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Cenerentola Scoppiata – by Mirta D.

By 13 Febbraio 2016Febbraio 9th, 2020No Comments

Cenerentola Scoppiata

‘Ciao, mi chiamo Cenerentola, Tella, per gli amici, ho trent’anni e sono alcolizzata’ dico alzandomi dalla sedia, sentendomi tremendamente a disagio. Hanno già parlato tutti e ora tocca a proprio a me, e non posso scappare, porca troia!
‘Ciao, Tella!’ rispondono in coro gli altri partecipanti. Sono circa una decina, non di più, forse qui nei sobborghi di Los Fiabeles, essere alcolisti è un vanto, non una colpa, è che non potevo andare a una riunione di quelle che si organizziano in Wisteria Lane, la zona residenziale, perché temevo che arrivasse all’orecchio delle mie amiche e delle mie sorellastre rompicoglioni.
Continuo a rimanere in piedi, perché il mio sponsor, la mia madrina – che è una fata a capire le persone – mi ha detto che devo raccontare TUTTE le mie dipendenze, non solo l’alcolismo, altrimenti non funziona. Per farmi coraggio, prima, nel suv, ho bevuto un goccetto infatti.
‘E… e poi faccio anche saltuariamente uso di sostanze stupefacenti, ma non roba pesante, roba leggera che si fuma, e una sola volta di quell’altra, quella che… sembra talco ma non lo è, e serve a darti l’allegria’ tutti mi guardano sgranando gli occhi perché ho canticchiato, dicendo l’ultima parte e una ragazza con la cresta da punk, alla mia sinistra sghignazza.
Mi faccio coraggio e riprendo ‘e comunque non è stata colpa mia, quella volta’ specifico un po’ scocciata, fissando ostentatamente la mia madrina che se ne sta un po’ nascosta, in fondo alla sala. Quest’ultima mi fa cenno di andare avanti, come se quella volta non contasse. Il festino l’aveva organizzato lei, certo. Comunque proseguo ‘e… e poi, per ultimo, tendo a essere molto sboccata, non riesco a fare a meno di dire parolacce, a volte senza rendermene nemmeno conto, e quel coglione di mio marito non lo sopporta, cazzo!’ concludo avvampando.
‘Sindrome di Tourette?’ suggerisce un uomo sulla trentina, dai capelli unticci, seduto scompostamente sulla sedia.
Lo guardo storto, tornando a sedermi. ‘No, non è quella, ho già sentito i medici, porca puttana!’ rispondo scocciata. Tutti scoppiano a ridere, Cazzo, come li odio, e pensare che loro hanno fatto ben di peggio, uno addirittura da finto che la madre morta fosse ancora viva per intascarsi la sua pensione e continuare a rifornirsi di alcolici, e un altro ha rubato l’iPhone del figlio per comperarsi il fumo. Io queste cose non le faccio, porca vacca!
‘Grazie, Tella, per la tua testimonianza’ commenta il Presidente della Riunione. Gli faccio un cenno col capo. Poi abbasso la testa fingendomi interessata alla lettura della Bibbia degli Alcolisti Anonimi alla quale si sta dedicando il Presidente, ma in realtà smanetto sul mio cellulare, fingendomi assorta nell’assorbire ciò che blatera.
-Ti voglio, non faccio altro che pensare a te e alle tue scarpette- leggo su whatsupp.
-Anche io, ti penso sempre e non vedo l’ora di toccarti, di prendertelo in bocca e di succhiartelo finché non godi. – rispondo digitando velocemente.
-Me lo fai diventare duro!!
-Sono già tutta bagnata
-Sei alla riunione?
-Sì, che due coglioni ‘ digito.
-è brutto bagnarsi a una riunione dell’anonima alcolisti.
-Simpatico!
-Dopo mi chiami?
-Sì, se riesco, qua sembra andare per le lunghe, ho già voglia di un goccetto!
Lui mi risponde con la foto del suo cazzo in primo piano, enorme, nodoso e congestionato, con scritto sotto: – Vieni a berlo da me.
Arrossisco violentemente, e chiudo la messaggistica guardandomi attorno. Nessuno mi caga.
Non appena tutti si alzano, mi avvicino al fondo della sala sperando nel buffet, ma ci sono soltanto patatine stantie e del tè freddo, sbuffo. La mia madrina mi si affianca e commenta: ‘è andata bene, no?’ con un sorriso sgargiante.
La guardo storto. Ha questa montagna di capelli ricci biondi e soffici e un trucco sempre eccessivo, e poi ha la mania di portare abiti cortissimi, e aggiungerei anche inappropriati per la sua età oramai. Ma ciò che mi manda in bestia è che sorride sempre, continuamente.
‘Proprio bene non direi, insomma, è imbarazzante’ rispondo acida mettendomi le mani sui fianchi.
‘Oh, dai è stato divertente e poi almeno così eviterai che tuo marito chieda il divorzio e si prenda la casa e che tu finisca a stare dalla tua matrigna’ sorride. Di nuovo. Se le buttassi giù tutti denti sarebbe brutto? Rischio che mi iscrivano a un seminario sul controllo della rabbia?
‘Potrei venire a stare da te’ dico con gli occhi da cucciolo.
‘I miei amanti.. cioè il mio amante e l’altro che non sa del primo, non la prenderebbero bene, e poi sai c’è pure mio marito, quello che paga tutto, che non ne sarebbe felice’ ribatte lei, sistemandosi i capelli già sistemati con una mano dalle unghie laccate di giallo.
‘Ti rendi conto vero, che è tutta colpa tua se mi trovo in queste condizioni?’ la accuso per l’ennesima volta, ma come sempre le mie parole le scivolano addosso, Alza le spalle continua a sorridere.
‘Ahhh parlare con te è inutile!’ le sibilo addosso, uscendo dal seminterrato in periferia dove si è tenuta la riunione. Lei mi trotterella dietro, come se danzasse nell’aria, lo so anche senza voltarmi, lo evinco dal ticchettio delle sue Louboutin.
‘Ohhh andiamo, Tella, se non fosse stato per me avresti fatto la commessa in un negozio di scarpe, le tue aspirazioni si fermavano lì. Alla fissa delle scarpe!’ mi dice picchiettandomi sulla spalla.
‘Se non fosse stato per te non mi sarei mai strafatta, né avrei iniziato a bere, e nemmeno avrei sposato un uomo insopportabile, cazzo!’
‘E che ne sai?’
Ci fronteggiamo. Sembra incredibile, ma sta ridendo!
‘In fondo vivi in una bella casa, non lavori… sei libera… sei stata fortunata, no? Sembra una fiaba!’
‘Sì, proprio una fiaba del cazzo!’
Si sta facendo buio, le strade sono ancora umide di pioggia e le pozzanghere riflettono l’azzurrino pallido del suo abitino di Versace, e non so perché, ma mi irrita pure quello.
‘Maledetto il giorno che t’ho incontrata!’ sbotto per poi voltarmi, dirigendomi a passo spedito verso il mio suv.
Sento la sua risata cristallina seguirmi finché non salgo e sbatto lo sportello, chiudendolo con violenza. ‘Cazzo!’ esclamo picchiando i pugni sul volante.
Metto in moto e mi districo nel traffico, bevendo giusto un goccetto dalla fiaschetta che tengo nel cruscotto. Proprio mentre il sorso di bourbon scende nella mia gola, guardo la fiaschetta argentata, si vede che è costosa e questo mi ricorda che è stata la mia madrina a regalarmela, per il mio diciannovesimo compleanno, l’anno dopo che mi sono sposata. ‘Merda!’ Stringo i denti. Tutto di lei è una contraddizione, e il bello è che millanta di volermi bene e di voler soddisfare ogni mio desiderio.
Prendo la strada panoramica, che permette di vedere Los Fiabeles dall’alto, mentre mi dirigo verso la zona residenziale dove abito, osservo le luci della città e mi perdo nei ricordi.
Avevo dieci anni quando mia madre purtroppo è morta. Era una donna affettuosa, affabile, a dire il vero un pochino nervosetta, forse ho preso un po’ da lei. Però era papà a irritarla, se ne stava sempre via per lavoro e spesso quando tornava la guardava appena. Ricordo che lei lo accusava sovente di avere un’altra donna.
Quando mia madre è morta la mia madrina è venuta da me, proprio il giorno del funerale, mentre io me ne stavo seduta in un angolo a piangere, e sorridendo (naturalmente) mi ha detto, dall’alto dei suoi sandali di Prada, ‘Amore, non essere triste. Lascia che faccia qualcosa per te, dimmi, cosa vorresti di più al mondo?’
L’ho guardata per un attimo, sentendomi nauseata dall’odore di profumo costoso che le aleggiava attorno. Era eccessivamente truccata, come sempre e quel giorno aveva un abitino aderente color malva.
‘Mamma’ avevo detto semplicemente tornando a piagnucolare, nella speranza che lei la facesse tornare, era famosa per le soluzioni creative, già da quando ero bambina. Ricordo che una volta la mamma si era lamentata con lei perché papà la tradiva, le avevo ascoltate fingendo di non farlo, e la mia madrina, le aveva sorriso (ovviamente) e con aria civettuola le aveva detto: ‘Oh, be’ cara, a tutto c’è una soluzione: tradiscilo anche tu!’ Le aveva messo fra le mani un bigliettino.’Tieni, questo è un sito internet per incontri privati, vedrai che dopo una bella scopata sarai meno ansiosa.’ Tanto per dirne una.
Quindi in quel momento pensavo che con un escamotage – al quale non avevo voglia di pensare- l’avrebbe fatta tornare, magari con qualche bustarella a non so chi. Ero una bambina!
Lei mi aveva riservato un sorriso scintillante, sottolineato dal rossetto glitterato e accompagnato da uno sfarfallio di ciglia finte, per poi rispondere, carezzandomi il viso: ‘E sia! Avrai presto una nuova mamma, tesoro!’
Avevo cercato di spiegarle che non ne volevo una nuova, ma volevo la mia. Purtroppo lei stava già flirtando con un collega di lavoro di papà e non mi aveva dato retta.
Una settimana dopo papà era tornato a casa con quella che presumibilmente era la sua amante sin da quando stava con la mamma, e con le due figlie di lei, Anastasia e Genoveffa. Antipatiche e stronze esattamente come la loro madre. Dopo un paio di settimane io facevo loro da serva e loro mi trattavano sempre peggio, soprattutto quando papà era via per lavoro.
Mi ero lamentata della cosa con la mia madrina e lei mi aveva detto, sorridente: ‘Scioccherella, non prenderla a male, tu imparerai a gestire una casa, che è un gran dono, mentre quelle smidollate non sapranno mai nemmeno come lavare dei calzini, stirare una camicia, spazzare un pavimento, lucidare l’argenteria, lavare i vetri, caricare la lavastoviglie, cucire delle tende nuove, preparare pranzi da sette portate, mettere la frutta sotto spirito, lucidare le scarpe, spolverare…’ la fissavo a bocca aperta. ‘E cos’altro è che mi hai detto che ti fanno fare, amore?’ aveva chiesto.
Avevo inclinato la testa di lato, incurvando le spalle, ‘portare via la spazzatura, fare la differenziata, andare a portare e a ritirare i loro abiti in tintoria, togliere i nidi di vespe dal portico, falciare il prato, fare i biscotti alla cannella che a loro piacciono un sacco, massaggiargli i piedi, preparargli il bagno, pettinarle, lavare a mano le loro mutande orribili…’
Lei aveva sbadigliato prima di dire ‘Sì ecco tutte quelle robe lì, cara’ facendo un gesto noncurante nell’aria, mentre si accendeva una sigaretta e io avevo lasciato perdere.
In un certo senso aveva ragione, difatti oggi Anastasia e Genoveffa sono sposate e hanno la colf, perché non sono in grado di badare a una casa, io sono sposata e mio marito sostiene che sono bravissima nelle faccende domestiche, impareggiabile, quindi assumere una colf sarebbe non solo inutile, ma anche da stupidi.
Poi mio padre morì e… uff volevo scrivere che le cose peggiorarono, ma in realtà erano già così brutte che non riuscirono nemmeno a peggiorare, con loro grande rammarico.
Ma non voglio divagare, sin da adolescente il mio sogno era di andare a ballare al Palazzo Reale, una discoteca davvero in voga, sulle colline di Los Fiabeles.
Genoveffa e Anastasia ci andavano tutti i sabati sera. Con la limousine. E io mi ammazzavo per aiutarle a tirarsi a lucido. Che poi in quel periodo Genoveffa s’era messa a dieta e invece di dimagrire era ingrassata, forse anche perché le sostituivo le barrette sostitutive (appunto!) del pasto con altre ultra energetiche, e il dolcificante con lo zucchero, chi lo sa. Comunque era ingrassatissima soprattutto sui fianchi, ma la mia gioia era durata poco perché le avevo dovuto allargare tutti i vestiti, e quando non le cadevano bene addosso (cioè sempre) se la prendeva con me. E Anastasia le dava man forte, e pure la mia matrigna del cazzo.
Anastasia delle due è sempre stata la più remissiva, tant’è che spesso, quando Genoveffa s’arrabbiava con lei, lei di punto in bianco saltava fuori con ‘se ce l’hai con me, allora picchiami, sculacciami e poi non ne parliamo più!’ Valla a capire.
In ogni caso imploravo ogni sabato la mia matrigna di farmi andare a ballare con le mie sorellastre ma lei non voleva, e secondo me perché ero più figa di loro e quelle due, se ci fossi stata io con loro, non avrebbero rimediato nemmeno una limonatina estemporanea sui divanetti della discoteca, sperando nel buio e nelle luci e soprattutto nella scelleratezza alcolica dei ragazzi.
Puntualmente i ragazzi le scaricavano il giorno, ci tengo a precisarlo. Da sobri.
Comunque il mio sogno era andarci, speravo che quando avessi compiuto i diciotto anni la mia matrigna mi avrebbe permesso di andare a ballare con Genoveffa e Anastasia, ma non fu così.
La mia matrigna mi diceva che quel posto elegante non era per me e mi consigliava spesso di andarmi a fare un giro ‘ nel pomeriggio ‘ al centro anziani e di agganciare eventualmente un buon partito, molto ricco e possibilmente anzianotto, col quale sistemarmi. ‘Ricordati Tella, te lo dico perché tu sei la più bella, e quando le sostanze di tuo padre come faremo? Per questo conto su di te, inutile perdere tempo con quei giovinastri, vedi come fanno con le mie figlie? Le scaricano sempre, tu sei la mia unica speranza.’
Che culo!
L’unica volta che avevo ribattuto con ‘perché non ci vai tu che sei più vicina a loro, come età?’ s’era incazzata come un bufalo d’acqua durante la siccità, e mi aveva detto che avrei dovuto lustrare tutta l’argenteria, riflettendo su quanto ero stata scortese.
Quel giorno, più tardi, mentre lustravo l’argenteria l’avevo beccata a farsi ingroppare dal giardiniere, lì a pecorina sul tavolo della sala, con le cesoie accanto, mentre il tipo, con gran sfoggio di addominali e natiche scolpite la trapanava ripetutamente insultandola con epiteti come ‘gran porca, vecchia puttana’ e via dicendo, e lei non pareva interessata a farlo riflettere sulla sua scortesia. Anzi c’era un gran concerto di ‘Ahhh, siii, così sfondami, dimmi che sono la tua vecchia puttana’.
Avevo continuato a lucidare l’argenteria mettendo a punto un piano. Avevo messo da parte una discreta sommetta facendo la cresta sulla spesa, ogni volta che mi mandavano a farla.
Pochi giorni dopo mentre andavo a fare la spesa al centro commerciale’ facendoci sopra la cresta come sempre- ne avevo approfittato per acquistare un cellulare. E proprio quel giorno ho incontrato quello che a me era parso il ragazzo ‘più fighissimo’ di tutti i tempi.
Gli ero andata a sbattere addosso mentre uscivo dal centro commerciale. E lui si era scusato e poi mi aveva aiutata a raccogliere tutto quello che avevo sparpagliato in giro, soffermandosi poco poeticamente sugli assorbenti interni. Gli avevo strappato il pacchetto di mano e lui aveva detto: ‘Nervosetta eh?’. Oh aveva degli occhi si un azzurro pazzesco, azzurri come la confezione degli assorbenti e quei capelli… come gli stavano bene, così pieni di gel, così lucidi, brillanti, appiccicosi…
‘Ehi, smettila di toccarmi i capelli!’ aveva detto, ma si vedeva che gli faceva piacere che l’avessi fatto. Purtroppo le mie dita si erano incastrate nella sua folta chioma, persino mezzo incollate.
‘Mi dispiace io…’ avevo balbettato vergognandomi di essere malvestita, con informi pantaloni della tuta, ereditati da Genoveffa e una maglia orribile, che usava anni prima Anastasia per andare in palestra, con sopra scritto ‘Smettila di fissarmi le tette, ho anche un cervello, no dai scherzavo!’.
‘Aspetta, prova a tenere la mani ferme che io tiro…’
Erano venute via anche delle ciocche, alla fine, oh ma che sguardo mi aveva lanciato! Uno sguardo magnetico (appiccicoso quasi quanto i suoi magnifici capelli biondo grano), in bilico fra l’incredulo e lo scazzato. Da vero duro!
‘Io sono Azzurro, sai mia madre era fissata con la cromoterapia, e tu come ti chiami?’ aveva chiesto tentando di sistemarsi quella specie di cofana che portava.
‘Tella’ avevo risposto tremante, cercando di non arrossire ancora di più.
‘Tella, tipo Nutella?’
‘No, Tella, l’abbreviazione di Cenerentola’
‘Oh come la cenere?’
Avevo annuito senza nemmeno rendermene conto, mentre lui mi sfiorava la mano per aiutarmi a rialzarmi.
‘Devi essere una che ci dà dentro col fumo eh?’ Oh le sue mani calde e morbide.
‘Oh, sì’ avevo detto pensando al tocco delle sue mani.
E lui era scoppiato a ridere. ‘Fantastico! Spero di rivederti presto, Tella, magari sabato sera al Palazzo Reale, sono sempre lì! E poi c’è la festa in maschera per Halloween questo sabato.’
‘Forse ci sarò’ avevo bofonchiato indecisa, mettendomi una ciocca di capelli dietro alle orecchie per poi andarmene voltandomi indietro ogni tre secondo per controllare se anche lui stesse facendo lo stesso. Non lo faceva. Tirava dritto per la sua strada, con quell’andatura saltellante alla John Travolta.
Era fatta. Mi ero innamorata!
Porca di quella puttana!
Quel giorno quando le mie due sorellastre erano rientrate da scuola (io avevo smesso di andarci alle medie – troppo costoso), non facevano altro che ridacchiare. Le avevo seguite al piano di sopra fingendo di spolverare, e le avevo viste mettersi al portatile, collegarsi a facebook e poi sdilinquirsi in risolini e versi d’apprezzamento su un ragazzo nuovo della scuola. Mi ero sporta facendo capolino dalla porta della loro camera, quasi rischiando un colpo della strega, e avevo scoperto che stavano ‘brucando’ sul profilo di Azzurro.
‘Sembra un principe!’ aveva detto Anastasia. ‘Oh come mi piacerebbe essere sculacciata da lui.’
‘Oh, è vero, pare un principe’ le aveva fatto eco Genoveffa. ‘Pensa che nonostante sia arrivato nella nostra scuola da solo due settimane è già praticamente il re del Palazzo Reale. Ha un sacco di soldi, pensa che ogni sabato si prende un tavolo col privè. E che prima di studiare qui studiava in un collegio svizzero. è sexy in un modo pazzesco!’
‘Guarda qua! Guarda questa foto a dorso nudo!’
‘Torso’, avevo pensato arricciando il naso, non ‘dorso’, ogni volta che qualcuno diceva ‘dorso nudo’ mi immaginavo qualcuno con un orso nudo addosso, tipo Yoghi che si copriva le parti intime, poggiato alla schiena di qualcuno. Tuttavia mi ero sporta ancora di più, occhieggiando Azzurro a TORSO nudo.
Cazzo, se era figo. Figo però non rende benissimo l’idea, stratofigo, forse… no nemmeno! C’era questa foto di lui a bordo piscina (una piscina galattica), pareva in posa tipo figomodello, cioè fotomodello, con gli occhi resi ancora più azzurri e brillanti dal riflesso della luce del sole nell’acqua e poi aveva quei pettorali che…
è stato a quel punto che mi sono sbilanciata troppo e sono rovinata a terra, sulla moquette rosa pesca della stanza delle mie due stronzellasche.
Loro due si sono voltate di scatto come due bisce incazzose. ‘Sei caduta Tella? Non sai più neanche camminare?’ ha sibilato Genoveffa sghignazzando. Anastasia ‘ come suo solito ‘ ha alzato gli occhi al cielo prima di trillare: ‘Secondo me ci stava spiando, stava guardando Azzurro!’ chiudendo rapidamente il portatile.
‘No io… stavo solo spolverando lo stipite!’ ho detto facendo spallucce, e fingendo di pulire proprio quello, nonostante fossi lì racimolata a terra, in una posizione innaturale. ‘Chi sarebbe questo Azzurro? Che nome bizzarro!’
‘Ha parlato Cenerentola!’ mi ha subito ripreso Genoveffa.
‘Uno del quale non sei all’altezza’ ha ringhiato Anastasia.
Forse avrei dovuto darle retta.
L’amore non è cieco, è uno stronzo pronto a colpirti con un cazzotto e poi a ridere mentre tu sei a terra, a struggerti, ad arrabattarti (e a fingere di spolverare). L’amore è una belva bastarda, e ha sempre fame.
Difatti mi ero arrabattata per tutta la settimana implorando la mia matrigna di permettermi di andare al ballo in maschera, piagnucolando, cucinando i suoi manicaretti preferiti ‘ filmandola di nascosto quando trombava col giardiniere.
Niente, non cedeva la vecchia meretrice!
Così sabato sera, dopo aver aiutato le mie due sorellastre a prepararsi e avere acconciato loro i capelli, sono andata dritta dalla mia matrigna.
Un po’ sorridevo scendendo le scale perché quella scema di Genoveffa si era travestita da Principessa e sembrava una meringa gigante piena di lustrini, mentre Anastasia s’era strizzata in un costume in latex da dominatrice e sembrava completamente schizzata, una sorta di catwoman borchiata, con lo sguardo da pazza.
‘Matrigna posso andarci anche io? Tipregotipregotipregotiprego’ avevo esordito facendo gli occhi da cucciolo.
Lei mi aveva guardata sollevando un sopracciglio per poi stringersi nella vestaglia, come se il fatto stesso di averlo chiesto le suscitasse un brivido. ‘Non dire idiozie, Tella. Quello è un posto per gente di un certo ceto, non di sicuro per te.’
‘Ma ci vanno TUTTI!’
Lei aveva increspato le labbra in una smorfia scettica. ‘E comunque non hai niente da metterti, non hai un costume per una festa di Halloween!’
‘Oh, non importa, me metterò la prima cosa che mi capita, dirò che sono vestita da stracciona!’
Sì, volevo andarci, non mi importava come.
Se non avessi incontrato Azzurro avrei lasciato perdere, lo ammetto, ma lo immaginavo là, col suo bel ciuffo impomatato ad attendermi speranzoso. E così mi sono giocata il Jolly. Ho estratto il telefonino e ho mostrato il video alla mia matrigna.
Ci ha messo un po’ a capire che era lei.
‘Come fai ad avere un CELLULARE?’
Dal cellulare in questione fuoriuscivano gemiti, e sospiri e conversazioni amorose del genere: ‘Ti scoperei fino ad aprirti in due!’ – ‘Rompimi, amore, dimmi che sono la tua troia!’ – ‘Sei la troia di tutti’ – ‘Ehi!’ – ‘Mi piace esagerare!’ – ‘Allora spaccami!’ e via dicendo.
‘Hai un filmino porno sul cellulare?’ mi aveva chiesto con un tic all’occhio destro, lì proprio sotto alla ragnatela di rughe.
‘Casalingo’ avevo specificato sollevando un sopracciglio meno curato del suo. Solo allora si era avvicinata allo schermo per poi portarsi una mano alla gola, spalancando gli occhi, scioccata.
‘Eh, sì. Un bel video dove ti diverti col giardiniere!’ avevo aggiunto trionfante.
‘Omioddio!’ aveva piagnucolato lei, avvampando.
‘Sì, lo ripeti spesso nel filmato.’
‘Omioddio, si vede tutta la cellulite, e sembro ENORME!’
Era incredibile che fosse soltanto quello a preoccuparla. ‘Finirà in rete se non mi dai il permesso di andare al ballo!’
‘Ho delle cosce spaventose, sembro VECCHIA!’
‘Hai capito la cosa della rete?’
‘Devo chiamare il chirurgo plastico. Immediatamente!’
Che donna insopportabilmente insulsa!
‘Posso andare al ballo quindi?’
Lei mi aveva guardata per un istante come se provenissi da un altro pianeta, poi lentamente aveva mormorato: ‘Okay, vacci. Ma da sola. Non con le tue sorelle. Altrimenti la gente potrebbe pensare che siete parenti e che figura ci farei, con te vestita da stracciona?’
Difatti.
S’era voltata allontanandosi a grandi falcate, con la vestaglia che le svolazzava dietro come il mantello di Dracula, soltanto che era rosa confetto.
E io ero salita in camera mia, in soffitta, alla ricerca di qualcosa da mettermi addosso. Non trovando nulla che non fosse orribile, avevo approfittato del cellulare per chiamare la mia madrina.
Sì, lo so. Stupida io a farlo, ma non sapevo proprio a chi altro rivolgermi.
In un battibaleno lei era arrivata con la sua decappottabile. Avevo sentito lo stridio dei freni e poi la musica che usciva dall’autoradio. ‘All the Single Ladies’ di Beyoncé, a manetta.
Poi era salita da me in soffitta, quando aveva spalancato la porta avevo notato che stringeva un pacco enorme fra le mani, e per un istante di scellerata e spensierata fiducia in lei, avevo immaginato che contenesse un sontuoso abito che per una volta mi avrebbe fatta sentire STRAFIGHISSIMA. Un abito che avrebbe fatto cadere Azzurro ai miei piedi. Lì sdilinquito a terra con i capelli pieni di gel che sprizzavano cuoricini da tutte le doppie punte e gli occhi sgranati e farciti di desiderio, come un panino imbottito. Le labbra a cuore tumide pronte a baciarmi di fronte a tutti, mentre le mie stronzellastre piangevano dall’invidia, una mangiandosi i glitter del vestito e l’altra autofustigandosi, come Silas del Codice DaVinci.
Poi la mia esecrabile madrina aveva poggiato a terra il pacco iniziando ad aprirlo. Ne erano usciti due strati di carta velina, e poi lei aveva iniziato a blaterare estraendo il costume vero e proprio: ‘Ce l’avevo già in casa, non vedevo l’ora che un giorno, ad Halloween, tu ne avessi bisogno. Pensa che l’avevo comperato per la tua mamma… e non l’ha mai voluto indossare, quell’ingrata! Oh, ooops, scusami. Troppe informazioni, comunque guarda qua! Appropriato che più appropriato di così non si può!’
Immancabile risatina.
Ero indietreggiata quasi incespicando, guardandola incredula. Ma soprattutto fissando la cosa che stringeva fra le mani. Un costume da ZUCCA! Enorme, arancione, dal quale penzolava una calzamaglia verdognola che avrebbe dovuto rappresentare le radici.
‘Oddio… io…’
Cazzo!
‘Fantastico vero?’ Risatina cristallina. ‘E non è tutto!’
Non era tutto infatti.
Di colpo aveva tirato fuori una specie di cuffietta verde da agganciarsi sotto alla gola, con un ciuffo verdognolo di foglie in cima. Mi erano venute le lacrime agli occhi.
‘Nessuno ne avrà uno uguale, ne sono certa!’ aveva snocciolato con gli occhi da pazza. ‘Sarà un gran debutto, mia cara! Pensa che è stato disegnato da Giovanni Rana in persona!’
Avevo deglutito. ‘Scusa e chi sarebbe?’
‘Uno stilista! Una pasta d’uomo!’ aveva risposto mordendosi un labbro. ‘Sù, dai provalo, sarai… uhm… incredibile!’
Era così entusiasta che non mi ero sentita di deluderla e l’avevo infilato. Quando mi ero guardata allo specchio non ero solo mostruosa, anche peggio. Stavo valutando di tornare al piano di vestirmi da clochard, stile ‘I miserabili’, quando lei, con un volteggio improvviso aveva detto: ‘Dai ti insegno pure a ballare, come si sa quando il gatto non c’è i topi ballano!’
E poi aveva preso a dimenarsi proprio come Beyoncé nel video della canzone che avevo sentito strepitare fuori dalla sua autoradio.
‘No… non me la sento!’
‘Oh, hai ragione, non c’è la musica, aspetta!’ Aveva preso il proprio cellulare di ultima generazione, mettendo proprio la canzone in questione. E poi mi aveva praticamente obbligata a muovermi come lei. Solo che io, con quell’enorme zucca di gommapiuma attorno sembravo un elefante in preda a una crisi epilettica. Una brutta crisi.
Tuttavia, – seguiranno righe drammatiche se siete sensibili saltatele- ero così poco avvezza a ricevere doni, o attenzioni o quant’altro che in fondo ne ero quasi lusingata, in un certo qual modo ero felice, presi a ridere insieme a lei, ignara del torbido futuro che mi attendeva.
Poi in un attimo di razionalità volta a salvarmi dall’umiliazione di andare al Palazzo Reale agghindata come se avessi dovuto partecipare a una sfilata di carri allegorici, ho detto: ‘Però non ho le scarpe adatte!’
Lei s’è incupita per un attimo. Poi il suo viso s’è illuminato. ‘Ci sono delle vecchie espadrillas di tua madre qua sopra da qualche parte ne sono certa.’
Oddio no!
No, ti prego no!
Spostando un vecchio e polveroso baule era balzata indietro, perché due topastri, disturbati dalla sua intrusione erano sgattaiolati via. ‘Topi… sono dappertutto in questa vecchia casa!’ E poi rovistando nel baule, ignara della mia disperazione aveva tirato fuori un paio di espadrillas vecchissime, color muschio putrefatto, dicendo: ‘Una volta erano di un verde più brillante, ora sono vintage e saranno perfette per rappresentare le radici della zucca che altrimenti sarebbero sepolte nella terra!’
Eh, che culo!
E le avevo indossate.
Vedendomi con l’abito al completo, avevo valutato di restarmene a casa: improvvisamente lavare a mano le mutande sporche delle mie stronzellastre e quelle della mia matrigna, mi era parsa una prospettiva oltremodo accattivante, rispetto all’andare al Palazzo così abbigliata. Poi l’entusiasmo della mia madrina mi aveva travolta. ‘Dai spicciati, ti porto io con la decappottabile, così fai bella figura, anche se già l’abito in sé è davvero… uhm… GRANDIOSO!’
Mentre mi trascinava giù dalle scale potevo quasi udire i topastri sbellicarsi alle mie spalle.
Stavamo per uscire quando la mia matrigna ha urlato dalla sala: ‘A casa per mezzanotte!’
‘Anche prima’ ho commentato a bassa voce, avvilita.
‘Sì, ecco, Tella, senti, ti verrò a prendere a mezzanotte meno dieci, perché all’una ho un rave al quale non posso mancare, però divertiti eh!’ ha aggiunto la mia madrina mentre cercavo di pigiarmi col mio megacostume sul suo sedile di pelle.
Erano le undici.
‘Eh, farò il possibile!’
Ha guidato come una pazza fino al parcheggio della discoteca, con ‘All the Single Ladies’ a tutto volume, districandosi nel traffico e facendo gesti osceni mentre inveiva contro gli altri automobilisti.
Il Palazzo Reale era una struttura sfavillante, adornata di lucine colorate; dei riflettori la illuminavano dal basso di rosa e azzurro, sembrava sul serio un Castello. Là dentro c’era Azzurro, l’unico ragazzo del quale mi fossi mai innamorata, e io ero vestita da zucca.
Quando ha fermato l’auto mi sono sentita sopraffatta, tenevo una mano sulla maniglia portiera senza osare scendere.
‘Suvvia Tella, cos’è quel muso lungo? Finalmente hai avuto il permesso di venire in discoteca, e sei ugualmente triste? Ma allora ha ragione la tua matrigna quando dice che sei una lagna!’
L’avevo guardata male, mentre il picciuolo da zucca mi traballava in testa. ‘Scusami, non volevo essere scortese’ aveva detto, parole subito seguite dall’inevitabile risatina.
‘No, è che… c’è un ragazzo che mi piace e… non so come…’ avevo iniziato a blaterare.
‘Oh, tesoro mio, le prime cotte, che bello! Tieni, questa ti aiuterà a essere più rilassata’ aveva detto ficcandomi fra le mani una sigaretta strana, tutta bitorzoluta e ‘grassoccia’.
‘Non fumo, fa male!’ le avevo detto scocciata.
Risatina cristallina, strizzatina d’occhio. ‘Oh, no cara. So che scrivono quelle avvertenze sui pacchetti, però questa non viene da un pacchetto, e ti assicuro che non c’era scritto niente sull’involto che mi ha dato il mio pusher, quindi, fidati di me, non può farti male.’
‘Sei sicura?’
‘Ma certo! Assolutamente! Dai tira!’ mi aveva detto accendendola. E io l’avevo fatto, tossicchiando per almeno un minuto.
Lei ne aveva presa una lunga boccata, emettendo poi anelli a forma di stellina e cuoricino, o almeno a me sembravano così. ‘Tira e manda giù, da brava!’
E io da brava l’avevo fatto. E l’avevamo finita.
Quando sono entrata nel Palazzo Reale barcollavo. Oh tutte quelle luci stroboscopiche…e tutta quella gente che mi fissava e rideva… che simpatici! Ridevo anche io. Era meraviglioso, tutti ballavano, danzavano, alcuni si ingroppavano amorevolmente imboscati nei separè. Quanto amore!
Caracollando ho raggiunto la pista, carica d’energia, e a quel punto è partita ‘All the Single Ladies’ versione remix. Proprio come me. E io, come fosse un riflesso condizionato, ho preso a danzare proprio come avevo fatto nella soffitta, con la mia madrina.
Dopo poche mosse, e dopo aver malamente urtato qualche persona, si è creato un varco attorno a me. Tutti mi fissavano sbigottiti. Ammirati, avevo pensato, ovviamente sbagliando. E io ballavo ancora di più, sempre più emozionata, finché una mano non ha stretto la mia. Era Azzurro.
Ed era travestito da principe, con tanto di calzamaglia ‘ aderente!!- giacca azzurra scintillante, e un cappello azzurro con un pennacchio enorme.
‘Ciao zucca, ti va di uscire dalla pista e smettere di spaventare gli altri?’
‘C… ciao. Sì, certo!’
‘Bel costume, hai avuto un gran coraggio’ aveva detto quasi trascinandomi fuori dalla pista.
In quel momento avevo scorto Genostronza e Analcosa guardarmi. Non mi ricordavo più nemmeno i loro nomi, talmente ero sballata. Forse non mi avevano neanche riconosciuta ma erano livide di rabbia, Quasi come avevo sognato.
Quasi.
Azzurro si era fermato poco fuori dalla pista, per osservarmi. ‘Oh, ma sei Tella, del centro commerciale!’
‘Già e tu sei fighissimo!’ avrei voluto strapparmi via le labbra a morsi per averlo detto.
‘Ammazza che alito da cannaiola, fai onore al tuo nome eh?’
La musica era altissima e sembrava rimbombarmi nelle orecchie.
‘Eh?’
‘Niente, dai vieni con me, ho un tavolo, voglio farti conoscere i miei amici’ aveva detto. Poi voltandosi mi era parso di capire ‘Scommetto che non hanno mai visto una sciroccata come te.’
Avevo sentito un giramento di testa. ‘No, aspetta, forse… fa una caldo porco, con questo costume, mi serve un po’ d’aria!’
Lui s’era voltato verso di me. ‘Vuoi che andiamo fuori? Sul serio?’
‘Ha-ha’ avevo bofonchiato senza riuscire a fare a meno di ridacchiare proprio come la mia madrina.
‘Meglio ancora!’ pareva entusiasta.
E lì fuori, con la musica in lontananza, ci eravamo guardati imbarazzati. Lui in compagnia di una zucca gigantesca e io con il ragazzo più figo che avessi mai visto, dal vivo. E nessuno dei due sapeva cosa dire. Però non volevo che quel momento finisse e, complice l’aiuto fumogeno della mia madrina, piuttosto che dire qualche cagata, l’avevo baciato.
Lui aveva risposto immediatamente, cacciandomi la lingua fino in fondo alla bocca, come se cercasse qualcosa, tipo non so le chiavi della macchina, l’accendino o che so io. Sbavava. Me lo ricordo bene. Solo che, dal momento che non avevo mai baciato, mi pareva che tutto andasse bene. Benissimo, fumogenamente a meraviglia.
‘Vieni, andiamo là dietro, dove c’è quella panca fra i cespugli!’ mi aveva invitata cortesemente. E ci eravamo spostati lì, lontano da sguardi indiscreti.
Mentre ci sbavavamo, cioè ci baciavamo, lui aveva preso a cercare di palparmi. Era impossibile. Palpava solo la gommapiuma della zucca. Era frustrante.
‘Be’, Zuccottella’ aveva detto a un certo punto sconsolato. ‘Mi sa che non si può fare granché!’
Perché, cosa voleva fare d’altro?
‘Perché?’
Perché non potevamo baciarci finché Analcosa e Genostronza non ci avessero visti e mi avessero riconosciuta? Perché non potevo farle crepare d’invidia?
‘Con questo vestito addosso non sei molto accessibile… a meno che… tu non abbia voglia di prendermelo in bocca.’
Non avevo capito. L’aiuto fumogeno della mia madrina mi ottundeva i sensi. ‘Non capisco’ avevo detto. E a qual punto Azzurro s’era slacciato la calzamaglia estraendo un cazzettino mezzo indeciso. ‘Fai come se fosse un gelato’ mi aveva incitata con un sorrisino.
Non mi andava molto di farlo, ma mi andava ancor meno di deluderlo e così avevo acconsentito, iniziando a leccare quel coso a metà fra il molliccio e l’interessato. Mentre il picciuolo del mio copricapo mi sballonzolava in testa. Più lo leccavo meno era molliccio. Avevo proseguito per curiosità, per la curiosità di vedere come sarebbe potuto diventare, reagiva al tocco della mia lingua e delle mie mani. Ero certa che non fosse per via della canna che avevo quella sensazione.
Poi avevo sentito sghignazzare e mi ero voltata: le mie due stronzellastre mi stavano filmando e ridevano con cattiveria. ‘Finirà su youporn!’ aveva sentenziato Genoveffa. ‘La nostra domestica che fa un pompino al principe del Palazzo Reale, che figata!’ le aveva dato man forte Anastasia.
Azzurro s’era ricomposto velocemente. ‘Stronze! Potevate lasciarla finire, eravamo d’accordo così!’
Risatine sguaiate.
Anastasia: ‘Dai troppo forte, non abbiamo resistito’.
Genoveffa: ‘Meno male che la mamma ci ha detto come era vestita, c’è cascata in pieno!’
Anastasia: ‘Dai mettilo subito on line, ashtag zucca pompinara!’
Con orrore mi rendevo conto di due cose, la prima che forse le mia matrigna le aveva avvisate e avevano organizzato tutto e la seconda era che era mezzanotte meno cinque.
Ricomponendomi, con le lacrime agli occhi, ero fuggita via.
Uscendo dal Palazzo avevo anche perduto una espadrillas. (Non che mi importasse). Riuscivo solo a pensare che quello stronzo di Azzurro aveva fatto tutta quella scena solo per prendermi in giro, non gliene fregava niente di me.
Avevo corso fino alla decappottabile della mia madrina. Poi ci ero salita sopra, sentendo ancora il sapore nauseabondo del cazzo di Azzurro in bocca. Che sciocca ero stata!
‘Tella, che è successo?’
‘Niente, niente, riportami a casa!’
‘Bene, ti sei divertita?’ Risatina.
‘Un casino! Proprio una serata del cazzo!’
‘Tella! Che sboccata!’ Risata cristallina. Musica a manetta.

Quella notte ho pianto a lungo, rigirandomi nel mio letto con lenzuola di ottava mano col resto di due, immaginando che tutti mi avrebbero preso in giro a vita. Non sarei più nemmeno potuta andare a fare la spesa al centro commerciale. Tantomeno a ballare al Palazzo Reale, e la cosa più terribile era che l’unico ragazzo che mi fosse mai piaciuto, mi aveva solo preso in giro. La mia matrigna non aveva preso bene ‘ evidentemente ‘ la mia minaccia, e tutto mi si era ritorto contro. Ma le cose sarebbero presto peggiorate.
Quando mi sono alzata il giorno dopo, tardissimo, con una fame chimica della madonna, e la testa pulsante ho trovato in sala Genoveffa, Anastasia e la mia matrigna. Tutte vestite a puntino, e con loro c’era un uomo alto e dinoccolato.
Mi sono stretta nella vestaglia. L’uomo aveva una tazza di caffè in mano e fissava la mia espadrillas posata sul tavolo. Quella che avevo perso.
‘Che succede?’
‘Siediti, Tella, dobbiamo parlare’ aveva detto la mia matrigna con un’espressione sul viso che un estraneo avrebbe potuto considerare arcigna, ma io vedevo la gioia malvagia che vi era sepolta sotto.
Anastasa ridacchiava e Genoveffa fingeva di essere offesa.
Mi ero seduta tremante.
‘Tella, questo è il padre del tuo amichetto, Azzurro’ aveva detto la mia matrigna, dando alla parola amichetto un’inflessione sgradevole. ‘Il Dottor Principe, che come ben saprai sta per essere eletto Sindaco di Los Fiabeles.’
Oh, non sapevo che suo padre fosse ‘quel’ Principe, Avevo pensato avvampando.
‘Ah, capisco…’
‘Purtroppo, cara la mia Tella, avevo ben ragione a non lasciarti andare a ballare, sei uscita una sola volta e hai messo nei guai suo figlio. In rete a quanto pare gira un tuo video mentre gli fai un pompi… coff.. coff, mentre gli dai piacere con la bocca, e ora rischiamo che la carriera politica del Dottor Principe sia rovinata, proprio lui che ha sempre sostenuto battaglie contro la dubbia moralità!’ aveva detto la mia matrigna scuotendo teatralmente il capo.
‘Mi dispiace io…’ avevo blaterato. Poi mi ero ripresa. ‘Ma sono state Analcosa e Genomerda a…’
‘Non interrompermi, sciacquetta!’ aveva trillato la mia matrigna quasi isterica. ‘Ora non resta che una cosa da fare: tu e Azzurro vi sposerete così sembrerà che le vostre fossero effusioni da findanzatini!’
No!
No cazzo, no! Io non lo volevo mica sposare quell’Azzurro là col cazzettino mezzo moscio e i capelli appiccicaticci! Oramai la cotta era bella che passata, trapassata, forse anche trapassata prossima!
‘Ma io…’ avevo provato a dire.
‘Inoltre’ aveva proseguito lei ignorandomi, ‘Analcosa ehm, cioè volevo dire Anastasia, si fidanzerà con suo fratello più grande, Grigio, titolare di numerose multinazionali che trattano non ho capito cosa e Genoveffa con…’
‘Ehm, non ho altri figli’ era intervenuto il Dottor Principe.
‘E Genoveffa, niente, a lei penseremo dopo. Questo matrimonio darà lustro alla nostra famiglia, così come il fidanzamento, e lo scandalo sarà messo a tacere, e mi occuperò personalmente di fare sparire il video’ si era sistemata i capelli, quasi imbarazzata ‘quando anche il fidanzamento di Anastasia sarà ufficiale.’
Lo aveva ricattato. Un elegantissimo ricatto. E chissà, magari l’aveva anche pagata.
‘Purtroppo a quanto pare è l’unica soluzione’ aveva detto imbarazzato il Dottor Principe. ‘A proposito, ti ho riportato la tua… ehm… scarpetta.’
‘Grazie, mi serviva proprio.’
Era tutto deciso. Ero caduta nella trappola della mia matrigna. Avrei sposato Azzurro, la mia stronzellastra avrebbe sposato un altro fratello facoltoso e la mia matrigna si sarebbe potuta fare trapanare dal giardiniere a vita, con il patrimonio sul quale avrebbe presto messo le mani.
‘Dottor Principe grazie moltissimo e mi scuso ancora per questo ignobile scandalo.’
Ero ammutolita.
Il Dottor Principe era uscito, lasciando alla mia matrigna il biglietto da visita di un wedding planner famoso e antipatico, che aveva persino un programma televisivo, del quale non faccio il nome per non turbare i lettori e le lettrici più sensibili.
E io, cercando di salvarmi, avevo singhiozzato: ‘Se non annulli tutto, vecchia puttana, metto on line il tuo video col giardiniere!’
‘Veramente?’
‘Sì, veramente!’
‘Peccato che il tuo telefonino sia sparito, Tella, forse l’hai perduto come quella scarpa puzzolente!’
Risate sguaiate di Analstronza e di Genomerda.
Era vero. Il mio cellulare era sparito e io ero in trappola.
Per farla breve ho sposato Azzurro con una cerimonia pacchiana e di cattivo gusto. E come se non bastasse la mia madrina mi ha anche regalato delle scarpe. Di cristallo. Così scomode che manco con le solette della Sholl erano comode. E mi han fatto venire le vesciche.
Quando gliel’ho detto è scoppiata a ridere ‘ chiaramente – dicendo: ‘Chi bella vuol comparire, un poco deve soffrire!’
Sì, ma vaffanculo!
Analgesica è venuta alla cerimonia, col suo fidanzato Grigio, in elicottero. Perché l’aliante non sarebbe riuscito ad atterrare, e l’hanno beccata a farsi sculacciare nei bagni. Il suo fidanzato fra l’altro a pranzo ha fatto una figuraccia perché lui non è uno che digerisce, lui rutta forte. Genoveffa durante il party ha conosciuto un collega del padre di Azzurro e s’è fidanzata con lui che ha tipo trent’anni più di lei, e trova le sue curve ‘da infarto’ il che spiega molte cose.
E io ho dovuto sposare Azzurro.
Ora anche le mie stronzellastre si sono fatte sposare. E viviamo a Wisteria Lane, in case attigue, mentre la mia matrigna sta nella casa che era di mio padre, quindi la mia, cazzo! E continua a farsi sfondare dal giardiniere.
Ah, giusto ma dovevo dirvi perché sono mezza alcolizzata!
Azzurro fa cagare a letto. Ed è insopportabile. è un eiaculatore che se lo definissi precoce gli farei un complimento. è flash! Manco me ne accorgo. La prima notte di nozze avevo imputato la cosa all’emozione del momento. Ma ovviamente mi sbagliavo. E poi ha questo vizio di girare per casa coi leggings che è imbarazzante. Sì ha dei pettorali pazzeschi però ha delle gambette secche secche che sono ripugnanti. Le mie ovaie quando lo vedono così vestito, tirano giù la serranda come a dire ‘no, dai non ce la facciamo!’.
Ho sperato ardentemente che si trovasse un’amante così da levarsi dai coglioni, ma chiaramente il suo problemino glielo impedisce. Quale cretina potrebbe mai interessarsi a lui dopo aver provato ad andarci a letto?
Oh, non sposate mai nessuno senza prima averci scopato. La morale della favola è questa, in caso ve lo chiedeste.
E poi è un rompicoglioni assurdo, tutto precisino, deve essere tutto stirato a meraviglia, tutto ben sistemato, tutto spolverato… e detto da uno che non sa manco scopare è il massimo. Suo padre, il Dottor Principe, è diventato sindaco di Los Fiabeles, naturalmente e io bevo per dimenticare di quanto faccia schifo la mia vita.
A volte invidio Anastasia che pare sempre sessualmente soddisfatta anche se a volte ha qualche livido addosso che maschera col fondotinta. E una volta l’ho vista mettersi il ghiaccio sulle chiappe.
Doh, sono arrivata a casa. Dovrei parcheggiare nel vialetto e poi entrare e iniziare a preparare la cena per quello stordito di Azzurro. Lo odio. Odio tutto di lui. E credo che la cosa sia reciproca. Non fa altro che sbuffare e rimproverarmi. Una volta gli ho sostituito lo shampoo con la crema depilatoria e ha perso tutti i capelli dei quali andava fiero, e ora sembra Vin Diesel ‘ però meno affascinante – dopo essere stato preso a calci da The Rock e tirato sotto da un Tir.
Fisso la mia casa ‘ che è la casa del pelato ‘ sentendomi sempre peggio. Meno male che c’è la mia madrina, in fondo. Una sera l’ho chiamata piangendo e lei, ridacchiando mi ha invitata a un party. (è lì che mi ha fatta sniffare.) Mentre tutti gozzovigliavano ballando mezzi nudi mi ha dato lo stesso consiglio che aveva dato a mia madre. Di trovarmi un amante. E così ho fatto, iscrivendomi a un sito di incontri.
è lì che ho conosciuto Jack, col quale mi messaggiavo prima, durante la riunione.
Rimango in auto con gli occhi socchiusi. Indecisa. Non riesco a convincermi a entrare in casa.
Poi la melodia di Nove settimane e ‘ mi annuncia che è arrivato un nuovo messaggio. Afferro il cellulare. è Jack.
-Ehi, allora, che fine hai fatto?
-Sono davanti a casa mia ‘ rispondo ancora meditabonda.
Mi ero ripromessa di chiudere con Jack. Di smetterla di bere, di farmi canne e di tradire mio marito. In fondo è stato abbindolato pure lui, solo che è così maledettamente stronzo! Mi ero ripromessa di diventare una persona migliore, però cavolo mio padre metteva le corna a mia madre, quindi è genetico e non è colpa mia, la mia madrina mi manda fuori di testa e sono molto facile alle dipendenze. E poi… cioè se voi vedeste Jack mi capireste. è alto più di un metro e novanta, ha i capelli scuri che porta sempre un po’ scompigliati, gli arrivano fino al collo, ha gli occhi di un verde pazzesco e poi scopa da dio. Lui e quei muscoli scolpiti che sembrano fatti apposta per essere leccati. Sì è un feticista delle scarpe e si eccita quando mi metto le scarpette di cristallo e allora? Ognuno ha le proprie perversioni no?
-Dai, Tella, passa da me, una roba veloce.
-Se avessi voluto una roba veloce me ne andavo a casa da mio marito ‘ digito nervosamente.
Mi fai morire!
Uhm, chissà se voleva dire morire dal ridere oppure…
-OK, dai. Arrivo.
Faccio inversione dirigendomi verso casa di Jack, non abita molto distante.
Quando suono il campanello mi apre la porta con un asciugamano avvolto attorno ai fianchi snelli. Le mie ovaie si risvegliano e applaudono. Come sempre butto un occhio alle gambe. Belle muscolose.
‘Mi sei mancata’ dice iniziando a baciarmi il collo. Non so se sia vero, io voglio pensare di sì.
Le sue mani iniziano a spogliarmi, e presto i miei abiti sono soltanto una scia che conduce fino al letto. Quando inizia a leccarmi lì sotto, penso che Azzurro non l’ha mai fatto. Lui mi bacia solo sulla bocca e sbava sempre. Jack non sbava, ma lecca divinamente.
Ho goduto per la prima volta solo con Jack.
Il mio amante scende a leccarmi i piedi. Adora farlo. A me non piace, soffro il solletico, però posso sopportarlo, del resto, chi s’accontenta gode. Forse la mia madrina direbbe ‘Se vuoi godere un po’ ti devi adattare’ e poi scoppierebbe a ridere. Lei ha tre uomini, il che mi porta spesso a sospettare che non basti un solo uomo a rendere felice una donna, o che sia maledettamente difficile trovarne uno che ci riesca.
Lui mi rigira e ci cimentiamo in un sessantanove, è bello carico, ed è sempre duro, sempre pronto, è fantastico sentirsi così desiderate. Resistiamo poco e poi lui mi penetra prendendo a stantuffare velocemente, gemendo e spingendo. Francamente non so se sia bravo, non ho un metodo di paragone, però so che ogni volta vengo. E quando succede è un po’ come essere sballati.
Dopo aver fatto il bis ci fumiamo qualcosa fissando il soffitto. Parliamo più per messaggi che non di persona. Buffo.
A volte immagino di mollare tutto e scappare con lui, ma non è possibile. Prima di tutto perché è sposato con una vecchia megera che è sempre all’estero e lo mantiene e poi perché ho paura. Ho paura che rovinerei tutto. Che prima o poi lui si troverebbe una più giovane sul sito per incontri dove io stessa l’ho abbordato, o che un giorno ci staremmo reciprocamente sulle palle. Io sono una che il bicchiere non lo vede mezzo pieno, io lo svuoto. E allora preferisco così, in fondo non ho mai creduto davvero al lieto fine.
Ho creduto una volta al Principe Azzurro e sono stata fottuta, quindi…

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