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OrgiaRacconti erotici sull'IncestoTrio

La saga delle principesse monelle 1 – La regina dei ghiacci

By 11 Novembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Hanna si svegliò da un sogno ormai ricorrente. Un ricordo indelebile e allo stesso tempo indefinito. Qualcosa legato al rapporto con una sorella maggiore della quale non ricorda quasi più i lineamenti del viso e un incubo che ha a che fare con la perdita dei suoi genitori in un viaggio per mare.
Essere soli &egrave piuttosto comune per dei reali, ma non sapere il perché si &egrave soli &egrave qualcosa di peggio.
Hanna non aveva ancora riconquistato del tutto i sensi quando rivolse uno sguardo sopito al comodino di fianco a lei. Proprio vicino alla foto di famiglia raffigurante lei e la sorella insieme ai genitori, una massiccia carota arancione era avvolta in un fazzoletto di velluto verde. Quando non hai una madre a cui chiedere certe cose, una giovane ragazza esplora da sola i propri misteri. Quella carota aveva a che fare con un gioco che lei e sua sorella avevano fatto da bambine. Un pupazzo di neve, le pareva di ricordare. In quanto unico oggetto emblema del legame fraterno Hanna lo aveva tenuto sempre con sé.
Certo, da quando per ignoti motivi le due sorelle furono separate, quella carota non funse più da naso per alcun pupazzo di neve. Anzi, da quel momento Hanna vide la neve soltanto dalla grande terrazza della sala da ballo. Con l’età, quella carota arancione non aveva perso di significato, aveva solo cambiato funzione.
Ebbe tutto inizio la notte in cui poco prima di partire per mare suo padre aveva portato a palazzo un busto in bronzo donatogli dall’ambasciatore di Follington. La statua raffigurava il principe Erik immortalato con un’espressione fiera e virile. Era una delle tanti notti in cui Hanna, prossima ai diciotto anni, bussava alla porta della camera da letto della sorella maggiore per implorarla di aprire, quando sfinita e annoiata si appollaiò sul lussuoso sofà posto sotto il ritratto di Giovanna d’Arco, sognando il giorno in cui la sorella le avrebbe concesso la pace e attendendo un qualsiasi segno di vita dalle alte e silenziose stanze del palazzo. Mano a mano che i minuti passavano, la tristezza e la noia divenne rancore. Era colpa di sua sorella se lei ora era sola. Per qualche motivo i loro genitori le avevano volute tenere separate, d’accordo, ma ora i loro genitori non c’erano più. Adesso erano sole al mondo e Hanna aveva bisogno di una guida. Stringendo la carota in fra le mani sfiorò l’idea di spezzarla e quel busto situato proprio di fronte al sofà sul quale era sdraiata sembrava volerle ricordare che non avrebbe mai trovato il vero amore, un vero uomo. A quest’ultimo pensiero il rancore si tramutò in curiosità. Indagando a distanza il viso scolpito del principe Erik, Hanna si alzò leggermente la gonna del vestito. Nonostante le calze di lana, la sensazione della punta della carota scorrerle lungo l’interno coscia le provocò più di un fremito. Mentre con una mano giocava con una delle rosse trecce dei capelli, con l’altra si portava lentamente la carota in mezzo alle gambe.
Sul chiaro volto le guance si fecero arrossate, il respiro affannato. Nella stanza dei ritratti Hanna cominciò a emettere esili gemiti, quando la punta della carota riuscì a penetrarle impetuosamente dentro. Da quel giorno Hanna utilizzò la radice come suo passatempo. Più la scorza della carota si deteriorava a causa del tempo e del liquido vaginale, più si rendeva conto quanto i giorni passassero e come la possibilità per lei di trovare il vero amore si facesse sempre più una flebile speranza. Vana, fino al giorno in cui finalmente Elza, la sorella maggiore, avrebbe compiuto ventun’anni e sarebbe stata incoronata regina. In quell’occasione Hanna avrebbe potuto coronare il suo sogno di aprire le porte del palazzo al popolo, di aprire il cuore alla sorella e al suo principe aprire……

Qualcuno bussò alla porta della sua camera. Hanna stava per raggiungere qualcosa di simile a un orgasmo, quando la voce del maggiordomo si faceva sempre più insistente. Hanna trovava Giles tutt’altro che attraente, ma di tanto in tanto immaginava di essere montata da lui, così, in attesa del suo principe. Ma quel giorno era il giorno, il giorno in cui non avrebbe più dovuto fantasticare su un uomo ideale. Quel giorno aveva l’occasione della sua vita. Chissà come Elza aveva affrontato la questione sessualità. Sola, chiusa nella sua stanza, cosa mai si sarebbe potuta inventare per sostituire una passionale storia d’amore? certo, una carota e qualche fantasie sul maggiordomo non erano il massimo… ma almeno era qualcosa.
‘Signorina Hanna!’ urlava Giles.’questa &egrave una giornata importante, lo sapete! Sua sorella Elza sta per essere incoronata regina di Ajrendel!’
‘Vengo…!’ fece Hanna, la carota ancora dentro e fuori, sempre più veloce.’dammi un attimo Giles e…e…’ gemette.’…oddio! Vengo!’ l’urlo di piacere si sentì anche nel corridoio all’esterno della stanza. Giles non si stupì, non era la prima volta che accadeva. Aveva visto la signorina Hanna crescere, era felice fiero di poterla ritenere finalmente una vera donna.
Anche per la servitù quello era un grande giorno. Il giorno in cui Ajrendel avrebbe avuto nuovamente una sovrana, il giorno in cui molte cose sarebbero state spalancate. La mattina dell’incoronazione Elza era rannicchiata nel buio della propria camera da letto. L’eccitazione che i suoi genitori le avevano insegnato a contenere, negli ultimi anni era ancora molto instabile. L’adolescenza non aveva contribuito a tenere a bada i feromoni.
Faceva dei sogni. Grandi mani che studiavano il suo nuovo corpo, il corpo di una donna.
Polpastrelli maschili le palpavano i chiari seni, le stuzzicavano i tondi capezzoli rosa. Poi una terza mano si insinuava sotto le coperte dai piedi del letto. Questa volta il tocco era chiaramente femminile. Sottili dita salivano lungo le gambe, alzavano la sottoveste azzurra. Poi qualcosa di umido le entrava dentro, una lingua. Piccola, bagnata. Gli spasmi erano immediati. Elza portò una mano sulla testa della donna che le stava provocando tutto quel piacere. Le passo le dita fra i capelli… rossi? Alzò una ciocca dei capelli della sua amante. La mash bianca che aveva provocato a sua sorella quando erano bambine era inconfondibile.
Si svegliava sempre allo stesso modo. Sudata, bagnata e molto confusa. I sogni erotici su sua sorella erano diventati sempre più frequenti. Certo era che alle mani sui seni lei preferiva decisamente il giochetto con la lingua. Ma dei libri sui quali sua madre l’aveva istruita non si parlava di tutto ciò. Le storie cavalleresche finivano sempre con un bacio tra un uomo e una donna. Per quale motivo nei suoi sogni l’unico ideale riconosciuto era sua sorella Hanna?
Le visite che la sorella le faceva ogni sera fuori dalla porta della camera non facevano altro che aumentare i suoi dubbi. Perché la voce di Hanna le faceva venire quell’insaziabile voglia di toccarsi? Poi arrivò quella notte. La notte in cui le dolci canzoni di Hanna e i lunghi monologhi ai quali lei era costretta a non rispondere furono sostituiti da versi che Elza non aveva mai udito. Quando si avvicinò alla serratura per osservare dall’occhiello che cosa stesse accadendo, vide la sorella seduta sul sofà, con la gonna alzata, masturbarsi con una carota. Elza aveva già visto quella carota da qualche parte, ma non ricordava dove. In quel momento l’unica cosa a cui pensava era all’immagine della dolce sorella gemere in mezzo alla stanza dei ritratti come se nulla fosse. Per buon senso Elza distolse immediatamente lo sguardo, ma dimenticare fu impossibile.
Lentamente, dalla mano sinistra prese forma un punteruolo di ghiaccio. Quello era il suo potere, la maledizione che l’aveva costretta a restare reclusa fino al giorno dell’incoronazione. Elza era in grado di generare ghiaccio dal nulla. Da bimba ricorda che ciò rendeva tutto più magico. Lei e Hanna uscivano in piena notte, si recavano nella Sala grande e facevano sculture e architetture di neve. Rirorda che stava bene con Hanna. Erano amiche, erano sorelle. Finché involontariamente Elza non colpì col suo potere Hanna alla testa. La piccola pareva sul punto di morire. Era ghiacciata e una striscia bianca aveva preso piede sulla sua frangetta rossa.
Immediatamente i genitori si appoggiarono a ciò che li aveva sempre aspettati. Si recarono da un popolo antico in grado di utilizzare arcani incantesimi. Essi salvarono la piccola Hanna, ma fecero promettere ai sovrani di tenere al sicuro Elza dall’arma a doppio taglio del suo potere. Un giorno Elza avrebbe regnato un grande regno, ma fino ad allora la gente avrebbe potuto vederla come un mostro, e se un’altra notte di giochi Hanna fosse stata colpita al cuore invece che alla testa per lei sarebbe stata la fine. Così, Elza e Hanna furono separate per il resto della loro infanzia.
Eppure perché ora che erano cresciute Hanna si era presentata così, nei suoi sogni più intimi? Elsa strinse forte il punteruolo di ghiaccio, e in pensando a ciò che aveva visto nella Sala dei ritratti cominciò ad accarezzarsi con l’attrezzo tra le gambe. Da lì a poco la punta di ghiaccio fu dentro lei. Il modo in cui entrava e usciva, senza alcun attrito, era un vero e proprio toccasana.
‘Hanna…’ ansimava, notte dopo notte. Gradualmente nei suoi sogni le mani maschili sparivano. Restava solo la piccola lingua di Hanna che con maestria roteava attorno alle labbra della sua vagina. Che cosa le stava accadendo? Proprio non capiva. Finalmente era giunto il giorno dell’incoronazione. Mentre Hanna provava il delizioso abitino di pizzo verde da tempo scelto appositamente per la serata, non riusciva a togliersi dalla testa l’occasione che si trovava tra le mani. E se quella sera avesse trovato quello giusto? L’uomo giusto che finalmente l’avrebbe fatta sentire una donna. Una principessa degna di conoscere tutti i misteri del proprio corpo e di quello altrui. Negli ultimi tempi sognava spesso forti braccia che la stringessero, il calore di un corpo maschile al proprio fianco. Passeggiando per il castello, in cui il via e vai della servitù da anni non rallegrava così l’ambiente, Hanna si domandò se e come Elza fosse maturata. Se anche lei si facesse le domande che si faceva lei, se aveva una sua valvola di sfogo, come nel suo caso quella grossa carota che anche ora portava con s&egrave in una tasca interna alla gonfia gonna del vestito.
Felice come non mai, Hanna uscì alla luce del sole mattutino e camminò per le viuzze di Ajrendel, in mezzo alla gente, contenta come non mai all’idea che ognuno di quei cittadini li avrebbe rivisti la sera stessa, quando le porte del castello si sarebbero spalancate e Elza avrebbe inaugurato il primo ballo in veste di regina del paese.
Hanna notò anche molti giovani uomini metterle gli occhi addosso, pur portando il rispetto alla sua carica, donandole magari un sorriso o regalandole la rispettiva merce che vendevano. Hanna fece anche un pensiero furtivo al figlio del pescivendolo, un ragazzo poco più grande di lei dalle mani grandi e i capelli legati all’indietro. Avrebbe tanto voluto vivere un’avventura con l’uomo dei suoi sogni, ma queste cose accadono solo nelle…
… presa dai pensieri aveva urtato contro una persona. Si rese conto con chi fosse entrata in collisione solo quando ormai gli era caduta sopra, facendo cadere entrambi in una barca ormeggiata al molo.
‘Perdonatemi, signorina!’
‘No, sono io che devo scusarmi. Che sbadata, sai sono tutta eccitata per l’incoronazione di mia sorella e…’ non solo aveva detto a un completo estraneo di essere la principessa senza nemmeno pensarci, ma solo ora si era accorta della bellezza dal giovane ragazzo sul quale ora si trovava a cavalcioni. In completo imbarazzò, si alzò in piedi immediatamente.
‘Voi siete la principessa?’ il giovane, dagli atteggiamenti tanto eleganti quanto la raffinata uniforme bianca che indossava, si inchinò.’vogliate nuovamente perdonare la mia disatt…’
‘Che?’ fece Hanna.’No, no! Non scusatevi. Il mio nome &egrave Hanna, e ormai già sapete chi sono…’
Il giovane si alzò e si prestò al baciamano:’Il mio nome &egrave Hansel, principe di Frainbergh…’
‘Un…principe?’ Hanna si trovò già a immaginare un futuro assieme a quel giovane vigoroso.
‘L’ultimo di undici fratelli, in verità!’ sorrise, con un sorriso che portò il cuore di Hanna a battere incessantemente.’non sono certo il più rispettato, ma non voglio certo annoiarvi, maestà’
‘No, non dite così!’ squillò Hanna, innamorata come non mai.’lasciate certe riverenze a mia sorella, la regina. Io sono Hanna, solo Hanna’.
‘Solo Hanna?’ il principe Hansel la guardò più intensamente.’a me non sembrate una persona molto ordinaria. C’&egrave qualcosa di speciale in voi’
Hanna ebbe un fremito. Senza riflettere, le parole si liberarono:’Mi sentirei molto più speciale se voleste degnarmi della vostra presenza al ballo di questa sera..’
Hansel accennò un’altro inchino,’non ne rimarrete delusa’.

Calò la sera, le mille luci del castello illuminarono l’intera Ajrendel. Il popolo si era accalcato davanti al portone aspettando la visita della nuova regina. Le sale erano invece gremite di nobili aristocratici del regno e dei domini circostanti. Tutti erano in festa per aver finalmente visto fuori dalle proprie stanze la regina Elza.
Al contrario, Hanna aveva avuto ben poche occasioni di parlare con la sorella, nonostante tutto il tempo che le aveva divise. Allo stesso tempo le era sembrato che anche Elza soffrisse la poca possibilità di colloquiare in intimità. Questo la rese più tranquilla e le permise di concentrare tutte le energie sulla promettente storia d’amore che stava nascendo tra lei e il principe Hansel, il quale non aveva mancato alla promessa di presenziare al ballo. I due danzarono per buona parte della serata, parlarono del più e del meno, ma sopratutto risero e lo fecero tenendosi per mano. A un certo punto della serata Hanna decise di non farsi più domande, ma di cogliere al volo l’occasione che per la vita intera le era mancata. Ma come conquistare un principe?
Dopo un pò di riflessioni, scelse di lasciar correre l’immaginazione. Tutto le fu ancor più chiaro quando il principe la chiese se c’era un luogo in cui potessero parlare con più tranquillità.
Hanna lo condusse alla sua terrazza preferita, adornata da piante rampicanti dalle quali nascevano piccoli fiori colorati e da cui si poteva godere del panorama del regno e del grande mare.
Hanna e Hansel presero posto ad una panchina in pietra a lato della balconata, semi nascosti da grandi piante sempreverdi.
Parlarono per un altro paio d’ore, sempre tenendosi per mano e prestandosi a intriganti giochi di sguardi. Finché Hanna lasciò giocare un pò la propria curiosità. ‘Adesso sai del mio passato recluso da ogni tipo di divertimento, triste vero?’
‘Più del cenone di Natale di cui ti ho appena narrato?’ rispose Hansel, riuscendo anche questa volta a strapparle un dolce sorriso. Ma poi, proprio il sorriso di lei si fece un pò malizioso.
‘Ecco, io vorrei…’ cominciò Hanna, combattendo la timidezza.’…posso fare una follia?’
‘Amo le follie’ rispose lui, avvicinando il suo volto a quello di lei.
Ma se quello che il principe si aspettava era un bacio, forse sarebbe rimasto deluso. Ma forse anche no. Sempre sorridendo, Hanna si alzò dalla panca di pietra a si inginocchiò ai piedi di Hansel. Inizialmente lui fu preso alla sprovvista, ma si scoprì inerme di fronte alla stuzzicante iniziativa dell’ingenua principessa. Hanna slacciò la cinta del principe, sfilò la sciabola e la poggiò sulla panca. Si sfilò il lungo guanto e infilando la piccola mano nelle braghe di lui non ebbe difficoltà a trovare quel che cercava. Inizialmente si scoprì stupita dal calore del membro che ora teneva in mano. Nel freddo della sera non pot&egrave che trovarlo piacevole.
‘Hanna, io non so se…’
‘Ti piacciono le follie, no?’ e anche ad Hanna piacevano. Con iniziale delicatezza cominciò ad accarezzare il pene del principe, compiacendosi di come esso divenisse sempre più duro al suo passaggio di mano. Il braccio di Hanna acquisì presto un gesto meccanico e prese a giocare con il principe che ormai non capiva più nulla, preso dal piacere che gli stava provocando quel improvvisato servizietto al chiaro di luna.
‘Posso dire anch’io …una follia?’ propose il principe tra uno spasmo e l’altro. Hanna non smise di masturbarlo, ma non staccò nemmeno i suoi grandi occhi verdi dal volto del principe. Quando la principessa annuì, Hansel disse.’b&egrave ecco, potresti usare anche la bocca se ti va.’
‘Aspetta, che!?’ fece Hanna, paonazza. E anche se l’idea le era già passata per la mente, e volendo certamente provare di ogni il prima possibile, trovò che fosse ancora presto. Ma prima ancora che spiegasse di essere restia, il respiro del principe si fece ancora più affannato.’Ockai non importa, Hanna. Ma non fermarti!’ e Hanna non lo fece. Con l’altra mano accarezzò gli addominali scolpiti sotto la divisa del suo uomo, trovandoli inaspettatamente irresistibili. Tra le prime cose notò che il pene cominciava a emanare un odore pungente, forte. Tuttavia, non poté nascondere a s&egrave stessa di esserne eccitata. Forse l’idea di usare la bocca non era così male. Ma proprio quando si era quasi convinta di avvicinare le labbra al glande, un caldo liquidò la colpì in pieno volto. Hanna non era pronta a qualcosa del genere, ma non pot&egrave che riderne, trovandolo terribilmente divertente. Dal canto suo, Hansel era sfinito di piacere, e togliendo con un dito le gocce dal viso di quella perfetta principessa che il fato le aveva dato su un piatto d’argento, si pronunciò.’Posso avanzare un’altra follia?’
‘Direi che &egrave un pò tardi per usare la bocca, non credi?’ sorrise lei, asciugandosi la mano nel guanto.
‘A parte che non &egrave mai tardi. Ma &egrave un’altra la cosa che voglio chiederti…’ senza nemmeno rialzarsi i pantaloni, Hansel si inginocchiò all’altezza di lei, baciandola sulla mano che lei aveva appena usato per segarlo.’Vuoi sposarmi?’
‘Posso dire una follia ancora più grande?’ domandò lei, senza fiato.’Sì. Sì che voglio sposarti!’

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