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Le avventure di Carmen e Giosuè – Giochi in hotel

By 1 Ottobre 2021No Comments

In un pomeriggio di estate mi ritrovo a terra facendo finta di pulire una camera.
Avevo deciso di stuzzicare Giosuè giocando con lui un nuovo gioco.
Decido di impersonarmi in una cameriera e identifico in lui il cliente.
Avevo detto a Giosuè che avevo necessità di andare in bagno e per questo lo avevo pregato di non salire in camera con me.
Mentre prendevo il sole in piscina ricordavo il giorno in cui mi aveva masturbato a bordo vasca l’anno prima ed il pensiero mi aveva eccitato non poco.
Toccava adesso a me ricambiare le sue attenzioni.
Così salgo non senza stampargli prima un bacio sulla bocca accompagnata da una penetrazione con la mia lingua impaziente di assaporare la sua pelle.
La stanza era vuota in quel momento ed io ero impegnata nel mio lavoro, quando entra Giosuè.
Mi trova carponi con una camicetta bianca ed una gonna nera sopra le ginocchia sotto la quale indossavo un paio di mutandine di pizzo bianche.
Erano gli unici indumenti in mio possesso che potevano simulare una divisa.
Gli dico che sono la cameriera e che mi dispiaceva che la camera non fosse in ordine.
Lo rassicuro inoltre che di lì a poco la stanza sarebbe stata pronta.
Giosuè capisce al volo il mio gioco e si cala subito nel personaggio.
Mi risponde educatamente di non preoccuparmi, di fare con calma e che nel frattempo lui avrebbe fatto una doccia.
Anziché saltarmi addosso, mi provoca facendomi anelare il momento in cui faremo l’amore.
Non mi aspettavo la sua reazione che, a dire il vero, aumenta ancora di più la frenesia dell’attesa.
Dopo circa un quarto d’ora ritorna in accappatoio.
Una scia di profumo l’accompagna, quel Jardin sur le nil di Hermés che ho imparato a riconoscere.
Vedo le sue spalle, le sua braccia, il suo torace e lo trovo sempre bellissimo ed affascinante.
Faccio finta di essere innervosita per averlo aspettato.
Gli dico di aver terminato e gli auguro buon pomeriggio.
Vediamo adesso come se la cava, pensai elettrizzata al pensiero di quello che avrebbe fatto.
Mi invita a riprendere fiato ed a fare quattro chiacchiere perché la sua compagna (cioè io) sarebbe stava via il pomeriggio in giro con le amiche.
Che malandrino, pensai. Mi fa pesare l’essere assentatami l’altro giorno per stare con le mie amiche ed adesso vuole farmela pagare.
Bene, rendiamo pan per focaccia mentre la mia vagina continuava a pulsare e ad inumidirsi.
Lui si siede di fronte a me e non posso non notare, attraverso l’accappatoio semi aperto, il suo addome ed il suo cazzo in posizione “18 e trenta”.
Vengo colta da una sorta di divertita curiosità.
Mi veniva da ridere oltre che fingermi piuttosto imbarazzata e fuori luogo.
Giosuè era abile.
Teneva la conversazione in modo affabile ed io ero rapita dalla sua voce e dal movimento dell’accappatoio pronto a cogliere ogni risveglio del suo cazzo.
All’improvviso, mentre parlavamo del più e del meno, capisco che si stava eccitando. Mi ero chinata facendo finta di raccogliere un granello di polvere ma lo volevo provocare regalandogli uno sguardo sul mio décolleté ben evidente dopo aver sbottonato fin quasi all’estremità l’abbottonatura della mia camicia.
Ora il suo cazzo non è più in posizione di riposo, ma alle ore 12!
Maliziosamente mi ritrovo a ricordare le sensazioni che il suo cazzo noduloso e lungo ogni volta mi provocano regalandomi un piacere continuo quando entra nella mia fica e quando devasta la mia bocca.
Giosuè nota queste mie occhiatine maliziose e comincia sempre più a stuzzicarmi.
“Come ti chiami?” mi chiede
“Carmen”, rispondo io.
“Sei molto bella Carmen, mi risponde. Ti ho notato subito mentre servivi gli aperitivi in piscina. Ho notato le tue lunghe cosce e la tua andatura. Ti ho immaginato sfilare su dei tacchi alti ricoperta solo da un intimo di pizzo nero”.
“Altra cosa che non mi è passata inosservata sono i tuoi capezzoli. Sembrano sempre eretti pronti ad essere munti come quelli di una vacca”.
“Caspita”, dico io.
“Ma tu sei sempre così intraprendente con le cameriere?”.
Quella parola, “vacca”, aveva provocato in me una scarica elettrica.
Giosuè sapeva bene quanto amassi essere da lui sottomessa, e nei nostri giochi trovavo molto eccitante essere offesa.
Mi guarda fisso negli occhi e mi dice:
“Perché tu sei una gran vacca, Carmen, non è vero? Ed io accanto a te mi sento un toro pronto ad infilartelo fino ai coglioni”.
Sento la fica bagnarsi all’inverosimile nel sentire quel turpiloquio ed il desiderio di ricevere il suo cazzo dentro aumenta a dismisura.
Cerco di resistergli ma so che la lotta è impari.
“E cosa infileresti?”, gli chiedo con languore. “Io non capisco”.
“Se non lo capissi veramente”, mi risponde, “non staresti qui a farmi annusare l’afrore della tua fica, troia”.
Un’altra offesa, un’altra scarica.
“Può darsi che te la faccio sentire, ma poi non vado oltre”, cerco di ribattere.
“Può darsi”, dice Giosuè.
“Ma secondo me è da quando stavi in piscina che hai voglia di scopare”.
“Ah sì?” dico io. “E da cosa lo hai dedotto?”
“Dalla macchia che si è formato sul tuo costume, proprio all’altezza della fica”, replica subito lui.
Ecco, questo è il mio uomo. Sempre attento a cogliere il mio stato d’animo ed i miei desideri.
“Hmmm”, faccio io.
“Era solo sudore”, cerco di smorzare il tiro.
“Si”, dice Giosuè.
“Come è sudore quello che adesso cola dalle tue cosce da porca”, e mi accarezza le gambe dalle caviglie fino all’inguine.
Sono bagnata, anzi fradicia e credo che potrebbe entrare il suo cazzo e due sue dita tanto mi sento allagata.
Non capisco più nulla se non che ho voglia di lui, di essere penetrata e sbattuta con forza.
Mentre sono persa nei miei pensieri, lui si alza e si avvicina all’altezza del mio viso.
Struscia il pacco sul mio viso facendomi sentire la sua erezione.
Il movimento fa cadere l’asciugamano e mi ritrovo il suo cazzo puntato contro il viso come un missile.
La vista del suo cazzo, l’eccitazione del momento, la mia voglia di scopare, tutto mi sconvolge.
Sono rapita ed in estasi.
Mi sento fortemente attratta dalla situazione che mi porta a sentirmi una grande porca ed il pensiero che lui sia veramente un cliente ed io veramente una cameriera incontrata per caso colora di trasgressione l’amplesso che tra poco consumeremo.
Giosuè, visibilmente attratto dalle mie forme, comincia a toccarsi con sempre maggior insistenza il cazzo fino a scappellarlo completamente.
Rimango letteralmente rapita dalla visione della sua cappella enorme, violacea, dura, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo cazzo ed intenzionata ad andare fino in fondo.
Anzi, sentendomi una gran troia già per il fatto di aver lasciato che la situazione arrivasse a questo punto ritorno, mi ritrovo a desiderare fortemente di toccare e prendere in bocca il grosso cazzo anche se qualcuno dovesse vederci.
Mentre un vortice di pensieri osceni riempie la mente, quasi avesse letto il mio pensiero, Giosuè con una mano continua a masturbarsi e con l’altra chiama il bar.
Lo guardo preoccupata ed incuriosita ad un tempo.
“Buongiorno, stanza 123. Vorrei ordinare una bottiglia di prosecco molto freddo”.
“Arriva subito signore”.
Giosuè mette giù la cornetta e gira la chiave in modo che il cameriere possa entrare.
Sono confusa ed eccitata.
Da un lato mi vergogno al pensiero che un cameriere possa trovarmi con un uomo nudo in camera intento a farsi succhiare l’uccello; dall’altro la voglia di trasgredire prende il sopravvento.
Giosuè non vuole che il cameriere mi riconosca, ma desidera che mi veda intenta a scopare.
Così prende dal cassetto i suoi occhiali da sole e li mette sopra le lenti a contatto.
Non sono certo invisibile ma, se non altro, il mio sguardo è un po’ oscurato anche per chi dovesse incontrare i miei occhi.
È in quel momento che capisco di essere completamente sottomessa a lui, che desidero soddisfare il suo piacere e di non potere, ma soprattutto, non volere tornare indietro.
Non potevo negarlo a me stessa. Avevo voglia del suo cazzo, volevo il suo sperma, volevo ingoiarlo golosamente, mi sentivo troia e porca al pensiero di fargli un pompino con ingoio, ritrovandomi con la fica bagnata incredibilmente.
Mi si avvicina, mi apre tutta la camicia e la tiene aperta sulla mia pelle, mentre comincia a stuzzicare i miei capezzoli.
“Succhia, puttana”. “Fammi vedere come le cameriere sanno soddisfare i clienti”.
Bellissimo il suo cazzo, di nuovo tutto per me.
Inizio a lapparlo, a suggerlo, a riempirlo della mia saliva.
Lo sego con la mano destra come fossi una troia navigata guardandolo negli occhi.
Lo sento in mio potere, quell’asta grande, dura, saettante, uno scettro nella mia piccola mano.
Mi guarda con occhi pieni di lussuria facendomi capire quanto stia godendo.
Le dita della mano sinistra cercano le sue palle, le accarezzano, le strizzano piano per poi cercare il suo sfintere.
Non so cosa mi stia succedendo, ma ho una voglia pazzesca di scopare come se non scopassi da una vita.
Mentre sono persa nel pompino, bussano alla porta.
Toc, toc. “Servizio in camera”.
Mi blocco.
Ma è una frazione di secondo perché Giosuè prende con le mani la mia testa per infilare il cazzo nella mia bocca.
“Avanti”, dice Giosuè.
Ecco è fatta, penso io.
Ma chi se ne frega. Sono in vacanza, con il mio uomo, ed ho voglia pure io di trasgredire.
La persona di servizio entra e mi vede seduta con il cazzo di Giosuè in bocca.
“Entri, entri”, dice Giosuè. “Come vede la signora è assetata”.
“Si signore”, risponde.
Azz. Dalla voce capisco che è una donna e, per di più, giovane.
Pensavo entrasse un uomo, ed invece mi trovo a sbocchinare Giosuè davanti ad una donna.
Sono assalita da un moto di gelosia, non mi aspettavo una donna.
Ma adesso c’è e non voglio certo interrompere il pompino.
Credo che pure Giosuè si aspettasse un uomo e la presenza della donna lo spiazza.
Ma subito si riprende e le dice:
“Sa, credo che la cameriera del piano sia molto brava a scopare”.
La ragazza anziché scandalizzarsi si avvicina e si mette vicino.
“Si”, dice. “Sta facendo un ottimo lavoro”.
“Anch’io avrei voluto essere assunta come cameriera perché mi piace scopare. Ed invece mi hanno messo al bar”.
“Chissà cosa le capita di bere”, dice Giosuè mentre il suo cazzo continua a stantuffare nella mia bocca.
“Hmmm”, fa la barista.
“La mia bevanda preferita è il succo di palle, e devo dire che anche alla signora deve piacere molto”.
“Si”, risponde Giosuè.
“La signora è una vera amante di questa bevanda. Lo beve tutto e non ne lascia a nessun’altra”.
“Peccato”, dice lei. “Pensavo di poterlo assaporare”.
‘Sta stronza, penso io. Mi vede scopare con il suo uomo e vuole succhiargli l’uccello.
“Non si preoccupi”, dice Giosuè.
“Le ordino qualcosa al bar”. “Cosa prende?”
“Un Manolo”, ribatte subito lei.
“Chiami direttamente il bar e chieda un Manolo. Chi risponde capirà”.
Capisco che la ragazza e questo Manolo sono molto affiatati e che tra poco entrerà una quarta persona in camera.
In effetti, poco dopo arriva un ragazzo di colore, dai lineamenti delicati e dalle grandi spalle.
“Manolo”, dice la ragazza.
“Lo vedi come il signore sta dissetando la signora”. “Non credi che anche io dovrei bere?”.
“Certo Giulia, accomodati”.
Manolo si mette accanto a Giosuè e tira fuori il suo cazzo nero, un pezzo di ebano che subito svetta contro l’aria.
Noto la sua altezza (circa un metro e novanta), il suo fascio di muscoli, l’odore gradevole della sua pelle.
Il suo pene è completamente glabro e maestoso.
Sono eccitata e porca. Sento montare l’orgasmo senza neppure che Giosuè mi abbia ancora penetrata.
Vedo Giulia inginocchiarsi davanti a quel palo e iniziare a succhiarlo come fosse indemoniata.
Vedo con quanta facilità lo succhia, a conferma del fatto che tra i due ci sia una profonda complicità.
Mi sento sempre più troia nel fare un pompino a Giosuè mentre sono guardata da due sconosciuti.
Giulia ha occhi azzurri e capelli lisci e biondi.
È piccola di statura, ma ben proporzionata.
Si è tolta la maglietta e mostra una terza di seno.
Vedo le aureole dei suoi capezzoli ed immagino che le sue tette siano molto sode.
Mi viene voglia di toccarle e di giocare un po’.
Giosuè vede che i miei occhi passano dal suo cazzo a quello di Manolo alle tette di Giulia.
Ma Giulia sta di lato e non riesco a vedere bene.
Così il mio uomo si gira un po’ per offrirmi meglio la visione della ragazza.
Con la mano destra mi aggrappo al cazzo di Giosuè, mentre con la sinistra cerco il seno di Giulia.
Lo palpo piano e vedo che Giulia gradisce.
È la prima volta che tocco il seno di una donna, anche se alcune volte mi era venuta la curiosità di toccare il seno di Adalgisa, la mia collega di studio: non per sesso, ma appunto solo per la curiosità di vedere cosa si prova nel palpare un seno di quelle dimensioni.
Sento le mie labbra e quelle di Giulia succhiare i due membri in un inconfondibile sciacquettio provocato dalla suzione.
Vedo ad un certo punto Giulia succhiare le palle di Manolo il quale, nel frattempo, ha abbassato i pantaloni fino a farli cadere a terra.
Poi, da coppia collaudata quale sono, Giulia cerca di forzare lo sfintere di Manolo.
Ha le dita grosse e non entrano.
Così, fa girare Manolo il quale appoggia le mani contro un muro e spinge fuori il sedere.
Giulia struscia sul pavimento come fosse una pantera ed inizia a leccare le sue gambe per risalire fino alle natiche, compatte e sode.
Le apre, come fosse un frutto proibito, e punta la lingua sull’ano iniziando ad inumidirlo per bene.
Poi, una volta inumidito l’ano lo forza con un dito ed entro fino alla prima nocca.
Manolo apprezza l’intrusione ed inizia a gemere.
“Gran bella scena”, dice Giosuè.
Con la voce arrochita neanche fosse quella di una centralinista di una hot line, gli dico: “Ti piace quello che vedi, porco?”.
“Più che vedere vorrei sentire”, risponde Giosuè.
Capisco al volo ciò che vuole.
Lo faccio girare per farlo mettere contro il muro come Manolo.
Giosuè non se lo fa ripetere.
La situazione fa cadere tutti i miei freni inibitori.
Senza troppi preamboli, allargo le sue natiche e lecco, lecco, lecco la sua rosellina come non ho mai fatto.
Vedo l’ano aprirsi come un piccolo antro ed in quell’antro affondo la mia lingua appuntita.
È come scopare Giosuè con un piccolo pene.
Spingo a più non posso la lingua mentre una mano cerca il suo nodoso bastone.
I due uomini gradiscono le nostre attenzioni.
La stanza è piena dei nostri gemiti, dei nostri sudori, dei nostri afrori.
Giosuè spinge il più possibile le natiche sulla mia faccia e con una mano mi schiaccia la testa.
Con la mano destra cerco il suo cazzo e lo trovo grosso come non mai.
Però, penso. Devo leccare più spesso Giosuè anche dietro.
Ricomincio a segarlo, ma il desiderio di essere penetrata prende il sopravvento.
Dal ritmo che imprimo alla sega e, soprattutto, dalla forza che metto sul suo cazzo Giosuè capisce che lo voglio dentro.
Ancora una volta mi legge nel pensiero e solo solo per questo godo.
Si rimette in posizione eretta mi porge la sua mano per farmi alzare.
Mi ficca la sua lingua in bocca mentre mi spoglia ed artiglia le mie natiche.
Le mutandine sono così zuppe che potrebbero essere strizzate.
Ora è lui che mi fa mettere contro il muro.
“Ed ecco il mio culo preferito”, dice Giosuè. “Il culo della mia troia”.
“Sfondami, Giosuè”, dico io incurante di Giulia e di Manolo. “Fammi sentire tua”.
Mi piego a 90 aspettando il suo cazzo.
Giosuè lo struscia tra le natiche fino ad arrivare all’ingresso della fica.
“Dammelo, non ce la faccio più”.
“Dammelo”,
“Dammelo”.
“Cosa?”, dice lui mentre come fosse un pennello passa il glande sulle mie grandi labbra.
“Voglio te”, rispondo.
Pam, uno schiaffo sul culo.
“Allora, cosa vuoi ?”.
“Te”, rispondo furbescamente io per non dargli soddisfazione.
Pam, secondo schiaffo.
Il sedere comincia a bruciare.
“Che cosa ?”, dice lui ed immagino il suo volto mentre pronuncia quelle parole a me tanto care.
“Voglio sentirti dentro”.
“E fottila questa troia”, dice Manolo. “Non vedi che cola come una fontana?”.
Essere insultata da Manolo mi fa veramente sentire una puttana.
Nel frattempo anche Giulia si è messa contro il muro e riceve la sua razione di cazzo.
Sento le palle di Manolo sbattere contro l’ingresso della fica di Giulia.
“Deve dire lei ciò che vuole”, risponde Giosuè.
Comincia a schiaffeggiarmi le natiche, a tirare i capelli ed a mordermi le spalle.
Mi sento una gazzella azzannata da un leone.
Non resisto.
I glutei bruciano sempre di più, ma ancora più forte è la voglia di essere scopata.
“Voglio il tuo cazzo, Giosuè. Non resisto più”.
Spingo il culo verso di lui, piegandomi ancora di più contro la parete e finalmente sento il glande aprire le mie grandi labbra.
Cazzo, come è grosso penso.
Lo sento tutto, fino al cervello.
Mi sento piena di lui, e quando arriva il cazzo a toccare il collo del mio utero esplodo in un orgasmo fortissimo.
Giosuè comincia a pompare e si accorge che la mia fica è un lago di umori.
“Hmmm, la mia donna è venuta”, e con le dita raccoglie i miei succhi vaginali mentre continua a scoparmi.
Immagino che li porti alla sua bocca ed in effetti poco dopo dice: “Dolci e mielati, come piace a me”.
Il suo cazzo continua a stantuffare ed io sono scossa da continui brividi di piacere.
Sento le sue mani stringere le mie natiche per poi arpionare i capezzoli.
Sono talmente eccitata che non provo dolore ma solo piacere, piacere ed ancora piacere.
Mentre sono presa da un godimento continuo vedo Giulia staccarsi da Manolo ed incunearsi tra le mie gambe.
Cerca il mio clitoride e con le mani apre la mia fica.
Non me lo aspettavo.
In un attimo la sua lingua lambisce il mio clitoride mentre il cazzo di Giosuè continua a scorrere tra le pareti della mia vagina.
Il tocco di Giulia è delicatissimo a dispetto della situazione, quasi impercettibile.
Eppure lo sento e, anziché darmi fastidio, non mi sottraggo anche perché Giosuè mi tiene ben salda tra le sue forti mani.
“Brava Giulia”, lecca la cliente dice Manolo “mentre io lecco te”.
Manolo si stende per terra e apre la fica di Giulia per lappare i suoi succhi.
Non riesco a vederlo ma mi descrive la situazione Giosuè parlandomi piano all’orecchio.
“Manolo ha allargato le cosce di Giulia e sta leccando la fica. Il clitoride di Giulia è grosso e lungo e sembra un piccolo cazzo”.
Il cazzo di Giosuè, la lingua di Giulia, l’essere preda del mio uomo il tutto mi fa esplodere in un nuovo orgasmo.
“Signore”, dice Giulia.
“Aveva ragione”.
“La signora ha proprio il miele tra le sue belle gambe”, leccandosi le labbra.
“Adesso però è giusto che voi ragazze beviate”, dice Giosuè.
Siamo cosi entrambe in ginocchio pronte a bere il “succo di palle” dei nostri stalloni.
Si svuotano eruttando il loro sperma sui nostri visi e nelle nostre bocche.
Vengono tantissimo e faccio fatica a contenere in bocca quel nettare afrodisiaco.
Mi rialzo e bacio con voluttà Giosuè.
Giosuè mi accarezza piano: dopo essere stato un fuoco, adesso è dolcissimo e tenerissimo come solo lui sa essere.
Ci baciamo e ci stringiamo forte mentre Manolo e Giulia ci dicono che siamo due persone straordinarie.
“Ed ora”, dice Giosuè, “è venuto il momento di brindare”.
“Ragazze venite qui”.
Ci fa mettere nuovamente in ginocchio e stappa la bottiglia sui nostri visi inondandoli di prosecco.
È come se fosse una nuova eiaculazione.
Il prosecco scorre fuori dalla mia bocca per scendere fino al seno e poi, lungo l’addome, fino alla vagina.
Mi accarezzo il seno ed il mio gesto eccita di nuovo Giosuè.
Ancora pieno di voglia, il mio uomo mi fa stendere per terra, si mette sopra di me e versa ancora prosecco sulla mia pelle.
Poi mi allarga le gambe andando a cercare con la lingua il mio clitoride.
È un attimo, ed esplodo in un nuovo potente orgasmo.
123, è un numero che non dimenticherò più…

manueldeg@virgilio.it

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