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La vita cambia

By 8 Febbraio 2004Maggio 15th, 2020No Comments

Mi chiamo Mara, ho 41 anni, sono sposata da 18 anni e ho un figlio di 16 anni. Vivo in un piccolo appartamento in un paese di provincia nel Veneto. I rapporti con mio marito sono sempre stati buoni, senza far conoscere all’esterno, nemmeno agli amici più intimi, com’&egrave la nostra vita sentimentale. Non l’ho mai tradito e sono quasi certa che anche lui mi &egrave stato fedele.

Prima di mio marito avevo avuto la classica cotta a 14 anni per un
compagno di scuola, un paio di fidanzatini poi, molti baci, qualche carezza ma
niente di più, avevo toccato i compagni ma da sopra i pantaloni, ad un paio avevo fatto baciare i seni nudi e mi ero fatta toccare ma con gli slip, naturalmente da sola me la toccavo spesso, quasi ogni giorno, a letto o in bagno e mi eccitavo solo con la mia fantasia, mi creavo situazioni viste
al cinema o lette sui libri, quando potevo leggevo di nascosto libri o
riviste più o meno spinte, che poi portavo furtivamente fuori casa e gettavo via
per paura che i miei mi scoprissero dato che essendo figlia unica avevo sempre la loro attenzione su di me.

Poi ho incontrato quello giusto a 18 anni, me ne sono innamorata e dopo due
mesi abbiamo avuto il primo rapporto completo, poi lo abbiamo fatto spessissimo e con lui ho scoperto tutta la mia sessualità, lo facevamo in auto, sempre al buio ed in posti isolati, avevamo sempre paura che ci scoprissero e lo facevamo quasi sempre vestiti, all’aperto non lo ho mai fatto, sempre per la stessa paura e per pudore, qualche volta eravamo più fortunati ed abbiamo avuto la casa dei miei o di sua madre a disposizione, dopo due anni ci siamo sposati e abbiamo continuato i nostri rapporti facendo tutto quello che si può fare in due, anche dei filmini che adesso non ci sono più in quanto c’era la paura che nostro figlio li scoprisse, dato che aveva una certa età e che rimaneva a casa da solo per molto tempo, quindi non si potevano correre rischi. Devo dire che sessualmente mi sentivo appagata e non ho mai lasciato spazio a nessuno di corteggiarmi, anche se qualcuno mi faceva capire che gli piacevo, sia perché non ne sentivo il bisogno e soprattutto per la paura di non sapere gestire un rapporto al di fuori delle regole.
Io sono alta 1.60, peso 52 Kg, occhi castano verdi, capelli corti sulla nuca, colore biondo/rosso (tinti), di fianchi sono un po’ più larga, attualmente porto pantaloni taglia 42, seno piccolo, una 2′ scarsa, le gambe sono lunghe e magre, pelle chiara, esteticamente sono carinissima, così mi dicono tutti e tale mi ritengo. Il trucco &egrave sempre leggero, un po’ di rimmel, un po’ di fondo tinta, un rossetto leggero che vivifica il colore naturale delle labbra. Vesto sobriamente, niente di provocante e anche la mia biancheria intima &egrave normalissima, slip e maglietta di cotone, niente pizzi e intimo sexy, collants di seta, non porto quasi mai il reggiseno, non ne ho bisogno anche per le ridotte dimensioni. La notte dormo con il pigiama tranne d’estate in cui mi corico solo con gli slip e la maglietta.

Sono diplomata in ragioneria e lavoro in un piccolo studio professionale da 20 anni come segretaria, da prima del matrimonio, da un conoscente di famiglia, un uomo di 60 anni, un gentiluomo che non mi ha mai importunato, nemmeno con gesti o parole. La vita si può assumere in poche parole: Casa, Lavoro, Famiglia, donna e famiglia irreprensibile e la nostra vita al di fuori di queste parole consisteva in qualche cena in ristorante o pizzeria, da soli o con amici, feste natalizie, pasquali, compleanni e ricorrenze varie con parenti o amici; ferie estive e settimana bianca, ultimamente dato che il figlio &egrave già grandicello, abbiamo fatto qualche viaggio, principalmente viaggi culturali, da soli o con amici. La sera la passiamo principalmente guardando la TV a casa o da mia suocera, che abita da sola nello stesso condominio. In febbraio dello scorso anno, in ufficio &egrave stata assunta una segretaria in quanto non riuscivo più a gestire tutto il lavoro. La nuova collega si chiamava Annalisa ed era una donna di 35 anni, proveniva da Genova, era stata segnalata al titolare da un suo collega. Era un poco più bassa di me, grassottella, tette grandi, una bella 3′, poco sfiancata e culo grosso, capelli corti, mossi e castano scuro, occhi neri, non era proprio una bellezza, anzi, un po’ bruttina, le uniche cose belle erano la bocca ed il sorriso e le sopracciglia che le creava un che di esotico; la voce era leggermente stridula; per lei non ho provato simpatia sin dall’inizio, comunque il rapporto &egrave iniziato con gentilezza, con formalità e ampia collaborazione per lo svolgimento del lavoro.
Per due mesi abbiamo lavorato vicine, anche se in due uffici separati, e abbiamo parlato, come di solito fra donne, anche della nostra vita privata, senza scendere mai in particolari intimi, e senza volgarità. Ho saputo che non si era mai sposata e aveva vissuto sempre con i genitori, e che aveva accettato il nuovo lavoro per cambiare città e vedere se riusciva a dare una svolta alla sua vita. Adesso aveva affittato un miniappartamento a poca distanza dall’ufficio. Molte volte per la pausa pranzo non andavo a casa, anche se non abito molto lontano, e durante la ora e mezza a disposizione, mangiavo in ufficio qualcosa che mi ero portata da casa o scendevo nei bar o pizzerie nei dintorni, potevo fare ciò perché mia suocera accudiva a mio figlio, potendo preparare con più cura il pranzo e poi lei si sentiva utile, comunque non era raro che anch’io pranzassi a casa, magari ritardavo dieci minuti in ufficio, tempo che avrei recuperato la sera.
Un giorno di maggio, ero in ufficio e avevo mangiato un panino assieme ad Annalisa, dato che anche lei non va mai a casa per la pausa pranzo, ero seduta sulla mia scrivania e leggevo una rivista, era una giornata abbastanza calda, indossavo una gonna e una camicia che era sbottonata sul davanti, dato che non ero in orario di lavoro, lei &egrave entrata ed ha iniziato a parlare del film che aveva visto in TV la sera prima, ho lasciato la rivista e abbiamo continuato la conversazione. Ho notato che frequentemente mi guardava il seno, che dall’alto si poteva anche vedere nudo, il suo sguardo era insistente, anche la voce aveva cambiato tono, raccontava meccanicamente quasi che il pensiero fosse altrove, mi sono sentita a disagio e subito dopo mi sono aggiustata la camicia. Lei ha notato il mio gesto ed il mio stato d’animo e mi ha detto avvicinandosi: “ehi, ti vergogni perché ti ho visto il seno?” io le ho risposto di no, mentendo, che anzi non lo avevo neppure notato, però io stessa mi sono accorta che la frase era detta con tono alterato, non naturale; lei mi &egrave venuta dietro, io ho ripreso la rivista e ho finto di leggerla e di non badare a lei, d’improvviso ho sentito una mano che si &egrave infilata nella camicietta e mi ha sfiorato un seno, sono stata un attimo interdetta, poi mi sono girata e l’ho guardata, aveva uno strano sorriso, mi sono alzata di colpo e le ho intimato di levare la mano e non riprovarci più e per chi mi aveva presa e che era meglio che stesse sempre a distanza da me. Lei &egrave stata immobile, il suo viso aveva cambiato espressione, lo sguardo era “perso”, mi ha chiesto scusa e detto che non voleva infastidirmi, non sapeva perché lo aveva fatto e balbettando, rossa in viso si &egrave allontanata ed &egrave andata nel suo ufficio. Cavolo, non sapevo come comportarmi con lei, era chiaro che ci aveva provato, eccome, la sua espressione del viso ed il tono della voce non mi lasciavano alcun dubbio. Ho lavorato per tutto il pomeriggio cercando di evitarla e di parlarle solo per lavoro e con tono deciso, come a farle capire che si doveva dimenticare l’accaduto e continuare come prima, anche se sapevo che non era possibile, certi argomenti o piccole confidenze non ci sarebbero più state fra noi. Dell’accaduto non ne ho parlato con nessuno, nemmeno con mio marito, e poi non sentivo particolarmente il problema. I giorni successivi tutto procedeva senza problemi, solo che vedevo il suo imbarazzo ogni volta che parlavamo e che eravamo assieme, mi guardava
sempre con aria affranta, parlava dimessa, sembrava un cane bastonato, anche se io cercavo di essere più disinvolta possibile con lei, comunque l’argomento non era stato più nemmeno sfiorato ed erano aboliti come da un tacito accordo i discorsi su sesso, amore, uomini ecc.

Un mezzogiorno di giugno, avevamo pranzato in un bar ed eravamo salite in ufficio con una ventina di minuti di anticipo, io ero nella reception dell’ufficio, in piedi vicino al bancone, lei &egrave entrata e si &egrave seduta vicino, abbiamo parlato di un cliente e ho visto che lei era molto triste e impacciata, le ho chiesto:

– cosa c’&egrave? hai un’aria da funerale-
– nulla – ha risposto, e gli occhi le sono diventati lucidi
– come nulla?- e lei si &egrave messa a piangere, e singhiozzando ha detto:
– mi sento in colpa nei tuoi confronti, non so come fare per farmi perdonare-

le ho risposto che non doveva preoccuparsi, che non era successo niente di irreparabile, che poteva stare tranquilla, e le sono andata vicino e ho preso le sue mani, lei si &egrave alzata e mi ha buttato le braccia al collo, appoggiato il viso su una mia spalla e detto:
– chissà cosa pensi di me – e come avrei fatto con mio figlio per rassicurarlo su una sua manchevolezza, le ho detto che non la giudico male per niente e che non deve vergognarsi per quello che può essere, che capisco la sua situazione ma che anch’io ho reagito male perché sono stata colta di sorpresa, così dicendo le ho asciugato le lacrime con il dorso delle dita, si &egrave stretta a me e mi ha baciato una guancia dicendomi che sono tanto cara e comprensiva.
Mi ha preso per mano e pregato di seguirla, si &egrave avviata dentro l’archivio la cui porta si trova accanto al bancone della reception, io l’ho seguita e lì dentro &egrave stata colta da una crisi di pianto più profonda; mi faceva veramente pena e l’ho ristretta a me per un po’ di tempo accarezzandole i capelli per rincuorarla, lei ha alzato la testa e mi ha guardata ancora con le lacrime agli occhi, le ho sorriso, per un attimo &egrave stata immobile poi mi si &egrave appoggiata di peso, mi sono sbilanciata e appoggiata con le spalle e le mani all’armadio dietro di me, lei mi ha baciato sulle labbra
sfiorandomele, sono stata sorpresa e lei mi ha forzata con la lingua, la guardavo con gli occhi sbarrati,tutta sbilanciata non sapevo reagire, penso che lei abbia interpretato il tutto come un – sì- e con una mano mi ha alzato la gonna ed &egrave risalita subito sino alle cosce, ho cercato di rimettermi in piedi ottenendo il risultato di premere il mio corpo contro il suo, soprattutto l’inguine data la mia posizione, lei con un dito &egrave entrata fra slip e cosce sollevando l’elastico e ha cominciato a muoverlo avanti e indietro lungo la fessura, accarezzandomi appena fra le labbra.
Ha smesso di baciarmi e indietreggiando la testa mi ha guardato intensamente, avevo la testa completamente vuota, mi sono accorta di arrossire e soprattutto che inconsapevolmente mi ero bagnata sotto, con un ginocchio mi ha divaricato leggermente le gambe e mi fissava, non sapeva sostenere quello sguardo, ho reclinato la testa all’indietro, o richiuso
gli occhi e sospirato. Mi ha introdotto un dito in profondità, muovendolo e roteandolo. Non connettevo più, so che ho iniziato a ritmare il movimento, ho piegato leggermente le ginocchia, lei ha aumentato il ritmo, ho avuto una vampata di caldo, con una mano mi premeva un seno, mi sono sentita venire in meno di un minuto, ho stretto le gambe, le ho imprigionato la mano e ho goduto, in silenzio, senza mugolii, solo stretto forte le cosce.
Dopo pochi secondi ho aperto gli occhi e mi sono rilassata, si &egrave scostata e ha lasciato rimettermi in equilibrio, mi guardava con un sorriso malizioso, mi sono sentita morire dentro, ero impacciata, mi sono rassettata in fretta vestiti e capelli, nello stesso momento si &egrave aperta l’ingresso dello studio, lei &egrave uscita subito dall’archivio.

Rimasta sola ho riflettuto sull’accaduto, mi sentivo sporca, non capivo come potevo esserci caduta come una scema e non solo, ero anche venuta, al solo pensiero mi tremavano le gambe, certo avrebbe pensato che sono una troia e anche lesbica e che facevo tanto la difficile all’inizio, non sapevo come comportarmi. Mi sono fata coraggio e sono rientrata in ufficio, lei era alla sua scrivania, mi ha guardato di sottecchi, ho fatto finta di niente e sono andata in bagno, mi sono rifatta il trucco e lavata.

Sono tornata in ufficio e per fortuna &egrave entrato un cliente, ho ripreso il lavoro. Comunque per tutto il pomeriggio non mi sono mossa, l’ho evitata e alla sera sono uscita di corsa rispondendo al suo ciao, mentre lei mi osservava.
A casa ho preparato la cena ed a mio marito, che si era accorto che ero giù, ho detto che ero un po’ stressata, mi ha coccolato ed io ho fatto capire che ci stavo, volevo togliermi di dosso quella sensazione di sporco, a letto ho dato il massimo di me stessa, mai abbandonandomi all’istinto ma sempre lucida e pensando a quello che avrei fatto, a tutte le posizioni e alle
cose che a me e a lui piacevano, penso che anche quelle che lo fanno per lavoro facciano così, lui alla fine &egrave stato soddisfatto io invece ho faticato a venire. Alla fine mi sentivo bene, nuovamente normale, pulita, l’ho baciato e dopo avere parlato per dieci minuti ci siamo separati per dormire.

Mi sentivo veramente meglio, mio marito mi ha detto che sono stata splendida, ma poi per tutta la notte sono stata rintronata, il pensiero ritornava al pomeriggio,non ho mai dormito. Cosa avrei fatto e detto il giorno dopo in ufficio? Ho pensato molte soluzioni, visualizzando le varie situazioni e le parole che ci saremmo detto. Al mattino le idee non mi erano ancora chiare e non sapevo cosa avrei
fatto o detto.

Dopo l’esperienza avuta in ufficio con Annalisa mi ripresentavo il giorno dopo con imbarazzo, senso di colpa e anche di inferiorità nei suoi confronti. In ufficio ho aspettato che si facesse avanti per dirle quello che dovevo, invece non &egrave successo niente, solo qualche sguardo ed ero sempre io ad abbassarlo per prima, a mezzogiorno sono andata a casa per il pranzo e così &egrave continuato per circa una settimana. Nessun contatto se non strettamente per lavoro il quale mi costringeva almeno dieci o quindici volte al giorno a parlarle. Non ho trovato il coraggio di affrontare la situazione, così mi &egrave sembrato che si fosse instaurato un tacito accordo di dimenticare, anche se l’atmosfera non era rilassante e la tensione, almeno la mia, si poteva tagliare col coltello.

Personalmente trovavo fastidiosa la situazione che rimaneva sospesa, nonostante facessi di tutto per diminuire l’accaduto e riuscissi a continuare, all’esterno dell’ufficio, la mia vita normalmente, anche a casa e con mio marito. Il pensiero comunque tornava spesso a quei momenti e mi adiravo con me stessa specialmente perché non riuscivo a capire come mai non avevo

reagito adeguatamente, trovavo delle scusanti nella sorpresa, nella posizione, ma non trovavo soluzione al fatto che mi ero dapprima bagnata e poi avevo goduto, mi chiedevo se era normale o se avevo certe tendenze senza saperlo, e l’angoscia saliva, dapprima non avevo mai avuto prima attrazioni e fantasie con altre donne, e poi Annalisa era anche bruttina, il disagio restava latente. Certamente non le avevo dato nessun segnale di essere disposta a continuare, indossavo quasi sempre pantaloni e lasciavo l’ufficio non appena possibile.

Dopo 15 giorni circa, di primo mattino, orario in cui non ci sono quasi mai clienti, ero entrata in archivio con un pacco di documenti da sistemare, in archivio dopo la porta c’&egrave un corridoio centrale lungo quasi tre metri, in entrambi i lati armadi metallici con porte scorrevoli, sino a soffitto, in fondo si poteva girare attorno e c’erano altri due stretti corridoi laterali dove c’erano altri armadi, esisteva una scaletta e una sedia per appoggiare i documenti e per usufruire della fila superiore di scaffali. Ero nel corridoio destro con i documenti in mano quando odo aprirsi la porta, poi vedo che Annalisa gira verso di me con una cartellina in mano, con sicurezza continuo a sistemare i documenti, anche perché siamo in orario di lavoro. Mi sta passando dietro quando mi cinge la vita con il braccio sinistro e mi bisbiglia – oggi sei bellissima – e con l’altra mano, che si era liberata della cartellina, mi preme sulla gamba, lateralmente vicino al ginocchio.

Giro la testa la guardo e le dico, con voce bassa ma decisa, di togliersi di torno, cerco di appoggiare i documenti nella sedia che &egrave ad un metro ma mi trovo impedita dalla sua stretta che si &egrave fatta più forte. Le ripeto di levarsi, che qualcuno potrebbe sentire, capisco subito che ho trovato una scusa idiota che lascia adito ad interpretazioni, infatti lei dice che non c’&egrave problema, se uno entra ci sistemeremo in tempo.

Cerco di spingerla indietro, mi muovo piano per paura di fare rumore, mi bacia sul collo, con la sinistra mi passa sotto il braccio e mi stringe un seno, con la destra risale da sotto la gonna lungo la parte esterna della coscia, penso al perché mi ero messa la gonna, se avevo i pantaloni era meglio, stringo le gambe e le piego per difendermi dalle sue mani, delle cartelline mi cadono e mi pare che abbiano fatto un gran casino, preoccupata ascolto se si apre la porta e le dico di smettere altrimenti grido, – provaci – mi risponde, e con la destra cerca di infilarsi con forza da sopra gli slip.

Decido di cambiare tattica, e sempre di spalle le dico con voce ferma:

– scusa, ma che vuoi fare –

– vorrei poterti baciare e toccare come l’altra volta, mi eviti sempre-

– vuol dire che non voglio, non credi?

– però poi ti &egrave piaciuto!;.. ti penso sempre

– scordatelo, l’altra volta &egrave successo e non so come, forse perché mi facevi pena, ma non sperare sempre sul mio buon cuore

– io dico che ti blocca la paura di sentirti diversa,

– scusa sai!; e poi con te!;. non sei certo uno schianto

– sei sicura? lasciami fare, mi dice con tono di sfida

– sei proprio sfrontata, ma chi ti credi?

Mi balena l’idea di vendicarmi ed umiliarla e inoltre provare a me stessa che non sarebbe più successo e allontanare le mie paure, e così le dissi:

– ok, lasciami appoggiare le cartelline

e le posai per terra, fra i piedi, mi risollevai e stetti ferma

– continua – le dissi,

l’avevo sorpresa, non reagiva, poi mi sollevò la gonna e mi dice di tenermela alzata in vita, cosa che feci, con le mani mi abbassò gli slip.

Le dissi che era pericoloso, non sarei stata pronta a riassettarmi se succedeva qualcosa, mi fece girare, si inginocchiò e me li sfilò completamente e affermò – così basta lasciare cadere la gonna. La guardavo con aria di sfida, ed avevo una paura tremenda che qualcuno sentisse, con la mano mi ha fatto divaricare i piedi e ha appoggiato la testa fra le gambe e con la lingua &egrave andata subito lì mentre con le mani mi premeva le natiche.

Ero decisa di lasciarla fare per un po’ e poi le avrei dato la ben servita. Si &egrave data da fare ed io ero fredda, nessun coinvolgimento, la guardavo dall’alto, era goffa. Poi le ho detto di smettere perché mi dava fastidio, si fermò e sollevò la testa, guardandomi con gli occhi pieni di lacrime, dentro mi scattò qualcosa, misi una mano fra i suoi capelli e la accarezzai, ricominciò a succhiarmi, aprii le gambe per agevolarla,spinsi in avanti il mio ventre, venni subito stringendole la testa con le cosce e la mano.

Sorridente si sollevò, mi baciò su una guancia e contenta uscì subito dalla stanza.

Rimasi interdetta, mi sistemai, c’ero ricascata, cavolo godevo con le donne, non sapevo resistere, questa consapevolezza mi sconvolse.

Da quel giorno Annalisa mi ha preso quasi quotidianamente, a mezzogiorno, dopo pranzato mi diceva – andiamo – o mi prendeva per mano, mi portava in archivio, e ogni volta io, succube e passiva, lasciavo fare, mi ha fatto di tutto, davanti, dietro, infilato oggetti ed ogni volta venivo in poco tempo, bastava che chiudessi gli occhi, visualizzassi la scena e godevo. Mi sono chiesta molte volte perché lo facevo, forse lo si fa perché lo si &egrave già fatto, cambiare vuole dire ridiscutere il tutto, costa fatica e imbarazzo, così si rimanda sempre, era più facile continuare, assecondare, cercavo mille giustificazioni per il mio comportamento e ricacciavo giù la voce che dentro di me diceva – però ti piace, sei troia e lesbica, &egrave più bello che masturbarsi- cosa che non facevo più.

Annalisa alcune volte ha cercato che io corrispondessi, ma tutti i tentativi sono falliti, mi ha chiesto di baciargliela, di masturbarla, niente, dopo pochi minuti mi raffreddavo, mi infastidivo, le dicevo scusa e la lasciavo lì, non ha funzionato nemmeno il fatto che io mi masturbassi davanti a

lei, non mi eccitavo e non riuscivo a mantenere vive nella mente nemmeno le solite fantasie che mi aiutavano quando lo facevo da sola e che cercavo di rivivere per eccitarmi.

Quando uscivamo lei andava in bagno, mi ha detto che si masturbava, sosteneva che non era giusto, ma poi constatò che o le cose andavano così o si sarebbe rotto il rapporto.

Mi diceva di amarmi, mi sembrava paradossale, tranne in quei momenti, per me lei non significava nulla, ha provato a non toccarmi per quindici giorni per vedere l’effetto, non me ne importava niente, come se non esistesse, quando dopo tutto quel tempo mi ripropose di farlo, l’ho seguita tranquilla e ricominciammo.

A casa in famiglia, con gli amici e con mio marito tutto procedeva normale, amavo quella vita e non avrei rinunciato ai miei cari, il rapporto con Annalisa lo vivevo come fosse una cosa estranea, non lo desideravo né tanto meno lo cercavo; mi sono chiesta più volte se desideravo altre donne, per strada le guardavo,nessun desiderio o fantasie, e quelle poche volte che mi masturbavo pensavo a scene dove c’ero io, mio marito e talvolta altri uomini, o mio marito con altre donne. Solo l’appetito sessuale per mio marito era mutato, lo facevamo più di rado, anche se il rapporto riusciva benissimo per entrambi.

Verso fine settembre, nella solita pausa pranzo, eravamo sedute vicino alla scrivania, avevamo appena mangiato un panino con una birra, invece di andare in archivio mi ha detto di sedere sulla scrivania, di togliermi le mutandine, sdraiarmi sul ripiano ed allargare le gambe, cosa che ho fatto senza esitazione, ha iniziato con due dita che percorrevano la fessura dolcemente, le introduce e mi lecca pure, sto già su di giri quando si interrompe.

Resto ferma con gli occhi chiusi e aspetto, sento che si allontana e poi si riavvicina, con una mano me la allarga e sento qualcosa di freddo, alzo la testa e guardo, mi sta infilando la bottiglietta di birra, anche lei mi sta guardando mentre me la spinge dentro, reclino la testa e sento già l’eccitazione salire, alcuni movimenti e sto per godere ma lei si riferma. Mi dice di scendere e sedermi sulla sedia con lo schienale davanti, sono assai eccitata e per la prima volta potrei chiederle io di continuare, mi anticipa, mi viene dietro e mi dice di sollevare il bacino,mi punta la bottiglia fra le natiche e mi dice di scendere, con una mano impugno la bottiglia e piegando le gambe la faccio entrare, il collo passa subito, poi si fa fatica e anche un po’ male, sospendo il movimento, lei si allontana, mi giro e vedo che si siede sul pavimento e guarda, non so se continuare, poi decido di si, chiudo gli occhi, con l’altra mano mi tocco davanti, la bottiglia me la infilo quasi tutta, mi immagino di esserci io lì che guardo me stessa in questa situazione, mi eccito da morire, due o tre colpi decisi e raggiungo il paradiso.

Mi alzo, sfilo la bottiglia, mi giro e vedo Annalisa sdraiata, con le gambe aperte che si sta masturbando con l’altra bottiglia infilata davanti con la sua vagina depilata che l’avvolge completamente.

Mi siedo e la guardo, lei mi fissa, aumenta il movimento e inizia a mugolare, dimenarsi, inarcare la schiena, poi la vedo godere in uno spasimo, mi sembra ridicola, tutta ansimante con il viso stravolto, vedo la parte più vera di lei, in certi momenti puoi leggere l’anima di una persona, penso

che anch’io sono un libro aperto in quei momenti, mi vergogno al pensiero che Annalisa possa leggermi nel mio intimo, certo con mio marito la cosa &egrave bellissima, io sono felice quando lui ha l’orgasmo, ma con una estranea, con una che mi &egrave pure antipatica, no, questo non deve essere, sono seccata.

Annalisa si alza, mi viene vicino, sta per accarezzarmi, il mio umore &egrave cambiato, il gesto mi infastidisce, lei cerca di riavvicinarmi, sono alterata e inizio a insultarla, le dico tutto quello che dovevo dirle all’inizio, le parole escono fluide senza esitazione, la travolgo con

offese e ironizzo sul suo aspetto fisico, nel frattempo mi sono rivestita, mi guarda incredula poi inizia a piangere, non l’avesse mai fatto, ricomincio daccapo, lei esce di corsa con le mani sul viso. Esco, mi sono sfogata, mi accosto e con voce ferma, ma non irata, le ribadisco che da quel momento tutto sarebbe cambiato. Nei giorni successivi non la evitavo, anzi la cercavo per trattarla male, anche per le questioni di lavoro, lei paziente subiva, ha provato a divagare con discorsi vari di altro tipo, niente ero veramente decisa, nelle pause pranzo poi lei non sapeva più cosa fare, usciva e andava nei bar di sotto da sola.

Un giorno piangendo mi disse che ero cattiva e che lei non poteva sopportare quella situazione. Le risposi che erano cavoli suoi ed alla sua minaccia di dire tutto a mio marito ribadii che non le avrebbe creduto in quanto, ed era vero, gli avevo raccontato pochi giorni prima, che lei era lesbica e ci aveva provato quando mi aveva visto in bagno mentre mi stavo lavando, e che l’avevo mandata a quel paese. Dopo cinque giorni si licenziò, lasciò il paese e non l’ho più rivista da allora.

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