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Linda la nerd – Capitolo 17

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Nelle puntate precedenti:
Francesca, la splendida aguzzina di Linda, i cui sogni di fama rincorsi nella gara di pompini sembravano essere stati distrutti dall’esibizione incredibile della nerd, scopre che il suo piano di allontanare dalla competizione la sua avversaria non ha fatto molto altro che causare la rottura del rapporto tra la biondina e il suo fidanzato.
Indifferente al dolore che ha causato ai due, temendo che questo possa portare Linda alla semifinale con una rabbia che possa tradursi in uno spettacolo ancora più memorabile, decide di giocare il tutto per tutto.

Capitolo 17

In un’altra occasione Francesca sarebbe stata felice di scoprire che Linda stava piangendo disperata, in posizione fetale su una panchina nel parco dove la fidanzata pazza del ragazzo di cui si erano, in periodi diversi, innamorate tutte e due, l’aveva presa a schiaffi. Ma, mentre sostava a meno di un metro dalla porta d’ingresso dell’appartamento di Adriano, era troppo agitata per poter pensare a qualsiasi cosa che non fosse il presente e l’immediato futuro.
Il ragazzo abitava nel piano superiore della casa dei suoi genitori, dove in teoria avrebbe dovuto vivere da solo o, eventualmente, con una fidanzata, mentre, in realtà, era sempre in compagnia dei suoi tre amici della banda dei quattro. Nella casa erano entrate parecchie ragazze, sebbene nessuna ne avesse mai parlato troppo bene, lamentando disordine e sporco in quantità semi-industriali, dimostrando di essere l’appartamento di un ragazzo single. Si vociferava che il padre, stanco di vedere estranei che andavano a venivano per il suo appartamento ad ogni ora, avesse fatto costruire una comoda scala in metallo all’esterno per accedere all’appartamento del figlio, dove in quel momento si trovava Francesca. Le scale, in realtà, sembravano quelle delle uscite antincendio di certi edifici, e chi aveva tinteggiato il muro attorno alla porta che permetteva di accedere al primo piano non aveva perso il sonno nel trovare la corretta gradazione di giallo del resto della casa.
Il giorno precedente si era svolta l’ultima giornata delle semifinali della gara di pompini, e le sfidanti erano state solo tre. Francesca vi aveva assistito di persona: dopo che la stronza bionda aveva dimostrato di non essere semplicemente una nerda capace esclusivamente di passare le giornate su un libro ma di avere delle inaspettate frecce alla sua faretra, soprattutto per quanto riguardava il sesso, la mora aveva deciso di vedere di persona le capacità di chi sarebbe stata la sua ultima sfidante alla finale.
Non era stato uno spettacolo emozionante come quello dato da Linda, aveva ammesso, e con un certo sollievo: Anna, una ragazza ripetente, aveva succhiato Michele, dimostrando che ripassare qualche lezione di pompini, insieme a matematica e storia, non le avrebbe fatto male; Diana, che quel giorno aveva sostenuto di essere la reincarnazione della dea della caccia, la quale, a suo dire, spesso suonava lo zufolo di Pan, con grande soddisfazione del mostriciattolo dalle zampe di capra, avrebbe fatto una figura migliore andando per caprioli nel bosco attorno alla vecchia segheria, sebbene Adriano non disdegnò il ben poco eccelso assolo. In realtà quello che ebbe davvero soddisfazione fu Enrico, il ragazzo sfigato che era entrato per ultimo nel gruppo, e che aveva avuto il piacere di avere attorno al cazzo le labbra di Vincenza, la moretta carina che faceva girare la testa a parecchi ragazzi. Non che avesse fatto nulla che Francesca non sarebbe riuscita a surclassare anche con il mal di gola e il naso tappato, ma l’idea della sua sfidante di coccolare l’uccello su una guancia prima di metterselo in bocca non le era sembrata particolarmente cattiva.
Con grande rammarico, Francesca dovette comunque ammettere che le dispiaceva non aver potuto assistere di persona all’esibizione di Linda: per quanto il video mostrasse la bravura della stronza attraverso le reazioni di Michele, si limitava a riprenderla di spalle e non c’era modo di capire cosa facesse realmente, rendendo così impossibile rubare la sua tecnica e poi migliorarla.
Comunque, Linda si era dimostrata l’unica che potesse cercare di rubarle la vittoria. Marianna e Vincenza sarebbero state stracciate senza troppi problemi alla finale, ma la nerda… Beh, lei la preoccupava per davvero. Più volte in quel paio di giorni la ragazza si era chiesta come avesse fatto a passare da nullità in campo sessuale a pornostar venerata da ogni studente dotato di cazzo in quella dannata scuola superiore. Che avesse imparato dai libri, o avuto una vita sessuale ben maggiore di quanto avesse dato a vedere?
La cosa puzzava a Francesca. E appariva come una situazione ben poco sportiva. Linda sembrava un dannato maratoneta dopato che si fosse presentato ad una corsa campestre destinata ai ragazzini delle elementari per vincere senza il timore di trovare un avversario al proprio livello.
L’unica soluzione era far squalificare Linda, o almeno applicare degli handicap, un po’ come si faceva in certi sport. Per quel motivo il giorno prima, una volta tornata a casa dalla gara, aveva deciso di chiamare Adriano, il capo dei giudici, e dirgli che aveva intenzione di parlare con lui quel pomeriggio.
Avevano avuto un lungo scambio di messaggi, giungendo alla conclusione che la ragazza avrebbe dovuto presentarsi verso le cinque di sera per presentare le sue lamentele riguardo Linda. Ovviamente, aveva specificato il ragazzo, ci sarebbero stati anche gli altri giudici, e sarebbero stati necessarie delle motivazioni davvero “grosse”.
Francesca aveva controllato due volte. Sì, Adriano aveva usato il termine “grosse”. Non che ci fossero stati dubbi su cosa avesse inteso con quella frase. Era per quel motivo che, nonostante fosse il tardo pomeriggio di una calda primavera, la ragazza aveva attraversato sul motorino tutta Caregan indossando un impermeabile color cammello che le arrivava fino a metà dei polpacci e che, solitamente, usava solo in pieno inverno.
Più per una motivazione legata al rischio di essere fermata dai carabinieri in giro per il paese che per pudore, aveva indossato un paio di pantaloncini durante il viaggio in motorino, ma una volta davanti alla porta, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, se li era sfilati e li aveva nascosti in una tasca.
Francesca prese una profonda boccata d’aria, cercando di rilassarsi, di frenare un po’ la corsa impazzita del suo cuore. Era qualcosa che poteva gestire senza troppa difficoltà, si disse. Poi si ricordò che ci sarebbe stato il suo meraviglioso Daniele, che il giorno prima non era stato presente alla gara… Quindi cosa faceva lì, impalata come una cretina, quando avrebbe dovuto spalancare quella porta con il sorriso sul volto?
Con quella sicurezza appoggiò l’indice destro sul pulsante accanto alla porta dell’appartamento di Adriano. La più classica delle campanelle risuonò attutita dal muro che la divideva dall’interno della casa. Allo stesso modo, furono attutiti il suono di voci maschili e i passi di qualcuno che si avvicinava alla porta. Un istante dopo la porta fu aperta.
Adriano fissò la ragazza, scendendo con lo sguardo dal viso radioso della ragazza al busto fasciato in un impermeabile pesantemente deformato dalle curve del tronco, alle gambe lunghe e affusolata. Non riuscì a trattenere un luccichio negli occhi e la lingua saettò brevemente tra le labbra, umettandole. – Benvenuta, Francesca. – disse infine, tornando con un certo sforzo agli occhi neri della mora. Si spostò dalla porta, invitandola ad entrare.
Lei ringraziò con un sorriso dietro al quale nascose la sua agitazione. Fatto un passo si trovò nella casa di Adriano, lanciando un’occhiata attorno. Sì, pensò, la mano di una donna con una scopa, dei detersivi e del buon gusto in fatto di arredamento interno avrebbe fatto solo del bene a quel posto, ma non era comunque una discarica come avevano sostenuto certe che vi erano passate prima di lei. Non c’erano le iconiche scatole di cartone della pizza sporche e lattine di birra sul pavimento o piatti con resti di cibo sparsi sui tavoli, ma i mobili erano di seconda mano e molti non erano nemmeno dello stesso colore o materiale. Gli unici oggetti per i quali era stato speso del denaro con convinzione erano un televisore con un decoder e uno stereo con casse acustiche alte e strette tirati a lucido.
Sul logoro divano in mezzo alla sala erano accomodati Daniele e Michele, intenti a bere birra e ad assistere ad una partita di basket con il volume spento, che si erano voltati a guardarla, il cui sguardo non lasciava dubbi quanti mezzi secondi le avrebbero lasciato addosso la lunga giacca. Ad un tavolo di legno lungo e stretto era invece seduto Enrico, che stava lavorando a un phablet con uno stilo; quando la vide sollevò le sopracciglia, fissandola come se avesse avuto un’apparizione, facendo scappare una risata a Francesca.
I due sul divano si alzarono, abbandonando le lattine sul tavolino sbrecciato e dimenticando il televisore acceso. Si avvicinarono alla ragazza, la brutta faccia di Michele ulteriormente deturpata da un’espressione lasciva, mentre Daniele sembrava prossimo a declamare un sonetto d’amore in suo onore.
Francesca si sentì bagnare davanti al ragazzo a cui aveva succhiato il cazzo qualche giorno prima. Probabilmente ne avrebbe avuto di nuovo l’occasione a breve, oltre ad un rapporto completo. Peccato per la presenza degli altri tre ma, in fondo, non era lì per divertimento.
Adriano presentò la situazione, per quanto chiunque lì dentro non avrebbe fatto fatica a immaginare per quale motivo la ragazza si fosse presentata quella sera. Le voci dell’aggressione a Linda si erano velocemente sparse per la scuola, e l’avversione della mora verso la bionda, inasprite dall’essere stata messa in ombra dall’esibizione di quest’ultima, non erano un segreto già da anni.
– Allora, ragazzi. – iniziò, stingendo una mano nell’altra, richiamando l’attenzione sulla la ragazza sebbene spiccasse nella stanza come un faro nella notte. – Francesca mi ha chiamato ieri pomeriggio perché ritiene che ci sia un grave problema nello svolgimento della gara che abbiamo organizzato, e vuole parlarne con noi.
Enrico, che aveva lasciato il suo grosso smartphone sul tavolo, parlò dalla sedia. – Che tipo di problema? – domandò, sebbene la sua attenzione fosse completamente concentrata sul rigonfiamento dell’impermeabile che impediva a due grossi bottoni di anche solo avvicinarsi alle rispettive asole, in particolar modo alla striscia rosa che si scorgeva dove i lembi della giacca non riuscivano a sovrapporsi per un paio di centimetri.
Adriano aprì bocca per rispondere, ma la ragazza fu più veloce. – Linda. – disse, come se pronunciando quel nome, con tutto il disprezzo che mise nella voce, potesse essere sufficiente a spiegare tutto.
La lascività lasciò posto, sul volto di Michele, a un disprezzo quasi pari a quello provato dalla mora. – Quella puttana – si lasciò sfuggire. – Mi ha fatto fare una figura da coglione, quella puttana…
Francesca dovette mordersi la lingua tra i denti, come prendendola ostaggio per impedire al proprio corpo di esplodere in una risata al pensiero di Michele che cadeva tra i rovi per l’orgasmo che Linda gli aveva provocato. Se non fosse per il fatto che in quel momento quella troietta bionda aveva dimostrato di essere la migliore spompinatrice della gara, la ragazza avrebbe messo in loop il filmato per vedere quel coglione crollare ripetutamente nelle ortiche, godendosi ogni singolo fotogramma, stampandosi a fuoco nella mente la faccia di Michele che da orrida diventava assurdamente comica.
Enrico guardò per un istante il suo amico, che evidentemente non riusciva a comprendere come non fosse felice di aver avuto un pompino di quel livello, poi tornò a Francesca. – Continuo a non capire quale sia il problema. Linda non ha contravvenuto a nessuna delle nostre regole: ha usato solo bocca e mani, e non ha mostrato nulla del suo corpo che potesse essere considerato erotico – obiettò con una scrollata di spalle.
Francesca si chiese se Enrico fosse idiota o avesse il ruolo di quello che, ben sapendo cosa stesse per accadere, doveva fare l’avvocato del diavolo per salvare la faccia al gruppo quando avrebbero buttato la nerda fuori dalla gara a pedate nel culo, semmai qualcuno avesse mosso delle critiche. “Eh, ma ne abbiamo parlato, discusso, cavillato…”, avrebbero potuto dire, per discolpare il gruppo.
– Ma l’avete vista? – sbottò la ragazza, infuriata. – Cazzo, siamo quattro finaliste e io, Marianna e Vincenza messe insieme non riusciremmo a eguagliarla nemmeno per sbaglio. Mi sembra ovvio che Linda è una professionista dei pompini. Scommetto che fa parte di qualche giro di prostituzione, ha clienti che non conosciamo e che vengono da fuori dalla provincia, o lei si reca da loro per soldi, e che è stata istruita per dare loro piacere e soddisfare le loro perversioni. – aggiunse. Dovette ammettere con sé stessa che quella parte suonava veramente come una cazzata totale considerando il passato, anche recente, della ragazza, e dallo sguardo che i quattro ragazzi si scambiarono comprese che la loro opinione era la medesima.
Nonostante questo, Michele volle darle ragione, facendo un passo avanti e ponendosi al suo fianco. – Francesca ha ragione. Non è giusto che lei e le altre due finaliste, che hanno dovuto vincere la loro vergogna di fare del sesso davanti al pubblico, debbano essere umiliare così da quella troietta. Loro hanno il diritto di fare una finale che abbia senso, e combattere tutte allo stesso livello, e non contro quel… quella specie di James Harden dei pompini.
Daniele annuì, mentre Francesca si chiese chi diavolo fosse il tizio appena citato. In ogni caso, i quattro giudici sembravano d’accordo: la ragazza intuì che quella era stata davvero tutta una farsa per pararsi il culo qualora Linda avesse voluto dire qualcosa.
– Non lo so… – disse però Adriano. – Non mi va di buttare fuori Linda, per quanto ti dia ragione, Francesca. Io credo che… – fece una smorfia, come se cercasse il termine migliore per esprimere quanto gli passasse per la mente. – …che dovresti darci delle motivazioni più consistenti per farlo.
La ragazza avrebbe dovuto essere ben più stupida di quanto si riteneva per non aspettarsi quel momento. Senza pronunciare una parola, nel silenzio in cui era sprofondata la stanza, aveva abbassato lo sguardo sul suo impermeabile e, lentamente, aveva cominciato a liberare i grossi bottoni dalle proprie asole, per lo meno quelli che erano riusciti a raggiungere ed infilarsi nella propria tana. La parte superiore sembrò esplodere, lasciando intuire ai ragazzi, per quanto non ce ne fosse bisogno, cosa si celasse sotto i primi bottoni.
Quando li ebbe liberati tutti, aprì la cinghia che chiudeva il vestito alla vita e con un movimento delle spalle e delle braccia, ancora prima che i lembi si fossero discostati a sufficienza per far vedere cosa nascondevano, l’impermeabile si adagiò con un fruscio sul pavimento dietro ai suoi piedi.
Nel silenzio risuonarono un “oh, cazzo!” ed un “porca troia…” appena pronunciati da Michele e da Adriano, mentre sullo splendido viso di Daniele si allargò un sorriso sotto gli occhi scintillanti di un morboso desiderio. Francesca sogghignò soddisfatta davanti all’espressione di stupore e ammirazione dei tre, e questa volta non poté trattenere una breve risata quando notò che Enrico le stava dando una dimostrazione pratica di cosa significasse l’espressione “mascella per terra”.
Ma, dopotutto, con un corpo come il suo cos’altro avrebbe potuto provocare su quattro ragazzi dell’ultimo anno delle superiori? Sì, il suo viso forse non era esattamente quello che si definirebbe il più bello al mondo, con un mento forse un po’ troppo pronunciato e una mascella troppo squadrata, da investigatore di un film in bianco e nero, sebbene mitigato da labbra gonfie e occhi neri e profondi, un naso dritto e non troppo sporgente, contornato da capelli neri come la notte. Il vero punto di forza del suo corpo, però, era tutto il resto, che chiunque potevano scorgere nella deformazione degli abiti ma pochi avevano potuto vedere nella sua vera bellezza: il seno era una quarta, una meraviglia che faceva eccitare lei stessa quando lo ammirava riflesso in uno specchio e stringeva tra le proprie dita, sollevandolo fino a leccarsi i capezzoli lunghi un pollice che si protendevano da un’aureola incredibilmente discreta rispetto al resto delle mammelle; sotto, la pancia era stata scolpita da anni di addominali, centinaia alla settimana, in un tale susseguirsi di esercizi differenti che la ragazza avrebbe potuto ripetere a memoria una dozzina di nomi differenti come uno sportivo serio avrebbe potuto nominare ogni calciatore della nazionale dei mondiali dell’82, con un solco in mezzo che partiva appena sotto il centro del seno e sfumava nell’ombelico, il quale sembrava il centro di una clessidra considerando i fianchi, non esattamente stretti ma che sottolineavano quanto si poteva ammirare dietro; e appunto dietro, al pari dell’addome, anche le chiappe erano reduci da squat di ogni sorte e di ogni bizzarro nome, a corpo libero o con pesi, con entrambi i piedi sul pavimento o uno sollevato su uno scalino di plastica o una panca da addominali, e sebbene non fossero delle dimensioni delle bocce, riempivano i pantaloni così bene da rendere difficile distoglierne lo sguardo; le gambe erano ben tornite e la pelle, depilata una volta alla settimana, non rovinata da muscoli scolpiti ma simile ad un velo di seta che invogliasse ad essere accarezzata, soprattutto all’interno delle cosce, spingeva gli amanti a esplorarle per tutta la loro lunghezza con i polpastrelli.
Forse, l’unica cosa che non la soddisfaceva del proprio corpo era la propria figa, che trovava esteticamente brutta, sebbene nessun ragazzo, era certa, l’avrebbe criticata. Studiandola allo specchio o in foto scattate con il telefonino, la vedeva come un paio di lembi di pelle appena più scuri di quella dell’inguine che si sovrapponevano in una linea storta come un impermeabile tagliato male. La lumachina, posta sulla sommità della passera, si nascondeva nelle grinze, e quando si erigeva era grossa, fin troppo sensibile, e allora dall’utero cominciava a colare bava in quantità disgustose, colandole tra le gambe.
Francesca era contenta di avere delle tette così grosse, che facessero distogliere l’attenzione dei ragazzi da cosa aveva tra le gambe e si limitassero a infilarci il cazzo, spingendo fino a quando erano suoi schiavi.
Ci volle un momento prima che qualcuno riuscisse a parlare. Per un attimo Francesca pensò che qualcuno le avesse battuto le mani, ma si era resa conto che il suono, in realtà, erano Michele ed Enrico che, estratti i relativi cazzi dai pantaloni, avevano cominciato a menarseli, sopraffatti dall’eccitazione alla vista di tale perfezione femminile.
Anche Adriano aveva abbassato i pantaloni, scalciandoli per toglierseli nonostante indossasse ancora le scarpe, e poi le mutande. Il suo uccello era già in tiro e la cappella viola svettava sulla cima, pronta a divertirsi con Francesca. – Beh, non c’è bisogno di dire che sono io il capo, e me la scopo per…
– No! – esclamò la ragazza, alzando una mano davanti lui, perentoria e al tempo stesso impaziente, – mi scoperete tutti, ma per primo Daniele.
Il ragazzo citato sorrise soddisfatto, cominciando a spogliarsi con una sapienza di gesti studiati tipici delle persone che lo facevano spesso davanti ad un’amante impaziente e bagnata, mentre Adriano scuoteva la testa, come se non avesse capito, sbattendo gli occhi. – No, c’è una scala gerarchica che…
– ‘fanculo la gerarchia, la figa è mia e decido io l’ordine. – lo interruppe la ragazza, decisa, poi guardò il giovane di cui era innamorata. Aveva finito di togliersi maglietta e mostrava pettorali scolpiti, spalle larghe e una quantità industriale di addominali. Non si era ancora tolto i pantaloni, ma il tratto di inguine che Francesca poteva ammirare la fece comunque eccitare al punto tale da sentire lo sfintere dell’utero aprirsi sotto la pressione di una grossa goccia di desiderio che le scivolò tra le gambe e un improvviso capogiro la colse.
Adriano si lasciò sfuggire un sospiro, allargando le braccia. – E Daniele sia… – concesse, sconfitto.
Spogliandosi con una grazia che sembrava fuori luogo in quel locale che aveva cominciato a riempirsi dell’afrore di maschio eccitato e di esalazione di desiderio femminile, Daniele si tolse i pantaloni, mostrando un paio di gambe ben modellate, dai muscoli lunghi e poco sviluppati, e poi le mutande, sotto il quale celava un pene di dimensioni normali, non troppo grosso. Francesca l’aveva adorato con la sua bocca, amando il succo che ne era sgorgato, suggendolo con ingordigia.
Si inginocchiò davanti a quello scettro, ammirandolo, contemplandolo, accarezzandolo e pronta a…
– No! Niente bocca! – li richiamò Adriano, che non riusciva a nascondere il disappunto di non essere stato il primo. – Pompini solo durante la gara.
Francesca seppe velare la delusione di non poter succhiare il suo amato meglio di Adriano. In fondo, era in un altro buco del suo corpo che voleva ospitare Daniele, e quello non glielo aveva affatto vietato.
Lui non si fece comunque pregare. Completamente nudo si avvicinò alla ragazza, appoggiando il suo sguardo in quello di lei, facendole allargare ancora di più il sorriso e luccicare gli occhi per il desiderio, poi le pose le mani sul culo, spingendola contro di sé. Gli occhi di Francesca si spalancarono percependo il suo utero bagnato che si apriva nell’ospitare il cazzo del bel ragazzo.
Il fiato della mora si bloccò mentre lo sentiva scivolare dentro il suo corpo, quindi fermarsi. Le labbra di lui si appoggiarono alle sue e vi posò un bacio. Lei si avvinghiò con le braccia al suo busto, le unghie che si piantavano nella sua schiena nemmeno avesse paura di essere strappata da lui. Il grosso seno si era appiattito sui pettorali di Daniele, due cuori che battevano all’unisono.
Lui le sussurrò in un orecchio: – Adesso io e te ci divertiamo.
– Sì, Daniele, scopami! Scopami! – urlò lei, quasi con le lacrime agli occhi.
I cinque minuti successivi raccolsero la migliore scopata della vita di Francesca, qualcosa che avrebbe ricordato con gioia per sempre: il cuore del ragazzo che batteva contro una sua tetta, le dita che affondavano nelle sue chiappe, il profumo della sua pelle e l’odore della sua sborra quando le era venuto dentro, la sensazione che la sua cappella, muovendosi nel suo utero, le aveva donato, le sue grida di gioia ad ogni colpo infertole da quello splendido maschio, prima in piedi contro un muro, poi sdraiata sul divano con lui che la scopava con foga.
Ci furono anche gli altri tre: le dissero che era una splendida mignotta, che aveva un bel culo, uno le venne sul pube.
Quando tornò a sedersi sul suo motorino, la sua bava e la sborra proveniente da otto testicoli diversi che colavano sulle sue gambe erano la ceralacca sul contratto con cui i quattro giudici si impegnavano ad annunciare sulla pagina della gara su Facebook la squalifica di Linda il giorno prima della finale.

CONTINUA…

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