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OrgiaRacconti Erotici EteroTrio

03 Allo sbando

By 8 Febbraio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Il lavoro andava ovviamente da schifo mentre passavo le mie ultime settimane in azienda. Con Alessia le cose sembravano invece procedere abbastanza bene. Ci vedevamo di frequente e spesso rimanevo a dormire da lei, anche perch&egrave avevo diminuito drasticamente i miei viaggi. Non andavo nemmeno più in ufficio se non avevo incontri a cui partecipare, così lavoravo (se così si può dire) direttamente da casa sua, anche quando lei non c’era. Insomma, anche se pochi lo sapevano, eravamo di fatto una coppia.

Una sera la accompagnai in aeroporto a prendere sua sorella minore, che abitava a Madrid.
Stefania era molto diversa da Alessia, anche fisicamente. Più alta, un bel fisico con un seno piccolo. Decisamente carina. La trovai piuttosto riservata, un po’… burbera. Era una ricercatrice universitaria e aveva sposato un ricercatore spagnolo che lavorava nella sua stessa università.
Lei veniva però periodicamente a Milano e si faceva ospitare dalla sorella, visto che la casa era piuttosto grande e c’erano 3 camere da letto. Cenammo insieme a casa, ma non ci fu una grande conversazione a tavola. Avendo cenato tardi, andammo a letto praticamente subito.

Alessia iniziò a stuzzicarmi. Sapeva bene cosa mi piaceva e poco dopo eravamo nudi, intenti in un bel 69.
Io in realtà ero un po’ inibito perch&egrave lei, tra una succhiata e un colpo di lingua, godeva molto rumorosamente. Di solito mi piace, ma Stefania era nella stanzetta accanto alla nostra…
Poi mi venne sopra, impalandosi sul mio cazzo e muovendosi furiosamente.
Era sempre stata abbastanza… come dire… una che esprimeva il proprio piacere, ma quella sera mi sembrava lo stesse facendo un po’ troppo.
– daiiii…. così…. bravo…. montami come una vaccaaaa….. dai, sborrami dentrooooo
Il letto cigolava mentre lei si muoveva sulla mia asta come una forsennata. Venni anche io, inondandole la figa con il mio seme e non riuscendo a trattenere un gemito.

La mattina dopo Alessia andò al lavoro presto e quando mi alzai trovai Stefania in cucina a fare colazione. Aveva indosso un vestito di tela bianca, di quelli che si portano in spiaggia e che sembrano una lunga ed enorme maglietta, con Snoopy che balla stampato sul davanti. Io ero in tuta, come sempre quando sono in casa.

Mi salutò quasi con difficoltà.
– Buongiorno, dormito bene?
– E come si fa a dormire bene con voi due che scopate come ricci nella stanza accanto!
– Scusa…. mi dispiace…
ero decisamente imbarazzato e colto di sorpresa da quella sparata.

– No, scusami tu… Sono ospite qui, non dovrei lamentarmi…. e comunque tu non centri nulla. E’ quella stronza di mia sorella!
Non sapevo cosa dire, la vedevo davvero incazzata.
– Lei deve sempre essere la prima! Lei &egrave quella che ha successo nel lavoro, quella che viaggia, quella che ha i soldi, quella che ha preso una cazzo di laurea in legge dopo 9 anni di università e tutti a farle i complimenti mentre io con un PhD in 8 anni vengo presa a calci nel culo per una manciata di euro al mese ed un contratto che chissà se mi rinnovano l’anno prossimo.

Mi vomitava addosso una rabbia inaudita che non mi aspettavo.

– Si, lo so… ho altri amici ricercatori. Sono carriere e scelte diverse che…
-Non sono carriere! Quando vengo a Milano non ho nemmeno i soldi per l’hotel. Su una cosa sola mi era andata meglio che a lei. Io ho sempre avuto intorno ragazzi, mi sono sposata, mentre lei ha un carattere così di merda che gli uomini… beh, lo dovresti sapere! Lei &egrave la più brava, lei &egrave la più figa, e questo l’ha già fatto, e lì c’&egrave già stata ma si &egrave divertita più di te….Non so come tu faccia… Comunque ora io sono in crisi con mio marito e lei non perde occasione per farmi sapere come le cose le vadano bene con il suo nuovo uomo, di come scopi dal mattino alla sera e si sia sistemata meglio di me!

Non sapevo davvero cosa dire. E lei era infuriata, davvero infuriata. Rimasi a guardarla in silenzio.
– Davvero… come fai a sopportarla? Cosa ti piace di lei? E’ perch&egrave &egrave una gran troia, vero?
Farfugliai qialcosa, ma a lei sembrava non interessare quello che volevo dirle. Si alzò invece in piedi e venne decisa verso di me.
– Allora vediamo chi &egrave più troia. Scommetto che ti piacerebbe scoparti sua sorella, vero?
– No, ferma! Che cazzo dici…
La situazione stava diventando incontrollabile e prendeva una brutta piega.

Non ebbe la bench&egrave minima esitazione. Mi guardò con aria di sfida e si sfilò il vestito, scoprendo il corpo coperto solo da uno slip di pizzo trasparente.
Rimase davanti a me, praticamente nuda.
– Ho passato la sera a masturbarmi pensando a voi due che scopavate nella camera di fianco. Fammi godere come hai fatto con lei. Te lo da il culo? Io voglio che me lo sfondi
Lo disse guardandomi dritto negli occhi, parlando decisa, con un tono autoritario che non le avevo ancora sentito usare, mentre avanzava verso di me.

Io ero indietreggiato fino alla cassettiera ed ero quasi impietrito.
Arrivò vicino e mi mise subito una mano sul pacco
– Vedi che ti piaccio? Abbozzai ancora una debole resistenza ma quella situazione mi aveva ormai catturato. Sono bravissimo, io, a cacciarmi nei guai.
Mi abbassò leggermente i pantaloni e i boxer, giusto per falo uscire, e poi lo prese in mano, muovendola avanti e indietro per alcuni secondi prima di tirarmi dall’altra parte della cucina. Si sputò abbondantemente su una mano e iniziò a farmi una sega mentre mi guardava negli occhi con aria di sfida.

– Hai voglia di scoparmi, vero? Dai, dillo che hai voglia
La mia erezione non poteva mentire
Mi insalivò bene l’asta, poi, sempre tenendolo in mano si voltò e si sdraiò sul tavolo. Allargò bene le gambe e puntò la mia cappella dritta sul suo sfintere, spostando di lato le mutandine.
– Dai, inculami… cosa aspetti…
Forzai l’entrata con un dito. Era molto stretto e lei era tesa.
– Il cazzo voglio, brutto stronzo!
Tolsi il dito e tentai di penetrarla. Era troppo tesa. Provai ad usare l’olio che era sul tavolo. Ci volle un po’ ma poi spingendo ritmicamente riuscivo a guadagnare centimetri dentro di lei.

Gemeva mentre glielo infilavo sempre più dentro. Le stavo facendo male. Secondo me non l’aveva mai fatto, o comunque era molto che nessuno la prendeva così.
Poi cedette ed entrai fino in fondo.
La sentivo respirare affannosamente.
Iniziai a muovermi, e lei di nuovo ad emettere dei suoni: dolore misto a piacere.

Mi chinai su di lei, iniziai a stringerle i seni, poi le misi due dita anche nella figa ormai bagnatissima.
La presi per i fianchi ed iniziai a pomparla velocemente.
Le braccia completamente aperte a croce, teneva il tavolo con le mani e piangeva.
– Fottimi!! Prendimi come fai con quella troia di mia sorella!!!! Era rabbia pura.
Le presi i capelli e la tirai verso di me, continuando a pomparla
– sei tu la mia troia adesso, e ora ti riempio proprio come volevi!
Le venni dentro, con un orgasmo rumoroso ed intenso.
Le presi i seni con violenza, stringendoli mentre il mio sperma le riempiva le viscere.
Crollò in avanti, e io sopra di lei, rimanendole dentro finch&egrave non uscì da solo.

Feci un passo indietro e vidi le mutande bagnate d’olio, lo sperma colarle sulla gamba destra.

Si girò e vidi i suoi occhi ancora segnati dalle lacrime.
Mi guardò dritto nei miei.
– Ti sbagli. Tu, sei la mia troia da oggi. Se sarai bravo ti permetterò di scoparmi ancora. Ora divertiti un po’ con mia sorella, tanto so che mentre te la farai penserai a me.

Raccolse il vestito e si infilò in bagno. Rimase sotto la doccia per non so quanto e cercò di evitarmi per i due giorni seguenti, finch&egrave non ripartì per Madrid.

Finalmente il mio rapporto di lavoro con l’azienda di consulenza terminò ma la ricerca di una alternativa valida, che avevo ovviamente iniziato subito, non stava dando i risultati sperati. Negli anni avevo costruito un rapporto di fiducia e stima con molti grandi clienti e alcuni dei loro top manager erano diventati anche amici che frequentavo al di fuori dell’ufficio. Sparsi la voce che cercavo una sistemazione e ricevetti diverse chiamate. La maggior parte erano solo per sincerarsi che stessi bene e terminavano con un ‘se sento qualcosa ti faccio un fischio’, ma le apprezzai davvero molto. Ero di fatto un disoccupato a tempo pieno.

Siccome non mi piace stare con le mani in mano, aprii una mia piccola società. Niente dipendenti, solo 3 soci tra i ‘trombati’ della nostra precedente impresa. Avevamo preso fin da subito qualche piccolo contratto che mi impegnava al massimo uno o due giorni a settimana, ma nulla di più. In quel momento forse non era nemmeno male. Questo significava avere molto tempo libero, e francamente non ci ero proprio abituato. Decisi di prendermi qualche giorno per fare un viaggio con Stefano, un caro amico. Il piano era semplice: tante chiacchiere on the road. Dovevo disintossicarmi la mente.

La prima sosta fu in una città che conoscevo bene, avendoci passato intere settimane per lavoro. Ero anche riuscito a contattare la proprietaria dell’appartamentino che usavo all’epoca: due camere da letto, praticamente in centro. La fortuna volle che quella settimana fosse libero e, visti i rapporti di conoscenza, ce le lasciò anche per sole due notti. Il programma della prima sera prevedeva una cena nel mio ristorante preferito, annaffiata dall’eccellente vino locale. Scorse a fiumi.
Anche Stefano aveva bisogno di una pausa: imprenditore, era sempre sotto pressione e quando si prendeva uno dei rari momenti di svago’ beh’ si divertiva!

Quella sera uscimmo dal ristorante già un po’ brilli, ma lui era ormai lanciato e voleva a tutti i costi andare alla ricerca di un posto per fare tardi davanti ad un paio di cocktail. In queste cittadine di provincia a mezzanotte &egrave già tutto chiuso, soprattutto durante la settimana, ma sulla via di casa trovammo probabilmente l’unico bar ancora aperto.

Era un posto davvero singolare: piuttosto buio, con solo luci colorate di azzurro e verde. Niente tavoli ma tutti in piedi. I pochi avventori erano tutti giovani, per lo più ragazze in top e minigonna. Alcune ballavano approfittando della musica alta. Pensammo a studentesse della vicina università. Ci piazzammo al bancone ed ordinammo dei gin tonic. Le bariste erano decisamente due fighe spaziali, una bruna ed una bionda, vestite con il costume tipico delle cameriere bavaresi ma con delle gonne praticamente inesistenti che non lasciavano nulla all’immaginazione.

Le stavamo guardando ballare dietro al bancone quando iniziarono a giocare tra loro, strusciandosi l’una contro l’altra. Poi si baciarono lasciando vedere le lingue che si intrecciavano. Stefano andò fuori di testa. Ordinò di nuovo da bere e quando pagò tirò fuori una seconda banconota da 20 euro
– Questa &egrave per te bellezza
E fece il gesto di infilarla in mezzo alle tette della bionda. Lei si chinò verso di lui sorridente e lui le diede una evidente palpata al seno facendo scivolare l’intera mano all’interno del top.
Sembrava una scena da pool bar.
La cosa continuò e credo che alla fine la ragazzina si ritrovò un centinaio di euro nel reggipetto. Non appena i clienti le davano un po’ di tregua con gli ordini, se non slinguava la sua collega veniva da noi a farsi smanacciare. A fine serata la sua amica fece lo stesso, ma con meno successo.

Poi Stefano se ne uscì con la sua proposta sfacciata e diretta, proprio come lui.
– se tu e la tua amica venite in camera con noi vi do 1000 euro a testa
Io ero come sempre in imbarazzo, anche se i gin tonic mi portano a superarlo facilmente. Stefano invece la guardava con la faccia spavalda e sorridente. Pensavo che si sarebbe beccato una sventola in faccia, invece la ragazza rise imbarazzata e tornò a ballare con l’altra. Si parlarono e ci guardarono diverse volte. Non ottenemmo una risposta.

Il bar stava ormai per chiudere e ci stavano praticamente buttando fuori. Stefano si avvicinò di nuovo alla bionda.
– Io vado. Vi aspettiamo?
– Vengo solo io. Disse lei. Qui di fronte tra 30 minuti’ Però voglio sapere dove andiamo. Solo in un hotel e non salgo in macchina con voi.
Le diede l’indirizzo mentre li osservavo quasi impietrito.

La aspettammo nella piazza davanti al locale. Lei fu molto veloce, ma quando ci raggiunse Stefano era già mezzo andato. Aveva bevuto davvero troppo. La abbracciò e le palpò vistosamente il culo da sopra il giaccone che si era infilata. La sua amica dietro di lei vide la scena e ci guardò malissimo. L’appartamento era a due minuti a piedi e quella fu una fortuna per molte ragioni. La passeggiata fu caratterizzata da lei e me in silenzio e Stefano che non riusciva a nascondere la sua eccitazione, oltre che il suo tasso alcolico, dicendole quanto fosse bella e come ci saremmo divertiti noi tre insieme.

Sulla porta di casa le disse di aprire il giubbotto.
Lo fece rivelando il vestito che aveva al bar.
Lui le mostrò due banconote da 500 euro. Le piegò e le infilò la mano sotto la gonna cercando chiaramente di farle arrivare nelle mutande. Lei sobbalzò ma non si mosse e lo lascò fare. Io aprii la porta dell’appartamento e lui entrò mentre lei recuperava il denaro e lo metteva in tasca. Poi lo seguì. Io chiusi la porta alle loro spalle.

Quando mi girai il cappotto di lei era già a terra. Stefano aveva la faccia tra le sue tette ed entrambi le mani sul culo. Io la vedevo tesa, senza la sfacciataggine e la sicurezza che ostentava al bar, ma l’alcol faceva effetto anche a me. Mi avvicinai, le girai la testa e le misi la lingua in bocca.

Il suo vestito scivolò sul pavimento, lasciandola in tacchi alti e mutandine, queste ultime già spostate di lato dalla mano di Stefano che la stava penetrando. Le mani di lei erano aperte ed appoggiate al muro alle sue spalle, le braccia completamente tese.

– Portiamola di là, ho voglia di scoparmela disse Stefano, strattonandola e facendola quasi inciampare nel vestito a terra.
-Aspetta… fammi togliere le scarpe… e solo col preservativo furono le prime parole che disse da quando avevamo lasciato il bar. Stefano ne aveva un pacchetto in valigia, come sempre.

La spinse in camera e la fece mettere a quattro zampe sul letto, proprio sul bordo. Si mise poi dietro di lei e iniziò a leccarle la figa. Forse iniziava a lasciarsi andare, iniziava ad ansimare. Mi spogliai guardandola bene nella camera semibuia. Era davvero una bella ragazza. Salii sul letto e la presi per i capelli portando il suo viso verso il mio cazzo. Aprì la bocca e iniziò a succhiarmelo. Mi accorsi da un sobbalzo quando venne penetrata. Lui la prendeva con forza, e questo le rendeva difficile continuare il lavoro sul mio membro, ma la situazione durò molto poco. Stefano si staccò da lei, le diede uno schiaffo sul culo e sparì.

La forzai a salire di più sul letto e le salii sopra, la mia lingua nella sua bocca, la mia mano tra i suoi capelli.Iniziava a scioglersi un po’.
Cercai un preservativo sul comodino e poi scivolai dentro di lei. Sentii le sue mani sulla mia schiena. Iniziava a godere. Portai le sue gambe sulle mie spalle per penetrarla più a fondo, mi era venuta davvero voglia di prendermi quel corpo.
– Girati, ti voglio da dietro
– No.. questo non lo faccio! Non voglio
– Girati, a quattro zampe.
Lo fece

Entrai di nuovo nella sua fighetta e continuai a scoparla così, godendomi il suo fondoschiena sodo.
Iniziò a gemere più rumorosamente, respirando velocemente. Le sue mani stringevano le lenzuola. Sentivo l’orgasmo arrivare. Uscii da lei e la feci girare, sfilandomi il preservativo e infilandoglielo in bocca. Non fece resistenza, anzi si mise a succhiare con gusto. Le presi la testa dandole il ritmo finch&egrave non mi scaricai dentro di lei. Non si fermò. Poi mi fece vedere la bocca piena di sperma, e se la pulì con il lenzuolo.

Non mi guardava in faccia ma teneva gli occhi bassi.
– Posso andare in bagno un attimo?
– certo, &egrave la seconda porta che trovi

Tornò immediatamente
– E’ meglio se vieni di là. C’eravamo dimenticati del tuo amico e… beh, vieni che &egrave meglio.
Lo spettacolo nell’altra stanza era tragico. Dissi alla ragazza di andare, mi sarei occupato io di lui.
– Sicuro che non ti serva aiuto?
– No, tranquilla. Vai pure a casa. A proposito… non so nemmeno come ti chiami
– e cosa importa?
Si rivestì velocemente e se ne andò.

La mattina dopo Stefano era uno straccio. Si ricordava quasi tutto ma non proprio bene. Mi chiese anche se se la fosse davvero scopata.
– Solo un po’…. ma credo che si ricorderà per sempre di noi.
– Soprattutto di me! Disse ridendo come un pazzo.

La sera dopo lui insistette per tornare al bar. Come lei ci vide scomparve nel retrobottega e venne la sua amica a consigliarci di andare da un’altra parte. Conoscevo Stefano, avrebbe piantato un casino della madonna per restare, ma non so come lo convinsi che era meglio trovarci un altro bar e una che non lo aveva visto in condizioni subumane.

Io invece ci tornai in quel bar.
L’anno successivo, da solo e di pomeriggio.
Non so nemmeno perch&egrave, credo per pura curiosità.

Ero in zona per un paio di giorni e volevo vedere se lei fosse ancora lì. Non me la ricordavo nemmeno bene. Quando entrai la fissai: era ancora lì, sempre vestita molto succinta, sempre sorridente. Mi lanciò una occhiata veloce, poi continuò il suo lavoro.
Non mi aveva riconosciuto.

Mi misi in un angolo del bancone e mi si avvicinò l’altra cameriera, che non era la brunetta che mi ricordavo. Mi aveva appena chiesto cosa volessi che comparve lei
– A lui ci penso io
Mi mise davanti un gin tonic.
– Questo te lo offro io. Come sta il tuo amico?
Mi chiesi perché fossi tornato. Forse perché mi piace mettermi nei casini.
– Bene. Ora &egrave quasi astemio. Non pensavo mi riconoscessi…Ti ricordi del gin tonic!
– E chi se la scorda più quella notte. Mi ricordo tutto. E mi ricordo bene quelli che mi porto a letto. E’ stata la notte la più assurda della mia vita.
– A chi lo dici…. E tu ti sei persa metà dello show
– Anche tu. Quando sono tornata a casa ho litigato per giorni con la mia ragazza che alla fine mi ha lasciata. Eppure prima sembrava d’accordo… donne, chi le capisce &egrave bravo.
Capì che stava parlando dell’altra barista.
Poi continuò
– Comunque… devo ammetterlo… &egrave stata una cazzata ma molto eccitante. La rifarei! E rise di gusto.
-Eh, non di certo con me! Quello che infila soldi nei reggiseni &egrave il mio amico, e lui oggi non c’&egrave.
– Oh, non mi avrai mica presa per una puttana, vero?? Farsi pagare &egrave stato… si, mi ha fatto sentire eccitatissima. Ma non l’avevo mai fatto prima e non l’ho più rifatto.
– Come ti chiami?
– Monica. E tu?
– Forse te lo dico dopo. Se mi chiamerai. Ti scrivo il mio numero
Rise di nuovo di gusto.
– tu sei pazzo! Ci stai provando di nuovo?
– L’altra volta ero ubriaco’ non vale. Scrissi il numero su un angolo della tovaglia di carta e glielo porsi.
– Non ci sperare!
Lo disse però sorridendo, e prendendo il biglietto.
La salutai uscendo.
– Ci sono solo stasera.
Sorrise ancora

Passammo la notte insieme, ma a Stefano non lo raccontai mai.
Vivevo quasi in pianta stabile da Alessia, cosa che poi si rivelò controproducente. Adesso era lei ad essere spesso in viaggio per lavoro, mentre io gestivo qualche piccola consulenza tra Italia e Germania ma per lo più facevo il casalingo tra il mio appartamento nella bergamasca e il suo a Milano.
La situazione con sua sorella si era, diciamo, normalizzata… nel senso che quelle rare volte in cui capitava in Italia e rimanevamo soli in casa ci facevamo delle scopate assurde. A dire la verità mi sentivo un po’ in colpa… ma era sempre lei a cominciare e io non mi sono mai tirato indietro.

Una sera in cui avevo programmato di starmene a Bergamo, Alessia mi chiamò da Losanna per dirmi che la sorella sarebbe arrivata la sera dopo e, visto che lei sarebbe stata via ancora per qualche giorno, mi chiese la cortesia di passare a prenderla e accompagnarla a casa.
– Poi fermati a dormire lì. Stefania &egrave molto giù, magari portala pure a bersi una birra che ne avrebbe bisogno. Ah… le ho dato il tuo numero, così vi potete sentire direttamente. Ora ti mando un sms con il suo.
In effetti, nonostante quello che c’era tra noi, non ci eravamo mai scambiati i cellulari.
Ci accordammo con dei messaggini e la aspettai al gate come da accordi.

Era di un umore migliore del solito e anche più loquace.
Le dissi che sua sorella si era raccomandata di portarla fuori e farla divertire. Pensavo ridesse, invece si voltò di scatto verso di me
– Si. Stasera usciamo. Ho prorpio voglia di divertirmi. Ma il posto lo scelgo io!
Scoprii in seguito che tutto faceva parte di un piano ben preciso: venire a Milano quando la sorella era via, farsi venire a prendere da me e… anche la serata era stata studiata nei dettagli.

Cenammo a casa, poi mi disse di cambiarmi e di vestire sportivo ma elegante, quello che si dice smart casual. Lo feci velocemente, mentre lei ci mise molto di più.
Me ne stavo in soggiorno sul divano quando entrò.
Era irriconoscibile.
Portava i tacchi, cosa che non le avevo mai visto fare, ed un tubino nero che la avvolgeva non lasciando nulla all’immaginazione.
La gonna corta lasciava scoperte le sue gambe, lunghe e ben tornite. Un trucco un po’ forte con un rossetto di colore intenso, troppo per i miei gusti, ma faceva sesso solo a guardarla.
Cominciai a sospettare che la serata sarebbe stata lunga ed intensa.
Sbagliavo per difetto.

Le chiesi dove voleva andare ma fece molto la misteriosa, consegnandomi solo un pezzo di carta con un indirizzo che misi nel navigatore, quindi partimmo.
Lungo la strada parlò poco, ma ci ero abituato. La sua gonna, o meglio la sua non gonna, mi distraeva assai. Le misi una mano sulla coscia ed iniziai ad accarezzarla.
Risalii fino alle mutandine, poi sul suo sesso caldo.
Si morse un labbro. Poi allungò una mano sul mio pacco per ricambiarmi il favore.
Guidare concentrati non era così facile. Per fortuna l’autostrada era larga e sgombra a quell’ora.

Arrivammo e parcheggiammo. Come immaginavo, eravamo ad un club priv&egrave.
– Non ci sono mai stato
– Nemmeno io….. stammi vicino
Pensai che sarebbe stato meglio parlarne un po’ prima, ma ormai era fatta.
Entrammo.

Fummo accolti da una bellissima ragazza che, saputo che non conoscevamo il posto, ci illustrò dettagliatamente regole, zone, uso delle sale. Tutto come una cameriera che ti sciorina il menù del giorno. Io ero un po’ in imbarazzo, lo ammetto, e credo che Stefania lo fosse quasi più di me. Ma non l’avrebbe fermata nessuno, con quel suo impeto mosso da una rabbia che, purtroppo, secondo me nella vita le aveva fatto fare un sacco di cazzate.
Mi prese per mano ed entrammo in sala.

La prima sensazione fu di avere tutti gli occhi addosso, o meglio… che lei avesse tutti gli occhi addosso, di uomini e di donne. Il locale non era ancora molto frequentato, forse per l’orario o perch&egrave era un giorno infrasettimanale… comunque non eravamo soli e secondo me i pochi che ci osservavano dai loro angoli bui avevano fiutato che eravamo nuovi e tesi.

Il bar mi sembrò il primo posto buono per fermarsi e cercare di capire dove eravamo atterrati. Arrivammo al bancone dove ordinammo due mojito ed iniziammo a guardarci intorno. Lei mi stava appiccicata. Le luci erano molto basse e in quel piano c’era una pista da ballo rialzata con una serie di tavolini e alcuni divanetti in aree non molto illuminate ma che lasciavano vedere bene le sagome degli occupanti. In Pista ballavano alcune ragazze, due delle quali davvero notevoli.
La mia attenzione fu catturata da una molto meno gnocca ma che si stava strusciando su di un tipo che le ballava accanto. La mano di lei scendeva spesso a toccare il pacco di lui che non perdeva occasione per sollevarle la gonna e massaggiarle il culo davanti a tutti.
Se ne era accorta anche Stefania.
Sentii la sua mano muoversi sul mio uccello che non reagì, forse perch&egrave il bar era la zona più luminosa e mi sentivo come su di un palco. Eravamo ben visibili, ma non vedevamo molto.
I divanetti erano in una zona un po’ più buia del resto della sala. Ci spostammo dal bar, verso i tavoli, per vedere meglio e incrociai lo sguardo di un tipo che ci stava osservando. Mi accorsi che di fianco a lui anche la sua donna ci guardava mentre gli stava chiaramente facendo una sega. C’era una seconda coppia che non ci toglieva gli occhi di dosso. Lui avrà avuto 60 anni, mentre lei al massimo 30. Se ne stavano abbracciati con aria sicura, in un angolo buio.

-Sediamoci laggiù le dissi indicando un tavolino da due, ma lei volle andare ad esplorare altre zone. Buttò giù in un fiato il suo drink e appoggiò il bicchiere sul tavolo. Mi tolse anche il mio di mano, facendo lo stesso, e poi mi trascinò verso la scala.
Salimmo al piano di sopra. Mi teneva sempre per mano, ma era lei a guidarmi. Fu attratta da dei gemiti provenenti da una saletta. Era un piccolo cinema dove ovviamente proiettavano un porno. In sala una coppia seduta nelle ultima fila. Sullo schermo una ragazza era in mezzo ad un gruppo di uomini che la stavano usando in ogni modo.
– Mi eccita da morire vedere quella troia con tutti quei cazzi intorno mi sussurrò all’orecchio
Mi tirò dentro e si sedette in prima fila, nel primo posto. Io accanto a lei. Mi prese la mano e la infilò sotto la gonna. Iniziai a toccarla e poi a penetrarla con un dito. Guardava fisso lo schermo e il suo respiro si era fatto affannoso. La coppia intanto si era alzata e si era messa dietro di noi. Fu la donna a fare la prima mossa. Si chinò in avanti attirando la mia attenzione, poi allungò una mano e inizò a palpare uno dei seni di Stefania. Lei sobbalzò ma la lascò fare. La donna le aveva abbassato il tubino ed ora stava godendo del suo seno completamente nudo, baciandola sul collo. A quel punto anche l’uomo si alzò e, sempre guardandomi per cercare un segno di consenso, si impossessò dell’altro seno. Stefania mugolava. Il tizio si slacciò i pantaloni liberando un cazzo in pena erezione e mettendoglielo vicino alla faccia, poi strusciandoglielo sulla guancia. Glielo prese in mano con la destra, iniziando a segarlo, poi girò la testa e ne prese in bocca una parte. Lo leccò per fose un paio di minuti, poi si liberò dell’assalto, si alzò in piedi e, prendendomi per mano, mi trascinò via.

Ci ritrovammo in corridoio. Lei aveva ancora le tette fuori e il vestito le era salito tanto che si vedevano benissimo le mutande. Mi spinse contro il muro e mi mise la lingua in bocca.
– Ho voglia di cazzo. Di tanto cazzo mi disse in un orecchio mentre mi era addosso.

Entrò in una seconda stanza, sempre trascinandomi dietro di lei. C’era un letto enorme dove due donne stavano giocando con tre uomini. Una era giovanissima ed era in ginocchio sulla faccia di una seconda che la stava leccando mentre un tizio abbastanza corpulento la stava scopando tenendole le gambe sulle sue spalle. Una seconda ragazza magrolina , sdraiata vicino a lei, le palpava le tette mentre veniva presa da dietro da una specie di fotomodello culturista. Intorno, dei divanetti dove una coppia li stava guardando mentre si toccavano ed un paio di uomini da soli si stavano massaggiando l’uccello.
Dietro di noi, poco dopo, entrarono i due che avevamo mollato nel cinema.

Stefania andò decisa verso uno dei due single. Si inginocchiò di fronte a lui e glielo prese in bocca. Il tizio le mise una mano sulla testa ma lei gliela levò. Poi si alzò in piedi, prese il tipo per l’uccello e lo tirò verso il letto, passandomi accanto e prendendomi di nuovo per mano. Fece sdraiare il ragazzo su un angolo libero del letto e gli disse di infilarsi un preservativo. Un ordine diretto, secco, a cui obbedì immediatamente. Si tolse le mutandine e gli si impalò sopra. Era una furia, carica di una energia arrabbiata. Dopo poco si girò verso di me che ero rimasto lì quasi ipnotizzato
– Dai, mettimelo nel culo. Fai vedere a tutti quanto sono puttana.

Mi calai i pantaloni e, nonostante qualche difficoltà nel trovare una posizione adatta e soprattutto una specie di intesa con quello che le stava sotto, glielo infilai in quell’ano stretto. Sembrava tutta una allucinazione erotica. Gli altri che scopavano sul letto continuavano a darsi piacere ma avevano anche iniziato ad osservarci mentre i due del cinema si erano avvicinati. Si erano spogliati entrambi e lui era salito sul letto e si era messo di fronte a Stefania porgendole di nuovo il suo cazzo in tiro. Lo prese in bocca. La sua donna, in piedi accanto al materasso, ricominciò a palparle le tette. Di fianco a noi il ciccione stava sborrando in faccia alla ragazzina, che teneva la bocca aperta prendendosi i suoi spruzzi. Io riempii il culo di Stefania con un grugnito. Uscii da lei e la vidi cominciare a muoversi più forte e velocemente sul cazzo che la impalava mentre l’uomo davanti a lei le riempì i capelli e la faccia di sborra.
Il sessantenne che la osservava in discoteca le si avvicinò con il cazzo già in tiro, le mise le mani sulla schiena per fermare la sua cavalcata e prese il mio posto, iniziando a pomparle il culo con forza.
Si girò a guardarlo con gli occhi spalancati mentre la penetrava, poi si lascò possedere. La sentivo godere come una pazza. Quando anche lui ebbe finito lei riuscì a sfilarsi da quello che le stava sotto e si sdraiò di schiena sul bordo del letto. Io ero in piedi in mezzo alla stanza, ad un metro da lei, osservando questa scena assurda ed eccitante quasi ipnotizzato.

Sentii una mano prendermi il cazzo che non si era ancora ripreso. Era ancora la donna del cinema. Ad occhio avrà avuto 50 anni, ma ancora piacente, con un bel fisico e un bel paio di tette anche se decisamente rifatte.
Si mise in ginocchio davanti a me e iniziò a succhiarmelo.
Mi stava ritornando duro.

Stefania aveva adesso una una ragazzina giovanissima davanti che le leccava la figa e le stava mettendo due dita nel culo. Aveva due uomini intorno e lei teneva entrambi i loro cazzi in mano, segandoli e succhiandoli a turno.
A me era tornato in tiro. Presi la donna per i capelli e la alzai. Le misi la lingua in bocca mentre le presi il seno palpandolo con forza. Mi strinse l’uccello.
– Ora ti scopo le sussurrai
la feci piegare in avanti, con le braccia appoggiate al letto, e la penetrai. Uno dei due uomini che stavano godendosi le mani e la bocca di Stefania si girò verso di noi e se lo fece succhiare dalla cinquantenne.

Stefania continuava a godere come una pazza, adesso sotto i colpi di quello del cinema che finalmente era riuscito nel suo intento e glielo aveva infilato in figa. Io d’altronde mi stavo scopando la sua compagna.

Lo sguardo di Stefania incrociò il mio, e non lo lasciò più. Fu una sensazione incredibile. Lei veniva pompata da uno sconosciuto e ne stava segando un altro mentre io mi stavo montando davanti a lei una distinta cinquantenne, ma era come se ci fossimo solo noi.
Vicini.
Complici.
Uniti nel piacere più intenso.
La vidi avere un orgasmo, e ne ebbi uno anche io. Quando l’uomo che la stava scopando la lasciò si alzò e venne verso di me. Mi prese di nuovo per mano e mi chiese di andare a casa. Ci sistemammo un po’ nei bagni del locale, poi uscimmo.

In auto non disse una parola. Non si mosse nemmeno.
A casa ci facemmo una doccia usando entrambi i bagni, ognuno nel suo. Io finii molto prima e mi misi a letto. Lei mi raggiunse. Era ancora nuda.
– So che… insomma… forse mi prendi per pazza…. hai voglia di fare l’amore?
La abbracciai forte e la baciai delicatamente. Le accarezzai i capelli finch&egrave non si addormentò.

lo facemmo la mattina dopo, e fu bellissimo.
Non parlammo mai di quello che accadde quella sera.

Anche sul piano sentimentale era arrivato un periodo down. Siccome non viaggiavo più stavo passando molto più tempo con Alessia ed erano cresciuti gli scazzi. Francamente non la sopportavo più. La cosa comunque finì presto e tragicamente. Ricevetti una telefonata da Stefania in lacrime. Durante una delle loro litigate, sempre più furibonde, le disse in faccia che eravamo stati a letto insieme. Non so esattamente fino a che punto le raccontò la nostra storia, comunque il risultato fu una ovvia crisi familiare da una parte e una serie di insulti irripetibili che Alessia mi vomitò addosso durante un monologo telefonico in cui io non riuscii ad aprire bocca dal tanto che urlava. La chiamata finì con un meritatissimo ‘vaffanculo stronzo di merda’, con cui mi ritenni definitivamente single. Non sentii più nessuna delle due, anche se a dire la verità Stefania provò a chiamarmi un paio di volte e io non le risposi.

Nelle mie giornate lente e noiose avevo iniziato ad usare Linkedin, l’allora nuovo social network per professionisti. Relazioni professionali: esattamente quello che mi serviva in quel momento per rimettermi in moto. Cominciai così a frequentare dei gruppi di discussione e, dopo un po’ di interventi in risposta ad alcuni post, fui contattato da Sergio.

Era un ragazzo napoletano che da anni viveva a Vicenza e che aveva aperto un gruppo dedicato alla consulenza strategica. Ormai raccoglieva più di 3000 membri e lui stava creando un team di coordinamento sia per rafforzare l’attività digitale con un blog e un sito web, sia per metterne in piedi alcune ‘reali’: corsi di formazione, incontri tra professionisti, opportunità di networking e lavoro. Mi sembrò una buona occasione per sviluppare del business divertendomi. Cominciammo a comunicare regolarmente e ben presto riunimmo altre 10 persone interessate: fu un periodo ricco di telefonate, e-mail, videochiamate su Skype’ finch&egrave non si decise finalmente che era giunta l’ora per un incontro di persona. Fu proposta una antica acetaia sulle colline modenesi e’ beh, un invito così mica si può rifiutare!

Arrivai molto in anticipo, pensavo di trovare decisamente più traffico. E pensavo di essere il primo. Invece riconobbi Sonia, una piccoletta bionda con cui avevo fatto già diverse videochiamate. Mi era stata subito simpatica: decisamente pazza, amante di auto e moto da corsa, della buona cucina e dell’ottimo vino. Da alcune uscite, anche piuttosto disinibita. Comunque di persona era molto più carina di quello che mi ero immaginato. Ci accomodammo in veranda, dove si godeva una vista magnifica sulle colline, e ci facemmo portare del vino, tanto per ingannare l’attesa. Mi parlò un po’ di lei: di un divorzio che viveva come una liberazione dopo anni difficili, dei figli difficili da gestire e di un recente licenziamento che aveva complicato di molto le cose. Io le raccontai della mia uscita dall’azienda e dei progetti che stavo portando avanti per rimettermi sul mercato. Iniziammo a scherzare e a ridere, tanto che quando arrivarono gli altri fui davvero dispiaciuto.

Presentazioni, un po’ di convenevoli, e poi finimmo tutti a tavola. Lei si sedette di fianco a me. La serata fu molto piacevole e al tavolo parlammo molto di progetti, idee, possibilità varie’ insieme ad un sacco di cazzate e risate. Il tutto innaffiato da un Sangiovese alquanto traditore. Credo sia stato quello a spingere Sonia a mettermi una mano su una gamba e a tenerla lì per un po’ mentre si prendeva qualche confidenza da vecchi amici o anche più. Qualcuno degli uomini l’aveva notato e ci lanciava degli sguardi per capire cosa stesse succedendo e se stessimo insieme.
Io ero come sempre un po’ in imbarazzo, cosa che aumentò quando lei si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò
– Mi fai sesso
per poi scoppiare in una risata e girarsi a parlare con gli altri commensali. Da quel momento mi ignorò completamente, mentre io cercavo di capire le sue intenzioni.

I minuti passarono, alcuni se ne andarono presto perché non abitavano vicinissimi. Si mise in macchina anche lei, anche se qualcuno aveva tentato di scoraggiarla. Io invece avevo deciso di approfittare delle camere dell’acetaia e, non senza qualche interesse secondario, stavo cercando di convincerla che fosse una buona idea fermarsi lì a dormire. Nulla da fare. Rimasi solo in hotel e mi diressi in camera. Pochi minuti e sentii ronzare il telefono. C’era un suo messaggio.

Domani mattina mi trovi qui dalle 10. Suona e sali al 3 piano.

E c’era un indirizzo. Risposi con un semplice ok.

Il secondo messaggio era più lungo e conteneva un paio di semplici regole che avrei dovuto seguire se mi fossi presentato all’appuntamento. Il gioco era strano, ma non mi dispiaceva. Ormai lo sanno tutti quanto sono bravo a cacciarmi nei guai’

Suonai il campanello e la sua voce mi rispose dal citofono, dandomi alcune istruzioni brevi ma precise.
Entrai nell’appartamento e richiusi la porta alle mie spalle, rimanendo immerso nella penombra.
La prima istruzione era di togliermi scarpe e calze appena dentro, e così feci.
Proseguii lungo il corridoio verso una porta socchiusa da cui filtrava della luce.
La aprii lentamente.
Sonia era seduta sul letto, vestita solo con un completino intimo. Era davvero uno schianto. Si alzò e mi si avvicinò lentamente, mi girò intorno e, quando mi fu dietro, appoggiò il suo corpo sul mio.
– Sapevo che saresti venuto. Dimmelo che &egrave da ieri che hai voglia di scoparmi

Mentre mi parlava a bassa voce nell’orecchio, facendomi sentire il suo respiro sul collo, la sua mano era scesa a massaggiare la parte anteriore dei miei pantaloni.
Avevo una voglia matta di toccarla, metterle la lingua in bocca, liberarle il seno da quel corsetto che glielo strizzava’ ma tra le regole che avevo accettato la prima era che non avrei dovuto mai toccarla se non me lo avesse detto lei. Così rimasi immobile, aspettando le sue prossime mosse.
Sentivo le sue mani sul mio corpo mentre mi slacciavano e mi sfilavano la camicia.
Poi mi si mise di fronte e, guardandomi fisso negli occhi, avvicinò le sue labbra alle mie, forzandole con la sua lingua. Un bacio che durò pochi istanti. Senza distogliere gli occhi dai miei scivolò lentamente ai miei piedi e cominciò ad aprirmi la cintura. Poi i bottoni dei jeans, quanto bastava per poterli abbassare un po’. La sua bocca cercava ora la punta del mio cazzo attraverso la tela sottile dei boxer, le sue mani mi stringevano i glutei con forza. Mi parlava con una voce bassa, sensuale, da vera porca.
– Sai cosa faccio ora, vero? Ora me lo infilo tutto in gola e ti succhio finch&egrave non urli di piacere. Voglio bere tutto quello che hai. E poi voglio scoparti come non ha mai fatto nessun’altra.

Mi tolse pantaloni e intimo lasciandomi completamente nudo.
Si alzò di fronte a me. Anche il suo corsetto era sparito e aveva liberato un seno più grande di quanto avessi immaginato, molto invitante’ e che non potevo toccare.
Si avvicinò ancora, strusciandosi contro di me. Pelle contro pelle.
La sua lingua di nuovo nella mia bocca.
La sua mano che mi segava.
Mi tirò verso il letto e mi fece sedere. Le piaceva farmi muovere come se fossi il suo burattino.
Lei di nuovo in ginocchio tra le mie gambe.
La sua testa che ora andava su e giù sul mio sesso.
La lingua veloce, le labbra serrate, il cazzo che le violava la gola.
Il suo sguardo che non lasciava un attimo il mio.

Avevo voglia di metterle le mani sulla testa, darle un ritmo più veloce. Invece quella regola semplice che avevo accettato si stava trasformando in una tortura, mentre lei si godeva il mio uccello con una lentezza esasperante, tanto da farmi male.
Lei lo sapeva, ed era esattamente quello che voleva.
Una mano si faceva strada sotto di me.
Ora un dito stava penetrando il mio ano, con lo stesso ritmo con cui la bocca ingoiava il mio bastone.
Volevo venire, ma non me lo permetteva. Sembrava sapere quando ero al limite per lasciarmi ancora prendere fiato.
Solo per un attimo.
Poi abbassò lo sguardo.
La velocità aumentò. Non troppo, ma quello che bastava per farmi sentire una scarica di brividi.
Il mio bacino si muoveva con la sua testa, il suo dito seguiva quella danza penetrandomi sempre più a fondo mentre ascoltavo il rumore forte del suo succhiare.
Venni.

Venni in modo prepotente, rumorosamente, stringendo le lenzuola e inondandole la gola con il mio sperma.
Rallentò, ma senza fermarsi del tutto. Teneva gli occhi chiusi.
– Questo &egrave solo l’inizio tesoro mi disse come prima cosa. Ora mi prendo ciò che voglio’

Mi fece sdraiare sul letto e mi salì sopra.
Aveva in mano una lunga sciarpa di cotone e la usò per legarmi le mani alla testiera del letto.
La lasciai fare, come avevo promesso accettando le regole.
Non ero abituato a lasciarmi guidare in quel modo da una donna. Facevo fatica ad accettarlo, ma nel contempo mi piaceva la novità.

Ancora una volta scivolò lentamente in mezzo alle mie gambe e me le divaricò.
Leccava il cazzo ancora incapace di reagire, poi le palle, fino alla base.
La sua lingua cercava il mio ano, ci girava intorno, lo penetrava.
Aprì il cassetto del comodino e ne estrasse un tubetto di gel. Se lo spalmò sulle dita e poi iniziò a penetrarmi. Un dito, poi due.
L’altra mano mi segava.
Gli occhi dentro i miei.
Stavo godendo.

Si sfilò e cercò nuovamente nel cassetto. Ne estrasse un dildo a due punte.
Avevo capito dove voleva arrivare. Mi venne da fermarla, a questo non ero preparato’ma la situazione era quasi ipnotica.
Si sfilò le mutandine di fronte a me, lentamente, per poi allargare le gambe mostrandomi la sua figa fradicia di umori a pochi centimetri dal mio volto. Era sicuramente molto eccitata.
Avvicinai la testa e iniziai a leccargliela. Me lo lasciò fare solo per qualche secondo, poi una mano mi prese per i capelli e mi tirò indietro.
Succhiò una delle due punte del dildo, e lo fece scivolare in figa, a pochi centimetri dalla mia bocca.
Movimenti ampi lo facevano sparire dentro al suo sesso, per poi uscirne quasi completamente.
Il suo respiro si era fatto affannoso, lo sguardo iniziava a tremare.
Lasciò quel fallo di gomma infilato nella sua vagina e prese lo strap-on, facendoselo passare in vita.
– Eri venuto qui per scoparmi, vero? Ora ti scopo io’

Mentre mi parlava stava spalmando con del gel il dildo che aveva tra le gambe.
Mi mise un cuscino sotto i lombi, le mie gambe sulle sue spalle.
Poi iniziò a penetrarmi, esattamente come io avevo fatto tante volte con le donne che avevo incontrato.
Un po’ per volta ad ogni spinta.
Ne aveva usato uno piccolo e sottile, non ci volle molto perché entrasse. La nuova sensazione mi scuoteva. Non pensavo che sarei arrivato a quello.

Lei mi stava scopando, e io godevo vedendo quanto lei stesse godendo.
Il dildo che mi penetrava faceva altrettanto con lei. All’unisono.
La sua bocca spalancata, gli occhi aperti che facevano fatica a rimanere nei miei, il ritmo che aumentava, la sua mano che stringeva il mio cazzo e lo menava sempre più velocemente.
La sentivo godere ad alta voce.

Ebbe un primo orgasmo, violento.
Si fermò di colpo e si accasciò su di me, il respiro corto e veloce.
La sentii uscire dal mio corpo.
Si tolse lo strap-on, per poi sciogliermi le mani.
Se le portò direttamente sui seni. Iniziai a stringerglieli. Avevo voglia di scoparmela, ma lei non aveva intenzione di lasciarmi il controllo.
Prima che potessi fare qualcosa mi era già tornata sopra e si stava impalando sul mio cazzo, che era di nuovo dolorante dal tanto che era in tiro.

La sua figa era così bagnata che le scivolai dentro senza alcuno sforzo. Iniziò subito a muoversi, cavalcandomi con furia. La presi e la tirai verso di me, tenendola bloccata in un abbraccio violento e con un urlo le venni dentro.

Rimanemmo così probabilmente qualche minuto, mentre i nostri respiri si facevano più regolari.
Poi lei si alzò.
– Scopi bene, magari ci risentiamo. Ma adesso devi andare, tra un po’ tornano i bambini.
Praticamente mi buttò fuori in cinque minuti.

In auto, mentre guidavo verso casa ancora un po’ sconvolto, pensavo che non l’avrei più rivista. Che non la volevo più vedere.
Invece mi sbagliavo, e di grosso.
Alla successiva riunione del gruppo di coordinamento non andai.
Lo ammetto, la decisione fu presa proprio per non incontrarla.
Ai meeting su Skype però partecipavo, e con Sonia si lavorava e scherzava come avevamo sempre fatto.

A parte per motivi legati al lavoro di Linkedin non c’erano state altre comunicazioni di alcun tipo con lei. Per questo fui sorpreso quando, due mesi dopo quella mattina a casa sua, ricevetti un suo SMS.

FINE SETTIMANA IN MONTAGNA. HO VOGLIA DI SESSO. CI SONO DELLE REGOLE. VIENI? NON SAREMO SOLI’

Sinceramente volevo dirle di no’ ma poi la mia solita curiosità ebbe la meglio e accettai.
Mi diede appuntamento il venerdì sera, in una località sulle alpi Orobie che già conoscevo abbastanza bene. Quando arrivai alla grande casa che mi aveva indicato mi aprii una donna molto carina, con un vestito corto ed elegante che lasciava vedere bene le sue bellissime gambe ed un seno abbondante.
– Ciao, tu devi essere il compagno di Sonia, vero?
Dissi di si, chiedendomi esattamente quali palle la ragazza avesse raccontato a quelli che pensavo essere suoi amici. Scoprii poi che li conosceva da un’ora circa.

Sonia mi corse incontro, anche lei vestita in maniera decisamente provocante. In effetti mi trattò come un vecchio fidanzato, baciandomi sulla bocca con passione. Cercai di trattenerla in un abbraccio, ma mi sussurrò in un orecchio
– Eh, no bello mio! Non adesso’. Dopo ci divertiremo’
Ebbi un brivido al pensiero di quale casino mi stesse aspettando.

All’interno la ragazza si presentò come Martina e ci raggiunse anche Dario, suo marito nonch&egrave padrone di casa. La tavola era già apparecchiata per otto, quindi mi aspettavo di vedere comparire altra gente.
Sonia mi accompagnò in ‘camera nostra’ e lì mi spiegò.
Si era praticamente intrufolata grazie ad un’amica in una specie di vacanza scambista ma, non avendo un fidanzato’ aveva pensato a me. La sua amica sarebbe arrivata più tardi e lei conosceva bene Dario e Martina. Anche l’altra coppia era del giro. Noi eravamo quelli nuovi, mentre Dario era il vero maestro di cerimonia, quello che faceva le regole. Nessuno, nemmeno lei, ancora le conosceva. La cosa si faceva spaventosa ed intrigante.
– E da quanto stiamo insieme amore? Le chiesi
– Due mesi tesoro’ non te lo ricordi? Due mesi in cui mi hai trascurata molto’. Rispose ridendo.
La spinsi contro un muro e la baciai. Stavolta non si tirò indietro.
– dai, torniamo dagli altri’ altrimenti ci vengono a cercare.

Li raggiungemmo nel salone e li trovammo intenti a scegliere del vino. Io ne avevo portato un po’ ma credevo fossimo solo in quattro, quindi non sarebbe mai bastato per tutti. Stavamo aprendo la prima bottiglia quando suonò di nuovo il campanello.

Marzia entrò per prima e salutò Sonia calorosamente, subito seguita da Franco. Loro tre si conoscevano piuttosto bene. Annalisa e Matteo arrivarono mezz’ora dopo, quando l’atmosfera si era già scaldata. Dario era un bel ragazzone e Marzia non era certo indifferente al suo fisico scolpito. Anche lei era una bella donna, con i suoi lunghi capelli ramati e gli occhi azzurri. Si conoscevano da tempo e credo che lei fosse venuta lì solo per farselo ancora una volta. A me aveva colpito invece Annalisa. Una ragazza semplice, acqua e sapone si direbbe, ma con un modo di fare così malizioso che ti faceva subito venire voglia.
Ci sedemmo e ci godemmo una cena leggera, ricca di buon vino. Il gruppo era ben affiatato e la tensione per quello che tutti sapevano sarebbe successo dopo era palpabile. Anche i discorsi si erano fatti più hot e sotto il tavolo alcune mani si stavano già evidentemente dando da fare.

Dario ad un certo punto si alzò e porse ad ognuno delle buste sulle quali c’era scritto il nostro nome. Erano le regole e le istruzioni, a quanto pare diverse per ciascuno.
La regola numero uno era che da quel momento sarebbe stato vietato parlare.

Iniziava così la prima di diverse fasi della serata. Ogni donna aveva una stanza assegnata e doveva confidarla solo al proprio compagno prima di recarvisi e di bendarsi gli occhi. Gli uomini avrebbero raggiunto le donne nelle stanze, evitando quella della propria donna ma scegliendo a caso tra le altre tre.
Mentre tutti leggevamo in silenzio si percepivano gli sguardi che scrutavano i volti alla ricerca di segnali o emozioni lasciate trasparire. Trovavo la cosa alquanto complicata, ma anche intrigante. Era il loro gioco, mi avevano invitato’ e quindi giocai.

Entrai nella stanza del piano terra e trovai acanto al letto una valigetta aperta. Conteneva diversi sex toys, alcuni dei quali non avevo idea di come si potessero usare. Davanti a me c’era Martina.
Muoveva nervosamente le dita in attesa di una mia mossa.
Decisi di farla soffrire un po’.
Presi dalla valigetta il vibratore in metallo e iniziai a girarle intorno, facendole sentire la mia presenza ma senza toccarla.
Appoggiai la punta di quel freddo strumento delicatamente sul suo collo, facendolo poi scivolare verso la scollatura per risalire verso la bocca.
Lo cercò con la lingua ma io le impedii di succhiarlo.
Lo posai e feci gli stessi movimenti con le dita. Mentre scendevo lungo il seno la baciai sul collo fino a morderle il lobo dell’orecchio. L’altra mano aveva percorso i suoi fianchi e le stava accarezzando il culo, sodissimo e ben tornito.
La sentii sospirare.

Doveva rimanere immobile finché non le avessi preso entrambe le mani. Sarebbe stata una mia decisione, un segnale per lei che volevo che partecipasse attivamente. Non avevo intenzione di farlo.
La stavo torturando con tocchi leggeri.
Raggiunsi la lampo sulla sua schiena e la aprii con deliberata lentezza.
Con altrettanta calma le sfilai il vestito lasciandolo cadere a terra. Non aveva reggiseno, portava le autoreggenti e le sue mutandine avevano un taglio sulla parte posteriore che trovai molto sexy. Era davvero bella da vedere mentre si mordeva un labbro e aspettava di sapere cosa volevo farne di lei.

Mi spogliai completamente e mi avvicinai a lei da dietro, appoggiandomi al suo corpo.
Ebbe un sussulto.
Le mie mani si impossessarono dei suoi seni, iniziando a torturarle i capezzoli mentre continuavo a baciarle il collo. La sentivo respirare più velocemente.
La mia mano destra entrò negli slip, cercando il calore del suo sesso mentre forzavo la sua bocca con due dita. Iniziò a succhiarle avidamente mentre veniva penetrata. La mollai di colpo, sola in mezzo alla stanza.
Il respiro ora era affannoso.
Le sfilai le mutandine e la spinsi verso il letto dove la forzai a piegarsi in avanti.
Ripresi il vibratore e iniziai a strofinarlo sul clitoride, di tanto in tanto affondando nei suoi umori.
Ora emetteva dei versi quasi soffocati, alternati a delle scariche che la facevano tremare.
Accesi il vibratore e continuai finché non la vidi quasi contorcersi. A quel punto lo estrassi ed iniziai a forzarle l’ano.
Lanciò un piccolo urlo e poi iniziò a godere rumorosamente.
Fu allora che, infilatomi un preservativo, la penetrai. Ogni volta che affondavo dentro di lei sentivo la presenza del vibratore, infilato fino in fondo in quel magnifico culo.

Ora godeva senza ritegno, stringendo con le mani le lenzuola e muovendo la testa come una forsennata.
Le presi i capelli e glieli tirai, piegando la sua testa verso di me e infilandole nuovamente due dita in bocca.
Era chiaro che avrebbe avuto voglia di un altro cazzo da succhiare.
Un urlo finale, potente, mentre le cosce si tendevano e il corpo tremava.
Le spensi il vibratore, senza toglierlo, e rimasi dentro di lei, schiacciandola col mio peso sul letto. Non ero ancora venuto.
Nel corridoio si sentì suonare forte e più volte un gong.
Cambio di stanza.

Mi sfilai il preservativo ed uscii lasciandola sul letto con un dildo nel culo: le regole erano che lei si sarebbe presentata così al nuovo venuto.

Mi scambiai di posto con Franco ed entrai nella stanza da cui era uscito lui.

Annalisa era in ginocchio di fianco al letto.
I seni erano rossi dalle frustate che aveva sicuramente ricevuto, le mani legate dietro la schiena. Il respiro corto.
Quando mi sentì entrare girò la testa verso di me, come per capire chi fossi.
Era una visione eccitante, cruda.
Avevo voglia di averla.

Mi avvicinai subito, le presi i capelli e guidai la sua bocca sul mio cazzo mezzo in erezione.
La sua lingua iniziò a fare movimenti circolari sulla cappella.
Non la prendeva tutta in bocca. La leccava, la baciava, passava delicatamente i denti per farmi godere. Avevo però troppa voglia di scoparmela.
La forzai ad alzarsi in piedi e a piegarsi sul letto, come avevo fatto poco prima con la sua amica.

Le allargai le gambe ed entrai lentamente nella sua figa bagnatissima.
– oh’ siiii’..
si lasciò scappare.
Mi mossi un po’ dentro di lei, godendomi i suoi gemiti.
Un mio dito le stava violando il culo.
Poi furono due.
Era bellissima.
A quel punto la sodomizzai.
Il mio cazzo entrò senza fatica mentre lanciava un uro di puro piacere.
Le mani sul seno, a stringerle i capezzoli, il ritmo che aumentava fino a non poterne più.

Feci in tempo a farla girare e a togliermi il preservativo. Glielo infilai in bocca pochi istanti prima di venire e continuai a scopargliela fino a quando il piacere non si fece troppo intenso.
La lasciai lì in ginocchio e mi fermai a guardarla.
Poi la feci sedere sul letto, le slegai i polsi e le presi entrambe le mani prima di baciarla infilandole la lingua in bocca. Le sue braccia mi cinsero il collo.
Il gong suonò nuovamente.

Questa volta dovevo rimanere in camera. Dalla porta sarebbe entrata un’altra coppia.

Erano Dario e Sonia.
Lei aveva in testa delle cinghie di pelle che le tenevano una palla nella bocca spalancata. Al collo, un guinzaglio a strangolamento che lui teneva stretto in mano.
La tirò dentro con forza, causandole un attacco di tosse, e la fece piegare sul letto.
Mi fece segno di toglierle la biglia dalla bocca.
Lo feci e lei sembrò cercare affannosamente dell’aria. Dario non glielo permise.
Le entrò violentemente nel culo, scopandola con un ritmo sostenuto.
La catena era tesa e la stava strozzando.
Mugolava ad alta voce.
Le piaceva.

Annalisa era ferma, seduta sul letto di fianco a loro, senza poter vedere cosa le succedeva intorno.
Ascoltava il respiro strozzato di Sonia, sentiva il letto muoversi.
Dario mi vide con l’uccello in tiro e mollò il guinzaglio. Presi Sonia per i capelli e iniziai a sbattere il mio membro sulle sue guance, mentre lei muoveva la testa cercando di prenderlo in bocca.
Ci riuscì nonostante i colpi di Dario non le facilitassero la cosa.
Mi godetti le sue succhiate per un po’, poi tornai a guardare Annalisa.

Aveva aperto le gambe e si stava masturbando velocemente, credo eccitata dai rumori di sesso che venivano dalla stanza.
Mi spostai e mi infilai un nuovo preservativo, posizionandomi tra le sue cosce.
Tolsi la sua mano e la penetrai.
Le sue gambe sulle mie spalle, le mie mani sul suo seno.
Le entravo fino in fondo, tenendo un ritmo lento e costante.

I miei occhi saltavano dalla sua bocca aperta, che sospirava godendo dolcemente, al volto di Sonia che esprimeva il piacere di un sesso violento e rabbioso.
Sonia fu la prima ad avere un orgasmo. Intenso, come la ricordavo mesi prima.

Dario la abbandonò sul letto, si tolse il preservativo e venne a farselo succhiare da Annalisa.
Poco dopo le venne in faccia, schizzandola tutta con il suo sperma proprio mentre io godevo nella sua figa che iniziava a contrarsi.
Uscii da lei e Dario le fu subito sopra, leccandogliela e penetrandola con due dita finch&egrave non la fece venire. Le si accasciò sopra.

Nella stanza tutto era immobile ed il silenzio era rotto solo dai nostri respiri, ancora pesanti.
Dario si alzò ed uscì per andare a suonare nuovamente il gong.

Stavolta tutti gli uomini uscirono dalle camere e recuperarono i loro vestiti.
Dovemmo aspettare un po’ perché Franco non aveva intenzione di lasciare a metà quello che stava facendo. Quando noi fummo a posto, chiudemmo le porte delle stanze sbattendole forte. Era il segnale per le donne per potersi togliere le bende e rivestirsi.

Quello che seguì fu surreale.

Era ormai notte fonda e il padrone di casa servì a tutti dell’ottimo Porto mentre sedevamo su poltrone e divano intorno al camino.
Le ragazze ci raggiunsero, una alla volta.
C’era un gioco di sguardi, di intese. Forse anche un po’ di imbarazzo per qualcuno.
Chissà se avevano capito chi le aveva penetrate, possedute, accarezzate.
Chissà quanto avevano goduto quell’orgia così complicata nelle sue regole da sembrare assurda all’inizio, almeno per chi come me non aveva mai preso parte a cose del genere, ma poi diventata uno sballo per il cervello.

Annalisa teneva lo sguardo basso, aveva i capelli bagnati probabilmente per togliersi lo sperma di Dario, teneva la mano del suo uomo.
Sonia Aveva ancora il segno del collare.
Per il resto, la conversazione non toccò più il discorso sesso.
Andammo poi tutti a dormire, ognuno nella propria stanza e con la propria donna.

Sonia entrò nel letto indossando solo le mutandine. Mi baciò e si addormentò quasi subito, abbracciata a me come se fossimo una normale coppia insieme da anni.

La mattina dopo mi alzai piuttosto presto, come mio solito.
Andai in sala per cercare qualcosa da mangiare. Ci trovai Marzia, sdraiata sul divano con un grosso bicchiere di succo di frutta. Ne presi uno anche io e la raggiunsi. Parlammo un po’, più che altro di Sonia.

Poi lei si alzò, posò il bicchiere sul tavolo e si inginocchiò tra le mie gambe
– Sonia mi ha anche detto che hai un bel cazzo’ e se non sbaglio &egrave l’unico che non ho ancora assaggiato.
E iniziò a spompinarmi fino a farmi venire.

La giornata fu poi molto normale. Una passeggiata per il paese, la polenta al rifugio.
Sonia ed io lasciammo il gruppo nel pomeriggio: domenica lei doveva tenere i bambini.

Mi chiamò ancora una volta per una gita con un gruppo di amici che si sarebbe ovviamente trasformata in un’orgia.
Rifiutai.
Non so perché, semplicemente non mi andava.
Lei ne fu delusa, ma rimanemmo a lungo al telefono a chiacchierare. Non mi chiamò più per i suoi incontri.

Diventammo però buoni amici, e lo siamo ancora oggi.
Il lavoro andava un po’ meglio: qualche contratto decente mi teneva impegnato almeno 3 giorni alla settimana e mi lasciava una discreta fetta di tempo libero a cui mi stavo abituando. Passavo molto di quel tempo in mezzo alla mia grande passione: gli aerei.

Al club dell’aeroporto c’erano sempre altri piloti con cui conversare o andare in volo. Iniziai così a postare un sacco di foto nella pagina Facebook dell’aeroclub, e la conseguenza fu una valanga di messaggi privati. Persone che erano affascinate da quello che vedevano, dal senso di libertà e di avventura che descrivevo.

Molti chiedevano informazioni, qualcuno se poteva venire in volo con me. Erano quasi sempre ragazze. Accettavo molto spesso, in cambio del costo del carburante.

Marika commentò una foto tra le mie preferite, dove la pianura coperta dalla foschia viene bruscamente interrotta dalle alpi che bucano la nebbia.
Mi scrisse che avrebbe fatto qualsiasi cosa per vedere di persona quella scena da ‘Terre di Mezzo de il Signore degli Anelli’.
Le diedi il mio numero e le dissi di chiamarmi.

Iniziammo così una fitta corrispondenza fatta di email, messaggini e qualche rarissima telefonata.
Odio il telefono, non ci posso fare nulla. Comunque ci accordammo per un pomeriggio ma la chiamai il giorno prima dicendole che le condizioni meteo non erano promettenti.
Volle comunque venire in aeroclub per conoscermi.
Dal suo profilo Facebook non si riusciva a vedere una sola foto di lei, quindi rimasi sorpreso quando me la trovai davanti: decisamente bellissima.
Alta quasi come me, capelli biondi, occhi di un azzurro quasi grigio. Fece girare tutti in sala briefing e al piccolo bar.
Un po’ timida, estremamente intelligente, dolce ma al tempo stesso sicura. Mi stava piacendo molto. Chiacchierammo un po’ e poi le proposi di andare a vedere un velivolo da vicino. Accettò con molto entusiasmo.

Ci sedemmo sul mio PA28 e risposi a tonnellate di domande. Mi disse che voleva provare a volare perch&egrave era una cacciatrice di emozioni.
Mi colpì molto perch&egrave era esattamente come mi definisco io.
Nonostante fosse in formissima mi confessò che aveva anche un debole per la buona cucina. Mi diventò ancora più simpatica.
Rimanemmo a bordo del piccolo aereo fino a che non si fece buio. Provai ad invitarla a cena ma mi disse che proprio non poteva. Fissammo un appuntamento per la settimana successiva.

Quella notte la sognai. Sognai il suo profumo, sognai di averla sopra di me per poterla guardare in tutta la sua bellezza, sognai i suoi occhi guardare fissi i miei mentre facevamo l’amore. Non me la tolsi dalla testa per tutta la settimana.

La mattina in cui ci rivedemmo ero emozionato. Parlammo del volo e di quello che avremmo fatto, poi ci dirigemmo al velivolo che ci attendeva al parcheggio. La vidi tesa già durante il rullaggio.
– Sicura di voler andare in volo? Non c’&egrave nulla di male nel cambiare idea e siamo ancora a terra…
– No, portami su. Non hai idea da quanto lo voglia
– ok. Ricorda che se in qualsiasi momento qualcosa non va me lo dici e rientriamo. Iniziamo a fare un giro intorno all’aeroporto, così possiamo atterrare in 5 minuti.
Mi sorrise, ma era un sorriso nervoso.

Decollammo
– E’ molto bello
– Si… &egrave il posto dove mi sento meglio
– Ho paura…
– Ok, torniamo giù
– No.. ti prego, stiamo qui….
Ero davvero tentato di rientrare, ma rimasi in volo vicino all’aeroporto.
Piano piano si sciolse, mi chiese di spostarci sopra le montagne, poi sui laghi. Rimanemmo in aria oltre due ore. A terra mi rivelò di avere avuto da sempre paura di volare, ma che io glielo avevo fatto sembrare troppo bello per non provare.

La invitai di nuovo, stavolta per pranzo. Mi disse di si con un gran sorriso. Passammo tutto il pomeriggio insieme’ e anche la notte.
Diventammo ufficialmente una coppia fissa tra lo stupore dei miei amici.

Nel frattempo, visto che Sonia aveva difficoltà a trovare lavoro, la tirai dentro nella mia piccola azienda.
Ci rimase solo pochi mesi, ma per me essenziali. Uno dei contratti che portò a casa era con il piccolo ufficio milanese di una multinazionale americana.
I risultati del mio lavoro con loro arrivarono presto al Vice Presidente Europa che si trovava a Monaco di Baviera e che volle firmare un accordo di collaborazione che praticamente mi prendeva tutto il tempo disponibile.

Mi trasferii così nuovamente in Germania per qualche mese, finch&egrave non mi propose di farmi assumere da loro come suo braccio destro.
Non fu una decisione così semplice, ma alla fine vendetti le quote della società e tornai a fare il dipendente.

Lavoro ancora con loro, anche se con una mansione diversa.
Nel frattempo, Marika ed io ci siamo sposati.

Finiva così un’epoca difficile ed intensa della mia vita’. Ma non le mie avventure.

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