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OrgiaRacconti di Dominazione

Il nostro posto

By 18 Aprile 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Anna si era vestita con cura ed aveva controllato due volte la borsetta. Era tutto a posto per la loro uscita del venerdì sera.
Marco l’aspettava in macchina sotto casa, per andare al cinema, ma il clou della serata era il dopo.
Il film era discretamente brutto, ma non se preoccuparono troppo, perché non era certo quello, l’obiettivo principale della loro uscita.
All’uscita dalla sala Anna si fermò in bagno e Marco l’attese fuori.
Fece pipì, si diede un’asciugata con la carta igienica e si sfilò le mutandine.
Meglio farlo ora, perché dopo, nell’utilitaria di Marco, sarebbe stato molto più scomodo.
Le infilò piegate in una bustina di plastica e le ficcò in borsa.
Ci sono? Sì, i preservativi ci sono.
Li aveva presi il giorno prima al supermercato, li prendeva sempre lei, perché Marco si vergognava.
Prima di uscire dal bagno si sistemò i capelli e diede un’occhiata al trucco, che comunque era in ordine.
Per ultimo sollevò la gonna e si guardò nello specchio.
Non amava le autoreggenti, perché aveva le cosce grandi e l’elastico le dava fastidio, ma, per il dopo cinema del venerdì, erano la scelta migliore.
Marco era abbastanza su di giri, mentre guidava veloce nel traffico della sera, diretto verso quello che chiamavano il nostro posto.
Era fondamentale non arrivare troppo tardi, perché non erano certo gli unici a conoscerlo.
‘Dai, Marco, sta’ buono, che ci vedono!’
Aveva infilato la mano destra sotto la gonna di Anna e, dopo aver superato il bordo delle autoreggenti, le sue dita stavano avanzando lungo la pelle nuda della coscia, ben sapendo che alla fine non avrebbe trovato le mutandine.
‘E chi dovrebbe vederci?’
Anna era già discretamente bagnata, perché il pensare a dove stavano andando, unito alla sensazione di libertà che le dava lo stare senza slip, la eccitava discretamente, se poi si aggiungeva Marco che, con le mani, si era messo ad esplorare…
Cominciò a carezzarle la fessura con due dita e lei non protestò più.
Tolse la mano solo per fare la stretta svolta a sinistra che li avrebbe portati a destinazione.
‘E che cazz…!’, scappò a Marco trovandosi davanti la scena inaspettata.
Il loro posto era un vasto spiazzo selciato che confinava con il retro di un vecchio fabbricato abbandonato.
Le alte mura marroni, che circondavano lo spiazzo su due lati, non avevano né porte né finestre, mentre i restanti due lati erano separati dalla strada da diversi alberi e da una fitta siepe.
Chi fosse passato da fuori, avrebbe potuto osservare l’interno solo attraverso lo stretto accesso che permetteva il transito di un macchina alla volta, ma, se si arrivava abbastanza presto, si poteva trovare una posizione che rendesse impossibile essere visti dalla strada.
In mezzo allo spiazzo c’era un furgone porta valori con le porte aperte, a terra un uomo in divisa, immobile, immerso in una pozza di sangue, più avanti una grossa berlina nera ed una macchina della polizia con i lampeggianti accesi.
Tutta la scena era illuminata a giorno da potenti riflettori.
Poi Marco vide i due camion con le attrezzature, una ventina di persone che parlavano animatamente tra di loro e la macchina da presa.
‘Porca puttana! Stanno girando un film. Ma proprio stasera dovevano farlo?’
‘E adesso dove andiamo?’
Quando hai in mente una cosa e non avevi alcun motivo per pensare di dover cambiare programma, diventa difficile elaborare il piano B e Marco, mentre si allontanava dal loro posto pensava disperatamente ma inutilmente a dove andare.
Alla fine gli riaffiorò il ricordo di un posto in campagna, abbastanza vicino, dove era andato qualche volta con un’altra ragazza, prima di Anna.
Non gli piaceva molto l’idea, perché era fuori mano e potevano esserci pericoli e poi Anna gli avrebbe potuto chiedere come mai lo conoscesse.
Tornare a casa senza ‘? No, assolutamente no.
L’auto sobbalzò sulle buche della stradina che si inoltrava nella pineta e Marco parcheggiò in modo che l’auto non fosse visibile dalla strada.
Le loro scopate del venerdì sera erano un meccanismo perfettamente oliato e il semplice cambio del posto, non avrebbe modificato i loro gesti.
Anna reclinò lo schienale del suo sedile, poi si sporse indietro e prese, dal divanetto posteriore il plaid scozzese, che usavano d’estate per le scampagnate e il venerdì sera per non macchiare la tappezzeria della macchina.
Lo sistemò per bene ricoprendo completamente il sedile e ci si sdraiò sopra, mentre Marco si apriva i pantaloni.
Lui le sollevò la maglietta e cominciò a baciarle i seni.
Anna aveva le tette grandi e a Marco piacevano da morire, sapeva già che avrebbe dovuto farcelo giocare un po’, ma non troppo, altrimenti sarebbe venuto troppo presto.
Le slacciò il reggiseno e lo fece salire.
Senti la lingua di lui che le solleticava un capezzolo, mentre le mani le sollevavano la gonna e allargò le cosce per farlo accomodare.
‘Marco, il preservativo, mi raccomando, perché in questi giorni potrei restarci secca.’
Anna sentì diminuire la pressione sul suo corpo. Marco si era sollevato e stava frugando nella borsetta alla ricerca della confezione di profilattici.
Non capì subito cosa stava succedendo.
Marco non era più sopra di lei, lo sportello era aperto e l’aria fresca della notte arrivava direttamente sulle sue gambe nude.
Accidenti, non ho messo la sicura, pensò Marco, mentre veniva tirato fuori dalla macchina.

Erano in cinque ed anche belli robusti, diciamo che per Marco, abbastanza mingherlino, uno sarebbe bastato ed avanzato.
Provò anche a battersi, ma rimediò subito un pugno allo stomaco che lo costrinse a piegarsi in due.
Nel giro di pochi secondi avevano entrambi i polsi legati dietro la schiena con un pezzo di filo elettrico.
Anna aveva provato a gridare ma la vista di un coltello affilato la convinse subito a desistere.
Si inoltrarono nella pineta, Marco avanti, tenuto per le braccia da due di loro ed Anna dietro, spinta da un altro che ad ogni passo ne approfittava per tastarle il culo e per infilarle una mano sotto la gonna.
Erano rimasti così com’erano in macchina, quindi Marco camminava con i pantaloni aperti e mezzi calati, con il pene di fuori che, passata l’eccitazione per quello che stavano facendo, ora pendeva in basso e ballonzolava ridicolmente ad ogni suo passo. Anna invece aveva la maglietta arrotolata fin sotto le ascelle ed il reggiseno slacciato, così le sue tettone, che il suo ragazzo tanto ammirava, oscillavano libere per la gioia dei loro rapitori.
Anna provò a parlare: ‘Per favore, vi daremo tutto quello che abbiamo, ma non fateci del male.’
‘Non ti preoccupare, non devi fare la fatica di dare, ci prenderemo tutto quello che ci serve e vedrai che ti faremo solo del bene.’ Poi scoppiò a ridere e gli altri si unirono in coro.
Quello che la teneva e la spingeva le sollevò la gonna di dietro e si appiccicò al suo sedere. Lei sentiva bene il suo pene, duro ed eretto, che le premeva in mezzo alle chiappe, mentre continuavano a camminare attaccati l’uno all’altra, poi l’uomo le infilò una mano davanti, sotto la gonna e cominciò a toccarla.
‘Hai una bella pelliccia.’
Stava giocando con i suoi peli pubici, attorcigliandoli intorno ad un dito.
Poi la mano scese più in basso e Anna si rese conto di essere eccitata.
Ma sì, è per quello che stavo facendo con Marco.
No, mi sta piacendo, ora. Sto per essere violentata da cinque uomini e ‘ mi piace, mi eccita.
Anche l’uomo se ne doveva essere accorto.
‘Ehi! La troia è bella calda, ci sarà da divertirsi.’
Sentì Marco che diceva qualcosa e poi la voce di uno di loro che gli intimava di piantarla sennò glie lo avrebbero tagliato e ficcato nel culo.
Il posto dove si sarebbe consumato questo venerdì particolare era una vecchia casa colonica abbandonata.
Marco lo misero a sedere su una sedia di paglia, mezza sfondata e gli legarono anche le caviglie, alla gambe della sedia, Anna invece fu fatta sdraiare sul vecchio tavolo di marmo, al centro della grande cucina.
Le sciolsero i polsi e si sentì stendere le braccia indietro, mentre un altro le allargava le gambe.
Sotto la pelle nuda delle chiappe, avvertiva il freddo del marmo e la sensazione spiacevole dello sporco appiccicato al tavolo, che sicuramente nessuno puliva da diversi anni.
Doveva essere terrorizzata per quello che stavano per farle, invece si accorse che non era così.
Uno di quegli uomini le stringeva forte le caviglie e lei si rese conto che quella presa, violenta e decisa, la eccitava.
La tirò in avanti, facendola scivolare sul piano di marmo, finché non arrivò con l’inguine al bordo del tavolo.
Marco era di fronte a lei ed assisteva impotente alla scena.
Anna si riscosse solo un attimo, quando sentì il rumore secco, della lampo dei pantaloni dell’uomo che si apriva.
Tentò di chiudere le gambe, ma la stretta alle caviglie aumentò.
‘Guarda, guarda, che bella fichetta aperta e bagnata.’
Aveva ragione, era proprio così, aperta e bagnata, pronta a farsi scopare da cinque sconosciuti, non avrebbe dovuto essere così, se ne rendeva conto, ma non poteva farci niente.
L’uomo se lo massaggiò un po’, ma era già bello duro, poi cominciò a stuzzicarla.
Le avvicinava la punta del cazzo, la sfiorava, la carezzava, e poi, all’ultimo, quando lei era convinta che lo avrebbe infilato dentro, si ritraeva.
‘Dai sbrigati.’
‘Non avere fretta, abbiamo tutta la notte.’
Anna ora respirava a bocca aperta e, ogni tanto le sfuggiva qualche gemito.
Cosa penserà Marco di me?
Alla fine la penetrò.
Vide la fessura della sua vagina aprirsi facilmente al passaggio dell’intruso.
Oddio! Il preservativo.
Mi sta scopando senza.
Rimango incinta, peggio, chissà che malattie mi prendo con questo qui.
Ma fu solo un attimo.
Lui andava e veniva in mezzo alle sue gambe e lei ne seguiva i movimenti.
Si accorse che le sue caviglie erano libere, ora le mani dell’uomo erano piazzate sui suoi fianchi, mentre lei gemeva di piacere.
Marco guardava sempre fisso nella direzione del tavolo e vedeva i seni, le belle tettone, della sua ragazza, muoversi ritmicamente sotto le spinte dell’uomo che se la stava scopando e lui non poteva farci nulla, poi si guardò in mezzo alle gambe.
Anna girò la testa per guardare meglio verso la sedia e si accorse anche lei che Marco era in piena erezione: il suo cazzo si ergeva, dritto e duro, in mezzo ai pantaloni aperti.
Anche quello che le teneva le braccia distese sul tavolo mollò la presa, vedendo che Anna ormai appariva domata, anzi, sembrava pure partecipare.
Le venne dentro e lei ripensò per un attimo ai rischi della mancanza del preservativo, ma fu solo un attimo.
A questo punto, Marco si sarebbe scansato, si sarebbe tolto il preservativo, stando attento a non sgocciolare in giro, per poi buttarlo fuori del finestrino dell’auto, mentre lei si asciugava con un fazzolettino (perché Anna si bagnava sempre tanto, quando lo facevano il venerdì), prima di iniziare le contorsioni per rimettersi le mutandine nello stretto abitacolo dell’auto.
Anche quell’uomo si scansò, e dal sesso di Anna uscì un fiotto di sperma, che si trasformò in un filo denso, che formò una piccola pozza sul bordo del tavolo di marmo, per poi colare sul pavimento.
Prima di spostarsi, indugiò un po’ sopra di lei e qualche goccia di sperma finì sulle sue calze macchiandole.
Prese posto il secondo e glie lo ficcò subito, senza tanti preamboli.
Anna, che era quasi al limite, gli serrò i fianchi con le cosce, mentre lui, dopo averle stretto le tette con le mani, iniziò a pomparla vigorosamente.
Lei venne quasi subito, gridando a bocca aperta e, istintivamente, girò lo sguardo dalla parte di Marco.
Non sembrava affatto contrariato da quello che stava succedendo alla sua ragazza ed il suo cazzo, rosso e gonfio, sembrava lì lì per esplodere, lei pensò che se avesse avuto le mani libere, si sarebbe sicuramente masturbato.
Anche il secondo la riempì di sperma e questa volta Anna non pensò alle possibili conseguenze.
La lasciò sdraiata, stanca, appagata e sgocciolante, per far posto al terzo che iniziò subito a darsi da fare.
Ora Anna partecipava pienamente, si muoveva, gemeva e lo incitava pure: ‘Dai, più dentro, sfondami.’
Non le erano mai uscite dalla bocca frasi del genere, nei tanti venerdì precedenti, era stupita di sé stessa ed anche i suoi stessi violentatori erano spiazzati, perché si sarebbero aspettati ben altri reazioni e si erano preparati ad dover costringere con la forza e la violenza quella che sembrava una ragazza di buona famiglia.
Con gli ultimi tre raggiunse sempre l’orgasmo e non fece nulla per nascondere il suo godimento, né a loro né a Marco, che in teoria, non avrebbe dovuto apprezzare.
Dopo che anche l’ultimo ebbe finito, lei si tirò su e si mise a sedere sul tavolo.
Era stanchissima e le girava la testa.
‘Devo andare in bagno.’
‘Bagno? E dovi lo trovi un cesso qui dentro? Accompagnatela fuori, la signorina deve fare pipì.’
Due di loro la portarono fuori, tenendola per le braccia, tante volte le venisse in mente di provare a fuggire, ma soltanto dopo averla finita di spogliare.
Anna, nuda, con solo le autoreggenti e le scarpe con i tacchi alti, una volta all’aperto, allargò le gambe e si liberò, cercando di non pensare alla vergogna di farla davanti a due sconosciuti.
‘Vieni qui, troia, lo vedi come è triste il tuo ragazzo?’
Marco aveva un’espressione strana, tra il contrito e l’imbarazzato, che contrastava con il suo arnese ancora eretto.
Anna si accorse che era discretamente impiastrato di sperma. Mentre lei si faceva scopare da quei cinque, lui sicuramente si era così eccitato al punto di venire ed ora era nuovamente in tiro.
‘Lo sai cosa vuole da te, vero? Non desidera altro che un bel pompino.
Beh, che aspetti? Vai, ma cerca di sbrigarti, che con te non abbiamo ancora finito.’
L’accompagnarono davanti a Marco e la fecero inginocchiare.
‘Mi dispiace Marco, ma è meglio non contraddirli, lo capisci, vero?’
Bugiarda, ho goduto come una troia a farmi scopare da loro, anzi forse sono veramente una troia, ed è piaciuto pure a te, me ne sono accorta, sai.
Non le era mai piaciuto troppo fare pompini, Marco lo sapeva e spesso evitava di chiederglielo, ma quella volta fu diverso.
Vinse la repulsione che aveva per lo sperma in bocca e pensò che Marco era un ragazzo pulito e che si era fatto la doccia prima di uscire con lei, lo stesso non poteva certo dirsi per quei cinque.
Dopo vorranno che lo faccia anche a loro?
Marco venne quasi subito, era già così eccitato che, dopo poche succhiate, si liberò nella bocca di Anna.
Lei si rialzò sputando, avrebbe voluto pulirsi con un fazzolettino, ma erano rimasti in macchina, insieme alle mutandine, alla borsetta ed ai preservativi, pensò mentre la facevano inginocchiare di nuovo, questa volta davanti ad uno di loro.
A questo punto Anna si ribellò, forse non sono del tutto troia, pensò, o forse perché non amo troppo i pompini.
Uno di loro le tenne forte la testa, tirandole i capelli, costringendola ad abbassarsi.
Quando fu a tiro, le strinse le narici ed aspettò.
Non appena Anna, mezza soffocata, fu costretta ad aprire la bocca, glie la tenne spalancata a forza, mentre l’altro lo infilava dentro.
La prima sensazione, spiacevole, fu che il nuovo entrato nella sua bocca, a differenza di quello di Marco, era parecchio tempo che non veniva lavato.
‘Non ti azzardare ad usare i denti, o sarà l’ultima cosa che fai’, tuonò minaccioso il proprietario dell’arnese che lei ora iniziava timidamente a succhiare.
Il sapore sgradevole svanì quasi subito ed Anna lentamente si abituò, mentre lo sentiva crescere ed indurirsi nella sua bocca.
Anche quello che le teneva la testa bloccata aveva allentato la presa.
La tenne forte solo alla fine, quando capì che il suo compagno era quasi arrivato a destinazione.
Quello dietro non la fece muovere, l’altro si guardò bene dallo sfilare il cazzo dalla bocca di Anna e lei questa volta non sputò.
Rimasero immobili mentre lei deglutiva lentamente gran parte dello sperma.
Con gli altri quattro fu molto più facile, ormai aveva rotto il ghiaccio, pensò Anna, mentre inghiottiva un bel po’ di roba che l’ultimo, il più grosso dei cinque, le aveva sparato in bocca.
‘Dai, fagliene un altro al tuo ragazzo’, poi, rivolto a lui, ‘ti abbiamo fatto un favore, sentirai ora come te lo succhia meglio.’
Anna ci mise tutto l’impegno possibile, non poteva farlo certo meno bene al suo ragazzo rispetto a degli sconosciuti.
Quando si rialzò, si guardò e si rese conto che tutto lo sperma che non era riuscita ad ingoiare, le era colato sul mento, scendendo poi sul collo, per fermarsi nella spaccatura dei seni.
Ma non era ancora finita.
Cominciarono a carezzarla dietro.
‘Ma guarda che bel culo che ha la troia.’
‘No lì no, per favore, magari vi faccio un altro ‘ pompino, ma lì no, vi prego.’
‘Non mi dire, magari la signorina ha il culetto vergine.’
‘Ehi, tu, la tua ragazza non l’hai mai inculata?’
Marco, disperato, scuoteva la testa, incapace di rispondere.
‘No? Allora ti dobbiamo fare un altro favore. Siamo proprio buoni, con te, vero?’
Anna si sentì afferrare e sollevare.
Ora era stretta al petto del più grosso dei cinque, mentre un altro che le teneva le gambe allargate e sollevate.
‘Sistemamelo bene sul suo buchino, che la facciamo scendere piano piano’, disse quello e Anna senti qualcosa, sicuramente la punta del suo cazzo, che le faceva il solletico.
Non poteva certo vedere, ma allo spettacolo stava assistendo Marco, perché la sedia su cui era legato, stava ad un metro dalla schiena di Anna.
Marco vide il cazzo dell’uomo infilarsi in mezzo alle chiappe della sua ragazza. Lei cominciò a gridare, mentre l’ano, al passaggio dell’intruso si apriva e si deformava.
La tirarono su e Marco vide il buco della sua ragazza, arrossato e terribilmente allargato.
La calarono di nuovo, e lei riprese a gridare.
Fecero questo gioco cinque o sei volte di seguito, Anna piangeva e Marco si accorse che il cazzo dell’uomo era macchiato di sangue.
Poi la riabbassarono definitivamente, fino in fondo e l’arnese le entrò dentro completamente, lasciando fuori solo i testicoli.
A questo punto, il secondo, che era servito solo per prendere la mira, si tolse di mezzo, lasciando il controllo all’altro che, tenendola con le braccia sotto le chiappe, prese a farla salire e scendere, ma senza esagerare nel movimento, in modo che il suo cazzo le rimanesse sempre dentro.
Le grida di Anna scemarono lentamente fino a cessare.
Ora se ne stava avvinghiata alle spalle di quello sconosciuto, con la testa rovesciata all’indietro e gemeva di piacere.
Marco si guardò in mezzo alle gambe: gli era tornato duro di nuovo.
Pensò che aveva sempre desiderato ficcarlo nel culo alla sua ragazza, ma, a causa delle sue resistenze finora aveva evitato. E ora, lei si stava facendo sfondare da un sconosciuto e godeva senza ritegno.
Le chiappe di Anna, si fermarono per un attimo, poi ripresero a muoversi su e giù, mentre l’uomo grugniva per il piacere e per lo sforzo.
Quando capì che era venuto nel culo della sua ragazza, anche Marco si lasciò andare e gli zampilli di sperma ricaddero sui suoi pantaloni aperti e parzialmente calati.
Anna toccò terra. Teneva le cosce allargate ed aveva l’ano terribilmente dilatato. Si girò verso Marco, stringendosi le chiappe con le mani e gli fece un sorriso.
Gli altri quattro preferirono incularla sul tavolo, perché era meno faticoso.
Anna, dopo essersi tolta le scarpe, fu aiutata a salire e si sistemò a gambe larghe, con le ginocchia raccolte ed i piedi posati sul bordo della lastra di marmo.
Si vedeva, dall’espressione contratta del viso, che un po’ le faceva male, ma non le uscì dalla bocca un lamento, anzi, in diversi momenti Marco la sentì gemere di piacere, mentre si accarezzava i seni, strofinandosi i palmi delle mani sui capezzoli.
‘Beh, si è fatto tardi e fra un po’ farà giorno. Noi ce ne andiamo, diciamo che è stato un piacere.’
‘Aspetta, non abbiamo fatto provare al ragazzo il culo della sua troia appena sistemato.’
La presero di peso e la sistemarono a cavalcioni di Marco.
L’ano sfondato della ragazza, offrì appena un minimo di resistenza e Anna si impalò emettendo giusto un sospiro.
Le diedero una sculacciata.
‘Su cavalla, datti da fare. Hop, hop, hop!’
Anna cominciò a muoversi, era stanchissima, però Marco, legato alla sedia non poteva offrire la minima collaborazione, quindi toccò fare tutto a lei.
Chiuse gli occhi e continuò a muoversi.
Si fermò solo quando sentì lo sperma che entrava dentro di lei, per l’ennesima volta, e riaprì gli occhi.
Erano soli.
Se ne erano andati e fuori, in mezzo agli alberi, si intravedevano le prime luci dell’alba.
Impiegò diversi minuti per slegare Marco, poi si diedero una sommaria ripulita e Anna andò in giro a raccattare i suoi indumenti seminati per la casa abbandonata.
Si incamminarono lungo il sentiero che avevano percorso, in senso opposto, solo poche ore prima.
Per ora avevano bisogno solo di una doccia e di una bella dormita.
In seguito avrebbero dovuto riflettere e parlare di un mucchio di cose.

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