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La Ragazza di campagna diventa schiava

By 28 Marzo 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

A diciotto anni Rosa era ancora una ragazzona grassa e timida, lei stessa si riteneva una cicciona abbastanza brutta. Da piccola aveva perso un anno a causa di una brutta malattia, ma ora a scuola andava molto bene, ad ottobre avrebbe frequentato la quinta al liceo scientifico. Il sesso per Rosa era invece una cosa sporca, che naturalmente non la riguardava. A diciotto anni di sesso non sapeva assolutamente niente e neanche voleva saperne, i pochi ragazzi che poteva incontrare, viveva in campagna, la deridevano perché era enormemente grassa e brutta. La chiamavano balena e foca, ma e se ne rese conto dopo, molti erano attratti dalle sue grosse tette. Al contrario, lei quel seno imponente proprio non lo poteva soffrire, lo vedeva enorme e brutto al pari delle sue immense cosce e dello smisurato deretano, in più quelle gigantesche tette avevano l’aggravante di esserle anche di peso. Era una ragazza di campagna, orfana dalla nascita ed adottata da una coppia di contadini, che non avevano figli, e che erano fattori e guardiani della tenuta di campagna di una ricchissima famiglia di Palermo. Nonostante i problemi con il suo corpo e una timidezza eccessiva, anche per una campagnola, Rosa era una ragazza sana, vivace ed intelligente. Vivendo in campagna conduceva una vita appartata, ogni mattina inforcava la bicicletta e percorreva, con qualsiasi tempo, i suoi otto chilometri, ed andava a scuola, lì si svolgeva tutta la sua vita sociale. Poi ritornava a casa, aiutava i suoi genitori e svolgeva i compiti. Andava a dormire molto presto.
Nei lunghi mesi estivi lavorava nei campi e nelle ore libere vagava allegramente per la tenuta. Da metà luglio e fino a metà, agosto la famiglia del marchese Galante si trasferiva nella tenuta con la cuoca ed un paio di cameriere, Rosa e la madre davano una mano in casa. Quell’anno vennero alla tenuta: il marchese con la moglie, la figlia diciottenne Sara e la cugina Eleonora più grande di qualche anno. Il figlio maggiore non c’era, era partito per un viaggio. Erano i primi anni 70, le ragazze iniziavano ad emanciparsi, Eleonora andava già all’università a Roma e lo stesso avrebbe fatto quell’anno Sara, però non potevano ancora andare in vacanza da sole. Dopo ferragosto anche il marchese con il resto della famiglia avrebbe fatto un giro in continente. Tra le altre cose si sarebbero fermati nella capitale per trovare casa a Sara che ad ottobre avrebbe iniziato a frequentare l’università.

Le due ragazze dapprima ignorarono Rosa, poi iniziarono a tormentarla, cicciona era l’epiteto più comune. Lei cercava di ignorarle e soprattutto cercava di incontrarle il meno possibile, andava in camera loro a rifare i letti quando non c’erano, quando le ragazze uscivano per i campi lei rimaneva in casa e viceversa, ma non era possibile evitarle del tutto. Un giorno, all’inizio di agosto, le ragazze erano uscite, ma la giornata era talmente afosa che a Rosa non andava di rimanere in casa, prese il costume e si avviò al ruscello. In un posto molto appartato c’era una gran pozza dove avrebbe potuto fare il bagno. Aveva imparato a nuotare da sola ed anche se lo stile lasciava molto a desiderare era resistente e veloce, ed in acqua era meno goffa che sulla terra. Di ciò Rosa se n’era resa conto le poche volte che era stata al mare, lì capì che se voleva poteva battere la maggior parte dei ragazzi della sua età. Non era ancora arrivata al fiume che sentì urla e schiamazzi provenire da quella parte. Capì subito che erano le due signorine che avevano avuto, purtroppo, la sua stessa idea. Stava per ritornare a casa, ma esitò, forse se ne sarebbero andate presto e poi era curiosa, voleva vedere come nuotavano. Si avvicinò alla pozza dalla parte di un dirupo che la dominava dall’alto e si affacciò su questa cercando di non farsi vedere. Ci riuscì, le due ragazze si spruzzavano acqua addosso e nuotavano in bello stile, ma come immaginava erano meno potenti di lei. Fu tentata di uscire allo scoperto ed unirsi a loro, ma non lo fece, non poteva sopportare i loro scherzi sulle sue grosse tette e sul miserabile costume che indossava sotto il vestito, sicuramente fuori moda. Le due cugine alla fine stanche ed allegre uscirono dall’acqua e si sdraiarono nella spiaggetta, sulla parte opposta del dirupo. La marchesina Sara era piccola e minuta, i capelli neri e lisci erano tagliati corti a caschetto, gli occhi erano allungati e la facevano assomigliare ad un’orientale, le tette erano piccole, ma ben fatte. Sua cugina Eleonora era invece magra ed alta, ma aveva due belle tette, grosse e sode, le cosce lunghe ed il ventre piatto, anche i capelli di Eleonora erano neri, ma al contrario di quelli della cugina erano lunghi e leggermente arricciati, li teneva raccolti a coda di cavallo.

Sara era sdraiata sul dorso ed Eleonora sul ventre, immobili al sole. Quelle due non volevano andarsene, nell’attesa Rosa si appisolò dietro il dirupo, nascosta alla loro vista. Ad un tratto Rosa sentì ansimare, allarmata e dimentica di dove si trovasse, si affacciò senza prudenza al dirupo e vide quello che mai avrebbe immaginato. Eleonora era sdraiata tra le cosce di Sara e la stava baciando e leccando nelle sue parti intime. Quella che ansimava era Sara che era nuda ed aveva gli occhi socchiusi e che inevitabilmente la vide. Pensò che l’avrebbe chiamata, ma non lo fece. Rosa ritornò a nascondersi, era sconvolta, si augurò di non essere stata vista e dato che loro continuavano nei loro giochi finì per credere che così fosse. Dopo il primo turbamento ritornò ad affacciarsi al dirupo, quello che vide le rimescolò il sangue e come ipnotizzata non poté più fare a meno di guardare. Erano a non più di quindici metri da lei che aveva un’ottima vista. Eleonora le dava sempre le spalle e stava leccando Sara sulle tette, questa ricambiava la cugina baciandola sulla nuca e dietro il collo. Le loro mani in basso si muovevano e ad un tratto le due ragazze insieme iniziarono a vibrare ed a gemere, si trattennero dal gridare, poi si abbandonarono una sull’altra senza più muoversi, solo il respiro grosso ed affannato, che seguì per qualche minuto, faceva pensare che le due ragazze fossero ancora vive. Dopo qualche minuto ancora si sdraiarono entrambe supine sulle loro stuoie e si addormentarono. Rosa abbandonò l’idea di poter fare il bagno e se ne ritornò a casa. In basso si sentiva umida, si allarmò perché non le era mai successo qualcosa del genere e prudentemente si toccò. Allorché le sue dita raggiunsero l’inforcatura tra le gambe e strusciarono sulla peluria sentì un brivido lungo la schiena, le venne la pelle d’oca. Il suo corpo era vivo e reclamava qualcosa per essere appagato, non sapeva cosa, forse doveva fare quello che le due ragazze avevano fatto l’una all’altra, ma si trattava sicuramente di atti impuri e cercò di scacciare quell’idea dalla sua testa. Sperava solo di non essere stata vista e s’illuse che così fosse quando le due ragazze ritornate a casa non la rimproverarono di nulla, anzi stranamente rinunciarono a schernirla. Ciò doveva renderla perlomeno sospetta, cosa che invece non avvenne. Contenta e sicura Rosa andò a letto e cercò di non pensare a quanto era successo quel pomeriggio, anche i bollori del suo corpo si erano, per fortuna, calmati.

L’indomani Rosa aveva già rimosso quegli avvenimenti, sua madre le disse di darsi da fare, c’era la camera delle signorine da sistemare, che loro erano già uscite da un pezzo. Entrò nella loro camera canticchiando e quando vide Sara seduta sul suo letto rimase a bocca aperta. – Vieni avanti cicciona – le disse questa, – ma prima chiudi la porta. – Incapace di reagire Rosa fece quanto le era stato richiesto, ma si tenne a più di un metro da lei.
– Nessuno ti ha detto che non sta bene spiare i padroni? –
Rosa arrossì e rimase di pietra. Ma lei l’incalzò ripetendo la domanda con un tono più duro e più alto. La casa era molto grande, nessuno le avrebbe sentite. Rosa cercò di giustificarsi, balbettò. – E’ successo per caso’ volevo fare il bagno’, non ero venuta a spiare. –
Sara sorrise malignamente. – Forse inizialmente &egrave stato come dici, ma poi sei rimasta lì a guardare per tutto il tempo. Te la sei goduta guardona e magari ti sei anche masturbata. –
L’ultima frase lasciò Rosa interdetta, non l’aveva proprio capita. Non era in grado di capirla in uno stato normale figuriamoci in quel momento. Ora aveva la conferma che Sara l’aveva vista e l’aveva vista anche più volte. Piuttosto che dire qualche scemenza che l’avrebbe irritata ulteriormente preferì stare zitta.
Lei invece non le diede tregua. – Devi essere punita. ‘
– E’ strano ‘ si chiese Rosa, – certamente lei non si era comportata bene, ma anche loro avevano fatto delle cose brutte. Ed allora perché doveva essere punita solo lei? – Però a Rosa non andava di discutere, decise che si sarebbe beccata la punizione e tutto sarebbe finito. – Come? – chiese.
Sara si alzò e girò la chiave nella toppa che ripose in una tasca dei jeans. Rosa non aveva paura, anche se Sara era più grande di età lei era più alta e grossa, quindi non diede importanza al fatto che avesse chiuso la porta a chiave. Pensava ad una penitenza simbolica, anche se non le ne veniva nessuna in mente.
Invece lei le disse: – levati la camicia. –
– Perché? –
Sara le diede uno schiaffo violento lasciandole il segno delle cinque dita sulla gota paffuta ed un gran male. Con rabbia le gridò in faccia: – smettila di fare domande, ed obbedisci. –
Rosa non osò reagire e si levò la camicetta. Sara l’osservava con gli occhi socchiusi e vigili.
– Levati anche il reggiseno. ‘ Rosa esitò, ma quando vide che stava per ricevere un altro schiaffo si affrettò ad obbedirle. Il suo enorme seno, non più sostenuto, si adagiò sullo sterno. Sara sorrise sarcastica e crudele, Rosa invece arrossì di vergogna e di paura. La marchesina continuò ad infierire insultandola. – Sembri una vacca. A quest’età dovresti avere un seno sodo, che si regge da solo, senza neanche bisogno di reggiseno ed invece il tuo mammellume ti arriva all’ombelico. ‘ Rosa divenne scarlatta e pensò purtroppo che la signorina avesse ragione. In quelle condizioni d’inferiorità psicologica non fu più in grado di opporsi. – Ora ti punirò ‘ concluse decisa Sara.
Prese una grossa corda lunga meno di un metro, che in parte raccolse nel pugno, e iniziò a frustarla sulle zinne. – Non osare gridare. – Non osò, Rosa stessa pensava fosse suo interesse non farsi sentire, ma faceva male e Rosa pianse sommessamente per l’umiliazione e per il dolore. – Sì. Piangi. – I colpi sulle tette non facevano molto male, ma quelli che arrivavano sui capezzoli erano tremendi, Rosa si morse le labbra per non gridare, mentre versava calde lacrime e la vista le si annebbiava. Ormai era in suo potere. Quando, dopo alcuni minuti, Sara finì di picchiarla, con la stessa corda la legò per le tette che strizzò alla base. Con il cappio che le rimase in mano Sara la strattonò tirandola per le mammelle verso il letto, ai cui piedi la fece inginocchiare mentre lei si sedeva sul bordo. – Ed ora dopo il dolore il piacere. ‘ Rosa completamente annebbiata non capiva cosa volesse dire. La marchesina si chinò su di lei ed iniziò a leccarla sulle tette violacee e sui capezzoli indolenziti, dapprima Rosa sentì ancora dolore, ma poi la saliva lenì il male ed infine iniziò a riscaldarsi, soprattutto quando Sara le prese i capezzoli in bocca ed inizio a succhiarli. Li succhiò a lungo, e mentre con una mano teneva sempre la corda e le strattonava il seno, con l’altra le accarezzava la pancia grossa e sudata. Rosa stava provando piacere, i suoi capezzoli subirono una strana trasformazione, divennero ritti e duri, in basso il languore iniziale si trasformò in calore e poi si sentì sciogliere. Senza pensarci si portò le mani tra le gambe, ma Sara la bloccò. – Cosa stai facendo, via le mani da lì, altrimenti ti lego. ‘ Rosa obbedì di nuovo, anche perché sentiva che quell’atto non andava compiuto, ma ciò nonostante si sentiva impazzire e solo un grande sforzo di volontà le impedì di riportare lì le mani. Sentiva il piacere crescerle dentro mentre Sara continuava a lapparla. Quando iniziò a mordicchiarle i capezzoli esplose e cadde riversa in terra. Tempo dopo seppe di aver avuto il primo orgasmo della sua vita, senza che si fosse mai toccata la fica (così aveva sentito che la chiamavano i ragazzi). – Bontà divina, sei una bomba – mormorò Sara che invece un po’ di esperienze le aveva già fatte.

Rosa si riprese, la signorina le aveva sciolto le tette. – Rivestiti – le disse, e poi aggiunse – non crederai che sia finita così. ‘ Rosa era troppo sconvolta e priva di forze per protestare e poi quello che le era successo non le era completamente dispiaciuto. Rosa ritornò a prestare ascolto a quello che Sara le stava dicendo.
– Stasera dopo cena ci vediamo al boschetto. Sbriga in fretta le tue faccende e presentati lì senza mutandine.

Per tutto il pomeriggio Rosa non poté fare a meno di pensare a quello che sarebbe successo quella sera. Solo per un istante tentennò pensando che non ci doveva andare, quanto era avvenuto la mattina e quello che sarebbe successo nella serata, sicuramente era peccato, uno dei più gravi per una ragazza timorata come lei, ma quel calore che l’aveva quasi fatta svenire e finalmente il fatto che una ragazza bella come Sara si fosse interessata a lei erano troppo gratificanti per rinunciarvi. ‘ Certo – pensava Rosa, – quello che facciamo &egrave brutto, anche perché siamo due ragazze, ma se lo facevano Sara ed Eleonora, più grandi di lei, colte e ricche, forse non era tanto brutto. –

Rosa terminò rapidamente di rigovernare e raggiunse Sara nel boschetto. La signorina era seduta su un tronco, al centro di una piccola radura, stava fumando una sigaretta. I suoi non volevano che fumasse e la ragazza fumava di nascosto. Rosa aveva corso per raggiungerla ed era trafelata ed accaldata, si trattenne, fece gli ultimi passi lentamente, la brezza s’insinuava tra le cosce sudate e la raffreddava dove già era calda e pronta. Sara l’accolse con il suo solito sorrisetto beffardo. – Avvicinati ed inginocchiati di fronte a me. ‘ Rosa obbedì e pensò che di nuovo le avrebbe ordinato di levarsi la camicetta ed il reggiseno. Invece Sara dietro il tronco teneva una verga sottile e allo stesso tempo flessibile e resistente. Le ordinò di sollevare la gonna e lei lo fece, come le era stato ordinato si era levata le mutandine e lì sotto era nuda. Sara l’accarezzò sul deretano con la verga e nell’interno delle cosce con la mano, quelle di Rosa erano invece impegnate a trattenere in alto la gonna. Sara non era tenera con la sua giovane serva. – Sei grassa come una mucca gravida, hai le cosce più grosse di due prosciutti. ‘ Rosa arrossì, ma non poté fare a meno di domandarsi: – se sono così brutta e grassa perché vuole vedermi? Perché non fa queste cose con sua cugina? – Intanto Sara stava massaggiandola sulla vulva con il palmo della mano. Rosa non aveva mai provato tanto piacere, per poco non svenne nuovamente. Sara vide il viso infuocato della serva, i suoi occhi stravolti ed intuì quanto fosse pronta. Iniziò a picchiarla sul culo, dapprincipio colpi lenti e non molto forti, mentre con la mano continuava a rovistarla. Poi allargò le grandi labbra e cominciò ad accarezzarla nell’interno. Non smise di picchiarla, anzi i colpi divennero più forti. Sara insinuò le sue piccole ed abili dita tra le piccole labbra di Rosa, che non lo aveva mai fatto. Rosa era fradicia d’umori e continuava a colare come una fontana. Sara insinuò un dito nella vagina della serva, e si fece largo, trovò l’imene e Rosa per un istante sentì un dolore acuto e sordo che la fece ingobbire. La padroncina ritrasse il dito e la serva riprese a respirare. Sara continuò ad accarezzarla sulle labbra, poi raggiunse il clitoride e si concentrò su quello. A quel punto Rosa iniziò a vibrare come un’epilettica ed a dire frasi senza senso come: – ancora, ancora … – e – ti amo, ti amo, … – Il tutto mentre Sara ora la bacchettava sul sedere rosso come un pomodoro sempre più forte, ma il dolore era lieve di fronte al piacere che la serva stava provando. Anzi, anche se in quel momento Rosa non se ne rese conto, ne era un gradevole complemento. Poi per la seconda volta nella stessa giornata si accasciò al suolo.

– E brava la mia vacca. Oggi hai già goduto due volte ed io nessuna. Tirati su e datti da fare. ‘ Rosa si tirò su e non fu facile, pensava di essersi trasformata in gelatina, ma non sapeva cosa doveva fare. Sara sollevò la gonna e si tirò giù le mutandine. La levò dall’imbarazzo dicendole: – lecca. –
Rosa era sempre in ginocchio, si chinò su di lei ed intuendo cosa la signorina desiderava iniziò a leccarla sulla vulva. Poi guidata dalla padroncina insinuò la lingua nelle grandi labbra e quindi presa dal gioco sempre più in dentro. Sara non era molto pelosa, ma per i peli la serva provò fastidio, cercò di non pensarci e insinuò la lingua oltre le piccole labbra, la tenne rigida e la scopò come la padroncina le ordinava di fare. Rosa, ancora una volta obbedendo agli ordini della signorina, tirò fuori la lingua dall’orifizio e la lappò sul clitoride. La marchesina venne, le conficcò le unghie sulla nuca e le tenne la bocca incollata alla vagina. Infine la padroncina si riprese e le ordinò di ripulirla di tutti gli umori che aveva emesso. Sara si accese una sigaretta e domandò alla sua giovane serva. – Ti &egrave piaciuto? –
– Ohm sì, Sara, moltissimo ‘ rispose Rosa mentre si leccava le labbra, era un sapore piacevole. Sara le soffiò il fumo in faccia facendola lacrimare.
– Non mi chiamare mai più Sara e non mi dare del tu, quando saremo sole chiamami padroncina e quando ci saranno altri chiamami signorina. Capito. –
Rosa non riusciva a capire perché veniva trattava a quel modo, erano amanti e dovevano volersi bene, ma non voleva litigare, forse quel modo di fare era parte di quel nuovo gioco che iniziava ad apprezzare. Si sentiva grande, si era innamorata e voleva accontentarla. – Sì padroncina. –
– Bene ora puoi andare. Ci rivedremo qui domani sera. E stanotte non ti masturbare. ‘ Rosa si alzò ed andò via, ritornò a casa.

Nei quindici giorni che seguirono le due ragazze s’incontrarono nel boschetto ogni sera, ed ogni sera la padroncina fece di Rosa quello che volle. Rosa ebbe orgasmi su orgasmi e bacchettate sui seni e sul culo a volontà. Le piaceva tutto, arrivò a pensare che non ci potesse essere il piacere senza il dolore. Adorava la sua padroncina e non pensò più ai ragazzi, era invece gelosa di sua cugina e successe che anche Eleonora divenne gelosa di Rosa. Ma quando Rosa sollevò il problema durante una pausa di uno dei loro incontri, Sara le diede una violenta bacchettata su un capezzolo che la lasciò senza fiato. – Quello che io faccio con Eleonora o con altre donne o uomini non ti deve interessare, sei tu che non puoi fare niente senza il mio permesso. Ricordati, io sono la tua padrona e tu la mia serva. Hai capito? ‘ Rosa dovette rispondere piangendo e non solo per il lancinante dolore che le veniva dal capezzolo ferito – sì padroncina. –

Se Rosa si rassegnò a condividere la sua padrona con Eleonora, quest’ultima non fece altrettanto. La tormentò ogni volta che poteva. Non si limitò a deriderla e ad insultarla. Ogni volta che poteva la umiliava. Dovunque si trovassero la mandava a prenderle un bicchiere d’acqua, oppure la rimproverava per un lavoro fatto male e glielo faceva rifare. La sua padroncina non intervenne mai in sua difesa e a lei non rimase che ubbidire. Se Sara non la difese &egrave pure vero che non la derise più in pubblico ed anche quando erano sole non disprezzò più il suo fisico, anzi aveva imparato ad apprezzarlo, era capace di leccare e godere delle tette della sua serva per mezzora di fila senza stancarsi. Ma si sfogò con umiliazioni più sottili e per lei più piacevoli. Spesso legava le mani di Rosa dietro la schiena e in quelle condizioni la costringeva a leccarla; viceversa per ottenere le sue carezze Rosa doveva implorarla. La fantasia di Sara si sviluppava continuamente, ma solo negli anni a venire avrebbe dato il meglio di sé. In quel periodo non leccò mai la fica della serva, solo il seno, che nonostante il suo sarcasmo era la parte che più desiderava e soprattutto non la baciò mai sulla bocca fino all’ultimo giorno.

Inevitabilmente le vacanze terminarono. L’ultima sera Sara fu molto tenera con Rosa, ma non rinunciò a frustarla con la corda sui capezzoli, poi mentre la serva piangeva e si massaggiava il seno dolorante, finalmente la baciò sulla bocca. Rosa si limitò a socchiuderla e lasciò che la lingua della sua padrona l’esplorasse a lungo con reciproco godimento. Le ultime parole della sua padrona furono un ammonimento. – Ci vedremo a Natale ed a Pasqua e poi la prossima estate. Non pensare neanche a tradirmi, lo verrei a sapere e ti ripudierei. –
Rosa non aveva mai pensato di poterla tradire, e quella terribile minaccia più che spaventarla la lusingò..

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Nell’attesa delle vacanze di Natale i giorni non passavano mai, ma il corpo di Rosa in quei mesi iniziò a darle delle piacevoli sorprese. Divenne più alta e soprattutto iniziò a dimagrire, il suo seno si rassodò, ed il suo viso foruncoloso diventò più liscio e affilato, anche se sembrava sempre un maschiaccio, pure i suoi capelli, tagliati corti, diventarono più docili. Rosa ne fu piacevolmente sorpresa, ciò fu essenzialmente dovuto alla sua esplosione sessuale. La ragazza si masturbava quotidianamente pensando alla padroncina, ma sulla sua trasformazione non influì solo questo. Invece di fare come tutte le altre ragazze e cio&egrave diete, iniziò con fanatismo a fare ginnastica, acquistò dei pesi e trasformò un angolo della stalla in palestra, passava lì dentro due ore al giorno. Era sempre un po’ grassa, ma la maggior parte di questo se ne era andato o si era trasformato in muscoli. Non sarebbe mai diventata una bellezza classica, era una ragazzona ed era inutile che tentasse di nasconderlo. Si accorse che ai ragazzi non dispiaceva più, anzi raccoglieva occhiate ammirate e qualche avance, ciò fu indubbiamente dovuto ai suoi rapporti estivi ed all’alta carica erotica che questi avevano liberato. Dei ragazzi Rosa se ne infischiava, si limitava a batterli a braccio di ferro e contava i giorni che la separavano dal Natale, questo suo atteggiamento ottenne l’effetto di aumentare il numero dei corteggiatori e l’ammirazione delle sue compagne di classe. Aspettava Natale con preoccupazione, la sua padroncina era stata chiara, niente lettere e telefonate, nessuna smanceria per corrispondenza, quando lei sarebbe arrivata le avrebbe telefonato, che si tenesse pronta per la bisogna.

Quando la telefonata arrivò la delusione fu enorme. Sara le telefonò da Palermo, non poteva venire a trovarla, aveva degli impegni importanti in città. Rosa seppe in seguito che era arrivata con un ragazzo e che con lui se la spassava. Rosa si voleva tagliare le vene, resuscitò nel momento in cui le disse: – Vieni tu a Palermo, diciamo domenica. –
– Ma come faccio, mia madre non lo permetterà mai. –
– Passamela – le disse.
A Sara non ci vollero più di cinque minuti a convincere la madre di Rosa che era indispensabile che sua figlia andasse a Palermo. E così quella domenica Rosa prese la corriera delle otto per Palermo. Alle nove e qualcosa quando arrivò la sua padroncina era in piazza con una spider ad aspettarla. Rosa montò in macchina, era tentata di abbracciare e baciare Sara, ma prudentemente si trattenne. Lei la osservò.
– Sei cambiata. –
– Spero in meglio – rispose emozionata.
– Vedremo. – Ingranò la marcia e partì. Non andarono a casa sua. Sara si era inventata una scusa per tutto il giorno e si diresse verso l’aeroporto. Parcheggiò di fronte ad un villino che dava sul mare. – Prendi quella borsa e seguimi. ‘ Rosa non poté fare a meno di notare che non le arrivava neanche alla spalla, ma per sua fortuna non pensò neanche di mettere in dubbio chi era che comandava. La sua padroncina era vestita in modo sportivo ed attillato secondo la moda del tempo: mocassini, pantaloni di velluto, un maglione ed un giubbotto di pelle. Rosa invece si era messa delle scarpe con un tacco molto basso, il collant, la gonna, un maglione ed il cappotto (di tutto il meglio ed il poco che aveva).
Appena entrate, Sara si sdraiò su un divano e rivolgendosi a Rosa le disse: – spogliati. – Lei intanto si accese una sigaretta. Rosa si spogliò cosciente di essere migliorata moltissimo, il suo seno era sempre molto grosso, era difficile che stesse su, ma non pendeva più come una volta e le sue cosce non erano più grasse, ma robuste, i polpacci invece erano davvero troppo muscolosi, tutti quegli anni in bicicletta avevano lasciato il segno. Le sue preoccupazioni svanirono presto, la sua padroncina la guardava apprezzandola e piena di desiderio. Rosa fu presto nuda, la padroncina le fece cenno di avvicinarsi e l’attirò a sé. Fu meraviglioso. Iniziò a baciarla dappertutto. Anche in bocca, cosa che le aveva concesso solo una volta. Poi iniziò a mordicchiarla sui capezzoli e ad accarezzarla tra le gambe. Si spogliò pure lei e volle che le sue carezze fossero ricambiate. C’era un contrasto nettissimo tra i loro corpi; quello di Sara era piccolo, minuto e nervoso; quello di Rosa: grande, forte e calmo.
Si diedero piacere per lungo tempo. Poi verso mezzogiorno Sara disse: – vestiamoci ed andiamo a pranzo. ‘ Rosa fece per indossare nuovamente i suoi vestiti, ma lei la fermò.
– Indossa quelli che ti ho portato, guarda lì nella borsa. ‘ Rosa rimase senza parole, come avrebbe potuto indossare quegli indumenti. Ci provò mentre Sara la osservava attentamente, pronta ad intervenire se si fosse rifiutata o avesse sbagliato. Rosa iniziò dalla biancheria intima, se così si poteva definire. Le mutande erano una cintura di cuoio con una strisciolina di pelle che doveva coprire le intimità, capì come andavano indossate e se le mise. Anche il reggiseno era di cuoio e lasciava gran parte delle tette scoperte indossò pure quello, la ragazza si sentiva indecentemente nuda, più di prima. Poi indossò delle calze nere autoreggenti e le scarpe con il tacco molto alto, anche se non altissimo, ma per Rosa che non aveva mai calzato scarpe col tacco fu un’impresa tenersi in equilibrio. – Cammina un po’ – fu l’ordine che ricevette. Iniziò a muoversi per la stanza e dopo qualche minuto pensò di potercela fare, ma non si doveva distrarre. Con quel tacco superava abbondantemente il metro ed ottanta. Fu contenta di scoprire che i suoi polpacci ora sembravano più snelli. Si mise la gonna, era blu e plissettata, le arrivava sopra al ginocchio, per l’epoca era una minigonna. Per finire un maglione bianco di lana, molto fine e largo sul corpo che la faceva apparire più magra. Rosa si accorse di essere bella, elegante ed accessibile in ogni parte del suo corpo con grande facilità. Evidentemente quello era lo scopo di quell’abbigliamento che però la rendeva più bella e seducente, e almeno a guardarlo non si poteva definire osé. C’erano anche dei guanti neri di capretto lunghi fino al gomito, che avevano all’altezza dei polsi due minuscoli anellini di acciaio. Li indossò ed indossò anche la mantella nera di lana morbida e calda, senza maniche, che abbottonata per l’unico bottone sotto il collo le cadeva perfettamente fino a sotto al ginocchio avvolgendola completamente. Sara le girò intorno e le disse: – dammi le mani. ‘ Rosa sentì un clic e poi non poté più muovere le braccia. Non disse niente. La padroncina invece le passò davanti protese le labbra verso la sua serva che s’inchinò per essere baciata. Sara le sorrise: – il mio regalo di Natale. ‘ Poi uscì e la serva la seguì. Sara l’aiutò a montare in macchina. Ammanettata sul didietro Rosa stava scomoda e si domandava come avrebbe fatto quando fossero arrivate. Prima di partire la padrona insinuò una mano sotto la mantella ed il maglione della serva e raggiunse le sue tette, con l’altra mano si protese verso la fica. Rosa era completamente accessibile. Sara mise in moto e si diresse verso la città. Prima di scendere la padroncina la tastò ancora e poi le liberò le mani. Era un ristorante di gran lusso, Rosa non sapeva cosa fare, ma lei l’aiutò. Furono accolte calorosamente dal proprietario che conosceva Sara e che personalmente ritirò la mantella di Rosa ed il giubbotto della padroncina. Tutti gli occhi dei commensali erano puntati su Rosa, che si sentiva nuda. Si riprese, consapevole che quello era un abbigliamento elegante e neanche frivolo, a meno che non sapessero come era conciata sotto, ma di quello era a conoscenza solo la sua padroncina. Era Rosa a sembrare una marchesa, la sua padroncina al più poteva passare per una ragazza sportiva. Rosa si mosse con cautela e stette attenta a non inciampare. Quando si sedettero si levò i guanti e si portò una mano alla fronte per asciugarsi il sudore. – Calmati ‘ l’incoraggiò Sara. Sopraggiunse il cameriere e la marchesina ordinò per entrambe. Erano sedute su un lato della sala una di fronte all’altra. Piano piano i commensali smisero di ammirarla e di chiedersi chi fosse quella splendida ragazza in compagnia della marchesina Galante, quindi ritornarono alle loro faccende.
Il primo era un brodino delizioso. Rosa osservava Sara e si comportava di conseguenza. Quando sentì un piede che risaliva la sua coscia sussultò. – Stai tranquilla ed avvicina la tua sedia, poi appena puoi slaccia quella strisciolina di pelle che hai in mezzo alle gambe. ‘ Rosa pensò che Sara fosse impazzita, ma si avvicinò di più a lei ed allargò le gambe. Non se la sentiva però di sganciare la striscia di pelle. Il piede nudo della sua padroncina già però le premeva sul ventre.
– Ho le unghie lunghe, se non slacci quella striscia ti farò molto male. – E per dimostrarle che non erano minacce a vuoto le graffiò l’interno di una coscia. Rosa diede una disperata occhiata in giro, poi portò la mano sotto il vestito e sganciò la striscia. – Ora va meglio – sorrise la sua padroncina ed inizio a masturbarla con il piede. Rosa teneva le cosce larghe per facilitarle il compito, ma quando si rese conto che non riusciva più a controllarsi le strinse sul piede di Sara fermandolo ed implorandola con lo sguardo di smettere. – Puoi farcela ‘ fu la risposta che non le lasciava via di scampo.
Rosa abbassò gli occhi e allargò nuovamente le gambe. Dopo un attimo sussultò e si morse le labbra a sangue. Aveva posato il cucchiaio dentro il piatto perché le mani le tremavano, mentre la padroncina che però aveva terminato aveva fatto altrettanto. Il cameriere accorse e portò via i piatti. Rosa lo guardò esterrefatta allontanarsi mentre Sara sorrideva divertita ed appagata e si accendeva una sigaretta. Solo dopo un po’ levò il piede dal grembo della serva. Rosa ne approfittò per riagganciare la strisciolina e gustò di più il secondo ed il dessert, bevve anche un bicchiere di vino. Quando terminarono di pranzare la padroncina le disse: – mettiti i guanti, poi, dopo che avrai indossato la mantella, vai in bagno e levati gonna e maglione. Non avere paura non fa freddo. Io intanto pago. – Si avvicinarono all’uscita, aiutata dal cameriere Rosa indossò la mantella e poi andò in bagno. Aveva imparato che era inutile discutere gli ordini della padroncina. Si chiuse in una toilette e si spogliò, quindi indossò nuovamente la mantella. In effetti, a meno che non fosse arrivata una folata di vento a sollevarle la mantella non ci sarebbero stati problemi. A quel pensiero Rosa tremò, poi si fece coraggio. Tenne la gonna ed il maglione schiacciati sul petto con una mano, mentre con l’altra tratteneva i lembi della mantella, ed uscì. Lei era già in strada, la raggiunse. Sara aprì il bagagliaio e le disse: – dammi i vestiti. ‘ La serva glieli porse tenendo stretti con l’altra mano i lembi della mantella. Sara li ripose nella borsa con gli altri vestiti. Erano le quindici di un pomeriggio prenatalizio, i negozi erano aperti e le vie centrali di Palermo erano piene di gente. La padroncina prese la borsa in mano e si avviarono. Rosa era nuda e spaventata, ma la sua piccola padrona non l’aveva mai delusa, si fidava. Mezzora dopo entrarono in un cinema. Si sistemarono in una delle ultime file, Rosa non badò neanche a quello che davano. Il cinema era mezzo vuoto, neanche si erano seduti che lei l’aveva legata con le mani dietro la schiena, ciò fatto iniziò a tastarla sotto la mantella. Rosa pensò che se le avessero scoperte non avrebbe potuto neanche scappare, la mantella si sarebbe aperta, sotto era nuda e con le mani legate era difficile correre. Per più di un’ora la padroncina la tormentò pizzicandole i capezzoli e le cosce, graffiandola sul seno e sulle natiche. Rosa era spaventata da morire e si mordeva le labbra per non gridare. Quando ormai pensava di non poterne più arrivò il peggio, la sua padroncina si chinò su di lei e le morse le tette ed i capezzoli a sangue. Solo il terrore di quello che sarebbe successo se avesse gridato le diede la forza di non urlare. Aveva gli occhi pieni di lacrime e sussultava e singhiozzava mentre Sara voluttuosamente le masticava i capezzoli. Infine la padroncina smise di mordere e pizzicare e l’accarezzò dolcemente, Rosa si rilassò, ma aveva sempre paura che qualcuno le potesse vedere, nessuno faceva caso a loro e si lasciò andare fino a godere. Poi Rosa si abbandonò sfinita sulla poltrona. Si riprese e Sara le sciolse le mani, poi le disse: – prendi la borsa e vai in bagno a cambiarti, fra un’ora c’&egrave l’autobus. – Con le gambe tremanti Rosa si avviò in bagno. In macchina mentre la riaccompagnava osò chiedere: – quando la rivedrò. – Stranamente Sara non s’inalberò per la domanda della serva.
– A Pasqua. ‘ Poi le chiese, – quando termini le scuole? –
– Faccio la quinta, a giugno ho gli esami di stato e poi ho finito. –
– Devi dire ai tuoi che vuoi andare all’università. –
– A Roma? Non me lo permetteranno mai. Forse neanche a Palermo. E poi lei abita a Roma con sua cugina che non mi può vedere. –
– A settembre starò da sola in un appartamento in centro, ti ho già detto di non immischiarti nelle mie relazioni con altre persone. Per l’università invece inizia a parlarne e poi lascia fare a me. Ci vediamo a Pasqua. –
La baciò fugacemente sulla bocca e la lasciò andare. Rosa era su di giri ed iniziò a contare i giorni che la separavano da Pasqua.

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Il suo corpo si era risvegliato e continuava a diventare sempre più sodo e bello. Continuava a darsi da fare con i pesi ed il grasso si trasformava in muscoli forti e snelli. Dal suo viso erano definitivamente scomparsi i brufoli ed ora era paffuto e morbido come quello di una bambina, pure i suoi capelli, che aveva lasciato crescere, erano diventati più docili, non sarebbero mai diventati lisci, ma si lasciavano pettinare. Arrivò Pasqua e Rosa era in forma perfetta. La signorina telefonò da Palermo e parlò con la madre di Rosa. Le disse che sarebbe arrivata in serata, da sola, avrebbe alloggiato nel casino di caccia, un Km lontano dalla casa, perché voleva studiare e stare tranquilla, i suoi sarebbero venuti più tardi, nei giorni che precedevano la pasquetta. La madre di Rosa le rispose: – ma chi vi farà da mangiare e chi farà le pulizie, i letti e tutto il resto. ‘ Poi premurosa aggiunse – lasciate che mandi mia figlia, penserà lei alla casa. – La padroncina si fece convincere e Rosa nel pomeriggio portò di buon grado le sue cose e delle provviste al casino di caccia. Come apprese dopo, la sua padroncina aveva lasciato il fidanzato che si era portata a Natale. Nel casino di caccia c’era solo una grande stanza con due letti singoli, un paio di tavoli, un grande armadio, bagno e cucina. Rosa lavorò molto per rendere attraente la casa e mentre lavorava fantasticava e si bagnava. In quei mesi aveva eliminato buona parte della sua ignoranza sessuale, la pratica era servita a molto, ma aveva anche letto tanto. Il suo rapporto con Sara, solo nei suoi pensieri più intimi la chiamava così e le dava del tu, era perverso, di questo ne era consapevole da tanto tempo, ma aveva anche scoperto che con quel tipo di rapporto sarebbe rimasta vergine per sempre. Era innamorata pazza, ma anche preoccupata per quella loro relazione. Con Sara aveva goduto moltissimo, ma non poteva evitare di domandarsi come doveva essere con un maschio. Prima o dopo avrebbe trovato il coraggio di chiederlo alla sua padroncina, la quale come aveva dimostrato fino a quel momento, sebbene le passasse solo un anno, era molto più pratica di lei.

La vide da lontano entrare nella tenuta sulla sua spider, non si fermò neanche davanti alla casa padronale, si limitò a salutare con la mano, poi imboccò la piccola e sconnessa strada che portava al casino al massimo della velocità permessa, sollevando una grande nuvola di polvere e qualche minuto dopo parcheggiava lì di fronte. – Domani prenderò il cavallo – disse a se stessa, poi rivolgendosi alla serva che trepidante la guardava dall’uscio – prendi le valigie in macchina e portale dentro. – Dieci minuti dopo Rosa era nuda in ginocchio davanti a lei, che seduta in poltrona ed ancora vestita nel suo solito modo elegante e sportivo pregustava i giorni che avrebbero passato insieme. Sara la osservava notando compiaciuta i cambiamenti del suo corpo. Le tastò il seno, poi le braccia e le spalle, quindi le natiche e le cosce. – Sei forte e muscolosa. – Fece una pausa e poi riprese a parlare. – Mi piaci, ma allo stesso tempo non dobbiamo perdere la tua femminilità, &egrave importante che la mia serva sia anche bella. – Si alzò, andò in bagno e ritornò immediatamente alla sua poltrona. Con sé aveva il suo beauty-case che aprì e sistemò su un tavolino accanto alla poltrona. Iniziò a truccarle il viso. Rosa non si era mai truccata, per lei la bellezza era solo acqua e sapone. Della sua padroncina ammirava il trucco leggero e sapiente, sua madre e le sue amiche senz’altro le avevano in segnato come fare. Sara lavorò sul viso della sua serva per mezzora. Rosa non pensava che si potesse perdere tanto tempo per truccarsi, poi Sara le passò il rossetto sulle labbra e con lo stesso le pitturò i capezzoli che diventarono rosso fuoco, la signorina ci soffiò sopra e a Rosa venne la pelle d’oca. Sara sorrise compiaciuta del lavoro fatto e cercò ancora nel beauty-case. – Non ti muovere. ‘ Rosa era bagnata e la desiderava come non mai, ma come sapeva era lei a decidere cosa fare e quando farlo. Tirò fuori uno specchio piccolo, ma adatto alla bisogna e Rosa poté guardarsi in quello. Non si riconobbe. Sara notò la perplessità della serva e sorrise di nuovo. – Vieni – disse alzandosi. Andarono in bagno dove lei la spinse davanti allo specchio grande e Rosa dovette ammettere che quella donna, perché ora dimostrava molti più anni di quelli che aveva, ero proprio lei. Le labbra esaltate dal rossetto erano molto più pronunciate, gli zigomi si erano alzati ed il suo viso era diventato più chiaro e luminoso, ma la trasformazione maggiore era negli occhi, neri come sempre erano diventati grandi e pieni di desiderio. I capezzoli eccitati svettavano sulle tette e desideravano tanto che qualcuno li accarezzasse. Come se le avesse letto nel pensiero Sara da dietro glieli strinse con le sue piccole, ma abili e forti mani, mentre la baciava mordicchiandola sulle spalle. Le gambe di Rosa tremarono per il piacere. Non durò molto. – Dov’&egrave la biancheria che ti ho regalato a Natale. ‘ Rosa corse all’armadio e tirò fuori quelle strane mutande e quello strano reggiseno che indossò. Stava per indossare anche le calze, ma la padroncina aprendo una borsa, che in precedenza aveva voluto che la serva non toccasse, tirò fuori un paio di calze bianche con giarrettiera. Poi le porse un paio di pantofole, con il tacco più alto delle scarpe che le aveva regalato a Natale ed inevitabilmente Rosa fece una smorfia. – Devi imparare a portare le scarpe con il tacco ed imparerai. – Rosa le calzò, erano ancora più difficili da portare delle scarpe, non solo perché avevano il tacco più alto, ma soprattutto perché erano aperte di dietro. Rischiò subito una storta e si mosse con grande cautela. – Sembra che tu stia camminando sulle uova. Rilassati e cammina lentamente. Vedrai che tra qualche giorno ti muoverai con la dovuta disinvoltura. – Quindi Sara le porse una crestina ed un grembiule bianco. Rosa finì con l’indossare anche quelli e la padroncina la guardò con calore.
– Quando saremo qui io e te da sole ti vestirai così. Terremo la porta sempre chiusa, così se arrivasse qualcuno all’improvviso potrai correre in bagno a cambiarti. – In verità lassù non andò mai nessuno e Rosa lentamente superò il disagio dei tacchi alti e di girare per casa seminuda.

Per entrambe fu un periodo meraviglioso, parzialmente interrotto solo per due giorni dalla venuta dei parenti della marchesina, compresa la terribile cugina, che però questa volta si guardò bene dall’irridere o dall’insultare Rosa. In quei due giorni Sara stette tutto il tempo con i parenti e ritornò al casino solo per dormire, molto tardi e non ebbe nessun rapporto con la serva. Rosa invece si rodeva il fegato della gelosia perché vedeva la sua padroncina andare in giro, ridere e scherzare con la cugina. Ma non poteva farci nulla, solo sperare che se ne andassero in fretta.

La mattina Rosa si svegliava presto e dopo un latte e caff&egrave si metteva a studiare per due ore. Erano le sue uniche due ore libere, poi da quando la sua padroncina si svegliava a quando andava a letto non le lasciava un attimo di respiro. Verso le dieci Rosa indossava la tenuta da cameriera ed andava a svegliarla con la colazione. Quando Sara si svegliava non era mai allegra e se era particolarmente nervosa pretendeva che Rosa la leccasse mentre si fumava la prima sigaretta della giornata. Dopo aver mangiato qualcosa e soprattutto dopo una buona leccata ritornava di buon umore. Si stiracchiava come una gatta ed andava sotto la doccia, quindi Rosa la aiutava ad asciugarsi ed a vestirsi, si cambiava pure lei e facevano un giro per la tenuta. Di solito arrivavano alle stalle dove c’era il padre di Rosa e prendevano due cavalli, quindi si dirigevano verso il bosco o il ruscello o galoppavano nei campi non coltivati.
Una mattina si trovavano nella piccola radura del boschetto dove era iniziata la loro relazione. La padroncina le disse: – spogliati. ‘ Entrambe indossavano jeans e un maglione. – Qui? Di giorno ci possono vedere. – Sara la frustò rabbiosamente con il frustino da cavallerizza. Gliene diede una sulle tette ed una sulla gamba. Rosa alzò le mani in segno di resa ed iniziò a spogliarsi. – Un giorno o l’altro ti spello viva. Devi imparare ad obbedirmi senza fiatare. ‘ Rosa fu presto nuda e la padroncina l’accarezzò sul seno imponente con il frustino. Rosa si agitò per la paura e per l’eccitazione. Tranne quei due colpi fino a quel momento non l’aveva mai frustata con la frusta, su di lei aveva usato solo la corda e la bacchetta. Rosa sapeva che presto l’avrebbe fatto, ma in quel momento la padroncina desiderava altro.
– Inchinati. Ora vedremo quanto sei forte, voglio montarti come una puledra. – La montò, Rosa la sosteneva con le mani e lei le passò un braccio intorno al collo per reggersi, con quello libero teneva il frustino e riprese ad accarezzarla sulle tette. Poi le diede un colpetto sul seno, strinse le cosce sui fianchi della serva e le disse: – vai. ‘ Rosa iniziò a trottare nella radura. Per qualche minuto la portò in giro senza grandi difficoltà, doveva pesare meno di cinquanta chili. Sara si divertiva moltissimo e la gratificò di qualche leggero colpo di frustino sul seno o sul culo. La padroncina era entusiasta di quella scoperta, e lanciò la sua puledra al galoppo dentro il bosco con un più deciso colpo sulle chiappe gridando come una bambina: – corri, corri. ‘ Rosa riuscì a correre per cento metri, poi si fermò, le gambe le tremavano ed aveva il fiato grosso, il seno andava su e giù come un mantice. Solo allora Rosa si accorse che mentre correva la sua padroncina aveva avuto un orgasmo e si era accasciata su di lei. Risvegliandosi Sara accarezzò il seno di Rosa e la baciò teneramente sul collo.
Sara si riprese e scese da cavallo, quindi le disse: – aspettami qui. ‘ Rosa s’infrattò nuda, aveva solo gli scarponcini ed i calzettoni, dietro un albero ed aspettò che la padroncina ritornasse con i cavalli ed i suoi indumenti.
Ritornò e buttò una coperta sull’erba, quindi le ordinò: – sdraiati. ‘ Sara si inginocchiò tra le gambe di Rosa ed iniziò a leccarle la passera, era la prima volta che lo faceva. Rosa rischiò di morire dal piacere, la leccò tutta e a lungo e Rosa non seppe quante volte venne. Sfinite, si rivestirono e ritornarono al casino. Nei giorni seguenti ripeterono quel gioco diverse volte, piaceva alla padrona e iniziava a piacere anche alla serva, soprattutto perché dopo la padrona le leccava la passera.

Il pomeriggio, dopo un leggero pranzo, Rosa lo trascorreva letteralmente ai piedi della sua padrona. Se lei studiava alla scrivania Rosa si sdraiava di sotto e la padroncina poggiava i piedi nudi sulle sue tette o sulla sua pancia. Ogni tanto Sara si agitava e portava i piedini verso la bocca della sua serva pretendendo una leccata. Qualche volta raggiungeva il ventre o la vulva della serva che stuzzicava distrattamente. Se invece la padroncina studiava in poltrona la serva veniva utilizzata come sgabello. La padrona allungava le gambe sulla sua schiena, anche in questo caso ogni tanto strusciava i piedi sulle tette o sulla fica di Rosa, e qualche volta pretendeva che la serva glieli leccasse. La padrona teneva così Rosa in un perenne stato di eccitazione, ubriaca e drogata di sesso. Verso le diciotto la liberava, lei continuava a studiare, ma Rosa poteva andare a casa dei suoi a prendere delle provviste e di ritorno, dopo essersi rimessa in tenuta da cameriera, preparava la cena e sfaccendava per la casa. Alle venti si cenava.

Dopo cena Sara faceva una breve passeggiata mentre Rosa rigovernava. Quando la padrona ritornava andavano a letto. Dopo due giorni avevano unito i letti facendone uno matrimoniale, stanche della giornata, ma non ancora soddisfatte si davano reciproco piacere e poi sfinite si addormentavamo. Una delle ultime notti Sara volle sapere come Rosa andava a scuola e cosa pensavano i suoi genitori dell’università. A scuola Rosa andava bene, ma i suoi non avevano i mezzi per mandarla all’università, era tutto. Il giorno dopo Sara andò a parlare con il padre e la madre di Rosa. Li convinse, i genitori volevano il benestare dei marchesi, ma intanto accettavano la proposta della signorina. Rosa sarebbe andata a Roma a settembre. La signorina l’avrebbe ospitata, vitto ed alloggio ed alcune decine di migliaia di lire, in cambio Rosa si sarebbe presa cura della casa.

L’ultima notte Sara mise due mollette ai capezzoli della serva e volle essere leccata fino all’alba, poi le ordinò di prepararle le valigie che partiva. Quando si lasciarono le disse: – ci vedremo in estate, ma starò qui solo qualche giorno, poi andrò a fare un viaggio. Ai primi di settembre verrai a Roma. ‘
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