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High Utility

Episodio 6

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E continuava a considerarlo un cazzo di guaio mentre saliva le scale del condominio dall’androne oscuro, il suono dei suoi passi che si disperdeva nelle rampe come se fosse destinato ad ascendere per una montagna la cui cima scompariva in nubi minacciose, incapace di rendersi conto quanti scalini avesse calcato e se non avesse perfino superato il piano di destinazione.
Non ricordava quale insegnante lo avesse detto e in quale occasione, ma il ragazzo concluse che aveva ragione quando aveva sostenuto che non si dovevano prendere decisioni durante momenti in cui gli ormoni si trovavano in quantità eccessiva nel proprio organismo e, per quanto capisse poco di biologia e comportamento, di certo la rabbia doveva essere uno di quei momenti. Se non si fosse trovato con le viscere che sembravano essersi squagliate come caramelle su una stufa, sapeva che avrebbe dovuto trovare ironico che proprio Giada, che in ogni modo aveva cercato di impedirgli di fare quella follia, l’aveva spinto a trovarsi lì, quando Alessio, per quanto avrebbe provato a convincerlo, non ci sarebbe mai riuscito.
Non comprendeva cosa gli impedisse di rimangiarsi la promessa che si sarebbe scopato la donna, ma era convinto che avrebbe perso, se non tutta, almeno buona parte dell’amicizia del suo migliore amico, ma soprattutto lo scarso rispetto che provava verso di sé sarebbe andato a farsi benedire completamente. L’unica era presentarsi, ben conscio che, se fosse andata bene, Sam gli avrebbe riso in faccia e mandato a casa a farsi una sega pensando a lei; se fosse andata male… cazzo, se fosse andata male, l’avrebbe saputo anche sua madre che aveva provato a scoparsi quella che lei considerava una specie di demone seduttore, una puttana che guadagnava vendendo le proprie foto e video di nudo.
Luca deglutì il senso di vomito che aveva cominciato a formarsi nella sua gola.
Sapeva che Flavia, quel giorno, aveva lezioni anche il pomeriggio, e che non si sarebbe presentata prima delle cinque del pomeriggio, ma non credeva comunque di impiegarci più di cinque minuti nel raggiungere la porta della sua famiglia, farsi ridere in faccia e abbandonare l’edificio. Poi sarebbe stato il solito, inutile pomeriggio di un inutile segaiolo seriale.
Ma, dopotutto, pensò il ragazzo, dicevano che le delusioni rinforzassero la personalità di un individuo. Ma, più probabilmente, era una cazzata da frase motivazionale condivisa nelle storie di Instagram dopo che andava male qualcosa, per illudere i follower che non si era in un angolo a piagnucolare quanto l’universo fosse stronzo.
Non fu mai tanto afflitto di aver raggiunto un luogo come quando si rese conto di essere arrivato al quarto piano ma, muovendosi come un automa, forse spinto nel profondo del suo cuore dalla filosofia del “tolto il dente, tolto il dolore”, percorse il corridoio, fermandosi davanti alla porta che si era aperta davanti a lui quasi ventiquattr’ore prima. Fu probabilmente lo sforzo più duro della sua vita adagiare due dita sul campanello su cui compariva il nome “Samantha Vespucci – Flavia Pozzobon” e poi premerlo.
Il trillo che provenne dall’interno dell’appartamento parve fargli perdere un battito del cuore, nemmeno fosse stato il suono di una fucilata. Il pensiero che avrebbe dovuto mandare prima un messaggio a Sam, avvisarla della sua intenzione di andare da lei, chiederle se avesse tempo, pregarla di permettergli di parlarle, implorarla di inventare una scusa che non aveva tempo e che quello del giorno prima era uno scherzo idiota, che lo stava prendendo per il culo, che anche lei lo considerava uno sfigato al pari di Flavia, che era un povero coglio…
La porta si mosse senza preavviso, aprendosi quasi quanto si sbarrarono gli occhi di Luca, quanto si espansero le sue pupille, si gonfiassero i suoi polmoni, si preparassero a fuggire i muscoli delle sue gambe. Nello spiraglio che si aprì, la donna fece la sua comparsa, ancora vestita con un tanga, ma senza quello strano reggiseno. Non c’era nessun reggiseno, questa volta.
Lo sguardo di Luca scivolò su tutto quel corpo perfetto, sulle gambe muscolose, sulla pancia piatta e i fianchi forse appena più larghi di quanto avrebbe considerato la perfezione, sul gioiello luccicante che pendeva dall’ombelico, sui grossi seni che sembravano la cosa più bella che avesse mai… Il sorriso catturò la sua attenzione, il suo sguardo afferrò il suo cuore, glielo rubò, lo prese in ostaggio e lo legò al proprio.
La paura di cosa potesse accadere, il terrore di non essere all’altezza di quella donna perfetta, la speranza che fosse tutto un crudele scherzo evaporarono mentre la meraviglia, il desiderio, un profondo senso di benessere iniziavano a illuminare la sua anima.
– Temevo non volessi più venire, Luca – disse la voce calda di Samantha, mentre gli occhi sembravano sorridere ancora più delle voluttuose labbra. Fece un passo indietro, invitandolo a varcare l’uscio muovendo un braccio per indicare l’interno. – Ti prego, entra: non voglio condividere la visione di… questo – spiegò, indicando il proprio corpo con l’altra mano, – con i vicini.
Luca nemmeno se ne rese conto, ormai succube di quel volto e della bellezza che la sua espressione emanava come una stella, iniziò a mettere un passo davanti all’altro. Forse furono i suoi piedi, di propria volontà, a muoversi e a condurlo all’interno.
La porta si chiuse con un leggero tonfo, poi la donna si voltò verso di lui. La sua voce era ben più calda e morbida di quanto Luca ricordasse. – Sono felice che tu sia qui – gli disse, avvicinandosi. – Confesso che mi sei sempre piaciuto. – Abbassò lo sguardo sull’addome del ragazzo, passando un dito sui bottoni della camicia che aveva indossato per dare l’illusione che sapesse vestirsi minimamente bene.
A Luca sembrò che quel dito stesse fendendo un’armatura che aveva messo per proteggersi dalla cruda realtà che si era aspettato di trovare sulla porta di quell’appartamento, ma adesso si stava rivelando non solo inutile, ma ben più imbarazzante del peggior scenario che aveva immaginato. Anzi, lui stesso aveva cominciato a sentire un calore crescere dentro di sé, come se avesse avuto un improvviso attacco di febbre, nemmeno fosse stato realmente coperto da lastre di metallo.
Sam si fermò all’improvviso, sollevando lo sguardo verso il volto del ragazzo, inespressivo per l’incapacità di esternare tutte le emozioni che stavano rimbalzando impazzite nel suo cuore, svuotando la sua mente e riempiendo le sue mutande. Quello della donna, invece, mostrò un doloroso sconcerto. – Cosa c’è, Luca? – chiese, – Non ti piace quello che vedi.
Il ragazzo avrebbe voluto dire che era la cosa più meravigliosa su cui avesse posato la sua vista, che doveva essere un sogno e che non era degno di qualcosa di simile, ma a stento ricordò come si aprisse la bocca, senza riuscire comunque a modulare una sillaba. Avrebbe voluto gettarsi in ginocchio, abbracciare quelle gambe perfette e venerarla, ma era troppo scioccato per riuscire a fare qualsiasi cosa. In realtà, non seppe come fece a non svenire quando la donna, come spinta dal bisogno di fare ammettere al giovane che era bella, gli afferrò i polsi, li sollevò e fece appoggiare i palmi delle mani sui grossi seni.
La sensazione di quelle masse calde, morbide, dalla superficie vellutata fu l’esperienza più paradisiaca che Luca avesse vissuto in diciotto anni di inutile, sprecata, vuota esistenza, qualcosa per cui uccidere o morire, l’unico scopo per cui doveva essere stato creato l’universo. Sentì tutta la tensione che aveva assediato i suoi muscoli sciogliersi, ogni preoccupazione dissolversi, qualsiasi problema non essere mai esistito, il tutto raccogliendosi nella sua virilità che si stava gonfiando come, probabilmente, in nessuna altra occasione. Un vigore che non aveva mai esperito prima e nemmeno si era mai sognato cominciò a fluire nelle sue vene al posto del sangue, i suoi polmoni riempirsi di un profumo divino e animalesco, primitivo, eccitante al contempo, il bisogno di vivere quel momento perfetto il più a lungo possibile.
– Allora, ti piacciono le mie tette? – domandò Sam, dopo che se l’era massaggiate per bene e con una certa insistenza con le mani del ragazzo. Sembrava avesse la voce di una ragazzina con meno della metà dei suoi anni, la civetteria che metteva nelle parole che ne dimostrava ogni singolo compleanno festeggiato.
– Sono… bellissime… – sussurrò Luca, non sapendo lui stesso dove avesse trovato quei due suoni che erano usciti dalla sua gola, quasi sicuro che avessero anche un senso nella comunicazione tra umani.
– Mi sembri molto teso.
Luca fu quasi sicuro di aver annuito con la testa, ma, se glielo avessero chiesto in seguito, non lo avrebbe giurato. L’unico pensiero era la sensazione che quel seno gli donava. Null’altro sembrava avere senso nel mondo. Ma proprio in quel momento le mani della donna lasciarono i suoi polsi, e lui si chiese se avesse dovuto abbandonare il contatto con quel tesoro inestimabile. La cosa lo avrebbe lasciato devastato, sarebbe stato come morire, passare il resto della sua vita in una inconsolabile agonia. Almeno fino a quando non comprese cosa stava per fare Sam.
Le dita della dea dai capelli rossi si appoggiarono al bottone dei jeans del ragazzo, iniziando a farlo passare attraverso l’asola. – So cosa fare per metterti a tuo agio, tesoro: un bel pompino. – La pressione che la cima dei pantaloni esercitava sull’addome di Luca si annullò, e un attimo dopo giunse alle sue orecchie il suono della cerniera zip che scorreva fino in fondo.
Improvvisamente, tutta la paura che era scomparsa poco prima ricomparve, forse ancora più aggressiva di prima, rimestandogli gli intestini come un forchettone gli spaghetti cotti in una pentola in ebollizione. “Il mio cazzo… è troppo piccolo… riderà di me, mi prenderà in giro e poi mi manderà via!”, pensò, e cercò di giustificarsi, di implorarla di essere comprensiva mentre i suoi jeans si afflosciavano sulle sue scarpe e percepiva le dita della donna afferrare l’elastico delle mutande.
– Sam… sono vergine – confesso bisbigliando, la voce resa altalenante dai battiti impazziti del cuore impazzito che sembrò stringersi mentre sentiva le sue stesse parole
La donna abbassò gli slip, il cazzo che ne scaturiva fuori, in posizione, rigido e sull’attenti come una nuova recluta che facesse il saluto, pronta alla sua prima missione, piena della determinazione necessaria a sostituire l’esperienza che non aveva mai guadagnato, ma pronta a farne il più possibile nel minor tempo immaginabile. Una mano lo prese, le dita magiche che vi si posavano sopra dotate di un incantesimo che fece gemere il ragazzo.
Sam sollevò lo sguardo verso Luca. – Io sono Acquario. Sono due segni che si accoppiano molto bene – aggiunse, sorridendo. Ma non era più il sorriso dolce e amorevole di prima: ora era lascivo, con gli occhi che sprigionavano una sessualità potente come lo sarebbe stato un pugno. Poi la donna aprì la bocca e, scappellato con un movimento lento della mano, fece scomparire il glande tra le sue labbra.
Nella profonda boccata d’aria che riempì i polmoni di Luca fino quasi a farli scoppiare, entrò in lui anche la consapevolezza che stringere le tette di Sam sarebbe stata la seconda esperienza più bella della sua vita.

Continua…

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