Skip to main content

Dove ero rimasto?

Ah Chiara.
A qualcuno nelle parti basse fa piacere se penso a lei. Mi sfilo i boxer e lascio che il cazzo, abbastanza allegro ma non troppo, sfreghi contro le lenzuola.
Chiara. Ma con Chiara erano solo state seghe. Di qualità, pazzesche, ma sempre seghe.
Richiudo gli occhi. Non ho avuto molte donne, e da ragazzo ero molto impacciato perciò decido di dedicare un po’ di tempo a Michela: forse la più bella scopata – no, abbiamo fatto l’amore – della mia vita. La seconda scopata della mia vita, in ordine di tempo.
Ho conosciuto Michela in chat, un bel po’ di tempo fa, quando ancora le chat erano un mondo a suo modo ingenuo. Ci siamo scambiati foto, ci siamo scambiati i numeri di telefono.

Poi abbiamo comprato una web-cam. Michela abitava in Sicilia, io decisamente no ed è stata la prima volta che ho fatto sesso virtuale. Ripenso quei fotogrammi sfocati, a netmeeting, a io che le scrivo cosa fare e lei che lo fa. E’ eccitante. E’ eccitante pensare a quella volta che si presentò in web con solo un asciugamano bianco, il seno sodo e abbondante che si lasciava intravedere, una piccola collana nera stretta intorno al collo.

Cosa le avevo scritto? Non ricordo. Ma ricordo un’eccitazione pazzesca. Ci eravamo presi tutto il tempo necessario, quella volta. Una delle rare volte in cui eravamo entrambi a casa, ed entrambi non correvamo il rischio di spiacevoli intrusioni.
Ricordo i suoi capelli bagnati. Ricordo la pelle chiara, ricordo quando le scrissi: “Non togliere l’asciugamano, voglio che infili una mano tra i due lembi”.
Lei lo aveva fatto e da lì, un piccolo paradiso di desiderio irraggiungibile.
“Ecco. Fai scorrere la mano sulla tua pelle. Ma non è la tua mano, è la mia. Scivola sotto la spugna, ti accarezza l’ombelico, poi sale, piano. Sale fino a lambire la curva del tuo seno e poi si ferma lì. Gioca, ci gira intorno. E’ il mio dito quello. Il mio dito che cerchi sempre più piccoli, sempre più piccoli, intorno al tuo capezzolo e quando sta per raggiugerlo, lo pizzica”.
Michela aveva gli occhi chiusi, nessun audio, ma io sorseggiavo piacere dalle sue labbra socchiuse. Immaginavo un gemito. Vedevo le guance rosse.
“Anche l’altra mano. La mia, si intrufola oltre l’asciugamano. Sul ventre, tutto il palmo, ti accarezzo. Ti accarezzo piano mentre l’altra mano, adesso, non gioca più con il capezzolo. Ti afferra tutta la mammella, forte. Tu inarchi la schiena e questo porta la mia mano sul tuo ventre a scendere. Di pochi centimetri, ma quanto basta per sfiorare lì. Proprio lì. Sei bagnata. Lo sento”.
L’asciugamano si era aperto e la visione era mozzafiato. Le sue bellissime tette, la sua mano che ne stringeva una e l’altra ferma doveva l’avevo lasciata io. Vedevo il petto alzarsi e abbassarsi. I suoi occhi fissi sullo schermo che bevevano ogni mia singola parola. Non voleva resistere, ma non poteva fare altro.
“Mi fai impazzire. Lascio il tuo seno, e striscio verso la tua bocca. Un dito. Due. Sento la tua lingua e per un momento immagino che quelle dita siano altro. E l’altra mano? Scende, adesso. Tu allarghi le gambe e io incontro un ciuffo di peli, una sottile striscia, prima di insinuare il mio indice nella tua figa”
Ho visto i suoi occhi allargarsi quando ha letto ‘figa’. La mascella contrarsi. Si è morsa le dita. Ma quelle erano le mie dita. Io, da parte mia, mi alzo, abbasso i pantaloni e le faccio vedere un secondo quanto la sto desiderando.
“Adesso entro. Entro con un dito. Gioco con il clitoride, poi esco, poi entro di nuovo mentre esco dalle tue labbra e bagnato di saliva e voglio di te raggiungo l’altro capezzolo. E’ già turgido. Piccole venature lo increspano e mi basta sfiorarti per sentire un fremito anche sul tuo clito”.
Era pazzesca. Pazzesca. Aveva allungato le gambe, piegato la schiena all’indietro. Avrebbe voluto continuare da sola ma non poteva fare a meno di quello che le scrivevo. Voleva me. E io volevo lei.
“Ti allargo le gambe. Le dita adesso sono due. Entrano entrambe, a fondo. Tu pieghi la schiena venendomi incontro, vuoi che scenda ancora più in profondità. L’altra mano ti strizza la tetta e spinge verso il basso, come a rendere ancora più deciso il mio affondo. Entrano tutte le dita. Tutte. E tu non puoi fare a meno di gemere adesso. Forte. Anche se io esco subito e gioco con il clito, appena in superficie, toccando, sfiorando, girando”.
Michela era viola in volto. Sudore misto alla condensa della doccia. Il petto si alzava e abbassava. La lingua sulle labbra. Il mio cazzo esplodeva ma non potevo scrivere e toccarmi insieme. E questo era il suo momento.
“Adesso alzati e vai sul letto. Allarga le gambe. La mia mano scende dal tuo capezzolo e va sul clito, ci gioca, ancora e ancora. L’altra mano, le altre dita, sono dentro di te. Entrano. Escono, mentre salgono sfiorano, sfregano, toccano. Ma non ti faranno godere subito. Ogni volta che me lo chiederai, io rallenterò, quando penserai di avere il controllo, tornerò dentro con lunghi affondi.”
Si è alzata, Michela. Aveva un culo non perfetto ma bello, rotondo. Sensuale. Ancheggiava, frettolosa e con una voglia matta di godere.
L’ho seguita con lo sguardo, l’ho vista sdraiarsi sul letto, le gambe aperte rivolte verso di me, la testa all’indietro. Le sue mani che facevano ciò che le avevo detto nel mio ultimo messaggio, un passaggio dopo l’altro.
E finalmente ho potuto prendere il mio cazzo. La guardavo, un secondo dopo l’altro, la guardavo mentre le sue dita si muovevano frenetiche, mentre la bocca si apriva, mentre gemiti soffocati per non fare troppo rumore le toglievano il fiato.
Siamo venuti insieme, per la prima volta, in cam.
Però, poi, quella stessa estate, sono andato in vacanza in Sicilia e ho incontrato Michela. Dal vivo. Se stessi parlando, adesso mi tremerebbe la voce.

Leave a Reply