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LETTERE DA COPENAGHEN – VIII IL CANTASTORIE E MIRABELLE

By 13 Ottobre 2008Giugno 28th, 2021No Comments

*Riporto di seguito lo scritto della protagonista.
L’autore Dunklenacht.

Africa Coloniale Tedesca, 3 novembre 1917.

Ricordo che corsi dietro al cantastorie. Mi aveva attratta, conquistata, sedotta. Io non so ben dire che cosa mi avesse fatto innamorare di quell’uomo. Forse, a rapire i miei sensi, erano state quelle braccia nerborute, avvezze a suonare la grancassa, forse era stato quel torace grosso, irsuto ed assai virile, che spuntava dalla camicia sgualcita e strappata in due, forse erano stati quei lineamenti, maturi e un po’ selvaggi, che promettevano piacere.
Fu così che lo inseguii, attraverso i viottoli di quel villaggio africano. Gli corsi dietro tendendo le mie braccia verso di lui, gridandogli a squarciagola che mi aveva fatta innamorare e che desideravo ardentemente fare sesso con lui.
Doveva possedermi.
E io lo inseguivo, lo inseguivo, tra i negretti, i mercanti di stoffe, i venditori di zanne d’avorio, le donne che portavano sulla testa anfore colme d’acqua o di vino squisito. Alla fine, riuscii ad appoggiargli la mano sulla spalla e a dirgli quanto fossi fremente d’amore per lui.
– Signorina, mi creda, non faccio per lei, ma se proprio insiste’ Beh, se proprio insiste, allora’
Così mi rispose. In quell’istante, eravamo l’uno accanto all’altra. Aveva piovuto da poco e si vedeva l’arcobaleno salire nel cielo, piano piano. Fummo sorpresi da una nidiata di scolaretti, guidati dalla loro maestrina. Gli allievi portavano delle casacche turchine e dei grandi fiocchi bianchi, al posto del colletto.
– Dove vanno? ‘ chiesi al buon vecchio. ‘ Dove?
– Nel Paradiso dei Balocchi ‘ fu la risposta del cantastorie, che proprio allora si tolse il berretto piumato, come per fare un saluto cordiale.
– Ma dimmi, amico del mio cuore’ Tu canteresti una storia per me e soltanto per me?
– Sì, a meno che non fosse già venuto il giorno di dirci addio.
– Quel giorno &egrave ancora lontano, come quelle colline ammantate di fiori dai mille colori, che vedi laggiù.
Fu così che feci l’amore con il cantastorie. Egli mi condusse nel suo rifugio e dopo avermi spogliata nuda mi fece sedere su di un barile di legno. Accese una candela e volle contemplarmi a lungo alla luce di quel lume e della luna. Mi toccò con le sue mani rozze e con le sue grandi braccia, ricoperte di pelo brizzolato. Io toccavo e cercavo di baciarlo con tutta me stessa, non soltanto con la dolcezza delle mie labbra. Lo spogliavo piano piano e, così facendo, avevo modo di lambire ogni suo membro e di eccitare la sua virilità matura. Doveva avercelo vecchio, ma ancora assai robusto ed efficiente. Me ne accorsi poco dopo, quando mi sfondò e mi regalò quella bella cosa che fa tanto sognare le donne. Me lo diede in mezzo alle gambe, prima di farmelo provare nel didietro, con tale forza ed impeto, che dovetti appoggiarmi alla botte di legno per non cadere. Io stavo in piedi e lui, dietro di me, portava a compimento quel lavoro di piacere e di carnalità.
– Ah, sì! Ancora! Ancora! ‘ esclamai ad un tratto, vinta da tanto orgasmo.
Sapevo che avrebbe concluso nel mio ano e così accadde, dopo che una specie di fortunale si fu impossessato di entrambi.
– Cantami una storia, o cantastorie, canta una belle storia per me! ‘ gli avevo chiesto, tutta fremente, prima che venisse. ‘ Cantami una storia d’amore e di piacere!
Passeggiavo tutta sola in quella remota parte dell’Africa Coloniale Tedesca, quando fui rapita da un ricordo di vita borghese, che riapparve davanti ai miei occhi come avvolto nella nebbia.
Nell’alta borghesia parigina c’era una facoltosa famiglia di banchieri. Anzi, ve n’erano due e l’una era nemica dell’altra. Entrambe possedevano enormi pacchi di azioni, sulle quali erano stampate le consuete immagini di cattedrali gotiche e di tigli, come si usava nella Francia di quell’epoca. Entrambe ambivano a distruggersi, quasi in una folle lotta per il potere e la ricchezza. L’una possedeva gli appartamenti più sontuosi che si possano desiderare nel Marais, nel Quartier Latin e lungo i boulevard più famosi. L’altra vantava, per contro, le dimore più prestigiose del Louvre e quelle che davano sugli Champs-Elisées. I banchieri avevano delle maestose tombe di famiglia nel cimitero di Montmartre, dove primo o poi finiva il ricordo di tutti coloro che avevano vissuto in questo mondo. E’ triste, ma la vita sulla Terra non dura per sempre.
I due giovani si amavano e si rincorrevano lungo le scalinate di Parigi, tenendosi per mano. Erano ricchi, ma infelici, a causa dell’inimicizia delle loro famiglie.
– Se non potrò averti, mi ucciderò! ‘ le giurò lui un giorno, davanti alla Tour Eiffel. ‘ Oppure ucciderò chi si oppone al nostro affetto!
Io penso che nemmeno la Senna, con tutti i suoi meandri, potesse contenere tutto il denaro di quei banchieri.
I due amanti passavano la notte amoreggiando, seduti al pianoforte. Lei si accomodava sulle sue ginocchia e lo baciava forte, sulla bocca’ Da quella finestra, si potevano ammirare le luci e le ombre dei boulevard festosi, affollati da gente che poteva permettersi il lusso di vivere soltanto di rendita. Eppure, il loro destino era segnato, presto si sarebbero separati, perché i parenti di lei avevano deciso di farla sposare con un altro uomo. Ella non osava confidarlo al suo amato.
Ad ogni modo, si diceva che avrebbero continuato a frequentarsi, a vivere di incontri clandestini, di sguardi furtivi, di amplessi consumati nel mistero, al lume vago delle candele. L’alta borghesia di Parigi avrebbe fatto loro da culla’ Tutti i milioni, i miliardi di monete e di biglietti di banca che colmavano i loro forzieri, pur non potendo renderli felici di quella felicità immensa che solo la libertà può regalare, avrebbero finanziato la loro vita amorosa, lieta e proibita a un tempo.

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