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Sconvolta:
8/01/2017
Come da lei ordinatomi, dottoressa, comincio a scrivere un diario dei sogni, voglio tuttavia cominciare con una premessa, forse per giustificarmi, nonostante le sue continue rassicurazioni che, in quanto psicologa, &egrave preparata ad affrontare qualsiasi confessione senza giudicare… capisco che per lei &egrave di vitale importanza riuscire a farmi esporre i miei problemi e cercare quindi un modo per risolvere quelli che lei chiama “conflitti tra il mio Es ed il mio SuperIo” , tuttavia non riuscirei a parlare di queste cose sapendola nella stessa stanza con me, col suo sguardo puntato sulla mia schiena, ascoltando l’espressione di ciò che certe volte penso, immagino, e che mi crea malessere. Non so da dove nascano questi desideri, non ho certo condotto una vita dissoluta o dedita alla perversione. Tuttavia da un paio di mesi ho cominciato a sviluppare questi osceni pensieri. Tenerli per me li ha fatti maturare pian piano verso vette che mi lasciano basita. Come lo ho spiegato ieri pomeriggio nella nostra prima seduta, mi vengono nei momenti più strani e basta poco per scatenarli, anche l’atto più innocente. Stanotte ho fatto di nuovo uno di quei sogni, mi accingo quindi a raccontarglierlo e a descrivere ogni dettaglio che mi ha colpita, come da lei richiesto.

Mi trovavo in casa mia ed era pomeriggio. Vestita con degli abiti che non ho mai posseduto e che di sicuro non comprerei. Un vestitino di cotone a fasce diagonali nere e bianche elasticizzato, talmente corto che a malapena mi copriva il fondoschiena. Indossavo delle calze velate…credo fossero autoreggenti perché muovendomi sentivo il fresco dell’aria sulla parte alta delle cosce e tutta la parte intima. Non portavo quindi nemmeno intimo e sentivo il tessuto strusciare sui miei seni. Ad ogni passo il vestito si muoveva leggermente, trattenuto solo dall’estrema aderenza sulla mia pelle e mi causava un prurito che dai seni arrivava dritto alla mia…penso abbia capito. Di sicuro non un vestito consono a quello che stavo facendo, preparare la colazione per una delle mie figlie, ne consono a qualsiasi altra cosa. Col suo sguardo su di me (lei era seduta al tavolo con le mani giunte sotto il mento che mi guardava e sorrideva, con quel suo faccino angelico ed ingenuo) mi muovevo per la cucina cercando gli ingredienti. Mi chino negli sportelli accanto al forno cercando le fette biscottate e non le trovo, sono costretta ad abbassarmi ancora di più e cercare in fondo al mobile. Sento il vestito salire ben oltre il mio fondoschiena e fermarsi sui fianchi esponendo le mie parti intime completamente nude alla vista di Anna che sorridendo mi chiede “non le trovi mamma?” giro leggermente e restando piegata in modo da guardarla tenendo il pacco di fette biscottate in mano e le rispondo “no amore le ho trovate, eccole” e la guardo. I nostri occhi non si incrociano, non guarda la mia faccia. i suoi occhi, verde scuro come i miei, sono puntati sul mio sesso.
Questo pensiero mi folgora e mi…turba se capisce cosa intendo. mi raddrizzo lentamente dopo aver sporto ancora di più il fondoschiena e con uno strattone tiro giù il vestito a coprirmi, forse in modo troppo vivace, sento l’orlo superiore scivolare verso il basso, l’aria su una delle aureole, ma comunque il seno resta coperto e non lo sistemo. Anzi pure questo mi provoca piacere… mi allungo verso lo sportello in alto dove tengo i barattoli di miele nutella e altre conserve o prodotti sottolio e di nuovo il vestitino si alza. Son sicura che il mio fondoschiena, bianco come il latte e un po abbondante, &egrave di nuovo il protagonista dello sguardo di Anna e sorrido. Questa volta non lo sistemo, lo lascio un po’ sollevato a scoprire la parte bassa dei glutei e dell’inguine, mi giro e mi dirigo verso il tavolo e mia figlia. Camminando le gambe scivolano tra loro, avverto che sono umide, bagnate, e di sicuro non può essere per il sudore visto che &egrave inverno. mi seggo e le faccio compagnia per la merenda. Parliamo di come va l’università (&egrave al primo anno se ricorda) spalmando il miele sulle fette biscottate e mentre lei addenta la prima che ha preparato un rivolo di miele le scivola al lato della bocca verso il mento. Meccanicamente allungo un dito verso il suo viso, raccolgo il miele che le sta per gocciolare sulla maglietta e per la prima volta vedo realmente cosa indossa. non più coperta dalle braccia e dal tavolo posso vedere la canottiera nera smanicata, sicuramente troppo piccola per contenere il suo busto prominente e la sua 4 di seno così morbida e candida allo sguardo, che le arriva ben sopra l’ombellico. Le gambe sono nude, il pube coperto da un paio di mutandine colore rosa confetto che quasi spariscono sui fianchi. Ha ereditatio il mio fisico, un po robusto ma con delle curve che di sicuro la aiuteranno in futuro a non passare inosservata. Porto il dito tra le labbra e le chiudo succhiandolo per pulirlo di tutto il miele poi dico “&egrave buonissimo &egrave un peccato sprecarlo, o sporcare la tua magliettina amore”. Mi preparo una fetta per me ma , senza farlo di proposito credo, esagero col miele e mangiando sento l’appiccicoso liquido colare questa volta sul mio di mento e…gocciolare su un seno, fino a scivolare nell’incavo in mezzo. Anna raccoglie quello che ancora ho sul viso come ho fatto io e lo mangia guardandomi, e infine mentre dice “hai ragione mami &egrave proprio un peccato sprecarlo” si china col viso tra i miei seni e con la ling…………..

Giulia chiuse all’improvviso il diario che sua madre teneva sul comodino. Ha notato che da qualche mese scriveva spesso e sapeva che andava in cura da una psicologa per una leggera depressione. Chiedendole, la madre le ha detto che era un esercizio affidatole per la cura della depressione e che era importante che nessuno lo leggesse tranne la psicologa, proprio per rendere efficace il trattamento. Tuttavia oggi la curiosità &egrave prevalsa ma MAI avrebbe immaginato di leggere una cosa del genere. Sconvolta e agitata posò di nuovo il diario rilegato in pelle marrone sul comodino accanto al letto della madre, dimenticandosi nella fretta di richiudere la fibbia. Uscì dalla camera con una sensazione di vuoto allo stomaco e il cuore che le rimbomba nelle orecchie.

Non sapeva cosa pensare, non sapeva cosa fare.

uman.sins@gmail.com 13:50
“Mamma puoi passarmi l’acqua per favore?” “certo Giù eccola” risponde Michela porgendo la bottiglia d’acqua a sua figlia. Si accorge che Siulia la guarda ed &egrave nervosa, forse imbarazzata o preoccupata. Nonostante tutto decide di aspettare dopo pranzo che sia lei ad avvicinarla, magari deve dirle qualcosa che non vuole sappiano le sue sorelle. Come ha scoperto negli ultimi mesi, la privacy &egrave qualcosa di importante e rivelare cose imbarazzanti a chi non deve saperle &egrave molto difficile e complicato. Pensa al diario lasciato sul comodino accanto al letto in camera sua, alla merc&egrave delle figlie che potrebbero aprirlo e leggerlo. Pensa a come si &egrave sentita male quando il giorno prima, rientrando da lavoro, ha trovato la fibbia slacciata e in una posizione diversa da quella in cui credeva di averlo lasciato. Per fortuna deve essere stata solo la sua paura a giocarle un brutto scherzo. In casa le sue figlie non sembravano comportarsi in modo diverso, certo tranne il nervosismo a pranzo di giulia. Tuttavia la sua laurea si stava avvicinando, mancavano le ultime materie e tra un paio di settimane avrebbe avuto un esame difficile, quindi era piuttosto tranquilla e aveva archiviato l’impressione sul diario. Finiscono di pranzare e nell’alzarsi dal tavolo con i piatti sporchi passa dietro giulia e le da un bacio sulla guancia per rassicurarla e coccolarla un po. Anna la stava ancora aiutando a lavare i piatti quando giulia la chiama dalla sua camera chiedendole di raggiungerla.
Entra in camera e per un attimo resta paralizzata. Sua figlia &egrave li sul letto che si sta cambiando e vedendo cosa indossa le passa un flash per la mente e un brivido alla spina dorsale. Giulia &egrave stesa, con indosso una magliettina rosa pallido e un paio di mutandine nere, sta indossando un paio di leggings. Stava giusto infilando un piede tenendolo sollevato e la gamba piegata. Le sembra di scorgere, dai lati delle mutandine, dei peli che fuoriescono. Peli neri. Ricci. una vampata di calore e sente le guance andare a fuoco. Sa già che dovrà andare a scrivere sul diario. La psicologa &egrave stata piuttosto dura e decisa dopo aver letto le prime pagine, lamentandosi di come cercasse di nascondere le sue impressioni anche al diario stesso. “sì più precisa e diretta, non devi moderare termini e modi con un diario. il diario sei tu e devi smetterla di mentire almeno a te stessa, quale che sia la verità. o non guarirai mai da questo conflitto che vivi” le disse. Si gira per non fissare il suo sguardo sulle cosce di sua figlia, cercando di mantenere il respiro regolare, e le chiede “cosa c’&egrave? stavo finendo la cucina”. “Mà come va con la psicologa? ti aiuta?” chiede Giulia alzando entrambe le gambe e tirando su i leggings a coprire il suo sedere. “Abbastanza si, perch&egrave?” “sai vorrei fare una seduta pure io… mi sento molto stressata e credo che parlarle potrebbe aiutarmi. Pensi ci sia modo di avere un appuntamento in settimana?” risponde alla madre tutto d’un fiato. Michela, cercando di non imaginare quanto debba essere pelosa sua figlia per far si che quei peli escano dai lati delle mutandine, si ricorda che avrebbe avuto un appuntamento proprio per questo pomeriggio. La psicologa, tolti i momenti in cui le prescrive gli esercizi che crede debba intraprendere, con un tono alquanto autoritario e freddo, &egrave molto disponibile e cordiale. Probabilmente portandola con se potrebbero trovare del tempo libero. o al massimo avrebbe lasciato il posto a sua figlia per oggi. Questo e altro per le sue figlie, gli amori della sua vita. “Certo tesoro, tra un paio d’ore ci andiamo e vediamo se oggi stesso può parlarti ok?” dice a Giulia con un tono dolce e affettuoso, mentre l’immagine di quei peli scuri e gocciolanti di umori, che spandono l’odore di femmina nell’aria dopo ogni vola che si mastur… “va bene mà. come sto?” Michela si gira strappata alla sua fantasia e vede sua figlia in piedi, i leggins molto aderenti quasi le delineano le grandi labbra, la maglietta strettissima fa risaltare i capezzoli e schiaccia la 5 abbondante di sua figlia verso l’alto. michela, con la gola secca, le risponde che sta bene ma forse per la psicologa non &egrave proprio l’abbigliamento migliore. Giulia si gira e si china a 90 abbassando i leggings rispondendo che allora indosserà qualcos’altro. Michela la fissa, vede sua figlia piegata, che si offre ai suoi occhi, pensa di allungare una mano e spostare quelle mutandine nere, di studiare il cespuglietto di sua figlia, spostarne i peli per cercare il clitoride e il buco della vagina, di uscire la lingua e affondare il viso tra quei ricci odorosi…
Scappa dalla camera prima ancora che Giulia finisca di togliersi i leggings e di alzarsi gridando dietro di se “mi riposo un’oretta e poi andiamo dalla psicologa”. Si chiude in camera, ansima muove le gambe in modo spasmotico, non resiste. Alza la gonna che indossa ancora dopo il lavoro, sposta le mutandine di pizzo rosso e si solletica il clito abbandonandosi alla fantasia di poter esplorare quella fitta foresta di peli con le dita e la lingua e la faccia fino a venire con la testa contro il cuscino e mordendosi le labbra per non farsi sentire dalle sue innocenti e pure figlie. Una lacrima le scende sulla guancia dopo l’orgasmo pensando a quanto sia malata. Spera che col tempo la psicologa le possa fornire un aiuto concreto.

16:06
Entrando nello studio, Giulia resta colpita dall’eleganza del posto. ciò nonostante si sente in un ambiente rassicurante. Il lettino singolo da psichiatra in stile moderno, la scrivania molto distante vicino una grande portafinestra con le tende semi aperte, il parquet di legno scuro, tutto comunica accoglienza e riservatezza. C’&egrave pure un separ&egrave di stoffa vicino il lettino, anche se non ne aveva mai visto uno nei film con gli psicologi. Sua madre si avvicina a passi decisi verso la donna girata di spalle che ammira la città fuori dalla finestra. Lo studio &egrave in centro, e di sicuro ci sono tante bellezze architettoniche da ammirare dei palazzi vicini. La psicologa si gira con un sorriso, facendo ondulare la sua coda di cavallo alta e stretta. Giulia se la immaginava come una donna di mezza età, sicuramente in forma grazie ai tanti soldi che doveva guadagnare, ma non si aspettava il viso giovanile che si ritrovò davanti. Alta e slanciata, circa 180, bionda liscia, trucco molto leggero, un po di fondotinta e di ombretto che facesse risaltare quegli occhi azzurri che splendevano dietro le lenti squadrate degli occhiali senza montatura, le mise subito soggezione. Giulia sapeva di essere carina, ma la donna davanti a se, che doveva avere 30 anni al massimo, era bella, FEMMINILE. E dai movimenti del corpo doveva esserne assolutamente consapevole. Vestita con una gonna grigia non troppo stretta ma che le modella i fianchi e che arriva un paio di dita sopra il ginocchio, le calze velate con la riga dietro, le scarpe col tacco alto nere, una maglia grigia a collo alto ma smanicata, la lasciò sbigottita e piena di invidia. Maria e Michela si abbracciano come vecchie amiche e si salutano, poi Michela si scosta e fissandola negli occhi le indica sua figlia presentandola “lei &egrave Giulia, mia figlia maggiore, Lei &egrave Maria, la mia psicologa”.
Maria, la psicologa, la squadra dall’alto in basso. giulia si sente studiata come un capo di bestiame al mescato. Si aspetta quasi che le venga a controllare i denti, poi maria si avvicina con un sorriso e allargando le braccia le dice con voce calda “Piacere cara finalmente ti conosco, sei proprio come ti immaginavo”. Giulia si avvicina e si abbracciano assecondandola sopratutto per cortesia, sempre più intimorita da questa giovane donna di successo che legge il diario di sua madre e che ha letto chissà quali oscenità. Come se questo pensiero lo avesse evocato, la madre tira fuori dalla borsa il diario e lo consegna alla psicologa. A Giulia sembra che lo “offra” chinando pure leggermente il viso, ma fa finta di nulla. Di sicuro sua madre china il viso per la vergogna di ciò che ha scritto. “Prima di cominciare comunque tua figlia deve uscire, sai che le sedute sono private” “si Maria però prima volevo chiederti se si poteva avere un appuntamento oggi o questa settimana anche per lei, vorrebbe parlarti” risponde Michela. “Posso dedicarle una mezzora per la prima seduta subito dopo di te e tranquilla, la prima seduta &egrave gratis. Così potremo conoscerci e….Giulia?… potrà espormi a grandi linee come mai vuole parlare con una psicologa” dice Maria sorridendole. “adesso esci pensiamo prima alla mamma…”sorride a Michela “e poi alla figlia” guardando Giulia con uno sguardo che Giulia può definire solo come quello di un affamato di fronte ad un buffet intero. Confusa si gira ed esce dallo studio sedendosi su una delle sedie nela sala d’aspetto vuota chiudendosi la porta alle spalle. Non un rumore esce dallo studio fino a quando sua madre, 1 ora e mezza dopo, esce col viso pensieroso e le fa cenno di entrare….
Giulia, tremando per ciò che la aspetta, entra nello studio e rabbrividisce. C’&egrave freddo ora, la portafinestra &egrave aperta, e deve esserlo da un po. Maria &egrave li con una sigaretta tra le labbra, la sta accendendo proprio adesso. tira una lunga boccata poi si gira. Con una braccio sulla pancia e l’altro piegato, le chiede se le da fastidio il fumo. “Tranquilla fumo pure io. Scusa devo darti del tu o del lei? siamo quasi coetanee credo e non sono mai andata da una psicologa e non so come comportarmi”. Offrendole il pacchetto le dice “puoi cominciare con lo sdraiarti, prendere una sigaretta se ti fa sentire a tuo agio, e raccontarmi come mai sei qui. E puoi darmi anche del tu in effetti no ncredo che ci togliamo più di 3 o 4 anni, io ne ho 29. Cosa ti porta qui da me?” Giulia prende una sigaretta e si stende su questo lettino, con lo schienale curvo che la porta a sollevare molto le gambe, e accende pure lei una sigaretta. Maria la raggiunge col diario in mano, si siede vicino alla sua testa su una piccola poltrona e comincia a sfogliare il diario. Accavalla le gambe e la gonna sale fino a mostrare le balze delle calze. Non sentendo la voce di Giulia la fissa con un’espressione interrogativa. Giulia la fissa intimorita, fissa il diario e degludisce. “Come va con mamma? che ti racconta? come mai viene qui? sai in casa non ne parliamo lei glissa sempre l’argomento” “cara non posso raccontare ciò che mi dice un altro paziente, quindi tranquilla puoi dirmi ciò che vuoi io non dirò nulla a tua madre, se la tua domanda vera &egrave questa. In più la stanza &egrave insonorizzata quindi fuori nessuno può sentire ciò che mi dirai…” si sporge in avanti, i visi molto vicini, e agitando il diario di sua madre chiuso ma con un dito in mezzo come a segnare la pagina aggiunge “no essere timida, non hai idea di cosa mi confessano le persone, non mi scandalizzo ho una mente molto aperta”. Maria torna a stendersi sulla poltrona e sfoglia svogliata il diario, mordendo distrattamente le labbra e ogni tanto guardando con uno sguardo compiaciuto Giulia. Accavalla le gambe dall’altro lato, lentamente. Giulia prende fiato “ho letto il diario di mamma”. “Lo so cara, mi piace giocare al gatto col t opo con chi ha la coscienza sporca sai? quanto ne hai letto?” “poco..solo le prime due pagine”. Giulia &egrave rossa in viso, la sua pelle candida si accende come un rosso peperone e inizia a verrgognarsi mentre la psicologa da una rapida occhiata alle prime due pagine del diario. Cambiando improvvisamente tono, diventando fredda, quasi autoritaria, dice “ah si, quando racconta di come ha immaginato di farsi leccare le tette e la figa da tua sorella Anna, sai non &egrave tra i miei passi preferiti. Ai primi tempi ancora non scriveva tutto e non usava i termini giusti. Ovviamente non posso scendere nei dettagli capisci, la privacy”. Giulia si sente morire, non &egrave abituata a utilizzare un linguaggio così e resta senza fiato sentendo queste parole. Vede Maria alzarsi per andare a chiudere la vetrata e le sente dire “bene ora l’aria &egrave cambiata…dimmi sei qui perch&egrave ti da fastidio che tua madre abbia scritto che vuole…” ha iniziato a parlare distante per poi avvicinarsi fino all’orecchio di Giulia dove pronuncia le ultime parole della domanda “….farsi leccare le tette mentre gode?”. “no..no non sono qui per questo sono qui per capire cosa succede per…per…” “dimmi vuoi bene a tua madre? sai lei soffre al momento, reprime se stessa, e la parte repressa cerca di ribellarsi, spingendo tua madre a pensare cose che magari in realtà nemmeno vuole, come un assetato al quale basterebbe bere un bicchiere d’acqua e sogna di fare un bagno in una fontana. &egrave una donna matura, con un corpo maturo. Posso dirti solo che voglio risalire alle origini della sua insoddisfazione, di natura chiaramente sessuale, in modo da risolverle questi conflitti. senza nulla di tragico, anche spingendola verso una normale relazione con un uomo. Che ne pensi?” Mentre parla Maria torna sul divanetto, sempre col diario in mano, e la fissa. “si certo capisco…si le voglio bene…non credo sarebbe un problema se iniziasse a frequentare qualcuno a me non darebbe fastidio” risponde Giulia. “Non so come reagire cosa fare o in cosa mi sono cacciata…sono confusa e molto” “Giulia io ho in mente una terapia per tua madre, molto semplice. Se vorrai aiutarmi, in poco tempo tua madre potrà avere una relazione normale ma tu dovrai ascoltarmi e aiutarmi. Il tuo coinvolgimento potrebbe accellerare molto la guarigione se farai ciò che ti dirò.” “Cosa vuole che faccia scusi?” chiede Giulia. “Innanzitutto devo capire se tua madre certe cose le immagina solamente. Sul suo diario ci sono citati certi particolari che potrebbero essere originati da una mente deviata o dalla semplice casualità. Dopodich&egrave pensavo di far affrontare a tua madre le sue paure. Farle vivere, ed esorcizzare grazie all’esperienza, alcune di queste visioni e fantasie che ha. Ovviamente scontrandosi con la realtà diversa in cui MAI succederebbe qualcosa come quello descritto nelle prime pagine, capirà che non deve temere queste cose, non deve preoccuparsi se una delle sue figlie indossa delle mutandine nere e una magliettina rosa…..giusto?” “giusto” risponde titubante Giulia, cominciando a capire che si riferisse pure a ciò che ha fatto dopo pranzo lei. “Le ha detto di oggi a pranzo, vero?” “si lo ha fatto. Mi ha detto di come ti sei messa a 90 per farle vedere il tuo culo e la tua figa” la voce di Maria &egrave dura. Quasi un rimprovero. “devo farti un paio di domande proprio a tal proposito, e voglio verificare una cosa. Per il bene di tua madre capisci?” “cosa?” “tua madre &egrave rimasta colpita da un certo particolare. Dimmi Giulia, te lo chiedo solo per essere sicura che tua madre non sia psicotica e veda cose immaginarie ma…tu depili la tua figa?” Il tono della psicologa non ammette rifiuti di rispondere, Giulia lo percepisce. Ha sempre capito quando un’altra persona &egrave autoritaria e nasce con la capacità di farsi ascoltare e ubbidire. Imbarazzata e meccanicamente risponde “no non mi depilo Signorina” nemmeno rendendosi conto di essere passata al lei e averla chiamata con questo appellativo. “tua madre mi ha detto che ti si vedevano dei peli uscire dai lati della mutandina. Ricci e neri peli della tua Figa. L’hanno colpita, traumatizzata, sconvolta. &egrave vero che escono? Devo verificare che non sia pazza, capisci?” “non lo so…io..non ho mai fatto caso in inverno a queste cose…io…non so….” Giulia comincia a balbettare ha paura della scena che si sta creando ma non riesce a tirarsi indietro, &egrave sempre così quando ha di fronte una persona dominante. Che siano le sue amiche che la tiranneggiano o qualche suo ex che ogni tanto ancora approfitta di lei sapendo quanto sia debole. “Controlliamo e togliamoci il dente. Forza.” Alle parole di Maria, Giulia si alza, si gira come ha fatto in camera sua e si piega, sfilandosi i jeans e poggiando le mani al lettino. “uhm si un po in effetti i peli della tua figa sono proprio neri e ricci e danno idea di folto, da davanti pure? siediti come hai fatto a casa tua sul letto e allarga un po le gambe.” La mente &egrave paralizzata ma il corpo si muove. Giulia si siede e allarga le gambe. Il lettino le tiene le gambe alte, si sente quasi dal ginecologo. “Si si, i peli escono dappertutto” dice Maria con un sorrisino compiaciuto. “Rivestiti” Si dirigge verso la sua scrivania prende un biglietto da visita e lo dà a Giulia, mettendolo nelle mutandine. “stasera mi manderai un messaggio così potrò dirti cosa devi fare per aiutare tua madre. NESSUN rifiuto se vuoi che si riprenda. Chiaro??” Giulia annuisce sottomessa con gli occhi bassi poi qualcosa le viene tirato contro e le cade tra le mani. un perizoma rosso semitrasparente tutto ricamato. alza lo sguardo sulla Psicologa che &egrave tornata seduta sulla poltrona e la fissa sconvolta. “tranquilla non sono mie vedi?” Maria, senza nessuna timidezza alza la gonna e mette le gambe sui braccioli della poltrona mostrandole le sue mutandine nere. “Sono di tua madre. &egrave uno dei piccoli passi che le faccio fare per sfogare le sue voglie represse. Per non farla esplodere e soddisfare in parte il suo attuale bisogno di perversione. Fino a domani girerà senza mutandine sotto i vestiti. Senza che nessuno se ne accorga. Ora va, ci sentiamo stasera”. Giulia viene congedata e non più degnata neanche di uno sguardo da quella strana donna. Sconvolta più di ieri nasconde le mutandine di sua madre in tasca ed esce dallo studio, prende sua madre sottobraccio ed entrambe tornano a casa. Camminando sente dell’umido sulla coscia, dove c’&egrave la tasca in cui ha nascosto le mutandine di sua madre, che evidentemente sono zuppe. Zuppe ma nemmeno la metà di quanto lo siano le sue, odia sentirsi così ogni volta che viene trattata con autorità e mano ferma. E sa già che arrivata a casa scriverà alla psicologa. Per aiutare sua madre. Perch&egrave non riesce a rifiutarsi ad una persona autoritaria.

Appena la porta dello studio si chiude Maria alza il viso che teneva abbassato sui moduli di registrazione della nuova paziente. Un sorriso perfido e perverso segna il viso, accompagnato da uno sguardo carico di lussuria. Pensava di aver trovato un nuovo giocattolo, invece ne aveva 2. E si sarebbe divertita parecchio. Come la porta si chiude dietro sua figlia, Michela si avvicina a Maria e inizia a tirare il separ&egrave in modo da metterlo tra il lettino e la poltrona che solitamente la psicologa usa. Fin dai primi giorni le ha permesso di usarlo, e questa parete l’ha aiutata molto a sentirsi a suo agio. Tuttavia sa che &egrave solo una cosa temporanea, e già dallo sguardo di Maria capisce che da oggi si proverà a rimuovere pure questo ostacolo. Con un respiro profondo lo rimette a posto e si stende. Vede la psicologa sfogliare le ultime pagine del diario e chiuderlo di scatto arrabbiata. “Ecco adesso mi sgrida” pensa subito. Rabbiosa la psicologa si avvicina al divanetto e la fissa con uno sguardo di fuoco. “quando do un compito o una cura mi aspetto che il paziente la segua scrupolosamente. Ho tanti possibili pazienti e molti sono più motivati di te. Che vuol dire quest’ultima nota?? voglio infilare la lingua tra i suoi peli ricci. non dice altro! peggio che le prime volte! Pretendo una spiegazione!” Michela, con lo sguardo basso e rosso in faccia risponde “oggi volevo provare a raccontarti tutto di persona, senza trascriverlo sul diario. Sai per superare questo blocco per cui non riesco a parlarne. Se ho sbagliato scusa, tornando a casa scriverò tutto” “Si scriverai tutto perché questo &egrave il compito che ti ho affidato. Comunque bene da oggi oltre che scrivere nel diario potrai parlarmene in prima persona. Comincia a raccontare, ti ascolto” afferma Maria sedendosi sulla poltrona e guardandola dritta negli occhi. Chiude gli occhi e comincia a rivivere l’esperienza e ciò che ha immaginato: “mia figlia, dopo pranzo, mi ha chiamata in camera sua. Quando sono entrata era li con indosso solo una magliettina e un paio di mutandine e stava mettendo dei leggings. Mi &egrave sembrato di rivivere uno dei primi sogni che ti ho scritto, anche se li la protagonista era l’altra mia figlia”
“Continua a raccontare. Cosa hai visto? Come ti sei sentita?” chiede Maria aprendo il diario alle prime pagine. “Per indossare i leggings ha messo un piede sul letto, trovandosi così davanti a me con le cosce aperte. Ha la pelle bianchissima, come la mia. Non ho resistito ho abbassato lo sguardo tra le sue cosce e….” “tra le sue cosce? Cosa c’&egrave tra le sue cosce Miky? Sai che devi dire il suo nome vero? Non devi nascondere nulla a te stessa, e a me, se vuoi che ti aiuti”. “Tra le sue cosce c’era la sua….figa. Pelosa. Pelosissima. Non l’ho vista, indossava le mutandine, ma i peli uscivano fuori e si vedevano contro la parte interna delle cosce. Ricci. Nerissimi. Folti. Ho subito pensato a come sarebbero stati umidi e appiccicosi se si fosse eccitata. Ho avuto il flash di una goccia di umori che incollava alcuni di quei peli e…oddio non posso continuare!” Spazientita Maria trascina con due colpi la poltrona, sulla quale &egrave seduta, praticamente accanto al suo viso. “Io non volevo ma così mi costringi Michela. Ricordi che hai firmato la clausola sul trial clinico?Secondo cui posso ricorrere a metodi di sollecitazioni negative nel caso in cui ti fossi dimostrata recalcitrante nel seguire le mie indicazioni. Per condizionarti a intraprendere i passi necessari. Dentro e fuori dallo studio. Sono legalmente OBBLIGATA a ricondizionarti secondo i tuoi voleri all’inizio della cura. Tu ora sei come una drogata che vuole scappare dal centro di disintossicazione. E li li tengono con la forza. Mi costringi Michela.” Maria tira un sospiro, misto di delusione e scocciatura, prima di riprendere a spiegare ad una sbigottita Michela. “Sono stata fin troppo accomodante fin ora, ed &egrave per questo che tu non hai mostrato miglioramenti. Ti ho permesso di scrivere un diario invece di parlarmi direttamente. Ti ho permesso di usare il separ&egrave sperando che ti abituassi a confessarmi i tuoi problemi. Se vuoi guarire, riacquistare fiducia in te stessa, ricominciare a vivere anche una storia magari, dovremo cominciare a ricondizionarti. Fin da oggi. SONO STATA CHIARA?” quasi urla le ultime parole. Michela &egrave esitante, spaventata, paralizzata. Con voce tremula bisbiglia “E che cosa sono queste sollecitazioni negative?”
“Sei una madre Miky, dovresti saperlo. Quando le tue figlie da piccole facevano le cattive o sbagliavano le rimproveravi giusto?” Maria sente Michela tirare un sospiro di sollievo, convinta forse che sia questa la sollecitazione, un semplice rimprovero. Dentro di se sorride all’idea dell’ingenuità, dell’insicurezza di questa donna, che piano piano sta modellando già da settimane, spingendola sempre un passettino più in là. Inizialmente timida e per niente abituata alle parolacce oggi riusciva a pronunciare le parole “figa di mia figlia” quasi senza battere ciglio. “Ma con te i rimproveri non funzionano. Bisogna punirti. Certo non posso chiuderti in casa, N&egrave negarti la paghetta. Potremmo utilizzare questo. Molti pazienti, dopo una o due sedute, hanno trovato la motivazione per seguire le giuste terapie poi proposte.” Nel parlare mette una mano sotto il divanetto e prende un sottilissimo e lungo frustino di legno scuro. Lo ha fatto lei in persona dedicandogli giorni di lavoro per modellarlo. E ha dovuto chiedere un favore ad un suo amico, un favore che gli &egrave costato un lavoro di bocca praticamente interminabile, affinché sistemasse quei ganci con cui nasconderlo proprio sotto il divanetto dei pazienti. Passa una mano lungo tutta l’asta, molto sottile, liscia e regolare da un lato, come una serie di sfere di grandezza sempre maggiore e schiacciate tra loro dall’altro lato. Ogni lato un uso molto diverso, ma entrambi piacevoli. Si gode la sensazione del legno liscio e levigato tra le dita mentre fissa negli occhi Michela, il viso impassibile, lo sguardo di ghiaccio. Mentre una risatina sadica le rimbomba nella mente e lotta per affiorare da occhi e labbra. “Certo come psicologa sono convinta che ciò che motiva più di tutti &egrave l’umiliazione psicologica, ma sono sicura che a te basterà un piccolo incentivo per migliorare, quindi nulla di tragico. Sono sicura che dopo questa volta non ti sottrarrai alle cure.” Michela fissa ad occhi sgranati il frustino nelle mani di Maria. Capisce che in questo momento non &egrave la sua amica, &egrave la sua dottoressa. e non ha scelta, ha sbagliato. Cerca tuttavia di prendere tempo, di capire le intenzioni della DOTTORESSA. “Cosa hai intensione di fare??” chiede. “Innanzitutto dammi del lei, &egrave necessario visto il ruolo di rieducatrice che sto per assumere. E ora stendi le mani davanti a te. Come quando erano piccoli i nostri genitori, penso che 10 bacchettate sui dorsi possano bastare, per QUESTA volta.” “La prego non sulle mani, devo guidare, cucinare lavorare domani in ufficio, e mia figlia fuori e chiunque mi chiederebbe cosa &egrave successo e si preoccuperebbero!!” “E’ la tua prima punizione, sarò magnanima anche questa volta, ma SOLO questa volta. Un posto dove non si vedrà. Mmmm…” comincia a rimuginare Maria studiando la sua paziente. E’ proprio questo il momento che adora di più, quando la sua preda si dibatte ancora leggermente, cominciando a sentire i primi strattoni del guinzaglio che ha serrato attorno al suo collo. “I posti migliori sarebbero le cosce, &egrave inverno e saranno coperte, o i glutei o la pancia.” Maria si alza in piedi, saggia il frustino dandosi colpetti sul palmo sinistro della mano, continua a parlare ad alta voce elencando pregi e difetti delle parti del corpo che dovrebbe usare per punirla. “Sei una donna bella e il tuo ampio seno deve essere motivo di orgoglio, specie perché si tiene su da solo. Punirei anche il tuo orgoglio così quindi….mmmmm” rimugina dando le spalle all’altra donna, poggiando il peso sulla gamba destra e spostando un po di lato il piede sinistro fino a far tendere la gonna. “Forse se sbaglierai ancora. Per essere più incisiva in futuro. Dimmi preferisci l’interno coscia o i glutei?” si gira di scatto per guardarla. L’espressione che ha affinato in anni di dominazione con le sue partner, di puro comando. “io..io non so, penso la scelta debba essere sua…dottoressa” dice infine remissiva mentre guarda Maria dare piccoli colpetti col frustino contro la sua stessa coscia. “Brava, almeno una cosa giusta l’hai detta. Bhe ti risparmierò la sofferenza di sentire dolore ogni volta che ti sederai. Per oggi saranno le tue cosce, Michela, a subire la punizione. Prego, sfilati le calze, non voglio rovinartele.” Michela si alza, tira su la gonna e poi, afferrando l’elastico dei collant, li tira giù fino alle caviglie. “Dovrai togliere almeno un piede, per poter allargare le gambe e permettermi di colpirle.” “Michela continua a restare muta. Non sa cosa pensare, come reagire, pensa solo alla firma che ha messo sul contratto, sapendo che non può tirarsi indietro. Alza la gamba sinistra e sfila il piede da scarpa e calza, poi sta ferma col capo chino di fronte la psicologa. Maria le indica il lettino, lei si sdraia di nuovo, questa volta tenendo le gambe un po larghe. Si sente proprio come dal ginecologo, gambe sollevate, piegate, si sente esposta. Maria si avvicina, le carezza un ginocchio e con un sorriso di compassione cerca di rassicurarla. “Solo 5 per interno coscia Michela…e dopo mi prometterai che sarai ubbidiente.” Alza il frustino sopra la testa tenendolo per la parte larga, che sembra formata da una serie di palle in fila tra sui le sue dita possono fare un’ottima presa, e lo cala con una certa forza fino a colpire la coscia del suo nuovo giocattolo. Michela teneva gli occhi chiusi quando arrivò il primo colpo. Un urlo di sorpresa e dolore automatico. Solo dopo registrò la sensazione di bruciore. E dopo ancora il pianto. Non per il dolore, lo immaginava molto peggio anzi. Piange perché, ad ogni colpo che Maria le da, sente che si bagna. Sente il prurito aumentare. dopo i primi colpi chiude le gambe, non per parare i colpi ma per non far vedere a Maria la macchia che si andava formando nelle mutandine rosse che oggi indossava. “Allarga di nuovo le gambe Michela non dimostrarmi che meriti di peggio.” Michela allarga di nuovo le gambe, alla mercé della psicologa che dà altri 5 colpi sull’altra coscia. Michela si copre il viso con le mani, si vergogna. “Scusi, le prometto che non succederà più, che sarò ubbidiente” dice con voce strozzata. “Michela non devi essere in imbarazzo con me, guardami. GUARDAMI!” Michela alza lo sguardo, la fissa con gli occhi sgranati. “Piangi perché ti ho fatto male? O piangi per questo?” le chiede punzecchiando il perizoma rosso ormai completamente zuppo. “Ti prego nooo” dice Michela chiudendo le gambe, serrandole, ma non riuscendo a fermare il movimento che il lungo frustino riesce a fare contro il suo clitoride. Senza staccarlo Maria si mette dietro la sua testa, lo muove parallelo al suo corpo sfregandolo contro il centro del piacere di Michela, sente l’odore di umori permeare l’aria dello studio,sente gli ansimi che Michela cerca di trattenere, continua guardando il seno di Michela salire e scendere sempre più rapidamente fino a quando Michela, trattenendo il respiro, viene. “Non devi vergognarti, &egrave per acquisire la consapevolezza di questo che sei qui da me. Smettila di opporre resistenza verso chi sei e smetterai di soffrire. Sarai di nuovo padrona della tua vita, potrai fare ciò che vuoi.” Maria ha un tono professionale, come se nulla fosse successo. “Queste però ora le togli e me le consegni, come simbolo che vuoi abbandonare la tua vergogna.” le dice mentre spingendo col frustino verso il cavallo delle mutandine le abbassa leggermente. Poi si dirige verso la porta finestra e la apre. “Meglio far cambiare aria prima che entri tua figlia, il tuo odore di donna ha riempito l’aria.” Michela si alza, toglie le mutandine e le poggia sulla scrivania sopra il diario. Ancora non riesce a parlare. Ad un gesto della psicologa si dirige verso la porta, la apre e fa cenno a sua figlia di entrare. Il viaggio di ritorno a casa &egrave stato traumatico sia per Giulia che per sua madre Michela. Per quasi tutto il tragitto stanno in silenzio, ognuna riflettendo su cosa ha “subito” dentro lo studio. Giulia sente per tutto il tempo le mutandine di sua madre bagnare la tasca del jeans, sente gli umori bagnarle la pelle della coscia. cerca di non guardare sua madre che guida, con lo sguardo fisso sulla strada e che non dice una parola. Si chiede cosa possa provare, ripensa alle parole della psicologa “tua madre si sente repressa e non riesce a sfogarsi, non riesce ad avere una relazione sentimentale, &egrave come un’assetata nel deserto. Potrebbe immaginare le cose e devo capire se &egrave così o meno.” e le dispiace tanto. Sua mamma non sarebbe impazzita. In uno slancio d’affetto allunga la mano verso quella della madre che tiene sul cambio e la accarezza sorridendole. Michela sposta un attimo lo sguardo dalla strada, incrocia quello della figlia e non può fare a meno di dirle “ti voglio bene piccola, spero che Maria riesca ad aiutare pure te col tuo stress. E non preoccuparti se salti un esame, ormai ci sei” aggiunge fermandosi ad un semaforo rosso.
La figlia si sporge col corpo contro la madre e la abbraccia forte con le braccia al collo e le da un bacio con la guancia. Povera mamma, ha sacrificato la sua vita per crescere lei e sua sorella da sole… ora lei la avrebbe aiutata. Staccandosi e rimettendosi sul sedile prende il cellulare, il biglietto da visita della psicologa, e scrive subito un messaggio. “Questo &egrave il mio numero, sono Giulia e voglio aiutare mamma”. Poi finalmente col cuore in gola, ripensando al carattere della psicologa, al suo sguardo, al modo freddo con cui l’ha congedata, scende dall’auto e varca la porta di casa sua.
Michela &egrave sconvolta fin da quando ha lasciato il posto a sua figlia. nessuna l’aveva mai picchiata, e neanche adesso, chiedendosi cosa la psicologa avesse fatto, riuscirebbe a definirlo violenza. Ha ragione Maria, &egrave stata trattata come una bambina disubbidiente….perché ha davvero disubbidito alla sua educatrice. Ma ne ha goduto…la sensazione di bruciore sulla pelle le ha provocato piacere! Tanto fisico quando emotivo. Sentendosi punita si &egrave sentita liberata dalla colpa, un dissacrante simulacro della confessione cristiana. Stando con le gambe completamente spalancate, il suo intimo alla completa mercé di un’altra persona, si &egrave eccitata fino a sentire gli umori colarle dalla sua figa fino a bagnarle il buco posteriore. E’ convinta che se fosse stata senza mutandine avrebbe bagnato pure il lettino. Ogni colpo, Ogni nuova linea di bruciore, la liberava dalle sue colpe e le ricordava QUANTO le sue intimità fossero esposte. E la vergogna per essere diventata così lasciva e…perversa… l’ha portata a chiudere le gambe appena ha sentito i colpi smettere di arrivare. Ma il peggio &egrave stato dopo. Quando si &egrave fatta masturbare, con il frustino con cui &egrave stata EDUCATA, da quella che no sapeva più se era la sua terapista, un’amica o la sua nuova educatrice. Educatrice. ripete questa parola diverse volte nella sua mente. Non capisce come mai, ma le labbra le tremano e sotto si sente prudere. Ha bisogno di sfogarsi. Sente di nuovo quasi il legno che le struscia sul suo clitoride, sta per staccare la mano dal cambio quando sente la mano della figlia poggiarsi sulla sua. Viene riportata alla realtà come da una doccia fredda. E’ in macchina con sua figlia, non può masturbarsi pensando a quanto ha goduto facendosi frustare le cosce e poi toccare con un frustino…. Il semaforo vicino casa &egrave rosso, la macchina rallenta e si ferma. Si volta e vede uno sguardo pensieroso e interrogativo che stona con il sorriso che ha sul volto e cerca di trasmetterle il suo affetto. Si abbracciano. Si sente molto meglio ora, tenendo sua figlia tra le braccia, confortandosi a vicenda. Poverina per lei studiare e renderla orgogliosa dei propri successi &egrave importante, tanto da stressarsi. Decide che per i prossimi giorni la aiuterà a mollare la presa e a rilassarsi. Scende dall’auto dopo averla parcheggiata mentre la scena di lei che gode mentre Maria la masturba riaffiora, e varca la porta di casa sua.

Il telefono di Giulia comincia subito a squillare per i messaggi che riceve. Vede sua madre andare in bagno, per farsi una doccia dice, ma ora sa la verità. Sa perché le docce durano molto, sa perché magari dopo dirà di essere stanca e che vorrà riposarsi. Ma non prova un moto di fastidio o disgusto, capisce che ne ha bisogno e decide di non disturbarla. Va in camera sua mentre legge i primi messaggi della psicologa.

Michela avvisa le figlie che farà una doccia, ha bisogno di pulirsi di tutti gli umori, che nello studio e in macchina, le hanno imbrattato le cosce segnate dai colpi della sua educatrice. Entra in bagno, chiude la porta, e comincia a sfilarsi i vestiti. come &egrave nuda apre l’acqua, la regola leggermente calda, e mette corpo e viso sotto il getto. Resta così per alcuni minuti, immobile. Poi prende lo shampoo e comincia a lavare i capelli. Massaggia la testa, sente la schiuma scenderle lungo la schiena per essere poi lavata via dall’acqua. Il vapore comincia a diffondersi in tutto il bagno uscendo da sopra il box doccia, che si appanna leggermente, creando una nebbiolina. Prende il bagnoschiuma e si insapona il corpo. Passa le mani sulle spalle, accarezza circolarmente i seni, le mani vanno dietro insinuandosi nel solco del culetto e insaponano pure i glutei. Una mano destra scivola sul davanti, l’altra torna sul seno sinistro, stringe il capezzolo, lo tira, lo gira. La destra si struscia sul clito. Ripensa ai peli di sua figlia che escono dalle mutandine, al legno sul clitoride, ansima per il vapore e per il godimento, sente l’orgasmo avvicinarsi….
Toc Toc TOC. Toc Toc. “Mamma posso entrare??Devo fare pipì e non riesco più a tenerla!” “Amore sono sotto la doccia non puoi aspettare?” Sente la porta aprirsi mentre sua figlia le risponde “Dai sei nel box, non succede nulla. Oddio quanto vapore hai dimenticato di aprire la finestra sembra di essere in una sauna!” Sente aprirsi la finestra, il rumore della tavoletta, &egrave paralizzata con ancora una mano sul seno e l’altra tra le cosce. Il vapore inizia a dissiparsi attraverso la finestra, il profilo di sua figlia si fa più nitido, sente il rumore dell’urina contro il gabinetto. Giulia &egrave li, ad un paio di metri, ora perfettamente visibile. La fissa sorridendo, si alza e sfila le mutandine dai piedi. Si accovaccia nel bidet, si sciacqua e tira la catenella. tira le mutandine nere nei panni sporchi e si rimette i pantaloni del pigiama che ha indossato tornando a casa. Uscendo sorride a Michela le dice grazie e le manda un bacio. Michela ha la figa in fiamme, ha visto chiaramente il cespuglio di sua figlia. Incredibilmente folto e nero. Esce dal box, ormai il bagnoschiuma si &egrave tolto tutto dal suo corpo, e si avvicina al cesto dei panni. Le mutandine di sua figlia sono li in cima. Le prende, le annusa, sente l’odore di donna, misto leggermente a sudore e pipì, riempirle le narici. Le tiene contro il naso e la bocca, continua a masturbarsi fino a godere in piedi per la terza volta nel giro di un pomeriggio.

Giulia &egrave sdraiata sul letto e legge cosa le dice la psicologa.
“Tua madre deve essere riabituata a certe cose, che al momento stimolano la fantasia. Voglio che impari a sopportare certe visioni senza scatenare tutti quei pensieri osceni che poi trascrive sul diario o mi racconta nelle sedute. Oggi &egrave rimasta sconvolta vedendo i tuoi peli uscire dal lato delle mutandine, quindi vorrei, prima che vada a dormire, trattare almeno questo sintomo. Dimmi esattamente cosa fate e dov’&egrave lei”. Giulia le spiega che sua madre &egrave andata a fare la doccia, e la risposta arriva subito.
“Voglio che tra un po entri, lamentandoti di dover fare pipì. Una volta dentro toglierai i pantaloni e le mutandine, farai pipì e lascerai le mutandine in bagno. Assicurati che tua madre possa vedere i peli. Deve abituarsi a vederli come una parte anatomica e non come oggetto delle sue fantasie sessuali.”
Giulia non sa come ribattere, la imbarazza la cosa, ma il tono di comando non lascia scampo. si cambia, mette un pigiamino per stare più comoda. Infine bagnata come una verginella la prima volta che fa l’amore, bussa al bagno dove la madre fa la doccia. Dentro sembra una sauna, sente sua madre cercare di dissuaderla ma ormai &egrave tardi, spinge la porta e lei &egrave li, tra le volute di vapore si intravede il suo corpo. Un seno coperto di schiuma bianca, l’altro stretto in una mano mentre con l’altra si copre il pube. Va ad aprire la finestra, fatica a respirare. Non sa se per il vapore, o perché sua madre &egrave li nuda a pochi metri o se perché eccitata. Tira giù insieme il pigiama e le mutandine. Si siede chiude gli occhi e libera la vescica. Quando riapre gli occhi la maggior parte del vapore si &egrave dissolto dalla finestra e vede chiaramente sua madre nuda che la fissa ad occhi sgranati. Le sembra di vedere la mano che copre il pube che si muove in maniera impercettibile. Ripensa agli ordini, così seduta di sicuro non li sta eseguendo e non sta aiutando sua madre. invece di asciugarsi si sposta verso il bidet, di fronte il box doccia, apre le gambe in modo da far vedere per bene il ciuffo folto e scuro che non sistema quasi mai se non in estate. con la mano prende il rubinetto allungabile e comincia a sciacquarsi lentamente. Infine si alza, butta le mutandine nella cesta dei panni sporchi, alza il pigiama e torna in camera per dire alla psicologa che ha eseguito i suoi ordini. Per lasciare a sua madre la privacy di cui ha bisogno. Sicuramente si sfogherà…. un po si vergogna ma se serve a curarla…questo e altro.
Sul letto lo schermo del cell &egrave illuminato. Nel mentre sono arrivati altri messaggi. Altri ordini. Comincia a leggerli.

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