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Racconti 69Racconti di Dominazione

INDOLE SOTTOMESSA

By 17 Agosto 2014Febbraio 9th, 2020No Comments

La mia è una facoltosa famiglia veronese, i Castaldo, ma tutti ci conoscono come i Gianni. La nostra influenza nella città è determinante, controlliamo ospedali, politica, università e grandi imprese. Siamo in cinque fratelli, Gian Carlo, Gian Michele, Gian Franco, Gian Filippo e io, Gian Marco. Quando nacqui io, Filippo aveva un anno, Franco ne aveva due, Michele tre e mezzo e Carlo otto. Carlo è sempre stato adorato dai nostri genitori: il più bello, il più forte, il più intelligente e il più adatto ad essere un Castaldo.

Passiamo ad un po’ di descrizioni. Filippo e Franco sembravano gemelli: alti uguali, muscolosi, entrambi mori con gli occhi scuri, carnagione olivastra, mantenuta abbronzata da costanti lampade, all’età di ventuno e ventidue anni si specializzarono nel management e iniziarono a dirigere rispettivamente un’azienda leader nella produzione di cibi surgelati e una multinazionale specializzata nel web design e nella pubblicità. Michele invece era un bel ragazzo biondo con gli occhi scuri, culturista, impegnato nella politica provinciale, sempre attento ai bisogni di tutta la famiglia e disposto a sacrificarsi per il bene dei parenti. Carlo era il più bello, con capelli scuri sempre ordinati, barba lunga qualche millimetro, occhi azzurri, sorriso splendente, il fisico era invidiabile: sei ore di palestra settimanali, quattro sedute dall’estetista e due dal dentista al mese, avevano formato un corpo perfetto, con i pettorali e gli addominali scolpiti, ricoperti da una peluria non più lunga della barba, gambe possenti, mani e piedi grandi e sempre curati. Infine c’ero io, biondo, con gli occhi azzurri, magro ed effeminato, l’opposto di Carlo.

Appena Carlo entrò nella fase puberale, noi fratellini più piccoli fummo costretti a masturbarlo e addirittura accontentarlo con servizietti orali, in cambio della sua non violenza. Al compimento dei dieci anni, si smetteva di essere schiavi del potente Carlo, ma appena io ebbi quell’età, lui divenne maggiorenne, quindi, agli altri fratelli iniziò ad imporre una schiavitù psicologica, mentre a me infliggeva una schiavitù sessuale. Inizialmente, provai un senso di odio nei confronti di mio fratello: agli altri imponeva controlli quotidiani sui loro affari, li aiutava a conquistare belle ragazze, spesso alzava le mani, ma diede ai miei fratelli la tempra dei Castaldo; a me, invece, obbligava a succhiargli il cazzo ogni giorno dopo scuola, anche due o tre volte. Il suo potere su di me aumentava sempre di più: mi impedì di tagliarmi i capelli, poi mi obbligò di abbandonare il calcio e il nuoto, infine mi tolse il permesso di masturbarmi senza il suo consenso. I miei sentimenti per Carlo cambiarono e iniziai a provare un certo piacere perverso nei confronti del mio fratello maggiore, così passavo le mattine a scuola con il pensiero fisso del suo cazzo. La mia indole sottomessa aveva appena fatto la sua comparsa.

All’età di tredici anni, chiesi a Carlo, un regalo: di essere inculato. Fu il passo decisivo per la mia completa sottomissione a lui. Oltre al piacere che mi dava, godevo anche dei suoi orgasmi, iniziai ad ingoiare il suo sperma e, in qualche settimana, divenni veramente un schiavetto con i fiocchi. Sembrava tutto destinato a continuare, ma mia madre e mio padre morirono in un incidente d’auto e, dopo i primi sei mesi di lutto, ai quali fummo affidati a una zia, Michele iniziò le pratiche per adottare tutti i fratelli ancora minorenni; io, però, che non volevo vivere nella monotonia, supplicai Carlo di prendermi sotto alla sua custodia legale e in cambio lo avrei soddisfatto per sempre. Firmai il mio contratto di schiavitù.

In Italia, è proprio vero che con i soldi compri tutto, infatti, in due settimane ero sotto la tutela di Carlo. Mi disse di preparare le valigie, saremmo partiti per la Francia, dove avrebbe ristrutturato un albergo. Abbandonai il liceo artistico e mi recai in Francia con il mio tutore legale; Carlo mi spiegò che necessitava di un assistente e che io avrei fatto al caso suo, infatti, voleva una persona affidata che si prendesse cura di lui. Mi portò da una donna, Madame Elise, la quale passava tre ore al giorno ad insegnarmi come sostenere il mio uomo; imparai a tagliare i capelli, a scegliere i prodotti per la cura del corpo, a fare manicure e pedicure, a fare cedette, lamette e rasature di tutto il corpo, imparai a cucire a mano e a lavorare a maglia, inoltre imparai anche a scrivere con una calligrafia molto femminile. In un anno diventai il perfetto assistente di mio fratello e, per premiarmi della mia devozione, Madame Elise mi raccontò di una coppia di ragazzi, alla quale insegnò essere dei perfetti schiavi, succubi del padrone nella maniera più assoluta. Volle presentarmeli. Quando li vidi, rimasi allibito, infatti, si presentarono un ragazzo muscoloso e aitante e una stupenda ragazza, Claude e Michelle. Guardando meglio, mi resi conto che Michelle non era una ragazza, ma un trans. Mi raccontarono del loro incontro con i loro padroni, due cugini che condividevano molte passioni, di come li sottomisero ai loro voleri, di come tra sfigurarono i loro corpi a loro piacimento, di come iniziarono a prostituirsi, di come il loro vero piacere nasceva nei momenti di coccole tra loro e i padroni. Sei ore a parlare, mi convinsero che era esattamente quello che volevo, una vita al servizio di mio fratello Carlo.

Tornato a casa, dopo il servizio orale, chiesi se potevo accompagnarlo in bagno e lo guardai pisciare; scesa l’ultima goccia, mi guardò e mi chiese se volevo pulirlo. Per la prima volta, presi in bocca il cazzo di Carlo senza l’obiettivo di farlo godere. L’odore e il sapore della sua urina mi sorpresero molto, infatti, mischiati al quel profumo di maschio, mi piacquero e, quando Carlo, mi sparò un ultimo getto dorato, non mi staccai e bevvi golosamente. Da quel giorno, gradualmente, iniziai ad abituarmi al sapore del suo piscio, al suo modo di urinare e divenni il suo bagno personale.

Io ero felicissimo di viziarlo: la mattina lo svegliavo con la colazione a letto, se aveva un erezione la smorzavo con la mia bocca, la quale, poi, diventava il suo vespasiano. Dopo un lungo massaggio rilassante con oli profumati, creme idratanti e prodotti per il corpo, lo accompagnavo nella vasca o nella doccia, lo lavavo delicatamente e minuziosamente. Finito il bagno, lo asciugavo e gli sistemavo la barba, i capelli e i peli del corpo, se necessario. Infine lo vestivo. Durante la giornata, lo seguivo, pronto a sistemare qualche piccola imperfezione o per aiutarlo in bagno, risparmiandogli di sporcarsi le mani. La sera, prima di addormentarsi, lo massaggiavo a fondo, gli leccavo i piedi e mi facevo scopare oppure lo assistevo nel sesso con le donne.

Esisteva solo una cosa che Carlo amava veramente ed era se stesso. In particolare, se una cosa non gli andava a genio doveva essere eliminata immediatamente; questa sua caratteristica gli permise di avere successo nel mondo degli affari, ma, se non fosse stato per me, probabilmente sarebbe ancora alla ricerca di una moglie. Tra noi fratelli, Carlo era sempre stato invidiato per la miriade di ragazze e donne che lo desideravano e che riusciva a portarsi a letto; ma mentre il numero delle donne saliva, la durata media di un rapporto calava: si passava da un minimo di sei minuti ad un massimo di tre giorni, cosa che per un ragazzo può andare bene, ma quando cominci ad essere maturo non accetti più. In questo campo, i miei fratelli erano molto più afferrati di Carlo, che a trentadue anni era già zio per la quinta volta, ma non ancora padre.

In una coppia, che sia etero, gay o lesbo, se c’è più di una prima donna, è destinata a scoppiare. Mi spiego: quando due persone sono troppo impegnate ad amare loro stesse, si dimenticano di amare l’altro, se una delle due, invece, cerca o dona atti di romanticismo e altruismo, anche la prima donna torna ad essere un amante. Con prima donna non intendo le persone di sesso femminile o che si sentono tali, ma le persone, come Carlo, che hanno occhi solo per se stessi. Le donne che Carlo bramava segretamente, erano tutte appartenenti alla categoria.

Nel sesso, escluso quello a pagamento (talvolta nemmeno quello), non si dovrebbe mai godere da soli. Il rapporto che c’è tra me e Carlo, a mio parere, è sesso, ogni momento, infatti, godiamo entrambi come due amanti: capita spesso che, durante una doccia, Carlo abbia un erezione e capita altrettanto spesso che, mentre gusto la sua urina, mi ecciti a tal punto da impiastricciare tutte le mutande di umori. Ma nei rapporti tra Carlo e le donne, chi gode è solo Carlo, o meglio, anche le donne quando hanno a che fare con il cazzone duro di Carlo arrivano all’orgasmo, ma non godono dello stesso piacere che l’uomo ha ricevuto. La cosa che Carlo odia in un rapporto sessuale è praticare il sesso orale al gentil sesso. Sono sempre stato del parere che il sesso senza un po’ di bocca non sia vero sesso e con Carlo ne ho avuto la prova. L’egoista di mio fratello pretendeva che le sue donne lo soddisfacessero senza fare domande, ma anche le donne avrebbero voluto essere al centro delle attenzioni; fortunatamente, io mi premurai di farglielo sapere e, ogni qualvolta che soddisfava oralmente una donna, io lo avrei premiato con un pompino alla menta, ovvero un pompino con delle Mentos in bocca. In poco tempo, le donne rimasero sempre più soddisfatte ed io, mi permisi di aiutarlo a mantenere i rapporti con esse.

Il successo dell’hotel parigino convinse Carlo a trasferirsi in un’altra città, in California. Prese di mira un gran nell’hotel mal gestito che era veramente in una bella posizione, ma l’organizzazione portava ad uno spreco di denaro massiccio. Girovagando nelle zone vicine all’hotel, conoscemmo Katrina, una bellissima ragazza di origine russo-americane, proprietaria di uno strip club della zona. Era alta, bionda, formosa, molto autoritaria e vanitosa, una Carlo donna. Dopo la prima scopata, iniziarono i battibecchi e la coppia scoppiò, ma il loro amore no. Allora, con il permesso del mio fratello-padrone, mi impegnai a dirigere la sua relazione. Lungo corteggiamento, una punta di sottomissione e un moderata dose di trasgressione portarono Carlo e Katrina ad un nuovo stadio del loro amore. Era la prima vera relazione amorosa di Carlo e, molto felicemente, decise di parlagli di me; ne rimase affascinata, mi chiese delle mie sensazioni, dei miei desideri e del mio piacere: divenimmo migliori amici.

L’arrivo di Katrina nelle nostre vite non cambiò molte cose, escluso il fatto che il cazzo di Carlo divenne off-limits per me, se non come toilette. Non cambiò nemmeno l’ossessione di Carlo per quell’hotel californiano, ma anche a quello ci pensai io. Chiesi il permesso ai miei due padroni di uscire e mi recai in un locale della zona, dove avevo visto entrare il receptionist dell’hotel. Avevo imparato molto sull’arte della seduzione e, con pochi discorsi e pochi drink, avevo già il cazzo del biondino receptionist in bocca. Dopo essermi venuto sul viso, lo invitati nella mia camera d’albergo per continuare; era il primo cazzo che prendevo diverso da quello di mio fratello. Dimostrai al ragazzo cos’era il sesso per me: mi feci pisciare addosso, mi feci inculare e, dopo avermi dato il suo sperma in gola, iniziai a leccargli i piedi. Rimasto soddisfatto dal rapporto, mi invitò a vederci ancora. Raccontai tutto ai miei due padroni, i quali mi ringraziarono e mi permisero di continuare questa relazione. Tre settimane di sesso e l’hotel era sotto ricatto: mio fratello aveva in mano tutta la contabilità illegale dei proprietari dell’albergo, i quali cedettero ed iniziarono le procedure per la vendita.

 

Quella novità mi piacque e chiesi ai miei padroni uno stile di vita un po’ diverso.

Il nuovo stile di vita che richiesi, aveva come fulcro l’incontro con altri uomini e, dato che volevo lo stesso mantenere un rapporto schiavo-padrone con Carlo, quest’ultimo, consigliato dalla compagna Katrina, decise di introdurmi al mondo della prostituzione. Dato che, sia io che Carlo, eravamo inesperti, Katrina si offrì volontaria per guidarmi. Mi presentò Mitch, era l’unico Escort, che lavorava in proprio, a frequentare il locale di Katrina. Era un bellissimo ragazzo, muscoloso, curato: il ritratto del benessere; era anche simpatico e disponibile, mi disse che, se non gli avessi fregato i clienti, mi avrebbe aiutato. Mi portò dentro al locale, ci sedemmo al bar e iniziammo a fissare la clientela; mi spiegò che il suo compito era puntare una ventina di persone, ma poi di abbandonarle, in modo da attivare la passione e l’orgoglio dei clienti. Dopo quindici minuti di sguardi e ammiccamenti, un ragazzo si avvicinò, parlò fitto con il accompagnatore, poi Mitch mi disse di andare in bagno. Il ragazzotto, poco più che ventenne, pretese due pompini; alla fine, soddisfatto, mi lasciò cinquanta dollari. Mitch, dopo essersi congratulato con me, mi spiegò che per cominciare avrei dovuto fare qualche pompino e farmi inculare nei bagni, poi, dopo essermi fatto conoscere, avrei potuto pretendere di più. Avevo capito molto bene il suo insegnamento e, in un paio di settimane, divenni un’attrazione del locale: entravo in bagno le 23 e ne uscivo tre ore dopo, con la bocca indolenzita e le tasche piene di soldi. Ero veramente bravo, anche se la mia tariffa era venti dollari, i clienti mi lasciavano anche trenta o quaranta. Mitch mi disse che avrei potuto passare alla fase successiva, ma i miei padroni non me lo permisero, infatti, divenni un membro dello staff del locale, entravo in bagno alla sera e ne uscivo all’alba stremato, ma ricco.

Per i primi sei mesi, continuai a fare così, ma una mattina, mentre mi rivestivo, trovai nella tasca dei pantaloni un biglietto con un numero di cellulare. Lo chiamai. La voce metallica era di un uomo, che mi invitava a prendere un caffè assieme per parlare di un possibile lavoro. Ne parlai con Carlo, il quale volle essere presente all’incontro; per i miei profitti forse sarebbe stato meglio che andassi da solo, ma per il mio piacere personale, la presenza di Carlo fu fondamentale. Il giorno del caffè, si presentò un signore sulla sessantina, molto giovanile nonostante i capelli completamente bianchi, si chiamava Ross, era un uomo d’affari della zona che, assieme a dei suoi colleghi, aveva delle particolari perversioni. Il caffè si trasformò in un brunch e discutemmo del nuovo contratto che ci legava: fui pagato dieci mila dollari per diventare la cameriera sessuale di Ross e dei colleghi, in pratica avrei dovuto riservare il trattamento esclusivo di Carlo a sei uomini sconosciuti. Se Carlo non fosse intervenuto, sarei riuscito a portare a casa gli stessi soldi, ma con la metà dei servizi. Una delle richieste era quella di indossare scarpe con il tacco e quindi passai la settimana prima della partenza ad allenarmi con Katrina. Il sabato della partenza misi in una borsa tre paia di scarpe con il tacco e i documenti; mi feci accompagnare in aeroporto, dove ad accogliermi ci fu Ross e lo seguii fino al suo aereo privato. All’interno c’erano altre quattro persone: Igor uomo con una grande pancia, capelli pressoché assenti e sguardo da porco, seduto vicino a Oliver, un uomo magro e alto, con i capelli rossi e gli occhi cattivi, difronte al quale si trovava Ismail un uomo molto affascinante, ma con un naso gigante, da dietro un giornale fece capolino Vin, un italo-americano con i capelli scurissimi e gli occhi colmi di perversione. Sapevo che erano in sei i miei clienti e stavo aspettando di inquadrare l’ultimo. Me lo immaginavo come gli altri, ovvero un uomo vissuto, sulla cinquantina, ma quando vidi uscire Jerry dalla cabina di comando ebbi un tuffo al cuore. Era perfetto: alto una spanna più di me, muscoloso, con i lineamenti del viso dolci, occhi profondi e scuri, capelli rasati della stessa lunghezza della barba, mani e piedi molto grandi; mi sarei messo in ginocchio da lui subito, ma Ross mi riportò alla realtà e mi invitò ad andare in bagno, spogliarmi, indossare le scarpe e tornare. Una volta pronto mi specchiai, i miei lunghi capelli biondi erano raccolti in una coda, il mio corpo efebico perfettamente depilato non mi faceva sfigurare sui quei tacchi e il mio cazzo era paragonabile a quello di un undicenne: piccolo, senza peli, inutilizzato ma sempre pronto ad indurirsi. Quando uscii, i cinque uomini risero, mentre Jerry abbozzò un sorriso; come avevo inquadrato, Igor era il più porco di tutti, infatti, si alzò, mi fece aprire la bocca e mi pisciò dentro, a ruota anche gli altri lo imitarono. Capii subito che le settimane con loro sarebbero state difficili, infatti, i cazzi che mi presentarono erano tutti più lunghi e grossi di quello di Carlo, in particolare quello di Igor, da moscio arrivava a venti centimetri abbondanti. Non ebbi nessun problema a bere quei litri di piscio, il problema fu trattenerla fino all’arrivo. Il viaggio durò nove ore, nelle quali, lo presi nel culo dai sei stalloni.

Prima di arrivare mi spiegarono le dinamiche della vacanza: alla mattina avrei portato la colazione a letto ad ognuno di loro, poi gli avrei coccolati con massaggi, pompini, cure estetiche e sesso, il pomeriggio lo avrei passato con uno solo di loro, diverso ogni giorno. Il pranzo e la cena gli avrei passati sotto la tavola a segare e a succhiare i cazzi dei cinque che non mi avevano avuto nel pomeriggio, la sera l’avrei conclusa con l’uomo del pomeriggio. L’aereo atterrò e, appena scesi, mi resi subito conto di essere in Scozia: da piccolo ci andavo spesso con gli zii; non eravamo in un aeroporto, ma in una pista d’atterraggio privata, annessa ad un castello. Ad accoglierci, fu Marienne, una donna di cento ottanta chili che, quando mi vide nudo, rise, chiedendo dove mi avessero comprata. Mi parlava sempre al femminile e la cosa mi irritava. Marienne era la sorella di Igor, era sposata con un omino magrolino e bruttino che, come scoprii in seguito, era uno schiavo sessuale. La donna ospitava quattro volte all’anno il fratello, il quale le permetteva di vivere una vita agiata. Marienne mi accompagnò in bagno e mi disse che quella sarebbe stata la mia stanza.

La cena feci come mi era stato detto e cenai con i loro cazzi in bocca, la notte, però, la passai solo. Il marito di Marienne mi invitò a fare un bagno caldo e una volta dentro, mi ci addormentai. La mattina seguente, l’omino venne a svegliarmi con un vassoio e mi disse che era per Ismail. Dopo aver eseguito i riti della mattina e del pranzo, Igor mi chiamò e mi disse che avrei fatto la sua servetta.

Il sapere di dover passare la giornata con Igor mi preoccupava molto e avevo veramente motivo di farlo. Mi portò in camera e mi ordinò di leccarlo ovunque, partii dai suoi piedi, proseguii per le sue gambe pelose, mi prese per i capelli e mi portò alle sue ascelle non propriamente lavate, leccai per bene, poi fu la volta della pancia. Era enorme e, per circa venti minuti, continuai a passare la mia lingua tra i peli grigi del suo pancione. Ebbe l’erezione, mi ordinò di impalarmi, senza lubrificarmi. Mi scopò a fondo e, poco prima di venire, mi tolse il cazzone dal culo e se lo puntò sulla pancia. Dopo essere venuto mi rinfilò il suo pene nel culo e aspettò finché non lo sentii ammosciarsi, poi un getto caldo mi riempì le viscere: mi stava pisciando nel culo. Finito di svuotarsi, mi porse il suo birillo da pulire e poi dovetti pulire la sua pancia dallo sperma. Mi fece leccare il suo ano, il suo corpo, mi scopò per altre due volte, poi fu l’ora di cena. Bevvi sperma e piscio e poi tornai da Igor, il quale mi informò di aver preso delle pilloline. La notte mi scopò altre tre volte. Alle tre del mattino tornai in camera sporco, con il culo slabbrato, con la lingua dolorante e, come la sera prima, appena entrai nella vasca mi addormentai.

Sveglia. Colazioni. Servizi. Pranzo. Era il giorno di Oliver. Mi mise sul letto e iniziò a torturarmi. Per tutto il pomeriggio utilizzò pratiche BDSM che mi procurarono solo dolore e per nulla piacere. Alla sera mi scopò un paio di volte poi mi lasciò andare. Vasca e sogni d’oro.

Sveglia. Colazioni. Servizi. Pranzo. Arrivò il turno di Ismail. Era un malato di mente, infatti, mi fece indossare delle orecchie da cane, dei guanti e un plug con la coda e pretese che mi comportassi da cagnolino tutto il pomeriggio, poi mi penetrò. La sera invece mi obbligò a segarmi quattro volte di seguito e a bere il mio sperma, poi mi scopò e mi lasciò andare. Con il cazzo in fiamme, mi buttai nella vasca e mi addormentai.

Sveglia. Colazioni. Servizi. Pranzo. Fu il giorno di Ross. Passò tutto il pomeriggio a infilarmi dildo di dimensioni e forme diverse, per poi infilarsene uno lui e scoparmi. La sera fu un remake del pomeriggio. Tornai in bagno e, anche se non ero stanchissimo, dormii profondamente.

Sveglia. Colazioni. Servizi. Pranzo. Toccava a Vito. Mi chiamava Enrico e volle che io lo chiamassi papà. Mi leccò i piedi per un’ora intera, mentre io lo riempivo di complimenti, poi mi scopò in maniera violenta. La sera mi fece leccò l’ano per venti minuti, poi volle baciarmi per circa mezz’ora. Altro sesso e poi mi lasciò andare.

Dormii pochissimo, ero eccitato, sarebbe toccato a Jerry. Mi portò in camera e mi disse queste parole: “Ho solo una richiesta: amami”, capii la sua situazione e lo baciai, lo accarezzai e lui ricambiava. Lo buttai sul letto e, sempre baciandolo, lo spogliai. Era eccitato e iniziai un lungo pompino, quando lo sentii vicino alla fine mi staccai e mi avvicinai, riprendemmo a baciarci, inaspettatamente interruppe il bacio e scese per farmi una fellatio. Fu la prima per me, godetti come un maiale, ma sul più bello si staccò e non mi lasciò venire. Si posizionò nel classico sessantanove e mi disse di leccargli l’ano. Il rimming più bello che ricevetti nella mia vita. Poi, senza girarmi, mi penetrò. Dopo una decina di minuti, iniziò a masturbarmi a ritmo della sua cavalcata; si sfilò dal culo, appoggiò i cazzi uno sull’altro e mi baciò. Gli orgasmi arrivarono insieme e furono potenti. Qualche istante dopo, si staccò e iniziò a leccare il mio petto, impiastricciato dei due semi e io successivamente lo imitai. Riprendemmo a baciarci, poi mi accoccolai sui suoi pettorali villosi e iniziai ad accarezzargli il ventre. Ero felicissimo e Jerry iniziò a raccontarmi della sua vita. Era vedovo, o meglio, sua moglie era partita con lo yacht e non era più tornata. Aveva due figli a carico e lo aiutava sua sorella. La storia era strappalacrime e si dichiarò gay, infatti, mi disse che seguiva da quattro anni questi incontri solo per avere dei rapporti con altri uomini in segreto. Sentii che piangeva, allora mi girai e lo baciai. Lui ricambiò e fummo di nuovo a fare sesso. La sera la passammo accoccolati e facemmo sesso due volte. Dormii con lui. La mattina lo svegliai, baciandolo e dopo avermi scopato ripresi i miei compiti di schiavetto.

Il sesso con Jerry mi aveva fatto sentire amato, ero felice di stare con lui. Per la settimana successiva, ebbi lo stesso trattamento della precedente, solo Ross fece una piccola modifica, infatti, volle che gli ficcassi un pugno del sedere. L’ultima sera prima della partenza la passai con Jerry, il quale, mi diede dei vestiti che aveva comprato la mattina e mi portò fuori a cena. Mi raccontò della sua professione di venditore di beni di lusso e mi disse che tornati in America avrebbe voluto vedermi ancora. Lo abbracciai e a casa finimmo per fare l’amore tre volte.

Il viaggio di ritorno fu simile a quello di andata e dopo nove ore rividi Carlo. A casa mi misi in ammollo per circa quattro ore, poi dormii sedici ore di fila, solo allora ebbi le forze per raccontare tutto ai miei padroni. Gli parlai anche di Jerry. Probabilmente, mi ero sbagliato sul conto di mio fratello, infatti, mi disse che se avessi voluto frequentarlo lui non avrebbe interferito, anzi mi avrebbe aiutato.

 

Dopo due mesi di corteggiamento, iniziai una relazione esclusiva con Jerry, con il quale mi sposai legalmente.

Prima di tutto facciamo un riassunto sulla vita di Jerry. Figlio di un produttore cinematografico e di una imprenditrice, all’età di quindici anni mette incinta la capitano delle cheerleader, Ivonne, e a sedici diventa padre di un maschietto, Orlando. Iniziò a convivere con Ivonne, la quale, due anni dopo, gli diede un altro figlio, Dalton. Nei dieci anni successivi, la moglie intraprese una relazione extraconiugale con il professore di yoga, Jerry scoprì la sua omosessualità latente e, in un locale gay, conobbe Ross. Quest’ultimo lo presentò agli amici, i quali avevano varie perversioni sessuali. Dopo dieci anni di menzogne, la moglie e l’amante furono dati per dispersi dopo che non fecero più ritorno da una gita in mare. Toltosi il peso di un matrimonio sbagliato, Jerry iniziò a frequentare Ross e i suoi amici, scoprendo varie perversioni nascoste nel suo animo. All’età di trentadue anni, sposò un ventiseienne conosciuto in uno di quelli incontri, me. Ora viviamo tutti assieme nella sua villa californiana e, mentre lui lavora come venditore di beni di lusso, io mi occupo della casa e dei figli, ormai di sedici e quattordici anni. Questa è la versione ufficiale, in realtà, con mio fratello Carlo e Katrina, ho intrapreso una strada un po’ tortuosa, infatti, gestisco un giro di prostituzione in California abbastanza ampio. La mia vita sessuale è cambiata completamente, infatti, Jerry mi insegnò ad anteporre il mio piacere, in modo da godere veramente. Ogni tanto ci divertiamo a tornare indietro nel tempo, ovvero, mi sottomette, mi urina addosso e mi comanda, ma la maggior parte delle volte facciamo l’amore. Talvolta, faccio l’attivo, anche perché non essendo molto dotato, a Jerry non dà fastidio. Ero felice. Sarà stata la mia indole sottomessa, ma quella situazione durò ben poco.

Avevamo festeggiato il nostro primo anniversario di nozze qualche giorno a dietro e, visto che i ragazzi erano ad una festa, io e Jerry eravamo abbracciati sul divano davanti al camino, eravamo nudi e sudati, sentivo ancora il sapore del nostro sperma in bocca e il cazzo di Jerry si stava per riprendere. Mi inginocchiai iniziai a leccargli le palle, ma il telefono squillò, era il telefono delle emergenze. Mentre parlava al vidi il suo viso preoccuparsi, si scurì di colpo e riagganciò. Mi staccò e, senza aprire bocca, si rinchiuse nello studio. Sentivo che non potevo fare nulla, quindi iniziai a sistemare il salotto. Dopo un’ora, sentii un forte rumore e Jerry uscì arrabbiatissimo: il suo datore di lavoro aveva sbagliato degli investimenti e, dato che stava perdendo soldi, era fuggito con tutto il rimanente. Era rimasto senza lavoro e, vista la vita che facevamo, i soldi sarebbero finiti nel giro di pochi mesi. Né io né lui siamo stati abituati a lavorare, eravamo spiazzati. Chiamai subito Gian Carlo, mio fratello, e mi disse che ne era a conoscenza, ma che lui non poteva fare nulla, anche perché era appena nato il suo primogenito e aveva anche acquisto un nuovo albergo in Jamaica. Chiamai Gian Michele che, dopo aver finito il suo mandato, era tornato a fare l’avvocato e mi consigliò di trovare un lavoro al più presto. Provai con Gian Filippo, il quale mi disse che nella sua azienda non c’era posto. L’ultima mia speranza fu Gian Franco, il quale mi disse che al momento stava lavorando con una multinazionale leader nei sistemi di sicurezza e stava cercando un consulente di vendita. Grazie alla raccomandazione di mio fratello e al corposo curriculum che aveva accumulato, Jerry fu subito assunto. Lo stipendio non era la metà di quello che prendeva prima, ma con le entrate del giro di prostituzione e il mio lavoro part-time di assistente alle vendite di una boutique della città tornammo a vivere come prima. Gli insegnamenti che mi aveva data Madame Marienne e la mia indole femminile nascosta mi aiutavano molto nel mio lavoro e i clienti, sia uomini che donne, mi cercavano per i consigli sui vestiti, sul trucco e sull’acconciatura. Jerry fece carriera immediatamente e la promozione lo portò a viaggiare, stando lontano da casa anche vari giorni.

In una delle sue trasferte successe l’impensabile. Era un pomeriggio invernale, ero appena tornato dalla boutique, quindi erano le due appena passate e a bordo piscina vidi i miei due figliastri, nudi, salire dall’acqua. Gli osservai per bene, Orlando, il più grande, aveva da poco compiuto diciotto anni, era alto come il padre, molto muscoloso, in particolare i suoi addominali erano perfetti; notai immediatamente i suoi piedi, erano grandi, portava un quarantasette, e ben delineati. Era ricoperto da una leggera peluria scura su tutto il corpo. Il suo viso aveva i lineamenti duri, con la mascella squadrata, coperta da una barbetta curata. Si scostava spesso il lungo ciuffo scuro da davanti gli occhi verdi, che ti penetravano fino all’animo ogni volta che incrociavano i tuoi. Dalton, invece, aveva preso dalla madre, aveva sedici anni, ma gli allenamenti di nuoto e rugby lo avevano dotato di grandi spalle, che gli conferivano un aria da uomo. Aveva un fisico spettacolare, ben proporzionato, e, come il fratello, ricoperto da una leggera peluria, stavolta di color arancio. La parte più bella del suo fisico era il sedere: sodo, che chiunque avrebbe palpato. Gli occhi erano scuri, come quelli di Jerry, e sulla sua testa pelata era tatuato un drago. Quel tatuaggio gli era costato sei mesi di punizione e una sonora sgridata, ma tutto sommato gli donava un certo fascino. Quel giorno persi un attimo di più a guardarli, infatti, mi resi conto che Jerry aveva trasmesso bene i geni. Avevano due bei cazzoni mosci, circondati da peli corti e avevano tatuato un piccolo simbolo di Superman, il simbolo dei superdotati; sicuramente Jerry non sapeva nulla di quella incisione. Mi accorsi di avere un erezione, quindi, mi diressi verso la cucina e li salutai urlando. Poco dopo, vennero in cucina in mutande e, solo allora, mi resi conto che prima erano fuori nudi con appena qualche grado; il pensiero dell’uomo che non soffre il freddo mi ha sempre eccitato e quella volta non fece eccezione, la mia erezione si ravvivò. Imbarazzato, iniziai a fare il possibile e l’immaginario, piuttosto che girarmi davanti a loro; quella mia reazione li insospettì e Dalton si avvicinò, mi prese in mano il cazzo e disse: “Lo so che ti piacciamo, ora ci divertiremo!”. Nonostante avesse dodici anni in meno in me, mi alzò di peso e, malgrado i miei tentativi di liberarmi, mi ritrovai sul divano in salotto. Orlando mi prese per i capelli e mi obbligò ad aprire la bocca, mi mise il cazzo barzotto tra le labbra e io iniziai a succhiarlo. Ero eccitato e allo stesso tempo spaventato, ma quando Dalton mi si avvicinò e mi diede anche il suo di cazzo, non ci vidi più dal fermento e regalai ai miei figliastri il loro miglior pompino. Dopo essermi venuti in bocca e aver ingoiato tutto, i loro cazzi non accennavano ad afflosciarsi. Mi girai e Dalton mi penetrò, mentre Orlando venne davanti. Si scambiarono tre volte di posto, poi venimmo tutti e tre sulla mia pancia, dalla quale raccolsi tutto e me lo gustai.

Andai in bagno, mi rinfrescai, mentre i due ragazzi si tuffarono in piscina. Per una ventina di minuti, ripensai all’accaduto e mi preparai per andare a dirgli che quello che era successo non avrebbe mai dovuto ripetersi; ma quando arrivai in salotto, i miei figliastri mi si avvicinarono con i cazzi duri e, ricordo ancora le esatte parole, mi disse: “Sei la nostra troietta adesso, il papà non dovrà mai saperlo”. Mi inginocchiai e facemmo sesso un’altra volta. Loro furono i miei primi amanti più giovani di me.

In poco tempo, mi innamorai di loro e, ogni volta che mio marito partiva, io gli coccolavo, li trattavo come avevo trattato Carlo per tutto il resto della mia vita e loro gradivano i miei trattamenti, infatti, mi scopavano sempre di più. Iniziarono anche a farmi sentire importante con Jerry in casa. A volte, mi preparavano dei bicchieri con il loro sperma dentro e mi lasciavano in bagno, oppure mi portavano le loro mutande sporche, talvolta mi palpavano il culo mentre passeggiavo per casa e questo mi dava sempre una scarica di adrenalina. Sapevo che quello che stavo facendo era sbagliato nei confronti di Jerry, ma il mio istinto non mi lasciava alternative.

Una pomeriggio trovai i miei due stalloni a confabulare e, subito dopo, mi informarono che avrebbero preparato loro la cena. Ovviamente erano inesperti e finimmo per mangiare pizza, in compenso prepararono degli ottimi Margarita da gustare dopo cena. Jerry ed io ci addormentammo esausti sul divano. La mattina seguente, mi svegliai in una strana posizione: ero legato ad una sedia in cucina, davanti a me vidi Jerry, legato alla tavola. Mi ci volle un attimo per mettere a fuoco la situazione, ma mi resi conto che Dalton e Orlando erano seduti e stavano sghignazzando. Appena Jerry si svegliò iniziarono a spiegare il perché di quella situazione; informarono Jerry dei miei tradimenti, che andavano avanti da più di sei mesi, e ci spiegarono che io non gli bastavo più, quindi, avevano pensato di convertire il padre. Si spogliarono nudi e, lentamente, iniziarono a stuzzicarli l’ano. Per le prime due dita non ci furono problemi, poi al terzo, Jerry iniziò a lamentarsi. A dire il vero, ero molto eccitato nel vedere il mio uomo sottomesso, ma allo stesso tempo non riuscivo a capire le vere intenzioni dei ragazzi: oltre ad aver infranto il mio matrimonio e perso per sempre un padre, cos’altro volevano? Orlando si lubrificò il cazzo, lo puntò alla rosellina stretta di suo padre e iniziò a spingere, non curante delle urla e delle suppliche del padre. Centimetro dopo centimetro entrò tutto e cominciò a uscire; i ragazzi erano veramente dolci nei confronti del padre, infatti, Orlando andava molto lentamente affinché il culo si abituasse, mentre Dalton lo accarezzava e gli sussurrava incoraggiamenti. Lo stantuffò a lungo e Jerry si abituò, poi, al culmine della cavalcata, si sfilò dal padre e mi si avvicinò, sborrandomi sul petto. La scena si ripeté con Dalton. Jerry non dava segni di vita, non esprimeva nessuna delle emozioni che stava provando, ma i figli non si persero d’animo e ripresero a cavalcarlo. Finita la seconda scopata, Jerry era sempre nella stessa situazione, ad un livello di apatia mai visto. Orlando ebbe un raptus e riprese a scoparlo con una violenza mai vista, Jerry ebbe come una scossa e iniziò a gemere. Poi toccò a Dalton e Jerry ebbe un violento orgasmo. Io avevo il cazzo i marmo e il petto ricoperto completamente dalle sei sborrate dei ragazzi. Una volta slegato il padre, i due ragazzi lo invitarono a leccarmi, in segno di sottomissione o ad andare via. Con mio grande stupore, Jerry si inginocchiò davanti a me e mi ripulì perfettamente. Anch’io fui slegato e, con Jerry, andai in camera. Una volta chiusi dentro, Jerry mi stupì nuovamente, infatti, mi abbracciò e mi baciò, sussurrandomi che mi amava. Lo feci stendere sul letto, gli leccai il buco slabbrato e, sotto sua richiesta, raccontai dei sei mesi vissuti come amante.

 

Il mattino seguente ci svegliammo presto e preparammo la colazione ai nostri figli; io la portai a Dalton e Jerry a Orlando, li svegliammo con un lungo pompino e li coccolammo con dei massaggi. Quel giorno segnammo la nostra sottomissione eterna ai nostri ragazzi. Insegnai a Jerry come bere e apprezzare l’urina dei master, cosa che gli rese molto felici. 

Oggi è stato un giorno speciale, infatti, i Castaldo si sono riuniti. Gli ho ospitati a casa mia, in California, e sono venuti tutti.

Alle diciassette del pomeriggio di ieri, sono arrivati Orlando e Dalton, con le loro famiglie. Orlando, che orami ha trentotto anni, ha fatto carriera nell’ambito medico, si è sposato con Christina, la direttrice di un collegio femminile, dalla quale ha avuto due figli: Mark, di sette anni, e Jeremiah, di cinque. Anche Dalton, invece, ha preferito aprire un casinò a Las Vegas e lo gestisce con la moglie Jenny. Ci ha regalato tre splendidi nipotini da capelli rossi: Tommy, di quattro anni, e le gemelline Jessica e Mariah, di due.

Dalton ha conosciuto mio fratello Gian Carlo e hanno stretto subito amicizia, decidendo di trasferirsi a Las Vegas per fare carriera. Dalton ha aperto il casinò e mio fratello ha comprato un hotel. C’era anche lui, oggi, è arrivato per primo, con i suoi cinquantasei anni portati con fierezza e con la sua famiglia: Katrina, la moglie, Jane e Lorenzo, i figli di ventuno e sedici anni. Sono veramente dei bravi ragazzi e hanno stretto subito amicizia con i cugini italiani, i figli Gian Franco: Antonio, il ventenne laureato, e Giovanni, lo psicologo di ventitré anni, venuto con la fidanzata Giulia. Hanno preso sicuramente l’intelligenza dalla madre Raffaella, insegnante di storia e filosofia in una scuola di Verona e il fiuto per gli affari dal padre, che ha cinquant’anni dirige una delle più grandi società del mondo specializzate in pubblicità. Jerry, il mio bel maritino cinquantaquattrenne, si perse a parlare con Gian Franco e Gian Filippo di direzioni di grandi aziende. Gian Filippo, nonostante sia più giovane di un anno è rimasto la copia spiaccicata di Gian Franco. Gian Filippo ha una moglie davvero interessante, Erika, sempre con la battuta pronta e sempre ad elogiare i due figli: Elia che ha ventitré anni ha già un posto di prestigio come architetto e Martina che a ventisei anni, con il suo compagno Mohammed, aveva già una figlia di un anno, Terry. Ma il migliore resta sempre Gian Michele che, all’età di cinquantadue anni, assieme alla seconda moglie Gianna e alla prima moglie Ivana con il nuovo compagno Enrico, va a scalare le montagne, a fare bungee-jumping e a godersi la vita.  Si è portato tutti quanti, anche la figlia Rachele, lesbica dichiarata, con la sua compagna Chantal, il figlio di ventisette anni, Michael con la moglie Grazia incinta e i cinque figli: Andrea (7 anni), Asia (6 anni), Achille (4 anni), Anna (3 anni) e Aurora (1 anno).

Tra gli invitati ci sono anche Stefan, il figlio della proprietaria della boutique dove lavoro ancora, e Kurt il ragazzo di colore che mi aiuta nella gestione del mio traffico di prostituzione, ormai esteso in vari stati americani. Questi due ragazzi, oltre ad essere amici di famiglia, sono anche i nostri amanti-padroni, che Jerry ed io condividiamo molto spesso.

Oggi Dalton e Orlando ci hanno dato una passata con i fiocchi e so già che tra poco Carlo mi chiamerà perché vorrà ricordare i vecchi tempi andati.

 

Finché brindavamo tutti e quarantuno assieme mi sentii veramente amato e felice. Sono sempre un po’ sottomesso, ma a me piace così.

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