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Racconti erotici sull'Incesto

Rapimento dei sensi

By 2 Dicembre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Più che desiderio era imperiosa necessità. Una brama impaziente che mi tormentava. Non m’era mai capitato prima. Urgente bisogno di soddisfare la mio improvviso e incontrollabile appetito sessuale. Sentivo il grembo in tumulto, il sangue battere forte nelle vene. Decisi di prendere un tranquillante, e di attendere il ritorno di Mario, non doveva tardare molto. Quel sabato era di servizio, ma di certo era sulla via del rientro.
Un poderoso stallone, il mio Mario.
Era mio marito da venti anni, e il fisico non dimostrava la sua cinquantina, e tanto meno le sue prestazioni erotiche.
Io avevo da poco compiuto i miei quarantatr&egrave, ero bene in carne, e lo specchio non mi condannava. Tanto meno lo faceva Mario. Inoltre c’era sempre qualche fischio d’ammirazione, al mio passaggio, e non mancavano certe proposte che mi lusingavano.
Sabato caldo.
Giorgio era andato in gita, con gli amici, sin dal pomeriggio precedente, e sarebbe tornato solo l’indomani sera.
Il tranquillante non aveva sedato la mia eccitazione, ma mi dava un senso di sonnolenza.


Decisi di sdraiarmi sul letto. Anzi, era un’idea ottima, almeno per me. Avrei indossato qualcosa di molto sexy, provocante, lasciata la porta socchiusa e così Mario, appena entrato a casa, avrebbe compreso quale era la mia impellenza e si sarebbe comportato di conseguenza.
Mi denudai, indossai delle autoreggenti bianche, quelle che piacevano a lui, il neglig&egrave velato lo feci cadere sulle braccia, scostai il perizoma lasciando pienamente visibile la’parte interessata. E rimasi così, a seno nudo.
Non mi accorsi di assopirmi.
Il desiderio era tanto, che non ci misi molto a sognare di non essere più sola.
Mario, certamente in silenzio, senza farsi sentire, era entrato piano piano, e la sua mano stava carezzandomi, con una tenerezza e una dolcezza sconosciute. Lievemente, delicatamente, con dita meravigliosamente voluttuose.
Aveva sfiorato una natica, poi s’era soffermato su una tetta. Sentivo che il capezzolo s’era irrigidito. Lui, bravissimo, si chinò a baciarlo. Lo succhiò, dapprima delicatamente, poi avidamente. E la mano s’era fatta audace, lambiva le grandi labbra che il piacere andava inturgidendo. Ecco, ora, cautamente, quasi timidamente, con indecisione, esitazione, il dito s’insinuava, incontrava il tepore umido delle piccole irrequiete e impazienti labbra che indicavano l’ingresso della mia palpitante vagina. Titillarono il clitoride.
Oddio, Mario mi stava facendo morire, indugiava come non aveva fatto mai, ma era bellissimo, sentivo che stavo per essere travolta da un orgasmo sconosciuto, ero completamente sconvolta da un turbine che mi stava trascinando verso un godimento diverso, nuovo. Ecco, così, sì, così. Era quello che avevo sognato da sempre, quello che ci voleva per quel prepotente, violento, incontenibile bisogno di sesso’
Sentivo che sobbalzavo. Ero sempre con gli occhi chiusi, ma decisi di aprirli, volevo vederlo’
Non sognavo, ero sveglia, sveglissima, aprii gli occhi’
Un volto congestionato era su me, occhi fiammeggianti, nari frementi, labbra dischiuse, tremanti. Mi fissava’ si muoveva come fosse percorso dall’elettricità, era bellissimo, irresistibile’
Ma non era Mario’ era Giorgio!
Rimasi a guardarlo, sbalordita, sbigottita, e nel contempo incantata.
In quel momento, comunque, sentivo solo il bisogno di godere, fisicamente. Subito. Guai se si fosse fermato.
Si chinò su me.
Misi la mano dietro la sua nuca, lo attirai al seno, con le labbra sul mio capezzolo, e quando lui riprese quel succhiare goloso, l’orgasmo mi sconvolse, mi squassò convulsamente. Sobbalzai violentemente, lo strinsi a me. Lui cadde su me, bellissimo.
Ormai non capivo più nulla, era letteralmente in preda a un indescrivibile rapimento dei sensi. Non potevo fermarmi. Non volevo fermarmi.
Giorgio, lentamente, si alzò in piedi.
Mi guardò terrorizzato, impaurito.
La sua voce usciva a fatica dalle labbra.
‘Scusa, mamma’ scusa’. Ho visto la porta aperta’ sei bellissima’ non ho saputo resistere’ ti sognavo così da sempre’ scusa’.’
Era vicino al letto, io ero rimasta nella stessa posizione, priva di forze.
Lo guardai da capo a piedi. Bellissimo. Il gonfiore della sua patta mi diceva la sua eccitazione. Mai quanto la mia, però.
Allungai la mano, tirai giù la zip, la infilai nei sui pantaloni, la mossi abilmente, con maestria, e liberai il suo fallo fremente da quella penosa prigionia. Lui mi guardava sbalordito, sconcertato, sorpreso, affascinato, incredulo. Glielo afferrai e lo tirai verso me.
‘Spogliati, Giorgio.’
Restò immobile.
Con l’altra mano armeggiai sulla sua cintura, la slacciai. I pantaloni caddero.
‘Dai, bambino’ spogliati’.!’
Con dita tremanti tolse la camiciola.
‘Togli tutto, Giorgino, vieni vicino a me.’
Il mio grembo era impaziente, avido, affamato più che mai.
Era nudo, col suo sesso rigido come un bompresso.
Gli presi la mano e lo attirai.
Sfilai del tutto il perizoma. Aprii le gambe. Lui mi guardò con occhi sbarrati, fissava il mio pube, la mia vulva dai lunghi riccioli biondi. C’era qualcosa che non riuscivo a comprendere, nel suo sguardo.
‘Si, bimbo mio. Da lì tu sei venuto al mondo. Sei uscito da lì, ed allora soffrii, dandoti la vita. Ora, tesoro, rientra nello stesso posto, e fammi godere, dammi tu la vita’ Su”
Lo aiutai a situarsi tra le mie cosce, presi il glande, bello, vigoroso, vibrante, e lo condussi all’ingresso della vagina. Inarcai il bacino, incrociai le gambe sul suo dorso, lo tirai a me. Lo sentii entrare, decisamente. Bellissimo.
Restò un attimo immoto, poi la natura prese il sopravvento, e cominciò a scoparmi con tutta la forza dei suoi diciotto anni, la esuberanza della sua giovinezza. Gli avevo domandato il piacere, e me lo stava dando generosamente; gli avevo chiesto di donarmi la vita, e stava facendomi rinascere, in modo mai sognato.
Lo sentivo, sentivo che il momento culminante stava rapidamente avvicinandosi, per lui. Ma anche per me. E lo raggiungemmo, meravigliosamente, con una sintonia che neppure anni di consuetudine riesce a realizzare. Nel medesimo istante, la diga del suo seme si ruppe ed io raggiunsi le vette inesplorate d’un godimento che non so descrivere.
Giacque su me, col fallo in me, nella mia vagina che lo stava deliziosamente mungendo’
Trillò il telefono. Allungai la mano, lo presi.
La voce di Mario.
‘Ciao, Dora, scusa se non sono venuto, ma il collega che doveva darmi il cambio &egrave ammalato. Ci vediamo questa sera. Tardi.’
Sperai che la mia voce fosse normale.
‘Ciao, Mario. Ho capito. OK. Ho avuto la sorpresa di Giorgio’ sì’ Giorgio’ &egrave qui’ &egrave venuto lui’ al posto suo’ si’ sta tranquillo’ mi fa compagnia’ non mi fa sentire la tua mancanza’ ciao.’
Presi il volto di Giorgio tra le mani. Lo baciai sugli occhi, sulla bocca.
‘Sdraiati, amore mio’ sdraiati’ la mammina vuole sentirti ancora’.’
Con una manovra un po’ complicata, stringendolo a me, forte, riuscimmo a cambiare posizione. Ora ero sopra di lui. Sentivo il suo fallo rifiorire rapidamente, incantevolmente, soavemente. E lo cavalcai con tutta la passione e la foga che invece di attenuarsi erano aumentate.
Una galoppata frenetica, impetuosa, con le tette che sobbalzarono fin quando le sue mani non le agguantarono. Mi chinai, le sue labbra afferrarono un capezzolo, succhiarono voraci, e la mia vagina si contraeva spasmodicamente, suggendo da lui un piacere che mi mandava in estasi, mi inebriava.
I suoi colpi di reni e i miei sussulti ancora una volta s’incontrarono, con un piacere che mi stava svuotando’ mentre lui, il mio bambino, mi riempiva del suo balsamo prodigioso.
Strinsi le gambe, con forza.
‘Grazie, tesoro mio, grazie”
Mi guardò con occhi pieni di pianto.
‘Ma non sto sognando, mamma, vero?’
Eravamo completamente rapiti, stregati, affascinati.
Ciò può accadere solo se nelle vene scorre lo stesso sangue.
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