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LETTERE DA COPENAGHEN – XXX AVVENTURA NEL QUARTIERE A LUCI ROSSE

By 27 Novembre 2008Giugno 28th, 2021No Comments

Africa Coloniale Tedesca, 29 dicembre 1917.

A questo punto vi racconterò di una mia avventura in quel quartiere a luci rosse, di cui or ora vi ho narrato.
Ricordo che fra me e Friedrich c’era stato un dolce bisticcio, di quelli allegri e scherzosi che scoppiano soltanto nelle coppie più appassionate.
– Ah sì, &egrave così? ‘ gli dissi, stringendo i pugni e battendoglieli sul petto. ‘ Adesso ti farò ingelosire e vedremo chi &egrave il più forte! La smetterai di trascurarmi una buona volta!
Litigavamo affettuosamente nel quartiere a luci rosse, l’uno tra le braccia dell’altra, alla luce vaga di quei lampioni magici, davanti ai passanti incuriositi e un po’ intirizziti. A destra e a manca, presso le finestre dalle imposte semiaperte, dalle quali trapelavano le luci della passione, avevano ammonticchiato la neve con le vanghe, perché ne era caduta da poco. Qualcuno aveva addirittura fatto qualche pupazzo.
Eppure, in quella zona di Amburgo, era come se fosse stato sempre caldo.
– Ora te la farò vedere io! ‘ gridai al mio amato, sorridendo, prima di fuggire alla sua stretta amorosa e mettermi a correre per un viottolo, verso chissà dove.
– Mirabelle! Mirabelle! ‘ mi sentii gridare dietro. ‘ Torna qui! Torna da me, subito!
I suoi richiami furono inutili. Mi allontanai da lui ridacchiando, certa che mi avrebbe ritrovata.
Fu così che entrai nel primo bordello che capitò. M’imbattei subito nella padrona, una signora attempata, che doveva essere avvezza a tirare oppio e a contare i soldoni. Si nascondeva il volto dietro un ventaglio turchino e stellato; dopo che mi ebbe guardata dalla testa ai piedi, mi chiese che cosa desiderassi e mi fece un complimento.
– Siete talmente bella, signorina ‘ mi sussurrò maliziosamente. ‘ Perché non restate qui a farmi compagnia? Perché non vi unite alle mie ragazze?
– Lo farò solo per una notte ‘ le risposi, abbozzando un sorrisetto languido sulle mie labbra ricoperte di rossetto.
Mirabelle portava il rossetto, quella notte di neve e di stelle, sì’ Se l’era messo apposta.
La padrona mi fece vestire come si conveniva per una venditrice d’amore. Per la verità, rimasi quasi senza veli, le belle gambe scoperte e ornate soltanto da calze a rete nere, ai piedi un paio di decolleté rosse, col tacco a spillo, che tanto donavano a una giovane donna. La parte superiore del mio corpo era coperta soltanto da un busto nero, leggero, chiuso sul davanti con delle stringhe incrociate d’egual colore, che lasciavano vedere il nudo della pelle.
Mi misi in vetrina, come si soleva dire, sperando che fosse Friedrich a suonare il campanello e a comprarmi. Per contro, accadde qualcosa che mi fece sorridere: entrò un marinaio che teneva la pipa in bocca e il mio amato ebbe modo di spiarmi attraverso la finestra. Me ne accorsi inesorabilmente, durante il successivo, appassionato accoppiamento.
– Vieni, amore ‘ dissi al cliente, facendolo entrare nella camera da letto, illuminata soltanto da un lumino rosso. ‘ Spogliati, su’
Mirabelle era senza mutande, era quasi nuda, nella sua femminilità estrema. Quando prese a toccarmi, capii che non lo avrebbe fatto sul letto, bensì sul pavimento. Dovete sapere che c’era un gran tappeto di Persia, una specchiera d’oro, dinanzi alla quale avevano collocato un manichino, che raffigurava una donna procace, curva, vestita, tra l’altro, con una gonna attillata, che mostrava tutte le sue belle gambe nude. A dire il vero, si trattava di un manichino molto alto, dalle braccia e dal busto senza veli, con delle belle ginocchia e in una posizione alquanto sensuale.
– Avanti, scopami! ‘ ordinai al marinaio.
Era nudo e mi fece sedere sopra. Ebbi modo di sentirmelo infilare dentro e fu una sensazione terribilmente piacevole e infuocata, tanto, che mandai un gemito. Nessuno dei due portava mutande. Cominciammo a muoverci in sincronia, in una follia di versi e movimenti, sul pavimento, a fianco del manichino gigantesco, le mie gambe erano incastrate sulle sue. Dapprima presi ad ansimare, poi mi misi a grugnire dolcemente, sempre più forte, man mano il piacere carnale cresceva. E quella luce vermiglia, fiammeggiante, illuminava l’amplesso, mentre uno spione che portava il nome del mio amore ci guardava dalla finestra, attraverso quell’imposta semiaperta.
– Ti sto facendo ingelosire, eh! ‘ gli dissi, nel bel mezzo dell’accoppiamento, con voce forte, affinché mi sentisse. ‘ Sì, gelosia, gelosia, gelosia! Guarda come mi scopa! Guarda! Sei capace di fare altrettanto? Dimostramelo! Vieni a mettermelo dentro! Entra in questo bordello e comprami’
Poi, non riuscii più a parlare, perché l’orgasmo vinse sia me che il marinaio e mi costrinse a mandare soltanto gemiti di piacere e sofferenza’ Mancava poco alla conclusione di quell’incontro di carne infuocata. Dalle labbra rosse di Mirabelle uscivano dei lamenti, perché quella verga era dura e penetrava nel profondo, quasi spaccava il ventre; nel contempo, un pelo nero, folto, che ricopriva il pube del maschio, stimolava il clitoride nudo e le piccole labbra della venditrice d’amore.
– Che felicità! Che gioia dei sensi! Che sensazioni radiose pervadono l’animo mio! ‘ esclamai alla fine, quando lui ebbe finito.
Lo abbracciai e gli diedi un bacio su ogni guancia, prima di posare appassionatamente le mie labbra sulle sue, cosa che raramente facevano le giovani donne a pagamento. C’eravamo amati, c’eravamo innamorati, anche se per pochi istanti! Che felicità, trallallallallà! Canticchiavo.
Le decolleté rosse col tacco a spillo giacevano in un angolo, l’una accanto all’altra, un po’ sottosopra e non lontane dal lumino acceso. Erano delle scarpe grandi, quanto i piedi che le portavano e parevano pensate soltanto per una giovane alta e formosa, dalle belle gambe, come Mirabelle.
– Tornerai ancora, tornerai ancora da me, vero? ‘ chiesi al marinaio, affettuosamente. ‘ Faremo di nuovo l’amore insieme, non &egrave così? Dimmi di sì’ Baciami ardentemente, sì, così’ Baciami con grande amore’ Accarezzami, toccami, coccolami’ Tesoro caro, sì! Dimmi quello che vuoi, sono tua’ L’abbiamo fatto!
Lo stavo baciando e abbracciando, quando mi accorsi che qualcuno, fuori, sbatteva violentemente una delle imposte e se ne andava, dopo avere assistito allo spettacolo. Era Friedrich, naturalmente. Io sorrisi a me stessa, perché ero riuscita nel mio intento. Poi, continuai a baciare il mio cliente sulla fronte, prima di congedarlo.

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