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Racconti di Dominazione

Dalla padella …..

By 7 Agosto 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

– Allora, Greta da stasera viene qui a casa e cominciamo con il tuo addestramento, d’accordo?
Il tono di voce di Riccardo non ammetteva repliche. Luciana lo fissava impaurita. Non si sentiva pronta. Come fare a dirglielo? Era abituata ad eseguire senza contestare. Lo aveva sposato perchè aveva visto la sua forza, la sua prepotenza e ne era rimasta soggiogata. Adesso, a trentacinque anni, era sempre più succube, era naturale per lei compiacerlo in tutto e per tutto. Perchè? Forse per storie di famiglia. La prima volta che erano usciti assieme era stato tutto molto chiaro. Il tempo di salire in auto e lui le aveva messo la mano in mezzo alle gambe. Poi l’aveva portata in un parcheggio e l’aveva spogliata, poi le aveva fatto fare il primo pompino.
– Perchè sei vergine,ma ricorda, la prossima volta si fa sul serio!
Lei aveva annuito. Aveva fatto per rivestirsi e si era beccata una sberla.
-Ti rivesti solo se ti do il permesso, capito?
Lei aveva annuito ed era rimasta così, con la gonna tirata su e le tette bene esposte fino a quando lui non le aveva detto:
-rivestiti.
Era passata mezz’ora, intanto diversi maschi erano passati davanti alla macchina a guardarla, lei era con gli occhi bassi per la vergogna.
-Ricordati, da questo momento mi appartieni. Se ti voglio col burka ti metti il burka, se ti voglio zoccola sei una zoccola, capito?
Aveva annuito ancora. Poi erano andati a mangiare in pizzeria, una bella serata. Quando erano usciti lui aveva preso le chiavi della macchina e le aveva gettate lontano.
-Corri a prenderle, veloce!
Lei aveva eseguito. Questa scena era diventata abituale, specie quando uscivano con gli amici. Di fronte agli altri maschi era normale per lei ricevere l’ordine di togliersi le mutande e di dargliele. Quando lui le aveva in mano a volte gliele metteva in bocca, per ricordarle che lei doveva tacere. Passava così la serata al bar o al cinema con le mutande in bocca e lui le metteva le mani in mezzo alle gambe. Se era in vena le diceva di sollevare la gonna perchè tutti potessero vedere. Subito fatto. Gli amici la prendevano in giro.
-Ti si vedono le mutande
le dicevano ammiccando. Lei sorrideva e abbassava gli occhi.
Era una bella ragazza? Non era molto alta, un po’ formosa, scura di capelli, due grosse tette. Una bellezza mediterranea, si direbbe. Guardava gli altri con occhi umili, sottomessa, forse questo era quello che piaceva a Riccardo. Che però era inflessibile. Quando qualcuno aveva provato ad essere gentile con lei, a farle dei complimenti e lei aveva risposto lusingata aveva preso tante sberle. Poi l’aveva portata in un parcheggio pieno di prostitute.
-Guardale, tu sei come loro, fiinirai a far quel lavoro se non mi obbedisci, cagna! Non osare più guardare i maschi!
Lei aveva annuito piangendo. Per lui però era tutta un’altra cosa. Una sera erano usciti in auto per scopare. Quando lo voleva andavano in un posto isolato, lei si stendeva a gambe larghe, senza dire nulla, lasciava che lui facesse quel che voeva. Quella volta non era stato così.
-Prima fammi il bidè!
Lei non capiva.
Ho scopato con un’altra donna e non mi sono lavato. Puliscimi con la bocca.
Si era tirata su, prima di procedere però aveva messo bene in mostra le poppe e la figa, aveva capito che lui voleva così. Gli aveva leccato i cazzo, i coglioni, il buco del culo, aveva tolto con la lingua tutto lo sperma e gli umori che aveva sentito. Dopo venti minuti aveva detto:
– Ho pulito tutto
Lui aveva accennato un sì così si era stesa,a gambe larghe per lasciargli fare quello che voleva. Da quella volta i bidè erano diventati frequenti. A volte uscivano e lei gli faceva solo il bidè, perchè era stanco. Una di quelle sere le disse:
– Tu sei mia, dovrei usarti meglio.
Cosa volesse dire quello lo capì qualche giorno dopo. Lui la portò a casa di un conoscente. erano in quattro, due coppie. L’altra donna era una bella bionda più anziana di lei. Appena in casa Riccardo disse, senza preamboli:
-guarda se ti va.
L’uomo le mise la mano in mezzo alle gambe subito, Luciana non faceva resistenza. sentiva le mani che le palpavano la vagina ma Riccardo guardava e diceva nulla, così allargò le gambe di più per far vedere che non si opponeva. L’altro le aveva sollevato la maglia intanto e le palpava le tette.
-Cosa facciamo?
-Bocca culo figa, come vuoi. Io e tua moglie andiamo in quella stanza.
Era quella la prima sera dello scambio di coppie. Riccardo cercava, sceglieva, proponeva decideva poi la portava a casa delle altre coppie. Lei subiva. Si lasciava esplorare i tutti i buchi e si faceva prendere come volevano, rimaneva passiva. Le serate erao sempre uguali. Le coppie si formavano e si lasciavano dopo qualche ora. Le chiacchierate quando c’erano, erano solo tra uomini, a volte si univa l’altra lei che però non le rivolgeva mai la parola. Una volta capì il perchè. Riccardo aveva proposto di andare assieme a mangiare una pizza.
– Guarda, in tre si potrebbe fare, ma con lei no. Non mi ci metto al suo stesso livello. Una che si fa fare tutto senza dire niente non è come me che lo faccio per divertirmi e rompere la monotonia, è solo una vacca senza dignità. Io esco perchè mi piace scopare, non per far godere i maschi con i miei buchi. Se a lei piace fare la vacca svuota cazzi mandala a battere, si troverà più a suo agio.
erano state le parole dell’altra. Quella sera erano davvero andati a mangiare la pizza in tre, lei aveva spettato in auto con le lacrime agli occhi. Quando Riccardo era tornato non sembrava contento.
-Guarda che figure mi fai fare. mi erano simpatici. Dovrò trovare il modo di farti accettare.
L’aveva poi portata in un bar di prostitute. Avevano passato la serata così, lei senza mutande e reggiseno, la camicetta slacciata per far vedere quasi tutto le gambe belle larghe, che vederle la figa non era per niente difficile, bastava averne voglia. Il barista dopo un po’ che erano lì si era avvicinato.
-Guarda che se la vuoi far battere devi darla a Jovan, è lui che comanda qui.
-No, volevo solo farle capire qual è il suo posto, Quando è il momento torniamo qui e cerchiamo di Jovan.
In realtà non avevano nemmeno fatto un gesto, quindi non erano entrati a far concorenza a nessuno, così andarono via senza alcun problema. Riccardo però le diceva spesso:
-Dobbiamo passare da Jovan, una volta.
Luciana capiva cosa voleva dire e abbassava il capo. Sperava non dovesse mai capitare ma non ne era sicura.
Riccardo trovò una coppia con cui uscire assieme. Lui era basso, con la pancetta, un po’ calvo, lei invece era davvero bella: bionda, alta , formosa quello che bastava. Lui l’aveva sposata perchè, raccontava, lei è una troia e io un porco. i soldi li tengo io. Si divertiva lui a quelle serate di scambio. Gli piaceva guardare sua moglie scopare. Così facevano l’amore nello stesso letto. Le parti si chiarirono ben presto.
Riccardo e Lucrezia cominciavano a pomiciare. Lui la carezzava, le toccava i seni, le gambe la vagina, la spogliava prima con delicatezza poi in modo sempre più rude. Lei ansimava quando si sentiva presa con forza. Allora gli prendeva il cazzo, lo segava un attimo e lo dirigeva nella sua figa. Cominciavano così a scopare, lei ansimava, poi gridava, lui la prendeva nella vagina, poi in bocca, spesso finiva col venirle in culo. quando cominciava la scena Carlo li osservava e prendeva le tette di Luciana. mentre la palpava lei si metteva in posizione, alla missionaria, gambe larghe. Lui se voleva sceglieva bocca o figa, meno il culo, e la montava mentre li guardava. Nemmeno la considerava, solo ogni tanto le dava una sberla sulle tette e la insultava.
-Vacca da monta,hai delle poppe da bestia! allarga le gambe! il tuo buco è una caverna, non sento niente cagna!
Lei lasciava fare, aspettava che si svuotasse. Aveva imparato che a dirgli: come sei bravo si agitava di più e aveva cominciato a parlare così, ma due sberle le avevano fatto capire di smettere. Quando era eccitato, aveva poi capito, doveva dirgli
-Bravo, Quando hai voglia svuota i coglioni nel buco!
Andava meglio.
La parte finale della scopata toccava a Luciana. Quando Carlo era venuto, dopo trenta secondi, le dava un calcio o una sberla, voleva rimanere solo. Lei si alzava e subito gli faceva il bidè con la lingua. Cazzo, coglioni e buco del culo. Poi, quando era soddisfatto andava dagli altri due. Teneva le gambe belle larghe, fosse in piedi, sdraiata sul letto o in ginocchio, per mostrare che lei era sporca e lasciava colare gli umori: la serva deve puzzare, le avevano detto una volta ridendo. Andava da uno o dall’altro come volevano loro. Di solito prima puliva Lucrezia. Figa e buco del culo. Leccava bene lo sperma e gli umori vaginali, se lei lo desiderava le dava piacere, la leccava fino a quando non la mandava via con una pedata. Poi Riccardo. Cazzo, coglioni, buco del culo. Se aveva inculato Lucrezia doveva stare attenta a pulire bene con la lingua, se dopo avessero scoperto qualche macchia di sporco sul cazzo erano cinghiate. Lei eprò era abituata a fare il bidè a Riccardo, senza chiedere nulla. Cinghiate ne aveva ricevute ma sapeva che era una scusa per picchiarla e divertirsi: il cazzo era pulitissimo.
Poi andavano a mangiare . Cucinava lei, nuda, e serviva a tavola, nuda . Mangiava poi gli avanzi quando aveva il permesso.A volte glieli avevano fatti buttare nel sacchetto dell’immondizia e da lì li aveva ritirati fuori con le mani e mangiati, si erano divertiti.
Greta era un’amica di Lucrezia e Carlo, single. Una mistress, dicevano. a Riccardo piaceva. erano stati a letto subito. Quando veniva a casa loro Luciana diventava una bestia : non poteva parlare, veniva picchiata per nulla, tratatta come un cane e tanto ancora. Adedsso però che Greta si era messa in testa di addestrarla come una bestia e metterla in vendita sui circuiti sadomaso non si sentiva pronta. Perciò prese il coraggio a due mani e disse:
-non sono pronta, ti prego, pietà!
Sapeva cosa la aspettava. Andò a prenedere la cinghia e la portò a Riccardo, poi si mise in posizione, le chiappe nude esposte, le braccia al tavolo
– conta venti!
Partì la prima cinghiata
– uno padrone, sono una troia
la seconda
-due padrone, sono una vacca
la terza
tre padrone, sono sfondata davanti e dietro

continuò così. doveva contare i colpi e ogni volta insultarsi da sola. Se l’insulto non piaceva a Riccardo ripeteva la frustata o addirittura ricominciava da capo. Per questo le frustate divennero 23: per tre volte non aveva trovato un insulto ritenuto adeguato. Il culo era rovente. La punizione era finita. Si voltò, baciò le mani a Riccardo, prese la cinghia e la rimise al suo posto.
-Stasera ne parliamo, vacca.
Lei annuì.
Mentre Luciana faceva le pulizie sentiva Riccardo telefonare. Le faceva male il culo ma era contenta di aver parlato. Era forse la prima volta che lo faceva. Sapeva però che prima di scendere i gradini dell’estrema umiliazione doveva parlare. Greta era una donna tremenda, una vera mistress, le aveva detto Riccardo. Per questo era diventata la sua amica, la sua donna. Luciana poco alla volta era scesa ancora più in basso. Era bastato invitare Greta a cena una sera a casa loro per stabilire le parti. Luciana aveva servito nuda, come oramai capitava quando facevano quelle cene particolari a casa loro. Greta l’aveva schiaffeggiata per un nonnulla. Poi l’aveva mandata sotto il tavolo a leccare le scarpe, mentre loro due chiacchieravano tranquilli. Le aveva rifilato pedate poi si era tolta le scarpe. Luciana aveva leccato i piedi, Greta le aveva frugato la figa con quello destro, lei aveva leccato gli umori che avevano sporcato quel delizioso piedino. Finita la cena aveva portato i caffè e Greta aveva cominciato a criticare Riccardo.
-Come fai a tenere in casa una bestia come lei. Vieni qui vacca.
Luciana si era avvicinata e aveva lasciato che l’altra le palpasse le tette.
– Una vera vacca da monta. Guarda come è grassa!
Le aveva poi aperto la figa con le mani, poi l’aveva fatta voltare e le aveva infilato le dita nel culo.
– E tu dormi con questo animale? Sei matto!
-Dove la faccio dormire?
-In cucina, come i cani. Preparale una cuccia. Falle capire che è una cagna o si monta la testa.
Riccardo aveva accettato. Il giorno dopo aveva comprato una cuccia per cani e l’aveva messa in cucina. Nello sgabuzzino due scatole per i vestiti di Luciana. Aveva poi fatto vedere la nuova sistemazione a Greta.
– Così va meglio. alcune cose però sono da mettere in chiaro. Prima. In casa non porta mutande e reggipoppe, le serve non lo usano. Gira nuda o al massimo una vestaglia da lavoro. Non è solo per risparmiare, deve capire il suo posto, se le dai un vestito si monta la testa. Una vestaglia è anche troppo. Mi raccomando: dozzinale, sciatta, u abito da lavoro, le serve non devono avere di più. Secondo. Le bestie non usano i gabinetti degli uomini. Le comperi un secchio, piscerà e cagherà solo in quello.Una regola importante. Prima chiede il permesso. Ogni volta che deve cagare o pisciare deve chiedere il permesso. E controllala bene, non lasciarla sempre al cesso, questa troia. Nello stesso secchio si lava. Quindi la mattina si alza, si lava, getta l’acqua nel gabinetto piccolo, poi viene da te, chiede il permesso, caga, piscia, si lava la fica e porta giù il secchio con la sua merda nel cesso in comune della cantina. Le sue porcherie non devono infangare il bagno degli uomini. Chiaro?
– Ma deve scendere tutti i giorni a vuotare il secchio della merda? Cosa diranno i vicini?
-Capiranno chi comanda qui. Mandala in giro con la vestaglia senza mutande e reggipoppe. I maschi capiranno, anche le donne. Saranno contenti di non essere al suo livello, qualcuno comincerà a palparla. Capito troia?
E aveva mollato una sberla a Luciana. Lei aveva imparato cosa fare in quei casi. Aveva messo le mani dietro la schiena aspettando altre botte. Non erano venute, Greta si era limitata a ispezionarle con le dita la figa e il buco del culo. Quando aveva finito gliele aveva messe in bocca perchè le pulisse.
La telefonata era finita. Luciana ebbe paura.
-Greta ha detto di farti bere tanto oggi, comincia adesso.
Aveva bevuto tanta acqua e le scappava tanto. Più volte aveva chiesto a Riccardo: Posso andare a pisciare? Non le aveva dato il permesso. Quando Greta era arrivata le aveva aperto la porta, lei non l’aveva degnata di uno sguardo.
-Riccardo, devo correre in bagno, mi porto dietro la cagna.
-Fai pure cara.
Entrati in bagno Greta si era seduta sul bagno e aveva subito cominciato a fare i suoi bisogni. In ginocchio Luciana aveva aspettato che finisse, le mani dietro la schiena le tette tirate fuori dalla vestaglia, come piaceva a Greta. L’aveva poi pulita con la lingua, leccando tutte le gocce rimaste sulla vagina.
– Stai diventando brava.
-Grazie signora. Posso andare a pisciare?
Quando si riferiva a lei Luciana poteva usare solo termini volgari: pisciare, cagare, merda, figa, buco del culo, tette poppe e via. Le parti del corpo dei signori avevano altri nomi.
-No. Stasera ti voglio vedere pisciare addosso.
-Come devo fare, signora?
-Cazzi tuoi vacca. E appena sporchi in giro ti ammazzo di botte, capito?
Luciana si mise a piangere e le scappò davvero il piscio. Piangeva e pisciava.
-Riccardo, corri qui! Guarda cosa ha fatto questa cagna, ha sporcato tutto!
Riccardo corse a vedere. Luciana era nella pozza del suo piscio.
-Ti faccio vedere come si fa con i cani.
Greta prese la testa di Luciana e la mise nella pozza.
-Guarda cosa hai fatto cagna! Adesso lecchi tutto!
Luciana non se lo fece dire due volte e cominciò a lappare a più non posso la pozza, forse avrebbe evitato le botte.
-Rotolati nella tua piscia, cagna, così impari!
Si rotolò più volte avanti e indietro, mentre le usciva ancora la piscia.
-Vedi quanto è sporca? Si rotola e continua a pisciare la vacca!
Riccardo non se lo fece dire: si sfilò la cinghia e cominciò a battere Luciana
Solo le botte capisci, solo le botte.
Luciana aveva capito che non avrebbe evitato nulla, Così offrì alla cinghia tette, figa aperta, culo, per far capire che non si ribellava.
Finite le botte Greta sembrava più calma.
-Pulisci con a vestaglia la piscia che hai seminato cagna.
Subito Luciana aveva obbedito. Si era tolta la vestaglia e in ginocchio aveva raccolto la piscia. Era attenta a rimanere a gambe larghe per far vedere figa e buco del culo, come piaceva ai signori.
-Dunque questa cagna vuole del tempo. Bene diamoglielo. Quando sarà addestrata dovrà chiederlo lei perchè la cosa sarà dura. Bestia, ti faccio un regalo. Un gruppo di mie amici va in vacanza, tu vai con loro.
-E i soldi?
Domandò Riccardo.
-Sono generosa, li presto io. Me li restituirà al ritorno, farà marchette. di questo ne parliamo noi due.
Luciana non credeva a questo, baciò i piedi di Greta.
Riccardo, non devi pisciare? Potresti farglielo in bocca,
Riccardo si sbottonò i pantaloni. Luciaa aprì subito la bocca e si prese in mano le tette, per offrirsi ala pisciata. Lui aveva però voglia di usare la bocca, perciò diresse lì il getto.
– Poi dicono che voi uomini pisciate sempre fuori dal water
fece Greta vedendo la sua mira
-Quando ci impegniamo siamo bravi.
Luciana degluttì tutto, poi prese l’uccello in bocca per pulirlo bene. Fu questa volta una cosa veloce.
-Voglio vedere quando sarà addestrata cosa potrà fare di più.
– Ne faremo una macchina per far soldi, vedrai!
– La mandiamo a battere?
– No, di meglio! adesso però lasciamola pensarci su. Luciana non ci credeva. Greta era andata a comperarle degli abiti nuovo, una valigia, la biancheria intima, tutto quello che ocorreva per la vacanza. Tutto nuovo.
-Allora. siamo d’accordo. Stasera passano a prenderti i miei amici. fate un viaggio, una settimana. Al ritorno ci dirai cosa hai deciso.
Luciana annuiva incredula. Stava facendo le pulizie per lasciare la casa in ordine. Presa dall’euforia lavorava con una lena incredibile cercando di fare la cose al meglio. Riccardo quasi non ci faceva caso, impegnato nelle sue cose. Una settimana tutta per sè Luciana non l’aveva mai avuta. Da quando aveva conosciuto Riccardo aveva sempre assecondato i suoi tempi, i suoi bisogni. che lui le comunicava all’ultimo momento e lei accettava senza discutere. Prima, a casa, più o meno era così. La madre Renata, era rimasta incinta giovanissima ed era rimasta sola subito, il padre se l’era filata. Una domenica a ballare, lui che la carica sul’auto, la scopa, la mette incinta, la lascia. Renata aveva cercato di trovare un uomo che la prendesse. Se ne era portati a casa di tutti i tipi, cui offriva tutto quello che aveva: il suo lavoro, la casa, il suo corpo, purchè rimanessero. Le erano sempre capitati avanzi di galera. Gente che non lavorava e aspettava che lei tornasse a casa per scoparla e picchiarla. Luciana aveva assistito sempre a quelle scene. La madre in ginocchio che bacia i piedi all’uomo di turno. Quando era diventata maggiorenne le cose erano peggiorate. Il compagno della madre pretendeva che a tavola Renata raccontasse nei dettagli cosa doveva fare per piacergli. “Quando lui esce mi lubrifico figa e buco del culo così se ha voglia e si vuole scaricare sono subito pronta. Lo aspetto alzata. Se ha chiavato con un’altra donna gli faccio il bidè con la lingua e lo pulisco bene. Se ha voglia mi faccio pisciare addosso da lui”. Questo racconto, con dettagli, le era stato ripetuto più volte. Forse anche per questo era andata col primo che l’aveva guardata. Suonarono alla porta. Andrò Greta ad aprire.
-E’ per te, Luciana, sono venute a prenderti le ragazze. Buone vacanze!
Le due donne che erano fuori dalla porta la guardavano impaurite. Una, mora, non molto alta, due belle tette, un po’ rotonda, prese le borse di Luciana, l’altra le andava dietro. In ascensore evitarono gli sguardi. Misero le borse in auto e quella che aveva portato le valige si mise dietro al suo fianco, mentre l’altra, più alta, ben formata anche quella, andò al volante. Erano da poco partite che quella vicino a lei cominciò a parlare.
– Io mi chiamo Monica e sono la schiava di Lorenzo, che verrà in vacanza con te assieme a Fulvio. Per questo viaggio sono a tua disposizione. Nel senso che puoi usare di me bocca culo e figa, puoi farti leccare come e dove vuoi, farti fare il bidè e pisciarmi addosso. Puoi farmi palpare da chi vuoi, se vuoi farmi chiavare da qualcuno lo devi dire prima a Lorenzo. insomma, tu sei signora e io la tua bestia. Se vuoi usare Letizia devi prima dirlo a Fulvio, però credo non ci saranno problemi. Dico bene Letizia?
-Benissimo. Basta dirglielo e puoi usarmi come vuoi. Si diverte e dice che serve ad educarmi. Vuole mandarmi a battere per farmi capire chi sono. Non è contento se mi sfondi con un dildo o mi fai chiavare da qualcuno e non glielo dici. Però basta un sms.
Luciana quasi non ci credeva. Lei era sempre stata come loro e adesso? Non sapeva come fare. Annuì e amichevolmente accarezzò una gamba a Monica che subito aprì le gambe.
-Ti prego dì a Lorenzo che sono obbediente, mettimi alla prova!
Monica non sapeva bene come comportarsi. Accarezzò il volto di Monica che rimaneva tesa, gambe larghe, le mani dietro la schiena. Si aspettava di esere esplorata o chissà cosa. Fu per questo, quasi per accontentarla, che Luciana cominciò ad accarezzarla. Sentiva sotto la stoffa leggera le tette senza reggiseno grosse, carnose. Si lasciò andare al piacere di accarezzarle. Monica le si offriva, occhi fissi nel vuoto. Le mani di Luciana divennero sempre più esigenti, chiedeva di più. Accarezzò, strizzò, palpò quelle tette, per la prima volta nella sua vita si sentiva padrona. Poi mise una mano in mezzo alle gambe di Monica. La schiava non portava mutande, Luciana sapeva bene cosa voleva dire. Il pube era cespuglioso.
-Sei piena di peli
Le disse ansimando.
-Il mi padrone dice che le schiave devono esser così.
Le accarezzò con un dito la vagina, che si allargò subito. Poi le mise dentro due dita. La sentiva umida.
-Sei bagnata o ti sei lubrificata prima?
-Lorenzo mi ha detto di prepararmi come quando devo andare con un maschio. Ho usato una crema.
Le dita andavano su e giù, sempre più approfondite. a trovarsi dall’altra parte Luciana si sentiva eccitata, era una situazione strana. Lei con una vita alle spalle di sofferenza ed umiliazione per la prima volta poteva disporre di una persona e la cosa la eccitava come mai le era successo. Era convinta che il suo destino fosse obbedire e adesso scopriva che c’era in lei dell’altro.
-Dove stiamo andando?
Chiese a Letizia.
-A casa dei padroni.
-C’è un posto prima dove possiamo fermarci?
-Certo padrona. Dove vuole? Un parcheggio, un boschetto tranquillo, cosa?
– Uno spiazzo dove non ci sia gente.
Letizia annuì e sicura diresse la macchina verso un boschetto.
-Quando Fulvio vuole farmi delle riprese hard senza nessuno attorno mi porta qui, è abbastanza tranquillo. Non è un posto da guardoni. Ogni tanto gira qualcuno ma niente di speciale.
Erano arrivati. Condusse la macchina su un sentiero non asfaltato ed arrivarono così ad una radura abbastanza ampia. Silenzio. Luciana guardò il luogo ed annuì, andava bene.
-Mi è venuta voglia di pisciare. Scendiamo.
Monica scese per prima e aprì la porta alla alla sua signora. Luciana si sentiva a suo agio in quella situazione. Sentiva di averla vissuta altre volte ma dalla parte di Monica, ora era lei che comandava. Si accucciò vicino ad un albero. Sollevò la gonna, allargò le gambe e si abbassò le mutandine, che sensazione piacevole averle addosso, non era abituata! Poi a muso duro si rivolse a Monica:
-Leccami un po’ che non riesco a farla
Monica si inginocchiò davanti a lei.
-Posso togliermi la maglietta?
Luciana fece cenno di sì. Se la sfilò, mettendo bene in mostra le tette.
-Così se mi arriva la pisciata non la sporco.
Era naturale per lei quello che stavano facendo. Era contenta solo di non dover andare a casa tutta sporca di piscia, per il resto…
-Come devo fare signora? vuole pisciarmi addosso, in bocca o vuol solo essere pulita dopo?
-Vieni qui troia.
Lo schizzo di urina di Luciana arrivò sulla faccia di Monica che, inginocchiata, aveva piegato il volto verso terra per offrirsi. Teneva la bocca aperta, Luciana però si divertiva a bagnarla col getto un po’ sul viso un po’ a mandarglielo in bocca.
– Voglio pisciarti sulle tette adesso.
Pronta Monica si voltò sulla schiena. La testa era sotto la vagina di Luciana, anche fin sotto il culo, così la padrona poteva senza troppa fatica mandare il getto sulle tette. Quando Luciana ebbe finito rimase a gambe larghe perché la schiava potesse pulire con la lingua il sesso della signora. Terminata l’azione, che durò un po’ perchè ogni tanto Luciana mandava fuori qualche piccolo schizzo e bisognava ricominciare da capo, Luciana sollevò lo sguardo verso Letizia.
-Adesso puliscila tua.
Letizia cominciò a leccare i seni, e il viso della compagna di sventura mentre Luciana controllava che vedisse davvero pulita da tutto lo sporco. Finito questo disse una sola parola:
-Lesbicate.
Subito le due cominciarono ad accarezzarsi a baciarsi, a masturbarsi a leccarsi per il divertimento della signora. Le loro lingue andavano sulle tette, poi si incrociavano mentre le dita esploravano la figa e il culo della compagna. Ansimavano e si lasciavano andare. Non era una recita quella, davvero si masturbavano e godevano per obbedire all’ordine, dovevano essere abituate. Dopo un po’ le fece smetter dicendo:
-siete davvero due bestie. Ripartiamo.
Risalirono sull’auto. Letizia guidava Monica, sempre vicino a Lucina, teneva sollevata la gonna nel caso Luciana volesse giocare. Arrivate a casa le chiese se poteva abbassarla, Luciana annuì. Salirono sull’ascensore. Luciana si sentiva addosso una sensazione di potere inebriante che le faceva perdere la testa. Premette il bottone per fermare l’ascensore. Senza dire niente andò da Letizia. Le arrotolò la gonna e la maglietta e prese a guardarla. Era più alta di Monica ma abbastanza robusta e con due belle tette anche lei, un po’ più a pera di quelle della sua compagna. I capelli mori le incorniciavano il corpo bene in vista. Adesso teneva la gonna arrotolata con le mani e il busto bene alzato, pronta a lasciarsi esplorare. Le dita di Luciana andarono senza preamboli a penetrarla davanti e dietro e allargò le gambe per facilitare l’operazione, guardando fissa nel vuoto. L’esplorazione durò quasi un minuto. Alla fine Luciana concluse:
– Sul marciapiede andrai bene.
Schiacciò po il bottone del piano dove dovevano andare.

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