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Eneide Postmoderno-Dell’esplorazione dell’isola e della morte di Sullastius.

By 11 Aprile 2020No Comments

L’isola che stavano esplorando era spoglia, fatta eccezione per sprazzi di vegetazione. All’orizzonte si stagliava la massa informe e grigia di granitche rocce e un bizzarro monumento in rovina dominava la scena, mostrandosi come unico segno di civiltà (passata o presente) sull’isola.
Janus approfittò di una collina per avere una veduta più vasta dell’isola. Da lì, il gruppo notò che non pareva esservi alcun essere vivente nel raggio di chilometri.
Optando per una divisione tattica, Janus sancì che Aniseus sarebbe rimasto a guardia delle scialuppa con cui avevano raggiunto l’isola, lui e Maghera avrebbero proseguito lungo la costa e Sullastius e Cassius si sarebbero inoltrati sino al monumento.
La divisione fu sancita e ad Aniseus fu lasciato un segnalatore acustico capace di generare un fischio ultrasonico che poteva essere estremamente acuto, che il giovane avrebbe dovuto utilizzare in caso di problemi per avvertirli.

Cassius valutò la situazione, inoltrandosi nella vegetazione. Sullastius era un amico, ma anche un seguace di Janus, estremamente convinto della sua guida e fiducioso.
Era sicuramente uno di quelli che avrebbe potuto dare gravi problemi a lui e agli altri congiurati.
Ma… ucciderlo sarebbe stato ben rischioso. Cassius si ripromise di parlargli della situazione attuale, di tentare di convertirlo prima di prendere in considerazione di eliminarlo.

Maghera sentiva che c’era qualcosa che non andava, lo percepiva in modo istintivo. Fermò Janus con un gesto. L’Esule interruppe la marcia per adattare il passo a quello della giovane.
-Dobbiamo parlare.-, disse lei. Lui si gettò un’occhiata intorno.
-Qui?-, chiese, -Potrebbero tenderci un agguato.-. L’amazzone scosse il capo.
-Nessuno farà proprio niente. Su quest’isola non sembra esserci vita intelligente, e comunque se ci mettiamo col mare alle spalle non correremo rischi.-, disse. A ogni buon pro teneva l’arco pronto, così come Janus non mollava la sua arma.
-Ok.-, capitolò il condottiero, -Ti ascolto.-. Lei annuì. Era seria, assolutamente e totalmente e anche Janus capì che la cosa forse non era così lieve come aveva inizialmente creduto.
-È da qualche giorno che Aniseus frequenta diverse donne.-, esordì Maghera, -L’altro giorno l’ho visto con Letha. Sembravano discutere in modo abbastanza intenso, ma quel che mi ha incuriosito era il tono di voce.-. Janu annuì, esortandola a continuare.
-Al che mi sono avvicinata un po’ ai due. Li ho visti andare verso i depositi di poppa.-, disse lei, -E mi sono detta che forse avrei solo assistito a qualche amplesso clandestino. Ora, presso la mia gente si usa essere abbastanza aperti di mentalità. Non é un caso che il sesso comunque resti una faccena personale, sebbene se ne parli e lo si pratichi liberamente. Nondimeno, spiare un amplesso altrui in Kelreas é ritenuto vile, come credo sia anche a Licanes.-.
-Sì… Di fatto presso i Licanei l’intrusione in un atto simile é alla stregua di un reato.-, ammise Janus, -Ma… dove vuoi arrivare?-. Maghera gli fece cenno di attendere.
-Ovviamente non era mia intenzione spiarli mentre copulavano. Ma avevo notato quel modo di parlare fitto, a mezza voce, e quella specie di attenzione passiva tipica di chi sta parlando di cose serie e forse anche molto private, o molto opinabili.-, disse, -E così decisi di non badare alla decenza e li seguii. Piano e senza farmi scoprire. Non ci volle molto: Letha non é il genere di persona che ama ritardare il piacere e Aniseus é un giovane pieno di vitalità ed energia. Ovviamente la cosa non prese molto tempo: nessuno di loro pareva voler prolungare il piacere. Lui l’ha semplicemente persa lì, sulle casse contenenti le scorte alimentari, velocemente e venendole dentro con foga. Personalmente ho avuto l’impressione che non fosse stato in grado di controllarsi minimamente ma non é importante: ciò che conta é che si son messi a parlare.-.
-E fu lì che la cosa si fece interessante: Anisues si mise a farle domande su di lei, sulla sua vita in Kelreas, su cosa ne pensasse di come stessero andando le cose. Ora, sul momento pensai che tutto ciò fosse bizzarro: non é proprio il genere di argomento di cui parlare dopo il sesso, ma penso che per voi di Licanes non valgano le convenzioni di noialtre.-, disse Maghera, -Fatto sta che Letha ha detto una frase, qualcosa riguardo la caccia… E, cercando di sentire la risposta di Aniseus, purtroppo ho urtato una cassa. Il colpo li ha messi in allarme e mi sono rapidamente defilata.-.
-Ok.-, disse Janus, -Ma tu cosa ne pensi?-, chiese. Maghera s’incupì.
-Non so. È possibile fossero solo chiacchere innocenti, ma non saprei… C’era una tale trepidazione nel tono di Aniseus che era difficile attribuirla all’amore o alla lussuria appena consumata.-, disse.
-Ritieni che Aniseus possa avercela ancora con me per le scelte che faccio?-, chiese Janus.
-È possibile, ma mi domando che scopo avrebbe per un simile rancore.-, disse l’amazzone.
-Immagino che dovremo tenere gli occhi e le orecchie ben aperti.-, disse l’Esule.
I due ripresero la marcia.

Sullastius attraversò la coltre di alberi giungendo di fronte al monomuentale edifcio deteriorato dall’impietoso scorrere del tempo.
-Doveva essere un tempio, o qualcosa di simile. Ma non credo di poterlo stabilire con certezza.-, disse. Cassius, che giungeva pochi istanti dopo, annuì. Effettivamente la costruzione pareva un edificio a scopo religioso. Alto, slanciato e ancora imponente nonostante le finestre divelte e infrante, i bassorilievi consunti e il profilo sgraziato, segnato dall’azione degli agenti atmosferici e dal tempo trascorso privo di manutenzione.
-Quanto può essere antico?-, domandò Cassius passando appena la mano sul muro. Poroso e liscio al tatto, era fresco, privato della luce del sole dalla vegetazione. Filamenti d’edera avvolgevano il tempio. Sullastius scosse il capo.
-Non so, amico mio. Sicuramente é antichissimo ma determinare quanto é ben oltre la mia possibilità.-, ammise. Si avvicinò alle porte, divelte e semi-aperte verso l’interno.
-Possiamo entrare, se ti va.-, disse, -Forse all’interno troveremo risposte.-.
-O troveremo nemici pronti a ucciderci.-, tentò di scherzare Cassius.
-Beh, chi non risica…-, iniziò Sullastius. L’altro sospirò. “Eccoci.”, pensò.
-Già. Chi non risica non rosica. Ma la domanda che mi pongo sempre più spesso é se noi siamo ancora in grado di rosicare.-, ammise. Sullastius lo guardò con uno sguardo curioso.
-Che vuoi dire?-, chiese. Cassius annuì, era il momento di dire le cose come stavano.
-Quanto ancora, o mio buon amico? Quanto ancora dovremo vagare per mari stranieri, scartando luoghi ameni e pacifici o convivenze con popoli a noi affini per perpetuare l’inseguimento della tanto decatanta terra promessa di cui Janus ha parlato?-, chiese, -Non sei stanco? Non desidereresti anche tu fermarti, metter radici, fare famiglia, vivere tranquillamente gli anni che ancora ci saranno donati dagli déi?-, la raffica di domande proseguì, il tono di Cassius più emozionato. Non si curò di guardare in viso Sullastius.
-Noi siamo qui a vagare di isola in isola, in un pellegrinaggio che Janus dice essere necessario, ma sulla base di cosa? Di cosa?! Perché continuare? Non dovremmo forse cercare di coltivare la nostra felicità qui e oggi, fratello? Non é forse nostro diritto?!-, domandò.
-Dimmi, Sullastius, mio buon amico! Non sei forse d’accordo con me?-, chiese Cassius.

Sullastius sospirò. Se lo sentiva. Sentiva che non avrebbe dovuto accettare di separare la squadra. E sapeva, con palese chiarezza che c’erano anche altri coinvolti in tutto ciò. Si ricordò della sfida di Aniseus a Janus prima dell’approdo presso i Lotofagi. I pezzi presero ad andare al loro posto, tutti.
Con precisione millimetrica, il milite si rese conto che aveva due possibilità.
Accettare o rifiutare. Mai, mai sarebbe riuscito a fingere.
L’affetto per Cassius si scontrò con la consapevolezza che Janus era il loro comandante.
Dovere contro sentimenti personali. Sullastius espirò.
Era sempre stato un uomo tutto d’un pezzo. La sua scala dei valori era semplice.
Gerarchia, onore, famiglia. Fine. E in quel momento, seppe cosa fare.
-No, fratello. Non concordo.-, disse, -E penso che tu, e chiunque abbia come te deciso per questa follia dovrebbe fermarsi, ora. Per amor tuo non dirò nulla a Janus ma ti esorto a evitare di proseguire con quest’idea.-. Vide la delusione sul viso di Cassius.
-Realmente é ciò che credi?-, chiese questi. Vedendolo annuire, sospirò.
-Speravo, credevo che almeno avessi potuto capire, anche solo per poco, anche solo un istante.-.
Poi fu tutto rapido, rapidissimo. Sullastius intuì la mossa prima che Cassius la facesse ma reagì in ritardo rispetto a lui. Il colpo energetico lo trapssò, un dolore bruciante che lasciò il posto ad un freddo gelido, atrocementre inumano, mentre cadeva a terra di schiena, scagliato oltre la porta del tempio. Cassius lo guardò, due mute lacrime sulle gote.
-Speravo, credevo che u avessi capito, fratello.-, disse.
-Traditore…-, ebbe la forza di mormorare Sullastius mentre moriva.
-No. Il traditore é Janus. Tu sei una vittima dei suoi deliri. Ora sei libero.-, con calma, Cassius esaminò il tempio. Accese una torcia. A mantenere il tempio stabile erano poche colonne portanti.
Trascinò il corpo del morto all’interno e prese dalla sacca due granate. Erano materiale esplosivo, risalente all’antica Licanes. Armi proibite. Le innescò con un tempo brevissimo e corse fuori.

Le esplosioni furono il grido di un dio irato. Il tempio crollò scompostamente in una nuvola di pietrisco e la monumentale costruzione parve distendersi mentre esplodeva. Un fiore di pietra che sbocciava. Maghera e Janus corsero verso la spiaggia da dov’erano giunti e raggiunsero la scialuppa, trovandovi Asineus che consolava un affranto Cassius.
-Sullastius?-, chiese Janus. Cassius sollevò il viso, le lacrime che lo bagnavano incuranti della polvere e del sudore mentre proseguivano la loro corsa verso terra.
-Morto.-, sussurrò, -Il tempio era una trappola. Non vi é nulla di buono quaggiù.-, disse.
Janus annuì. Guardò il tempio. Gli doleva dover abbandonare il corpo di Sullastius ma se quello era il rischio per tutti loro allora non poteva permettersi di mettere a reppentaglio altri uomini.
-Torniamo alla nave.-, disse. Sapeva che anche lui era sull’orlo delle lacrime.

Sulla nave il servizio funebre per Sullastius fu breve e intenso. Non vi fu Licaneo che non mostrò afflizione per quella morte. In diversi piangevano apertamente, tra essi Cassius e Janus.
Le Amazzoni, Tia e Draupadi, pur percependo la gravità dell’evento si astenevano dal commentare ma anch’esse parevano afflitte, consce che quella morte pesava su tutti loro.
Soprattuto l’amazzone Ethlia pareva affranta da quella separazione, tanto più che portava in grembo il figlio di Sullastius.
Successivamente, Janus si chiuse in cabina, dubitabondo, disperato.
Non fu rivisto da nessuno per due giorno e una notte.

-Non ho avuto scelta.-, disse Cassius.
I congiurati annurono al termine del suo resoconto. Tia sorrise. Tutto sommato ci avevano guadagnato. Sullastius non avrebbe mai ceduto ma ora non era sicuramente più un problema.
-Meriti un premio, Cassius.-, disse Aniseus. Diede una botta sul sedere a Tia. La giovane annuì.
Servile. Cassius si sorprese di quanto il rapporto tra loro fosse cambiato.
Non ebbe il tempo di pensare altro: Tia si era inginocchiata e gliel’aveva tirato fuori.
Cassius non resistette: complice l’abilità di Tia e la tensione, godette in pochi minuti, davanti a tutti. La giovane ingoiò tutto con un’espressione golosa da dannare un sacerdote.
-Penso che tutti quanti concordiamo su quanto rapidamente ora i nostri piani dovranno evolvere. Contatteremo Betea e cercheremo di tirare dalla nostra parte chi possiamo.-, disse Aniseus, nient’affatto scosso da quella performance. Mentre Tia finiva di ripulire il membro dell’uomo con la lingua, il giovane sorrise. Cassius capì, intuì che quell’umiliazione faceva parte del suo piano.
“L’ho sottovalutato, temo”, ammise. Ma se l’aveva fatto lui, sicuramente l’avrebbe fatto anche Janus.

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