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TRAMONTO

Esterno del Club Tlazo, ore 21:30


     Eleonora aveva temuto che sarebbe stato il suo turno pagare con il corpo il conto del ristorante o del fast food ma, quando Cristina propose di cercare un posto dove cenare, Miriam fu categorica nell’opporsi: la coda alla discoteca era talmente lunga, aveva letto su un blog che trattava di movida locale, che se avessero perso tempo si sarebbero trovate davanti alla porta d’ingresso all’ora di chiusura, quindi si recarono direttamente lì.

     La fila profetizzata da Miriam non era lunga come temevano (probabilmente un’altra voce messa in circolazione dai PR della discoteca per aumentarne la popolarità, suppose la ragazza), ma richiese comunque due ore per permettere loro di arrivare all’ingresso. Per loro fortuna, un paio di camioncini dello street food avevano capito di poter guadagnare dalla gente in coda e con qualche decina di euro, forniti da Eleonora, aveva permesso loro di rifocillarsi con pietanze della cucina tipica orientale e spagnola.

     Eleonora aveva provato a studiare l’architettura della discoteca, ma luci colorate e aree buie le impedivano di comprendere come fosse davvero all’esterno, per non parlare delle altre due che continuavano a distrarla, indicando eccitate i vip che vedevano passare prima su automobili che costavano quanto avrebbe probabilmente guadagnato in tutta la sua vita se avesse continuato a lavorare part time come programmatrice, poi a piedi, oltre un muretto con una recinzione, man mano che si avvicinavano alla discoteca. Buona parte delle persone citate con ammirazione da Cristina o Miriam non le conosceva, o al limite poteva quasi giurare di averle sentite nominare.

     A pochi metri dall’ingresso controllato da un paio di buttafuori tanto muscolosi che la ragazza si chiese come facessero a passare per una porta, la musica, oltre alle orecchie, aveva iniziato ad essere sentita anche nel petto, quasi volesse dare il ritmo al cuore. Eleonora si sentì invadere da un senso di euforia che non aveva mai provato da quando erano arrivate in Spagna, lasciandola però allibita e un po’ spaventata.

     – Guarda, – gridò Miriam, per farsi sentire sopra il frastuono, indicando nel gruppo di vip che si trovava ad una decina di metri di distanza, oltre un’aiuola ben curata, strattonando Cristina, – quelli sono i gemelli Grant!

     Cristina si voltò nella direzione indicata dall’amica, scorgendo dopo un attimo due uomini identici. – Cazzo! Adoro i loro porno! – esclamò, immaginandosi mentre i due gemelli scopavano lei e Miriam insieme, loro due a pecorina che si baciavano. Sentì la sua figa inumidirsi.

     – Anch’io! – rispose la rossa, eccitata. – Amo quando fottono in due una donna – ammise, mordendosi un labbro e diventando rossa in viso quanto i propri capelli. Cristina non si sarebbe stupita se avesse cominciato a massaggiarsi l’inguine attraverso il tessuto dei pantaloni.

     Eleonora non disse nulla, non volendo apparire ancora più sfigata: ne aveva sentito parlare dalle sue amiche, sebbene non con la frequenza con cui Jiménez compariva nei loro discorsi bagnati, ma non aveva idea di che aspetto avessero… Guardò anche lei, e suppose fossero quei due uomini che sembravano dei cloni, non solo per quanto riguardava il fisico ma anche l’abbigliamento, che stavano scherzando con… beh, si disse la ragazza, quella era davvero l’attrice della telenovela, Clelia Flores.

     – Comunque, io ho intenzione di scoparmi il padrone della baracca fino a diventare la sua troia – promise Cristina, sebbene non volesse lasciarsi sfuggire nessuna occasione le si sarebbe presentata dinnanzi quella sera.

     Avanzarono ancora un po’, e infine si trovarono davanti alla porta per chi non potesse vantare il titolo di celebrità, ovvero, a differenza dell’ingresso principale, provvisto di tappeto rosso, fotografi e aiuole di fiori, qualcosa di simile all’uscita di emergenza di un edificio normale. I due buttafuori, quella sera, stavano svolgendo quello che lasciava intuire il loro nome, bloccando la stragrande maggioranza delle persone, se non qualche individuo che mostrava, quando richiesto, un oggetto simile ad una carta di credito dorata.

     – La vostra Golden Card, prego – chiese uno dei due addetti, sollevando una mano davanti alle ragazze. Sembrava ripetesse quelle cinque parole con il pilota automatico, pronto ad aggiungere mezzo secondo dopo qualcosa di simile ad un “prego, allontanatevi” perché venisse liberata la zona davanti alla porta a favore del successivo che avrebbe ricevuto la richiesta di allontanarsi a sua volta.

     In questa occasione, però, non ne ebbe il tempo perché Cristina si fece avanti. – Non ci serve nessun pass. Noi siamo qui per Jiménez – dichiarò con il tono di chi stesse perdendo del tempo che, invece, sarebbe stato più utile impiegare per discutere con il calciatore di qualcosa di vitale.

     Eleonora e Miriam si guardarono, pronte a scommettere che sarebbero state allontanate a pedate dopo quell’esibizione della loro amica, ma a quanto sembrava non era la prima volta che il buttafuori si trovava in una situazione simile e avesse sufficiente esperienza per sapere come trattare persone come Cristina.

     Con più noia che educazione, il gorilla chiese di nuovo alla ragazza di proseguire verso il parcheggio.

     – No, cazzo! – esclamò Cristina, pestando un piede, – Sono qui per Eduardo Jiménez, e non ho intenzione di andarmene se…

     Miriam le mise una mano su un braccio. – Forse è meglio se ce ne andiamo davvero prima che…

     – No! – esclamò la bionda, inalberata, e iniziando ad urlare: – Voglio parlare con Jiménez e…

     Eleonora si accorse che, nel gruppo di vip dall’altra parte del muretto, qualcuno si voltò verso l’origine degli schiamazzi, evidentemente infastidito; alle loro spalle, qualche “comune mortale” sbuffò, temendo che quel tafferuglio potesse mettere nei guai anche loro, o anche solo ritardare di ricevere il cortese invito a levarsi dai piedi. Le grida aumentarono ancora più di volume quando il buttafuori, che doveva essere ormai giunto ad una situazione per la quale l’esperienza pregressa non l’aveva ancora preparato, fece un passo avanti e prese per una spalla Cristina.

     – Sul serio, – la pregò Miriam, che si era accorta anche lei che la bionda era diventata il centro dell’attenzione di vip e gente comune, e loro due di conseguenza, – andiamocene! Non importa se…

     – Importa sì, invece, cazzo! – sbraitò la ragazza, – Io non…

     – Cos’è tutto questo casino? – domandò un uomo impaziente e dal tono autoritario.

     Nel riconoscere quella voce, i due gorilla, che fino un istante prima si atteggiavano a degli armadi a tre ante pronti a spaccare il mondo, sembrarono collassare a dei cuccioli che avessero cagato sul tappeto e vedessero il loro padrone avvicinarsi infuriato. Con la testa incassata tra le spalle, i due buttafuori si voltarono verso il loro principale, che stava avanzando a lunghe falcate nella loro direzione.

     L’uomo camminava velocemente e, sebbene magro e tonico, lo sguardo e il linguaggio del corpo lo faceva apparire addirittura più grosso, e soprattutto minaccioso, dei due gorilla. Non era particolarmente alto, ma Eleonora dovette ammettere che era davvero bello di viso e vestito con una ricercata eleganza. Solo l’orologio, probabilmente in platino e oro, pensò la ragazza, doveva valere più di quanto guadagnasse un operaio in un anno. Di certo, si rese conto in quel momento, ogni sera dovevano presentarsi una mezza dozzina di donne che volevano essere la sua amante, e sicuramente ce n’era una ogni giorno che faceva il diavolo a quattro, urlando come un’ossessa per essere ricevuta dal calciatore.

     – Devo chiamare la guardia civil – domandò con rabbia Jiménez, – o pensate di andarvene da sole?

     Eleonora fu sul punto di chiedere perdono e promettere che sarebbero sparite dalla sua vista all’istante, quando Cristina si fece avanti, dimostrando un coraggio, o una pazzia, che non si sarebbe aspettata.

     – No, – disse, decisa quanto lo era il calciatore, – vogliamo il… coso card.

     La rabbia sul volto di Jiménez si tramutò in derisione. – Cosa ti fa credere che voglia fornirvi la Golden Card?

     – Noi lo vogliamo, – ribatté la ragazza, arrabbiata – e faremo qualsiasi cosa per averlo.

     L’uomo scoppiò in una risata. – Qui entra solo gente famosa e ricca: le troiette come voi ce le sbattiamo passandocele l’un l’altro e poi le gettiamo nel cesso, quindi vedete di andarvene subito.

     Il volto di Cristina divenne una maschera di rabbia. – Vuoi vederle tre vere troie che ti faranno impazzire? – gridò, mettendosi le mani sotto i seni piccoli e nascosti dal top luccicante e sollevandole in un gesto che, in quel momento, a Eleonora sembrò più che altro ridicolo.

     Jiménez fu sul punto di ribattere, quando dall’ombra comparve una figura che appoggiò una mano su una sua spalla. Quel contatto gentile stemperò quasi completamente la rabbia dell’uomo. Da dietro comparve Clelia Flores: sorrideva, come avrebbe sorriso un’angelica nonna davanti ai suoi nipoti discoli.

     – Su, Eduardo, non arrabbiarti con queste ragazze… – gli disse con una dolcezza che sembrava stridere con il resto dell’ambiente.

     Lui la interrogò con lo sguardo, ma ancora prima che lei aprisse bocca lui sorrise comprendendo quali fossero le sue intenzioni. Si voltò verso le ragazze. – Volete davvero la Golden Card? – domandò loro, mentre sul suo volto compariva un sorriso poco rassicurante.

     – Sì! – disse Cristina, decisa. Non avrebbe perso l’occasione di fottere Jiménez e diventare la sua donna, sebbene gli avesse appena urlato in faccia. Forse, volle sperare, era uno di quelli che amava sottomettere e fottere una donna con le palle come lei. E lei lo avrebbe lasciato fare più che volentieri se avesse aperto una breccia nel suo cuore e nel suo portafogli.

     Miriam, che avrebbe fatto carte false per conoscere anche un solo vip, non esitò nemmeno lei a dichiararsi concorde, come se avesse dimenticato quanto era appena successo e la paura che l’aveva colta.

     Eleonora tentennò, ma fu solo il desiderio di non apparire una sfigata totale a farle seguire la volontà delle altre due.

     Jiménez si voltò verso tre guardie che erano apparse come per magia, probabilmente arrivate supponendo lo scoppio di problemi a causa di quelle ragazze. Ad un gesto del capo, ognuno ne prese una e la accompagnò verso la porta. Un attimo prima di varcarla, il calciatore fermò quella con Cristina.

     – No, – ordinò a bassa voce, lanciando uno sguardo lascivo alla ragazza, – quella troia… sapete dove portarla.

     Un sorriso di soddisfazione fiorì sulle labbra della ragazza. Tutto aveva iniziato a girare nel modo giusto, per lei, si disse.

CONTINUA…

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