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Racconti Erotici LesboTrio

Vi presento Rebecca

By 28 Agosto 2021No Comments

Questo racconto è la continuazione di “Domenica dello scrittore”

Adoro che mio marito Paolo mi accompagni al lavoro di domenica. Dopo una mattinata trascorsa appresso ai piccoli di casa quei pochi minuti che occorrono per il tragitto in auto, che normalmente faccio da sola, sono gli unici momenti che ci permettono di scambiare poche ma sentite parole, sguardi, gesti… che fanno la differenza in una coppia.
L’ingresso nel parcheggio dipendenti dell’ospedale diventa il momento del silenzio, nel quale insieme entrambi cerchiamo gli sguardi delle numerose persone che, ad inizio turno, parcheggiano, prelevano borse e quant’altro dalla macchina e, silenziosamente, si avviano all’ingresso riservato del padiglione “M”, verso gli spogliatoi comuni.

In quel periodo mi sentivo quasi una privilegiata quando il mio uomo mi portava con la sua auto elegante (solo perché auto di rappresentanza del lavoro… che avete capito?!) fino al termine del parcheggio ed io potevo dargli un bacio di arrivederci a più tardi, mentre vedevo gli altri colleghi, chi più chi meno carico, camminare accaldati nell’infuocato parcheggio dell’ospedale.
Paolo poi rientrava e si occupava dei figli, spesso della casa, a volte di rilassava con un bel libro o con un film. Se i figli rimanevano dalla zia a giocare riusciva trovare del tempo anche per sé stesso, godendosi qualche ora davanti al pc, navigando sui siti di appuntamenti che normalmente frequentiamo insieme, nei pochi minuti lasciatici liberi dagli impegni familiari. A volte mi raccontava che trovava il tempo di masturbarsi con un bel film o con un buon racconto erotico, e poi alla sera mi raccontava tutto, finendo dapprima per infastidirmi, poi per incuriosirmi ed infine con l’eccitarmi al pensiero di lui, nudo, mentre di fa una sega.
La primavera del 2020, periodo della crisi pandemica in Lombardia, aveva visto inserire nell’organico parecchio personale giovanissimo attraverso manovre urgenti: spesso ragazze neo diplomate o medici appena laureati, freschi di studi, di idee… In pochi mesi potemmo notare come fosse cambiata la sfilata dei colleghi: dall’essere in buona parte persone tra i 30 e i 50 anni ad avere frotte di ventenni splendide, allegre e solari. Due quarantenni come noi le definivano spesso “carne fresca”.
Quella domenica di inizio giugno presi servizio in un pomeriggio afoso. I figli affidati alla zietta della porta accanto giusto per il tempo della strada, le strada condivisa con mio marito, la sfilata, i commenti, il bacio… tutto sembrava terminare come sempre succedeva la domenica pomeriggio ma, dopo avermi salutato, Paolo abbassò il finestrino e mi disse:
“Buon lavoro amore mio… se oggi ricevi un messaggio particolarmente lungo… sarà meglio che lo leggi in un posto riservato…”
“Ecco – pensai – mi sa che oggi pomeriggio il mio porco si mette a scrivere un racconto erotico”
Sapevo che Paolo aveva ripreso a scrivere dopo una lunga pausa perché, spinto anche dalla mia esplicita richiesta di tornare ad essere la protagonista dei suoi racconti, aveva trasferito dal PC al drive di Google tutti i suoi vecchi racconti. D’altronde ormai i figli crescevano e certi racconti era meglio farli sparire dal PC di casa che veniva usato per i compiti. Un giorno entrando nel suo account vidi tutti i racconti archiviati (me li ricordo tutti… come se li avesse scritti adesso) e vidi pure un nuovo racconto impostato come bozza:
Titolo: “Domenica dello scrittore”
Testo… una bella paginata bianca.
Evidentemente aveva difficoltà a partire con la narrazione.
Ma quella domenica intuii che aveva ricevuto l’ispirazione in quanto già di mattina aveva tirato a finire i vari lavoretti, riordinato l’ufficio ed aveva preparato la postazione per lavorare al PC tutto il pomeriggio.
La frase inequivocabile usata come saluto non mi lasciò dubbi: quel giorno Paolo avrebbe scritto per me un racconto erotico.
Pensavo a questo mentre scendevo negli spogliatoi femminili al piano interrato e rimasi particolarmente sulle mie durante le procedure di vestizione per accedere al reparto riabilitazione Covid del mio ospedale
Salita attraverso l’ascensore interno entrai in reparto e mi avviai verso il locale infermieri per ricevere consegne. Poggiai la borsa contenente una buona tisana alla finestra e raccolsi al volo una pizzetta lasciata in cucina (apro un capitolo di ringraziamento personale per tutte le fornerie, pasticcerie e ristoranti che durante l’emergenza COVID hanno supportato il personale del mio ospedale portando tutti i giorni abbondanti beni di supporto: pizze, dolcetti, pasti completi… E’ stato molto gentile e utile per sollevare il nostro umore in un periodo così difficile)
Allungando lo sguardo verso il parcheggio vidi mio marito ancora fermo in auto, finestrino abbassato, fingere di aspettare qualcuno. Mi chiesi cosa stesse aspettando a tornare a casa: non era intento a telefonare e non stava scrivendo messaggi. Semplicemente stava fermo in auto e guardava le persone passare.
Razza di porco.
Ecco come stava cercando ispirazione per il suo racconto: guardando le infermiere ventenni arrivare in servizio. Devo ammettere che faceva bene, perché spesso si presentavano al lavoro con gli stessi striminziti abiti che utilizzavano per uscire a ballare la sera stessa, di conseguenza era proprio un “bel vedere”. A volte ci fermavamo insieme ad osservarle e i loro corpi così esposti eccitavano me tanto quanto lui (o forse di più…).
“Cinzia… dove sei con la testa? sei rimasta a letto questa mattina?”
Come con un interruttore ON/OFF entrai nel mood lavorativo ed iniziai a raccogliere le informazioni per l’attività del pomeriggio. Durante le consegne mi confermarono che nel giorno precedente erano state avviate le procedure di trasferimento in massa dei pazienti in quanto dalla sera stessa il nostro reparto sarebbe stato chiuso per sanificazione: dal giorno successivo saremmo tornati ad essere un reparto ordinario non COVID. Alla notizia che nel primissimo pomeriggio avremmo trasferito anche gli ultimi due pazienti realizzai con gioia che avremmo passato un turno molto rilassante.
Terminate le consegne tornai alla finestra e vidi che Paolo non era più nel parcheggio e pochi minuti dopo mi ritrovai immersa nell’attività di reparto quasi dimenticando l’accaduto.
Ebbi la fortuna in quel periodo di essere affiancata nel mio turno da una delle giovanissime neo assunte: Rebecca, una ragazza di 26 anni fresca di laurea. Spiccava rispetto ad altre colleghe per la sua voglia di imparare e la sua apertura mentale. Si era traferita da Riccione fresca di studi approfittando delle assunzioni rapide della mia ASST e alloggiava in un hotel messo a disposizione proprio del personale sanitario coinvolto nell’emergenza.
Pur non essendo quel periodo dei migliori per creare relazioni sul lavoro in quanto passavamo buona parte del turno bardati come degli astronauti, non perdemmo l’occasione di ridere e scherzare tra di noi, scoprendo in Rebecca una piacevole compagna di lavoro.
A causa degli enormi rischi di contaminazione, le procedure di vestizione e svestizione dovevano essere scrupolose e, proprio per ridurre il rischio di errore, il protocollo prevedeva che un operatore doveva essere osservato a vista da un secondo operatore sia durante la vestizione (per controllare che tutti gli indumenti fossero correttamente posizionati) sia durante la svestizione e lo smaltimento dei dispositivi di protezione ormai infetti (DPI). In tali occasioni imparai a conosce meglio e a fondo tutte le mie colleghe in quanto al termine delle operazioni ben pochi indumenti rimanevano addosso e spesso restavamo praticamente nude / nudi.
Essendo io e mio marito naturisti da sempre queste situazioni non mi mettevano certo in imbarazzo. Ma non potevo dire lo stesso di alcune mie colleghe, più preoccupate di “coprirsi” piuttosto che “curarsi”.
Eh sì… perché non c’è nulla come la nudità per capire chi si ha davanti.
Donne e uomini che sembrano curati ed attraenti da vestiti una volta nudi si erano rivelati sporchi e non curati. Ed è una cosa che non ho mai sopportato.
La situazione però mi eccitava non poco essendo da sempre un po’ esibizionista, quindi non perdevo mai l’occasione di indossare un bel completino intimo, di inclinarmi “innocentemente” per mostrare il culo o, all’occasione, di fare un gesto inopportuno nei confronti dei miei colleghi sia maschi che femmine evidenziando le mie nudità. Pochi colleghi si permettevano di fare commenti, molti fuggivano lo sguardo, nessuno raccolse la sfida facendo altrettanto… tutti tranne Rebecca.

Nei primi giorni di addestramento le feci vedere come si doveva applicare il protocollo di svestizione.
Le chiesi di aprirmi il camice da dietro e di controllarmi attentamente mentre, con movimenti precisi, toglievo mascherina, camice e guanti, ben attenta a non contaminarmi mani e viso.
Lavaggio di mani veloce e poi via il secondo strato di abiti, rimanendo praticamente in mutande e reggiseno.
Ero quasi nuda di fronte a lei e la giovane ragazza non battè ciglio.
“Cinzia, cosa devo guardare adesso?”
Feci un giro su me stessa chiedendole di controllare da lontano se avesse il sospetto che io avessi contaminato qualsiasi parte del mio corpo per una manovra errata nella svestizione.
“L’unico punto dove potresti esserti contaminata è il collo”
“Giusto Rebecca, sei stata molto attenta! Passami per cortesia le salviette disinfettanti così mi pulisco”
Protocollo applicato, allieva molto attenta e precisa.
Invertimmo le parti in modalità addestramento e la situazione si ribaltò.
Quando la vidi togliersi l’ultimo indumento mi stupii nel trovarla senza reggiseno e con un perizoma molto più audace del mio (che fino a quel momento pensavo non avesse rivali tra le mie colleghe)
“Rebecca, se ti cambi così davanti al nostro collega maschio lo fai venire nei pantaloni!” La battuta mi scappò dalla bocca troppo velocemente perché venisse censurata e temetti di aver scandalizzato la giovane. Ma lei si mise a ridere con fragore.
“Mi manca talmente tanto il cazzo del mio fidanzato che se dovessi vedere un uomo che viene nei pantaloni davanti a me potrei non rispondere delle mie azioni!”
“Povera Rebecca, non lo vedi da molto”
“Da due mesi vivo come una suora di clausura: lavoro e albergo, albergo e lavoro”
“Mamma mia, io impazzirei senza scopare con mio marito così a lungo”
“Devo dire che mi sono portata da casa tutta una serie di giocattolini per… compensare… così almeno quando mi masturbo lo faccio con gusto”
Mi resi conto che il destino mi aveva riservato una bella sorpresa: condividere tanti turni con l’unica collega “aperta di mente”.

Quel pomeriggio portammo a termine rapidamente tutti nostri compiti e, informando la caposala della dimissione dell’ultimo paziente alle 16.30 e della chiusura delle pratiche, ricevemmo l’indicazione di limitare al minimo la presenza del personale. Era domenica per tutti e la caposala diede autorizzazione a chi volesse di lasciare il turno, mantenendo in servizio solo due unità su cinque, per attendere l’entrata in vigore della guardia attiva alle ore 21.00.
Rimanemmo in servizio io e Rebecca mentre gli altri colleghi si cambiarono e tornarono a casa.
Anche noi due scendemmo in spogliatoio per indossare una divisa pulita in modo da poter accedere all’area sanificata del reparto, ormai deserta, dove avremmo allestito i carrelli per il giorno successivo: un’oretta di lavoro ancora e poi… relax.
Divisa sporca, via
Controllo reciproco.
Tutto ok.
Senza aspettare che Rebecca si girasse mi tolsi al volo anche mutande e reggiseno con tutta la naturalezza che potevo mostrare e, fingendo disinteresse per la situazione, mi infilai nella doccia già aperta in precedenza. La ragazza non tolse per un solo secondo gli occhi dal mio corpo nudo e mi accompagnò con lo sguardo fino alla doccia. Ovviamente evitai di chiudere la tendina dando le spalle all’ingresso, per mostrare il più al lungo possibile la parte del mio corpo che amo mostrare di più, cioè il culo.
Fingendo di dover aspettare il proprio turno, Rebecca rimase sull’ingresso della doccia e appena finii mi porse un asciugamano pulito.
“Cinzia, se mi aspetti faccio la doccia anch’io e poi saliamo insieme in reparto”
Si sfilò al volo divisa e perizoma e si mise sotto il getto d’acqua.
Mentre mi asciugavo i capelli con l’asciugamano mi godetti lo spettacolo che Rebecca volle regalarmi: rivolse il corpo direttamente verso il mio, sollevò entrambe le mani passandosele tra i capelli e produsse abbondante schiuma che iniziò a scorrerle lungo il corpo. Mano a mano che la schiuma copriva la sua pelle, lei la accarezzava mostrandomi la sue giovani curve in modo molto sensuale. Quando arrivò a lavarsi nelle intimità, insistette per diversi secondi pulendosi in profondità. Pensai a quante volte ripetevo quel gesto subito prima di far l’amore con mio marito in modo da poter godere più intensamente delle sue profonde leccate di figa…
Da come la vidi lavarsi mi resi conto che Rebecca era una ragazza molto confidente con la propria intimità, classico segno di intelligenza e maturità sessuale. Nella mia esperienza libertina avrei voluto incontrare più spesso persone con lo stesso rapporto con acqua e sapone…! (mio marito a parte, altrimenti lo avrei già lasciato!)
Porsi l’asciugamano alla giovane collega e chiacchierammo del più e del meno mentre ci si vestiva.
Mandai un messaggio veloce a mio marito approfittando della presenza casuale di campo:

MESS – Che fai?
MESS – Non disturbarmi… Domenica dello scrittore in corso :) ah ah ah –

“Ecco il porco: prima si è eccitato nel guardare le ragazze nel parcheggio, poi è tornato a casa a scrivere racconti erotici” fu il mio commento ad alta voce

MESS – Questo ti farà ridere, pensare, bagnare!

“Ma ti rendi conto: io salvo il mondo dal Coronavirus e lui è a casa a perdere tempo!”
“Non mi dire che tuo marito scrive racconti erotici?”
“Li ha scritti per qualche anno prima che ci conoscessimo. In realtà l’ho conosciuto proprio attraverso un racconto erotico…”
“Ma li scrive ancora?”
“Secondo me sta ne sta scrivendo uno proprio adesso”
“Io amo i racconti erotici: li preferisco ad un porno quando mi masturbo”
Uscimmo dallo spogliatoio raccontandoci a bassa voce quali fossero i toys femminili che usavamo per masturbarci, raccontandoci particolari come se fossimo sorelle. La piega che aveva preso quel pomeriggio mi piaceva parecchio.
Appena arrivate in reparto ebbi l’idea di controllare il Google drive di mio marito e… BINGO!
Ecco fresco fresco l’ultimo racconto erotico scritto da Paolo ancora in attesa di essere pubblicato sul sito di Annunci69

TITOLO: “LA COLLEGA”…

La curiosità prese il sopravvento ed io e Rebecca leggemmo insieme la lunga parte introduttiva del racconto sedute una di fianco all’altra nella scrivania del reparto deserto.
A metà lettura mi fermai e decisi di stamparlo: preferisco leggere sulla cara vecchia carta.
Rebecca andò in cucina a prendere qualcosa dal frigorifero e ne uscì con della frutta freschissima portata da un ristorante la mattina stessa. Controllò che le porte del reparto fossero ben chiuse dall’interno e mi raggiunse in salottino.
Io ero comodamente sdraiata su un divanetto che rileggevo la parte introduttiva del racconto quando lei prese un secondo divano e lo mise di fianco al mio. Si sdraiò vicino a me.
“Cinzia, tu leggi, io mangio un po’ di frutta”
Ripresi a leggere ad alta voce mentre Rebecca prendeva freschi pezzi di frutta, se li passava sensualmente sulle labbra, li baciava, li succhiava e poi li metteva in bocca.
Il racconto, la collega, la situazione… ero un lago.
Prese uno spicchio di arancio, lo avvicinò alla bocca e prese a leccarlo con la punta della lingua: immaginai quella lingua tintillarmi il clitoride ed iniziai a non capire più nulla.
“Ora tocca a te leggere”
Con la scusa di passare il foglio a Rebecca e di mettermi comoda mi misi sul fianco, poggiando la mano sul suo ventre. Lei inarcò la schiena e la mia mano scivolò automaticamente sotto la divisa blu, poggiandosi dapprima sul basso ventre per poi scivolare nella sua natura. Lei lesse alcuni paragrafi del racconto con la mia mano tra le gambe, mentre allargava e stringeva le cosce alla ricerca del mio tocco.
In una pausa di lettura le sfilai la blusa ed i pantaloni, lei fece lo stesso con me, ed entrambe apprezzammo il gesto dell’altra di non aver indossato alcun indumento intimo.
Eravamo completamente nude, mangiando frutta fresca e leggendo racconti erotici.
Rebecca riprese la lettura mentre io le passavo pezzi di frutta attorno ai capezzoli di pietra. Usai il suo corpo come piatto per il cibo fino a che, decisa, arrivai ad affondare il mio volto sulla sua natura. Il buon profumo proveniente dalla sua fichetta mi inebriò ed affondai la lingua nei suoi abbondanti umori.
Lei abbandonò la lettura del racconto e si girò su se stessa, baciandomi i seni, il ventre, il monte di venere… fino a che con la punta della lingua raggiunse il mio clitoride gonfio.
Mi ritrovai a fare lo stesso con il suo ed iniziammo a leccarci reciprocamente dapprima con dolcezza e poi sempre più intensamente.
La prima a raggiungere l’apice del piacere fu lei, forse a causa della lunga astinenza.
Sentirla contrarre i muscoli del ventre e apprezzare la chiusura della sua figa sulla mia lingua mi fece quasi pisciare addosso dall’eccitazione e scattai come una molla.
Lei strinse le gambe attorno alla mia testa e con una mano fece il gesto inequivocabile di spingere la mia faccia nelle proprie profondità. Presi a succhiarle la natura come una ventosa e lei fece lo stesso con il mio clitoride, infilandomi due dita.
Con l’esperienza che solo una donna può avere iniziò a masturbarmi da dentro con due dita ad uncino e mi portò a gridare di piacere fino a che le regalai il mio orgasmo più vigoroso.
Ci abbandonammo sui divanetti per alcuni minuti di relax, mangiando frutta e finendo di leggere il racconto del mio bravo scrittore Paolo… non penso immaginasse di produrre un effetto così dirompente sul mio pomeriggio di “lavoro”.

Dopo esserci risistemante portammo a termine, con un gran sorriso sul volto, gli ultimi lavori della giornata e, fine turno, ci avviammo alle macchinette del corridoio per attendere l’arrivo del mio autista della domenica.

Al parcheggio dipendenti dell’ospedale, uomini di ogni età che arrivano a recuperare le loro donne.
Ragazzine che escono praticamente seminude, pronte per la serata…

E lui, che arriva. Lo saluto.
“Amore… vorrei presentarti Rebecca…”

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