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Francesca aveva ventun’anni ed era nata in un piccolo paese dell’avellinese, ma viveva a Napoli ormai da quasi tre anni, da quando si era iscritta alla facoltà di architettura dell’ateneo napoletano.

Era abituata a ricevere le attenzioni degli uomini fin da quando aveva compiuto quattordici anni. Era sempre stata la più alta tra le ragazze della sua classe, fino a sfiorare il metro e settantacinque, ed il suo corpo, da sempre piuttosto esile e filiforme, con la pubertà si era trasformato in maniera impressionante: il seno aveva raggiunto una quarta misura pur rimanendo sodo, con aureole piuttosto piccoline e capezzoli ben proporzionati, ed il fondoschiena era diventato perfettamente rotondo e tonico, anche grazie agli anni trascorsi a giocare a pallavolo, che gli avevano fatto sviluppare anche gambe lunghissime e affusolate.

Il volto, di una bellezza stupefacente, era incorniciato da una folta chioma di capelli neri, lisci, che mettevano in risalto la carnagione chiara e gli occhi verde smeraldo luminosissimi.

Era stata fidanzata con due ragazzi ai tempi del liceo. Con il primo aveva fatto solo sesso orale, mentre con il secondo, a diciassette anni, aveva perso la verginità. Purtroppo, quando aveva deciso di frequentare l’università a Napoli, si erano lasciati.

Da quando si era iscritta alla facoltà di architettura era uscita con un paio di compagni di corso, ma non era mai andata oltre le due settimane di frequentazione: sapeva perfettamente che volevano solo portarla a letto per poi potersene vantare con gli amici.

Così viveva con altre tre coinquiline, in una stanza di un appartamento per studentesse al secondo piano di un vecchio stabile nel cuore di napoli, preso in affitto con i soldi che, ogni mese, le inviavano i genitori. In verità guadagnava qualche extra dando lezioni private di italiano e latino a liceali che, puntualmente, finivano per guardarle il fondoschiena ogni volta che gli girava le spalle e lavorando, saltuariamente, come modella per servizi fotografici.

L’affitto veniva riscosso, ogni cinque del mese, dal figlio della proprietaria dell’appartamento: un ragazzone sui trent’anni dall’aria piuttosto meschina, altissimo e muscoloso, le cui uniche occupazioni sembravano essere la palestra e sperperare i soldi dei genitori in locali e ragazzine attratte dalla disponibilità economica.

Le sue coinquiline, che abitavano l’appartamento da prima di lei, al suo arrivo l’avevano messa in guardia da quel tipo, Gennaro, consigliandole di non rimanere da sola con lui nell’appartamento quando veniva a riscuotere l’affitto. Giravano brutte storie, fomentate dagli sguardi inequivocabili che Gennaro non si preoccupava di nascondere quando le incontrava per l’affitto o per le riparazioni nell’appartamento.

Ma gli incubi peggiori di Francesca si manifestarono pochi giorni dopo il suo compleanno, all’inizio di ottobre. Era appena passata alle poste per prelevare i contanti per l’affitto da dare a Gennaro quel pomeriggio, ed aveva quasi svuotato il conto corrente, perché le lezioni private, come sempre a settembre, erano state poche e mal pagate, essendo ad inizio anno scolastico.

Aveva con sé anche l’affitto che le altre coinquiline le avevano versato sul conto, dal momento che erano tutte lontane in quei giorni, per impegni accademici o perché erano rientrate a casa.

Arrivata a casa si era messa a studiare e non aveva preso la borsa per tutto il giorno, fino alle cinque del pomeriggio, quando il suono della porta d’ingresso che si apriva aveva annunciato l’arrivo di Gennaro. Infatti, nonostante le proteste, il ragazzo non usava mai il campanello, ma apriva la porta con una copia delle chiavi.

Quando aveva iniziato a scavare nella borsa, aveva sentito montare il panico: non riusciva a trovare il portafogli, ed intanto sentiva i passi del ragazzo che si avvicinava a camera sua. Qualcuno le aveva sottratto i soldi di tutti gli affitti, quasi milleduecento euro spariti, rubati!!! Non avrebbe potuto chiedere una cifra del genere ai suoi genitori, né a qualche amico… era veramente nei guai fino al collo.

La porta vibrò leggermente sotto il pesante pugno di Gennaro che picchiettava sul vetro. Senza attendere risposta, il ragazzo spalancò la porta.

“Francesca, buonasera!” disse Gennaro, con aria contrariata. In un paio di occasioni, infatti, ci aveva provato, ma Francesca era sempre stata freddissima nelle risposte, suscitando in lui un odio profondo. La considerava una snob del cazzo, una frigida con la puzza sotto al naso.

Quando Francesca lo guardò, con le lacrime che le rigavano il volto perfettamente ovale, capì immediatamente cosa stava succedendo ed il suo viso si allargò in un ghigno malefico.

“Che succede?” chiese, pregustandosi la risposta.

”Mi hanno derubata, si sono presi il portafoglio con i soldi dell’affitto!” riuscì a dire la ragazza tra un singhiozzo e l’altro.

”Non fare così” le disse Gennaro avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla “Calmati, una soluzione la troviamo”

Il sorriso cattivo che si era disegnato sul volto di Gennaro le aveva gelato il sangue, al punto tale che aveva addirittura smesso di piangere.

”Facciamo così” aveva continuato il ragazzo, “andiamo in cucina e facciamoci un caffè, vedrai che una soluzione salterà fuori”

Francesca, frastornata ed impaurita, si era diretta verso la cucina, seguita subito da Gennaro. Ne sentiva il respiro pesante alle spalle, ma sperava che i racconti delle coinquiline fossero solo una leggenda.

Appena entrati in cucina, si voltò verso i fornelli, dando le spalle al ragazzo. Non riuscì neanche a parlare quando sentì all’improvviso una mano di Gennaro poggiarsi pesante sul suo fondoschiena e strizzarlo, mentre l’altra risaliva lentamente l’addome piatto fino al seno sinistro.

”Una ragazza come te… ha tante risorse a sua disposizione…” le disse ansimando nell’orecchio, con l’alito che sapeva di sigarette.

Lei si voltò di scatto e gli tirò uno schiaffo con tutta la forza che aveva, facendolo indietreggiare di un paio di passi. Ma capì immediatamente di aver fatto un errore imperdonabile.

L’enorme braccio del ragazzo si mosse come una molla, ad una velocità spaventosa, colpendola con un manrovescio al volto che la lanciò sul pavimento dall’altro lato della cucina.

”Stupida puttanella, troia che non sei altro…” iniziò Gennaro, abbassandosi in un solo colpo i jeans di marca e le mutande.

La prima cosa che Francesca notò, stesa atterra, fu lo sguardo di puro odio che Gennaro le aveva posato addosso. Poi abbassò lo sguardo sull’inguine: un palo mostruoso di almeno venticinque centimetri, doppio quasi quanto una lattina di coca-cola, si alzava tra le gambe del ragazzo. Le vene che lo ricoprivano pulsavano in maniera oscena, mentre la cappella, leggermente all’insù, sembrava quasi per esplodere.

”Ora hai rotto i coglioni: o fai quello che ti dico io, oppure vi caccio tutte a calci in culo da casa. E ti denuncio pure ai carabinieri…”

Francesca era terrorizzata: non aveva alcuna prova dell’avvento furto, non riusciva a capire come sarebbe uscita da quella situazione.

Il mostro le si stava avvicinando, si piazzò proprio davanti a lei e le disse:

”Allora? Che vuoi fare?”

Vedendo che la ragazza non rispondeva, le voltò le spalle e, infilati di nuovo i pantaloni e le mutande, si avviò verso la porta di casa.

Il panico l’assalì completamente, piangendo lo seguì di corsa prima che potesse uscire di casa,

”Aspetta, Gennaro, ti prego, aspetta un attimo…”

Il ragazzo si fermò, una mano sulla maniglia della porta, e si voltò sorridendo come una bestia feroce.

”Va bene, farò quello che vuoi… ti pre…”

Non riuscì neanche a finire la frase che una mano del ragazzo le aveva afferrato la nuca e l’aveva spinta in ginocchio, con il volto davanti alla lampo dei pantaloni.

”Tiralo fuori e succhiamelo, troia” le rispose Gennaro.

Le lacrime, incontenibili, le rigavano le guance, mentre tirava giù la lampo ed infilava una mano nei pantaloni spostando le mutande.

Lo tirò fuori dalla patta e si ritrovò in mano quel cazzo enorme, durissimo, puntato direttamente contro la sua bocca. Iniziò a muovere la mano su e giù, lentamente, nella speranza che bastasse… quando la mano che era sulla sua nuca le spinse la faccia contro la cappella.

”Ho detto di succhiarmelo, puttanella, che voglio svuotarmi le palle nella tua bocca da pompinara”

Aprì le labbra e Gennaro, con un colpo netto, le infilò tutto il cazzo fino in gola. Sentì le palle che battevano contro il suo mento.

Ebbe un conato di vomito, stranamente non tanto per la capocchia che arrivava fino in gola, ma per il sapore pungente del cazzo che si faceva largo tra le sue labbra.

Gennaro, intanto, cominciò a muoverlo avanti ed indietro, stantuffandole la bocca come se fosse una figa.

Ad ogni colpo sentiva le labbra che le facevano male per lo sforzo di stringerle intorno a quel palo di carne enorme che si muoveva fino alla sua gola.

Era incredula, avvilita, inerme di fronte alla brutalità di quel cazzo che le penetrava le labbra e godeva della sua bocca.

Ad ogni affondo pensava che sarebbe morta soffocata, mentre respirava il più possibile dal naso. Dopo qualche minuto, che le sembrarono ore, un misto di bava, liquido preseminale e lacrime iniziò a colarle dal mento sulla maglietta e sui pantaloni, mentre Gennaro le spingeva dentro il cazzo sempre più velocemente.

Dopo l’ennesimo, interminabile affondo, si sentì di svenire. Il ragazzo le tolse il cazzo dalla bocca e, con aria soddisfatta, le disse:

“Togliti i vestiti, troia, che ti sporchi tutta…”

Lei si alzò e lentamente si spogliò davanti a lui. Si vergognava, piangeva e provava un odio profondo e senza fine per quella bestia feroce.

Gennaro le afferrò i seni sodi e pesanti, palpandoli e strizzandoli con tutte e due le mani.

”Certo che sei proprio una figa della madonna…“

Le afferrò una mano e la trascinò fino alla sua stanza. Si sedette sulla sedia della scrivania, con il cazzo diritto come una bandiera e le disse:

”Troia, fatti un ditalino mentre me lo succhi… e vedi di bagnarti per bene, che dopo voglio scoparti come dio comanda…”

A quelle parole il terrore e l’odio divennero incontenibili, tanto che gli rispose:

“No, un pompino ti basta e ti avanza…”

Gennaro sembrava eccitarsi di più davanti al suo rancore, tanto che rise divertito e le disse:

”Non hai capito proprio un cazzo tu, eh?!? Io ti faccio quello che voglio e tu farai quello che dico, altrimenti ti riempio di ceffoni e ti scopo a forza… ed ora zitta e continua a spompinarmi, puttanella…”

Lei si inginocchiò di nuovo difronte a lui. Gli prese il cazzo tra le labbra ed iniziò a succhiarglielo, mentre muoveva la testa su e giù, e con la mano destra si toccava il clitoride.

Si sentiva di morire dalla vergogna, dalla rabbia… quel bastardo stava usando la sua bocca, il suo corpo, come fosse una bambola gonfiabile.

Gli passava la lingua sulla capocchia, poi glielo prendeva in bocca fin quasi alle palle e con la mano libera gli massaggiava la base del cazzo, nella speranza che finisse il prima possibile.

Lui ansimava rumorosamente quando, all’improvviso, le afferrò i capelli e le disse:

”Leccami le palle, troietta…”

Era alla sua mercé, non poteva ribellarsi in alcun modo, poteva solo assecondare le voglie di quello stronzo che si divertiva ad umiliarla.

Così gli leccò il cazzo dalla capocchia giù giù fino alle palle, che per fortuna lui aveva depilato come il resto del corpo. E mentre gli passava la lingua in mezzo, attorno, e gli prendeva in bocca il testicolo sinistro, con la mano gli faceva una sega.

Sentiva il sapore del cazzo nella sua bocca, e la disgustava profondamente.

Dopo un pò non sentiva più la lingua, ma sperava che lui fosse abbastanza soddisfatto da lasciarla in pace.

Gennaro, seduto sulla poltrona, le disse:

”Sei solo un contenitore per il mio sperma, puttana, sei mia e ti faccio quello che voglio.”

Era vero: inginocchiata di fronte a lui, con la lingua affondata fra le sue palle, piangeva e sentiva di stare perdendo qualunque dignità, presa con la forza da quella bestia che la stava usando per sfogare i suoi istinti.

D’improvviso sentì il cazzo di Gennaro pulsare più forte, ed una mano afferrarle i capelli e spingerle di nuovo il cazzo in bocca, fino a quasi metà, mentre il ragazzo le diceva:

”Lo sapevo che eri una pompinara fantastica… sto venendo… mi voglio svuotare le palle nella tua bocca… ingoia troia… ingoia tutto…”

Sentì i primi schizzi fin quasi in gola, mentre lo sperma le riempì completamente la bocca… era una quantità incredibile, stava quasi per affogarsi… avrebbe voluto spuntare tutto nel bagno, ma la mano di Gennaro non lasciava la presa sui suoi capelli e, per respirare di nuovo, dovette ingoiare tutto.

Gennaro le lasciò i capelli, e mentre lei si staccava per respirare, le disse:

“Puliscimelo con la lingua… troia…”

Così, mentre passava la lingua intorno a quel cazzo enorme, si accorse per la prima volta di qualcosa di strano: la mano con cui si stava continuando a fare un ditalino… era bagnata!

Non ci poteva credere, si vergognava troppo per crederci: si stava eccitando!!! Il suo corpo reagiva istintivamente, contro la sua volontà, e la sua fica si stava bagnando ed aprendo…

Si sentì di morire, desiderò scomparire dal mondo, piuttosto che dover affrontare le conseguenze di quella reazione che, pur sapendo essere fisiologica, la degradava ancora di più.

Gennaro si accorse quasi subito di quello che stava succedendo, così le chiese di vedere la mano con cui si stava toccando.

Quando lei gliela mostrò, lui iniziò a ridere:

“Sei proprio una cagna in calore…”

Intanto, sotto la sua lingua, sentiva il cazzo di Gennaro ritornare di nuovo duro. Temeva quello che sarebbe capitato, ma non aveva modo di impedirlo.

Lui l’afferrò per i capelli, la alzò quasi di peso e la spinse contro la scrivania, facendola piegare in avanti.

Era lì, a gambe aperte, sapendo che ora lui l’avrebbe penetrata, e non poteva farci niente…

”Troietta… ora di fotto per bene la fica, te la sfondo, così chiunque altro entrerà dopo di me non sentirai più niente…”

Le parole di Gennaro la terrorizzarono: l’idea di prendere dentro quel cazzo enorme le faceva cedere le gambe, così provò a parlare:

”No, ti prego, ti scongiuro… non farlo…”

Per tutta risposta sentì la capocchia del ragazzo farsi largo tra le sue grandi labbra, mentre lui le rispondeva:

”Ma se sei un lago qua sotto… cazzo, sei proprio una cagna arrapata…”

La penetrò di botto, infilandole tutto quell’enorme cazzo nella vagina con un solo colpo deciso.

Lei cacciò un grido di dolore, mentre sentiva la sua fica, bagnata, cedere alla pressione del palo di carne. Si sentì riempire.

Gennaro iniziò a muoversi dentro di lei e tra un grugnito e l’altro, le stava dicendo:

”Puttana, ammettilo che ti piace… non hai mai preso un cazzo così, vero?”

Francesca non rispose, però era vero: non aveva mai preso un cazzo di quelle dimensioni. Era da quasi due anni che non aveva rapporti con nessuno, che il suo unico sfogo sessuale era masturbarsi sotto la doccia.

Ed ora, mentre sentiva quel palo farsi largo dentro la sua fica… si vergognava… si vergognava di se stessa, ma stava godendo… stava godendo come mai prima… cercava di trattenersi, si disperava, si dava da sola della puttana, ma la verità era che stava godendo come mai prima.

Alla fine, dopo quasi venti minuti che quel cazzo la stava penetrando, si sentiva sul punto di venire. Così, quando Gennaro le chiese di nuovo:

”Ti piace troia? Ammettilo che ti piace… lo sento che stai godendo…”

Urlò, senza più contegno, senza vergogna, squassata da un orgasmo forte come mai prima:

”Si cazzo! Sto godendo!!! Continua a fottermi…”

Gennaro, che non aspettava altro, né approfitto per umiliarla ancora di più:

”Mi devi pregare, mi devi pregare di stuprarti ancora…”

Francesca, che oramai aveva perso ogni dignità, gli urlò fra le lacrime:

”Ti… ti prego… stuprami ancora, più forte… ti prego”

Ed intanto il cazzo di Gennaro si muoveva frenetico nella sua vagina, e sentiva gli orgasmi uno dietro l’altro lasciarla senza fiato.

Dopo un tempo che le parve infinito, sentì il ragazzo spingerle il cazzo fino in fondo nella fica, con le palle che sbattevano contro il clitoride, ed urlare:

“Sto venendo troia, ti riempio di sperma la fica…”

Francesca provò a dire di no, a pregarlo di tirare fuori il cazzo all’ultimo, ma era troppo tardi: un fiume di sperma caldo la stava inondando, le riempiva completamente la fica, lo sentiva mentre si faceva largo dentro di lei. E le piaceva da morire,

Quando Gennaro uscì, le gambe le cedettero e cadde atterra sopra una pozza di sperma e di suoi umori. Non aveva fiato, era sotto shock.

Gennaro la guardava dall’alto ridendo. Le avvicinò il cazzo, che puzzava di sperma e dei suoi umori, alla faccia e disse:

”Troia, pulisci tutto per bene… “

Alla fine trovò la forza di leccarglielo e di ingoiare tutto quello che restava sul cazzo. Si vergognava di se stessa a tal punto da non riuscire neanche a tenere gli occhi aperti.

E mentre il ragazzo si sedeva sulla sedia, le disse con tutta calma:

”Infilati due dita nella fica e leccati via tutto lo sperma…”

Lei non ci poteva credere: quello era troppo!

Aprì gli occhi per guardarlo in faccia. Gennaro, si stava toccando di nuovo il cazzo, ed intanto quel sorriso malefico sul volto si allargava sempre di più.

Non ce la fece più, gli rispose:

”No, che schifo, io non lo faccio…”

Lui, ancora seduto, gli assestò un calcio sul costato che le tolse il fiato.

”Muoviti troia! Fallo o ti riempio di calci in culo…”

Lei, terrorizzata, iniziò ad infilare un dito nella fica: era bagnato di sperma e dei suoi umori, era disgustoso anche solo tenerlo lì, figuriamoci leccarlo.

Ma aveva troppa paura per rifiutarsi. Così, lentamente, lo tirò fuori e se lo infilò in bocca. E poi di nuovo e di nuovo. Ed ogni volta le veniva da vomitare a sentire quel sapore di sperma e di fica bagnata, ma continuò finché Gennaro non le disse di smettere.

La visione doveva essergli piaciuta, perché il cazzo era di nuovo diritto e duro. La  guardò e le disse:

”Stenditi sul letto, puttana, voglio fotterti le tette…”

Lei si alzò, con le gambe che le tremavano si avviò verso il letto. A metà strada, sentì che lui la spinse, facendola cadere sul letto a pancia sotto.

Si voltò di scatto, prima che a Gennaro potessero venire strane idee.

Lui le saltò addosso, si mise a cavalcioni sul suo stomaco, con il cazzo in mezzo si suoi seni, e le ordinò:

”Stringile attorno al mio cazzo, troia… dio quanto sono belle, mai visto tette così…”

Lei si afferrò le tette con le due mani e le strinse intorno al cazzo del ragazzo, mentre lui iniziava a muoverlo in mezzo si suoi seni.

Era sempre stata orgogliosa del suo seno: vedeva gli sguardi di ammirazione degli uomini e di invidia delle altre donne. Ma ora avrebbe preferito non essere piatta.

“Troia, sputaci sopra… e prendi in bocca la capocchia quando esce…”

Si sentiva ancora più umiliata. Dopo quello che era successo prima, non aveva più la forza di reagire, così fece quello che Gennaro le aveva ordinato.

Sputò in mezzo alle sue tette e sentì che il cazzo scivolava più velocemente, poi piegò la testa verso il basso, aprì la bocca e prese in bocca la capocchia quando spuntava fra i suoi seni.

“Si, si cazzo, mai avuta una spagnola così… sei proprio la regina delle troie”

Ed intanto si muoveva sempre più veloce. Finché, dopo una buona mezz’ora, quando le tette iniziarono a farle male per lo sfregamento di quel palo enorme, non si accorse che Gennaro stava per venire di nuovo.

”Chiudi la bocca, puttanella, voglio venirti in faccia.”

Lei fece come aveva ordinato il ragazzo, e chiuse gli occhi appena in tempo mentre un grosso schizzo di sperma le arrivava in faccia. Per fortuna non era imponente come le prime due volte, altrimenti le avrebbe inondato i capelli ed anche il letto.

Gennaro si alzò e lei sperava avesse finito: quel supplizio continuava da ore, senza tregua. Voleva solo che tutto finisse.

Ma Gennaro aveva altri piani. La voleva umiliare completamente. E sapeva come fare.

Mentre lei si alzava alla ricerca di un fazzoletto, il ragazzo la fermò e disse:

”Ferma troia, ti pulisco io.”

Lei non capiva cosa altro le volesse fare: le aveva tolto ogni dignità, l’aveva fatta implorare di essere stuprata, l’aveva umiliata… cos’altro poteva avere in mente quel porco bastardo?

Continuò a non capire, neanche quando Gennaro la portò in bagno.

La fece entrare nella vasca, che fungeva anche da doccia, e lei pensò che volesse scoparla sotto la doccia. Ma la verità era molto peggio.

Le disse:

” Inginocchiati… apri la bocca e chiudi gli occhi…”

Lì, in quel momento, capì quali erano i suoi piani. Ma era troppo tardi per ribellarsi o per scappare, non aveva più nulla da difendere.

Così, a bocca aperta, aspettò…

Aspettò…

Finche non lo sentì: Gennaro gli stava pisciando in faccia, in bocca, sulle tette. L’urina calda le scorreva lungo il collo, nella bocca, le bagnava tuto il corpo. La puzza di piscio era insopportabile.

Sentì il getto di piscio caldo e puzzolente contro la faccia, nei capelli, in bocca. Sul suo magnifico seno, tra le gambe, a violare la sua fica.

Lo sentì direttamente in bocca… e si eccitò come mai prima.

Non capiva cosa stava succedendo, ma si stava eccitando come mai prima. E così, mentre lo sentiva di nuovo sulla faccia, prese a toccarsi il clitoride come una pazza, in preda ad una furia che non pensava possibile.

Gennaro, sorpreso, le disse:

”Sei proprio una troia, non immaginavo fossi così puttana…”

E, mentre lei si toccava, finì di pisciarle sulle tette e le infilò il cazzo in bocca.

Francesca, in preda alla frenesia più totale iniziò a fargli un pompino, succhiando quel cazzo enorme per tutta la sua lunghezza, godendo di quell’odore forte ed acre… fino a che non le esplose in gola un nuovo schizzo di sperma.

Dopo pochi secondi, venne anche lei, urlando in preda ad un orgasmo fortissimo… ma quando riaprì gli occhi, Gennaro se n’era andato…

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