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OrgiaRacconti di Dominazione

Come il dado per il brodo

By 16 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Drrrriiiiinnnn! Drin!
Il suono veniva da lontano, o almeno a Serena sembrava così.
Il campanello di casa, il modo di suonare convenzionale che usavano lei e suo marito: un trillo lungo ed uno corto.
Accidenti a lui, cosa si sarà dimenticato questa volta, oltre alle chiavi di casa, sennò non suonava?
Era andata a dormire molto tardi la sera prima e impiegò un po’ di tempo prima di riuscire ad infilare i piedi nudi nelle pantofole.
Drrrriiiiinnnn! Drin!
‘Ecco, arrivo’, disse mentre si avviava alla porta di casa.

Serena aveva quarantacinque anni, molto ben portati e suo marito qualcuno di più.
Lo aveva conosciuto parecchi anni fa, lei era una giovane segretaria, carina e spiantata, il suo futuro marito un giovane ed ambizioso dirigente.
Era andata a finire che la segretaria, si era fatta sposare dal dirigente, poi lui aveva fatto carriera e lei aveva smesso di lavorare.
Quando si erano conosciuti lei era molto carina: un caschetto di capelli castani intorno a due splendidi occhi verdi ed un corpo ben fatto, con tutte le forme al posto giusto.
Ora, dopo parecchi anni, i capelli erano diventati biondi (più facile nascondere quelli bianchi) e si erano allungati, mentre il corpo si era appesantito appena di un filo.
Diciamo che non poteva passare per una ragazzina ma si poteva considerare una splendida quarantenne.
I rapporti tra loro due non erano un granché da diverso tempo, diciamo che si sopportavano, anche la loro vita sessuale, un tempo molto attiva, aveva subito una battuta di arresto e spesso capitava che la sera, nel letto, lei si girasse dall’altra parte, lamentando un forte mal di testa.
Ultimamente Matteo, suo marito, si era un po’ insospettito, ma questo lei ancora non lo sapeva.
Elena aveva preso a praticare il golf e lui si era chiesto spesso cosa ci azzeccasse lei con quello sport strano ed esclusivo.
Il fatto curioso era che quando lei andava al golf, la sera immancabilmente aveva il mal di testa.
Allora aveva chiamato Andrea, perché scoprisse cosa c’era dietro la nuova passione di sua moglie.
Andrea aveva fatto mille mestieri: paracadutista, barman, buttafuori di locale notturno ed ultimamente, l’investigatore privato, specie se bisognava occuparsi di faccende non del tutto pulite.
Ci aveva messo meno di due settimane per chiarire l’arcano.
Sua moglie si era fatta un fidanzato.
Un trentenne aitante e squattrinato che campava alle spalle di signore mature, annoiate e danarose.
Regali importanti e poi alla fine la richiesta di un prestito, subito prima di tagliare la corda e cambiare aria.
Naturalmente le signore si vergognavano e non sporgevano mai denuncia, così lui poteva ricominciare.
Andrea si era proposto di spezzargli le gambe in un vicolo buio, ma a Matteo non piaceva la soluzione violenta, e poi, più che altro, era incazzato con sua moglie, così l’investigatore si era fatto venire un’altra idea.

Quando Serena aprì la porta di casa e si trovò davanti Andrea, invece del marito, rimase sorpresa.
Rimase ancora più sorpresa quando lo sconosciuto (lei non aveva mai visto Andrea) la spinse dentro casa ed entrò anche lui seguito da altri tre uomini.
Serena non gridò, non disse nulla, sia per la sorpresa, sia per la mano che Andrea le mise davanti alla bocca.
Passato qualche secondo, dopo averle fatto segno di tacere, tolse la mano e Serena, dopo aver ripreso fiato riuscì a parlare.
‘Vi prego, per favore, vi darò tutto quello che ho …’
Era passata in un attimo, dal fastidio di doversi alzare per aprire al marito, alla paura di dover subire un’aggressione violenta.
Certo se avesse saputo che dietro la porta c’erano degli uomini sconosciuti, oltre che non aprire, non si sarebbe mai presentata con una camicia da notte corta e trasparente.
Gli sguardi di quegli uomini non le piacevano per niente e temeva che il loro obiettivo non fossero i soldi ed i gioielli presenti in casa, o almeno non solo quelli.
Andrea la sollevò piazzandole le mani sotto le ascelle e la mise a sedere sulla spalliera del divano, poi, per toglierle ogni dubbio sulle loro intenzioni, le abbassò le spalline della camicia da notte ed il leggero indumento scese fino alla pancia di Serena, scoprendole completamente il seno.
Stuprata in casa da quattro sconosciuti, ecco cosa mi sta per accadere.
Uno dei altri uomini entrati con Andrea la prese da dietro stringendole forte i seni nelle mani.
Serena aveva sempre avuto le tette grandi, ricordava che i primi tempi, suo marito non si stancava mai di carezzarle, ora ci pensava Massimo il suo giovane amante, ed era veramente contenta di essere passata qualche tempo prima da un buon chirurgo, che aveva risollevato i suoi seni un po’ stanchi, approfittando per dargli anche una rinforzata.
‘Ha proprio due belle tette, la vacca’, disse quello mentre le tastava vigorosamente.
Serena si scosse quando sentì il leggero ronzio.
Sapeva bene di cosa si trattava, anche lei ne aveva uno piccolo, bianco, che teneva in fondo al cassetto del comodino, ed usava ogni tanto quando era sola.
Il vibratore che teneva in mano Andrea era nero e molto più grande.
Quello dietro mollò per un attimo le sue tette e le tirò su la camicia da notte, scoprendole le gambe e la pancia.
Serena si aspettava che la violentassero subito, invece i quattro sembrava avessero voglia di stuzzicarla un po’, prima.
Il vibratore le sfiorò la pelle delle cosce e lei fece un salto, rischiando di cadere dal divano.
Continuò a sfiorarle la pelle e mano mano che andava avanti Serena apriva le gambe.
Si stava eccitando, era la cosa peggiore, la più inopportuna, che le potesse capitare in un simile frangente, ma non ci poteva fare nulla.
‘Dai scopiamocela subito’, disse uno.
‘No, prima dobbiamo scaldarla per bene’, rispose Andrea.
Il vibratore toccò le labbra del suo sesso, appena socchiuse, e Serena fece un grido, ma non era un grido di paura.
‘Ti piace vero, troia?’
Il vibratore affondò e Serena si contorse al punto che quello che la teneva da dietro, dovette stringerle forte i seni per evitare che cadesse.
‘Aspetta, continua tu, mi è venuta un’idea.’
Andrea passò il vibratore ad un altro e andò in cucina.
Torno quasi subito portando un bicchiere d’acqua con dentro una polvere che stava finendo di sciogliersi.
‘Bevi.’
‘No, non voglio, che cos’è?’
‘Hai presente il dado da brodo? Serve soltanto a rendere più saporita la minestra.
Bevi.’
Serena bevve tutto d’un fiato ed Andrea riprese con il vibratore, mentre quello dietro le massaggiava le tette con sempre maggior vigore.
Ci vollero solo pochi minuti perché la donna comprendesse il significato della frase sul dado e la minestra.
Una fitta improvvisa, bollente e piacevole, le attraversò il ventre, costringendola ad allargare completamente le cosce.
‘Bene bene, comincia a fare effetto, tempo cinque minuti e griderà come una gatta in calore.’
Il vibratore proseguiva implacabile e le fitte si succedevano sempre più forti.
Gridava, era bagnata fradicia e la sua vagina si era completamente spalancata.
In quel momento arrivò il suo primo orgasmo di quella lunga giornata.
La lasciarono e lei lentamente scivolò verso il basso finendo a sedere sul divano.
Le fecero alzare in piedi, le sfilarono la camicia da notte e la condussero in camera da letto.
Le bloccarono braccia e gambe, tenendola per i polsi e per le caviglie, mentre Andrea ricominciava con il vibratore.
Serena, gridò, si dibatté, li supplicò prima di lasciarla stare, poi di scoparla, ma non ci fu nulla da fare, l’effetto del dado, non sembrava scemare, anzi, si faceva più forte e lei venne di nuovo, sul suo letto, in mezzo a quei quattro sconosciuti.
La lasciarono riposare solo un paio di minuti, poi ricominciarono da capo.
Ormai aveva rinunciato a parlare, se ne stette tranquilla respirando a bocca aperta, tra un gemito e l’altro, con i seni che ondeggiavano scossi dalle contrazioni che attraversavano il suo ventre inzuppato dagli umori che continuavano ad uscire dal suo sesso rosso e spalancato.
Andrea si spogliò solo dopo che lei ebbe raggiunto il terzo orgasmo.
La tirò per le gambe facendo arrivare la pancia della donna fino al bordo del letto e le entrò dentro.
Per Serena fu una gioia ed una liberazione sentire il pene dell’uomo entrarle dentro.
Fu una scopata lunga, accurata, non un rapporto frettoloso, tipico di quello che ha fretta di andarsene.
Andrea aveva tutto il tempo che voleva e se lo prese.
Anche gli altri tre se la presero comoda e, tra l’uno e l’altro, la sottoposero sempre ad un’altra passata di vibratore.
Quando anche l’ultimo uscì dal suo corpo, Serena era sfinita, ebbe solo la forza di chiedere di andare in bagno.
L’accompagnarono sorreggendola in due e poi la riportarono quasi di peso in camera da letto. Lei cadde di schianto sul materasso e si addormentò di colpo.
La risvegliò una sensazione strana.
Impiegò un po’ per rendersi conto che era sempre sul letto, a pancia sotto ed a gambe larghe, con due cuscini piazzati sotto il suo ventre per tenerla abbastanza alta.
Andrea glie lo stava ficcando dietro, non il vibratore, ma il cazzo.
‘Ben svegliata vacca! Scommetto che ti piace anche prenderlo in culo, vero?’
Poi sentì di nuovo il rumore del vibratore.
Glie lo incastrarono, tra la sua pancia ed i cuscini, mettendolo per lungo, in modo che le labbra della sua vagina, rimaste aperte, aderissero bene alla superficie cilindrica dell’attrezzo.
Questo trattamento risvegliò subito i sensi della donna e lei si rese conto che l’effetto del dado si era solo minimamente attenuato.
Impiegò solo pochi minuti perché tornasse tutto come prima.
La donna gemeva, sospirava e gridava, con i capelli biondi scompigliati ed il viso rosso, mentre Andrea la scuoteva e la sbatacchiava con sempre maggior veemenza, affondando sempre più nelle sue chiappe.
Lo sentì sparargli lo sperma dentro e poi uscire dal suo corpo.
Era rimasto solo il vibratore, inesorabile, inarrestabile.
Andrea spinse con la mano sul fondo della sua schiena per farla aderire meglio al vibratore e Serena senti il cilindro di plastica entrarle dentro e venire a contatto con il clitoride.
Le fitte roventi si fecero più forti e più vicine e lei venne per l’ennesima volta.
Anche gli altri tre vollero provare il culo della vacca, dissero così, e, mentre il secondo di loro glie lo affondava profondamente in mezzo alle chiappe, Andrea le fece bere un altro bicchiere con la polverina.
Un altro dado per insaporire il brodo della sua giornata, come se non fosse abbastanza.
Dopo che il quarto ebbe violato il suo didietro, Serena si addormentò di nuovo.
Fu svegliata ancora dal vibratore che frugava nel suo sesso fradicio, pieno dei suoi umori e dello sperma di quegli uomini.
Non sarebbe finita mai, se continuavano così l’avrebbero uccisa.
I quattro erano intorno a lei, nudi, sul letto sporco e bagnato e la toccavano per farla eccitare.
‘Vacca, succhia questo.’
Lei lo prese in bocca, mentre gli altri si facevano sotto.
Intanto il vibratore continuava a lavorare dentro di lei, le sembrava di sentirlo nel cervello.
Venne di nuovo e proprio nello stesso momento anche il proprietario del cazzo che lei teneva in bocca fece la stessa cosa.
Poi squillò il telefono.
‘Metti il viva voce e rispondi, bada a quello che dici, troia.’
Con la bocca piena di sperma che le gocciolava sulla cornetta rispose al telefono.
Era suo marito.
‘Scusa cara, mi ero dimenticato che ho una cena di lavoro, farò molto tardi, non mi aspettare alzata.’
‘Bene il maritino della vacca farà tardi, avremo più tempo per divertirci.’
Disse Andrea prendendola per i capelli e costringendola ad abbassarsi.
Serena aprì la bocca e lo strinse tra le labbra mentre qualcuno da dietro la costringeva ad allargare le cosce.
Il vibratore, abilmente manovrato, riprese a frugare nella sua vagina mentre qualcuno piazzato alle sue spalle, lentamente la penetrava di dietro.
‘Quando avremo finito, il tuo culo sarà così sfondato che dovrai tenere sempre le mutande per evitare di prenderti il raffreddore’, si sentì sussurrare nell’orecchio, mentre l’uomo lo spingeva fino in fondo strappandole un grido di dolore.
Quando alla fine decisero che poteva bastare era molto tardi e Serena, nonostante fosse stremata, sembrava una pila elettrica, bastava solo sfiorarla per farla iniziare a gemere disperatamente.
Sentì la porta di casa che si chiudeva con violenza e rimase sdraiata sul letto, incapace di alzarsi.
Devo rimettermi in piedi, assolutamente, prima che torni mio marito, non posso farmi trovare in questo stato.
Si alzò a fatica e si diresse in bagno barcollando ed appoggiandosi alle pareti.
La camicia da notte finì nella cesta della biancheria sporca e lei si infilò sotto la doccia.
Ci rimase a lungo e ogni volta che provava a passare il getto d’acqua calda sulla sua vagina gemeva e si eccitava, ma doveva assolutamente lavarsi.
Provò a strofinare con le dita ma era anche peggio.
Si ritrovò seduta in terra, in angolo della grande cabina doccia, a masturbarsi ferocemente.
Alla fine riuscì faticosamente a tornare in camera da letto, lavata, asciugata e con indosso una camicia da notte pulita.
Si era appena addormentata, quando fu svegliata da un rumore di passi e dalla luce che si accendeva.
‘Sono sicuro che questa sera non hai mal di testa.’
Matteo, suo marito, stava di fronte a lei.
Era completamente nudo e teneva in mano un bicchiere d’acqua con dentro una polvere che si stava sciogliendo.

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