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“Bé, Tesoro, che mi dici dell’altra sera. – mi chiese, mentre si nettava il sedere, tamponandolo con un asciugamano –  Sei rimasta soddisfatta? Io non del tutto.” – continuò senza aspettare la mia risposta, né io aprii bocca, tanto non mi avrebbe ascoltata,  impegnata com’era nella lettura del suo giornale radio. Ascoltavo in silenzio gustando gli atteggiamenti da donnina che aveva imparato in sì breve tempo. Da essere un uomo, quindi non disposto a parlare molto, ora si dilungava in annotazioni, pettegolezzi e chiarimenti del tutto gratuiti e non richiesti.
 
In fondo mi divertiva vederla così compresa nei suoi compiti femminili da Elsa Maxwell della situazione. Il suo testosterone doveva essersi addormentato dopo tutte quelle iniezioni di acido ialuronico a cui ancora si sottoponeva.
“Tesoro, sai che la tua amica Lucia è stata splendida? – ora mi parlava d’altro – Mi ha fatto un bocchino che mi ha mandata in estasi come neanche tu sei mai riuscita in tanti anni! È stata meravigliosa per delicatezza, eppoi… a lungooo…. Non immagini quanto.” – per forza con quel flessibile a ridotta sensibilità che si trovava! Ma non dissi nulla e sorrisi maliziosa.  
 
“Sì, ridi, ridi – e fece un gesto con la mano, indicandomi col palmo aperto – lo sai che anche Teo è bravo? Ha molta esperienza, oltre ad avere una certa sensibilità…un po’ rude, a volte…”.
Capii che voleva farmi ingelosire e allora parlai per riportarla in seminato.
“Perché non sei rimasta soddisfatta della festa?” – chiesi.
“A già! Stavo dicendo che alcuni mi davano sui nervi. Guardavano il mio ciondolo e si giravano, nonostante avessero il bracciale arcobaleno… uomini e donne, dicooo! La prossima volta stilerò io la lista così non ci saranno equivociii!” – sembrava irritata, ma, ero sicura, aveva trovato il suo buon tornaconto.
 
“E tu! Sei stata soddisfatta?” – chiese a sua volta, dubbiosa, Marcella.
“Ma certo, cara! Tu sai che non ho mai problemi. Poi erano tutte persone ben educate e non c’era nessuno che pretendesse cose impossibili, anche se con me non esiste nulla di impossibile. Solo che preferisco comandare io, ma, poi, neanche troppo.Vivo e lascio vivere.” – e risi.
“Sì, lo so; sei molto comprensiva…”  – e sospirò.
 
Poiché non me ne poteva fregare di meno del suo parere, lasciai perdere e non approfondii il senso di quel sospiro.
“Senti, Tesorooo… – fece una pausa che mi allarmò; stava per propormi qualcosa – Senti, perché non organizziamo qualcosa per il prossimo fine settimana?”. Diavolo, non era mai stanca! E sì che ci voleva anche un po’ di respiro. Non che io non fossi in grado di avere anche sei o sette orgasmi multipli, ma non con la frequenza che voleva lei. Sì che, tanto, lei non eiaculava più facilmente e potevano voltarla e rivoltarla pure venti volte non avrebbe fatto una mossa, assatanata com’era di novità. Ne sarebbe uscita un’acquerugiola sterile una sola volta e poi basta per tutta la seduta.
 
Risi a quel pensiero, ma lei lo prese come un assenso alla sua richiesta. “Bene, Tesoro. –  si accoccolò davanti a me prendendomi la mano e carezzandola fra le sue – Allora organizzo tutto io. Zitta! So che preferisci il tuo Teo. Sarà presente, te lo prometto.”
Non avevo la forza di contraddirla. E lasciai correre con un: “Ma sì…!”. Mi alzai, stanca delle sue chiacchiere, e, ridendo, feci per allontanarmi. Marcella mi venne dietro, circumnavigandomi come un satellite e continuando a blaterare. Ma io non l’ascoltavo più.
 
Entrai in camera mia e, decisa, mi girai e le chiusi la porta in faccia, sorridendole e non mancando di farle segno di zittirsi col dito dritto davanti a naso e bocca. Avrebbe pensato lei ad attuare la sua macchinazione ed io mi sarei adeguata, se ne avessi avuto voglia. Ora volevo stare sola, per conto mio. Mi sdraiai sulla chaise longue a dondolo in tessuto rosso rubino con seduta a lavorazione capitonné; regolai il poggiatesta in modo da riposare la mia cervice e presi dal tavolinetto à côté la cuffia del lettore mp3.
 
Chiusi gli occhi, mentre la camera si riempiva di malinconia per la voce di Alain Barrière con le note di “Ma vie”, seguita da “Maladie d’amour” con Michel Sardou, da “Paroles,paroles” con Dalida e Alain Delon e infine da “Hier encore” del grande Aznavour. Ero così rapita da quelle dolcissime, amare canzoni che quasi non mi accorsi del bussare discreto alla porta della camera da letto. Intanto l’oscurità della sera aveva invaso lo spazio intorno a me, dilagando da dietro il cassettone, uscendo da sotto il letto, raggiungendo il mio sofà. 
 
Quasi galleggiavo su quella massa impalpabile che sembrava salire per giungere a soffocarmi. Le ultime note di “Hier encore” risuonavano nell’aria quando mi avvidi  della silhouette di un uomo. In piedi, davanti a me, mi guardava con occhi ardenti che brillavano di desiderio. Non capii più niente. Sospinta dalla malinconiche note che costringevano a ripensare all’età sparita, aprii le braccia, richiamando la figura su di me. Mi si fiondò, abbarbicandosi al seno e, sfiorandomi le labbra con le sue, sussurrò: “Mi sei mancata!”
 
Teo o chi altri poteva essere? Non mi posi molte domande, ma mi abbandonai alla volontà dell’uomo del mistero. Dopo aver assaporato le sue labbra, l’olfatto fu trafitto dal maschio profumo dei suoi capelli, mentre lui si portava con la bocca sul mio seno. Mi mandava in solluchero, titillando con la lingua i capezzoli per poi passare a succhiarli e a mordicchiarli. Mi eccitava e non sapevo resistere al pericoloso gioco erotico il cui esito già immaginavo e ben conoscevo da tempo per esperienza dove sarebbe andato a parare, ma non mi dispiaceva. Anzi…!
 
Non potetti esimermi dal toccarmi la passerina con due dita. Le strofinai nel solco e andai a stimolare la sporgenza clitoridea che si affacciava sull’abisso del mio sesso. Intanto l’origine delle mie delizie scendeva sul ventre e succhiava e leccava l’ombelico. Mi contorsi, tremando e sorridendo per l’ondata di piacere che mi trapanava il cervello, rifluendo verso i lontani lidi del plesso solare. Cominciavo ad agitarmi, a smaniare in attesa che lui prendesse la mira e si infilasse su per la vagina, strofinandola e sbavando di desiderio.
 
Oh che tremenda voglia di scosciarmi, di aprirmi,  come una cozza per essere risucchiata da quelle labbra, da quel travone che sosteneva l’architettura del palazzo d’amore. Lo sentivo sgusciare, dentro, dentro! Mi penetrava…, scavava…, ritraeva l’idrovora e poi ripiombava giù come un maglio, per sfondare la parete, per giocare con il mio orgasmo che saliva… saliva… saliva! Oh come saliva! Mi estenuava eppure non mi bastava mai. Ingorda ero pronta a prenderne sempre di più di quel rapace mostro che mi distruggeva ed esaltava allo stesso tempo.
 
Abbarbicata contro il mio amante, le braccia si avvinghiavano alla sua schiena mentre le unghie scavavano a sangue scorticando la pelle dell’insensibile energumeno che badava solo a penetrare più a fondo nella povera carne martoriata di femmina posseduta. O gioia, o tremore, o potenza di quel coito imprevisto capace di rapire ogni fantasia.
 
Provavo tutte le sensazioni dell’orgia a cui avevo partecipato così attivamente pochi giorni prima, ma centuplicate, se fosse stato mai possibile. Il possente flusso si riversava dentro di me come un mare in tempesta, mi travolgeva, mi faceva cadere. Perdevo il fiato come se fossi sommersa dall’oceano senza poter venire a galla. Poi finalmente emergevo per essere riafferrata e gettata di nuovo nel profondo abisso. La mia passera godeva e trasmetteva al cervello le magnifiche sensazioni che provava ad essere pestata tanto violentemente.
 
Godevo, godevo, godevo forsennatamente…! Finché mi parve di svenire. Fu un deliquio che mi prese. Una sensazione di galleggiare, poi di volare…, poi… nulla!
 
Mi riebbi parecchio più in là. Come se avessi percorso una strada in salita. Affannavo ancora; la vista riprendeva a funzionare; inquadrai il mio letto, l’ampia finestra che lasciava entrare uno spicchio argentato, disegnando un quadrato sul pavimento. Sospirai, rialzandomi sulla poltrona a chaise longue su cui era avvenuto il misfatto. Girai rapidamente lo sguardo intorno in cerca di qualcuno. L’uomo misterioso era scomparso. 
 
Mi aveva posseduta ed era andato via. Trasalii. Sul pavimento giaceva il mio stimolatore preferito: il dildo rabbit clitorideo/vaginale.
  
Nina Dorotea

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