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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

Il debito da pagare.

By 25 Luglio 2021No Comments

Capitolo 1 – Nella tana del lupo

Gloria non lo voleva, quell’uomo, ma era in suo potere.
Era un uomo untuoso, lo conosceva da tanti anni. Voleva passare per amico, ma non lo era.

Lui faceva l’orologiaio formalmente ma la sua vera attività era quella di usuraio. Era sposato con figlie ormai grandi. In maniera apparentemente gentile aiutava le persone, salvo farle continuare ad indebitarsi e poi, quando non potevano più restituire il debito, cambiava atteggiamento e diventava duro e prepotente. E dettava le sue condizioni.

Il suo cazzo nodoso, lungo più di 20 cm., oscillava davanti alla sua bocca e pretendeva che lei lo imboccasse. Glielo sussurrava a bassa voce, chiamandola per nome.

Lo fissava allucinata, quasi schifata, ma aveva capito di non avere scelta.
I suoi debiti di gioco erano arrivati ad un importo così alto che lui aveva preteso che pagasse in natura, se non poteva saldare il debito immediatamente, le aveva detto, sapendo perfettamente che lei non aveva alcuna possibilità di farlo.

Gloria, il giorno prima, aveva cercato di chiedere una dilazione, ma lui non sentiva ragioni. L’aveva convocata per quel giorno alla chiusura serale del negozio, e le aveva detto che era venuto il tempo di iniziare a pagare. Aveva tirato giù la saracinesca del negozio. Si era chiuso con lei e l’aveva spinta su una sedia bassa.

Aveva raggiunto il suo obiettivo. Lei doveva dargli il suo corpo, senza eccezioni, e dargli piacere finché ne avesse avuto voglia. Avrebbero iniziato quella sera, in cui la moglie aveva lasciato il negozio per andare a casa a preparare la cena per le figlie che venivano a trovarli con i nipoti.

Quando era entrata nel negozio, poco prima dell’orario di chiusura, si era eccitato ancora una volta alla vista del suo bel viso, truccato con maestria in modo elegante, con le labbra ben disegnate da un rossetto rosa.

Era una donna di classe, istruita ed elegante, che era da tempo immemorabile depressa. Aveva iniziato a rovinarsi con il gioco, frequentando amicizie che l’avevano portata sempre più in basso.

Ora, dopo che il marito l’aveva lasciata, dopo aver scoperto la sua relazione con Luca, un giocatore professionista, aveva solo l’amante ed un gruppo di uomini che, frequentando i tavoli da gioco, speravano prima o poi di scoparsela.

Lui, da amico, l’aveva aiutata a pagare i suoi debiti iniziali. Dopo un po’ i debiti non venivano ripagati e crescevano con il tempo. Lei era diventata totalmente dipendente da lui per continuare a giocare.

E lui, che l’ammirava da anni e desiderava scoparsela, aveva formulato un piano preciso: avrebbe posseduto quella bocca desiderabile, più volte, fino a sottometterla, poi avrebbe preso possesso di tutto il suo morbido corpo, pieno ma senza essere grasso, che pure ancora attirava gli sguardi lussuriosi degli uomini.

Aveva tolto la maschera, quella sera, dopo che aveva letto la disperazione sul suo viso nel chiedere un rinvio alla scadenza che le aveva imposto. Le aveva detto – senza mezzi termini – che non c’era che un modo per ripagare il debito: doveva sottomettersi a lui, che, da anni, voleva possederla, voleva toccare senza limiti il suo seno, strizzarle i capezzoli, accarezzare senza limiti quelle cosce, ben tornite, che avevano il triangolino coperto da una mutandina di pizzo, dalla quale si intravedeva la sagoma di una fica dalle labbra pronunciate.

Nella sua mente voleva, infine, il suo culo, possederla in modo completo a piacimento, ma non era ancora il momento di dirglielo.
Prima la bocca e la fica. Poi sarebbe arrivato il momento del culo e della sua completa trasformazione in troia a sua disposizione. Viveva da sola nel suo piccolo appartamento ed era perfetta per fare la sua puttana, per ora personale, poi, chissà, persino farla battere e farlo guadagnare.

“Allora, lo hai capito, Gloria ? Prendilo in bocca e fammi un pompino! “
Aveva alzato appena la voce.
“lo sai fare, sei brava con quelle labbrone morbide … hai sbocchinato per anni il cazzo di tuo marito, poi quello del tuo amante, e chissà quanti altri …. Ora tocca a me”.

Lei aprì la bocca come un automa e lui le appoggiò la cappella sul labbro inferiore. “Adesso prendilo con la tua bocca fino a che ce la fai e con la bocca chiusa attorno al mio cazzo, muovi lentamente la lingua per leccarlo”.

Lui le dettava le cose da fare e lei, lentamente, eseguiva.
Pensava “Alla fine, è solo un cazzo. Se lo accontento finisce rapidamente e me ne vado”. Non vedeva l’ora di uscire da quell’incubo che l’angosciava da mesi. Si convinse che era la migliore cosa da fare e si diede da fare.
Si abbassò con la bocca aperta e lasciò scivolare dentro la sua cappella sentendo quanto l’asta fosse già dura per l’eccitazione. Chiuse le labbra, mosse su e giù la lingua, sentì la punta della cappella toccare la parete della gola e lui emettere un lungo gemito di piacere.

“Brava, Gloria, sei fantastica, hai una bocca calda ed accogliente da grandissima troia”.
In attimo si sentì quasi orgogliosa del complimento.
Era vero. Li sapeva fare bene i pompini, sapeva come mandare in paradiso un uomo. Glielo aveva detto per anni il marito, al quale glieli dispensava con accortezza. Glielo aveva detto pure Luca, il suo amante verso il quale provava un’attrazione fortissima e che li chiedeva ad ogni incontro.

Si decise di farlo per bene ed accontentare l’usuraio.
Aveva il suo uccello in bocca, e poteva metterci un po’ di passione, visto che lo doveva fare. In fin dei conti, poteva essere persino piacevole comportarsi da troia da strada, come lui le chiedeva. Poteva dare sfogo a quella parte di sé, alla ricerca del piacere senza inibizioni, che era emersa quando aveva accettato di fare sesso con il proprio amante. Si lasciò andare, chiuse gli occhi e pensò che avrebbe spompinato Luca e non l’usuraio.

Allora succhiò con bramosia crescente quel cazzo, leccandolo nei tempi morti in cui smetteva di succhiarlo, come se non avesse mai fatto altro.
Lui, eccitato al massimo, gli disse: “ Continua cosi, pompinara da favola, dai continua a succhiare”. Gloria, allargò la bocca e lo faceva ora uscire fuori per, poi, infilarselo di nuovo, riprenderlo in bocca tutto fino alla radice.

L’uomo gemeva, come il porco che era, mentre la sua lingua ripassava l’asta e la sua mano gli palpava le palle che erano gonfie. Rimase ferma con il suo membro piantato nella bocca, continuando a stimolare i suoi testicoli con le sue carezze.

Lui l’afferrò per la testa dandole il ritmo crescente, segno che il superbo pompino lo stava conducendo rapidamente all’orgasmo.
Faceva su e giù da oltre cinque minuti e la mascella cominciava a dolerle. Rallentò perchè lui le disse “ Troia fermati, mi sto per svuotare i coglioni nella tua bocca e voglio chiarirti che nemmeno una goccia deve andare persa. Tu devi ingoiare tutta la mia sborra “.

L’ingoio non lo aveva mai concesso al marito, che premuroso, da quando erano fidanzati, le aveva sempre porto un fazzoletto di carta dove sputare la sborra, contentissimo per il pompino così ben fatto dalla donna che amava. Ma il suo amante l’aveva preteso sin dalla prima volta e, ora, non faceva più resistenza, aveva imparato ad ingoiare e dare la massima soddisfazione al maschio che la possedeva in bocca.

Sentiva la bocca piena del cazzo ormai teso al massimo. L’odore di maschio in calore, cominciò ad eccitarla. Il sapore di cazzo invadeva le narici, facendola travolgere dall’eccitazione e lei prese a pomparlo con gusto crescente. La voce ormai rauca dell’uomo le ordinava di prenderlo ancora di più in bocca, lui cercava di spingerlo dentro scopandole la bocca come se fosse la vagina ma era lei che ormai seguiva il suo piacere.

Adesso il ritmo della penetrazione nella sua bocca era diventato sempre più rapido, così come il cazzo sempre più duro.
L’uomo cercava di spingerlo tutto in gola, ma lei manteneva l’impugnatura con la mano sul cazzo per evitarlo. Il suo frenetico movimento con la lingua attorno all’asta cercava di accelerare l’eiaculazione, che sentiva ormai vicina. Desiderava bere la sua sborra, adesso.
Aprì la bocca, fermò per un momento il su e giù dell’asta e guardò la cappella dell’uomo. Era paonazza, lucida della sua saliva ed enorme e delle prime gocce cominciavano ad uscire dal meato. Come le aveva insegnato Luca, il suo amante, andò con la punta della lingua a raccogliere quel primo liquido seminale, muovendola delicatamente sulla fessura che stava schiudendosi.

L’effetto che provocava quella manovra mandò fuori di testa l’usuraio che rilasciò un primo schizzo di sborra sulla lingua andando a colpire fino l’interno della bocca oscenamente aperta della donna. A quel punto, lei alzò gli occhi per guardare l’uomo, che aveva gli occhi spalancati per il piacere, chiuse le labbra attorno alla cappella, facendola entrare per qualche centimetro e continuò a roteare la lingua attorno all’asta, favorendo la fuoriuscita incontrollata del liquido seminale dell’uomo, al culmine del suo orgasmo.

Continuò a muovere la lingua, mentre cercava di ingoiare a piccoli sorsi la sborra, leggermente acida dell’uomo, aspettando che gli spruzzi di liquido terminassero con l’attenuarsi delle contrazioni del cazzo.
Il sapore di cazzo la esaltava, quel sapore selvaggio di maschio in calore la faceva scatenare. Aveva dimenticato tutto, l’umiliazione e l’ansia, sentiva solo il rumore della sua bocca pregna di saliva e sborra mentre il membro si muoveva in quella bocca incredibilmente calda ed accogliente.

L’uomo era incredulo, mai aveva goduto un pompino così intensamente. Sentiva che la in bocca della donna ancora lo teneva stretto con le labbra, mentre finiva di svuotarsi nella sua gola. Lei continuava a succhiarlo con gusto e stava facendogli sentire un piacere fortissimo. Lo stava letteralmente svuotando di ogni goccia di sperma e amplificava, dilatandolo, il piacere anche nella fase successiva all’eiaculazione.
Era una pompa da urlo, che sembrava non finire mai.

La donna era totalmente concentrata a fargli quel magnifico lavoretto di bocca, gustandosi quella manovra di svuotamento dei suoi coglioni. Non smetteva di leccare e succhiare. Era partita nella sua eccitazione ed immersa nel suo piacere particolare, non più umiliazione ma possesso pieno di quel cazzo, spompinato senza alcuna inibizione.

Fu lui che la interruppe, perché cominciava a sentire dolore. “Fermati troia, mi hai prosciugato tutto. Sei una bravissima puttana e ninfomane. Ne valeva la pena, sì, ne valeva la pena”.

Lei uscì da quel torpore nel quale era immersa. Si sentiva la bocca svuotata e la chiuse ingoiando gli ultimi residui di sborra dell’uomo. Aveva goduto pure lei, in quella strana occasione, e questo la turbava.

“Bravissima. Continua così e ripagherai il tuo debito con piacere” Gli disse l’uomo. “Mi domando quanti cazzi avresti potuto svuotare solo stasera, dopo che sei partita …”.

Detto ciò, la fece alzare ed uscire dal negozio, alzando la saracinesca, dicendole che l’avrebbe chiamata all’indomani sul cellulare.
Tra sé e sé si congratulava per aver trovato una troia così brava. Assolutamente perfetta per farla diventare sottomessa e costringerla a fare quello che lui le avrebbe ordinato di fare.

(continua)

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