. E poi aggiunse: «El mío es Dani Olmo».
I due cugini si guardarono, mordendosi le labbra. Nel corso del primo tempo, visto al ristorante, si erano lasciati andare a commenti poco lusinghieri nei confronti dell’attaccante spagnolo, per il quale avevano provato sin dai primi minuti di gioco un’istintiva antipatia. Per fortuna Carmen non li aveva sentiti.

«Casi me parece extraño, verte vestida aquí» disse a quel punto lo stesso Juan, accarezzando la schiena della sua ragazza, che di nuovo rise.
«Che ha detto?» domandò Ilaria ad Andrés, il traduttore ufficiale del gruppo.
«Ha detto che è strano vedervi vestite qui in spiaggia» rispose con un sorriso e un filo di imbarazzo.

Difficile dargli torto, in fondo. Le due ragazze raramente erano state così coperte, da quando i due gruppi si erano conosciuti. Era accaduto la domenica mattina, durante il secondo giorno di Ilaria e Paolo su quella spiaggetta. Si stavano sollazzando lì da un paio d’ore, quando erano arrivati quei quattro ragazzi giovani e un po’ chiassosi. Oltre ai fidanzati Juan e Carmen, entrambi ventiduenni, c’era appunto il loro amico Andrés, della stessa età. Studente di Siviglia in Erasmus in Italia, come avrebbe spiegato già al momento di presentarsi. Infine con loro c’era Carlos, fratello di Juan. Ventisei anni, fisico da palestrato, taciturno. All’apparenza decisamente meno espansivo degli altri, con cui invece Ilaria e Paolo avevano fatto amicizia in fretta.
Era bastato un pretesto: «¿Quieres jugar?» aveva chiesto loro Carmen, mostrando il pallone da beach volley. Se non fosse stata anche lei in topless, forse Ilaria non avrebbe avuto il coraggio di accettare quella proposta. Forse i sei ragazzi non avrebbero mai fatto amicizia, e di lì a un paio di giorni non avrebbero deciso di vedere insieme quella partita fra le loro due Nazionali.
E forse, a neanche metà del secondo tempo, Paolo non avrebbe avuto l’audacia per sfruttare quell’osservazione di Juan, proponendo loro una scommessa tanto inaspettata quanto ardita.

I due cugini ne avevano parlato a lungo, prima di andare alla cena. Avevano accettato di mettere in pausa il loro gioco di provocazioni, vista la presenza degli altri ragazzi. O meglio, di rimandarlo a dopo la partita. Ma di comune accordo avevano comunque deciso di lasciarsi aperta una porticina… Se fosse capitata l’occasione, quella sera al locale, non avrebbero esitato a stuzzicarsi come ormai erano soliti fare ad ogni partita dell’Italia.
«E se loro se ne accorgono?» aveva chiesto Ilaria, dubbiosa.
«Per come li ho conosciuti in questi giorni… – era stata la risposta di Paolo – Secondo me sarebbero pure disposti a unirsi al gioco».
Negli occhi di sua cugina, a quelle parole, era scoccata una scintilla. Con sua stessa sorpresa, aveva provato un’istintiva eccitazione a quell’idea. Non poteva negare l’affermazione di Paolo. Se n’era accorta, di come Andrés e Juan l’avevano guardata sin da quel primo giorno, di come erano rimasti ipnotizzati dalle tette che sobbalzavano inseguendo il pallone. E anche se non avrebbe potuto giurarlo, le era parso che persino Carmen non fosse indifferente al fascino femminile. Ben più di Carlos, il cui sguardo torvo restava sempre difficile da interpretare.
Ilaria e Paolo avevano così preso una decisione: se mai avessero percepito da parte dei loro nuovi amici spagnoli la giusta apertura mentale, avrebbero provato a coinvolgerli in quel loro gioco.

E ora che Paolo aveva colto l’occasione al volo, lanciando l’amo con un semplice ma efficace «Facciamo che chi subisce gol per primo si spoglia?», tutto era diventato in un attimo tremendamente reale.
Sia Carmen che il suo fidanzato Juan avevano accettato la proposta con un entusiasmo quasi fanciullesco. Anche Andrés sembrava in qualche modo divertito, e stavolta perfino Carlos aveva alzato un sopracciglio, incuriosito da quell’inatteso sviluppo.
Quasi per uno scherzo del destino, bastarono pochissimi minuti perché dalla teoria si dovesse passare alla pratica. Al quarto d’ora della ripresa, infatti, una veloce ripartenza dell’Italia portò proprio Chiesa ad avere un pallone buono in area: dribbling, tiro e rete!
Paolo e Ilaria esultarono, increduli, e si abbracciarono. La gara era stata fin lì molto tirata, e quel vantaggio arrivò per loro come una bellissima sorpresa. Gli altri ragazzi invece si rammaricarono, specialmente Carlos che si lasciò andare a una serie di irripetibili improperi, pronunciati rigorosamente nella sua lingua ma comunque inconfondibili. L’unica che non sembrava più di tanto toccata da quello svantaggio era Carmen, alla quale quel gioco proposto dai suoi nuovi amici italiani pareva probabilmente molto più interessante del calcio.
«¿Desnuda?» chiese alzandosi in piedi, senza perdere tanto tempo.
«No, no! – si affrettò a precisare Ilaria – Togli solo una cosa!».
«¡Está bien!» commentò allora l’esuberante spagnola, un metro e sessanta di sorriso, lunghi capelli neri e disinvoltura.

Prima ancora che il gioco riprendesse, la ragazza si era già tolta il top, sotto al quale non indossava il reggiseno. Non che ne avesse bisogno in effetti, visto che portava sì e no una seconda scarsa. Due tettine sode e impertinenti, con al centro due piccoli capezzoli scuri, che ora esibiva di fronte a tutti come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
Ilaria la osservò, e ammirò in particolare la sua leggerezza, quella sua capacità di sentirsi a proprio agio in qualunque situazione. E che Paolo la guardasse divertito, non la faceva ingelosire per nulla. Si soffermò anche su un altro pensiero: da quando erano iniziati gli Europei, era la prima volta che a spogliarsi per un gol dell’Italia non doveva essere lei. E trovò sinceramente rasserenante, per una volta, il fatto di stare dalla “parte giusta” della scommessa, e poter fare apertamente il tifo per la propria squadra.
Nel frattempo anche Juan e Andrés si erano tolti la maglietta, ubbidendo alle regole di quel gioco all’apparenza improvvisato, mentre Carlos – ancora visibilmente arrabbiato per il gol – sembrava non voler prendere parte alla cosa. Nessuno ebbe il coraggio, e tutto sommato nemmeno l’interesse, per dirgli alcunché.
Paolo si gustò invece la vista di quella ragazza, più grande di quattro anni, a seno nudo di fronte a lui. Poi guardò sua cugina, e il suo sorriso gli scaldò il cuore.
«Per una volta sono contento che, nonostante il gol dei nostri, tu non ti debba spogliare – le sussurrò appoggiando le labbra sulla sua spalla, per un bacio molto dolce – Questo vestito è una bomba!».

Quel complimento la lusingò non poco. Per quella serata fuori, aveva deciso di utilizzare l’abito che già si era ripromessa di indossare contro il Belgio, ma che poi non aveva potuto mettere per colpa dei piani saltati. Si trattava di un vestito rosso aderente, molto corto, che risaltava con grazia ed efficacia le sue curve. Non si sarebbe mai più dimenticata lo sguardo di Paolo a inizio serata, più significativo di mille parole.
Per lui era stata una sorpresa doppia, visto che al momento di uscire di casa sua cugina indossava una maglietta e dei jeans. Al momento di salire in macchina per avviarsi verso il locale, tuttavia, gli aveva chiesto di aspettare un minuto. E nascondendosi dietro la vettura, per cercare una privacy che in realtà non era poi così voluta, si era prima spogliata rimanendo in intimo, e poi aveva tolto pure il reggiseno prima di infilarsi in quel pezzo di stoffa rosso che giaceva piegato con cura nella borsa.
Paolo, da bravo gentiluomo, si era voltato e le aveva lasciato la sua riservatezza, salvo poi reagire con la mascella spalancata al momento di vederla avvolta in quell’abitino dalla scollatura così profonda e affascinante.
«Sei bellissima» le aveva detto in maniera del tutto spontanea. Era forse il primo vero complimento galante che le faceva, in diciott’anni di conoscenza. E Ilaria non aveva potuto fare a meno di reagire diventando ancora più rossa del vestito.

Anche due ore dopo, il ragazzo continuava di tanto in tanto a lanciarle occhiate colme di ammirazione e desiderio. Al punto che tendeva perfino a distrarsi dalla gara. Nel frattempo anche Carmen e Juan avevano concentrato altrove la loro attenzione: l’essersi in parte spogliati li aveva mandati su di giri, e ora i due si stavano baciando con passione, quasi appoggiati al braccio di un Andrés che dal canto suo provava a mostrarsi impassibile. Quello più coinvolto dal match era senza dubbio Carlos, che dopo il gol di Chiesa si era alzato e aveva iniziato a passeggiare nervosamente dietro al gruppo, scolandosi la seconda lattina di quel pacco da sei birre che aveva portato con sé.
Fu lui il primo a rendersi conto di ciò che stava per accadere, vedendo quella triangolazione avviata da Morata. E fu il suo urlo a richiamare tutti gli altri all’attenzione, appena prima che l’attaccante spagnolo si infilasse nella difesa azzurra per firmare la rete del pareggio.
Quella di Carlos fu una reazione rabbiosa, ancora più intensa di quanto era accaduto dopo il gol italiano. Ben più leggera e divertita l’esultanza degli altri tre ragazzi iberici, che a dieci minuti dalla fine iniziavano forse a pensare di averla persa. Rimasero invece senza parole Paolo e Ilaria, che dal canto loro credevano di vedere ormai il traguardo della finalissima. E ora invece sarebbero stati costretti a spogliarsi di fronte a tutti.

«¡Vamos!» li incoraggiò Carmen, invitandoli ad alzarsi in piedi per un piccolo striptease improvvisato. Prendendola con ironia, Paolo fu il primo a pagare pegno: senza troppo badare alla forma, il ragazzo si sbottonò la camicia bianca, l’unico capo un minimo elegante che si era portato in vacanza, e la tolse. Carmen gli lanciò uno sguardo assatanato, dettato in realtà più dal desiderio di divertirsi in una situazione tanto particolare, che da una vera e propria attrazione per lui. Dopotutto, per quanto a petto nudo Paolo fosse piacevole alla vista, non stava mostrando nulla di nuovo rispetto alle giornate che avevano passato insieme in spiaggia.
Quando fu il turno di Ilaria, la ragazza pensò di nuovo a come avesse ben poco da mettere in palio, quella sera. Dato che i sandali dal tacco alto li aveva tolti già al momento di inoltrarsi sulla sabbia, le rimanevano solo il vestito e il perizoma.
«¿Podemos ver tus mudandas?» le chiese sfacciato Juan, prima ancora che lei potesse portare le mani sui lembi del vestito. La ragazza guardò Andrés, come a chiedergli di espletare il suo ruolo di traduttore, nonostante avesse già capito benissimo la domanda. «Chiede se possiamo vedere le tue mutandine» le confermò lui.
Ilaria rivolse lo sguardo a suo cugino. Forse alla ricerca di un consiglio, o magari solo di un assenso. Perché la verità era che quella richiesta lei aveva già voglia di soddisfarla.

Paolo non batté ciglio, si limitò a sorriderle. D’altra parte sapeva bene che quella decisione spettava unicamente a Ilaria. Non si stupì più di tanto, in ogni caso, nel vedere la ragazza portare le dita sul bordo della gonna, e sollevarla lentamente, mentre gli amici spagnoli la incoraggiavano divertiti.
A colpirlo di più, fu la visione di cui fu onorato pochi istanti dopo. Non l’aveva mai potuto ammirare, quel perizoma di pizzo nero che lei già dalla partita precedente aveva indossato per lui. L’aveva solo intravisto tra le cosce, in quel movimento così sexy che lei gli aveva regalato in salotto di fronte a tutti. Ma ora la visione l’aveva lasciato a bocca aperta, nonostante l’oscurità della sera rendesse quel piccolo indumento meno rivelatore di quanto potesse essere, tanto che l’effetto trasparenza fu sacrificato.
La stessa emozione la stavano provando gli altri ragazzi, ed aumentò ancora di più nel momento in cui Ilaria decise di girarsi, ed esporre loro i propri glutei sodi e perfettamente tondi, ormai del tutto scoperti dal vestito.
«¡Ay qué culo, mi amor!» esclamò Carmen con la sua voce squillante, provocando un’istintiva risata in Ilaria. Il suo sorriso si spense nell’udire, in modo del tutto inatteso, la voce di Carlos: «Desnúdate».

La ragazza girò lentamente la testa, incredula, fino a incrociare il suo sguardo. Lui era lì in piedi, con l’ennesima birra in mano, e la fissava con uno sguardo che, date le circostanze, lei trovò un po’ inquietante. Con che coraggio le dava ordini, lui che nemmeno si era prestato a partecipare al gioco?
«Por favor» si affrettò ad aggiungere Juan, intuendo quanto quell’esortazione del fratello fosse stata inopportuna.
«Vuole dire di togliere le mutandine, invece del vestito» si inserì pure Andrés, fornendo probabilmente un’interpretazione libera – ed edulcorata – del pensiero di Carlos.
Quest’ultima affermazione fu quella che fece centro, e restituì a Ilaria l’eccitazione di cui aveva bisogno per andare avanti col gioco. L’idea di togliere il perizoma lì di fronte a tutti, e rimanere senza nulla sotto al vestito, era per lei decisamente stimolante. E lo stesso valeva per tutti gli altri, che in topless in fondo l’avevano già vista.
Pure Paolo, il culo di sua cugina non l’aveva mai ammirato nudo. Così come lei non gli aveva mai mostrato la fica, che in quei giorni lui si era immaginato tante e tante volte. Sarà glabra? O pelosa? Come avrà le labbra? Suo cugino si era posto queste domande innumerevoli volte, ritrovandosi sempre costretto a nascondere l’erezione che puntualmente gli si presentava nei pantaloni.
Erezione che si palesò in tutta la sua potenza anche in quel momento, nel vederla afferrare i laccetti del perizoma e abbassarli, sempre dando loro le spalle, per poi allargare leggermente i glutei e riuscire a sfilare il suo indumento più intimo di fronte a quelle cinque persone.

Quel culo era un’opera d’arte, Paolo lo aveva pensato sin da quella sera in cui lei gliel’aveva mostrato nella sua stanza, dopo la vittoria con la Svizzera. Ma vederlo nudo era tutta un’altra cosa, una nuova svolta epocale nell’evoluzione del loro rapporto.
Girata di spalle, Ilaria non dava a vedere quanto arrossato fosse il suo viso in quel momento, frutto dell’eccitazione che le scaldava le gote ma anche di un inevitabile imbarazzo per essersi tolta le mutande di fronte a tutti. Decise che lo spettacolo che aveva regalato era sufficiente, e così prima di girarsi riabbassò il vestito, tornando allo stesso identico look che aveva prima di pagare pegno. Ma non era davvero lo stesso look: sotto era completamente nuda, tutti lo sapevano e tanto bastava per renderli soddisfatti. In quel momento ognuno di coloro che erano sulla spiaggia, forse perfino Paolo e la stessa Ilaria, avrebbe accolto con profondo piacere un altro gol della Spagna.

Non successe. I tempi regolamentari terminarono sul risultato di 1-1, obbligando le squadre a giocare i supplementari. Fu proprio dopo il novantesimo, che Ilaria sentì suonare il telefono nella borsetta. Lo raccolse e accese il display, si trattava di un messaggio della sua amica Martina. L’anteprima del testo, per un momento, le fece gelare il sangue: “Oh, ma Fede??” diceva semplicemente.
Allegata c’era una foto, e nei brevi istanti che il telefono impiegò per aprire la chat di Whatsapp, Ilaria si immaginò di tutto. Tutto, tranne quello che effettivamente vide: si trattava dello screenshot di una storia di Instagram caricata da Federico, il suo ragazzo, circa mezz’ora prima. Un selfie che lo ritraeva allo stadio di Wembley, in mezzo ai tifosi, ad esultare per il gol di Chiesa.
La ragazza provò un’istintiva delusione. Nei giorni precedenti lei e Federico, che stava a Londra per uno stage, si erano sentiti poco. In parte perché lui diceva di essere sempre pieno di lavoro, e in parte perché lei, sentendosi colpevole per ciò che stava nascendo con Paolo, cercava di non pensare troppo al ragazzo con cui aveva da poco celebrato i due anni di fidanzamento. Ma scoprire tramite un social che lui era andato a vedere di persona la semifinale degli Europei fra Italia e Spagna… lo ritenne una mancanza di rispetto, oltre che un segnale inequivocabile di quanto si fossero allontanati.
Non rispose a Martina, anche se si ripromise di farlo più tardi. Rimise semplicemente il telefono nella borsa, e senza far trasparire nulla cercò di concentrarsi solo sulle emozioni che le stava regalando quella serata. In quel momento guardò verso Paolo, e allungandosi verso di lui gli diede un bacio sulla spalla, replicando il gesto che lui le aveva dedicato poco prima.
«E questo per cos’è?» chiese stupito.
«Nessun motivo» gli rispose, con un sorriso che gli scaldò ancora una volta il cuore.

«¡Puta mierda!» esclamò Carlos a un certo punto, scagliando verso la riva la propria lattina ormai vuota. La Spagna aveva appena sbagliato un’occasione importante, circa a metà del primo tempo supplementare. Subire gol a quel punto, significava probabilmente andare a casa. Ne erano consapevoli sia Paolo che Ilaria, sollevati per lo scampato pericolo, ma allo stesso tempo infastiditi dal comportamento del ragazzo. Che avesse bevuto qualcosa di troppo, era palese a tutti. Ma i suoi amici sembravano tranquilli, con tutta probabilità erano abituati a certi suoi eccessi.
«Tutto bene?» chiese Paolo a sua cugina, il cui viso tradiva una certa insofferenza. Aveva paura che il comportamento di Carlos la stesse infastidendo più di quanto volesse dare a vedere.
«Sì…» replicò lei, seppur con poca convinzione. E vedendo il suo sguardo per nulla convinto, decise di confessargli il vero problema: «Mi scappa la pipì…» gli sussurrò, manifestando quell’esigenza che avvertiva ormai da diversi minuti.
Paolo non seppe bene come reagire, a questa rivelazione. Dopo averci riflettuto qualche secondo, l’unica cosa che riuscì a dirle fu: «Magari puoi farla lì, dietro gli scogli».
La ragazza fece segno di no con la testa, decisa a trattenerla.

Un proposito che, se ne rese conto di lì a breve, era destinato a fallire miseramente. Mancavano ancora cinque minuti alla fine dei supplementari, quando capì che non ce l’avrebbe fatta più. Decise quindi di alzarsi, e rivolgendosi a Carmen le chiese – in italiano, sperando che capisse – se le andava di fare due passi. Non voleva andare sola. Manco a dirlo, sia la spagnola che il suo ragazzo le chiesero immediatamente perché. A quel punto, con un filo di imbarazzo, Ilaria vuotò il sacco: «Tengo la pipì» confessò con un filo di voce, improvvisando un misto di spagnolo e italiano.
«Sí, yo también» rispose con un sorriso e tutta la naturalezza del mondo Carmen. Poi si alzò, e prendendo la mano di Ilaria, si incamminò verso la riva.
La cosa, però, non andò affatto come Ilaria si immaginava. Già quel «¿Adónde vas?» di Juan la mise sull’attenti. E quando si furono allontanate di una decina di metri, la ragazza si voltò e vide che tutta la compagnia si era alzata e le stava seguendo. C’era il fidanzato della spagnola, che sorrideva e sembrava del tutto intenzionato a partecipare alla spedizione. C’era Andrés, sguardo basso ma apparentemente disinteressato a fermare il suo amico. C’era Carlos, a cui probabilmente alcol ed eccitazione avevano fatto perdere buona parte dei freni inibitori. Infine c’era Paolo, l’unico che sembrava desideroso di lasciare alle ragazze la loro privacy. Le sue parole di richiamo verso gli altri, però, venivano totalmente ignorate.
Anche Carmen si accorse di loro, ma la sua reazione fu molto più rilassata. Semplicemente, accettò la cosa di buon grado. E senza battere ciglio, lì in mezzo alla spiaggia di fronte a tutti, si tirò su la minigonna e si accovacciò.

Ilaria la fissò incredula, mentre i maschi si posizionavano vicino a loro, decisi a godersi lo show.
«Vamos, no me obligues a hacerlo sola».
«Ti chiede di non farglielo fare da sola» puntualizzò Andrés, nonostante Ilaria avesse già capito benissimo. Carmen si era posizionata di fronte a lei, e con la mano aveva già scostato lo slip, esponendo senza alcuna vergogna la propria intimità. Rispetto ai ragazzi era praticamente di profilo, e nonostante le cosce aperte, Ilaria era l’unica che poteva avere una visuale completa del suo monte di venere, completamente depilato. Fu forse questo dettaglio a dare alla ragazza il coraggio per andare fino in fondo. D’altra parte, se non lo avesse fatto, avrebbe finito con tutta probabilità per farsela addosso.
Così lo fece: senza guardare i suoi spettatori ma concentrandosi solo su sé stessa, si piegò e allargò leggermente le gambe, tirando su il vestito quel tanto che bastava. La luce della luna fu sufficiente, a Carmen, per osservare da posizione privilegiata la fica della sua nuova amica. Dalla quale, pochi secondi dopo, iniziò a fuoriuscire un abbondante getto di urina. Fu una specie di via libera per la spagnola, che pochi istanti dopo iniziò a sua volta a zampillare un intenso flusso di liquido giallo.
Solo in quel momento Ilaria trovò il coraggio per guardarla negli occhi, incontrando il suo sguardo divertito. Per alcuni istanti anche i loro getti di pipì si incrociarono, dando loro più brividi di quanti ne avrebbe offerti un contatto diretto fra i corpi.

Col passare dei secondi, i flussi andarono progressivamente spegnendosi. Mentre ancora sgocciolava, Ilaria ebbe per la prima volta la forza di voltarsi verso i ragazzi. Il primo che cercò con lo sguardo fu Paolo, trovandolo a dir poco eccitato, bastò guardarlo negli occhi per capirlo. In breve però la sua attenzione fu attirata da un altro evidente particolare: senza alcuna vergogna, Juan si era calato i pantaloncini e si stava accarezzando l’erezione a malapena celata dai boxer attillati.
«Mi amor, que duro» sospirò la sua fidanzata, rimettendo a posto lo slip e rialzandosi in piedi. In un secondo fu da lui, per un bacio appassionato accompagnato da un’evidente palpata ai testicoli del ragazzo. Ilaria, che nel frattempo si era alzata e risistemata il vestito, si aggrappò al braccio di Paolo. Quasi le tremavano le gambe. Erano entrambi eccitati, anche se la serata stava prendendo probabilmente una piega più spregiudicata di quanto si aspettassero.
Senza staccare la mano dal pacco del fidanzato, Carmen li guardò, e sembrò quasi invitarli a lasciarsi andare. In quei giorni i due cugini non avevano mai esplicitato la natura del loro rapporto, ma era evidente che gli spagnoli fossero convinti di aver stretto amicizia con una coppia di fidanzati.
A toglierli dall’impaccio, fu il triplice fischio dell’arbitro che si sentì arrivare dal telefono, stretto nelle mani di Carlos. «Si va ai rigori!» esclamò Paolo, richiamando tutti all’ordine. Dopo centoventi minuti di sofferenze, valeva la pena di spenderne altri cinque per scoprire l’esito della gara.

«¡Todos desnudos por los penaltis!» urlò entusiasta Carmen, galvanizzata dall’evolversi della situazione.
Paolo però la bloccò subito: «Calma!» esclamò, stupendo sé stesso per primo. Davvero aveva appena impedito a una ragazza di spogliarsi?
La verità era che le sue scommesse con la cugina gli avevano fatto scoprire un modo tutto nuovo di perseguire il piacere. Più paziente, più cerebrale… decisamente più eccitante. Un tempo anche lui si sarebbe lanciato in un «Tutti nudi!» in una situazione del genere. Ora invece sapeva quanto sarebbe stato più bello prendersi il tempo per far salire ulteriormente il desiderio, e non voleva rinunciarci. Così come sapeva che neppure Ilaria ci avrebbe voluto rinunciare.
Facendosi aiutare da Andrés per la traduzione, spiegò quindi le nuove regole al gruppo. In caso di rigore segnato, uno dei tifosi della squadra che aveva subìto gol avrebbe dovuto togliersi un indumento. In caso invece di errore, sarebbe stato un tifoso della squadra che aveva tirato a doverlo fare. Gli pareva un ragionamento semplice: se segni, sei contento e si spogliano gli altri. Se sbagli, sei triste e devi pagare pegno. Oltretutto aveva fatto due calcoli al volo durante i supplementari, ed era convinto che con queste regole sarebbe riuscito a far durare il gioco fino alla fine dei rigori.
Nei volti degli spagnoli, soprattutto di Carmen, percepì tuttavia della perplessità. Ma, forse perché troppo stanchi, distratti o eccitati per contestare quell’unica regola con argomentazioni valide, decisero semplicemente di dare il proprio assenso.

La prima a calciare fu l’Italia, sul dischetto Locatelli. Ilaria ormai riconosceva quasi tutti i giocatori, lui era quello che aveva realizzato la doppietta con la Svizzera. Solo sentirne pronunciare il nome, la riportava con la mente a quel momento in cui, nella sua stanza, era rimasta in bikini di fronte a suo cugino.
Non fu neanche male, come rigore. Almeno così le parve. Ma il portiere ne intuì la direzione, e tuffandosi coi tempi giusti riuscì a pararlo. I tre ragazzi spagnoli esultarono, mentre Carmen rivolse a Paolo uno sguardo sorridente, come a dire «Tocca a me spogliarmi?». Chissà se davvero non aveva capito le regole, o se semplicemente aveva una gran voglia di restare nuda. Il ragazzo le fece segno di no con la testa, indicando sé stesso col dito. Poi scambiò con Ilaria uno sguardo, il quale bastò a farle capire che lui si offriva volontario per pagare pegno. In fondo, indossava ancora jeans e intimo, mentre lei aveva addosso solo il vestito.
Si slacciò quindi i pantaloni e li tolse, rimanendo in mutande. Erano slip bianchi, più attillati dei costumi che indossava in spiaggia, e sotto la stoffa la forma del pene turgido era già decisamente intuibile. Entrambe le ragazze lasciarono che i loro occhi vi si posassero senza vergogna, col risultato che in pochi secondi il pene, emozionato, si ingrossò ancora di più.

Nel frattempo però era già il momento del primo rigore della Spagna. A tirarlo era Dani Olmo, il giocatore preferito di Carmen, poco simpatico invece ai due tifosi italiani. I quali ora si tenevano per mano, in uno spontaneo gesto per darsi coraggio a vicenda. E la stretta fu assai forte, nel momento in cui videro quel pallone calciato alle stelle dall’attaccante iberico.
«¡Cabròn!» lo insultò con disprezzo Carlos, rimpiangendo l’occasione sciupata. L’unica a prenderla con filosofia, in maniera non certo inaspettata, fu Carmen. Quasi come se sentisse quella poca stoffa che aveva addosso bruciarle la pelle, la ragazza in un secondo si denudò completamente, sfilandosi in un colpo solo sia la gonna che gli slip. Sia Paolo che Ilaria ne furono sorpresi, anche se rinunciarono a spiegarle ancora una volta la regola. Si limitarono ad ammirarla, soprattutto Paolo, mentre esibiva con orgoglio la propria nudità. Dalla reazione composta dei ragazzi spagnoli, capirono che con tutta probabilità il suo fidanzato non era l’unico ad averla già vista in quelle condizioni.

Dopo due errori, arrivò finalmente anche il tempo del primo gol. A firmarlo Belotti, per l’Italia, con una staffilata che riportò avanti gli Azzurri, e che obbligò a denudarsi un altro spagnolo. A proporsi infatti fu subito Juan, che i pantaloncini se li era sfilati già vedendo le ragazze fare pipì, e dunque da togliere aveva solo gli slip. Fu la sua ragazza a farlo, liberando un pisello decisamente grosso, per quanto non così lungo, circondato da una fitta peluria nera. Il pube più peloso che Ilaria avesse visto, un colpo d’occhio che comunque non la lasciò indifferente.
Il ragazzo lo esibì con orgoglio, in piedi col petto in fuori e le mani sui fianchi, mentre la mano di Carmen si era già allungata per una carezza. I due davano decisamente l’impressione di non poter trattenere ancora a lungo la propria libido.

Non c’era però tempo per distrarsi, Gerard Moreno aveva già posizionato il pallone ed era pronto al tiro. Fu una conclusione imparabile, quella del 2-2 spagnolo.
Immediatamente, Ilaria e Paolo si guardarono. Uno dei due stava inevitabilmente per rimanere nudo, cosa che neanche quando erano soli era mai successa. «Tocca a me» disse con freddezza la ragazza, consapevole che il momento era giunto. Senza far attendere oltre il proprio pubblico, fece un respiro profondo e poi tirò giù la parte superiore del vestito, mostrando a tutti il seno. E per quanto fosse una visione a cui ormai in spiaggia erano abituati, si trattò di un momento carico di emozione. Ma non bastava: proseguendo il movimento, Ilaria lo fece calare lungo i fianchi, fino a lasciarlo cadere a terra.
E quindi eccola lì, in tutta la sua bellezza, come mamma l’aveva fatta.
Se nell’occasione precedente i ragazzi le avevano potuto ammirare il culo, ora erano tutti rapiti dalla visione del suo monte di venere, adornato da un triangolo di pelo castano, molto corto e perfettamente curato nelle geometrie. Infischiandosene della reazione di tutti gli altri, lei fissò negli occhi Paolo, fino al momento in cui lui – a cui sembrava impossibile l’idea di potersi godere sua cugina tutta nuda – se ne accorse incrociando il suo sguardo.

I loro occhi rimasero calamitati gli uni negli altri per diversi secondi, tanto che lei neppure si rese conto dei movimenti istintivi all’interno degli slip del ragazzo, dove ora il cazzo stava pulsando. Quasi non si accorsero neppure del rigore seguente calciato e segnato da Bonucci, che portò Andrés a liberarsi dei pantaloni e rimanere coi boxer, nell’indifferenza generale.
No, ora i due erano concentrati l’uno sull’altra, e la partita era quasi passata in secondo piano. Quando Thiago Alcantara segnò il rigore del 3-3, non se ne rammaricarono. Era il gol che avrebbe permesso anche a Paolo di spogliarsi per lei.
Il ragazzo portò le mani sui fianchi, ma per sfilarsi gli slip dovette prima allargare l’elastico nella parte anteriore, dove il suo uccello drittissimo si era incastrato. Ilaria lo vide, e sentì quasi mancarle le gambe per un secondo. Ciò che aveva potuto solo intravedere qualche sera prima, nel buio della loro stanza, adesso svettava libero di fronte a lei. Bello, maestoso… invitante. Un pezzo di carne la cui imponenza, in quel momento, era dovuta soprattutto a lei. Questo la riempiva d’orgoglio e la faceva eccitare ancora di più.

Ancora una volta, il povero Andrés fu quasi ignorato mentre, dopo la rete del 4-3 di Bernardeschi, toglieva i boxer restando anche lui tutto nudo. Del suo pisello barzotto non sembrava interessare a nessuno. Ilaria non aveva occhi che per quello del cugino, mentre Carmen era avvinghiata al proprio fidanzato, con la lingua nella sua bocca e il cazzo stretto tra le dita.
L’unico ancora vestito, a quel punto, era Carlos, che nel frattempo per il nervosismo aveva schiacciato l’ennesima lattina di birra vuota. La sua rabbia, però, era destinata ad esplodere definitivamente di lì a breve. Il rigore successivo infatti fu calciato da Morata, che trovò la prodigiosa risposta di Donnarumma.
Accompagnando il gesto con un urlo furioso, Carlos si afferrò la maglietta e la tirò fino a strapparla, per poi togliersela e buttarla con violenza a terra. Una reazione esagerata e del tutto inattesa, che bloccò sul nascere i festeggiamenti di Ilaria e Paolo. Anche i suoi amici lo fissarono stupiti, considerando pure che fin lì Carlos si era rifiutato di prendere parte al gioco, e nessuno aveva insistito per convincerlo. Ora invece era lì a petto nudo, a esibire un fisico muscoloso forgiato evidentemente da tante ore di palestra, e a schiumare rabbia dalla bocca.

Intanto era arrivato il momento del quinto e ultimo rigore per l’Italia, il telecronista annunciò che a tirarlo sarebbe stato Jorginho.
«Se segna, abbiamo vinto?» chiese quasi sottovoce Ilaria a suo cugino, avvicinandosi con un passo verso di lui. Paolo annuì, e poi sentì battergli forte il cuore nel momento in cui lei gli afferrò nuovamente la mano e gliela strinse. Un gesto all’apparenza semplice, ma carico di affetto e di emozioni, amplificate dal fatto che per la prima volta i due ragazzi fossero nudi l’uno di fronte all’altra.
La rincorsa del giocatore azzurro sembrò infinita. Ma quando, dopo quel saltino che fece salire il cuore in gola a chiunque stesse guardando, il pallone entrò in rete, tutta l’Italia poté finalmente liberare la propria gioia. Anche Paolo e Ilaria, che in maniera istintiva e del tutto naturale si abbracciarono, carichi di felicità.
Fu un abbraccio tenero ma stretto, molto stretto. La ragazza avvertì distintamente il cazzo duro del cugino premerle contro la pancia, mentre lui sentì vibrargli tutta la spina dorsale al contatto delle tette schiacciate contro il suo petto. In quel momento il desiderio di entrambi aveva raggiunto vette sconosciute: nessuno dei due aveva ben chiaro dove sarebbe andato il loro rapporto da lì, ma entrambi erano vogliosi di scoprirlo.

Ma le sorprese non erano ancora finite. Richiamati da un improvviso gridolino di Carmen, i due si girarono e videro che Carlos si era denudato. Ancora pieno di rabbia e intento a pronunciare parole tutt’altro che riguardose verso i giocatori, sia i suoi che quelli avversari, il ragazzo si era tolto i pantaloni e i boxer. Sotto, a differenza di suo fratello Juan, era completamente depilato. E questo, nonostante non fosse in completa erezione, faceva sì che in quanto a dotazione sembrasse messo persino meglio di lui.
Carmen lo fissò per qualche secondo, poi sussurrò qualcosa all’orecchio del fidanzato, facendo scudo con la mano per non far vedere il labiale. E a quel punto scoppiarono entrambi a ridere.
Senza poter intuire il motivo di quella risata, Carlos si sentì preso in giro, e si infuriò ancora di più. Tanto che prese l’ultima lattina vuota, e con rabbia se la schiacciò contro la fronte. Un gesto insensato, fulmineo, che lasciò tutti senza parole. Con l’alluminio finì anche per tagliarsi, e dall’arcata sopraccigliare iniziò a perdere un discreto quantitativo di sangue.
«¡Cálmate, amigo!» si rivolse a lui Andrés, avvicinandosi per dare un’occhiata a quel taglio. Ma il ragazzo era troppo imbufalito per ragionare con lucidità, e con un’altra mossa inattesa riservò all’amico uno spintone a due mani, facendolo cadere sulla sabbia.
«Ma che cazzo fai?» urlò allora Paolo, correndo a difenderlo. In un attimo la situazione degenerò. Carlos gli andò contro con atteggiamento di sfida, e lo colpì petto contro petto, per poi appoggiare la fronte contro la sua, con fare intimidatorio. Dalla bocca schiumava rabbia: «hijo de puta» fu l’unico termine che Paolo capì in mezzo a quella sequela di insulti gridati a denti stretti. I due ragazzi erano completamente nudi, addossati l’uno contro l’altro, uniti in una danza violenta in cui persino i due peni si sfioravano.
Finalmente Juan si decise a intervenire per far calmare il fratello, ma quando provò ad afferrarlo da dietro per allontanarlo dal suo avversario, Carlos si divincolò con forza, e nel farlo lo colpì con una gomitata sul naso. Juan cadde a terra, iniziando molto rapidamente a grondare sangue dalle narici. Carmen cacciò un urlo, Ilaria si coprì istintivamente la bocca con le mani. Paolo invece guardò incredulo i due ragazzi a terra, e capì che il prossimo sarebbe stato lui. Fissandolo con odio, quasi dandogli la colpa di quanto era appena accaduto, Carlos infatti caricò il braccio e sferrò un gancio verso la sua povera faccia.
«No!» urlò Ilaria con voce acuta, quasi rotta dal pianto, proprio mentre con un riflesso istintivo suo cugino si sfilava di lato, schivando il colpo. A causa dello slancio, e delle precarie condizioni psico-fisiche in cui versava, Carlos non frenò la corsa e ruzzolò a terra, con la faccia nella sabbia. Paolo si voltò allora verso sua cugina, che come lui aveva gli occhi sbarrati per la paura. E a quel punto le rivolse un urlo secco: «Corri!».

Come avevano fatto ad arrivare a quel punto? Un minuto prima, c’erano sei ragazzi in spiaggia che si divertivano, si stuzzicavano, forse erano sul punto di abbandonarsi alla passione. Un minuto dopo, due di loro correvano come pazzi, completamente nudi, per le strade del paese senza neanche voltarsi indietro.
Dovettero pensare in fretta, Ilaria e Paolo, e la rocambolesca fuga sembrò loro un’alternativa migliore rispetto al restare lì a prendere le botte. Il ragazzo era riuscito a raccogliere al volo quasi tutti i suoi vestiti, mentre Ilaria aveva afferrato l’abito e la borsetta, decidendo di rinunciare a quel perizoma che probabilmente aveva appoggiato lì vicino, ma che proprio non vide. Non pensarono neanche per un secondo di perdere tempo per rivestirsi. Iniziarono invece una corsa a perdifiato che li portò presto fuori dalla spiaggia. Provarono a prendere stradine secondarie, alla ricerca di un posto in cui nascondersi, ma fu inevitabile incontrare persone lungo il percorso. Qualcuno rise, altri gridarono, qualche ragazzo fischiò ed applaudì. Non se ne curarono, la paura di avere un toro spagnolo che li inseguiva – come se fossero stati a Pamplona – era più forte della vergogna.
Dopo una corsa infinita, si decisero a rallentare nei pressi di un parchetto poco illuminato, bisognosi di riprendere fiato. Paolo si guardò indietro, e non vide alcun inseguitore. Per quello che ne sapevano, magari il toro era ancora disteso sulla sabbia, a combattere con lo stordimento dell’alcol.
Sembrò il momento giusto per rivestirsi… almeno fino a quell’improvvisa e potente luce blu, accompagnata dal suono di una sirena, che fece prendere un nuovo spavento a entrambi.

Ci mancava solo l’arresto per atti osceni in luogo pubblico, per dare un senso alla serata. Paolo e Ilaria ripresero a correre, attraversando il parchetto per provare a uscire dall’altro lato. E dopo almeno altri trecento metri di fuga, schivando pure i gruppetti di tifosi che dopo la vittoria erano usciti con tanto di bandiere per festeggiare, Paolo notò lungo il marciapiede un buco nell’angolo di una rete metallica. Incurante della possibile aggiunta di violazione della proprietà privata ai suoi capi d’accusa, afferrò la rete e la tirò, invitando sua cugina a infilarsi nel buco. Dopodiché, mentre lei teneva la rete sollevata dall’altra parte, fece lo stesso per raggiungerla.
Solo a quel punto si resero conto di essersi intrufolati in una stazione delle corriere, nella zona di deposito degli autobus. Tutto era buio, probabile che di notte non ci fossero corse attive e che lì in stazione non ci fosse nessuno. Corsero verso uno dei tanti autobus blu parcheggiati, e lo usarono come scudo per nascondersi.
Ilaria sentiva il cuore scoppiarle nel petto, temeva quasi che un infarto potesse raggiungerla da un momento all’altro. E anche quello di Paolo batteva all’impazzata, sia per la lunga corsa che per le infinite emozioni della serata.
Stettero lì un minuto buono, in silenzio e ansimanti, appoggiati con la schiena al lato della corriera. Quando poi finalmente trovarono la forza per voltarsi l’uno verso l’altra, si guardarono negli occhi, e fu per loro inevitabile lasciarsi andare ad una risata nervosa, quasi incredula. Quel momento liberatorio durò forse dieci secondi, prima che sentissero nuovamente avvicinarsi la sirena della polizia. Istintivamente, Paolo abbracciò sua cugina, quasi come se volesse farle scudo col proprio corpo, e rendere entrambi il meno visibili possibile.

La sirena aumentò di volume, si avvicinò, fu praticamente fuori dalla rete di metallo… e poi continuò la propria corsa, si allontanò, fino a divenire nuovamente un suono distante e impercettibile.
I loro visi erano uno di fronte all’altro, i nasi praticamente si toccavano. Gli occhi di Ilaria si perdevano in quelli di Paolo passando rapidamente da uno all’altro, troppo vicini a lei per guardarli contemporaneamente. Le bocche, ancora aperte e bisognose di ossigeno, a mezzo respiro di distanza. Il bum-bum-bum dei loro cuori, invece di rallentare, era ancora più accelerato.
In un secondo, le labbra si sfiorarono. E poi lo fecero di nuovo, ancora più vicine. La punta della lingua di lei fece timidamente capolino, lui ritrasse istintivamente la testa e la guardò, sempre col respiro mozzato dall’emozione. E poi si rifiondò in avanti con passione, permettendo alle due bocche di incontrarsi finalmente, come due metà della stessa mela. Alle lingue di toccarsi, di unirsi in una danza calda e umida.
Le posò una mano tra collo e guancia, col pollice ad accarezzarle dolcemente lo zigomo. L’altra invece, con tutto il coraggio di cui disponeva, la portò sul petto per afferrarle un seno. Che tette morbide, aveva sua cugina. Nel sentire quanto era dritto il capezzolo sotto ai polpastrelli, si eccitò ancora di più, tanto che Ilaria sentì il cazzo duro quasi bucarle la pancia.
Quando lei staccò la bocca dalla sua, senza riuscire mai a chiuderla per via del respiro ancora affannoso, si guardarono di nuovo. La sua espressione si tramutò in un sorriso, sembrava quasi che gli stesse dicendo «Sì, lo so, lo stiamo facendo davvero».

Poi il suo sguardo andò più giù, per osservare da vicino quell’arnese così bello e marmoreo che lui le stava strusciando addosso. Ma l’aveva avuto così per tutta la corsa? O si era risvegliato in quegli ultimi minuti? Sentì l’irrefrenabile impulso di toccarlo, di stringerlo, di farlo suo. Ecco, ora aveva il cazzo di suo cugino nella mano. Non era mai successo negli oltre diciotto anni di conoscenza, neanche nei più innocenti giochi che si fanno da piccoli. Mai la tentazione di giocare al dottore, di dire «Io ti mostro il mio se tu mi mostri la tua».
Ma ora era suo, tutto suo, quel bel cazzo, e nulla l’avrebbe convinta a mollare la presa. Allungando di nuovo il collo in avanti per tornare a baciarlo, iniziò anche un lento movimento con la mano. Un dolce massaggio al pisello, o una meravigliosa sega per meglio definirla.
Suo cugino era un ottimo baciatore, dove poteva avere imparato a usare così bene la lingua? Chiunque gli avesse dato modo di perfezionare così bene quella tecnica, meritava un premio. Solo per un attimo la ragazza si staccò da quel bacio, nel momento in cui la mano di lui la sorprese intrufolandosi tra le sue gambe.

Paolo era stato solo con due ragazze, nella sua giovane vita, e non poteva credere che la terza fosse proprio Ilaria. In entrambe le situazioni precedenti, si era ritrovato ad avere a che fare con ragazze dal sesso totalmente depilato. Quando invece aveva visto quel triangolino curato di sua cugina, in spiaggia, era rimasto estasiato, come succede quando vedi qualcosa di bellissimo per la prima volta. E sentire quei peletti sotto le dita, ora, lo stava mandando fuori di testa.
Nell’allungare la mano l’aveva subito percepita bagnatissima, segnale inequivocabile di come i due ragazzi si trovassero nella stessa condizione di eccitazione estrema. Le accarezzò le grandi labbra con l’indice e il medio, finché a un certo punto, quasi senza cercarlo, le sue dita furono come calamitate dentro la fica.
Ilaria ebbe uno spasmo nel sentirsi penetrare, e per un attimo le girò la testa. Nel frattempo la sua presa sul cazzo si era fatta più stringente, il movimento della mano più rapido. Ora lo stava masturbando con foga, di fatto invitandolo a fare lo stesso con lei. Appoggiati contro quell’autobus, nel parcheggio delle corriere, i due cugini si stavano donando un piacere reciproco senza eguali, che mai più avrebbero dimenticato.
«Oddio, non ti fermare…» sussurrò con la voce rotta dall’emozione Ilaria, mentre quelle dita nella fica la portavano rapidamente verso l’orgasmo.
Il primo a cedere, però, fu Paolo: all’ennesimo affondo del polso, il suo cazzo non resistette più e iniziò a sborrare. Dalla cappella fuoriuscirono potenti e copiosi schizzi di sperma, che per come erano stretti i due ragazzi, andarono a colpire la parte inferiore del seno di Ilaria, spruzzandole anche tutto lo stomaco. Lui quasi si sentì mancare, e dovette interrompere la penetrazione con le dita. Ma non aveva importanza: sentirsi ricoprire in quella maniera diede anche a Ilaria lo slancio giusto per esplodere, e liberare tutto il proprio piacere con un’abbondante spruzzata di umori dalla vagina.
I gemiti soffocati, sempre con la paura di essere scoperti, non sminuirono per nulla il godimento dell’orgasmo. Con le teste appoggiate l’una sull’altra, fronte contro fronte, gli occhi chiusi e il respiro ansimante, i due ragazzi rimasero lì in piedi sfiniti per almeno un paio di minuti buoni, appoggiati contro la parete dell’autobus ormai impregnata del loro sudore. Finché, ancora prima di aprire gli occhi, entrambi si lasciarono andare a una risata, increduli ma incredibilmente soddisfatti per ciò che era appena accaduto.

«Credo che la via sia libera» osservò Paolo qualche minuto dopo, spiando verso la strada. Ilaria lo aveva appena raggiunto, dopo un provvidenziale giro nel bagno dell’autostazione – trovato aperto, per sua grande fortuna – nel quale si era ripulita di tutto lo sperma che le era rimasto addosso. Aveva anche reindossato il suo abito rosso, simbolo di quella indimenticabile serata, e di fronte al riflesso del distributore di bibite, si era ritrovata per la prima volta a pensare quanto sembrasse proprio un abito da puttana d’alto bordo.
Non riusciva ad accettare di aver lasciato il perizoma, e soprattutto i suoi bellissimi sandali, su quella spiaggia. Chissà se il giorno dopo li avrebbero ritrovati? Ma avrebbero avuto davvero il coraggio di tornare lì? Nel raccogliere la borsetta da terra, tirò fuori il telefono per controllare l’ora, e si accorse di avere un messaggio non letto, che probabilmente le era arrivato proprio durante l’amplesso. Aprì le notifiche, e scoprì con un colpo al cuore che si trattava di un messaggio vocale del suo fidanzato, lungo ventuno secondi.
Non era quello il momento per ascoltarlo. Lo sapeva, lo sapeva benissimo. Ma la storia, dopotutto, dimostrava che Ilaria non era il massimo quando si trattava di mettere da parte le emozioni per prendere decisioni razionali. E così premette sul tasto play.
«Amore, non puoi capire che è successo – esordì il vocale, richiamando anche l’attenzione di Paolo, ancora intento ad abbottonarsi la camicia – Il mio capo mi ha fatto una sorpresa stasera, e mi ha portato a vedere l’Italia! Che figata! E sai qual è la parte più incredibile…? Ho due biglietti a disposizione per la finalissima di Wembley!! Sei pronta? Chiudi le valigie, si va a Londra baby!!».

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