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fARSI SCOPARE DA UNO SCHIAVO, MAI!

By 14 Dicembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Farsi sbattere da uno schiavo? Ma siamo matti? Era stata una serata allegra, spensierata. Una delle tante degli ultimi due anni, ma l’indomani si lavorava ed alle undici ero già a letto. Si, da quando il cretino, meglio il bastardo se ne era andato, per un anno avrei voluto morire. Mi vergognavo di essere stata piantata. Se in ufficio i colleghi e le colleghe mi salutavano distrattamente o con più enfasi del solito, pensavo chissà che. Se al mio arrivo sembrava cambiassero discorso o che altro, immaginavo stessero commiserandomi. Avevo cambiato casa riprendendo il cognome da nubile e senza parlare con nessuno della mia condizione. Il mio mini villino era ad un centinaio di metri dallo stradone, e, sia pur ancora in città, dopo anni non conoscevo nessuno o quasi dei pochi vicini che come me uscivano la mattina e tornavano la sera. Avevo invece riallacciato i vecchi rapporti con Angela, divorziatissima, ed Angela mi aveva in poco tempo fatta entrare in un giro di donne che volevano godersela. Barbara ed Angela più di tutte. La seconda o la terza volta che ero stata a casa loro, Barbara era stata duramente esplicita. Erano lesbiche, avevano anzi quasi pensato di mettersi insieme, rinunciandovi per una sola ragione. Angela si era trovata una amichetta e lei all’inizio, gelosa, l’aveva presa male, litigandoci di brutto. Poi si era trovata una amichetta anche lei, facendo pace e tornando a frequentarsi più spesso di prima. Nel giro nel quale ancora non mi avevano introdotta quasi tutte avevano una amica od un amico. Non erano proprio amiche od amici. Mi dissero, ed era impossibile non vederlo, frequentandole. Più che amiche erano succubi o schiavi e schiave. Non poco restia ma certo molto curiosa, all’inizio mi limitai ad osservare in silenzio, poi accettai qualche gentilezza, che so, la prima volta accettai che la succube di Barbara, lei assente, si stabilisse per qualche giorno ad aiutarmi a casa, ero caduta e muovermi mi era davvero difficile. Mi vergognavo come una ladra, puliva la casa, mi nutriva e…lavava. I passi successivi furono l’accettazione delle attenzioni, una parte almeno, che normalmente le succubi ed i succubi dedicavano alla loro Padrona ed alle sue amiche. Poi, la notte di capodanno, una di loro, ridendo, ordinò alla sua succube di baciare anche me. Ero quantomeno alticcia e per la prima volta baciai una donna come avevo baciato qualche ragazzo e mio marito. Qualche altro tempo e qualche altro passo. Non osai rifiutarmi quando, sia pur saltuariamente, mi offersero di fruire della liberalità con cui quelle donne concedevano alle amiche di godere delle loro succubi, ed anche, in un paio di occasioni dei succubi. Raro ma non sgradevole, anzi. L’unica cosa era che da un maschio, oltretutto fusto, ti aspetti qualcosa di più che carezze e baci. Godi lo stesso ma ne esci molto, molto frustrata. Io almeno.

Ed adesso sono nel letto e fatico a dormire. Farsi sbattere da uno schiavo? Ma siamo matti? Non è la prima volta che ascolto questa affermazione categorica. Eppure averlo nella cameretta di fianco alla mia mi rode. Lui non è uno schiavo od un succube come dicono loro. Abitavamo sullo stesso pianerottolo ed era quasi un fratellino. Erano piuttosto poveri, la madre non aveva molto tempo da dedicargli e a quell’età, pochi anni fanno una bella differenza. Abbiamo cambiato casa, lo ho perso di vista, lo ho anzi quasi dimenticato, ma era in chiesa quando mi sono sposata. L’ho rivisto qualche tempo fa, in centro, con Angela e Barbara. Lui si è girato di fianco ma si è fermato quando l’ho chiamato. Morto anche il padre aveva cercato di continuare gli studi di economia lavorando ma ormai non ce la faceva più. Ultimamente gli era andato tutto storto era alla deriva.
Vieni a casa mia per qualche giorno, il tempo per ripetere in secondo appello l’esame, gli avevo detto. Era ancora, dopo mesi, nella cameretta. Non potevo fare vacanze quell’estate, Lui, superato l’esame, anzi i due esami era rimasto, gli avevo chiesto di rimanere accampando ragioni logiche. Mi aveva rimesso in ordine la casa che ora risplendeva: tappezzerie, piastrelle nel bagno, qualche lavoretto di ebanisteria. Stava imparando a cucinare e ad essere un buon cameriere. Questo pomeriggio si è ingegnato ad un lavoro di cucito. Ne ho riso vedendo il risultato, va bene, imparerai a fare anche questo. No signora è impossibile. E perchè mai? E’ troppo lavoro? Ti manca il tempo per lo studio? Non è questo, e poi ormai ho solo gli esami dell’ultimo anno, niente di difficile. No solo che non posso, non devo. Lo guardo perplessa. Venticinque anni non ancora compiti e decisamente un bel ragazzo. Non ti trovi bene qui? Ti manca qualcosa? Più soldi. In realtà spendeva pochissimo, il tram e qualche caffè quando usciva per andare all’università. Ero stata attenta all’inizio fingendo di disinteressarmi alle spese di casa. Assolutamente niente da dire. Ho trovato un lavoro, glie ne ho parlato. Ma ti danno una miseria, e dove dormi? Abbiamo discusso per un bel po’ prima di ottenere che si aprisse. Fin da bambino era innamorato di me, e questo lo sapevo fin da allora. Pensavo però gli fosse passata. Forse non è così. Conosco…cerca le parole, esita. Poi d’un fiato. Vi amo e non posso starvi a fianco, vedervi tutti i giorni e far finta di niente, ne morirei. Sto morendo pian piano, è sciocco, puerile e pazzesco ma è così. Meglio che me ne vada, molto meglio perchè per voi sono solo un amico d’infanzia, il vicino cui facevate ripassare le tabelline. Non posso sopportarlo. E’ quasi livido, trema anche un poco, quasi balbetta. Sta mentendo? Certamente no. Più tardi, dopo un’altra lunga discussione cedo. Va bene. Sia come vuoi, ma promettimi, anzi giurami che se avrai bisogno di qualche cosa, un letto, soldi, qualsiasi cosa vieni da me, subito. Mi sei molto caro, ti sarò sempre amica e…la casa sarà sempre vuota senza di te. Ormai mi ero abituata ad averti intorno.
Gli ho fatto un mucchio di domande, ricominciando dieci volte tutto il discorso da capo. Un uomo, mio marito mi è bastato, gli dico, non ne voglio un altro. Era decisamente la chiusura definitiva del discorso. Vorrei essere una ragazza, sarebbe tutto più facile, dice quasi sovra pensiero. Per farla breve, nonostante la nostra prudenza ha sorpreso qualche parola tra me e le mie amiche e tanto gli è bastato. Si sarebbe tutto più semplice se tu fossi una ragazza, come lo hai capito? Una telefonata, qualche parola sola della sua amica mi ha fatto supporre…mi perdoni signora, non sono fatti miei. Gli ho chiesto di restare sino a lunedì e pur esitando ha accettato, e siamo a questo punto la sera dopo. Ho cenato e Lui ha sbarazzato e riordinato. Come sempre quando resto in casa la sera, seduta sul divano, vedo la televisione o leggo prima di coricarmi, mentre lui siede su una seggiola poco più in la. Lo ho aspettato, depongo il libro. Per piacere siediti sulla poltrona. Senza una parola si sposta sulla poltroncina davanti a me. Cosa sai delle abitudini delle mie amiche?

Per la cena ho indossato un abito da casa ma elegante. Lui indossa un abito di mio marito che ha lasciato dietro di sé un intero guardaroba. Non volevo mettere il naso in faccende non mie, ma le sue amiche a volte hanno usato un linguaggio troppo esplicito. Ho sbagliato ad accennarne ieri. Forse no. Le mie amiche hanno gusti discutibili ma sono le mie amiche. Sono omosessuali, anzi tutte bisessuali. Mi faccio forza. Lo sono in parte pure io. Tutte o molte di loro, Angela e Barbara di sicuro, hanno una amante ciascuna, belle ragazze appunto. Amanti è inesatto, proseguo, sono le loro succubi, le loro sottomesse. Avevi capito anche questo? Un sospetto, signora, solo un sospetto, è per questo che…Sono io ora ad avere un sospetto. Per questo hai detto che sarebbe stato più facile se tu fossi una ragazza? Si signora. Cosa cazzo vuol dire, che se lui fosse una ragazza avrebbe accettato, accettato cosa? Cosa avresti fatto se fossi una donna? China il capo. Tutto quello che avreste voluto ma sono un uomo e mi odio per questo. Alcune di loro, non Barbara e neppure Angela hanno dei succubi. Non capisce. Dei maschi. Sgrana gli occhi. Non per questo si privano del piacere di portarsi a… di farsi servire anche da delle donne all’occasione. Lui è rosso come un pomodoro ed io devo esserlo altrettanto. Avrei mai il coraggio di dirgli di baciami tra le gambe o di usare lo scudiscio o quello che avevo visto fare da alcune di noi con i loro uomini? No di certo, come non lo amavo. Gli voglio bene come volevo bene al ragazzino cui correggevo i compiti. Non voglio però perdere l’amico e perchè no, il perfetto cameriere. Lui tace. Poi, con un tono di voce quasi assente: che differenza c’è tra uno schiavo ed un succube, se c’è differenza. No nessuna differenza.
E cosa devono fare? Ubbidire, subito, sempre, altrimenti…Mi punireste, finisce Lui. Certamente, e sarebbero punizioni ed umiliazioni notevoli. Saresti il mio succube o schiavo ed io la tua Padrona.
Queste sono le condizioni. Da accettare subito, sto per dire ma non oso. Anzi raggrinzisco tutta e quasi mi sento male per la paura di un rifiuto. Possibile? Non avevo mai pensato a lui in questo senso. Non avevo neppure immaginato, invitandolo a casa mia per qualche giorno che l’avrei tenuto per mesi.
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Lei continua a chiamarlo Stefano, come una volta. Il primo giorno gli aveva detto di chiamarla per nome, Daria, ma lui aveva saggiamente detto di si guardandosene bene poi dal farlo. Esperienze passate, brutte esperienze. Signora, diceva, ed alla fine lei si era arresa con una scrollata di spalle, come faceva da ragazzina quando lui, raramente, si impuntava su qualcosa. La sua cameretta. Una reggia e ci stava come un topolino in una forma di formaggio. C’era persino il vecchio PC, sempre di Lei, più lento di quelli dell’università ma non doveva fare la fila per poterlo usare poi pochi minuti soltanto. Cercò ‘succube’ e ne ebbe l’etimologia ed una definizione che non allargavano per niente i suoi orizzonti. C’erano racconti, romanzi anche,un articoletto pseudo scientifico che scadeva nella ovvietà giocando con le parole. Disgustato spense tutto. Si appoggiò allo schienale della poltroncina, un altro lusso, cui avrebbe dovuto rinunciare. Ne era innamorato da sempre, prima la classica infatuazione di un bambino per la compagna più grande e saggia, poi l’infatuazione del bambino che comincia appena ad intravvedere e capire la differenza fra maschio e femmina, poi la sbandata, la cotta del dodicenne per la compagna di giochi e di studio: ognuno il suo di studio e di compiti, ma nella sala da pranzo di lei, con lei. Non gli era più passata anche se fingeva anche con se steso del contrario. Era persino andato al suo matrimonio.
E Adesso? Certo anche quella era una possibilità. Come poteva però, accettare così alla cieca delle condizioni di cui capiva poco o niente? Non gli importava la sua forma di formaggio grana, gli interessava, voleva anzi, due cose: stare almeno vicino a Daria e terminare l’università. In che ordine non lo sapeva. S’accorse di aver espresso il pensiero ad alta voce, l’aveva chiamata per nome, Daria, di nuovo lo disse ad alta voce. Avrebbe avuto tempo bastante per studiare? Dentro di sé capì che la cosa era tutto sommato secondaria, avrebbe impiegato un anno di più. Ma cosa avrebbe preteso o potuto pretendere da lui? Aveva imparato molto rapidamente a tenerle bene la casa anche perchè i lavori che aveva potuto trovare per far durare il magro peculio rimastogli, erano tutti manuali. Aveva aiutato muratori ed imbianchini, piastrellisti e falegnami, tapparellisti ed idraulici, era insomma entrato nel giro dei manutentori. Per tre mesi era anche andato a fare le pulizie e rifare le camere in un alberghetto a ore. Adesso in che giro entrava? Con un sospiro aprì il manuale, tanto valeva studiare un paio d’ore.

Un chilometro più a nord e ad anni luce di distanza, un bel palazzo in un gruppo di vie quiete. Una sala da pranzo in cui penso ci starebbe tutto il mio villino. Non sono povera, tutti i mesi ricevo uno stipendio più che discreto ed ho altri proventi, l’eredità di papà ed il fondo garantito, un vitalizio insomma da parte di quel bastardo di mio marito, con i soldi della puttana ovviamente. Hanno dovuto pagarmi, e bene, se volevano coronare il loro sogno d’amore con nozze un poco tardive ma prima che il pargolo nascesse. Un amico di famiglia, specialista in contratti del genere aveva ottenuto tutte le garanzie necessarie e qualcuna ancora, un vitalizio appunto, non immenso ma sufficiente. Lo reinvesto quasi tutto. Scrollo le spalle, non sono i soldi a rendermi pensierosa. Penso a Stefano. Non so come fare. Tutto ieri è rimasto silenzioso come da bambino quando aveva qualche problema che non sapeva risolvere. Poi decideva sulla base dell’ultima idea che gli era frullata per la testa, anche la più sballata, non mi sembra cambiato per niente. Che c’è Daria sei pensierosa. La nostra Daria fa la misteriosa questa sera, glie l’ho chiesto anche prima ma…ma c’erano quelle due. Il sorriso di Angela e Barbara è contagioso e mi sento sollevata. Avevo deciso di non parlarvene, temevo i vostri ‘sfottò’, ma se non ne parlo con voi…soldi, salute o sospiri d’amore, non c’è altro. E’ la padrona di casa, la signora Marcella. Dio mio, che rompine, ma abbiamo fatto le scuole insieme, va bene, per un anno non vengono più a Milano. Sembrava, era trasformata dopo l’uscita di scena delle due ospite. Voi due carine, dice rivolta alle sue “ragazze” portateci un altro caffè, ci guarda, anche un liquore? Un bicchiere di passito? No? Portate lo stesso la bottiglia ed i bicchieri in salotto, poi sistemate tutto, prima di dormire voglio vedere la sala tirata a lucido. Si ferma di colpo. Sempre che io non sia troppo invadente, che tu non preferisca parlare con loro due soltanto. No,no, mi fa piacere avere anche il tuo di parere. Per un’ora mi tempestano di domande, vogliono sapere e mi costringono a raccontare la storia dall’inizio e nei minimi particolari. E non ne eri innamorata. Ma a quindici anni ha cambiato casa e lui ne aveva tredici, no dodici. Adesso però è grandicello, sui venticinque, e le potrebbe piacere; Daria, dì la verità, te ne sei innamorata? Nè adesso nè allora. Mi piace, come mi piaceva allora, era ed è ancora carino, premuroso. Ecco, mi piace averlo attorno, e poi… mi fermo di colpo, facendo crescere la loro curiosità. Mi vergogno a dirlo ma sta diventando un ottimo cameriere, lava, stira e cucina oltre a fare le pulizie. Sta persino imparando ad usare ago e filo e da quando c’è lui… Da quando c’è lui cara, fa Angela melliflua? Ripara tutto, è bravissimo. Me lo presenti cara, fa Marcella. Uno così…vale oro. Non portartelo a letto però, il giorno dopo ti chiede dove vai e a che ora torni; in capo ad un mese sgobbi per te, per la casa e per lui. Dici che è ancora innamorato di te, fallo penare e fanne il tuo schiavo. Non sta bene dire schiavo, lo so, ma il significato è lo stesso, succube o schiavo ti lava le mutande e…tutto il resto. No, faccio io, glie lo ho già chiesto in qualche modo e non sa neppure cosa significhi esattamente. Non sa, ma da dove viene. E ‘ di Milano e tra un anno finisce gli esami, si laurea in economia. Marcella è l’unica tra noi che fumi e fissa per qualche momento l’accendino che tiene in mano. Poi guarda me. Più facile ‘arpionare’ una ragazza che un bel maschietto, se è belo e vale la metà di quel che dici…passamelo. Ride. Non ci conosciamo da molto noi due ma dopo un periodo di riservatezza ho cominciato a trovarmi bene con lei. Mi sta diventando molto simpatica, anche io, penso, a lei. Senti, se è ancora innamorato di te, una possibilità esiste. Vedi, prosegue, per procurarti un maschietto e tenertelo ci sono grosso modo due modi. Uno: gli racconti tutto sin dall’inizio. Esagerando se mai. Non devi assolutamente fargli sorprese, deve sapere tutto. Gli spieghi che l’inizio sarà duro. Umiliazioni e botte, ubbidienza SS, cioè sempre e subito, se no son botte. Ne perdi immediatamente nove su dieci. C’è poi l’altro modo, più subdolo, lungo. Ne perdi solo due su tre. Ma li perdi pian piano, per strada. Diventa anche per te una specie di calvario. Discutiamo a lungo e solo a mezzanotte passata saluto e me ne Torno a casa. Eccitata, speranzosa, piena di dubbi. Entro in casa badando a non far chiasso, Stefano è ancora sveglio ma in cucina. Buona sera Signora, stavo per coricarmi. Con il suo bicchiere d’acqua in mano, ballonzola intimidito, come fosse stato sorpreso a fare chissà che. Hai deciso, resti? Sbotto quasi, incerta persino su cosa preferisca io stessa. Respira a fondo, esita. No, non ha ancora deciso. Solo che neppure io ho deciso.
Bene, vatti a preparare, anzi, prepara la mia tisana che tra un attimo torno e ne parliamo, poi decidi tu. Poco dopo siamo di nuovo in sala, lui vicino alla poltroncina io sul divano. E’ pallido ed un attimo dopo rosso come un pomodoro maturo. Niente pose sexi, niente smancerie, niente promesse di paradisi di delizia. Se decidi di seguire il ‘metodo duro’, vai al sodo, altrimenti lascia aperte delle porte, qualche speranza tranne che di scoparti, ha raccomandato Marcella, e lei se ne intende. Che fai in piedi, siediti. Lo guardo mentre siede, si mette compunto, chiaramente intimidito. Buon segno? Forse. Se ho ben capito non hai ancora deciso, ed allora ti do qualche informazione in più. Non molte perchè neppure io so cosa voglia, non del tutto almeno. Una cosa è certa, mi piace averti in casa, mi piace avere qualcuno con cui poter parlare senza dover misurare le parole, nascondermi dietro bugie o mezze verità. Con te so di poterlo fare e lo farò se decidi di restare. In un certo senso ti voglio bene, ed è logico, ci conosciamo da sempre. Una cosa però è altrettanto certa. Hai detto di essere innamorato di me. Lo guardo, vedendolo arrossire capisco che per adesso vado bene. Adesso viene il difficile, penso. Che tu sia innamorato di me, non può che farmi piacere, ma io non lo sono di te, innamorata intendo. Mi sei simpatico, mi piaci, ti voglio bene, ma solo come ti volevo bene tanti anni fa. Mi sono innamorata di mio marito e mi è bastato. Se volessi un uomo, e non è mai capitato, mi prenderei uno dei tanti ganimedi in circolazione, uno di quelli che non creano problemi perchè cercano quello che starei cercando io. Per ora non è mai successo. Ti scandalizzo? Per un attimo resta zitto fissando il quadro alla mia destra. No signora, potrà…non so, scandalizzarmi? No!
Bene allora, se non ti scandalizzo dirò dell’altro. Mi piaci così come sei, e non parlo del tuo aspetto. Parlo del tuo sesso. Qualche volta, con un bicchiere di spumante bevuto di troppo, ho accettato delle…attenzioni che per gentilezza le mie amiche…sai, dalle loro…amichette. Certamente sono io ora rossa come un pomodoro. Questo vedo che ti scandalizza, ma è così. Saresti per me sia un amico che un cavalier servente. Abiteremmo insieme e tutti penserebbero che tu mi presti gli stessi servizi che le mie amiche ottengono dalle loro ragazze succubi, esito, al diavolo penso… o dai loro uomini succubi. Comunque non scopano con i succubi. Pensaci e pensa che non sarei una padrona accomodante…Un attimo perchè cerchi di capire cosa voglia dire con questo, poi finisco. Se resti compro subito una frusta, e se non farai tutto quello che voglio, quando voglio, e chiaramente solo quello, sentirai quella frusta quanto faccia male, poi se del caso, ti caccio a calci in culo. Decidi tu se restare o meno. Vitto, alloggio, stipendio mensile con i contributi, tempo per studiare? Quello che ti avanza dal lavoro e dal resto. A sufficienza probabilmente. Dimenticavo, il guardaroba a mio carico, quello del bastardo intendo. Svegliami alle sette per piacere, al solito.
Mi sveglio invece da sola ed un poco prima del solito. Ho esagerato, avrei dovuto dirgli questo e quello e non quest’altro, non essere così dura. Dovevo evitarmi di dire la cazzata della frusta. Ho puntata la sveglia per scaramanzia,suona quando mi sta porgendo la tazzina di caffè delle sette.

E’ a casa, ti dico, almeno così spero. Non ho intenzione di telefonargli, farei la figura…appunto. Di certo, se avesse cambiato idea mi avrebbe telefonato, è troppo educato per scomparire senza dirmelo. Non sono però così tranquilla. Educato si, ma potrebbe farmi trovare un bel biglietto per evitare discussioni. Gli devo dei soldi, ma sono pochi spiccioli, due giorni di lavoro. Spiccioli proprio no, per lui almeno. Ma è in casa e mi aspetta, inappuntabile come sempre. E’ così che comincia la nostra vita insieme, io la Padrona, lui il succube ubbidiente. In realtà non cambia niente, assolutamente niente.
Mi prepara il bagno ma esce prima che mi infili in acqua, prima anzi che mi spogli per fare il bagno.
Tutte i giorni mi riprometto di ordinargli…qualcosa, ma al ritorno a casa non oso, non posso proprio, mi vergogno.
Sono le mie amiche a spingermi, a sollecitarmi. Non può essere così inappuntabile, fagli commettere un errore e lo punisci. Una mezza dozzine di colpi. Ma ce l’hai almeno uno scudiscio? Si, rispondo, quello ce l’ho. Facciamo così, invitaci da te, venerdì sera o sabato. Pensiamo noi a mandarlo in confusione.

Devo andare in bagno, fa Barbara, poi si guarda in giro e rivolgendosi a me. Me lo presti? La mia piccola è in cucina. Stefano sta servendoci gli aperitivi, è l’unico presente tra i succubi, le altre tre sono appunto in cucina. Ma si, certo, ma devi spiegargli cosa e come fare, è agli inizi. Scompaiono ed io per la decina di minuti successivi sono sulle spine. Ricompaiono come se nulla fosse. Forse Stefano è un poco stranito, ma non ne sono certa. Devi addestrarlo di più, dice Barbara strizzandomi un occhio, non ci sa proprio fare di lingua e pulendomi, mi ha fatto finire la carta igienica nelle mutandine…ma ce lo hai da settimane, è ancora a questo punto? Cosa fai per addestrarlo? Sono fatti tuoi, ma qui serve una bella punizione…
Le succubi delle mie amiche lo spogliano eccitate, ridacchiano, quando pensano di non essere viste, persino se lo toccano. Ho comprato la frusta più leggera e meno dannosa che ci sia in commercio, Stefano è legato alla trave dell’arco del salotto a braccia e gambe aperte e viene colpito dalla succube di Marcella. Soffro più di lui che ad ogni colpo si torce. Meglio imbavagliarlo. Con un cenno Marcella ferma la sua ragazza. Ansima un poco, è rossa in faccia, ha colpito con tutte le sue forze. Me lo ricorderò stronza, penso. Altri sei colpi e Stefano, anziché indebolirsi sembra quasi ergersi un poco, sopportare meglio. E no per la miseria. Impugno lo scudiscio pentendomi di aver scelto un giocattolo o quasi. Lo colpisco, con forza e lo sento gemere a denti stretti. E’ Marcella a frenarmi, un cenno della mano basta a farmi tornare in me. A turno fai godere le altre tre succubi, gli viene ordinato. Liberato, nudo, viene condotto al divano dove le tre lo aspettano a gambe aperte e, con diverso grado di piacere, ricevono le sue attenzioni. Esita un poco con la biondina, la prima, poi abbassa la testa tra le gambe di lei. Le tre poi fanno i loro commenti come viene loro chiesto. Commenti poco benevoli.
Vatti a lavare, mettiti in ordine. Le mie amiche se ne sono appena andate, e so cosa dire e fare. E’ il frutto di lunghe elucubrazioni di questi giorni tra noi. Quando ce ne andiamo dovrai punirlo ancora, non a frustate se ne avrà prese abbastanza, ma qualche ceffone e minacciare di scacciarlo. Cammina rigido verso il suo bagnetto nell’anti cucina, si ferma. Perdonatemi Signora. Che c’è, parla. Temo stia per mandarmi a…no, non con questo tono. Su, parla. Devo vestirmi o…tornare così. E’ diventato rosso come se non avesse passato metà della serata nudo a leccare passere di schiave tra gli sberleffi e le risate delle Padrone. Torna così. Ma sei scema, mi dico subito dopo, questo già pensa di essere capitato in una gabbia di matte e di scappare…cosa devo fare, ho la testa in confusione ed è in confusione ancora quando torna. Ha un gran bel cazzo, uno dei più belli mai visti da Angela che non ne deve aver visti pochi e da vicino. Gli pende tra le gambe fin quasi a metà coscia. Mentre percorre i pochi passi in vista nella sala, gli ciondola un poco e Stefano, istintivamente si copre con le mani. Previsto! Togli quelle mani di li, subito! Ubbidisce chiaramente meravigliato. Ti sei lavato i denti e fatto gli sciacqui? Si Signora. Non gli era stato detto ed era una possibile via per nuove punizioni. Ce ne sono altre, ma avrei potuto punirlo anche per essersi coperto davanti, un momento prima. Posso in realtà inventare a ruota libera e questo mi rende euforica Questa sera hai provato quella che almeno di tanto in tanto potrà essere una normale serata. Guardo i segni che gli rigano il petto. Sono opera mia anche se poi non sono niente di speciale. Ne ho visti di molto più marcati sui seni di fanciulline. Di proposito non ti ho insegnato niente, ora ti addestrerò e mi piacerà. A te dovrà piacere, fattelo piacere, sarà molto meglio. Sempre che tu accetti di essere un vero succube, una specie di schiavo. Tiene gli occhi bassi. Signora, io. Basta così. Un si od un no. Niente geremiadi o piagnistei. Resti o non resti. E’ la unica risposta che mi puoi dare. Mi aspetto qualche esitazione, invece risponde tranquillamente; resto Signora. Poi la frecciata o meglio la martellata sui coglioni, mi fa pena: vi amo, resto. Fatico a nascondere la mia soddisfazione. Va bene, è normale per uno schiavo amare la sua padrona, dicono. Adesso vai a dormire, ma, no aspetta. Come mai le ragazze, le altre schiave ti hanno trovato così scarso nel dare il bacio di venere, insomma nel…o Dio, mi di venti rosso. Sei timido. Non l’avevi mai fatto? Scuote il capo. Ma sarai pur andato a letto con qualche donna! Di nuovo scuote il capo. Santo cielo, ho un verginello da svezzare.
Più tardi, sola nel mio letto penso che non è stato poi male. Ho sballato, per dirla tutta. Solo che io di esperienza in quel campo ne ho poca più di lui. Due volte soltanto prima di questa sera, con le succubi di amiche comprensive e generose oppure ubriache come zucchine. Ubriache le Padrone ed ubriaca io. Indosso una gonna comoda, come si usa in queste occasioni, comoda da tirare su fino in vita. Fingendo indifferenza gli ho ordinato di togliermi le mutandine e di leccarmela. Stefano, in ginocchio me la ha leccata e succhiata fin quasi a farmi gridare. Due volte lo ho fatto ricominciare. E’ vero, non ci sa fare. Lo ho capito dopo, al momento mi piaceva troppo per ragionarci sopra. Per settimane ho aspettato come una cretina perchè mi vergognavo. Adesso…e lo scudiscio, anche quello…Dio che soddisfazione. Era il bastardo di mio marito ed il capoufficio al tempo stesso…

Guardo l’ora. Mi vien rabbia, tutte le mattine mi alzo per andare a lavorare e restarmene ancora a letto a dormire non posso. Mi sveglia Stefano col caffè. Quando potrei restare a letto come oggi che non si lavora, mi sveglio lo stesso e persino in anticipo. Sono impiastricciata tra le gambe, ero troppo fuori di testa ieri sera dopo che mi ha fatta bagnare tre volte. Devo essermi addormentata senza neanche lavarmi. Sono le sette e tendo le orecchie, ma il sabato lo chiamo quando mi sveglio. Allungo la mano ma mi trattengo. Giusto, cosa gli dico e cosa faccio? Deciderò al momento, e lui farà quello che voglio. Non devo esagerare. Qualche contentino, pochi, pochissimi, anche a lui devo pur darglieli per tenermelo stretto, non voglio perderlo, cazzo, con quel cazzo che si ritrova poi. Ma per ora al cazzo meglio neppure pensarci.

Innanzi tutto, come voglio che si vesta? Mi piacerebbe girasse nudo, è un bel maschio, un bel culo sodo. Da vedere almeno, perchè non l’ho toccato. Non viene molta gente da me senza avvertire, anzi nessuno proprio, ma qualcuno può pure suonare. Altro problema da affrontare con le mie amiche? Forse, ma preferisco non infastidirle troppo e farmi un poco gli affari miei. Suono e dopo qualche momento già bussa. Avanti, entra. La porta si apre ma di lui vedo solo la testa. Scusatemi Padrona, come mi devo vestire? Rido, sciocco, non devi vestirti per niente. Sfioro appena con gli occhi il bel pisellone e scosto le lenzuola mostrando il petto. Se ho ben capito non ha altri termini di paragone ma sono comunque ben fatta. Mi faccio lavare e non me ne vergogno, per niente, non molto almeno. Mi faccio passare la spugna morbida tra le gambe sulla fica. E’ attento, delicato, molto bene. Mi asciuga con grande attenzione, mi piace sentire su tutto il corpo le sue mani forti e delicate, si, mi piace da morire. Poi mi veste. Prima le mutandine, poi la maglietta. Cambio idea e gli dico di darmi la camicetta bianca, niente reggiseno. Mentre mi infilava le mutandine mi è sembrato volesse baciarmela, si è avvicinato per un attimo ma si è ritratto immediatamente. Per fortuna, avrei dovuto punirlo ed è troppo presto. Caffè, due fette tostate con marmellata di mirtilli, ma poca, non voglio ingrassare, un bicchiere di acqua liscia, temperatura ambiente. Il sabato mi va a prendere il Corriere fino alla edicola, ma oggi non lo guardo, guardo lui. Si è bello, ben fatto, chiappe più che giuste e giusto tutto. Sei ben fatto. Piacerai…mi stoppo, stavo per dire che sarebbe piaciuto alle mie amiche, ma per ora meglio tacere di queste possibili prestazioni e poi vedremo. Si mi piacerai, averti attorno sempre. Certo l’italiano non è dei migliori. Portami ancora dell’acqua per piacere. Un per piacere di troppo. O no? Forma, educazione, ed ordini tassativi. Anche a questo ci devo pensare. Comunque ha un bel culo e quando torna mi rimiro di nuovo il pisello. Pisello? Pisellone, anzi uno splendido cazzo. L’ultimo che ho visto era del bastardo, no sbagliato. Ho visto e toccato, per un attimo solo però, quello dell’uomo della…non ricordo come si chiama, Milena, no, comunque non importa. Un esemplare bello, meno bello del mio e troppo effeminato. Toccare una donna per lui era come prendere l’olio di ricino. Va bene, per l’abbigliamento, qui vicino non c’è nessuno. E’ quasi estate, fa caldo, stai sempre nudo, Tieni però a portata di mano sempre una vestaglia, non si sa mai. Per il resto vedremo. Busserai educatamente prima di entrare in camera mia od in bagno. Per il servizio ti faccio mettere in regola, ho dei vestiti di mio marito che ti vanno bene, trattali bene, finiti quelli te li paghi tu, tranne le divise ovviamente. Allungo la mano e tocco lo splendido cazzo. Era barzotto ed in un momento diventa semiduro, duro anzi. Lo stringo nella mano e lo guarda in faccia. Diventa paonazzo. Ieri sera ho visto che proprio non ci sai fare. Adesso cominciamo. Si Padrona. Lo dice con troppo entusiasmo. Alt. Ascoltami bene, godo solo io, tu no. E se ti pesco…niente seghe, chiaro? Vai adesso , rifammi il letto che poi facciamo scuola.

Far scuola. Mica semplice. Mi son fatta leccare la fica solo tre volte prima di ieri sera. Lui non ne sa niente ed io ad essere ottimista ne so poco, pochissimo. Se lascio fare a lui? Imbranato com’è…no meglio di no. Io devo essere la Padrona che sa tutto. E non intendo parlarne alle mie amiche, questo è certo, neppure a Marcella. Sono cose nostre di…no, non di Stefano e mie, solo mie. Non mi aspettavo fosse così arrendevole sin dall’inizio. Certo, è innamorato di me…ma devo, devo, cosa devo? Scopare no, è un assioma. Se ti fai scopare da uno schiavo smette di esserti schiavo e tu Padrona. Un contentino ogni tanto. Grazie al c… che contentino? Una carezza? Qualche bella parola? E’ innamorato di me, certo mi desidera, escluso scopare cosa resta? Resto io, accudirmi, farmi compagnia, coccolarmi e vedermi soddisfatta di lui…ma basterà o finirà per scoppiare? E’ un bel ragazzo, un bell’uomo. Ne può trovare di donne. Non deve avere il tempo di…ma all’università, e poi tutti i giorni solo…
A piedi nudi no, caro. Mettiti le infradito, sono nell’armadietto. E’ per caso eccessivo chiamarlo caro? Non credo. Eccolo! Se lo faccio sedere può sporcarmi la tappezzeria delle sedie. Stai in piedi. Lo terrò sempre in piedi tranne ordine diverso? Nessun cenno di ribellione o di, di cosa? Retro pensieri, pentimenti, calcolo? No, ne sono certa, quasi certa. Sto per sciogliere la vestaglia e spalancare le gambe. Ne ho una voglia da morire. Ma è meglio farla la lezione qui o altrove? In camera da letto no. Perché no. Guai a te se te lo tocchi! Forse inavvertitamente, solo per metterselo a posto, se lo è toccato. Mi accorgo di aver usato il tono giusto, da Padrona e ne sono fiera perchè mi è venuto spontaneo ed in questo momento sono determinata a fare qualsiasi cosa perchè capisca di dovermi ubbidire. Seghe! Mi rendo conto di dover toccare un argomento che consideravo ben oltre ogni mio più coraggioso intervento. Esito il tempo per riempire d’aria i polmoni e fissarlo negli occhi. Niente donne, quindi seghe. Sono decisa a non credergli, a frustarlo finché non confessa. Ballonzola quasi, scuote il capo, non osare mentirmi! Tace, poi abbassa la testa. Allora? Si Padrona, qualche volta. Alla buonora, era così difficile dirlo? Mi prende un sospetto che mi fa imbufalire. So che voi maschietti, quando lo fate, sognate sempre qualcosa di eccitante, ad una donna per esempio. Sta a testa bassa e ne vedo solo la fronte che visibilmente si imporpora. Vedo però un’altra cosa che mi lascia senza fiato. Il cazzo si alza, non di scatto come pensavo succedesse ma pur sempre rapidamente fino ad essere dritto in avanti. Sta per scappare? Fermo, resta qua, dove volevi andare? Su, rispondi. Lo devo incalzare, impedirgli di riordinare le idee. Hai continuato anche qui, lo so, ma prima di incontraci di nuovo a chi pensavi? A..Voi, sempre e solo a voi. Ovviamente lo hai fatto anche dopo che sei venuto qui! Di nuovo tace, solo un piccolo cenno di assenso col capo. Mi vien da ridere e contemporaneamente provo tenerezza per questo bellissimo bamboccio, avrei voglia di stringerlo, baciarlo e…e fare quello che non devo, sarebbe sbagliatissimo. Se lo rifai te lo taglio. Me lo porto in camera contro ogni logica e contro quanto avevo deciso. Sfilo la vestaglia, mi sdraio sul talamo nuziale con le gambe aperte che penzolano oltre il fianco del letto. Si chiama Bacio di Venere. Puoi usare la lingua e le mani ma prima te le lavi, voglio vedere cosa inventi. Non temere non mi rompi. Anzi, proseguo, lavati tutto, di tempo ne abbiamo. Potrei farmi baciare tutto il corpo, non solo la fica. Vedremo. Poi una idea. Internet, di certo c’è qualche pagina che spiga come fare. Ma non adesso, ‘trepilo’ tutta, tremo quasi e mi manca il fiato, ho la pelle d’oca. Aspetto il mio schiavo. Porto le mani a coppa alle mammelle e le stringo fin quasi a farmi male, una mano scende, la sinistra, mi allargo le grandi labbra sfioro il clitoride e non appena dà segni di vita stringo con la destra il capezzolo, forte…ma sta arrivando e mi ricompongo. Gli insegnerò tutto questo ed altro al al mio giuggiolone, mi piacerà e lo farò piacere anche a lui. Pensare che i primi tempi giudicavo puttane e strane le mie amiche. Lascio che mi tocchi. Gli dovrò dire di scaldarsi le mani la prossima volta, adesso no, non voglio smettere. Non ci saprà fare ma è bello. Da sballo, a farmi sussultare è un uomo che è mio. Mi appartiene, ne faccio quello che voglio e se sgarra questa sera lo frusto. Spero che sgarri, farò in modo che sgarri. La lingua e le dita percorrono la mia fica. Non cerca il mio puntino, forse neppure sa che esiste, ma ci insiste un attimo. Continua, no, non così, più su, piano, più piano, sii, così. Non ho mai provato un calore così pervasivo crescermi dentro, bruciante e dolce, ad ondate. Vorrei dirgli di…invece mi abbandono. Più tardi,gli faccio un ganascino, gli carezzo il capo. Non sei poi male. Devi imparare ma ti sarà facile. Ti è piaciuto? Fa cenno di si a bocca aperta, ansima un poco ed è pallido come un cero. Non capisco questi suoi rossori alternati allo sbiancamento in viso, non credo però sia importante. Farmi succhiare i capezzoli, leccare e carezzar le tette? Troppa grazia. Per questa mattina almeno. Cazzo se ho goduto! Non me ne frega più di tanto del giornale, fumo una sigaretta sul sofà in sala. Certo le ragazzole che me la hanno leccata erano molto più esperte, forse mi è piaciuto di più perchè a leccarmela era lui, il mio schiavo, il bellissimo Stefano che mi appartiene e non una lingua in prestito. Lui va e viene. Si abituerà a girare nudo. E’ giusto giri nudo per casa, è troppo bello per nasconderlo sotto dei vestiti. Certo, se avesse due belle tette…possibile! Tutto è possibile, compreso farlo diventare un ‘femminiello’, cioè un culo oppure femminilizzarlo. Farne una donna. Non castrarlo ovviamente, non con il bisturi. Non sono certa di cosa si tratti, ma così potrei godermelo a letto…mi informerò. Femminizzarlo per il poco che so eliminerebbe anche il problema delle seghe. O no? Devo proprio informarmi. Due settimane bellissime ed eccitanti. La novità di avere per casa un uomo per il quale non fai la serva gratis. Un signor marito, nel mio caso, che dedicava le migliori energie al calcetto e la domenica era allo stadio. Quanto al letto poi, meglio lasciar perdere. Se ne aveva voglia era obbligatorio e subito. Trenta secondi ed era fatta. Poi dormiva o fumava ma era finita. HO UNO SCHIAVO, se preferite un succube, ma il succo è lo stesso. Lo pago, è vero, posso permettermelo, e lo ho messo in regola come cameriere, ‘messo a libro’. E’ stata Marcella a suggerirmelo. Non potrà mai causarti problemi nel malaugurato caso…oppure se…
Due settimane in cui abbiamo imparato a conoscerci meglio. Abbiamo pian piano stillato, anzi ho stillato una specie di regolamento della casa, orari, doveri suoi: molti veramente; diritti suoi: in pratica nessuno. Lo ho stillato io ma qualche buona idea è farina del suo sacco. Su internet ho trovato cosa sia esattamente il significato di femminilizzazione o sissyficazione, un orrore. Non ho trovato nulla su come farmi baciare la cosina. Niente di tecnico od innovativo, neppure per una come me che non ne sa praticamente niente. Non posso certo chiedere in prestito una delle ragazzine di qualche amica per dargli ripetizioni!

Venerdì Stefano va ad uno stage. Un numero limitato di secchioni ed è importante per lui. Non posso certo rifiutare anche se comincio a sentirne la mancanza parecchi giorni prima. Sabato però ci sarà una cena, una cosa in grande. Nell’accettare dico a Marcella che Stefano è via e ci scappa un invito a cena con anche Angela e Barbara per venerdì sera , una cosa tra noi. Ed è venerdì, Inutile dire che sono subissata di domande. Lasciatela in pace ragazze, sapete che non è facile mettere in riga una novizia, un novizio poi…si ma al telefono almeno…con quello che magari origlia dalla porta? Ha ragione Marcella dice Barbara che pure, fino ad un attimo prima non era stata da meno di Angela nel darmi la croce addosso. Va bene, dall’ufficio niente perchè ci sono i colleghi, da casa neppure, ma adesso? Nessuno ride e mi guardano invece sorridendo del mio imbarazzo. Dai, Daria. Interviene Marcella, sappiamo che sei una novellina e che stai sgrossando un novellino, cosa da far tremare i polsi. Raccontaci tutto, a che punto sei arrivata, se comincia a fare qualcosa o se siete al punto di partenza…lo ai già punito? Ma si dillo,subentra Angela. Io torno a casa, comincio… e mi fermano subito. Non ci interessa quanto sia bravo a dare la cera, vogliamo sapere il resto. Stavo dicendolo…ma l’unica cosa che vi interessi sembra siano le sue capacità, particolari, diciamo. Marcella sorride ed assente, Angela sorride soltanto mentre Barbara mi guarda e basta. Mi piace averlo nudo per casa, tiene una vestaglia a tiro ma lo faccio stare sempre nudo, con il pisello al vento. Un gran bel pisello tra parentesi. Mi piace, e lo faccio spesso, prenderlo in mano e strizzalo, una specie di premio per lui e, ripeto, mi piace. Si immobilizza e trema tutto, sembra aspettarsi chissà che. La sera poi me lo porto in camera e…si fanno attente, molto attente. E cosa? Mi sdraio sul letto e mi faccio leccare la cosina. Sta imparando e bene, ma io non so bene come e cosa insegnargli. Si,certe cose mi piacciono più di altre ma non è sempre facile capire quali e poi spiegargliele. Le prime volte mi leccava come un cane poi…sta imparando. Sempre sul letto? Quasi sempre sul letto, lo preferisco al divano. Arrivano i piatti ed in presenza delle ragazze andiamo su cose più leggere. Come tiene la casa, gli orari, come sia bravo e delicato a lavarmi. Poi anche la loro presenza non ci frena più. Lecca bene? Chiede Barbara che in questo è molto esigente. Non so, non posso proprio dirlo! Mi guardano incredule e persino una delle ragazze di casa con le orecchie lunghe sembra meravigliarsene. Non lo so perchè…perchè è novizia anche lei dice Marcella mi viene al solito in aiuto. Lo siamo state tutte novizie, tutte siamo state ignorantelle, di su come fa? Comunque ti piace, ti soddisfa, godi? Mi piace mi soddisfa e credo di godere. Credi, soltanto credi di godere, Non te ne accorgi? Ma si, non fatemi fare la figura della scema. Certo che godo, sono stata sposata, ma non posso fare paragoni tra i due e le due cose. E’ il mio schiavo, lo faccio ubbidire, ma se non so dargli gli ordini giusti non imparerà mai. Tenete conto poi, è di nuovo Marcella, che ognuna di noi in genere ha fatto esperienza con un’altra donna. Questo con altre donne ha fatto cose, esperienze …diverse. Passo sotto silenzio che Stefano è vergine, ci tengo invece a far sapere che solo questo mese lo ho frustato due volte. Su, racconta. Telefono quando sono vicina a casa e lui prepara il bagno caldo. Lui era on ritardo ed io molto in anticipo. Non ha sentito lo squillo e non ha preparato. Avevo voglia di frustarlo ed ho preso la palla al balzo. Bravissima. Come ha reagito? Che frusta hai usato? Ho tre fruste, non dico che allora avevo solo la più leggera della serie, ho usato la più leggera. Gli ho dato dodici colpi, piano, troppo piano i primi poi sempre più forte, intervallandoli come vi ho visto fare con le vostre ragazze. Era legato, lo hai imbavagliato? Dove eravate, in camera tua? No, non in camera. Il bastardo aveva attrezzato una stanzetta a palestra. Ci pensavo da qualche giorno ed avevo il necessario. Gli ho legato i polsi poco sopra la testa e per il resto gli ho legato il pisello. Silenzio di tomba ed occhi interrogativi. Come per il pisello? E’ Marcella a sbottare incredula ed io ne gongolo. Glie lo ho toccato un poco e prima che diventasse del tutto in tiro l’ho legato ben bene. Pisello e palle. La cordicella era ben tesa e gli altri capi fissato in punti diversi, ben tesi, al muro. Se si muoveva anche di poco, si giocava le palle ed il pisello. Ho impiegato parecchio a prepararlo e passare sopra le cordicelle per colpirlo da tutti i lati come volevo non era semplice ma non si è mosso molto. Rido e ridono loro. Pensavo gridasse, ma non l’avrebbe sentito nessuno, invece niente, almeno all’inizio, poi qualche mugolio e dei gemiti agli ultimi colpi, vedete, cominciava a non resistere più ed un poco si muoveva. Poi lo ho lavato ben bene e lo ho premiato per essersi comportato bene. Un premio, che cazzo dici? Lo punisci e poi lo premi. Ma certo. Gli ho consentito di leccarmela e gli ho fatto una mezza sega, mezza soltanto. Di nuovo ridono, si sganasciano anzi dal ridere e per qualche momento temo ridano anche di me. Invece si divertono e approvano la mia inventiva. Stiamo finendo di mangiare e Marcella fa un brindisi, a me.

Per il caffè andiamo in salotto e mi dice di restare. Angela e Barbara avevano premesso, accettando l’invito di Marcella, che alle dieci dovevano andarsene e poco dopo le dieci se la filano. Marcella mi fa mille raccomandazioni e mi fa giurare il segreto. Ha in casa una ragazzetta, un favore che le è stato chiesto…
Ma cosa devo fare io? Vado a lavarmi, d’accordo, e poi mi spoglio. Poi cosa succede? Marcella ci pensa un attimo poi mi chiede se devo andare in bagno, pipì o altro. No, ci sono stata poco fa. Ed allora stai qui, poi fai quello che ti dico, stai zitta e ascolta. Se ne va tornando dopo poco. Un poco che mi sembra un secolo; in pratica non mi ha dato nessuna spiegazione ma considerato il tema…però, non è che sia io a fare il servizio all’altra donna? Spero proprio di no, non l’ho mai fatto. Forse dovrò solo assistere, assistere a cosa? Lo ho già visto fare senza imparare un bel niente. Eccola. Con la mia amica c’è una ragazza e chiamarla ragazza è quasi troppo. Questa è Bella, dimostra meno degli anni che ha, ti garantiscono che sono sufficienti. Forse lo dice per tranquillizzarmi, comunque è giovane e molto, molto carina. Adesso Bella, fai come ti ho insegnato. La spogli e poi il resto, piano, con grazia e dolcezza. Mi spoglia lentamente, ogni bottone un bacio, una carezza, è molto dolce. Si attarda sui seni ed i capezzoli ed infine, quando non restano che i mini slip li arrotola piano piano. Solo quando finisce di scoprire l’inguine…mi ero scordata della presenza di Marcella, e sussulto quasi sentendo la sua voce. Bravissima, Bella, adesso sospingila piano sul divano. Non faccio certo nessuna resistenza. Torno a casa solo domenica. Bella, la giovane e deliziosa schiava, schiava di chi? Mi ha fatta uscire di testa. Una bocca che sa di miele, morbida ed ubbidiente ma, di tanto in tanto e per un attimo solo, esigente. Ubbidiente quasi sempre ma talvolta esigente e ribelle, in tutto, per un attimo solo, poi, consapevole della possibile punizione, si offre immobile al colpo, che mai però arriva perchè impazzisco per lei, per il suo sorriso, per il suo sguardo, per le mani tepide sui miei seni ed i seni piccoli e sodi di lei sotto le mie dita, che guida per il piacere di entrambe. Impazzisco per le labbra e la lingue e perfino i dentini candidi ed aguzzi sui miei capezzoli, all’interno delle mie cosce fin quasi là, ma quasi sempre senza arrivarci. Mi guidava a fare altrettanto, imperiosa e dolce, diabolica. Tutto mi piaceva in lei: gli occhi limpidi che si annebbiavano ed incupivano nel piacere, la vita snella e le natiche poco più che appena accennate ma perfette e deliziose da esplorare e schiudere per scoprire la rosetta che ho imparato a baciare, deliziandomi nel sentirla fremere di piacere. Lei poi mi rendeva ad usura il favore. Andavo in estasi e amavo il monte di venere glabro ma cicciotto, la voce persino…Me ne stavo innamorando, perdutamente. Marcella però ha l’occhio fino e mi ha fatto un bel discorsetto. E’ solo una schiava, bella, di gran valore ma UNA SCHIAVA! Goditela, impara, ma…non fare stronzate. E’ la prima volta che la sento usare parole scurrili e ne sono impressionata. Poi ci ragiono sopra e ringraziandola, Marcella intendo, mi faccio fare dalla schiava, me la godo un’ultima volta e me ne vado senza salutarla. Bella intendo. Ho trascorso con lei però ogni ora ed ogni minuto di quei due giorni. Con Bella, la dolce Bella. Rientro a casa domenica, nel tardo pomeriggio. Stefano rientrerà dopo cena dallo stage, invece, sorpresa, è già qui, sia pure da poco. Mi faccio raccontare come sono andate le cose e vedo che è emozionato. Per l’andamento molto positivo di questi giorni faticosi ed impegnativi, suppongo. Mentre mi lava però sento che deve esserci qualcosa d’altro. Non è soltanto la probabilità, quasi la certezza di ottenere grazie ai risultati di questi giorni un voto migliore nell’esame che affronterà tra poco e la certezza o quasi, di farsi assegnare una delle pochissime tesi che questo insegnante concede. E’ importante per il suo futuro. Che altro? Qualcosa c’è, lo comincio a conoscere troppo bene per sbagliarmi. Dopo aver minuziosamente detto tutto quel che c’era da dire sullo stage, tace, come sempre e più di sempre. Ceno in vestaglia, servito da lui ovviamente nudo. Qualcosa mi ha colpito fin dall’inizio ma continuo a non capire fin quando, come consueto ormai, lo prendo per il cazzo per portarmelo in camera. Sempre a questo punto il membro si inturgidisce ed io, camminando, stringo ed allento la stretta, portandolo quasi al parossismo. So però quando fermarmi, cioè ai piedi del mio letto quando mi sdraio in attesa delle sue ancora penosamente inesperte attenzioni. Questa volta lo sento gonfio e duro, alla massima erezione fin da prima che lo stringa nel consueto massaggio del cazzo. Come mai? Mi ero ripromessa di iniziare da subito a trasmettergli, fingendola farina del mio sacco, quello che avevo imparato con Bella, invece lo osservo, lo studio mentre si sforza di darmi piacere con la lingua e le dita. Godo, è vero, ma è come sempre ‘pressapochista’, segue l’istinto, il suo istinto, cerca subito il centro del mio piacere o meglio quello che pensa esserlo. E’, se mai, più irruento e meno delicato, meno efficace. Sto per redarguirlo quando un dubbio, doloroso quanto un ferro rovente mi attanaglia. E’ stato con un’altra donna! No, impossibile! Scaccio questo dubbio peregrino, avrebbe poi imparato qualcosa mentre è il solito ed inesperto Stefano, solo più voglioso ed affamato di me e del mio corpo, molto più voglioso…di compiacermi, di farmi godere e nonostante quasi due giorni di passione erotica sconvolgenti, godo appunto, per poi abbattermi sfinita. Lo guardo e vedo il suo di sguardo, adorante e felice più che mai. Subito, vergognoso, distoglie gli occhi. No, nessuna altra donna od uomo, solo la sua fame di me per la lontananza di pochi giorni. Ne sono contenta ma per un attimo mi lascio prendere da una incomprensibile frenesia. Vorrei fargli male, legarlo e segnargli il petto e le cosce di dolorose zebrature a frustate. Colpirgli il cazzo ed i testicoli, farlo urlare. Perché mai? Per il mio solo piacere, per sentirlo ancora più mio! No, sarebbe sciocco, puerile ed inutile, non ora almeno, più avanti, tra qualche giorno, dopo l’esame almeno, anzi solo quando sarà pronto anche a questo. Una idea. Porta la scatola, ordino. Rido tra me per la sua espressione, pensa ad una punizione, questo ha voluto dire la scatola nelle due occasioni precedenti. Gongolo, sarà una sorpresa. Lo ammanetto a braccia e gambe divaricate. Lo carezzo tra le gambe, gli soppeso i testicoli, stringo il cazzo, il più bel cazzo che abbia mai toccato od anche solo visto e lui apre gli occhi, mi guarda sorpreso. Sorride di rimando al mio sorriso, ancora timoroso, dubbioso su quello che sta per succedere. Lo strizzo, è rigido, di ferro, col glande del tutto scoperto, si, il più bel cazzo della mia vita, il secondo che tocco, l’unico oltre a quello di mio marito che certo non maneggiavo altrettanto in libertà. Trattenendo a stento un sospiro di desiderio salgo a carezzare il volto, la mano scivola a sfiorare il corpo muscoloso, mascolino, così diverso dall’altro che ho carezzato a lungo in questi due giorni. Quasi mi ritraggo, per un attimo infastidita, quasi infastidita dalla diversità, perchè è un corpo perfetto, da urlo. Ti meriti un premio ed ora l’avrai. Vorrei baciarlo, vorrei baciargli il cazzo, vorrei usarlo ed impalarmici sopra. Non potrebbe impedirmelo. Impedirmelo? Ne sarebbe più che entusiasta. Ma non posso, non devo neppure sfiorarlo con le labbra questo splendido cazzo. Questo cazzo che mi appartiene. Non è giusto. Ecco, è una lezione. Ora, gli dico, ti mostrerò come devi carezzarmi. Non è la stessa cosa, siamo diversi, ma il principio è lo stesso, identico. Mio caro schiavo, questa è la prima lezione. Alcune cose importanti: il tuo bel cazzo non deve mai entrare in contatto con il mio sesso. La mia bocca è inviolabile al tuo membro ed alla tua di bocca. Sai che la frusta fa male. Sbaglia, disattendi anche solo minimamente a quello che ti ho appena detto e vedrai che esistono punizioni peggiori di quelle che hai sopportato.
Si, certo Padrona. A lungo, forse fin troppo a lungo bacio il suo corpo, ma non la bocca e men che meno la sua virilità. Comincio dalle orecchie e poi scendo a mordicchiare e torcere i capezzoli, giù, sempre più giù per poi risalire un poco e ridiscendere. Bacio, lieve, l’interno delle cosce, risalgo, mi avvicino allo scroto, poi risalgo. Non me ne accorgo ed un seno preme sulle sue labbra che schiude per suggere e lambire. Lappa il capezzolo per poi stringerlo appena tra i denti senza farmi assolutamente male, anzi…esito ma lo devo allontanare…e me ne dispiaccio. E’ tardi però, quei pochi attimi sono bastati a farmi quasi impazzire ed una vera frustata mi traversa il ventre e le reni. Stringo il cazzo e sono vogliosa fino al parossismo. Sfioro con le labbra schiuse la verga inturgidita, anche con la lingua forse, non so, non sono certa. Sono pazza e comincio a stringere ed allentare la mano nel dubbio se…oppure …ed alito sul glande scoperto, mentre gli stringo leggermente i testicoli. Non volevo arrivare a tanto ma non mi trattengo, non riesco a trattenermi e non può trattenersi lui. No Padrona, basta, io….ma è troppo tardi, il fiotto di sperma, con un arco perfetto quasi gli raggiunge il petto e io continuo tanto da raccogliere poi sulla mano le ultime gocce che odoro: sanno di buono.

Il letto è stato rifatto, noi siamo stati insieme sotto il getto della doccia ristoratrice . Uno spuntino di quasi mezzanotte si impone. Nudo ma di nuovo quasi pronto mi serve. Mangiando, ho fame, penso al futuro. E’ pallido, tiene gli occhi bassi, ti vergogni? E perchè mai? Volevo premiarti e ti ho premiato. Comunque mi appartieni e farai sempre e solo quello che voglio io, Chiaro? Prima che possa dire alcunché proseguo. Per qualche giorno, fino a dopo l’esame basta eccessive distrazioni, devi studiare. Farai solo il minimo per la casa, cucina cose veloci, conosci i miei gusti, e niente altre distrazioni serali. Gli sorrido e questo sembra rincuorarlo. Qualche leggero fastidio mi avverte che il mio ciclo sta forse per cominciare, in anticipo di un giorno o due. Capita. Studia, se non prendi un ottimo voto ti riduco a strisce con la frusta, dovrai dormire sulla faccia per una settimana almeno.

Temo che faticherò ad addormentarmi, rimugino a quanto successo prima con Bella e poi questa sera. Avevo pensato di provare amore per Bella, invece mi accorgo che solo mi piace farmela a letto. Mi piace molto, da morire, ma non è amore. Per qualche momento ho pensato di amare Stefano. Lo amo come amo questa casa, le scarpe nuove e lo splendido accendino d’oro e smalto che ho appena fatto riparare…mi piace, mi appartiene e…col cavolo che lo lascerò andare quando avrà finiti gli studi. Non si getta un accendino Cartier, un gioiello. Respiro a fondo soddisfatta. Me lo terrò; per allora, anzi molto prima, sarà uno schiavo sottomesso ed istruito a dovere. Felice di restare con me, di servirmi in tutto. Mi alzo e mi preparo al peggio posizionando l’assorbente interno. Lui imparerà a servirmi anche in queste cose intime. Perché no, è il mio schiavo.

Sono in ufficio ed è quasi ora di preparar le mie carabattole per tornare a casa quando suona il telefono. Rispondo un poco infastidita temendo sia una rottura di scatole tipo: si può fermare un paio d’ore in più? Ci sarebbe da…
Ciao Daria, sono…ciao Marcella…i soliti convenevoli mentre mi chiedo cosa voglia. Puoi parlare? Sei sola o disturbo? No cara, ho avuto da fare tutto il giorno ma adesso, e mento, stavo pensando di chiamarti, per ringraziarti. Se ti interessa, dice Marcella, pur senza essere una chiacchierona, Bella non smette di parlare di te. Mi fa piacere ed anzi volevo telefonare appunto per ringraziarti di due cose. Una è Bella, l’altra cosa è l’avermi avvertita di non fare la puntini puntini. E’ lei a ridere, quella sua incantevole risata roca. Non ti sei offesa? Per niente, anzi! Non è che per lei tu abbia qualcosa, che senta…No. Un no secco, definitivo, che Marcella coglie ed interpreta al volo come tale. E’ una che sente l’erba crescere. Capisce al volo. Ne sono contenta, prosegue, temevo di aver commesso un piccolo guaio, grosso anzi. Per un attimo avevo persino pensato…di avermi sopravalutata, finisco io. Aspetto, non mi ha chiamata solo per questo. Sono io nei guai, dice. Puoi parlare? Nessuno ci ascolta? La CIA forse. Alla Cia questo non interessa. Senti, io devo partire, a metà o fine settimana e non so cosa fare con Bella. La devo affidare a qualcuno di fiducia, di assoluta fiducia. Tu non potresti tenermela, diciamo per un paio di settimane. Esito, poi dico la mia. Per potere posso ma è come mettere fuoco e benzina insieme. In casa ho un maschio, un bel maschio focoso. Tu potresti tenertela in camera tutte le notti e…continuare come da me, se te la senti. Altra mia risata. Per sentirmela me la sento e se vuoi le faccio anche abbassare un poco le arie. Non è la notte il problema ma il giorno, per due settimane quei due da soli dalla mattina alla sera. Non ho neppure un posto, una cantina dove chiuderla, e sarebbe l’unica soluzione, è troppo bella per lasciarli insieme. Mi lascio convincere per poi ascoltare le mille raccomandazioni. Riassumendo: me la posso portare a letto e godermela come e quanto voglio. Posso addestrare Stefano con il suo concorso, non da soli ovviamente. Lei detesta gli uomini, è lesbica convinta. Quando la punisco, dovrei farla possibilmente punire da lui. (Non sono ancora certa che questo mi piaccia, ho detto che vedrò). Poso farla scopare da lui, me presente, come punizione. Ho detto di no. Posso scoparla io, incularla anche, mi fornirà Marcella il necessario, aggeggi di cui ho sentito parlare senza mai usarli e neppure vederli. Usare lo sverzino uno e due, il tre con prudenza, non devo lasciarle segni permanenti. Io il tre non l’ho. Comunque ci dovremo vedere ma si prospettano tempi a dir poco preoccupanti. Abbiamo deciso che questa sera ne parlerò a Stefano, non perchè abbia il diritto di dire la sua ma per spiarne le reazioni. Se l’idea gli piace troppo…inoltre me la affiderà qualche giorno prima della partenza ed in caso di difficoltà…provvederà diversamente.

Bella non c’è più e ne sento la mancanza. Anche Stefano è immusonito, strano. Non è che i due? Ma no. Lei, lesbica convintissima detesta solo l’idea di darsi ad un uomo e quando le capita, le rare volte che ha dovutofarlo in ubbidienza ad un ordine della padrona, è stata una vera e propria tortura, parole sue. Non le ho chiesto l’età nel timore mi dicesse quello che temevo e non volevo sapere, ma è giovane, forse, quasi certamente, troppo giovane e sono contenta di essermene sbarazzata, la famiglia siamo noi due. Stefano ed io, anzi no, Io ed il mio schiavo Stefano, ma non riesco a dimenticare quel viso, gli occhi sognanti, il corpo delicatamente e deliziosamente disponibile e…le mani, la bocca e la linguetta impertinenti. Mi ha fatta spasimare, ha detto che era felice di essere mia. Ero stata io a posare la bocca sulla sua delicata rosa nascosta, a sollecitarne la rugiada. Per un momento ho sperato che, per qualche caso della vita, la abbandonassero a me. Assurdo. Certo la sua perfetta testolina di schiava sa anche cosa dire a chi voglia piacere. A me voleva certo piacere e cercava di compiacermi in tutti i modi. Una volta però, non avvedendosi di essere spiata, dal suo volto è sparito il sorriso e la schiena si è curvata, c’era solo stanchezza, noia e forse disperazione in quella figura di donna bambina. Per fortuna il giorno stesso Marcella mi ha chiamata. Bella doveva tornare a casa, potevo portargliela? Era stata mia per più settimane, oltre un mese, un mese di deliziosa passione e di fruttifere lezioni di sesso al mio beneamato schiavo Stefano. Non avrei più potuto predere o darle piacere ne tantomeno batterla, estorcerne lacrime.La prima sera, dopo cena e dopo il consueto caffè ho preso per il cazzo Stefano strizzandolo appena, avviandomi, con lui al seguito, verso la camera da letto. Si è irrigidito tutto, non il cazzo che anzi mi è parso meno turgido del solito, era lui irrigidito, ho capito, pensava che sarei stata più riservata o qualcosa del genere. Che c’è, ti vergogni? Si, si vergogna. Non essere ridicolo. E’ una schiava come te. Un cenno a Bella appena tornata dalle consuete e convenienti abluzioni e proseguo verso la mia camera con i due dietro di me. Anche Bella è meno distesa del solito, la cosa è nuova per tutti. Mi faccio spogliare ma con un sorriso respingo le avances di lei. No, prima dobbiamo parlare dico, poggia il tuo bel culetto per terra e rivolta a Stefano un poco in disparte: anche tu, ed ascoltatemi bene tutti e due. La guardo, si siede con movimenti aggraziati, eleganti, poi aspetta compunta in attesa che parli. E’ un fiore in boccio, deve aver subito un addestramento prolungato da gente in gamba, esperta. Certamente un addestramento molto protratto nel tempo oltre che attento, ma se è così giovane quando ha cominciato, quanti anni aveva? Persino nel sedersi e nella posizione che deve assumere, per istinto o per abitudine consolidata, no, non solo, si muove, ponendosi…non so come esprimere quello che penso e che non poco mi turba. nondimeno quasi vorrei mandare Stefano a dormire per averla subito tutta per me. Meglio di no. Stefano poi si è messo in posa quasi come un modello. Ci manca solo che serri i pugni e gonfi i muscoli. Per lei? Forse, istintivamente, ma no, è puro esibizionismo istintivo di un galletto che sente insidiata la sua posizione. Mi guarda sott’occhi, incuriosito forse dal mio silenzio che sta cominciando a protrarsi. Bene, vivremo insieme per qualche tempo. Detto le regole, spiego quel che è lecito, e che tutto il resto è proibito.
Userò la frusta senza risparmio alla minima infrazione ed anzi cara, se mi farai arrabbiare, ti lego e poi lascio che il mio schiavo si diverta con te, sai cosa fanno i maschietti in questo caso alle belle schiave per divertirsi. Stefano sussulta ma lei sembra quasi svenire. Inoltre voglio tu lo istruisca su come si fa godere una donna ed anzi cosa piaccia a me. Ormai mi conosci bene, teoria e pratica, tutto. Per il resto, durante le mie assenze, durante il giorno, gli darai una mano nel tenere pulita la casa e farai quello che ti dirà. Sono state settimane molto belle ma a dirla tutta, per quanto tra i due sia cresciuto un certo affiatamento, sino alla fine sembravano guardarsi con sospetto, ma in due in casa si facevano anche compagnia, ed è di questa compagnia che ora Stefano sente la mancanza. Lei, quando erano soli o quando pensava non la potessi sentissi, talvolta lo chiamava ‘maschio zuccone’ per la difficoltà che trovava nel fargli capire cose ovvie. Ovvie per lei e per tutte le donne, meno ovvie per Stefano e tutti i maschietti. Lentamente ma impara, talvolta lo redarguisco e persino lo punisco, altre volte si dimostra all’altezza, supera le aspettative e lo premio. Si abitua al ‘voi schiavi’ al posto di ‘tu Stefano’. Anche se fa di tutto per nasconderlo, ne è, almeno al principio, infastidito. Gli passerà, ho pensato e gli è passato. Li punisco entrambi, più volte, con il vecchio caro numero uno.
Lo preferisco al due ed alle altre fruste. Più leggero e facilmente maneggevole, meno doloroso, segna meno a fondo, in ogni caso, dopo qualche giorno i segni scompaiono, almeno se si usa quel gel verde e puzzolente che dicono bruci da morire, peggio dello scudiscio. Mi piace talvolta penetrare con il fallo che mi allaccio con i cinghietti di cui è provvisto, nella fighetta di Bella e talvolta, anche se lei lo apprezza pochissimo, nel suo bel culetto. Le faccio male, Marcella però me lo ha espressamente richiesto, come d’altronde mi ha chiesto di trovare e se necessario inventare scuse per frustarla. Non mi piace frustarli ed ancor meno usare un cazzo di plastica per scoparla ed incularla. La natura ci ha dato la fica per prenderci dentro il cazzo degli uomini non degli aggegi di plastica. Ecco, non provo nulla nel vederla torcersi, nel sentire i suoi lamenti mentre il fungo le dilata il culo, se non l’orgoglio di poterlo fare, di sentire che per qualche tempo almeno mi appartiene. E’ mia ed ho il diritto di fare e di pretendere faccia quello ch voglio. Se si torce per il dolore non ne godo, mi piace però, ma è forse solo l’orgoglio della padrona a farsi vivo. Mi piace sentire quattro mani e due bocche sul mio corpo. Comincio a non distinguerle più almeno immediatamente, come fatico un poco a distinguere, per un momento almeno, le bocche e la lingua. Dopo un attimo è impossibile confonderli. Bella è dolcissima, disponibile, ma conoscendola come inizio a conoscerla, mi nega una parte importante di lei, manca della disponibilità senza riserve di Stefano. E ‘ un poco leziosa, studiata nel parlare come in tutto il resto. Ricorderò lo stesso con infinito piacere queste settimane anche se non riesce a far parte della famiglia. Forse non vorrei neppure ne facesse parte. Il perchè non lo so, mi è cara, simpatica, a letto è deliziosa, fuori del letto servizievole ed ubbidiente…La abbiamo riportata da Marcella un sabato mattina, il tempo uggioso non aiutava, non induceva certo alla allegria. L’ha fatta spogliare subito ed esaminata minuziosamente. Le ha fatto servire un aperitivo e ci ha lasciati per qualche minuto, dieci minuti e torno, tu vuoi fermarti da me? Solo un boccone, loro ci serviranno a tavola. Tornando poco dopo e prima del previsto si è scusata ma doveva sospendere l’invito, rimandarlo, non poteva fare diversamente. Meglio, torniamo a casa che è calda, accogliente mia. Stefano scalda il polpettone che aveva cotto ieri sera con lei. Già, tutto parla di lei. Bella e Stefano, una sera ciascuno, servivano a tavola e l’altro o l’altra faceva da aiutante. Poi, dopo il caffè c’era la marcia del cazzo. Qualche volta era Bella ad impugnare il cazzo ed accompagnarlo fino al mio letto. Non ho capito mai se le facesse piacere o ne provasse fastidio. E Sul ripiano basso stavano in bella mostra manette, fruste e cazzi di plastica più che altro per la soddisfazione mia, per la minaccia ed il potere, il mio indiscusso potere che rappresentavano. Li ho frustati qualche volta e qualche volta ho usato con Bella il dildo più piccolo. Ho avuto la tentazione di incularmi lui, lo farò anzi…prima o poi. Sta diventando sempre più bravo. Sto a gambe aperte e la gonna tirata su fino ai fianchi, sul divano fa quello che deve, me la lecca con una certa abilità ormai. Non si avventa sul clitoride o sui capezzoli ma ci arriva lentamente, per gradi, stimolandomi con abilità ma non con la maestria e la dellicatezza di Bella. Trovo idiota, disponendo di un letto comodo, stare qui sul divano a fare i contorsionisti ed andiamo sul letto dove mi spoglia. Vorrei usarlo come maschio, la tentazione è forte, quasi irresistibile. Perché mai dovrei resistere? Mi appartiene, è il mio schiavo. Ma le convenienze nel nostro gruppo impongono di evitare tassativamente i rappoti sessuali con schiavi maschi. Niente da obiettare se hai plotoni di amanti ma con il tuo schiavo non scopi. Discutibili i baci sulla bocca e comunque solo in certi modi, niente penetrazioni, neanche un dito nella mia fica o tantomeno nel sedere. Neppure posso inculamelo con l’aggegio che si lega in vita è di ben poca soddisfazione. Posso ficcargli peraltro qualsiasialtra cosa su per il sedere… Stringo il guinzaglio da strangolo, se si ribella, se voglio, in un attimo soffoca e lo sa. Le mani scorrono delicate sul mio corpo, le unghie lungo la spina dorsale scatenano un mare di brividi, schiude la fessura tra le natiche e la lingua, percorsala su e giù più volte, fattasi puntuta, finge di cercar di entrare nel buchetto del popò mentre la mano sfiora l’altro buchini più sotto ed il clitorie. Mi piace, dio se mi piace. Mi giro sulla schiena, alzo le ginocchia, ricomincia. E’ bellissimo avere uno schiavo. è bellissimo avere Stefano come schiavo. E’ bello, forte, ed ha un cazzo che non ho mai provato ne mai proverò, ma…quando lo sento premere sulla mia pelle mi manda in visibilio, acciaio ricoperto di velluto di seta. Vado un poco su di giri e va su di giri anche lui, ne sono certa. Di nuovo ed ancora le mani e la bocca percorrono tutto il mio corpo facendomi sciogliere in un piacere tanto grande da divenire quasi un tormento, ha morso con un filo di forza in più un capezzolo e lo sa, vi insiste allora in mille dolcissimi modi ed in fine è tra le cosce spalancate in attesa. Schiude delicatamente le grandi labbra, si dedica dolcemente ed a lungo al mio sesso finchè ho il primo sussulto, poi altri infiniti sussulti inarrestabili. Devo frustarlo e lo sa. Per un attimo le labbra hanno sfiorato le mie. Ha osato, finalmente. Ne sono estasiata ma lo punirò. Appena un poco ma devo punirlo. Si, lo punirò, almeno ufficialmente e per il resto vedrò, merita anche un premio. A casa di Marcella. E’ un po’ che non ci vediamo mi dice, stringendomi la mano ed abbracciandomi.Una brevissima occhiata a Stefano, poi i suoi doveri di padrona di casa la assorbono per qualche momento. E’ bello Stefano, un fusto. Un paio di Padrone e tutte le schiave, no, bisogna chimarle succubi, se lo stanno mangiando con gli occhi. Hanno tutte le ragioni di guardarselo. Non è uno di quei tizi palestrati tutti muscoli e niente cervello, ma un uomo, un ragazzo anzi, ha meno di venticinque anni, alto senza esagerare ma con due spalle larghe ed i fianchi stretti, muscolose le chiappe, e che chiappe, per non parlare del resto. Forse il viso è troppo dolce, se la mascella fosse più squadrata…lo è già squadrata ma a me son sempre piaciute molto squadrate. Gli occhi sono il suo pezzo forte oltre a quello che nasconde davanti e che conosco bene ma che vorrei conoscere meglio…

Se pensate che ad una cena di lesbiche con le loro amanti e succubi succedano cose turche avete ragione a metà. Quella di questa sera è una cena che fa parte dell’altra metà. Ci sono lesbiche e bisex come me, non mi dispiacciono le carezze di una bella sottomessa, ma tendenzialmente sarei per i maschietti. Non ho una succube ma un succube, Stefano appunto. Le Padrone vestono normalmente, e si sono accordate perchè le loro succubi indossino delle tunichette succinte di colori e taglio diversi ma inconfondibili. Ci sono anche alcuni maschietti, più o meno bellocci e chiaramente a disagio in mezzo ad una trentina di donne più o meno giovani, più o meno belle, ma tutte abituate a muoversi in questo ambiente. Il più a disagio è di certo Stefano. Poco male, deve abituarsi a stare in ‘società’. Indossa un gilet azzurro cielo a pelle e pantaloni allacciati al ginocchio, di pelle morbidissima color oro, in vita una fascia cremisi. Vistoso ma così lo volevo e gli altri non sono da mano. Una buona cena, come sempre quando a fare gli onori di casa è Marcella. E’ ricca e può permettersi cene affascinanti, il servizio poi non le costa niente, sono le sue schiave e le schiave delle invitate a fare tutto il lavoro.

La cena è finita, alcune delle Padrone se ne se ne sono già andate, qualcuna è certamente nel saloncino a provare le virtù amatorie di qualche ‘nuova’ adepta ai giochi di lesbo, è normale far provare alle amiche le nuove succubi, ma da Marcella il tutto avviene con notevole discrezione. Nel salone siamo meno di dieci Padrone, con qualche schiavo e qualche schiava a servirci. Qualcuna fuma, altre bevono il bicchiere della staffa. Non è stata comunque una serata ‘umida’, nessuna di noi ha bevuto più del lecito. E’ quasi sempre così da Marcella che in compenso offre piatti e vini squisiti. Stefano sta versando un passito eccellente da una bottiglia di cristallo alla mia dirimpettaia. E’ tuo quello? Non serve molta fantasia per capire a cosa alluda la donna, non più giovanissima, seduta poco distante. Al mio cenno di assenso lo guarda di nuovo, poi, alzando il bicchiere verso di me, bellissimo, dice, congratulazioni, te lo scopi anche? Non so come si chiami e non l’ho mai vista prima di questa sera. Scuoto il capo, seguo la Regola, e devo averlo detto facendo capire che la cosa, scoparmelo, non mi spiacerebbe affatto. Quindi tu non sei una monosex. Lasciala in pace, Daniela, si è unita a noi da poco, non traviarmela. E’ Marcella che si era avvicinata, elegante come sempre. Non la voglio traviare… si parlava solamente del problema, del solito problema. E’ di qui che parte la discussione. Con mia sorpresa tre delle Padrone presenti, Padrone di maschietti, non seguono la ‘regola’ e difendono le proprie idee. Mi trovo presa in mezzo, interpellata, coinvolta, e non mi dispiace. Mi piacciono le affettuosità di una bella succube, pulita, ubbidiente, disponibile, ma istintivamente sono anche portata ad apprezzare le affettuosità più rudi di un bel maschio. So di non aver difficoltà a portarmi a letto un uomo e penso di potermelo scegliere attraente e come piace a me. Che di tanto in tanto lo faccia o meno sono fatti miei e non voglio parlarne. Ma no parla pure. Solo adesso vedo che succubi non ce ne sono, certamente allontanati con un cenno discreto dalla padrona di casa, Marcella, che sembra interessata, soddisfatta dall’argomento toccato. Più tardi, a casa, mi faccio lavare ed accudire ma so che faticherò a dormire, nonostante ormai Stefano sia squisitamente delicato, quasi femminile nel darmi piacere in tutti i modi tranne in quello per cui è tanto dotato. Certo, posso trovare quando voglio un compagno di letto, ma qui nascerebbero i problemi. Un amante accampa molte pretese, sempre, se non subito, dopo un po’ di tempo. Se ti piace devi darti da fare perchè non scappi. Se te ne sei stufata spesso fatichi a liberartene. Questa è la tesi delle lesbiche pure. Nascondono forse anche a se stesse che a loro gli uomini piacciono poco o niente del tutto. Non ho mai avuto un amante. Oltre a quello str…di mio marito, che ha esercitato i suoi diritti coniugali poco e penso molto male, mi son portata a letto solo Stefano, ma secondo le ‘regole’. Sono l’unica donna che lui abbia mai portata a letto, il che significa, e gli credo, che non abbia mai scopato. La tesi delle mie amiche, Marcella compresa, è che se ti scopi il tuo schiavo, questi smette in fretta di esserlo, uno schiavo, sostengono, diventando un amante pieno di pretese. Su questo non sono d’accordo. Dipende dalla Padrona, ho sostenuto. Se non ha polso può facilmente succedere. Se ha polso, se è una vera Padrona, le cose restano le stesse. Tu Padrona e lui schiavo. Forse la cena più lauta del consueto, forse un paio di bicchieri di vino in più, ma contro le mie aspettative godo appieno delle carezze e della lingua ormai sapiente di lui e senza accorgermene cedo al sonno.

Il lavoro in ufficio mi distrae ma non abbastanza. Mi accorgo di osservare con interesse uno dei colleghi. Gode fama di essere un notevole ‘tombeur des femmes’. Un bell’uomo sui quarant’anni. Uno però tanto stupido da parlare troppo. C’è un nuovo collega, più giovane, non male, ma sta per sposarsi ed infine c’è l’ultimo arrivato. Che lavori con me, sotto di me anzi, rende impensabile qualsiasi cosa, dio me ne scampi e liberi, ed è un peccato perchè è simpatico anche se non proprio un Adone. Tiro un sospiro e distolgo gli occhi e la mente dal pacco che talvolta mostra davanti ed il sedere decisamente uno dei migliori mai visti, ben fatto quanto quello di Stefano e forse anche meglio, tutto sommato certamente un poco meglio.

Non mi meraviglia la telefonata di Marcella. Sa che a quest’ora la maggior parte degli impiegati se ne è già andata ed io sistemo le ultime cose e controllo che chi resta abbia da fare qualcosa di più che far passare il tempo ed accantonare straordinario od ore da recuperare per qualche giorno in più di vacanza in futuro. Fa parte del mio lavoro e mi fa comodo, non tanto per lo straordinario, quanto per qualche ora in più che poi rimetto in pari venedo al lavoro più tardi la mattina. E’ una lunga chiacchierata che mi lascia esterrefatta. Sai, cara, per ieri sera, tutto sommato…esita e penso voglia, nel suo modo cortese, dirmi che ho esagerato nel sostenere le tesi delle ‘altre’. Con mia sorpresa invece mi dà, almeno in parte, ragione. Non è sbagliato, se hai un succube, deve esserlo nei modi che la Signora esige. Tu non sei mai andata oltre le ‘regole’ e non hai permesso a lui di farlo. Ben poco, replico e quando lo ha fatto è sempre stato un errore involontario che sempre ho punito adeguatamente. Poi mi scappa da ridere e non so trattenermi. Qualche volta, diciamo per sbaglio sono stata io ad andare un poco oltre le righe ed ho punito lui. E’ Marcella a ridere. Penso che la ‘regola’ vada almeno parzialmente rivista, sai che è vecchia quasi, anzi probabilmente più di duecento anni? Certo che lo so, o meglio te lo ho già sentito dire e la cosa mi ha meravigliata. Due secoli fa le signore erano trattate come schiave dai mariti, anzi da tutti i maschi di famiglia che invece se la spassavano fuori casa. Che ci fossero delle lesbiche era naturale, ci sono sempre state. Due o tre Signore hanno fatto un club femminile, molto esclusivo. Solo alta società. Accettavano nuove adepte con molta prudenza e con maggior prudenza ancora cercavano delle belle servette. Era indispensabile che i maschi ne fossero esclusi altrimenti di certo sarebbe venuto tutto a galla in fretta. Nel circolo talvolta entrava a farne parte anche qualche loro figlia, non sposata persino. La verginità era un obbligo sociale, gli anticoncezionali esistevano ma procurarseli dall’inghilterra quasi impossibile per delle signore. Adesso ci sono donne che preferiscono succubi maschi anche senza rapporti sessuali ed altre che invece… Vedo arrivare il gran capo e la saluto ripromettendomi di tornare sull’argomento

Sono piuttosto contenta. Un bagno come sempre piacevole, una cena preparata e servita accuratamente, poi il caffè. Questa sera c’è un documentario che mi interessa, nondimeno spesso abbasso gli occhi al mio schiavo. Gli studi vanno non benissimo, ma abbastanza bene. Intendo dire che non riuscirà a laurearsi nel tempo da lui previsto, ma quasi. Basterà dargli da fare e da pensare ad altro e sarà fatta. Già così prima della laurea sarà completamente mio, usando la dolcezza e lo scudiscio a seconda dei casi. I segni dell’altra sera sono ancora ben visibili. Ho colpito a lungo e più rudemente del solito. Ora siede sui talloni, in attesa di ordini che per ora non darò. Mi piace guardarlo, attento ed al tempo stesso rilassato ma pronto ad ubbidire a qualsiasi ordine. Nel mio intimo penso sempre a Stefano come al mio ‘schiavo’, lo chiamo sempre schiavo, uno schiavo ormai abbastanza avanti sulla via della totale soggezione ed abbastanza ben addestrato. La punta della lingua umetta le sue labbra. Si chiede forse come si concluderà questa serata. Ha ragione di temerlo, non può sapere che non ho ancora deciso niente. Assolutamente niente, anche se la conversazione con Marcella mi ha acceso il fuoco dentro le mutande. Un mezzo sorriso ed un cenno ed è già più vicino, concentrato al massimo. Il mese trascorso da Bella in questa casa è stato veramente utile. Senza sminuire assolutamente la sua mascolinità gli ha insegnato ad essere più dolce, accattivante ed esperto nella tecnica di come dare piacere ad una Padrona, me. Non so cos’altro dire, ma è infinitamente migliorato. Un altro cenno, ho mosso solo l’indice ed è in ginocchio tra le ginocchia che schiudo, un altro cenno di un solo dito e scioglie la cintura della mia vestaglia e ne scosta i lembi scoprendomi dai fianchi i giù. Ormai legge perfettamente i miei cenni, sembra quasi indovinarli anzi anticiparli. Scuoto le spalle scoprendo parzialmente il petto che sento già più turgido mentre le mani calde ed asciutte partendo dalle dita dei piedi che massaggiano delicatamente, salgono lentamente, precedute e seguite dalle labbra morbide. Arrovescio il capo, della televisione non mi importa più niente, scopro del tutto le mammelle che accarezzo, i capezzoli sono già eretti. Vorrei procedesse più spedito verso l’unico mio capo di abbigliamento, un paio di mutandine di velo di seta, attendo in ansia quasi febbrile. Allungo la sinistra e trovo le sigarette, lo freno, non voglio si distragga, accendo io. Ad occhi chiusi godo di ogni singolo momento, in attesa del piacere, all’inizio dolce che si fa viepiù intenso mentre raggiunge e supera le ginocchia, risale l’interno morbido delle cosce e fatico a trattenermi dal serrarle, quando la lingua che saggiamente aveva preservata, comincia a lambire la maledetta stoffa sottile, ne cerca i bordi provando a sollevarli a intrufolarvisi sotto per raggiungere la vulva. La saliva si mescola ai miei umori, preme seguendo la fessura del sesso, sussulto, sussulto di nuovo, senza avvedermene ho scoperto ancor più le mammelle che stringo, quasi torturo, torcendo i capezzoli. Non sono mai arrivata a questo punto sul divano dopo le prime volte, quando avevo un controllo su di me quasi inesistente. Non devo godere qui, non voglio. Vorrei dirgli che mi è molto caro. Mi limito a carezzargli il capo scostandolo da me. E’ l’ora della ‘marcia del cazzo’. Adoro la marcia del cazzo. Si alza lentamente con la fluida agilità di un felino, senza scostare gli occhi dal mio corpo. E’ fame di me, ne sono certa e riconoscerla mi fa impazzire ogni volta, è questa fame che mi fa certa di non perderlo se sarò abile abbastanza. Qualsiasi donna si esalterebbe vedendo una simile passione negli occhi di un uomo. Mi alzo anch’io lasciando la vestaglia sul divano. Pure io faticherei a scostare gli occhi dal suo corpo snello e superbamente mascolino, dalla sua virilità tesa verso di me quasi a renderemi omaggio. Non ho ragione di smettere di guardarlo. Segue il cerimoniale ormai consueto, ruota su se stesso e lo ammiro apertamente, perchè mai vergognarmene, è il mio schiavo ed è da ammirare, anzi da mangiare, anche se mangiarlo non è quello che ho in mente da qualche tempo. Serio in volto attende rivolto verso di me che con la sinistra afferro con deteminazione, da padrona, il simbolo che mi offre e mi appartiene; mi avvio verso la camera ed il letto. Indosso ancora le mutandine, un vezzo, certo non una difesa, ad ogni passo allento ed aumento la stretta sul cazzo, con attenzione però. Ancheggio senza esagerare. Le due cose in pochi momenti accresceranno la sua eccitazione che pecepisco dai fremiti nella mia mano ed accrescono la mia bramosia. Lui ha fame di me non arriva alla frenesia ma… La camera, il letto su cui mi stendo senza mollare la presa e facendolo quasi rotolare sopra di me. Si scosta per quello che può e si scusa. Toglimele tu. Una idea improvvisa ed una cosa inconsueta. Per un attimo penso non abbia capito. Ha capito. Me le sfila con dolcezza, levità, delicatezza e persino qualche tremore. Ne godo immensamente osservando anche il suo rossore, ne è quasi rapito. Mi ha visto il sesso decine di volte, e da vicino. Lo ha spesso baciato, lo ha carezzato, vellicato con le dita e con la lingua ma è la prima volta che lo scopre, che mi sfila e mi toglirmi le mutande… Ora sono completamente nuda, oscena se con me non ci fosse che uno schiavo addestrato ad ubbidire. Non c’è oscenità davanti ad uno schiavo. Uno schiavo che ho fatto gemere sotto la sferza per aver non osato ma sbagliato sfiorandomi con le labbra l’angolo della bocca.

Seguo con i polpastrelli i segni ancora in rilievo che gli adornano il torace e la schiena. Li seguo con le labbra, li seguo con la lingua tenendo spesso il suo membro che vorrei dentro di me almeno stretto nel pugno. Lo ammanetto fermando i polsi alla sbarra della testata. Non serve, gli dico, ma così ti sento più mio. Sono felice di essere vostro, Padrona… sempre di più. Poi tace, chiude gli occhi e forse sorride. Girati. Ubbidisce ovviamente. Adesso ti sodomizzo, ti rompo il sedere. Un attimo solo poi mormora qualcosa del tipo: come volete, sono il vostro schiavo. Un’altra decisione follemente subitanea anche se da tempo vi fantastico intorno. Perchè no. Mi lego ai fianchi i cinghietti fastidiosi, poi si tratta di scegliere quale dei tre falli, diversi per dimensione, unire alla imbragatura. Con Bella ho usato il più piccolo e poi quello itermedio. Decido per il medio, poi cambio idea ed opto per il più grande. Prendo Stefano per i capelli e gli faccio alzare la testa. Bagnalo bene, è meglio per te. So che bella lo ha istruito anche in questo. Fisso il pene fasullo alla imbragatura, cerco un po’ dei miei umori ma si sono nel frattempo asciugati. Ne farò a meno. Se a Bella ho infilato su per il sedere il secondo, questo per un maschio non dovrebbe essere troppo. Lei però poteva avere in materia esperienze precedenti. Esito un attimo temendo di lacerarlo. Spero solo di non lacerarlo, ormai l’oggetto è ben posizionato, sono presa dalla frenesia e gravo su di lui. Si inarca tutto, un rantolo appena frenato gli esce dalla gola, premo di più e sento il pene sprofondare dentro le sue viscere e me ne inebrio, esulto. Non posso vedere e porto allora la mano a controllare. E’ ancora quasi tutto fuori ed allora non solo gravo con tutto il mio peso ma dò anche un gran colpo di reni. Ora si che lo sento entrare sia pur con qualche resistenza nel corpo del mio schiavo, mio, assolutamente mio, schiavo, schiavo! C’è quasi uno spirito di rivalsa che non avevo provato con Bella. Provare dolore nell’essere deflorate e spesso anche dopo è un retaggio femminile. Provino anche gli uomini cosa voglia dire. Ansimo un poco. Non pensavo potesse essere faticoso spaccare il culo ad un uomo. Esco e rientro più volte, con qualche pausa sempre più lunga. Va fatto così mi hanno detto. Ora è più agevole, almeno per me, alzo i fianchi e premo sentendomi scivolare con crescente facilità. Bello, esaltante. Capisco in parte almeno cosa voglia dire sottomettere un uomo od una donna. Ma sono stanca. Prima di uscire di lui l’ultima volta sto ferma a lungo, quanto non so. Gli devo aver fatto un male cane ed un poco mi spiace. Poi le mie considerazione su quello che subiamo noi donne valgono solo fino ad un certo punto. La verga è sporca, domani la pulirà lui. Mi slaccio in silenzio, non so cosa dirgli e mi vergogno per quello che gli ho fatto. Lasciandolo legato vado in bagnio ad orinare, col getto della doccetta pulisco l’asta che ho staccata proteggendomi le mani con della carta igienica che però si scioglie sotto il getto e mi rilavo. Prima di liberargli i polsi esamino la parte, lo sfintere è molto gonfio rosso, tumefatto, ma non c’è sangue. Gli cingo il collo con il guinzaglio a strangolo, non si sa mai, gli ho pur rotto il sedere, potrebbe reagire male. In bagno gli faccio fare la doccia. Nel suo bagnetto ovvimente. Siamo entrambi silenziosi. Lo aiuto ad asciugarsi e poi me lo riporto a letto. Continuo ad essere dispiaciuta di avergli causato tanto dolore, è quasi svenuto, ma ora o se ne va subito o resta come mio schiavo, forse per sempre. Lo ho umiliato oltre ogni limite, cosa c’è di peggio per un uomo? Sarebbe stato peggio solo se la cosa fosse stata fatta sotto gli occhi di altri, in pubblico. Cosa posso fare ancora? Ci penso un poco, valuto i vantaggi e gli svantaggi per poi munirmi del necessario. Non è debolezza ma desiderio di preservare in salute questa mia proprietà. Faceva parte della roba che Marcella mi aveva dato per Bella. Una specie di pompetta con un grosso ago di plastica, grosso quasi quanto il mio mignolo e tutto bucherellato.Prima gli ungo lo sfintere poi vi introduco l’ago e dai forellini laterali so che esce lentamente una crema apposita, emolliente, antidolorifica e utile in situazioni come questa. Ti fa molto male adesso? No, Padrona, solo un poco, passerà. Sei mio. Si, certo, Padrona. Il male passerà, e non è più tanto, anzi. Cosa vuol dire, che neppure prima gli ho fatto molto male? Mente o non sa cosa dire, di certo. Mi fa pena. Lo carezzo, lo stringo a me e nel farlo sento il suo pene inturgidirsi. Sto quasi per offendermi ma considero che sia quello che cercavo. Altre carezze, altri baci, dappertutto. Non mi accorgo di averlo portato a questo punto se non quando dice basta, ma è troppo tardi. Capisco quel che sta succedendo solo dopo qualche momento. Gli sto carezzando lo scroto ed eiacula, gode. Singhiozza tra le mie braccia, ripete di amarmi e di essere felice di essere mio schiavo. Sono imbarazzata, lo cullo fino a tranquillizzarlo. Serve un’altra doccia oltre ovviamente a lenzuola pulite. Vedo due occhi fissarmi, un volto quasi sorridente, sento la sua voce che dice di amarmi e di essere felice di essere mia proprietà. Sono vostro, Padrona, mia amata Padrona e sono e sarò felice di ubbidirvi in tutto e sempre. Di nuovo lo copro di carezze. Io sono felice di averlo come schiavo. Arcifelice. Non ne sono innamorata per caso? No, certo che no, lo amo come amo il mio bel accendisigari, un gioiello che tratto con tutti i riguardi e presto per accendere la sigaretta solo se non posso evitarlo. Non altro. Penso mentre pian piano, spossata, sento il sonno appesantirmi le palpebre, che sarà mio per sempre od almeno fino a quando lo vorrò. Dolore e dolcezza. E’ bellissimo possedere uno schiavo. Sono uscita di casa irritata col mondo intero e me la sono presa con Stefano. Gli ho dato un ceffone ordinandogli poi di aspettarmi in camera mia. Ha avuto delle settimane dure, sia in casa con i lavori di riparazione, ha voluto sobbarcarseli, sia all’università. Due esami, esamini come li chiamano, su una parte soltanto di ciascuna delle due materie, ma pesanti lo stesso, 2 scritti e 2 orali. Ha studiato come un matto, ha sgobbato per i lavori in casa oltre a badare a me, la sua padrona. Ha del miracoloso che ci sia riuscito. Ho esagerato ed ancora prima di uscire dal cancello me ne sono pentita e vergognata. Gli faccio un colpo di telefono non appena arrivo a casa di Marcella, mi scuserò…no cazzo, scusarsi con uno schiavo, mai! Gli dirò di andarsene a dormire senza aspettarmi. E’ il dover uscire di casa che mi ha infastidita, non ne avevo assolutamente voglia. Mi pregustavo l’inizio di un tranquillo fine settimana e per la serata avevo preparato un programmino rilassante e speravo molto piacevole, per me almeno, una piccola variazione sul solito tema. Merda! E’ arrivata la telefonata. Dovresti proprio venire ha detto al telefono Marcella. Quella che un tempo era una specie di società segreta, segretissima anzi, si è trasformata. Non è un Circolo, non ci sono cariche sociali, presidenti o segretari, amministratori od altro. Ci sono dei gruppi di amiche che si scelgono per simpatia, comunanza di gusti, affinità di idee. Piccoli gruppi. Noi, tutto sommato siamo solo cinque o sei, ma ovviamente non finisce qui. Perfino io, l’ultima arrivata, conosco più o meno bene e frequento spesso altri gruppi. Ognuna di noi può frequentare e frequenta altri giri, ha altri interessi, che so, musica, viaggi o altro ancora, all’esterno anche del nostro ‘giro’ particolare. Niente assemblee, elezioni interne o le numerose menate dei club quindi. Solo alcune regole non scritte ma rispettate abbastanza rigorosamente. Non parlare di noi a gente fuori del giro. La omosessualità comincia ad essere accettata, ma solo in teoria, molto in teoria. Meglio usare qualche prudenza. La maggior parte di noi è seguace della grande poetessa, Saffo. Lesbiche insomma. Abbiamo ancora un’altra peculiarità. Cerchiamo di sceglierci compagne che siano molto, ma veramente molto sottomesse, succubi come sarebbe obbligatorio dire o schiave come le chiamiamo in molte. Penso a Barbara ed Angela, amiche di antica data che mi hanno introdotta nel giro, un poco per volta, per mia curiosità ma sopratutto per vincere la solitudine, poi, a poco a poco pure per gusto. Eh si, anche per quello. Mi piace la compagnia di una donna sottomessa, ubbidiente e dolce, però preferirei, preferisco, i maschietti. Se ti piace la carne, non per questo devi necessariamente rinunciare al pesce! Invece il consumo del pesce non è proibito ma limitato. Puoi avere uno schiavo ma non scopare con lui. Fatti un amante dicono le “rigorose”. Mi piace la carne ma in casa mi tengo un pesciolino guizzante. Finora ho rispettato le limitazioni, la regola, ma…Ma sono arrivata. Mi accoglie Marcella, la padrona di casa, la più vecchia ed autorevole del nostro piccolo gruppo. Scusami, è scoppiata una grana e devi essere presente, ti riguarda.

Sono mooolto soddisfatta. E’ andato tutto mooolto bene. Gongolo dicendomelo ad alta voce mentre guido. Niente scomuniche che daltronde non potevano poi esserci. Le tre carampane mi hanno dato addosso e le mie amiche mi hanno difesa a spada tratta. Sono poi arrivate tre altre Padrone sempre chiamate da Marcella, rappresentano le ‘dissidenti’, quelle che come me hanno come succubi dei maschietti ed hanno al contrario di me saltato il fosso. Sono, siamo anzi una minoranza, decise però a non mollare. Non si è deciso niente alla fine, si continua come prima. Non ci sono regole o regolamenti. Se alla Pedrini ed alle sue amiche (ed a me) piacciono sia i succubi che le succubi, fatti nostri. Sta alle altre, tutte noi, decidere se accettare i loro inviti a casa loro ed invitarle da noi.
Sono a casa e non ho telefonato a Stefano. Poco male. Entro senza particolari attenzioni a non fare rumore ed è tutto buio. Lui dorme come un angioletto sui due suoi cuscini. Su uno appoggia il bel culo e sull’altro la testa, in un angolo della mia stanza. Ha esguito il mio ordine, mi sarei molto meravigliata se avesse fatto diversamente. Sto per svegliarlo ma ci ripenso. Ha ragione di essere stanco. Un passaggio in bagno e sono tra le lenzuala. Lasciamolo dormire che se lo sveglio…
Dicono che la strada dell’inferno sia lastricata di buone intenzioni. Le mie di buone intenzioni durano il tempo di un paio sbadigli. Sono ancora tesa e nervosa. Cinque minuti dopo lo aspetto stesa ad imitazione del quadro di Manet, ritratto di Olympia. Mi è sempre piaciuto moltissimo, lei nuda sul sofà. Solo che il mio viso è molto meglio. Nel decidere che nonostante l’ora voglio un ‘servizio completo’, senza pensarci porto la mano tra le gambe. Lui arriva in quel momento dal suo bagnetto. Le maledette infradito di plastica non fanno nessun rumore e mi sorprende a toccarmela; per un attimo punta gli occhi sulla mia mano poi si riprende e si compone. Un attimo di vergogna? E perchè mai, anzi, mi eccita. Servizio completo? Non solo. Ho speso un mucchio di soldi per farmi arrivare un pene doppio. Ne ho letto in uno di ‘quei racconti’ su internet, l’ho cercato a lungo e l’ho trovato e comprato anche se costa una cifra. L’ho provato qualche giorno fa, la mia parte almeno, quello della padrona, poi è arrivato il ciclo. Adesso ho una voglia matta non di provarlo ma di usarlo proprio. Senza la controparte non funziona per niente e…speriamo, l’altro giono, quando ho indossato la parte della Padrona mi era sembrato troppo grande, pesante ed ingombrante.

Mi piacciono i preparativi, sono metà del divertimento. Si tratti di indossare un capo di abbigliamento particolare o la ‘marcia del cazzo’ e poi il resto, Amo preparare con cura il necessario per una punizione od un premio. Mi piace premiarlo e piace ancora di più a lui, evito però di viziarlo. Mi piace anche punirlo ed in quei momenti mi sento grande, grande, grande! In quei momenti sono proprio LA PADRONA E LUI E’ IL MIO SCHIAVO. Certo a lui piace meno. Anche qui cerco di evitare gli eccessi ma non sempre ci riesco. Non devo pensare come procedere, ci ho fantasticato sopra un bel po’ nei giorni in cui dovevo succhiarmi il dito e farmi massaggiare la schiena. Uno schiavo serve anche a questo. Stefano è ammanettato sul letto a braccia e sopratutto a gambe ben divaricate. Una stanza silenziosa, ben arredata, un letto comodo ed un bel maschietto a mia disposizione, cosa vuoi di più dalla vita per farti passare i nervi e magari conciliare il sonno? Un bel culetto da esposizione e, invisibile, un cazzo da concorso. Infilo la mano tra le gambe e lo trovo bello tosto. Un attimo per sognare. Perché usare quel dannato marchingegno con un cazzo del genere a disposizione, ma non si può. Indossare la imbragatura è lungo e rappresenta un problema. Avevo pensato di farmi leccare la fica per farmi bagnare. Solo a questo punto mi sarei infilata la parte femminile in corpo. Temo di essere asciutta prima di finire, rendendo la cosa meno piacevole se non del tutto sgradevole. Certo che basterebbe un bolo di saliva…no, ci provo. Mentre Stefano aspetta pazientemente, non può daltronde fare altrimenti, preparo e dispongo tutto in modo di impiegare poi il meno possibile. Appogiata alla testata, a gambe aperte, metto la mia fica ben a tiro della sua bocca, gli carezzo il capo. Non serve altro. Non sono molto comoda. Se lui sia comodo non importa, ho superate certe fisime. E’ dura la vita, penso sorridendo a me stessa. Penso persino di continuare così. Respiro a bocca aperta e l’aria, espulsa di colpo, sibila tra i denti serrati. Certo si meraviglia che mi sia ritirata, sa benissimo che ero solo prossima a godere della sua buona prestazione. Cinghioli e cinghietti, una placca lunga e stretta, regolabile. Due cazzi finti che vanno in direzioni diverse. Quando ho finito lo specchio rimanda una immagine incongrua per non dire mostruosa. Sembro quasi un maschio con due pregevoli tette e dal punto giusto spunta un cazzo di buona misura. Solo che poco sotto, congiunto al cazzo, sulla patatina c’è dell’altro che termina dentro la fica. Ci sono anche dei tubi che arrivano alla macchina a terra. C’è infine una placca con un pulsante ed un cursore, sempre collegato col motore a terra. Mi sono smontata, penso di buttare via tutto, poi decido almeno di provare. Coprendo con la mano il sotto dell’inguine l’immagine resta demenziale. Provo. Questo culetto l’ho sfondato qualche settimana fa e da allora lo uso con molta parsimonia, non è il massimo del godere comunque con la atrezzatura precedente. Gli carezzo il culetto sodo, scendo tra le gambe a stringergli lo scroto, senza fargli male però, scendo più sotto gli meno un poco il cazzo che diventa subito più arzillo. Ovviamente ha capito cosa stia per capitargli ma non ha mai protestato e non protesta ora. I prodotti in omaggio, le creme che accompagnavano la confezione li ho buttati via, non me ne fidavo. Ho comprato un gel per dilatare e rendere meno dolorosa la penetrazione le prime volte. Non so se serva molto. Lo usano le mie amiche. Quasi mi stendo sopra di lui, lo carezzo, gli bacio le spalle appoggiando l’inguine ‘armato’ su di lui. Lo sente per forza, deve aver per forza aver capito che sto per incularlo. Faccio scorrere il… glande sulla fessura del sedere muscoloso, io ovviamente non provo fisicamente niente, non si muove niente. Non sentirò niente anche accendendo il marchingegno finchè non lo spingerò nel suo buchettoso ancora stretto stretto. Te lo metto nel sedere, spingi bene. Niente uso di smancerie con uno schiavo, sono troppo eccitata. E’ solo la quarta volta che lo sodomizzo, non abbastanza perchè sia adeguatamente dilatato ma questo fallo, il più piccolo della dotazione, parte maschile o B, è di dimensioni più ridotte dell’altro che ho usato in precedenza. Qualcosa l’ho già imparato, spingo con determinazione contenuta, si irrigidisce, si inarca un poco, lentamente entro ed i sensori o quel che cavolo ci sia, fanno mettere in moto il cazzo che ho in fica. Ho regolato la macchina seguendo le indicazioni e mentre lo inculo vengo scopata, il cazzo in figa va su e giù come un cazzo che ti scopa, si gonfia e si sgonfia, quattro, cinque, sei volte per ogni volta che spingo o ritiro l’altro cazzo nel o dal suo sedere. Non è male. Mi eccita però maggiormente l’idea di fare il culo a Stefano il mio schiavo che il resto, di questa specie di vibratore cioè che va su e giù sempre uguale. Fa anche male. Stefano comincia ad agitarsi, mugola torcendosi. Altri pochi colpi di reni, qualche giochino dentro e fuori e smetto. Fermo tutto, sciolgo l’imbragatura, rimetto tutto nello scatolone alla rinfusa. Ti sei fatta fregare mi dico. Esamino il bucheo di Stefano. E’ un disastro, gonfio da morire. Ti fa male? No Padrona non importa Padrona. Gli altri maschietti sarebbero in lacrime.
Lo medico, ormai ho qualche esperienza, ma è l’ultima fiala rimasta della dotazione di Bella e la fine della crema. Di certo servirebbero almeno un altro paio di fiale usa e getta oltre ad un nuovo tubo di crema, è proprio conciato male. Lo lavo, gli faccio anche degli impacchi col ghiaccio.

Non è la prima volta che dorme nel mio letto. La debole lampada notturna mi mostra il suo bel viso. Nel sonno è quasi infantile, mi ricorda il bambino cui io, tredicenne, donnina ‘in fieri’, facevo ripassare le tabelline o correggevo i compiti per poi giocare un poco. Ci siamo semore voluti bene, ma non amore, quello certamente no. Non da parte mia almeno. Affetto, molto affetto ed adesso anche stima. A lui la sbandata non è mai passata. Giorno per giorno sento il suo attaccamento crescere, parla sempre meno del suo futuro che spero sarà da schiavo, con me e per me. Mi farò scopare mai da lui? Non lo so. Prima comunque deve chedermi di restare con me come schiavo per sempre, poi si vedrà. Mi piace il suo cazzo. Mi piace il suo culo alto sodo e piccolo, è proprio della forma e della grandezza giusta. Non sono la sola ad ammirarlo. Detergo la fronte sudata, poggio le dita sulla fronte, non mi sembra abbia la febbre, ma è un poco alterato forse…Continua a dormire. Quando dorme è così, il mondo per lui non esiste più, non lo svegliano neanche le cannonate, ed allora oso carezzagli la guancia ancora liscia, si rade due volte al giorno, mattina e sera per non graffiarmi quando chiedo i suoi servizi da succube. Sta diventando sempre più bravo, delicatamente quasi femminile grazie agli insegnamenti di Bella. Chissà dov’è Bella. Maledetto affare! Lui nel sonno tiene le labbra appena schiuse. Ho riletto le istruzioni. Dear frend, you are…un inglese almeno fantasioso. L’avevo già scorso ed ora lo riguardato attentamente. Sono stata io la cretina, suggeriva come fare e cosa usare in una situazione identica alla mia di stasera. Lo ho massacrato e fa male almeno un poco anche a me. Scema. Lo guardo e mi fa pena. Appoggiata ad un gomito, senza pensarci lo carezzo, passo lievemente la mano sul suo corpo che ad un certo momento rabbrividisce un poco. Ha i polsi uniti alla testata del letto, come sempre quando potrebbe avere qualche ragione di essere incazzato. Non si sa mai, i maschi possono avere brutte rezioni. Gli bacio il viso, il petto, scendo verso il pube e fermarsi a distanza di sicurezza non è facile. Ansimo persino e non è la fatica. Lo desidero, desidero dentro di me il suo membro, il suo splendido cazzo, la sua virilità, già è ancora vergine, quando sarà…mi, no, no, non devo. Ma chi se ne frega! Non lo svegliano le cannonate ma ho in pugno quello che ora desidero, voglio ma…Si ingrossa nella mia mano ed è sveglio, Padrona, Padrona, io…poi sento che si abbandona. Non protesta. Se anche prova dolore al culo la sua Padrona si degna di carezzarlo. Sono quasi frenetica, impazzita , mi piace sentirlo in mano, caldo ed anche lui…le seghe sono vietate, chi se ne frega, però stacco la mano, mi stendo su di lui. E’ bello stare così, sentire il corpo virile, muscoloso ma impotente, incatenato, mio. Sfrego il basso ventre, appena sopra la fessura sul suo bellissimo e durissimo cazzo, sono io a muovermi, a roteare i fianchi, a premere e sollevarmi un poco. Sto per darmi della scema, voglio chiavare, tutto il resto è inutile, inutile ma bello. Io lo sento bene il suo cazzo e lui sente me, il mio corpo almeno, anche lui si muove, come può ma si muove, solleva il bacino anche se non può certo raggiungere il suo obiettivo che gli ho sottratto . Di nuovo mi chiama, Padrona, no, io…non dice altro, non serve. Sussulta appena ma basta a farmi capire, poi sento il suo seme tra di noi e mi esalto. Lo libero, mi faccio carezzare a lungo fin quando, forse di sua iniziativa è tra le mie cosce divaricate, con il viso, la bocca, la lingua. Grido, piango, temevo mi…invece non è andato oltre i suoi doveri. Io non ho superato di molto le regole.

Muovi il culo anche tu tesoro è tardi. Come va tra parentesi? Bene, risponde Stefano dopo un attimo, grazie, non mi fa assolutamente più male. Adesso controllo se devo metterti ancora della crema. Esco dall’acqua del bagno e mi lascio avvolgere dall’accappatoio caldo con un sospiro di piacere. Sono piccole gioie che devo a lui. Per avere asciugamani o l’accappatoio caldo dovevo metterli sul termosifone, con scarsi risultati. Ha fatto un lavoretto di tubi simile a quello che vedo nei buoni alberghi ed ho sempre asciugamani, teli e l’accappatoio caldi. L’inverno almeno, quando funzionano i termosifoni, ma chi vuole roba calda addosso l’estate quando già sudi? Impeccabile, finisce di asciugarmi. Non mi faccio pettinare, ho fretta e non è ancora abbastanza esperto, imparerà, ma per adesso è lento e devo sempre dare l’ultimo tocco. Siedo al tavolino del trucco, questo lo sa fare piuttosto bene ma oggi è la prima volta che la sua opera sarà sottoposta al vaglio critico delle mie amiche e lo sa. Va bene. Girandosi mostra le nobili terga, il culo. Io nuda e lui pure. Impensabile fino a qualche tempo prima. Si mette a gambe ben divaricate mostrandomi la schiena, poi si piega. Stai giù. Mi sembra che sia a posto, ma…aspetta. In effetti non è più gonfio ma voglio essere prudente, non si sa mai. Portami la scatola. Poi… allarga di più le gambe da bravo schiavetto, bravissimo. Sono euforica per la serata che ci aspetta, carezzo le natiche bianche sulle quali spiccano ancora in rilievo i segni dello scudiscio. Gli ho dato sei colpi, con forza, una meritata lezione per uno sbaglio, involontario ma uno sbaglio. La prossima volta farai più attenzione gli ho detto prima di colpirlo e prima di usare il suo pregevole buchetto tra le meline con forse troppa foga, sono agli inizi in questo campo. Ora, incorniciato dalle cosce ben allargate, vedo Il cazzo che gli pende barzotto. Una scena molto dolce. Dolcemente eccitante. Prendo in mano da dietro il bel pisello e lo stringo, lo meno un poco. Un attimo e si ringalluzzisce, diventa duro. Mi piace vedere quanto gli faccia effetto. Ma lui fa effetto a me col risultato che arriviamo in ritardo.

Siamo in quindici o venti a casa di Marcella, quindici o venti le Signore intendo, forse più. Ci sono poi le altre e gli altri che non contano anche se io le conto e me le guardo ben bene, sia le ‘bambine’ che i maschietti. Che siano maschi poi…molti almeno…Le mie amiche e le altre fanno lo stesso, guardano e commentano più o meno di nascosto. Queste feste servono anche a presentare le nuove conquiste, i nuovi amori, e si tengono a casa di Marcella perchè è la più grande, l’unica anzi in grado di accogliere tante persone. Le due succubi della padrona di casa devono essere di là, manca anche Stefano che come vuole la nostra etichetta ho messo a disposizione di Marcella per aiutare nel servizio. Ci sono le due ragazze di Barbara ed Angela ma per il resto non conosco bene le ospiti, figurarsi le succubi ed maschietti. Ne conosco uno, Marilina o Mariolino, no, si chiama Stefi, finocchio di prima grandezza e schiavo, ma proprio schiavo della bella ragazza che entra adesso. Bella ma con un caratterino che levati, Lucia si chiama. Mi hanno detto che Lucia ad una festa, una festa ‘normale’, non una delle nostre, infastidita dalle occhiate indiscrete e dalle esplicite proferte di una tizia, le ha detto di essere lesbica ma che quella era troppo cesso per interessarla. Io ero da poco nel giro e mi son ben guardata dal ronzarle attorno. Era stata quella, all’ultimo dell’anno ad accostarmi, educatamente anche se sbronza come una cocuzza. Due chiacchiere e poi Lucia se ne era andata ridacchiando e lasciandomi con Stefi. Divertiti, mi hanno detto che sei molto inibita ancora, lui non ha le palle e neanche il cazzo ma lecca da dio. Era vero.
Passata la sbronza me ne ero vergognata tanto da decidere di non frequentare più quelle feste ma le mie due amiche mi hanno convinta che era una idiozia. Qualche tempo dopo mi hanno messa nella condizione di non poter rifiutare un analogo omaggio da parte di una bella fanciulla. La terza o la quarta volta non mi ha costretta nessuno. Mi sono chiesta per qualche tempo se non fossi lesbica pure io e mi sono risposta che sono una sana divorziata men che trentenne che vorrebbe scopare se non avessi troppa paura di incasinarmi. In questo giro le altre non hanno nessun interesse a sollevare puttanai che anzi temono, hanno tutte troppo da perderci. Io però non avendo una mia succube non posso che accettare, di tanto in tanto…qualche favore, e non mi spiace.
Cerco Angela e Barbara ma vengo fermata da Lucia. Ciao Daria, mi stringe la spalla e sorride. Come va? Dai sediamoci. Io rispondo a tono, i soliti convenevoli. Oltre che avvenente ed elegante, ha una voce piacevolmente roca che non ricordavo. Dai, non ho ancora bevuto niente, prendiamo qualcosa. Un aperitivo lo bevo anch’io volentieri faccio, e chiamo una delle ragazze che si allontana per portarci quanto abbiamo chiesto. Come te la passi? Mi dicono che ti sei ambientata in fretta, che anzi preferisci i maschietti, te ne sei fatta uno mica male, un gran bel ragazzo. Ed il tuo Stefi? Va tutto bene? Mi morderei le labbra ma ormai l’ho detto. Era fatta e strafatta, di alcool solo penso, da noi altre cose non sono ben viste, ma certamente ricorda di avermi prestato il suo schiavo per un’ora nel salottino giusto di fronte a noi. Non vorrei pensasse che desidero…Non lo sai? Lo ho buttato fuori a calci in culo. Mi giurava eterno amore e si rotolava nel letto con un compagno d’università. Tempi grami per me. Dipendo, per sfogarmi, dal buon cuore di qualche amica, ragazze solo però ed io, mi piacciono anche loro ma…di tanto in tanto almeno, un bel ragazzo me lo farei volentieri. Un dubbio: mi sta chiedendo il mio Stefano in prestito? Per scopare? Certo non sa che è vergine, che non ha mai scopata una donna. Io non lo sbandiero, lo sanno solo le mie amiche. Cosa faccio, come posso dire di no? Manco a farlo apposta a portarci i martini è lui. Pantaloni color cremisi allacciati al ginocchio ed un gilet blu notte. Lucia se lo mangia con gli occhi sia all’arrivo che quando si allontana. Sta diventando molto bravo, mi dico. E’ lui? Come si chiama? Stefano. Non dice niente e per qualche attimo si guarda in giro. Capannelli di ospiti che chiacchierano e ridono, il servizio per gli aperitivi è portato avanti da maschietti, succubi piuttosto carini, belli anzi tranne due. Uno è vecchietto e bruttarello ma appartiene ad una amica di Marcella da sempre, l’altro è bellissimo ed appartiene a me, è il mio Stefano. Marcella passa a fare gli onori di casa e si porta via la mia compagna. Angela è poco distante, Barbara non si vede. Tra poco serviamo a tavola dice Marcella senza fermarsi. Sarebbe una iella notevole se mi trovassi Lucia seduta vicino, ma dopo ha lo stesso tutto il tempo di chiedermelo. Non ne sono certa, temo di si e prima di riuscire a decidere qualcosa due schiavi spalancano la porta a due battenti del salone. Un poco di lato, sta l’anfitrione, Marcella, con a fianco una schiava ed uno schiavo. Lei la conosco solo di vista, molto bella, sui venticinque o trent’anni, lui è Stefano. Ne sono quasi inorgoglita, la schiava più bella e lo schiavo più bello. Ma questa sera avrei preferito non fosse messo in mostra con la nostra Diana Cacciatrice in vena di trovare prede. I posti a tavola sono segnati, Marcella mi ha messa tra le uniche vere amiche presenti oltre Marcella stessa che occupa il posto d’onore assieme a due che come lei si stanno avvicinando od hanno superato i cinquanta. Venticinque donne perlopiù colte, eleganti e belle, in un salone più grande della maggior parte degli appartamenti della città. Pochi quadri, su una tappezzeria forse troppo opulenta per i miei gusti e qualche tavolino appoggiato ai muri per il servizio. Il personale di servizio è più che sufficiente, le schiave servono a tavola aiutate dai maschietti che badano ai vini. Una parola di benvenuto di Marcella e mangiamo. Deliziosi assaggi se vuoi, altrimenti hai da scegliere quel che ti piace. Verso la fine racconto alle mie amiche il mio problema. Non vedo dove sia il problema dice Barbara. Non so proprio come tu possa fare a meno di accontentarla, aggiunge Angela. Rispondile, ti sta sorridendo. Lucia è all’altro tavolo. Quasi di fronte a noi. Sono una signora e le signore non bestemmiano! Sono del tutto in crisi, mi rovino il piacere di una simile cena in compagnia delle mie amiche che spettegolano di tutto e su tutti. Non ci bado. Ormai l’ambiente si è scaldato, mi diverto. Poi, mentre beviamo il caffè, in piedi nelle due sale di prima qualcuno comincia a ‘frequentare’ i salottini. Donne eleganti e belle schiave. Io bado però a Stefano che con disinvoltura passa da un gruppetto all’altro per il suo lavoro. Vedo parecchie occhiate interessate e ne vado fiera. Lucia, eccola, viene verso di me e mi preparo, la manderò…no, è impossibile e poi, anche per lui non è la prima volta. Solo la seconda se non mi conto, la terza pensandoci bene, c’è stata anche Bella. Secondo la Regola però, senza scopare. Lucia passa oltre, sembra preoccupata. La raggiungo. Lucia, prima sei scomparsa. Scusa, Daria, mia madre, mi hanno telefonato, è stata male, non sembra niente ma voglio richiamare…

A casa sua, da Lucia, non posso lasciarla sola. Il medico all’ospedale non ha nascosto che potrebbe essere una cosa grave, si saprà solo domattina. La teniamo in questo reparto e lei, signora, non può rimanere. Anche se le probabilità che si tratti della ipotesi negativa di cui le ho parlato siano quasi nulle è meglio accertarcene. Venga domani alle dieci. Ci ha letteralmente sbolognate via. Cerco di tranquillizzarla mentre ci prepariamo per la notte. Hai una bella casa, le dico per cercare di farla allontanare dai pensieri cupi che la assillano. Io lascio il gabbiotto della doccia a lei e mi asciugo. Vedo allo specchio la figura di lei. Non male, tuttaltro che male. Finisco di sciugarmi e Lucia chiude l’acqua. Sei bella, le dico e ne sono convinta. Le porgo l’accappatoio e l’aiuto. Non ho niente addosso ma siamo tra donne e donne di un certo giro. Non dovevi disturbarti, potevo benissimo stare sola. E perdermi l’occasione di venire a letto con te? Al mio sorriso risponde con un sorriso stanco. Mi faccio più vicina, è per una buona causa mi dico e cerco di baciarla. Si immobilizza, poi mi respinge e con qualche energia, ne resto male, di nuovo le sorrido ma non so cosa dire. Non che ne sia offesa, la capisco. Un attimo di imbarazzo crescente, penso di andarmene a casa mia ma pure questo è difficile da fare, anzi, anche da dire soltanto. Mentre sono indecisa, immobile, mi si fa vicina, mi abbraccia cingendomi il collo. A questo punto tutto pensavo tranne che mi baciasse, eppure è quello che succede. Un lungo bacio, come piace a me, come vorrei da lui e non posso.

Nel suo letto, abbracciate. Mi piace. Odoro il suo corpo profumato di sapone e di giovinezza, di giovane donna. Le sue mani percorrono lievi il mio corpo, comincio a sentirmi eccitata, rispondo alle sue carezze. Anch’io ti volevo ma non osavo chiederlo, le mormoro. é’ più giovane di me, i suoi seni sono più grandi e sodi, tra le cosce sembra di carezzare il velluto e più su…mi piaci. Anche tu mi piaci. Ci perdiamo l’una nell’altra fino a perdere il senso del tempo mentre ci esploriamo accarezzandoci a vicenda mescolando le salive. Mi spinge supina. Due dita nella fica poi la bocca mi raggiunge li, in basso. Mi accorgo che un conto è farsi baciare la fica da una schiava, un conto da una padrona. Per quanto abile ed esperta quella resta una succube, una costretta a farlo. Ed allora? Dovrebbe essere meglio, la domini, è solo una cosa che ti ubbidisce. Non importa, mi fa ricredere su tutto quello che avevo pensato prima, cioè che…che cosa? Non so e non mi importa. E’ Lucia a baciarmi e succhiarmi. Stringo le gambe quasi a sottrarmi e lei ride, ma un attimo dopo non deve forzarmi, anzi, sono molto volonterosa. Quasi darei i numeri, impazzirei se non volessi trattenermi a tutti i costi e Lucia se ne accorge. Che c’è, mi chiede, lasciati andare. Mi sei tanto cara, rispondo con un sospiro ma aspetta, ancora un momento. Ma perchè? Sembra seccata. Mi salva il campanello. E’ Stefano, dico sollevata. Credevo gli avessi detto di starsene a casa! No, gli ho detto di tornare. Non so se sia più irritata o curiosa. Io prenderei un caffè, le dico e l’educazione le impedisce di rifiutarmelo anche se di certo preferirebbe continuare quel che stiamo facendo. Facciamolo fare a Stefano, aggiungo ancora. Facciamo la marcia del cazzo, penso ed immagino la faccia di lei. Cerco di immaginarmi anche la faccia di Stefano e mi viene da ridere.
Sediamo sul divano, fianco a fianco e guardo lei più che il mio pupillo. Lucia letteralmente sgrana gli occhi vedendolo arrivare in tenuta da casa come gli ho ordinato davanti a lei che non poteva immaginare cosa vole dire: cioè nudo, col cazzo che gli dondola e sbatte sulla coscia. Gli arriva quasi a metà coscia ed è grosso. Un cazzo da grandi chiavate dice facendo finta di niente. Non sa però staccarne gli occhi.
Caro, vai a rifare il letto. Tu permetti, vero? Figurati, mi risponde. Lo ho mandato a casa a lavarsi e radersi. Lo voglio sempre bello liscio. Immagino piaccia anche a te. Un cenno di assenso attento, forse comincia a capire, a sperare di farselo. Quando torna facciamo la marcia del cazzo. Di nuovo non può capire. Gli prendi il cazzo in mano e stringendolo un poco mentre cammini lo guidi in camera. Ci saremo tutte e due però. Lui è vergine e deve restarlo. Se mai scoperà una donna dovrò essere io, la prima volta almeno. Ne parliamo un poco, lui non c’è, ovviamente. Di nuovo ci abbracciamo e la sua mano mi fruga delicatamente, molto delicatamente. Un uomo non saprà mai carezzare così bene, mi scapperebbe di dire, mi stringo ancora di più a lei, allargo le gambe, protendo il seno che ho scoperto perchè lo baci. Sul serio è vergine? Si cara, ne sono certa. Vedo che non ci crede molto ma non abbiamo tempo per andare avanti nel discorso. Un ultimo bacio mentre educatamente Stefano aspetta in silenzio poco distante. Le ho spiegato come funziana la marcia del cazzo e Lucia non ha bisogno di disegnini. Eccitata la guardo stringere il superbo attrezzo di l*ui che sussulta e la segue confortato dal mio cenno di assenso. Una scena molto bella, eccitante. Li seguo da presso in camera e prendo la direzione delle operazioni. Non servono molte spiegazioni e qualche tempo più tardi lei geme piano tra le mie braccia, a gambe aperte con la bocca di lui che la fa spasimare. Spasimo anche io quando è il mio turno, tra le braccia di Lucia e la lingua sapiente di lui sulla micina.

Lucia se la ride soddisfatta e dimentica degli altri problemi. E con quel cazzo a manubrio te lo inculi ed al tempo stesso ti chiavi da sola, spiegati meglio. Fa paura vederlo, sembra un attrezzo da palestra, ma funziona abbastanza bene, solo che lo posso usare raramente, gli fa il culo a cavolfiore. Lo facciamo inginocchiare per mostrare la parte. E’ ancora un poco gonfio ma sono già passati cinque, no, sei giorni. Non è minimamente imbarazzata la mia Lucia ed anzi passa il polpastrello sull’anello di carne ancora un poco tumefatto. Non sono imbarazzata neppure io, anzi sono fiera di possedere uno schiavo ormai così sottomesso. Certamente lui frigge. Oppure no? Non me ne frega niente. Penso che Lucia potrà essere una splendida e cara amica, più di Barbara, Angela e Marcella. Con loro non ci vado a letto. Ora però vorrei essere sola con Stefano, farmi coccolare da lui senza dividerlo con nessuno. Domani, a casa, me lo voglio fare di nuovo ed al diavolo se gli fa male. So che non lo farò, penso subito dopo. Non gli voglio far troppo male. Due o tre giorni ancora? Vedremo. Non pensavo che potesse essere così bello però con un’altra donna. Certo con Bella era stato…fantastico ma… diverso. Ed io che temevo di essermi innamorata di lei. Sprofondo lentamente nel sonno. Lucia già dorme e lui è sul divano, sono andata a vederlo e dormiva sereno.

RACCONTI DI ‘CHIODINO’ SU: I RACCONTI DI MILU
Io, gigolò a settant’anni
E’ giovane… ma grande abbastanza.
Farsi scopare da uno schiavo, mai!
Gallina vecchia.
I sogni muoiono all’alba.
Il Circolo dei ‘Bastard’.
Incubo?
La bella estate quando divenni uomo.
La mia cagna da riporto.
Lei e Lui, Lei e Lei, Lui e Loro.
Mi piacciono i culi, tutti i culi, rigorosamente femminili.
Padrone di schiave per forza?
Quattro uomini per una signora (Gli Dei vogliono risorgere).
Schiava o puttana? Schiava e puttana.
Tutto per i miei bambini.
Muovi il culo anche tu tesoro è tardi. Come va tra parentesi? Bene, risponde Stefano dopo un attimo, grazie, non mi fa assolutamente più male. Adesso controllo se devo metterti ancora della crema. Esco dall’acqua del bagno e mi lascio avvolgere dall’accappatoio caldo con un sospiro di piacere. Sono piccole gioie che devo a lui. Per avere asciugamani o l’accappatoio caldo dovevo metterli sul termosifone, con scarsi risultati. Ha fatto un lavoretto di tubi simile a quello che vedo nei buoni alberghi ed ho sempre asciugamani, teli e l’accappatoio caldi. L’ inverno almeno, quando funzionano i termosifoni, ma chi vuole roba calda addosso l’ estate quando già sudi? Impeccabile, finisce di asciugarmi. Non mi faccio pettinare, ho fretta e non è ancora abbastanza esperto, imparerà, ma per adesso è lento e devo sempre dare l’ultimo tocco. Siedo al tavolino del trucco, questo lo sa fare piuttosto bene ma oggi è la prima volta che la sua opera sarà sottoposta al vaglio critico delle mie amiche e lo sa. Va bene. Girandosi mostra le nobili terga, il culo. Io nuda e lui pure. Impensabile fino a qualche tempo prima. Si mette a gambe ben divaricate mostrandomi la schiena, poi si piega. Stai giù. Mi sembra che sia a posto, ma…aspetta. In effetti non è più gonfio ma voglio essere prudente, non si sa mai. Portami la scatola. Poi… allarga di più le gambe da bravo schiavetto, bravissimo. Sono euforica per la serata che ci aspetta, carezzo le natiche bianche sulle quali spiccano ancora in rilievo i segni dello scudiscio. Gli ho dato sei colpi, con forza, una meritata lezione per uno sbaglio, involontario ma uno sbaglio. La prossima volta farai più attenzione gli ho detto prima di colpirlo e prima di usare il suo pregevole buchetto tra le meline con forse troppa foga, sono agli inizi in questo campo. Ora, incorniciato dalle cosce ben allargate, vedo Il cazzo che gli pende barzotto. Una scena molto dolce. Dolcemente eccitante. Prendo in mano da dietro il bel pisello e lo stringo, lo meno un poco. Un attimo e si ringalluzzisce, diventa duro. Mi piace vedere quanto gli faccia effetto. Ma lui fa effetto a me col risultato che arriviamo in ritardo.

Siamo in quindici o venti a casa di Marcella, quindici o venti le Signore intendo, forse più. Ci sono poi le altre e gli altri che non contano anche se io le conto e me le guardo ben bene, sia le ‘bambine’ che i maschietti. Che siano maschi poi…molti almeno…Le mie amiche e le altre fanno lo stesso, guardano e commentano più o meno di nascosto. Queste feste servono anche a presentare le nuove conquiste, i nuovi amori, e si tengono a casa di Marcella perchè è la più grande, l’unica anzi in grado di accogliere tante persone. Le due succubi della padrona di casa devono essere di là, manca anche Stefano che come vuole la nostra etichetta ho messo a disposizione di Marcella per aiutare nel servizio. Ci sono le due ragazze di Barbara ed Angela ma per il resto non conosco bene le ospiti, figurarsi le succubi ed maschietti. Ne conosco uno, Marilina o Mariolino, no, si chiama Stefi, finocchio di prima grandezza e schiavo, ma proprio schiavo della bella ragazza che entra adesso. Bella ma con un caratterino che levati, Lucia si chiama. Mi hanno detto che Lucia ad una festa, una festa ‘normale’, non una delle nostre, infastidita dalle occhiate indiscrete e dalle esplicite proferte di una tizia, le ha detto di essere lesbica ma che quella era troppo cesso per interessarla. Io ero da poco nel giro e mi son ben guardata dal ronzarle attorno. Era stata quella, all’ultimo dell’anno ad accostarmi, educatamente anche se sbronza come una cocuzza. Due chiacchiere e poi Lucia se ne era andata ridacchiando e lasciandomi con Stefi. Divertiti, mi hanno detto che sei molto inibita ancora, lui non ha le palle e neanche il cazzo ma te la lecca da dio. Era vero.
Passata la sbronza me ne ero vergognata tanto da decidere di non frequentare più quelle feste ma le mie due amiche mi hanno convinta che era una idiozia. Qualche tempo dopo mi hanno messa nella condizione di non poter rifiutare un analogo omaggio da parte di una bella fanciulla. La terza o la quarta volta non mi ha costretta nessuno. Mi sono chiesta per qualche tempo se non fossi lesbica pure io, e mi sono risposta che sono una sana divorziata men che trentenne che vorrebbe scopare se non avessi troppa paura di incasinarmi. In questo giro le altre non hanno nessun interesse a sollevare puttanai che anzi temono, hanno tutte troppo da perderci. Io però non avendo una mia succube non posso che accettare, di tanto in tanto…qualche favore, e non mi spiace.
Cerco Angela e Barbara ma vengo fermata da Lucia. Ciao Daria, mi stringe la spalla e sorride. Come va? Dai sediamoci. Io rispondo a tono, i soliti convenevoli. Oltre che avvenente ed elegante, ha una voce piacevolmente roca che non ricordavo. Dai, non ho ancora bevuto niente, prendiamo qualcosa. Un aperitivo lo bevo anch’io volentieri faccio, e chiamo una delle ragazze che si allontana per portarci quanto abbiamo chiesto. Come te la passi? Mi dicono che ti sei ambientata in fretta, che anzi preferisci i maschietti, te ne sei fatta uno mica male, un gran bel ragazzo. Ed il tuo Stefi? Va tutto bene? Mi morderei le labbra ma ormai l’ho detto. Era fatta ma certamente ricorda di avermi prestato il suo schiavo per un’ora nel salottino giusto di fronte a noi. Non vorrei pensasse che desidero…Non lo sai? Lo ho buttato fuori a calci in culo. Mi giurava eterno amore e si rotolava nel letto con un compagno d’università. Tempi grami per me. Dipendo per sfogarmi dal buon cuore di qualche amica, ragazze solo però ed io, lo sai, mi piacciono anche loro ma…di tanto in tanto almeno, un bel ragazzo me lo faccio volentieri. Un dubbio: mi sta chiedendo il mio Stefano in prestito? Per scopare? Certo non sa che è vergine, che non ha mai scopata una donna. Io non lo sbandiero, lo sanno solo le mie amiche. Cosa faccio, come posso dire di no? Manco a farlo apposta a portarci i martini è lui. Pantaloni color cremisi allacciati al ginocchio ed un gilet blu notte. Lucia se lo mangia con gli occhi sia all’arrivo che quando si allontana. Sta diventando molto bravo, mi dico. E’ lui? Come si chiama? Stefano. Non dice niente e per qualche attimo si guarda in giro. Capannelli di ospiti che chiacchierano e ridono, il servizio per gli aperitivi è portato avanti da maschietti, succubi piuttosto carini, belli anzi tranne due. Uno è vecchietto e bruttarello ma appartiene ad una amica di Marcella da sempre, l’altro è bellissimo ed appartiene a me, è il mio Stefano. Marcella passa a fare gli onori di casa e si porta via la mia compagna. Angela è poco distante, Barbara non si vede. Tra poco serviamo a tavola dice Marcella senza fermarsi. Sarebbe una iella notevole se mi trovassi Lucia seduta vicino, ma dopo ha lo stesso tutto il tempo di chiedermelo. Non ne sono certa, temo di si e prima di riuscire a decidere qualcosa due schiavi spalancano la porta a due battenti del salone. Un poco di lato, sta l’anfitrione, Marcella, con a fianco una schiava ed uno schiavo. Lei la conosco solo di vista, molto bella, sui venticinque o trent’anni, lui è Stefano. Ne sono quasi inorgoglita, la schiava più bella e lo schiavo più bello. Ma questa sera avrei preferito non fosse messo in mostra con la nostra Diana Cacciatrice in vena di trovare prede. I posti a tavola sono segnati, Marcella mi ha messa tra le uniche vere amiche presenti oltre Marcella stessa che occupa il posto d’onore assieme a due che come lei si stanno avvicinando od hanno superato i cinquanta. Venticinque donne perlopiù colte, eleganti e belle, in un salone più grande della maggior parte degli appartamenti della città. Pochi quadri, su una tappezzeria forse troppo opulenta per i miei gusti e qualche tavolino appoggiato ai muri per il servizio. Il personale di servizio è più che sufficiente, le schiave servono a tavola mentre i maschietti badano ai vini. Una parola di benvenuto di Marcella e mangiamo. Deliziosi assaggi se vuoi, altrimenti hai da scegliere quel che ti piace. Verso la fine racconto alle mie amiche il mio problema. Non vedo dove sia il problema dice Barbara. Non so proprio come tu possa fare a meno di accontentarla, aggiunge Angela. Rispondile, ti sta sorridendo. Lucia è all’altro tavolo. Quasi di fronte a noi. Sono una signora e le signore non bestemmiano! Sono del tutto in crisi, mi rovino il piacere di una simile cena in compagnia delle mie amiche che spettegolano di tutto e su tutti. Non ci bado. Ormai l’ambiente si è scaldato, mi diverto. Poi, mentre beviamo il caffè, in piedi nelle due sale di prima qualcuno comincia a ‘frequentare’ i salottini. Donne eleganti e belle schiave. Io bado però a Stefano che con disinvoltura passa da un gruppetto all’altro per il suo lavoro. Vedo parecchie occhiate interessate e ne vado fiera. Lucia, eccola, viene verso di me e mi preparo, la manderò…no, è impossibile e poi, anche per lui non è la prima volta. Solo la seconda se non mi conto, la terza pensandoci bene, c’è stata anche Bella. Secondo la Regola però, senza scopare. Lucia passa oltre, sembra preoccupata. La raggiungo. Lucia, prima sei scomparsa. Scusa, Daria, mia madre, mi hanno telefonato, è stata male, non sembra niente ma voglio richiamare…

A casa sua, da Lucia, non posso lasciarla sola. Il medico all’ospedale non ha nascosto che potrebbe essere una cosa grave, si saprà solo domattina. La teniamo in questo reparto e lei, signora, non può rimanere. Anche se le probabilità che si tratti della ipotesi negativa di cui le ho parlato siano quasi nulle è meglio accertarcene. Venga domani alle dieci. Ci ha letteralmente sbolognate via. Cerco di tranquillizzarla mentre ci prepariamo per la notte. Hai una bella casa, le dico per cercare di farla allontanare dai pensieri cupi che la assillano. Io lascio il gabbiotto della doccia a lei e mi asciugo. Vedo allo specchio la figura di lei. Non male, tuttaltro che male. Finisco di sciugarmi e Lucia chiude l’acqua. Sei bella, le dico e ne sono convinta. Le porgo l’accappatoio e l’aiuto. Non ho niente addosso ma siamo tra donne e donne di un certo giro. Non dovevi disturbarti, potevo benissimo stare sola. E perdermi l’occasione di venire a letto con te? Al mio sorriso risponde con un sorriso stanco. Mi faccio più vicina, è per una buona causa mi dico e cerco di baciarla. Si immobilizza, poi mi respinge e con qualche energia, ne resto male, di nuovo le sorrido ma non so cosa dire. Non che ne sia offesa, la capisco. Un attimo di imbarazzo crescente, penso di andarmene a casa mia ma pure questo è difficile da fare, anzi, anche da dire soltanto. Mentre sono indecisa, immobile, mi si fa vicina, mi abbraccia cingendomi il collo. A questo punto tutto pensavo tranne che mi baciasse, eppure è quello che succede. Un lungo bacio, come piace a me, come vorrei da lui e non posso.

Nel suo letto, abbracciate. Mi piace. Odoro il suo corpo profumato di sapone e di giovinezza, di giovane donna. Le sue mani percorrono lievi il mio corpo, comincio a sentirmi eccitata, rispondo alle sue carezze. Anch’io ti volevo ma non osavo chiederlo, le mormoro. é’ più giovane di me, i suoi seni sono più grandi e sodi, tra le cosce sembra di carezzare il velluto e più su…mi piaci. Anche tu mi piaci. Ci perdiamo l’una nell’altra fino a perdere il senso del tempo mentre ci esploriamo accarezzandoci a vicenda mescolando le salive. Mi spinge supina. Due dita nella fica poi la bocca mi raggiunge li, in basso. Mi accorgo che un conto è farsi baciare la fica da una schiava, un conto da una padrona. Per quanto abile ed esperta quella resta una succube, una costretta a farlo. Ed allora? Dovrebbe essere meglio, la domini, è solo una cosa che ti ubbidisce. Non importa, mi fa ricredere su tutto quello che avevo pensato prima, cioè che…che cosa? Non so e non mi importa. E’ Lucia a baciarmi e succhiarmi. Stringo le gambe quasi a sottrarmi e lei ride, ma un attimo dopo non deve forzarmi, anzi, sono molto volonterosa. Quasi darei i numeri, impazzirei se non volessi trattenermi a tutti i costi e Lucia se ne accorge. Che c’è, mi chiede, lasciati andare. Mi sei tanto cara, rispondo con un sospiro ma aspetta, ancora un momento. Ma perchè? Sembra seccata. Mi salva il campanello. E’ Stefano, dico sollevata. Credevo gli avessi detto di starsene a casa! No, gli ho detto di tornare. Non so se sia più irritata o curiosa. Io prenderei un caffè, le dico e l’educazione le impedisce di rifiutarmelo anche se di certo preferirebbe continuare quel che stiamo facendo. Facciamolo fare a Stefano, aggiungo ancora. Facciamo la marcia del cazzo, penso ed immagino la faccia di lei. Cerco di immaginarmi anche la faccia di Stefano e mi viene da ridere.
Sediamo sul divano, fianco a fianco e guardo lei più che il mio pupillo. Lucia letteralmente sgrana gli occhi vedendolo arrivare in tenuta da casa come gli ho ordinato davanti a lei che non poteva immaginare cosa vole dire: cioè nudo, col cazzo che gli dondola e sbatte sulla coscia. Gli arriva quasi a metà coscia ed è grosso. Un cazzo da grandi chiavate dice facendo finta di niente. Non sa però staccarne gli occhi.
Caro, vai a rifare il letto. Tu permetti, vero? Figurati, mi risponde. Lo ho mandato a casa a lavarsi e radersi. Lo voglio sempre bello liscio. Immagino piaccia anche a te. Un cenno di assenso attento, forse comincia a capire, a sperare di farselo. Quando torna, dico come niente fosse, facciamo la marcia del cazzo. Di nuovo non può capire. Gli prendi il cazzo in mano e stringendolo un poco mentre cammini lo guidi in camera. Ci saremo tutte e due però. Lui è vergine e deve restarlo. Se mai scoperà una donna dovrò essere io, la prima volta almeno. Ne parliamo un poco, lui non c’è, ovviamente. Di nuovo ci abbracciamo e la sua mano mi fruga delicatamente, molto delicatamente. Un uomo non saprà mai carezzare così bene, mi scapperebbe di dire, mi stringo ancora di più a lei, allargo le gambe, protendo il seno che ho scoperto perchè lo baci. Sul serio è vergine? Si cara, ne sono certa. Vedo che non ci crede molto ma non abbiamo tempo per andare avanti nel discorso. Un ultimo bacio mentre educatamente Stefano aspetta in silenzio poco distante. Le ho spiegato come funziana la marcia del cazzo e Lucia non ha bisogno di disegnini. Eccitata la guardo stringere il superbo attrezzo di Lui che sussulta e la segue confortato dal mio cenno di assenso. Una scena molto bella, eccitante. Li seguo da presso in camera e prendo la direzione delle operazioni. Non servono molte spiegazioni e qualche tempo più tardi lei geme piano tra le mie braccia, a gambe aperte con la bocca di lui che la fa spasimare. Spasimo anche io quando è il mio turno, tra le braccia di Lucia e la lingua sapiente di lui sulla micina.

Lucia se la ride soddisfatta e dimentica degli altri problemi. E con quel cazzo a manubrio te lo inculi ed al tempo stesso ti chiavi da sola, spiegati meglio. Fa paura vederlo, sembra un attrezzo da palestra, ma funziona abbastanza bene, solo che lo posso usare raramente, gli fa il culo a cavolfiore. Lo facciamo inginocchiare per mostrare la parte. E’ ancora un poco gonfio ma sono già passati due, no, tre giorni. Non è minimamente imbarazzata la mia Lucia ed anzi passa il polpastrello sull’anello di carne ancora un poco tumefatto. Non sono imbarazzata neppure io, anzi sono fiera di possedere uno schiavo ormai così sottomesso. Certamente lui frigge. Oppure no? Non me ne frega niente. Penso che Lucia potrà essere una splendida e cara amica, più di Barbara, Angela e Marcella. Con loro non ci vado a letto. Ora però vorrei essere sola con Stefano, farmi coccolare da lui senza dividerlo con nessuno. Domani, a casa, me lo voglio fare di nuovo ed al diavolo se gli fa male. So che non lo farò, penso subito dopo. Non gli voglio far troppo male. Uno o due giorni ancora? Vedremo. Non pensavo che potesse essere così bello però con un’altra donna. Certo con Bella era stato…fantastico ma… diverso. Ed io che temevo di essermi innamorata di lei. Sprofondo lentamente nel sonno. Lucia già dorme e lui è sul divano, sono andata a vederlo e dormiva sereno. E’ mio, deve essere mio per sempre.
Forse mi illudo ma credo si stia abituando a questa idea. Lo leggo nei suoi atteggiamenti verso di me, nelle mille piccole attenzioni che vanno oltre le mie richieste o alle quali non avevo pensato. Mi illudo forse, ma ci spero. Mi piace, mi piace averlo, sentirlo mio, ubbidiente, sottomesso senza però essere servile. Lui mi ama, io gli voglio bene come gli volevo bene anni fa, quando facevamo insieme i compiti, e poi correggevo i suoi, e gli facevo ripetere le lezioni per il giorno dopo. Giocavamo anche. Gioco con lui ancora adesso, ma sono giochi da grandi…

Finalmente siamo a casa. Una mattinata passata prima nella vasca da bagno e poi a letto, nel mio di letto.
Ho mandato anche lui a riposare, farà le pulizie più tardi. E’ stata una notte lunga anche per il mio schiavetto.

ALTRI RACCONTI DI ‘CHIODINO’ SU: I RACCONTI DI MILU
Io, gigolò a settant’anni
E’ giovane… ma grande abbastanza.
Farsi scopare da uno schiavo, mai!
Gallina vecchia.
I sogni muoiono all’alba.
Il Circolo dei ‘Bastard’.
Incubo?
La bella estate quando divenni uomo.
La mia cagna da riporto.
Lei e Lui, Lei e Lei, Lui e Loro.
Mi piacciono i culi, tutti i culi, rigorosamente femminili.
Padrone di schiave per forza?
Quattro uomini per una signora (Gli Dei vogliono risorgere).
Schiava o puttana? Schiava e puttana.
Tutto per i miei bambini.

E comunque me la mandano a casa domani. Sta bene ringraziando Iddio. E tu come stai? E’ Lucia, non la vedo da quando sua madre è stata ricoverata qualche giorno fa e come ‘cura’, per alleviare la sua tensione me la sono portata a letto. Forse è successo il contrario, è stata lei a portare a letto me ma il risultato è piaciuto sia a lei che a me. E’ comunque la prima volta che mi porto a letto o mi faccio portare a letto da una amica. Schiave o succubi per gentile concessione delle padrone si, compresa Bella, amiche, libere di decidere no, mai, prima di Lucia. Ed il tuo Stefano come sta? Per un attimo penso di invitarla a venire a vedere, poi penso agli altri miei progetti su di lui. Ti descrivo subito come stiamo. Ha sfacchinato tutto il giorno a pulire e far da mangiare, poi mi ha lavata e massaggiata, ho avuta una giornata pesante sul lavoro. Mi ha servita la cena, sono sul divano e lui sta arrivando col caffè. Poi fai la marcia del cazzo? Ci puoi scommettere rispondo e rido. Bevendo il caffè fatti succhiare le dita dei piedi, è fantastico, lo stanno facendo a me.
Resto sorpresa. Avevi detto di aver buttato fuori il tuo succube e di non avere nessuno. Ho conosciuta una ragazzina, abbastanza grande e molto bellina. Potremo fare qualche incontro a tre o a quattro. A proposito, quel tuo cazzo automatico funziona sul serio? Me lo faresti provare con la mia nuova amichetta? Ho intenzione di usarlo questa sera stessa ma posso prestartelo qualche altra volta.
Va là Daria, mi sembri scema. Hai un super cazzutissimo schiavo che stravede per te ed usi un coso di ferro e plastica che fa ciuf ciuf? Il fatto è che non voglio andare contro le regole, rispondo ridendo amaro. Parliamo ancora un poco poi ci salutiamo, direi che voglia dedicarsi alla nuova schiavetta. Lucia però non è lesbica, e come me preferisce i maschi anche se non disdegna, come me, il dolce tocco femminile. Porto la tazzina alla bocca finendo di bere, e adesso il caffè è finito. Mi sento una stronza, Stefano è mio ed sarbbe certo ben contento di succhiarmi le dita dei piedi una per una e di leccarmi i piedi. Lavora tutto il giorno per tenermi la casa in ordine, studia quando può, nel poco tempo che gli resta ed è felice così perchè mi ama. Sono sicura che sia vero, od almeno abbastanza sicura. Un dubbietto ce lo ho ancora e mi dà fastidio sempre, in continuazione. Persino quando gli chiavo il culo col mio ciuf ciuf, e gli deve fare un male boia non protesta minimamente, non si lamenta, però… non so, vedremo. Ha un gran bel cazzo poi, ma la regola del gruppo su questo non transige…ed è una regola sensata. Fatti scopare dal tuo succube o schiavo che sia e tu diventi la serva e lui il padrone! Un mucchio di casi già successi dimostrano che è così. Ma lui è innamorato di me da sempre. Più avanti quando sarà definitivamente certo, sicuro, che resterà con me per sempre, vedremo, adesso è troppo presto. Basterebbe una mossa sbagliata per rovinare tutto. Gli faccio portare in cucina il vassoio e dopo un attimo è di ritorno nello splendore della sua divisa da casa. Un paio di infradito. Il cazzo, barzotto gli ballonzola tra le gambe, un gran bel cazzo, piuttosto lungo ma non immenso anche se piuttosto grosso. Commenti tecnici delle mie amiche che come tali se ne tengono alla larga. Sanno che sull’argomento sono ipersensibile. Se mai chiaverà, per adesso è vergine, sarà la mia micetta ad essere onorata della prima visita. Io commenti tecnici non ne faccio, la mia esperienza si ferma alle rarissime scopate con mio marito nei pochi giorni che il matrimonio è durato. Un gran bastardo convinto che…lasciamo perdere. Comunque non farebbe bella figura neppure nelle misure.
Lo ha già nervosetto, ormai è abituato alla marcia del cazzo Lo impugno saldamente ed al tempo stesso con qualche delicatezza. Nei pochi metri tra il soggiorno e la mia camera da letto stringo ed allento la stretta, stringo ed lascio, sentendolo indurirsi, allungarsi ed ingrossarsi tra le mie dita. Come sempre una sensazione piacevolissima di potere mi pervade, sottile, crescente, tale comunque dal portarmi quasi al limite di un piacere esplosivo quasi prossimo all’orgasmo prima ancora di sedere sul bordo del letto o di stendermi su di esso magari con le gambe aperte a mostrare il sesso, ad offrirglielo, perchè da bravo schiavo innamorato e sottomesso vi si dedichi con fervore. Come sempre lo faccio attendere qualche attimo, un rito quasi. Pochi istanti durante i quali, altrettanto velocemente i miei bollori scemano, riacquisto parte della padronanza, decido cosa voglio e come debba darmi piacere. A quali carezze debba dedicarsi, in pratica da dove debba cominciare e fin dove arrivare. Il percorso comunque ha sempre uno sbocco obbligato, tra le mie gambe. Il risultato finale è sempre una serie di tremori, singulti, sbuffi e sospiri che mi guardo bene dal trattenere. Per lui il premio è la mia ciprigna ed una carezza al capo. Mi piace spiarne le movenze quasi ispirate nella ricerca del modo migliore di farmi godere di più e meglio. Sembra proprio questo essere il suo piacere e la massima ed unica sua ambizione. Non ha la delicatezza di Bella. Dio santo, mi piaceva da morire quella ragazzina, ma lui ormai si fa sempre più esperto, non quanto Bella e neppure delicato come Lucia. Un uomo non potrà mai eguagliare in dolcezza e sensibile abilità il tocco magico di un’altra donna nel trovare sempre i punti giusti e men che meno nel leccartela. Nessuna donna potrà darmi però il senso di potere che traggo dal dominare lui, uomo, forte, bello, virile e mio. Mio per sempre. Questa però è solo una speranza. Ben fondata ma una speranza soltanto.

Mi piace perdermi in questi pensieri che lentamente diventano difficili da seguire, sempre più difficili. Mentre queste idee, ormai barlumi di idee soltanto, lampi intermittenti anzi, si intrecciano nella mia testa, sono percorsa da brividi di piacere, brividi leggeri che mi turbano nel profondo, crescenti, inebrianti. Lampi di luce all’orizzonte, lievi, levissime scosse eletriche che mi fanno fremere. E’ la mente quasi più del corpo a reagire per prima. Sprofondo, il mondo perde di consistenza, galleggio sempre più nel nulla. Il tempo stesso, nel suo scorrere inesorabile perde presa, scompare. Secondi, istanti solo, possono sembrare eterni mentre una ora intera può svanire in un lampo. Mi abbandono alle sue mani, alle sue labbra sapienti, dio mio quanto sapienti. Per qualche istante vorrei essere attenta e presente, godere di queste sensazioni, gustarmele e assaporarle una per una, ma sempre più spesso sono persa al mondo. respiro a fatica, involontariamente contraggo il buco del sedere, tremo persino. Si, sono persa. Mi fido di lui, mi abbandono a lui, non riesco a fare altrimenti. Spero, so che non supererà i limiti oltraggiosi della ‘regola’, e le poche volte che pur senza contravvenire agli ordini vi si è accostato troppo l’ho fatto torcere sotto i colpi della sferza. Ha imparato da tempo a non farlo. Non andrà mai oltre i miei ordini. Reagisco immediatamente, istintivamente ormai agli sconfinamenti. Anche il mio corpo ora reagisce, esigente. Non bastano più le pur dolci carezze al seno, lo stringere leggero ed il torcere dei capezzoli fin quasi al dolore, i bacetti e i tocchi di lingua mentre sempre più spesso ed a lungo la sua mano scende tra le mie cosce, si avvicina al punto più sensibile, il centro del mio piacere e del mio essere donna. E’ il momento magico, quando verrò risucchiata dal vortice, portata in alto, su fino in paradiso. Punto i talloni, sollevo il bacino offrendo la vulva, il sesso che già comincia ad essere ben irrorato dei miei umori. La lingua separa abilmente le grandi labbra, percorre su e giù la fessura soffermandosi appena sull’orifizio beante, si avvicina al puntinino eretto, ci gioca intorno senza mai lambirlo,ed ancora ed ancora. Sto per esplodere e lo sa bene anche Stefano, il mio schiavo. No, fermo. Premo la mano sul suo capo. Fermati caro, ripeto, poi mi mordo le labbra fin a farmi male. Per un attimo credo di non potermi frenare, che sia troppo tardi e me ne rammarico anche se era quanto entrambi volevamo. Pian piano però il respiro mi si fa più normale, mi acquieto un poco piacevolmente ansante e sudata. Vai a prenderlo. Non serve gli dica cosa. Poco dopo, con i polsi ormai ammanettati ed uniti alla rete del letto aspetta ad occhi chiusi. Lo voglio scopare nel sedere e lo sa. Sa che gli farò male, l’ultima volta lo ho persino un poco lacerato. Ma è questo che voglio? Sento un altro desiderio farsi strada con forza, montare dentro di me, no non follia, desiderio, volontà di averlo. Lo voglio, lo voglio a qualsiasi costo ed al diavolo tutto il resto, regole ed amiche comprese. Che cazzo, è il mio schiavo.

Girati. Ubbidisce immediatamente, sempre unito per i polsi alla rete e nel farlo guarda alla sua sinistra dove con rumore sono atterrati i pezzi del congegno col quale stavo per rompergli il sedere. Qualsiasi cambiamento di programma dovrebbe fargli piacere ma il suo viso non tradisce nulla.
Esito, non so bene cosa fare. Gli lego al letto anche le caviglie, prima penso sia meglio, poi rinuncio a questa inutile misura di prudenza. Sono spinta dalla fretta e poi, mica voglio fargli male. Una breve esitazione, chi sei e cosa sei gli chiedo. Il vostro schiavo, Padrona, solo il vostro schiavo. Mi piace quando sottolinea col tono della voce la parola padrona, ed ora la ha evidenziata più che mai. Mi stendo su di lui, ne carezzo e bacio tutto il corpo mi struscio su di lui come tante altre volte. Non bacio la sua bocca: la ‘regola’. Ha il cazzo duro come il marmo, lo stringo, ne scopro il glande violaceo, quasi gli faccio una sega. In realtà non so cosa fare. Poi imito i gesti e le carezze che di solito mi vengono prodigate da lui. Porto le ginocchia ai lati del suo corpo ma sono troppo avanti. Mi sposto trovo la giusta posizione, mi calo letamente dirigendo il glande verso il punto giusto, la mia fessura. Solo ora capisce. Spalanca gli occhi incredulo. Mi fissa e non lo sopporto. Un foulard gli impedisce di vedere. Di nuovo mi pongo a cavalcioni di Stefano, nella giusta posizione. Nella giusta posizione? Non mi sembra proprio. Devo spostarmi ancora, chianarmi in avanti, non va e divento sempre più frenetica, porto indietro la schiena e finalmente, sempre stringendo in pugno il bel cazzo duro, dirigendolo alla mia fica in attesa comincio ad abbassarmi. Voglio solo sfregalo sulla mia fessura all’inizio, poi vedremo. Non è vero, voglio montarlo, chiavarlo. Voglio farmelo entra tutto dentro. Tutto no, impossibile, è troppo lungo, tutto quello che potrò ricevere dentro. Sono pazza. Pazza? Mai stata più lucida. Forse se ne stomacherà. Ma no! Quando mai un maschio si è stomacato a scopare una bella figa? Se mai è una briscola in più, un altro asso da giocare per farne definitivamente il mio schiavo. E se gli fa schifo vada a dar via il culo altrove.

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Cara lettrice, scrivendo, mi è sempre difficile esprimere, quando la situazione lo richieda, quelle che possono essere le pulsioni ed i pensieri di una di voi. Cosa possa pensare e sentire cioè una donna, magari sposa fedele e madre affettuosa nel sentirsi corteggiata con garbo da un uomo non spregevole. Cosa può pensare e provare una donna nelle mille situazioni in cui può venirsi a trovare. Per questo ho abbozzato questo spunto. Per far capire con un semplice esempio questa mia difficoltà.
Vorrei entrare in contatto con una donna, che non vedrò mai, con la quale dividere alla pari onori ed oneri per la composizione di qualche lavoro. Ne decideremmo insieme la trama e collaboreremmo alla sua redazione. Alla pari, senza conoscerci se non via internet. Se la cosa apparisse troppo impegnativa potremmo discutere e trovare forme di collaborazione accettabili ad entrambi.
Posso essere contattato tramite Milu e conservereste il vostro completo anonimato. Sempre su Milu sono presenti una quindicina di miei scritti per eventualmente farvene una idea.
Speranzosamente vostro

Chiodino.

I RACCONTI DI ‘CHIODINO’ SU: I RACCONTI DI MILU
Padrone di schiave per forza?
Io, gigolò a settant’anni
E’ giovane… ma grande abbastanza.
Farsi scopare da uno schiavo, mai!
Gallina vecchia.
I sogni muoiono all’alba.
Il Circolo dei ‘Bastard’.
Incubo?
La bella estate quando divenni uomo.
La mia cagna da riporto.
Lei e Lui, Lei e Lei, Lui e Loro.
Mi piacciono i culi, tutti i culi, rigorosamente femminili.
Padrone di schiave per forza?
Quattro uomini per una signora (Gli Dei vogliono risorgere).
Schiava o puttana? Schiava e puttana.
Tutto per i miei bambini.
Sedotto.
Lo guardo, per un attimo torno presente a me stessa, a cavalcioni, pronta a calarmi sulla sua virilità che desidero, che voglio anzi, sentire dentro di me. Da quanto tempo non chiavo? Mio marito…è stato il primo. L’ unico, e solo dopo il matrimonio, siamo stati insieme meno di tre mesi. Il bastardo non valeva gran che, anche inesperta come ero, lo ho giudicato non un gran che. E son passati anni. Voglio un uomo, finalmente un uomo, che mi ami, che sia alla altezza delle mie aspettative. Di amanti potevo farmene quanti ne volevo in questi anni, mosconi attorno ne ho avuti, e come che ne ho avuti!
Nonostante le mie paure sono stata sul punto di farmi un amante due volte di certo, forse tre con Maurizio. Maurizio però era un mio collega di lavoro, un mio collaboratore anzi…casini certi. Insomma, non ho mai più scopato dopo che il bastardo…e neanche prima. Mi vergogno persino a dirlo alle mie più care amiche, lo sa solo Marcella. Stefano è immobile, col volto coperto. Immobile ma trema. Sono di nuovo mal messa, sto cercando di…ma sei scema, mi dico, con la mia fortuna ci resto incinta fin dalla prima volta. Le mie cose! Dopodomani! Non serve guardare il calendario. Dovrei, di certo anzi sono fuori da ogni rischio, mi sono però smontata. Che cazzo faccio? Un leggero fastidio che ben conosco, in genere un segno premonitore. Che sia persino in anticipo? Sono molto regolare ma un giorno, massimo due, capita, sia di anticipare sia di ritardare. In questo caso forse anticipo. Da ieri, come sempre avvicinandosi la mia data controllo di avere in borsetta il necessario anche se pure in ufficio ho già tutto…No, adesso proprio no, non questa sera. Se un attimo fa ero una cagna in calore, adesso sono cosa? Una puttana redenta che si confessa? Non ne ho più voglia, zero. O meglio. Voglia ne ho ancora. Il mio ventre ribolle ancora un poco ma la testa dice basta. Eppure lo voglio. Lo stringo, lo abbraccio, mi struscio contro di lui, Stefano il mio schiavo, il mio giocattolo. Gli devo togliere dalla testa…quasi sto per prendere le forbici, non riesco a sciogliere i nodi del foulard, ma è un capo cui tengo, è un suo regalo. Finalmente riesco a liberarlo e come una sciocca temendo di averlo sciupato con i tre nodi, controllo. Stefano mi fissa attonito, non può certo capire, provo tenerezza, una tenerezza infinita. Solo tenerezza però. Un momento prima sentivo ancora il desiderio, il ricordo della voglia folle scemata ma non scomparsa. Ora niente, solo la testa me lo ricorda e lo ricorderà per sempre. Ha chiuso di nuovo gli occhi. Sudata, ancora un poco eccitata mi stendo al suo fianco e riporto la mano tra le sue gambe. Forse un poco meno ma è ancora teso e parecchio. E’ caldo, bollente. Cosa posso fare per calmarlo? Un pompino? Mai fatto un pompino in vita mia, ma seghe, due volte ed a lui, si. No, non adesso, meglio di no.

Le mestruazioni mi arrivano più o meno regolari. La notte successiva mi premunisco al solito ma niente e niente per tutto il giorno se non i soliti segnali premonitori. Comincia la notte seguente ed ora sono in ballo. Pazienza, è la maledizione di Eva, diceva mia nonna, avevo dodici o tredici anni. Passerà anche questo mese. In questi periodi lui mi assiste amorevolmente, cerca di fare il possibile, esagera credo, quello che sono i naturali fastidi. Fa da chioccia alla sua padrona. La cosa che mi piace di più sono i massaggi alla schiena. Non poi indispensabili ma piacevolissimi. Da parte sua nessun segno di quello che è successo o stava per succedere, eppure deve aver capito. Nella pausa di mezzogiorno accompagno una collega dal ginecologo, me lo ha chiesto lei. Quando ha finito chiedo di parlare alla dottoressa. Ormai le mestruazioni sono finite. Con parole diverse dice che ci ho sopra le ragnatele, ma che sono perfettamente a posto. Mi prescrive la pillola. Meglio alla sua età essere coperta che trovarsi nei guai…Mi spiega come fare. Sarò coperta a partire dal mese prossimo. Per questo mese, se avrò rapporti non protetti…Non ho ancora deciso niente e quasi mi pento di essermi scioccamente fermata una settimana fa. Io fingo non sia successo niente, lui finge di non aver capito quello che stava per succedere. Tutto come prima? No, assolutamente no, c’è, come sospeso in aria un qualche cosa che ci rende diversi. Forse diversi no ma certo…più cauti nei nostri rapporti. Al tempo stesso fatico a staccare gli occhi famelici da lui e dalla sua prorompente virilità. Lo voglio e so che lo avrò. Deve essere il mio uomo ed il mio schiavo, per sempre. Ubbidiente ed ai miei piedi. Per fortuna ho prestato a Lucia il cazzo meccanico altrimenti lo massacrerei tutte le sere. Stavo per lasciarmelo scappare con Lucia. Ci sentiamo e vediamo spesso, anche a mezzogiorno. Lei deve venire per lavoro una o due volte la settimana vicino al mio ufficio e se l’ ora lo consente pranziamo insieme. Me ne parla al telefono sul pomeriggio tardi, quando sa che posso parlare in libertà. Dopo i soliti convenevoli arriva al punto. Devo restituirti il ciuf ciuf. Già stanca del giocattolo? Ride. Ora ti devo lasciare, c’è gente, le dico. Oltre il vetro vedo il Bos ed il Megabos. Più che da me non possono venire. Roba da poco. Provo a richiamarla e la trovo. Allora? Ti dicevo…ma ti è servito? Alla grande, solo che per qualche giorno lei è via e magari serve a te. Non so cosa dirle. In realtà non vorrei usarlo, ma è costato una barca di soldi e regalarlo così…Quando torna? Tra una decina di giorni. Lo pulisco e disinfetto, poi te lo porto. Per me è anche un simbolo dico, pentendomene subito dopo, anche se è una cara amica temo capisca. Soltanto un simbolo no. Mi piace usarlo, non che mi soddisfi più di tanto, meglio il dildo con cui mi fa godere qualche volta Stefano, quando ci riesce, devo essere proprio in vena. Ed un simbolo lo è. Il simbolo del mio potere su un uomo. La possibilità di fargli capire cosa voglia dire essere penetrati dolorosamente. In quei momenti è quello stronzo di mio marito, il capo ufficio, il vigile che mi ha multata pochi giorni fa. Aveva ragione ma doveva essere meno saccente, presuntuoso… Lucia propone di vederci il mezzogiorno seguente ed io accetto senza esitare, non per recuperare l’oggetto che non sarà pronto suppongo ma per non pranzare nel solito posto con la solita gente. Mi piace la sua compagnia.

Il locale si sta svuotando e sediamo ad un tavolo ormai isolato. Raccontami tutto vorrei chiederle ma temo di essere troppo invadente. E’ lei che quasi immediatamente va sull’argomento. E’ stato fantastico, penso di comprarmene uno, metto da parte i soldi prima però. Si, costa caro aggiungo io. Ma li vale. All’inizio, guardarlo solo faceva paura, come mi avevi detto. Ha cainato, si è lamentata un poco ma è stato grande. La sera dopo è cominciato a piacere anche a lei. Faccio la parte del maschio e le vado sopra oppure la chiavo da dietro. Poi le ho rotto il culo, Dio se gridava, ma si sta già abituando. Se mai lo stronzetto ribussasse alla mia porta glie lo ficco nel sedere senza crema e senza le delicatezze usate con Wilma. Quando me la inculo è il mio sogno avere sotto lui e romperglielo ben bene. Parliamo d’altro. Cominciamo pure a parlare di Stefano ma è tardi e dobbiamo salutarci. Già, Stefano. In pochi giorni è tornato tutto normale, quasi normale almeno. Sono io che esagero, lo so, decido di non andare oltre ma poi esagero. Mi piace sentirlo impazzire di desiderio, impossibilitato a far nulla per evitare, per sottrarsi, lo lego apposta. Qualche sera fa, legato a gambe schiuse, un dildo nel sedere, gli ho leccato lo scroto e fatto una sega fino a farlo quasi godere. Non volevo godesse ma sono andata avanti troppo, colpa mia ma la padrona non ha mai torto, non sbaglia mai. Ha goduto, eiaculato abbondantemente mentre cercavo di calmarlo strizzandogli i capezzoli. A quel punto forse è peggio, si è forse eccitato di più. Ovviamente lo ho frustato. Mi è piaciuto farlo godere e mi è piaciuto e spiaciuto al tempo stesso frustarlo. Uso sempre la frusta più leggera, ma fa male di certo anche se i segni durano pochi giorni. Mi sono procurata un dildo più grosso, questa sera o domani se lo trova nel culetto. La prima volta sarà dura, è molto più grosso ma voglio tra poco, quando me lo rende, usare di nuovo il mio puf puf. E poi, anche senza puf puf…se gode di nuovo però lo devo frustare? La regola dice di si, ma…Mi piace essere una padrona comunque, ed essere la padrona di un maschio è ancora meglio. Ma è un cazzo vero che voglio, e non da spingere nel culo al mio schiavo o nella fica di una schiava. Giusto, cosa proverei a scoparmi una donna. Lucia può illuminarmi. Devo evitare di coinvolgere troppo Lucia, mi piace ma potrebbe essere pericoloso dirle troppo.

Cara lettrice, scrivendo, mi è sempre difficile esprimere, quando la situazione lo richiede, quelle che possano essere le pulsioni ed i pensieri di una di voi. Cosa possa pensare e sentire cioè una donna, magari sposa fedele e madre affettuosa nel sentirsi corteggiata con garbo da un uomo non spregevole. Cosa può pensare nelle mille situazioni in cui una donna può venirsi a trovare. Per questo ho abbozzato questo spunto. Per far capire con un semplice esempio questa mia difficoltà.
Vorrei entrare in contatto con una donna, che non vedrò mai, con la quale dividere alla pari onori ed oneri per la composizione di qualche lavoro. Ne decideremmo insieme la trama e collaboreremmo alla sua redazione. Alla pari, senza conoscerci se non via internet. Se la cosa apparisse troppo impegnativa potremmo discutere e trovare forme di collaborazione accettabili ad entrambi.
Posso essere contattato tramite Muli e conservereste il vostro completo anonimato. Sempre su Muli sono presenti una quindicina di miei scritti per eventualmente farvene una idea.
Speranzoso
Chiodino.

ALTRI RACCONTI DI ‘CHIODINO’ SU: I RACCONTI DI MILU.
Io, gigolò a settant’anni.
Gallina vecchia.
I sogni muoiono all’alba.
Il Circolo dei ‘Bastard’.
Incubo?
La bella estate quando divenni uomo.
La mia cagna da riporto.
Lei e Lui, Lei e Lei, Lui e Loro.
Mi piacciono i culi, tutti i culi, rigorosamente femminili.
Padrone di schiave per forza?
Quattro uomini per una signora (Gli Dei vogliono risorgere).
Schiava o puttana? Schiava e puttana.
Tutto per i miei bambini.
Sedotto. Pietro e Virginia.
Le mie bambine ed io, rapite, fatte schiave, addestrate per

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