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Cartomanzia – 17a parte – La pandilla

By 17 Dicembre 2021No Comments

(Laura ormai accetta con eccitata gioia ogni proposta di Vito, anche le più strane come questa: fingere di essere prigioniera, offerta alle voglie di chi passa: vedi 16a Parte)

Risate, voci giovani, un potente rutto ed altre forti risate. E lo scalpiccio di passi sulla mattonata, che si avvicinano.
Laura da una parte sperava che passassero oltre la torre, dall’altro lato, ma era anche torbidamente affascinata dal pensiero di come loro (chiunque fossero!) l’avrebbero vista, all’improvviso, praticamente nuda ed immobilizzata, come oscenamente offerta.
Doveva richiamare la loro attenzione per farsi -alla fine!- liberare o sperare che non la notassero ed andassero dritti, sperando che poi passasse per esempio una coppietta? E se dopo loro non passava nessuno?
O se invece di una coppietta arrivava un maniaco???
Decise di valutare gli eventi, per quel ristretto margine di cui disponeva.
Poi apparvero dalla dolce curva della passeggiata: quattro… no: cinque ragazzotti tarchiati, che stavano scherzando tra loro in… spagnolo?
Tutti con lo stesso berrettino da baseball e con… sì, non si era sbagliata: con bottiglie di birra in mano; venne percorsa da un brivido.
Uno del gruppo la vide e si bloccò all’istante, come se fosse il fermo immagine di un film; si bloccò così di colpo che l’amico alle sue spalle lo urtò, rischiando di farlo cadere.
Il primo attirò l’attenzione del gruppetto su Laura e tutti cominciarono a cicalare rapidamente tra loro, festosi, in spagnolo.
«Scusate… -pigolò la donna, intimidita-… mi hanno fatto un atroce scherzo e mi hanno ammanettata qui…
Per favoooore… potreste liberarmi? La chiave è attaccata a quel portachiavi lì in terra, quello a forma di saponetta…»
Il quintetto la circondò in un lampo, ridendo e parlando a mitraglia tra loro, in spagnolo e sghignazzando.
Laura, dalla sua posizione accucciata, li guardava dal basso, con occhi imploranti, ma notava che il quintetto, parlando, si toccava sempre più spesso il pacco: i cinque latinos si stavano eccitando… Distingueva solo una parola nel torrente in piena del loro parlare: «puta», puttana e si preparò mentalmente a… pagare il prezzo dello della sua liberazione, qualunque esso fosse… e con una sottile vena di eccitazione che le montava dentro e che le faceva bollire e fondere la fica.
Il più massiccio bevve un sorso di birra dalla bottiglia che aveva in mano, poi le mise due dita sotto il mento per farle alzare la testa e guardarla negli occhi e ghignò: «Se vuoi essere liberata, bella signora, dovrai essere moooolto gentile…»
“Ma dai? E chi lo avrebbe mai detto?” Era il tipo di proposta che, in fondo, Laura si aspettava: «Sì, sì, tutto quello che vuoi… -gettò un’occhiata circolare ai ragazzotti della pandilla, coi loro ampi pantaloni portati bassissimi, in equilibrio quasi sui fianchi, ghignanti ed in attesa come iene che il capobranco desse il primo morso-… che volete, basta che mi liberiate, ché non ce la faccio più a stare qui, così… Vi preeegooo!»
Il capobranco decise che aveva perso fin troppo tempo con quella puta ammanettata: posò la bottiglia in terra, tirò fuori il cazzo, afferrò i capelli della donna e le spinse la cappella contro le labbra.
Siccome lei teneva la bocca chiusa, le strinse le narici e Laura, per non soffocare, aprì subito la bocca, che lui invase, fino a farle arrivare gli ispidi riccioli del pube contro le labbra.
Lei provò a leccare, a succhiare quel cazzo -neanche troppo pulito!- ma il giovane le aveva impugnato i capelli e la stava letteralmente scopando in bocca.
Il ragazzo doveva essere carico, perché dopo due-tre minuti il primo getto di sperma colpì il palato di Laura che si affrettò ad ingoiare.
Il capobranco, però, doveva dimostrare di essere all’altezza del ruolo, “marchiando” la preda e quindi le sfilò l’uccello dalla bocca e diresse gli schizzi successivi ad imperlarle il viso, i capelli ed un pochino anche i seni.
Poi, sempre ghignante, incitò nella sua lingua il branco a servirsi mentre lui, dopo aver risistemato il pene -ormai rammollito- nei calzoni, bevve un altro sorso di birra e si dispose ad osservare divertito i suoi sodali alle prese con la puta inaspettatamente trovata in passeggiata.
Anche il secondo durò poco ed anche lui scelse di imbrattarle il viso; il terzo, invece, durò poco di più, ma preferì farle ingoiare tutto, fino all’ultima goccia.
Poi il quarto -col cazzo decisamente puzzolente e con perfino grumi di lurido “formaggio” intorno alla base della cappella!- che sembrava avere qualche problema, incitato e sfottuto allegramente dai compagni, mentre tutti continuavano a sghignazzare, bere birra e ruttare; il capobranco si accosciò ed allungò la mano, infilando di colpo un dito nella vagina di Laura: «Ehi! Ma questa puta è un lago! E’ tutta bagnata, eccitata come una cagna!» comunicò agli altri.
La notizia accese evidentemente i lombi del niño, che si scaricò anche lui.
L’ultimo, il più minuto di taglia, tirò fuori il cazzo, visibilmente più piccolo ed anche lui lo mise in bocca a Laura, che giudiziosamente lo succhiò e leccò come aveva già fatto agli altri.
Il capo della pandilla bevve l’ultimo sorso di birra, osservando irridente la scena ed allargò il braccio per gettare la bottiglia sulla scogliera, ma poi si fermò, folgorato da un’intuizione: «Certo che col tuo cazzetto, Pequeño [piccolino N.d.A.], la signora si diverte ben poco… Vediamo se riusciamo a farla divertire lo stesso!»
Si accucciò davanti a Laura, le mise la bottiglia vuota tra le cosce e poi, facendola alzare leggermente, gliela mise in piedi, con il collo introdotto nella vagina; alla fine si rialzò e si pose accanto ai due, gravando ritmicamente sulle spalle di lei facendola… come rimbalzare sulla bottiglia.
Lei si sentì incendiare i sensi da quell’umiliante stimolazione e aumentò ancora di più gli sforzi nel pompino, portando anche l’ultimo a sborrarle in bocca.
In contemporanea agli schizzi del pechegno, una calda ondata di piacere la invase e si stupì a trovarsi quasi dispiaciuta che tutto fosse finito: i ragazzi si erano sfogati ed adesso l’avrebbero liberata e Vito sarebbe tornato a prenderla e lei lo avrebbe insultato per non dargli la soddisfazione di fargli capire quanto la violenza subita l’avesse inaspettatamente eccitata…
La pandilla la circondava, soddisfatta e ghignante ed il capo ebbe un’ultima idea (del resto, era lui il capo, no?): tirò fuori l’uccello moscio dai calzoni, lo puntò su Laura e, dopo pochi attimi, fece partire una pisciata che la colpì sullo stomaco e poi, correggendo la mira, risalì fino al viso; anche gli altri, sghignazzando, imitarono il capobranco e lei si trovò frustata dai cinque getti bollenti, che le arrivavano ovunque, boccheggiante ed attonita anche se torbidamente intrigata da quella suprema umiliazione. Finita la pisciata collettiva, il primo cominciò a scrollarlo, ma un altro ebbe un’idea che raccolse subito l’adesione entusiastica degli altri, che lo imitarono sghignazzando: se lo asciugò nei capelli della loro preda.
Finita questa ulteriore umiliazione, Laura volle ricordargli il suo problema, con tono docile disperato insieme: «Avete visto? Ho fatto docilmente tutto quello che avete voluto… Non mi sono rifiutata, né ribellata…
Adesso, per favooooore, liberatemiiii…» si trovò a strillare, con un tono isterico nella voce.
Pequeño, servizievole, andò a raccogliere da terra il portachiavi e lo porse al suo capo, il quale però lo guardò come se tentasse di capire a cosa servisse quell’oggetto, poi contemplò con espressione volutamente stolida la minuscola chiave ed alla fine, fingendo con un sorriso di aver decrittato il difficile rebus, si avvicinò a Laura brandendo la chiave, trionfante; le si portò accanto, poi afferrò una manetta e….
«Sa, signora… Io pensavo di liberarla, però lei qui fa una specie di… servizio pubblico, con la sua bocca adattissima per svuotar coglioni e vesciche.
No, ho deciso di lasciarla ancora qui, per la gioia di chi è ancora in giro…
Buenas noches!»
Si abbassò lentamente, posò con delicatezza il portachiavi sulla pavimentazione, appena fuori dalla portata della donna e poi se ne andò, coi suoi compagni che ridevano forte, molto divertiti dall’ultima pensata del capobranco.
Laura li guardò scomparire lungo la passeggiata, attonita; represse subito l’impulso di insultarli pesantemente (e se tornavano indietro, la picchiavano o anche solo buttavano in mare la chiave???) e si sentì rotolare due lacrimoni di pura disperazione sulle guance.

Fantastici! Quei teppistelli erano stati fantastici nell’usare ed umiliare Laura! Meglio quasi che se avessero seguito un copione scritto da lui!
La bottiglia nella fica, mentre lei spompinava e veniva fatta rimbalzare come una palla poi, era stata davvero una genialata!
E pisciarla, poi!
E lui, poi, appostato nel suo nascondiglio, aveva avuto una ottima angolazione per filmare al meglio il tutto…. da far schiattare d’invidia quel fanfarone presuntuoso di Dido!
Non vedeva l’ora di sbattergli sul muso la ripresa con gli occhiali in trattoria e quello fatto con la cam, lì, anche se questo sonoro era quasi nullo per la distanza!
Adesso doveva decidere se liberare Laura: da una parte era soddisfatto perché aveva ottenuto ciò che voleva e quindi avrebbe potuto farlo; dall’altra, però non voleva darle l’idea di contraddirsi ed avendole detto che doveva farsi liberare lei, da qualcuno…
Rifletté qualche istante e poi decise che avrebbe aspettato ancora quindici minuti; se nessuno fosse arrivato e l’avesse liberata, lo avrebbe fatto lui stesso…

Laura era sull’orlo della disperazione: i ragazzotti latinos se n’erano andati sghignazzando e l’avevano lasciata sempre in quella scomoda posizione… e con la bottiglia piantata un pochino dentro… mmmhhhh… e quel pazzo di Vito era scomparso.
Ormai era molto tardi, probabilmente quasi le due del mattino e le probabilità che passasse qualcuno erano davvero poche.
Scrutò la passeggiata, prima da un lato e poi dall’altro, ma la sua visuale non andava oltre la ventina di metri dalle due parti; si sorprese, però, a… molleggiarsi leggermente sulla bottiglia, che ormai provocava piccoli rumori bagnati ad ogni suo movimento… “Che viziosa, che sono diventata!”, rifletté con rassegnato stupore.
Non aveva una nozione del tempo, ma dopo un po’ vide arrivare una figura, dal lato dove erano spariti i ragazzi; un uomo, solo, che camminava lentamente ed in modo… irregolare.
Quando fu più vicino, riuscì a capire che aveva una gran barba incolta e lunghi capelli.
Intuì che l’uomo sarebbe passato dall’altra parte della torre di avvistamento e… «Signore! Signoreee! Mi scuuuuusiiii!»
L’uomo parve tornare da un mondo tutto suo e si bloccò, guardandosi intorno, stupito di aver sentito una voce umana. Si guardò in giro e, aiutato da un disperato «Sono quiiii!» di Laura, guardò verso di lei, diffidente: «Dice… a me???»
«Sì, sì, a lei! Mi può venire ad aiutare, per favooore???»
«Ma…. Io???» chiese, con un tono sommesso ma molto stupito, indicandosi con l’indice contro il petto.
«Sì, lei! Per favore, si avvicini, non mi posso muovere!»
L’uomo, con la sospettosità di un gatto di strada, le si avvicinò e Laura vide che si trattava di un barbone, con gli abiti logori, macchiati e stazzonati, la barba incolta ed i lunghi capelli disordinati…. Lo valutò subito ben oltre la cinquantina, ma poi pensò che doveva essere magari più giovane, ma che così conciato sembrava più vecchio di quanto in realtà fosse.
«Senta… per favore, mi potrebbe liberare? Mi hanno fatto un… un dispetto e mi hanno ammanettata qui… La preego!»
L’uomo la guardò con blanda curiosità e poi portò alla bocca il cartone di vino dozzinale che teneva nella mano e ne bevve un sorso, comportandosi come se non avesse neanche sentito ciò che quella donna, innaturalmente raggomitolata, gli diceva.
Laura pensò di doversi… guadagnare anche con il barbone la sua liberazione: «Guardi… la chiave è lì, attaccata a quel portachiavi in terra, quello a forma di saponetta, lo vede?
Proprio lì, accanto al suo piede!
La prego, mi liberi… Se mi libera… beh, sì, insomma… io farò QUALUNQUE -e rimarcò la parola- cosa lei vorrà da me…»
Questa sua offerta la fece vergognare smisuratamente, però si accorse che le aveva provocato anche un’eccitazione parossistica
L’uomo parve interessarsi alla proposta e le si avvicinò, abbassandosi fino ad essere con la faccia ispida a pochi centimetri dal viso di quella strana presenza femminile.
«Cioè… se io la libero, lei farà… farà qualunque cosa io le chiedo?» la interrogò, incredulo.
Laura ebbe un moto di repulsione, a sentire da così vicino il suo alito, che sapeva di vino e di denti guasti, ma ne andava della sua libertà: si fece forza e sorrise lasciva all’uomo.
«Sì sì: se mi liberi poi puoi chiedermi quello che vuoi… Vuoi un pompino? -rabbrividì pensando alle condizioni igieniche del membro del barbone!- Mi vuoi scopare? Vuoi addirittura cose più… particolari?» Notò che il senzatetto la guardava dubbioso, indeciso e decise di rinunciare a quell’ultimo grammo di rispetto di sé stessa ancora stesse serbando: «Preferisci…. sì, insomma… vorresti… vuoi mettermelo… dietro? Quello che vuoi, davvero!» gli propose con un tono acuto per la disperazione.
Il clochard si rialzò lentamente, guardò di lato, vide il portachiavi e si mosse -lento come un bradipo- per raccoglierlo; poi lo studiò con concentrazione e osservò attentamente la chiavettina che era attaccata.
«Ma questa chiave… apre le manette? E’ sicura, signora?»
«Sì sì, le aprono, ne sono sicura!» rispose lei, esasperata.
«Ah… E… e davvero posso chiederle quello… quello che voglio se la libero, bella signora?»
«Sì, sì. Qualunque cosa: vuoi chiavarmi, incularmi…? Quello che vuoi!» Si stava tranquillizzando: il barbone si stava convincendo a liberarla e lei era disposta a pagare qualunque prezzo, per farsi levare da quella scomoda e dolorosa posizione!
«Beh… io avrei una cosa da chiedere ad una signora così bella come lei… Sa: è un sacco di tempo che non lo faccio…»
Laura dentro di sé cominciava a gioire: l’uomo era disposta a liberarla! Bastava soddisfare la sua voglia… Un pompino? Una chiavata? Un’inculata? Magari tutto insieme? Ma sì, chissenefrega! Basta che la liberasse, avrebbe fatto tutto quello che voleva!
«Dai, non aver paura a chiedere…. cosa vuoi che faccia per te?’
«Beh, saranno…. uhmmm… non so… mah, forse… sì, saranno due anni che non lo faccio… e ne ho davvero voglia…»
Tono accomodante, materno, come quello che usa con Giacomo per rassicurarlo e farsi dire le cose che lui non vorrebbe farle sapere: «E dimmi, dimmi… Cos’è questa cosa che non fai da due anni ed hai così voglia di fare? Dai dimmelo, così poi potrai farlo con me»
L’uomo esitava, come se esprimendo il suo desiderio avesse paura che tutto fosse stato un sogno e di risvegliarsi di colpo, solo!, sui cartoni stesi sotto il voltino della ferrovia dove dormiva.
«Beh… è due anni che… che avrei voglia di… di baciare una donna, di fare un lingua in bocca…»
Un’improvvisa secchiata di acqua gelata addosso!
Farsi baciare in bocca da quell’uomo, con quel fiato fetido di vinaccio e di marcio!!!!
Ma neanche a parlarne! Le veniva da vomitare anche solo a pensarci! Maffiguriamoci!
Si obbligò a sorridere: «Ma sai… a me… non piace baciare in bocca… e non lo faccio con nessuno… E poi, non piacendomi, non sono neanche brava… Non preferiresti invece un…. un bel pompino???» Per quanto sporco potesse essere quel cazzo, ne aveva già succhiati di poco puliti, quella sera e le sembrava meno disgustoso che dover sentire la sua lurida lingua ed il suo fetido fiato in bocca…

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