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Siamo rimaste quindici povere ragazzine, la più anziana ha ventuno anni, in lacrime e spaventate, alcune anche leggermente ferite. Le guardo, siamo tutte con pelle candida, occhi azzurri o verdi, capelli biondi, le favorite dai viziosi e pervertiti notabili ottomani, conosciamo bene il nostro destino, oggetti sessuali e vittime di qualsiasi fantasia di questi scellerati. Solo io ho i capelli rossi ramati, gli occhi blu profondo e una leggera spruzzata di lentiggini, so di essere una rarità moto contesa. Nel paese si odono ancora le urla dei nostri compaesani sopraffatti dai pirati saraceni. I miei cari sono stati uccisi davanti a me, le mie vesti sono impregnate del loro sangue e delle mie lacrime, ora però devo pensare a sopravvivere il meglio possibile a questa tragedia, il passato spensierato non tornerà mai più. Mi dividono dalle altre, molte non le vedrò mai più, e vengo portata nel vascello più grande insieme alle maggiori ricchezze depredate, la mattina successiva partiamo verso Costantinopoli. Il viaggio è lungo, la nave, carica di ori, è molto lenta e, per evitare tempeste e altri pirati, evita il mare aperto, segue la costa greca in ogni golfo e promontorio e si ferma nei porti più importanti per fare rifornimenti e commerciare. Nelle lunghe giornate di mare un maestro mi insegna la lingua turca e a suonare il liuto, per intrattenere il mio prossimo padrone con musica e canti, per fortuna ho una bella voce molto apprezzata.

Arrivati  a Costantinopoli, ad aspettarmi c’è il lenone, si chiama Mehmet, è un viscido individuo sui cinquant’ anni,leggermente curvo ed ossuto, una lunga barba grigia poco curata, vestito con una tunica che non è stata lavata da tempo immemore, è accompagnato da una guardia africana gigantesca coperta solo da una pelle di leopardo e due piccole schiave di origine albanese, almeno così penso dalle vesti indossate.  Ci rechiamo nella sua villa, Mehmet osserva con attenzione il mio viso e la dentatura. – Molto bene, veramente bella, spogliatela.- In un attimo sono completamente nuda davanti a lui, arrossisco visibilmente.

– Tranquilla cara, nessuno ti farà del male, è la prima volta che sei nuda davanti ad uno sconosciuto ? Non hai mai giaciuto con un uomo o con una donna ?

Deglutisco e rispondo. – Mai mio signore.-

– Bene, vergine, timida e gentile, oltre che dotata di una bellezza unica. Come ti chiami piccola ? Quanti anni hai ?

– Mi chiamo Anna e ho diciotto anni, signore.

– Avvicinati pure, Anna, fatti guardare bene, che non ti mangio.- ridacchia.

Con le sue dita adunche tasta il mio petto e miei glutei ed esplora le mie parti intime, io, travolta dalla vergogna e rassegnata, alzo gli occhi al cielo per non vedere e non reagisco ai tocchi delle sue mani.

– Sì, vergine e con un corpo morbido e ben fatto, quel ricciolo di peli sul pube sembra una fiamma che parte dalla vagina, è un peccato depilarla, ma oggi va di moda glabra… preparatela bene, che domani va all’ asta. Mi hanno detto che suoni e canti bene.

– A cantare sono brava, col liuto me la cavo, ma devo ancora perfezionarmi.

-Stasera mi farai compagnia, allora.

La mattina mi risveglio dopo un sonno profondo nonostante sia molto agitata, il lenone mi ha fatto bere una pozione calmante. Le serve mi fanno un bagno bollente, mi depilano e profumano e pettinano i lunghi e lisci capelli biondi. Sono vestita solo di un sudario annodato alla spalla, siamo pronti e ci rechiamo al mercato. Il lenone è già pronto sul suo piccolo palco, ha venduto due ragazzine come donne di servizio e cuoche, ora è il mio turno, l’ atmosfera diviene elettrica, salgo sul piccolo palco. Mehmet inizia a parlare.

-Nobili signori, siamo giunti al momento più importante della giornata. Un diamante raro ed inestimabile. Una giovane splendida donna ancora integra, dalla chioma leonina e lo sguardo fiero, ma dolce e sensibile, il suo nome è Anna.- Snoda il sudario e resto nuda di fronte alla calca che approva rumorosamente. Arrossisco ancora, ma meno, il disagio è reso meno forte dal narcisismo e il piacere di essere apprezzata, anche se così volgarmente. Mehmet riprende a parlare infervorato.

– E’ un fiore appena sbocciato, ammirate il grande seno sodo, i piccoli bronzei capezzoli, il vitino sottile, girati cara,  guardate che corpo armonioso, elastico, che bei glutei tondi e morbidi, ma salite, toccate con mano questa perla, attenti a non rovinarla però.

Decine di mani mi toccano spudorate e vogliose, annichilita dalla vergogna e dalla rassegnazione non reagisco, anzi il corpo inizia a sentire sensazioni sconosciute e dalle mie cosce scorre un liquido profumato.

– Sta godendo la troia ! – esclama un uomo.

Il lenone a fatica riprende il controllo. – Signori, calma, avete provato con mano le mie parole, quelle di un onesto mercante, non di un ciarlatano. Prima di cominciare l’ asta vorrei che apprezzaste anche altre doti di Anna, cara, canta. La mia esibizione, un canto tradizionale turco, viene accolta da grandi applausi convinti.

– Nobili signori la splendida Anna non solo potrà accontentarvi in tutte le vostre fantasie erotiche, ma anche allietarvi nelle lunghe tristi notti invernali. Possiamo cominciare l’ asta, signori si parte da 50 piastre, chi offre 60 ?

Alla fine vince un uomo che offre 320 piastre. – Sei stata fortunata cara, quello è l’emissario del Gran Visir, potrai vivere in uno degli harem più belli di Costantinopoli, chissà, con la tua bellezza e grazia anche la favorita.

Arrivata nell’ harem vengo portata nella mia stanza, è grande come la casetta umile dove vivevo con i genitori, un grande e morbido letto con baldacchino con lenzuola di seta policrome, un tavolo con un grande vassoio di argento colmo di ogni frutto immaginabile ed uno più piccolo con pane bianco, uova sode, piccoli dolcetti deliziosi ed una bottiglia di acqua di rose. In un angolo un banchetto con una bacinella per le abluzioni, profumi e gioielli. Non c’è un vestito nè una cassapanca, passerò le giornate nuda nonostante sia ormai inverno come le altre schiave, potrò solo indossare bracciali, collane, anelli, orecchini, cavigliere ed un paio di ciabattine infradito. Dopo un iniziale disagio la giornata passa piacevole, il freddo è mitigato dalle tiepide acque delle terme dove passiamo gran parte della giornata curando il nostro corpo e chiacchierando e scherzando tra noi, servite da un folto gruppo di eunuchi. Siamo dieci, il Visir ha anche quattro mogli, veniamo dalle zone più diverse del mondo, due vengono dal nord Europa, alte e bionde, due dalla Russia, simili alle precedenti ma con gambe infinite e piccoli seni marmorei, una è un iberica tutta pepe, c’è una francese splendida dai lunghissimi capelli castani e gli occhi grigi, un’ africana nera statuaria, una piccola orientale dagli occhi a mandorla e un’ indiana dagli occhi e la pelle d’ ambra. La sera siamo ospiti  del Gran Visir a cena, ci accomodiamo in soffici cuscini, il freddo è mitigato da grandi bracieri, dopo qualche minuto arriva, è un uomo corpulento sui quaranta anni, quasi calvo, gli occhi porcini e una corta barbetta ben curata, porta un ricchissimo caftano variopinto ed un turbante nero con al centro un grande topazio. Mangiamo rari frutti di mare freschissimi ed arrosto di montone. Il visir fa segno di alzarmi.

– Sei la nuova arrivata, piccola ? Sei molto graziosa.

– Grazie mio signore. Sempre al tuo servizio.

– Mi hanno riferito che sai suonare e cantare molto bene. Fammi ascoltare qualcosa.

Mi forniscono di liuto ed intono tre canti, il Visir approva e applaude.

– Molto brava.

– Ho ancora tanto da imparare mio signore.

– Stanotte ti verrò a trovare, prepara un altro canto.

– Come vuole il mio signore.

Passano tre ore e annunciato da due eunuchi arriva il Gran Visir.

-Sono pronta mio signore, avete un canto preferito ?

– Direi stanotte di fare altro.

Si spoglia e mi palpa deciso le tette, io con una mano inizio a masturbarlo, è lungo, ma soprattutto grosso, mi viene un brivido freddo al pensiero che tra poco sarà dentro di me, il primo. Mi inginocchio e prendo il suo glande in bocca, il sesso orale è l’ultima attività sessuale di cui abbia avuto un minimo di esperienza con qualche ragazzo del paese. Dopo averlo lavorato qualche minuto è bello duro, lui non esita e mi piazza carponi sul letto, massaggia e inumidisce la vulva e con una spinta potente e’ tutto nella vagina. Urlo disperatamente fino a rimanere senza fiato, lui prosegue disinteressato al mio dolore, torturandomi con affondi a volte lenti a volte veloci. Dal viso scivolano sulle guance calde lacrime e singhiozzo, per fortuna le fitte si fanno più rade e sento il piacere profondo mai provato di quel grande membro che scorre nel mio ventre faticosamente allargando un canale ancora troppo stretto.

-Ancora ancora mio signore, non abbia pietà della sua schiava.

-Ti piace, lo senti quanto è grosso ?

– Sì. è bellissimo, sento la cappella, ogni vena…aaah.

Ho un orgasmo violentissimo, il Visir continua indemoniato, si alza, si sposta verso destra, ora verso sinistra, come il suo fallo fosse sempre diverso e nuovo ed un poco alla volta penetra più facilmente. Ora posso solo ansimare e stringere con forza i cuscini fino a che mi inonda di caldo seme, mi stendo sul letto mentre dalla vagina esce in abbondanza un misto di sborra e sangue.

– Per stanotte basta così.

– Buonanotte mio signore e grazie.

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