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La pista del dancing, è leggermente viscida, quasi come se il sudore dei ballerini si fosse appiccicato sul pavimento opaco, e consumato, dal molto cuoio che, nelle lunghe serate invernali ,lo ha calpestato.
Il tipo con cui sto ballando mi ha rimorchiata all’uscita del cinematografo, con la solita frase banale, “Signorina, potremmo finire la serata insieme, magari a bere un cordiale, oppure se vuole una meringa con le nocciole, nella cremeria sotto ai portici”.
Lo soppeso con lo sguardo, ha un bel vestito gessato, profuma di coloniale, dalle mani mi sembrerebbe uno che non lavora, il classico viveur, in cerca di un’avventura.
“Ha l’auto lei?”, gli chiedo con fare distaccato.
“Certo signorina, un Alfa Romeo Millenove”.
“Bene allora mi piacerebbe finire la serata in un locale da ballo, lei conosce il Mocambo?”
Vedo gli occhi che gli brillano, mi dà il braccio e mi scorta nel parcheggio dove ha sistemato la sua Millenove fiammante, pronta per spalancargli il mondo dell’ignoto.
L’orchestra pulsa sul palco, i sassofoni pompano le note nell’aria, mentre l’uomo mi cinge la vita e sento dal suo collo fuoriuscire odore di tabacco e cuoio, osservo il palco, i musicisti dondolano,
solo il pianista saltella sullo sgabello, mentre pesta con le mani i tasti, e il batterista con uno sguardo cattivo, osserva i ballerini che ondeggiano sulla pista.
Alcune perline di sudore si stanno formando sotto al ciuffo impomatato del mio cavaliere, solo ora noto che ha gli occhi da coccodrillo, probabilmente mi vorrebbe mangiare, attende solo che io dia il segnale, raccogliere quel piccolo cedimento, che gli permetta di esplorare la mia intimità, far esplodere la sua voglia di dimostrarmi il suo vigore.
La canzone andava avanti, diceva e non diceva, sembrava un palmizio prima di una mareggiata, ormai tutti i ballerini erano ipnotizzati dalle note, alzo gli occhi ,i due grossi ventilatori che ronzano e spostano l’aria mischiando gli afrori, le voglie mal represse di sesso appassionato, ogni maschio vorrebbe possedere la propria preda direttamente sulla pista, tra le note scomposte e ritmate del boogie.
Vedo la cassiera, mi accorgo che mi sta fissando, i nostri sguardi si incrociano per un istante, lei è una pechinese in caccia di selvaggina, mi sembra di sentire i suoi denti che affondano nelle mie parti più desiderose , finalmente il senso della nottata prende piede.
Divento più lasciva, mi faccio stringere più forte, spingo una coscia nei paraggi della zona proibita, e sento che c’è molta brama, ma non mi allontano, anzi sfrego, è il segnale che lui attendeva.
Ora vorrebbe affrettare i tempi, già si immagina la scena, la stanza di quell’alberghetto a ore, io in sottoveste senza mutande sono sdraiata , mi slaccia il reggicalze, per poi senza avermi nemmeno del tutto spogliata, mi entra dentro, qualche colpo deciso, poi l’esplosione, senza sapere se ho goduto.
Ma il susseguirsi delle note continua, un certo odore di vernice e sudore improvvisamente si fa strada nello stanzone, forse hanno aperto qualche finestrone, e una nuova aria si è introdotta, ha mutato il susseguirsi che sembrava scontato, del nostro breve futuro.
Una nuova cassiera ha sostituito la prima, questa ha gli occhi da lupa, mastica una caramella al mentolo,
il coccodrillo è sempre più bramoso, alla svelta devo decidere se cedere alle sue brame. Sento uno sguardo che mi esplora indagatore senza nascondere la voglia di potermi avere, vorrei separare le mie pulsioni in due universi paralleli, trovare le risorse per domani, lasciando sfogare le voglie dell’uomo, o placare il bisogno di ora, materializzando lo sguardo della donna, che continua a spogliarmi, da quando siamo sulla pista, seduta ad un tavolino, accanto ad un tipo allampanato che continua a starnutire.
Lo facciamo sul sedile posteriore della Millenove.
Ho alzato il vestito, spero che non resterà molto stropicciato, mi sono sfilata le mutandine di raso, lui ha abbassato i calzoni, solo fino a metà delle cosce, le giacche le abbiamo lasciate sui sedili anteriori.
Mi ha sbottonato la camicetta, e ora mi cerca i seni con le mani, poi mi tocca le cosce, quel pezzo che resta scoperto, slaccia un reggicalze, con una mano gli afferro l’erezione, è sotto alla media, la dirigo nella fessura sepolta tra i miei peli neri, lo faccio entrare, speriamo che faccia presto.
La millenove corre verso i primi sobborghi di periferia, una leggera nebbiolina si è palesata, e opacizza il lucido asfalto dello stradone. Mi ha dato cinquecento lire, per farlo in macchina, come pensavo è un mezzo spiantato, non aveva nemmeno i soldi per pagare la camera della pensione.

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