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Trio

Agata

By 31 Luglio 2022No Comments

“Agata per te questa è l’ultima consegna, lo so stasera ne hai fatte poche, ma non è colpa mia se la gente ordina sempre meno.”
Le parole di Silvio, il titolare della pizzeria per la quale insieme ad altre ragazze facevo le consegne la sera, erano a quell’ora più che prevedibili, ma del resto finita la pandemia tutti quanti preferiva uscire invece che ordinare la pizza d’asporto, ed i guadagni fatti durante il look-down erano un lontano ricordo.
Nel presente c’erano invece diverse centinai d’euro di pagamenti da fare, compreso l’affitto della stanza nella quale vivevo, e anche se sapevo che i miei m’avrebbero dato i soldi necessari per mettermi a pari, non avevo intenzione di pesare loro più di quanto stessi già facendo.
Così presi la pizza maxi che ancora fumava dentro il cartone, e presa ma mia Aygo con più kilometri dell’equatore, mi diressi verso l’indirizzo della consegna.
Mentre guidavo verso la nuova zona residenziale appena fuori dal centro, iniziai a fare un breve bilancio della mia vita. Avevo raggiunto la capitale con tanti bei sogni nel cassetto, oltre che una laurea in scienze della comunicazione ottenuta col massimo dei voti, ma gli unici lavori che ero riuscita ad ottenere, erano stati di quelli di ‘ragazza delle ripetizioni’, oltre a quello in pizzeria. A dire il vero di altre proposte ce n’erano anche state, ma ricevute tutte insieme a qualche mano che s’allungava un po’ troppo, e pur non essendo una verginella alle prime armi, me n’ero sempre andata sbattendo la porta. del resto mi consideravo una ragazza più che normale, forse un po’ più alta rispetto alla media, e con un seno che non arrivava alla seconda piena, tanto da farmi girare come quella sera senza nulla sotto la maglietta. In compenso mi ero sempre detta d’avere un bel sedere, non uno di quelli che si notano subito, ma con un bel tanga facevo sempre la mia signora figura.

Quasi senza rendermene conto arrivai alla villetta della consegna, e dopo aver parcheggiato la mia utilitaria, suonai un paio di volte al portone.
“Buonasera, mi segua, mia moglie l’aspetta in sala anche per pagarla.” mi disse un bell’uomo sui quarant’anni, dalla corta barba molto curata, e vestito con un abito che sembrava tagliato su misura.
Gli andai dietro sino a una grande sala da pranzo con annesso angolo cottura dove m’aspetta la consorte, una donna che definire splendida è ancora poco. Più o meno della stessa età, era la classica signora che curava ogni aspetto del proprio look, dai capelli biondi tagliati corti, ma senza che ce ne fosse anche solo uno fuori posto, alla classica camicetta bianca che le metteva in risalto sia il collo, circondato da un filo di perle, ma soprattutto un seno che io mi potevo solo sognare. La gonna grigia esaltava vita e fianchi, mentre le scarpe erano semplici ma eleganti allo stesso tempo, insomma il prototipo della perfetta milf in carne e ossa.
“Io questa me la farei anche subito e pure davanti al marito.” pensai senza mai smettere di guardarla.
Sino a quel giorno avevo avuto qualche rapporto saffico con la madre di un ragazzo a cui davo ripetizioni d’italiano, ma sapevo che per quella donna ero più un modo di vendicarsi del marito che la cornificava con la sua segretaria, che un vero dare e ricevere piacere. Quella donna invece m’eccitava neanche fossi stata un adolescente in piena crisi ormonale, trovandola di un’estrema sensualità, pur non essendo affatto volgare.
“Venga Agata e posi pure la pizza sul tavolo.” mi disse prendendo la borsetta in pelle.
“Conosce il mio nome ?” le chiesi se non altro perchè era raro che mi chiamassero in quel modo.
“Sì me l’ha detto la persona alla quale ho fatto l’ordine, se però non le piace che la chiami per nome me ne scuso.”
“No s’immagini, è che non mi succede quasi mai.” le risposi ancora ammaliata dalla sua figura.
“Bene allora io sono Valeria, e Stefano è mio marito, però ora lasci che la paghi, anche se la mancia la deve decidere lei.”
Non compresi quelle parole, e del resto quando mai avevo deciso una mancia, ma poi vidi un pezzo da venti in una mano, e diversi da cento nell’altra, e tutto mi fu più chiaro.
Se normalmente avrei preso la singola banconota, che fra l’altro era più che sufficiente per pagare la pizza e la consegna, davanti a quella donna la mia moralità vacillò pericolosamente, e non solo perchè quei soldi mi facevano comodo, ma soprattutto per la sua bellezza.
Vedendomi immobile, lei s’avvicinò ancor di più, fino a permettermi di annusare il suo profumo, un misto di zagara e d’odori del sottobosco, che mi fece vacillare ancor di più.
“Allora Agata secondo me posso togliere questa inutile banconota, e metterti nei pantaloncini questa mancia ben più sostanziosa, o dici che mi sto sbagliando ‘” mi domandò quasi sfiorandomi il corpo col suo.
Gli spinsi via la mano col pezzo da venti euro, che cadde sulla scatola della pizza, per poi ritrovarmi le sue labbra sulle mie, che aprii accogliendo la sua lingua, perchè nonostante mi pagasse per farlo con lei, era tutto più naturale, ed i suoi baci erano tanto veri che quasi mi dispiacque quando si stacco da me.
“Questi intanto mettiamoli qui.” mi disse infilando i soldi nella tasca dei miei pantaloncini di jeans che poi mi sfilò dandomi infine un piccolo bacio sulle mutandine, che però ebbe l’effetto di sciogliermi come un ghiacciolo sotto il sole.
“Ma tuo marito ?” le chiesi ricordandomi all’improvviso che non eravamo sole in casa.
“Lui verrà dopo, sai come sono gli uomini, si eccitano parecchio a vedere due donne e dopo rendono anche meglio.” mi rispose fra un bacio e l’altro.
A quel punto volli esser io a prendere un minimo d’iniziativa, così le aprì la camicetta che subito dopo lei fece cadere per terra, per poi toglierle il reggiseno e chinarmi a baciare quelle splendide tette sode. Anche se era chiaro che Valeria s’era rifatta il seno, e che si era rivolta a un ottimo chirurgo visto il risultato, il solo mordicchiarle i capezzoli era più una goduria per me che per lei, per non parlare delle sensazioni che ebbi quando d fatto c’infilai la testa in mezzo.
Mi sembrò quasi d’essere un bambino che succhia il latte materno, con la differenza che io non mi stavo nutrendo fisicamente ma provavo un piacere sempre più crescente.
“Fammi vedere le tue tette.” mi disse prima di sfilarmi la maglietta e scoprire così il mio petto.
Lei m’accarezzò il seno con un’infinita dolcezza, per poi farmi sedere su un divano in pelle bianca, da dove finii di spogliarla e quindi poterla avere tutta per me.
Grazie a un gioco di specchi vidi l’immagine del marito che ci guardava, ma non gli diedi la minima importanza, e abbracciai l’oggetto del mio desiderio per poterla ricoprire di baci e carezze.
Valeria non era però donna a cui piaceva esser solo passiva, così m’infilò una mano dentro le mutandine trovandoci un lago, mentre io mi gustavo il suo seno dal quale non riuscivo quasi a staccarmi.
“Girati voglio vederti bene il culo.” mi disse con un tono che non ammetteva repliche.
Così mi sistemai carponi sul divano con lei dietro, che prima mi spostò le mutandine quel tanto che bastava per poter arrivare con la bocca alla mia passera, per poi farle volare via e poggiare la sua lingua sapiente anche sul mio buchetto.
Con la coda dell’occhio vidi Stefano che si teneva sì a distanza, ma che poteva osservarci senza perdere nulla di quello che stavamo facendo l’un l’altra, pronto a mettersi fra noi quando ne avesse avuto voglia.
Oramai completamente nude, Valeria ed io quasi ci divertiamo a metter sotto l’altra per poi ricoprirla d’attenzioni nelle parti più sensibili, e solo quando lei ebbe voglia del suo uomo, mi fece alzare per farmi sedere sul bancone di un piccolo bar, sistemato in un angolo del salotto.
“Vieni Stefano, Agata ha un sapore delizioso.” disse la donna al marito invitandolo così a unirsi a noi.
Lui non se lo fece ripetere, e così mentre lei sprofondava la faccia fra le mie gambe, lui faceva altrettanto in mezzo al mio piccolo seno, mentre si spogliava fino a rimanere anche lui nudo, col pene in chiara erezione.
La coppia si dimostrò davvero indemoniata, facendo quasi a gara a chi mi faceva godere di più, alternandosi in continuazione fra passera e seno, ma anche ritrovandosi entrambe fra le mie cosce.
Quando Agata volle prendere il mio posto compresi immediatamente che il gioco non sarebbe continuato in quel modo, ed infatti mentre io leccavo il piacere che usciva copioso dalla fica, Stefano si piazzò dietro di me, per penetrarmi quasi brutalmente, ma del resto io non ero certo bagnata meno della moglie.
“Ti piace la fica, ma vedo anche il cazzo.” mi disse l’uomo mentre mi sbatteva colmo d’eccitazione “A me invece piacciono le porcelle come te, con la fica ancora stretta e una gran voglia di farsi scopare.”
“Allora scopami e fammi godere, mentre faccio lo stesso con questa bella troia di tua moglie.” gli risposi affondando tre dita nella passera di Valeria.
Essendo tutti e tre estremamente eccitati, non ci volle molto perché si raggiungesse quasi con troppa fretta il primo orgasmo della serata, che l’uomo eruttò nelle nostre bocche dopo che ci inginocchiammo davanti a lui, per poi scambiarci quel gustoso liquido baciandoci a lungo.
“Adesso andiamo in camera, perché voglio stare comoda e ho voglia di cazzo anch’io.” Disse Valeria prima di prendermi per mano e portarmi nella loro camera seguite dal marito che aveva ancora le gambe un po’ malferme.
Una volta arrivati nella loro camera, Stefano di sdraiò al centro del letto, mentre Agata ed io ci sistemammo carponi ai suoi lati, per poi giocare con le bocche, un po’ sul suo membro, ma anche fra su di noi.
La mazza dell’uomo tornò in poco tempo nuovamente dura, e a quel punto fu la moglie a volere la sua parte, così muovendosi in modo a dir poco felino, s’impalò sul pene del marito, che scomparve in meno d’un secondo dalla mia vista.
“Qui c’è qualcun’altra a cui piace fica e cazzo.” dissi a Valeria inginocchiandomi al suo fianco per poi poterla baciare in bocca, ma soprattutto poggiare una mano sulla sua passera “E magari ti piace anche prenderlo nel culo.”
“Quello dopo e solo da mio marito.” mi rispose appoggiandosi a me “E del resto lui può avere solo il mio.”
“Se è per quello io preferisco farmelo fare da una donna, gli uomini sono troppo violenti e con loro godo di meno.”
Mentre c’alternavamo sul membro di Stefano continuammo a toccarci e baciarci facendo così eccitare ancor di più l’uomo, che alla fine quasi buttò la moglie carponi sul letto per piazzarsi dietro di lei, e prenderla con forza.
“Aspetta ho un’idea migliore.” disse la donna bloccando il marito, per poi rivolgersi a me “Tu sdraiati così mi metto sopra di te.”
Non appena Valeria fu sopra di me, il marito iniziò a stuzzicarle l’ano prima con un dito, poi con due, fino a chiedermi di tenerle le chiappe aperte in modo da poterla allargare meglio. Mi era chiarissimo che non era la prima volta che loro due facevano quel gioco con una terza persona, ma da parte mia ero curiosa di vedere come sarebbe andata a finire, così feci quanto mi era stato richiesto, leccando allo stesso tempo la passera della donna.
Stefano la sodomizzò con estrema calma, quasi con un certo timore, per poi aumentare il ritmo che divenne ben presto quasi un assalto. Valeria però non stava certo soffrendo, anzi i suoi umori mi colavano sul viso sempre più copiosi, anche quando il coniuge l’afferrò per i capelli per poter affondare ancor di più i suoi colpi.
È inutile, parti sempre col leccare la fica di una ragazza e finisci sempre col mio cazzo nel culo.” le disse l’uomo quasi con rabbia.
“Lo sai che mi piace tutto, anche essere la tua troia da culo.” gli rispose Valeria oramai prossima all’orgasmo “E tu leccami la fica perchè voglio godere anche di te.”
Compresi che a quel punto ero un di più al loro rapporto, forse inutile anche se continuavo ad affondare la lingua fra le gambe di Valeria, ma vederla in quel modo così inusuale per me, era una nuova fonte di sottile piacere.
Alla fine mi ritrovai il buchetto della donna pieno di sperma che mi colava in faccia, e leccarlo sino all’ultima goccia fu quasi doveroso, avendo come premio conclusivo la bocca di Valeria sulla mia.
Mi rivestii in un silenzio quasi irreale, per poi esser accompagnata alla porta dalla padrona di casa, coperta solo da una camicia da uomo.
“Quando vuoi chiamami.” mi disse dandomi un suo biglietto preso non so da dove vicino alla porta “M’è rimasta la voglia di scoparti e credo che per te sia lo stesso.”
“Sì le risposi dandole l’ultimo bacio della serata, sapendo che non sarebbe stato l’ultimo fra di noi.

Per commenti : miss.serenasdx@yahoo.com

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