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Eiacolazione

By 4 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

All’improvviso Stefano aprì gli occhi, la sveglia segnava le 7:03 e un tenue bagliore riempieva la stanza. L’insolito silenzio che sentiva ronzargli attorno stonava con la sensazione caotica che emergeva da un vago ricordo, un po’ annebbiabo, il quale stranamente pareva sospeso tra la verità delle cose e l’evanescenza delle stesse, lasciando il suo corpo immobile, impotente, incapace del più piccolo movimento, riusciva solamente ad accettare gli eventi e subirne gli effetti.
Un battito delle palpebre, rapido e deciso, sembrò quasi opporsi all’abbandono estremo nel quale si trovava, si accorse allora che gli mancava qualcosa, ma non capiva né dove, né come, avvertì senza dubbio che una parte di sé era sbiadita a tal punto da rendere tutto diverso, da lasciare un vuoto forse fin troppo enorme, e ritrovarsi con un buco così esteso da negargli persino il più piccolo spazio di intimità.
Chiuse di nuovo gli occhi. Un soffio di vento lambì il suo corpo, mentre un colpo sordo risuonò nella stanza, dopo poco cominciò a piovere. Le gocce cadevano pesanti, riusciva a sentirle addosso, inquiete grondavano sulla pelle, stranamente calde e disgustose, alzò lo sguardo, si sentì soffocare, poi uno schiaffo e all’impovviso tornò in sé.
Fabio teneva il guinzaglio teso, il cuoio fremeva a contatto con la tenera carne umida zuppa di piscio, stava zitto, in piedi davanti la sua proprietà, con l’autorità di chi sa di avere il controllo sulle cose e se ne compiace orgoglioso.
Sorrise soddisfatto, poi allentò la presa, getto il guinzaglio a terra e se ne andò.
Qualcosa lasciava intuire che non ci sarebbe stata una fuga, scappare significava violare un vincolo non scritto che si basava sulla fiducia più che sul dominio e non vi erano motivi per cui potesse accadere, soprattutto dopo quella notte. La dipendenza instauratra tra loro, inizialmente fragile come vetro nel mare in tempesta, in poche ore era cresciuta a tal punto che il filo di seta che li legava aveva avvolto Stefano in una tela di ragno dal groviglio inestricabile. La loro unione fu solo un’inevitabile conseguenza del gioco di forze che i fili sospesi fatalmente esecitavano.
Uno squillo del campanello destò Stefano di colpo, gli occhi sbarrati puntavano dritti verso la sveglia che segnava ora le 7:08, un leggero sudore e il fiato sospeso erano la sola flebile traccia di quel sogno, ormai eclissato, che lo aveva turbato non poco, si guardava intorno, disorientato, la stanza pareva roteare ad ogni suo sgardo, chiuse gli occhi, ancora gravido di quel delirio perverso.
Dal corridoio provenivano delle voci, qualcuno stava parlando, poi la porta si chiuse in un colpo sordo vagamente familiare e vide Fabio che tornava con un gran vassoio.
‘Ehi signorina, hai dormito bene?’ gli chiese, sorridendo. ‘&egrave appena arrivato il cameriere, colazione in camera oggi e…questa &egrave per te!’, gli stava porgendo una rosa, in modo quasi romantico. Per un attimo l’incomprensione fu tale da creare un vuoto tra i due, nel quale Stefano pian piano scivolava incapace di trovare un appiglio. Fu solo in grado di distogliere lo sguardo, ma ovunque guardasse si sentiva costantemente inadeguato al ruolo che lo vedeva protagonista.
‘Che hai?’ disse Fabio, ‘Ti vedo un po’ turbata…hai fatto un brutto sogno?’ continuò, con quel sorriso sempre stampato in faccia. Stefano stava per dire qualcosa, ma Fabio abbassando lo sguardo notò l’erezione e aggiunse: ‘Devi aver fatto proprio un brutto sogno!’ ridendo di gusto.
Stefano notò che era completamente nudo e il leggero lenzuolo bianco a malapena copriva le lunghe gambe lattee, esili e sinuose come quelle di una bella ragazza, e soprattutto l’incontenibile intimità, che senza alcun pudore rivelava evidentemente segrete emozioni del tutto fuori controllo. Rapidamente, con un gesto di grande vergogna, si coprì meglio che poteva, arrossendo vistosamente, ma il lenzuolo, impigliato da qualche parte rese l’operazione goffa e sgraziata, tanto che per togliersi dall’impaccio velocemente fece per alzarsi ma Fabio lo prese per un braccio, lo fermò e gli disse: ‘Ehi signorina, dove scappi…dimentichi la rosa!’
Stefano rimase immobile, impietrito, il contatto con quella mano risvegliava qualcosa in lui, delle immagini, degli odori, turbamenti di cui avvertiva un eco chiaro, sensazioni per le quali provava grande confusione. Le sue certezze gli dicevano a gran voce cosa era successo, ma era pur sempre la prima volta.
Un bacio di Fabio sulla spalla nuda lo colse del tutto impreparato. ‘Dai, vieni qua!’ disse, tirandolo a sé, poi dopo una breve pausa continuò: ‘Ho ancora voglia di te signorina, stanotte…!’
Stefano lentamente si voltò e Fabio si interruppe lasciando in sospeso la frase. Le mezze parole, le ambigue allusioni lasciate a metà, l’incertezza degli eventi, rendeva tutto più complicato. Il ragazzo, intimamente provato nel corpo e chiaramente stravolto nell’anima, dopo qualche esitazione a fatica si portò tra le braccia di quell’uomo, e vi restò immobile per qualche secondo sospeso tra la fuga e l’abbandono. Il caldo vigore di quel partner maturo lo tratteneva a sé, non voleva pensare, non ne aveva bisogno, era lì e sapeva che quello era il suo posto nonostante tutto. Il lenzuolo, scivolato sul ventre di Stefano, rivelava ora due tettine appena percettibili sulle quali si stagliavano piccoli capezzoli turgidi e duri, due ciliegine mature, che Fabio notò subito, sfiorandoli e strizzandoli delicatamente. L’uomo disse: ‘Cominci ad essere proprio una vera donnina, eh?! Dopo stanotte poi…Come ti senti, eh?’. Le mani di Fabio accarezzavano ora la pancia di Stefano e scivolavano su quella tenera carne esplorandone ogni centimetro, senza freno. ‘Non &egrave stato facile sai…’ disse baciandolo teneramente, e dopo una breve pausa: ‘Eri proprio stretta stretta…’. La sua lingua lambiva la guancia di lui e dopo qualche bacio, alcune carezze, timide intese tra i due, aggiunse senza vergogna: ‘Quando hai detto che eri vergine stava per scoppiarmimi, me l’hai fatto diventare duro come l’acciaio!’. Un po’ di saliva scivolò sul cuscino, come cera che cola mentre arde la fiamma, Fabio cominciava a scaldarsi e rifletteva il suo ardore su Stefano che pareva fondersi inevitabilmente nel corpo di lui. Alla fine, dopo un esile gemito pregno di zelo, l’uomo proseguì: ‘Scusami se sono stato un po’ duro, non ho resistito, ho goduto troppo a sverginarti!’. La mano di Fabio palpava ora con gusto quell’oscuro oggetto del desiderio, tastandone la consistenza e la bontà come uno che ha fatto un buon affare. ‘Desideravo il tuo culo da quando ti ho assunto, avessi saputo che eri vergine ti avrei inculato in ufficio!’. Stefano a contatto col petto villoso di lui non diceva una parola, tremava solamente come l’unica foglia d’un ceppo riarso che lotta col fuoco mentre alita il vento. Abbracciato a quel rustico ventre stonava ora come uno sterile straccio di seta che lambisce una squallida verga.
Fabio, gustava la sua conquista senza ritegno, come qualcuno che ha ricevuto un bel regalo inatteso e lo vuole tutto per sé. Sentiva il diritto di fare ciò che voleva e Stefano da parte sua non faceva nulla per fermarlo.
Della notte passata ricordava bene quando tornarono in camera verso l’una. Dopo una cena di lavoro con alcuni dirigenti del nord. Lui, Fabio, l’uomo d’affari colto ed elegante l’aveva spiazzato qual giovane collaboratore molto introverso. Un pretesto banale, forse per risparmiare qualcosa, camera singola e quel letto matrimoniale fu solo il primo passo. Fabio dopo la doccia aveva allungato le mani e Stefano all’inizio non aveva ricambiato, per pudore forse ma con timidezza si era allontanato solo un po’, presto però il gioco di sguardi, sorrisi, attenzioni ad un certo punto diventò vorticoso e il confronto tra i due ormai irreversbile. Fabio aveva fatto leva su qualche strappo nell’identità di Stefano, che emergeva timida da tenui riflessi impercettibili coadiuvati da curiosi modi di fare, i quali parlavano a gran voce della sua singolare sensibilità che, come era facile capire, non aveva nulla a che fare con la virilità tipica di un maschio. Le pieghe delicate di quell’esile velo dipinto, montato ad arte per eludere sguardi invadenti, rivelavano, sotto la luce tagliente degli occhi di Fabio, contorni sinuosi, linee sottili, spazi proibiti.
Fabio già nudo cominciò lentamente a spogliare Stefano, il quale senza ostacolare il gesto dell’uomo tese le braccia al cielo così da sfilare la candida maglietta bianca che cadde inerme a terra ai piedi del letto. Un abbraccio libidinoso colse il ragazzo in un colpo, le mani bramose dell’uomo vagavano libere sopra la schiena, verso le spalle, fin sotto le anche, in mille rivoli incontenibili di puro piacere carnale.
Esploso in un attimo, il desiderio fu tale che spinse le snelle fattezze di quella figura traviata sul sobrio letto, dove un floscio materasso l’accolse partecipe, facendolo sprofondare per alcuni centimetri. Riemerso, lo fece girare prono, gli strappò le mutande, Stefano cercò di frenarlo ma l’eccitazione lo aveva mandato fuori di testa. Si fiondò sopra. Gli baciò la schiena, lo lecco, poi si concentrò sul culo. Stefano fece per alzarsi, voleva dire qualcosa a Fabio che di nuovo gli era sopra, stavolta il ragazzo sentì chiaramente il randello dell’uomo che faceva pressione, gonfio e duro tastava il terreno, gustava il momento, lentamente dopo la foga.
Stefano approfittò di un bacio dell’uomo sul viso per sussurrargli qualcosa, Fabio non capì subito, Stefano ripet&egrave parole smorzate che si infilavano e uscivano mozzate tra le pieghe delle lenzuola: ‘Ti…prego…piano…la…volta…ti prego!’ Preso dal piacere della carne Fabio, superficialmente, chiese: ‘Cosa? Cosa hai detto signorina? Ti piace eh?!’. Stefano di nuovo, più forte, questa volta riuscì a dire: ‘&egrave…&egrave la prima volta…ti…ti prego fai…piano!’.Fabio si fermò di colpo, Stefano non vedeva il suo viso, ma un sorriso birichino attraversò il volto maturo dell’uomo, pareva piacevolmente sorpreso e chinandosi quasi in segno di venerazione, baciò quel prezioso oggetto che aveva tra le mani. Un buco di culo di una timida verginella disponibile ad essere esplorato per la prima volta, l’occasione lo eccitò fuori modo, sputò una copiosa quantità di saliva tra le natiche tese e disse: ‘Oh signorina…adesso ci penso io…!’.
Stefano non fece in tempo a strabuzzare gli occhi che Fabio era già all’opera, un pisello di marmo cercava di farsi strada tra lo stretto sfintere con decisi movimenti d’anca che accentuavano la frizione tra la timida carne e la densa saliva.
Ci volle un po’ prima che la cappella riuscisse a trovare il suo spazio, Stefano, teso come una corda di violino, faceva un po’ di resistenza ma Fabio, ansimando, continuava a ripetergli: ‘Tranquilla, shhh, tranquilla signorina, sei stretta eh…rilassati che ti apro per bene adesso! dai…signorina…’
Quando la saliva cominciò a perdere il suo effetto lubrificante e Stefano a gemere sempre di più, Fabio sentì che così non sarebbe riuscito ad andare oltre. L’occasione fa l’uomo ladro e quel porco non avrebbe lasciato l’osso, ormai bisognava andare fino in fondo. Fu a quel punto che decise di ricorrere a rimedi estremi, gli tappò la bocca con la mano, gli diede un bacio e disse: ‘Sei mia troia!’. Due colpi secchi, poi un terzo, infine un urlo smorzato di Stefano fece il resto, eccitò quel maiale al punto che esplose di sborra per diversi secondi, con contrazioni impetuose che scaricavano fiotti prepotenti di seme tra gli anfratti rettali del giovane culo, dovette uscire prima di finire da quanto era compresso là dentro, il risucchio fece risalire la melma in uno spruzzo biancastro per poi colare denso e cremoso verso i piccoli fragili testicoli adagiati inermi là sotto.
Cosa successe poi Stefano non lo ricordava bene, confusamente immaginò che fosse (s)venuto, forse si era addormentato, fatto sta che era ancora lì con quell’uomo, qualcosa lo tratteneva, forse la stessa virilità di Fabio che l’aveva conquistato fino in fondo e in modo così deciso, forse quello strano piacere che nonostante tutto aveva provato o ancora, semplicemente quella nuova parte di s&egrave che emergeva dal suo inconscio con incontenibile irruenza da una spaccatura profonda che gli era rimasta aperta dopo quella notte, dilatata al punto da non trattenere quasi più nulla delle sue intime vergogne. Esposto com’era nemmeno se lo chiedeva, non aveva senso chiederselo, ciò che conta &egrave l’esperienza, ciò che conta &egrave quello che si prova in un determinato momento nella vita e soprattutto ciò che si &egrave, Stefano lo capiva bene. La vita &egrave una corsa senza freni, ciò che ti passa davanti non si ferma, ciò che ti colpisce non si ferma, quando si interrompe sei morto. Meglio non fermarsi, mai!
Per questo ancora sul letto i due si facevano le coccole, o meglio Fabio conduceva il gioco, come sempre, parlando ed eccitandosi nuovamente alle prese con la sua signorina. Le diceva: ‘…sei proprio bella, non pensavo tu fossi così femminile, nascondi bene la tua vera natura, il tuo corpo da verginella mi eccita molto sai…e la tua pelle mmmh, così candia, costellata da questi piccoli nei, sei una bella stracciatella!’. Tra una parola e l’altra accarezzava continuamente la pelle di Stefano con le sue grosse mani, ora visibilmente eccitato, poi aggiunse: ‘Devi solo curarti un po’ più, togliere questi quattro peli che ti ritrovi, depilarti la passerina e vestirti da signorina, sarai perfetta!’. Un abbraccio profondo compresse Stefano nella mole dell’uomo che a quel punto si avvicinò al suo orecchio e sussurrò queste parole: ‘Non aver paura, il tuo culo &egrave in buone mani, ormai sei mia!’
Fu in quel momento che Stefano si sentì diverso, era stato immobile per tutto il tempo e di colpo si alzò seduto sul letto, guardò fuori, qualche raggio di sole filtrava tra la foschia, ma all’orizzonte delle nuvole nere si stavano addensando minacciose, per un attimo pensò di aver capito qualcosa di importante ma Fabio gli porse un piccolo biscotto al cioccolato e se ne dimenticò.
‘Vieni ho proprio bisogno di te!’ disse Fabio, prendendolo per mano. Aveva ancora quello strano sorriso birichino della sera precedente ma in quel momento, il ragazzo, non l’aveva visto, non poteva riconoscerlo. Col cazzo in tiro Fabio prese la testa di Stefano che si ritrovò in faccia la verga nodosa del suo amante. Dalla folta peluria grigiastra intensi aromi maschili salivano verso la faccia di Stefano e gli riempivano le piccole narici delicate inebriandolo d’essenza virile fin quasi a svenire. La fragranza nell’aria prese vigore quando l’odore del cazzo che si cominciava a sentire esplose di colpo all’emergere in pompa magna dell’enorme cappella, che dal cappuccio di pelle che la copriva completamente faceva capolino imperiosa fino a sbocciare del tutto sprigionando un’elisir vigoroso e decisamente stagionato. L’aria viziata da quel coro d’odori, enfatizzava la turgida e gonfia protuberanza che lucente e viziosa, come un vulcano, già ribolliva di bianchissimo seme.
Le labbra di Stefano, gentili e rispettose, nel contatto fugace s’aprivano appena, ma quando titubante s’allontanava un poco, impregnate d’umido nettare filavano, ora più, ora meno, in dense collane appiccicose che penzolavano dal mento come raffinati gioielli e finivano per grondare in squisite gocce gelatinose che si strappavano e cadevano elastiche e sorde su fette integrali ricche di fibre.
Zuppe di sbobba salata, così tenere e ormai quasi vive, stuzzicarono la fantasia di Fabio al punto che violando le labbra socchiuse del docile amante spinse il cannolo nel varco profondo, fin dentro la gola, soffocandolo di violenta passione, finch&egrave qualche precoce contrazione strozzata sul nascere cominciò a farlo venire, fu allora che sfilando la verga dalla bocca umida iniziò ad esplodere.
La sborra fluì fuori dalla boccuccia spanata dell’ingombrante cappella, d’apprima calma e continua come l’acqua da un rubinetto, poi tentennò per un attimo, pareva finita, ma subito dopo tremò, scattò, sbrodolò in varie direzioni, fuori controllo come un’idrante impazzito, infine rapido e tronfio sparò schizzi sicuri e precisi sopra le tenere fette ormai colme a tal punto da svanire affogate in quella crema grigiastra. Scarico e appagato puliì l’ultima goccia sul bordo del piatto lasciando l’attrezzo penzolante per aria.
Stefano guardava la scena a bocca aperta, quell’uomo era davvero pieno di s&egrave e lo aveva dimostrato, ma ora avvertiva che toccava a lui. Fabio aveva già in mano una delle fette appena farcite, colava da un lato e sopra la sbobba era così densa che flottava tremante. Con un coltello Fabio spalmò delicatamente la crema feconda facendo attenzione a non sprecarne nemmeno un po’, poi mise da parte le posate, si avvicinò a Stefano, con una mano gli prese la testa, lo guardò e porgendogli quel cibo esotico disse: ‘Buon appetito, signorina!’.
Con quell’intruglio in mano Stefano guardava l’uomo davanti a se, che tranquillo si mangiava un cornetto e degustava una tazza di caff&egrave dopo avergli preparato quella singolare pappetta. Stefano abbassò lo sguardo, sentiva l’odore pungente assuefarlo di colpo, deglutì, chiuse gli occhi, poi in un gesto istintivo, gettò la fetta sul piatto e se ne scappò in bagno chiudendo la porta.
Rimase in piedi, a ridosso della parete, con gli occhi chiusi per qualche secondo, quando li aprì vide nello specchio la sua immagine riflessa. Per un attimo si rifiutò di capire, ma era lui, l’immagine non mentiva, mosse un braccio lo portò sul petto ne delineò le forme, sensuali e femminee come non si immaginava, e poi quelle gambe, parevano quelle di una giovane donna, glabre quasi del tutto, vellutate e delicate. Alzò timidamente lo sguardo, quasi con timore e quando si vide negli occhi, le labbra si socchiusero un poco in uno stupore smorzato, ma fu proprio in quell’esatto momento che si persuase del tutto.
Due labbra di fuoco risaltavano su quel visetto tondo incorniciato dai lunghi capelli castani, ora rivolti di lato, un po’ spettinati, che gli cadevano sulla fronte in una maliziosa frangetta e gli regalavano quell’aria da femminuccia inesperta che tanto doveva aver eccitato quell’uomo nell’altra stanza.
Fabio, durante la notte, sicuramente aveva provato a mettergli un po’ di rossetto perch&egrave quando si avvicinò per guardarsi meglio, con un dito, sfiorandosi le labbra umide, queste si sfaldarono un po’ sui bordi in uno sbiadito rosso corallo.
Gli occhi si rincorrevano frenetici su quella tela ambigua che era l’immagine di s&egrave e ad ogni scatto ad ogni salto, ora in alto, ora in basso, ora su una guancia, poi sul naso, per finire sul mento, comprese che non poteva più nascondersi, comprese che quella farsa non avrebbe più retto, gli si leggeva in faccia in fin dei conti, non bastava lavarsi, tutti avrebbero visto cos’era, un velo indelebile si stava fissando, come filigrana su una banconota, donandogli autenticità. Si sentiva sollevato in qualche modo, capì che voleva solo “essere”.
La porta spalancata dopo un timido accenno di forza sulla maniglia, muovendosi un poco esitante tornò sui suoi passi. Con le mani lungo i fianchi e la testa un po’ china, leggero avanzò nella stanza.
A poca distanza da Fabio però si fermò mentre l’uomo guardava Stefano in silenzio, forse in attessa di un gesto del ragazzo.
Passò qualche secondo poi le ginocchia cominciarono a cedere, flesse e sinuose le gambe si mossero arcuate verso terra, mentre le braccia oscillanti tendevano le mani sul pavimento, sfiorato appena dalle prime dita che esploravano caute, passi futuri, scelte indelebili. Coi palmi ben saldi a terra e la schiena incurvata a gattoni si trascinò verso Fabio che immobile e zitto guardava la scena curioso e stupito.
Poi, in un gesto vago e confuso, pose la mano sulla testa di Stefano, ne sfiorò i capelli, si fermò, poi un movimento, la testa del ragazzo collassò sicura verso terra, le spalle armoniose la seguirono prontamente, trascinando la schiena in un piano inclinato che vertiginoso culminava tra i glutei burrosi.
Lo sguardo di Fabio, sceso di colpo, risalì verso la vetta nel bianco pallore, dove i tenui chiaroscuri creavano varchi viziosi, valli sensuali, audaci sentieri verso l’oscuro oggetto del desiderio, che luminoso ed esposto, impudico e provocante, si offriva, non senza vergogna, alla merc&egrave altrui.
Un bacio intenso si posò sui piedi dell’uomo, poi un secondo più leggero, quindi un terzo, dissoluto, mentre schiudendo le labbra e porgendo la lingua nel rialzare la testa lusingò l’acre pelle con un lento e devoto contatto.
Sorretto da Fabio, nel rialzarsi, il ragazzo si trovò di fronte un’enorme menhir che energico sfoggiava la sua forza con grosse vene pulsanti avviluppate su un tronco decisamente robusto.
Volse lo sguardo di lato, cercava qualcosa, titubante ma determinato, poi trovò quello che agognava, allungò la mano, rapida senza pensare, poi un morso, un altro, un altro ancora, masticava non senza fatica la sbobba viscosa per poi deglutirla strizzando gli occhi e volgendo la testa di lato, quasi non volesse farsi vedere un po’ nauseato com’era, da quei primi bocconi abbondanti. Ingoiò tutto.
Si dice che la colazione sia il pasto più importante della giornata, ma per Stefano fu un’amara esperienza. Quando alzò lo sguardo ed incrociò finalmente, per la prima volta, gli occhi dell’uomo, provò un’intensa emozione che lo prese allo stomaco. L’uomo, dopo uno cenno d’intesa, prendendo un tovagliolo cercò amorevolmente di pulirgli la bocca con colpetti decisi, sotto i quali però, oltre alle briciole, svanirono rapidamente anche i resti di un sogno proibito.
La sveglia segnava le 7:34 quando si ritrovò a mordere le lenzuola sbavate. Si voltò, la stanza era buia e fredda, era solo. Sudato si alzò dal letto, notò le mutande bagnate, era venuto e non poco. Andò con calma in bagno, per rinfrescarsi. Si guardò per un attimo allo specchio, vide la barba incolta appena cresciuta e due occhi lucidi e persi. Un sospiro profondo venne spezzato dallo squillo del telefono.
Era il capo, Fabio, già in piedi di prima mattina, che dal ristorante dell’albergo lo chiamava per sapere se stava meglio, dopo ieri sera, e lo ringraziava per la sua tenacia. Vicino al telefono, un bicchiere d’acqua giaceva posato accanto l’amara medicina che rifiutò di prendere. Stefano, a quanto pare, si era sentito male durante il tragitto di ritorno verso l’albergo, ieri notte dopo la cena, e aveva avuto dei giramenti di testa. Si ricordò vagamente che Fabio l’aveva aiutato a tornare in camera e sicuramente messo a letto, ma era tutto un po’ confuso. Prima di chiudere, Fabio, amichevolmente gli disse che aveva bisogno di parlargli, di una certa cosa, e lo aspettava per colazione.
Stefano, accennò un impercettibile sorriso mordendosi le labbra, poi si diresse verso la piccola finestra e la aprì, aveva bisogno di aria e soprattutto di un contatto con il mondo reale. Una folata di vento irruppe nella camera, scuotendo la tenda e fluttuando nel vuoto fino a sfogliare caotiche le pagine d’un libro riposto sul comò, rimase aperto su queste poche righe d’un famoso autore francese:
“Le bon sens nous dit que les choses de la terre n’existent que bien peu, et que la vraie réalité n’est que dans les r’ves. Pour digérer le bonheur naturel, comme l’artificiel, il faut d’abord avoir le courage de l’avaler, et ceux qui mériteraient peut-‘tre le bonheur sont justement ceux-là à qui la félicité, telle que la con’oivent les mortels, a toujours fait l’effet d’un vomitif.”

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