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Racconti Erotici

Testarda

By 14 Giugno 2010Dicembre 16th, 2019No Comments


L’ho realizzato adesso: &egrave un anno che non scopo.
Un anno.
Mi vien male solo a pensarci.
Al suo cazzo grande che entrava in me, riempiendomi fino in fondo. Alle palle che sbattevano contro le labbra. Alle sue parole, “io non vengo mai”: e cazzo, era vero. Imploravo pietà. L’unico uomo che sia riuscito a farmi dire: “basta, non ne posso più”.
Quando ce l’aveva duro, era duro come marmo. E non &egrave un modo di dire. Non avevo mai sentito un cazzo così.
Non riuscivo a prenderlo tutto in bocca. La mano era indispensabile, era enorme.
Mi diceva: “Piano, piano, abbiamo tutto il tempo…”, ma la fame che avevo di lui mi faceva bruciare le tappe. “Dentro, dammelo dentro”.
Litigavamo sui preservativi. E’ stato l’unico a vincere. L’amore, senza. Ma ero talmente martellata dai suoi colpi, che quasi non sentivo la differenza.
Mi prendeva forte. Rinunciava alla dolcezza, mi metteva alla pecorina, stringendomi i fianchi, e mi chiedeva: “E’ questo che vuoi? E’ così che ti piace?”. Non rispondevo: gemevo, urlavo.
Avevo incubi. Ero convinta che me li mandasse lui. Poi passava la mano dietro il mio collo, e tutto svaniva.
Ora, non voglio spezzare lance in favore di nessuno, ma scopatevelo, un massaggiatore, se vi capita: merita veramente.
Avrei potuto averlo qui. Sarebbe potuto essere qui anche ora.
Proponeva, ma rispettava le mie scelte.

Ho scelto di giocare con un cazzo di plastica, di quelli da sexy shop, talmente usurato che non vibra neanche più. Ho tolto le pile, e poi anche la parte in fondo, tanto non stava più attaccata. Mi infilo plastica morbida, poco igienica e sicuramente poco sana, in figa, nel culo, e con quella scopo da un anno, per scelta.
Quando voglio sentirmi in due, apro la cam. Allora, alle volte siamo in due davvero.

Così, L., che ben amara luce porti, dopo di te non c’&egrave stato nessun altro.
Così, dopo un anno, ho ancora nel cassetto del comodino due ranette di carta, nate dalle tue mani, e da una tovaglietta da colazione piegata ad origami.
Il fatto &egrave che, per quanto stupendo tu sia, io non sono una ranetta. Io non sto negli stagni.
Io, ancora, morendo di sete, anelo al mare.

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