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Racconti di Dominazione

Il folle volo

By 18 Dicembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

lui
L’avevo sfidata. Sfidare una Dea, varcare le fatali colonne, folle volo, sciagurata sete di conoscenza. Cosa sapevo di lei? Niente e tutto, sapevo le sue parole: lettere vergate, scudisci cerebrali, vizi letterari. Dea si ma non platonica, vana illusione il legame intellettuale. Dolori promessi, sottomissione garantita, cervello creatore, polmone vitale. Questo sfidavo.
Ma cosa mi andavo raccontando? Sfidavo me, sfidavo il mio orgoglio, sfidavo la mia natura, o semplicemente la mia paura, la mia codardia’ La mia buona coscienza: sei-matto-a-ridurti-così, la mia calda eccitazione prostati-umiliati-GODI.
Ormai la sigaretta consumava questi pensieri, ed il fumo si perdeva nella nebbia del lago, i seggiolini esterni del battello erano cosparsi di goccioline umide, freddo pungente. Avevo scelto di arrivare dall’acqua per questo incontro omerico. Pochi passeggeri, di loro non mi curavo, appoggiato sulle barriere protettive, tentavo di decifrare il paesaggio già conosciuto ed ora incredibilmente nuovo, quei boschi, quelle pareti, quelle rocce, quelle case per la prima volta antri oscuri, aditi cumani. Passandomi le dita sul viso freddo e rossiccio mi pungeva la barba, non lunga ma ispida. Non l’avevo rasata, non faceva parte degli accordi e d’altronde cosa faceva parte degli accordi? Avrei punto la mia Dea.
Banalmente il mi concentravo su un dettaglio: la bottiglia non poteva prendere troppo freddo; il Barabaresco non gradisce certe temperature, lo cullavo in grembo, come un bimbo, scaldandolo col mio corpo’ In un sacchetto elegante due calici, due baloon. Nell’altro sacchetto un pacchetto misterioso, per ordine della Signora avevo dovuto ritirarlo il giorno prima in Milano, cosa conteneva? Inutile chiederselo. Altro tormento? Non m’interessava, cosa contava a quel punto?
Era l’ultimo venerdì di Febbraio, il primo di Quaresima. Me ne resi conto ascoltando casualmente le chiocce chiacchiere di due suorine ricurve. Primo venerdì di Quaresima, stagione di penitenza, scelta casuale della Padrona? Non lo immaginai neanche per un secondo e tremai.
La campanella: iniziavano lo operazioni di ormeggio.

Lei
Bellano. Il dado era tratto. L’ora giunta. La sfida lanciata. A me stesso soprattutto. Mi avviai con passo strascicato, fintamente indolente verso il bar che i romanzi di un medico condotto con la passione per al scrittura avevano reso famoso e spinsi la porta. L’atmosfera all’interno era calda e senza tempo. Un tuffo liberty in un passato in chiaroscuro. Un passato in cui pentirsi. Fare penitenza meglio significava acquisire una cognizione precisa di se. La cognizione del proprio dolorante essere nel mondo.
Cercai gli occhi del barista il quale senza dire una parola, probabilmente conosceva la mia Signora da tempo, mi diede una busta di carta pergamena color glicine e mi indicò un tavolino d’angolo. Mi avviai. Appena seduto non resistetti. Le mani mi tremavano ma apri la busta, lacerato da sensazioni intense e contraddittorie.

“CAMERA 18 – SENZA BIANCHERIA – E CON IL CONTENUTO DEL PACCHETTO INDOSSATO COME DA ISTRUZIONI. TI ASPETTO TRA 30 MINUTI”.

L’inchiostro cremisi spiccava sulla delicata pergamena come la voglia vertiginosa che gli mozzava il respiro in gola. Prese il pacchetto e si avviò verso il bagno. Ormai certo di quello che vi avrebbe trovato dentro e spaventato dall’ansia impaziente che lo spingeva a fare in fretta. Ad obbedire senza esitazioni. Perché? Infondo non sapeva che poche seducenti cose di quella Signora. Ma lei sembrava leggere in lui come in un libro aperto. Giù infondo nelle zone d’ombra che lui non aveva mai nemmeno avuto il coraggio di osservare di sbieco.
In bagno si spogliò rapidamente, lacerò violento la carta del pacchetto e accarezzò lento il piccolo plug prima di inserirlo nel culo. Come gli era stato ordinato. Si rivestì con la sensazione di essere stato violato. Sensazione che certamente la Signora voleva provasse. Ritornò al tavolo, prese la busta con il barbaresco e i preziosi bicchieri di cristallo e si avvio verso l’uscita. la piazza. L’albergo in riva al lago. Il suo destino di schiavo. Soprattutto.

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