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089 – Mamma Sofia, suo figlio Cristiano e la sorella

By 4 Novembre 2013Febbraio 9th, 2020No Comments

Studiai ancora una quindicina di giorni intensamente e poi il giorno dell’esame di maturità mi presentai preoccupato e pure parecchio teso. Invece, riuscii a superare l’ostacolo abbastanza facilmente, conseguendo anche degli ottimi voti e così, sistemai i libri di scuola nella libreria e da quel momento il geometra Cristiano si dedicò anima e corpo alla sua mamma. Non so se è corretto dire anima e corpo o piuttosto più corpo che anima, comunque, da quel preciso istante, la mamma e io, attendemmo il lieto evento, scopando come dei ricci; riuscimmo a farlo anche mentre papà era in casa, il nostro desiderio cancellava e ci faceva superare ogni possibile limite. Ogni nostra azione era diretta a cercare di favorire i nostri incontri sessuali. Mi ricordo che una volta la penetrai sul terrazzo di casa, lei, dandomi le spalle, stava amorevolmente seduta sopra di me, chinata in avanti, teneva le cosce ben aperte e i gomiti appoggiati alle ginocchia, le mani giunte chiuse a pugno, che a loro volta le servivano per appoggiarvi il mento. La lunga gonna a coprire le parti sensibili e il mio cazzo infilato fino alla radice dentro la sua figa bagnata e gonfia. In quella occasione lei, con estrema indifferenza, parlava con papà, che leggeva distrattamente il giornale, seduto tre o quattro metri più in là. Lei si rivolgeva a lui amabilmente, lo chiamava persino amore e nello stesso momento, il mio cazzo, con brevissime e lente escursioni la fotteva allegramente. Andammo a far sesso persino in un cinema a luci rosse, nell’ultima fila, sotto lo sguardo di uomini arrapati, mi ricordo che, in quella occasione, lei si mise a spompinarmelo con foga, mentre io, eccitato, guardavo le scene hard che scorrevano sullo schermo e con la coda dell’occhio i cazzi duri che i maschi infoiati e guardoni mi sventolavano vicino al viso. Dopo qualche mese, iniziai ad accorgermi di una certa trasformazione fisica che la mamma stava subendo. Esteriormente si notava soprattutto la pancia prominente e il seno, anch’esso notevolmente aumentato di volume che spesso sbordava dai suoi vestiti scollati. Mi soffermai diverse volte, prima e dopo aver fatto l’amore a osservarla, certo che da nuda i cambiamenti anatomici erano molto più evidenti, ad esempio, mi accorgevo che le tette non erano solo più voluminose, ma erano anche più gonfie e sollevate, si evidenziavano le aureole che si erano scurite, e i capezzoli, anch’essi aumentati di volume, più sporgenti e quasi sempre eretti e duri. La mamma si era poi depilata la figa, l’aveva fatto per accontentare me e così le modificazioni erano molto più evidenti: le grandi labbra erano più carnose, dilatate, sporgenti e la fessura centrale sembrava sprofondare in mezzo ad esse. Leccare il clitoride era come lambire un piccolo cazzo, sempre scappucciato, sensibilissimo, bastava che lo sfiorassi con la punta della lingua o anche solo con i polpastrelli delle dita e lei impazziva, andava in estasi rapidamente e sopraggiungeva in men che non si dica un orgasmo che la lasciava intontita per diversi minuti. Iniziai ad avere timore che, penetrandola, con la mia lunga proboscide potessi dare fastidio al bambino; nella mia fervida immaginazione vedevo la povera creatura che si riceveva in faccia le mie eiaculazioni e così da quel momento, per scrupolo, evitai di venirle dentro. Era però frustrante e il fatto di toglierlo all’ultimo momento per non sborrarle in figa, mi lasciava inappagato e profondamente insoddisfatto. Così un giorno, il caso volle, che io la cogliessi nel momento in cui, lei, nuda in bagno, dopo essersi fatta la doccia, stesse provvedendo a infilare della biancheria nella lavatrice; così, chinata in avanti, era uno spettacolo irresistibilmente invitante e io, giustamente, ne approfittai immediatamente. A sorpresa e a piedi nudi, con passo felpato, le arrivai dietro e senza alcun preambolo, glielo appoggiai già duro fra le natiche, lei si voltò meravigliata, mi guardò, ma non si mosse, quasi come se fosse lì in quella posizione apposta per farsi scopare. Per la sua gioia e soddisfazione glielo infilai nella figa, ma avevo nella mente il desiderio impellente di incularla e così, le sputai della saliva sul canale delle natiche, lasciai che le colasse giù fra le chiappe e poi gliela spalmai per bene attorno al buco del culo, mi inumidii due dita, infilandomele in bocca e sforzando un po’ gliele introdussi nel forellino anale e mentre lei si lamentava io provvidi a lubrificarglielo bene anche dentro. Quando sentii che le scorrevo facilmente all’interno del culo, estrassi le dita e contemporaneamente anche il cazzo.
Lei si lamentò, chiedendomi di continuare a scoparla come facevo prima, ma io non fui di quella opinione e appoggiando la cappella allo sfintere, spinsi con determinazione e le aprii finalmente il culo. Protestò energicamente, ma io non ebbi pietà, la strada ormai era aperta e nei mesi a venire, quella seconda apertura rappresentava per me la possibilità di sfogare i miei istinti fino alla fine, senza usare l’odioso sistema del coito interrotto.
Mentre la inculavo lei si lamentava ancora, diceva che gli facevo perdere il bambino, ma io ormai non potevo più tornare indietro. La possedetti analmente con colpi lenti, scivolando dolcemente, avanti e indietro e affondando sempre di più, il mio membro dentro le sue viscere. Passai la mano davanti e accarezzandogli il ventre sporgente intrufolai le dita fino a raggiungerle il clitoride, vi sfarfallai sopra e lei iniziò a mugolare eccitata. Il cazzo nel culo cominciava a darle piacere, alla fine le gridai che stavo per sborrarle dentro e lei mi pregò di non farlo, mi disse che voleva godere, mi scongiurò di continuare a incularla. E io allora, continuai a stantuffarla sempre più velocemente, per distrarmi, lessi almeno cento volte la marca e il sottostante numero di matricola dello scaldabagno fissato al muro, quindi la sentii venire. Setacciava il bel culone a destra e a manca, con una mano si teneva la pancia e con l’altra cercava di non perdere l’equilibrio appoggiandosi alla lavatrice, la mia sborra, a lungo trattenuta, uscì a fiumi dal meato, le allagai certamente l’intestino e quando, al termine di quella interminabile eruzione, estrassi la mia grossa mazza dal suo buco del culo, fu come vedere, appunto, la bocca di un vulcano, da dove la lava copiosa colava all’esterno, scorrendo poi dentro al profondo sentiero della sua figa rigonfia.
Tra una scopata e una inculata giungemmo così al settimo mese, alcune volte, facendo sesso in modo classico e parecchie altre usando il delizioso e più stretto secondo canale. Da un paio di mesi, la mamma era divenuta la mia amante in esclusiva, lei non voleva più dividersi tra me e mio padre e così raccontò al vecchio genitore che per evitare problemi fin oltre il parto non avrebbe più avuto nessun tipo di rapporto.
Al termine dell’ottavo mese comunque anche noi, cessammo i rapporti penetrativi e ci dedicammo a quelli esclusivamente manuali e orali. Lei ora aveva un pancione esagerato e io per facilitarle il compito salivo sul tavolo della cucina e lei rimanendo in piedi mi faceva degli ottimi pompini.
Puntuale come una sveglia svizzera il parto avvenne secondo le previsioni del ginecologo e con parto naturale la mamma sfornò una bellissima femminuccia. Aveva tantissimi capelli, manco a dirlo, biondi, esattamente come i miei, anche il viso pur se ancora piccolo mostrava spudoratamente le mie sembianze. Nella camera dove c’era la mamma, la prima volta che le portarono la bambina, c’eravamo tutti e due, il vero padre e quello finto, mia madre osservava la creatura attentamente e poi mi guardava fissa negli occhi. Io, con sguardo complice, sorridevo compiaciuto, mentre mio padre accarezzava con estrema delicatezza le manine della piccola Daniela. Era il nome che io avevo suggerito alla mamma e che lei aveva imposto a papà, lui l’avrebbe voluta chiamare Maria, come la buonanima della mia nonna paterna.
Arrivate a casa le due femminucce, io con la mente sgombra dai problemi scolastici, mi dedicai a loro due a tempo pieno. Imparai a cambiare i pannolini e a farla dormire cullandola, poi dopo, nascosti in un altra camera, lontani dalla piccolina, cullavo la mamma dandogli il mio biberon personale. Anche io le succhiavo le tette, mi faceva un po’ schifo il latte che ne fuoriusciva, ma mi piaceva troppo tenere in bocca quei capezzoloni fantastici. Negli anni il nostro rapporto segreto si rafforzò ulteriormente, molte volte mio padre fu vicinissimo a scoprirci, ma riuscimmo sempre a mistificare il nostro operato, a nascondere abilmente la vera verità.
La bambina, crebbe con l’affetto di entrambi i padri e ancora oggi lei non sa che il padre naturale in effetti sono io. Daniela crescendo si è trasformata in una figa bellissima, oggi lei ha qualcosa in più di vent’anni e assieme alla mamma da circa un paio d’anni, giocano entrambe con me.
Quando con calma, ragiono e cerco di sviscerare le motivazioni effettive, che mi hanno portato a desiderare di fare sesso prima con mia madre e ora anche con mia sorella, che poi è contemporaneamente mia figlia, penso di essere inguaribilmente malato di mente.
Con Daniela, tutto ebbe inizio, quel pomeriggio di Luglio, era domenica e si festeggiava assieme ad altri parenti, il suo diciottesimo compleanno. La guardavo con sguardo concupiscente e mia madre se ne accorse. Con una scusa mi chiamò in cucina e mi chiese senza mezzi termini se mi piaceva mia figlia. La guardai senza risponderle, ma nei miei occhi, l’implicita risposta fu fin troppo evidente. Mi domandò se lei non mi bastava più, la guardai e compresi la sua palese e profonda gelosia.
Fu molto dura, mi dichiarò che se l’avessi tradita con Daniela lei avrebbe confessato tutto a papà.
La festa di compleanno di Daniela continuò fino a sera inoltrata e poi, finalmente mi isolai in camera mia. Sbattuto sul letto, pensavo e con infinita tristezza, valutavo la nuova situazione.
Passai quasi tutta la notte in bianco e pur spremendomi le meningi, non riuscii a trovare alcuna soluzione percorribile, fin quando, verso le sei del mattino, esausto, mi addormentai. E’ vero, come recita quel detto: Il mattino ha l’oro in bocca”
Quando mi svegliai, improvvisamente, intravidi la soluzione, dovevo attuarla, portarla a termine, organizzare l’evento, recitare la mia parte e così verso le dieci del mattino, sapendo che Daniela si sarebbe svegliata al suono della sveglia mezzora più tardi, entrai in camera della mamma e come il piano prevedeva, non mi chiusi la porta alle spalle, la avvicinai solamente allo stipite”
Come di consueto lei stava riordinando la camera, mi salutò freddamente e io mi avvicinai a lei da dietro e la abbracciai stringendole il seno, la baciai languidamente sul collo e poi dietro all’orecchio, dentro al quale penetrai con la punta della lingua, le morsi lievemente il lobo, mentre le mia mani viaggiavano all’interno della sua profonda scollatura. Le sussurrai parole di fuoco, ma al contempo dolci come il miele. Le confessai di amarla perdutamente e mentendo spudoratamente le dissi anche che sarebbe stata l’unica donna della mia vita. Lei si girò e mi guardò negli occhi, li vide carichi di libidine, velati dalla passione e si lasciò spogliare. Il leggero vestitino aveva una quantità industriale di bottoni sul davanti, li sbottonai ad uno ad uno e alla fine glielo sfilai, vidi che la mamma si era ‘dimenticata’ di infilarsi le mutande e allora portai le mie mani dietro la sua schiena e sganciai il reggiseno nero, lo feci poi passare dalle braccia e glielo tolsi, liberando così le grosse poppe. Era nuda, il letto era dietro di lei, bastò che la spingessi lievemente per farla adagiare sul morbido giaciglio. Un attimo dopo mi ero già liberato del pigiama e le fui sopra, lei mi chiese se avevo chiuso la porta, mentii ancora e le dissi di si. Mentre lei stava con gli occhi chiusi, guardai l’orologio da polso e vidi che erano le dieci e mezza, glielo infilai in figa e iniziai ad agitare il culo ficcandoglielo fino in fondo, lei gemeva in sordina e io la imitavo, poi, come la mia mente diabolica aveva previsto, il mio piano si realizzò.
Daniela aprì la porta della camera, era in mutandine e reggiseno, ci vide e si portò la mano sulla bocca spalancata dallo stupore, poi corse via precipitosamente, sbattendo l’uscio alle sue spalle.
Mi sfilai da dentro la mamma e lei, come una molla, si mise a sedere. Mi chiese se mi ero dimenticato di chiudere, le dissi di si, forse me ne ero scordato. Addussi la scusa della voglia che avevo di lei, finsi di incazzarmi con me stesso, mi appioppai tutti gli epiteti possibili, poi le presi un fazzoletto dal cassetto del comò e glielo porsi, affinché si asciugasse le copiose lacrime che rigavano il suo viso. Le baciai ripetutamente la fronte, raccolsi il reggiseno da terra e lei lo indossò quindi l’aiutai a infilarsi il vestito, lei come se fosse in tranche, con lo sguardo perso nel vuoto si abbottonò uno dopo l’altro tutti i bottoni. Mi domandò cosa dovevamo fare, era disperata, io no, non lo ero affatto, dentro ero felice e galvanizzato, avrei parlato con Daniela, ero certo che sarei riuscito a convincere la mia ingenua sorella che la cosa era nata dopo la sua nascita e che la mamma poverina non faceva più l’amore con papà perché lui era ormai impotente. Uscii dalla camera e mi avvicinai a quella di mia figlia/sorella, entrai e la vidi, seduta sul letto piangeva inconsolabilmente a dirotto, le accarezzai i capelli e lei mi allontanò con un gesto deciso la mano, mi ammonì di non osare a toccarla, mi guardò con i fulmini che le uscivano dagli occhi bagnati. Iniziai a parlare, le spiegai, almeno, tentai di spiegarle con parole suadenti e con tono pacato, le motivazioni che avevano indotto me e la mamma a diventare amanti. Lei poi, parve svegliarsi dal coma, mi guardò e mise a fuoco la mia immagine completa. Già, nella concitazione, avevo fatto rivestire la mamma e mi era completamente passato di mente di mettermi addosso qualcosa. Ero semplicemente nudo con il cazzo non proprio duro, ma nemmeno troppo molle. Le chiesi scusa e con la mano mi coprii il pube, lei riacquistò un lieve e appena accennato sorriso, era una insperata reazione e quando parlò mi disse che una cosa del genere non l’aveva mai vista nemmeno sulle riviste porno.
Questa volta toccò a me stupirmi, non ero al corrente che lei leggesse riviste di quel genere, glielo dissi e lei per tutta risposta si chinò e aprì il cassetto del comodino da notte, sollevò alcune settimanali di gossip e li posò sopra al letto, quindi, sotto una cartellina di cartoncino blue, spuntarono alcune riviste con le copertine che non lasciavano dubbi su quanto in esse contenuto.
Me le porse, lessi il titolo della prima: Travest. La sfogliai e all’interno trovai fotografie che ritraevano un ampia gamma di transessuali che facevano sesso con donne e uomini indifferentemente. I testi erano scritti in lingua inglese e compresi che si trattava di riviste acquistate all’estero. Mi rammentai che un anno prima lei era stata per motivi di studio in Inghilterra e compresi allora la provenienza di quelle pubblicazioni. La seconda si chiamava invece ‘LESBIAN’ e poi una terza ‘GAY PARADISE’, quindi un’altra il cui titolo mi fu grandemente d’aiuto: ‘INCEST’ . Interessato la sfogliai e vidi scene di sesso tra padri e figlie, tra mamme mature e figli giovani, tra anziani signori e ragazze sui diciotto, insomma c’era tutta la possibile gamma di rapporti incestuosi. Le chiesi allora se si faceva ditalini guardandole e lei abbassò il capo con vergogna. Le misi l’indice e il medio sotto il mento e le sollevai il viso. Era rossa paonazza ma aveva sul viso, come un sorriso che non sbocciava, compresi che sarebbe bastata una battuta a riguardo e lei si sarebbe aperta come una rosa il mese di Maggio. Ridacchiando un po’ le diedi così il benvenuto nella nostra peccaminosa famiglia e lei mi fece vedere il suo magnifico sorriso a trentadue denti. Le accarezzai il viso e lei questa volta non mi respinse, la mia mano sul collo, poi su una spalla, la spallina del reggiseno cadde e lei non si preoccupò di rimetterla al suo posto, con le nocche delle dita scesi e le sfiorai un seno, passai sopra al reggiseno e proseguii il tragitto scendendo sulla pelle nuda dell’addome, ancora più in basso sfiorai impalpabilmente il ventre e scesi sopra le mutandine sul pube. Lei mi sorrideva ancora e con una mano mi accarezzava il torace, anche lei scese poi più in basso, ma il suo percorso fu meno lento del mio, in un attimo si impossessò del mio membro. Compresi allora che questi movimenti già appartenevano al suo bagaglio di esperienze, me lo scappellò liberandomi il glande gonfio e arrossato, ora io le ero vicinissimo, la cappella strusciava contro il lenzuolo del letto, lei con la manina me lo teneva da sotto, scivolò poi fino alle palle, le soppesò e le palpò, poi ancora a impugnare la mia erezione. Le sue gambe erano aperte, invitanti, mi prese la mano e me la condusse sopra alle mutandine, poi con due dita prese l’elastico e creò lo spazio affinché io potessi infilarvi la mano. Lo feci e le mie dita superarono i suoi biondi e serici peli e si insinuarono fra le labbra della fighetta bagnatissima.
Lei mi stringeva ancora il cazzo, che ora mostrava sul meato una pesante goccia di liquido perlato, con la mano libera questa volta si spostò le mutandine di lato e mi attrasse verso di se. Si strofinò il glande contro la figa fino ad aprirsi le labbra e lo appoggiò contro la sua invitante apertura, non mi restò che muovere il bacino in avanti e compresi in quel momento che cos’era il paradiso.
La fighetta di Daniela era strettissima, con la mamma mi sembrava sempre di sfondare una porta aperta, mentre con lei il cazzo scivolava dentro inguainato strettamente, avvolto in tutta la sua superficie, a mano a mano che entrava sentivo che dentro, le strette pareti si aprivano, come il Mar Rosso davanti a Mosè.
La mamma entrò e fu, come uno tsunami, gridò, ci insultò, si percosse il capo, urlò come una ossessa, sembrava posseduta dal demonio, ebbi paura che le venisse un collasso’. Allora mi piazzai davanti a lei e le mollai due ceffoni, andata e ritorno, lei aspirò l’aria a bocca aperta, si calmò di colpo, mi guardò come se mi vedesse per la prima volta in vita sua, fece due passi verso di me, alzò la mano destra, compresi che voleva colpirmi a sua volta, poi, improvvisamente, la vidi afflosciarsi e fui pronto ad accoglierla fra le mie braccia. Con l’aiuto di Daniela la depositai sul letto e poi andai velocemente in cucina, inzuppai con dell’aceto uno strofinaccio e una volta in camera di Daniela glielo feci odorare sotto il naso. La mamma si mosse dapprima grugnendo un po’ e poi aprì gli occhi, guardò me e poi mia sorella e compresi che stava di nuovo per iniziare a urlare, alzai il braccio e feci il gesto di colpirla, lei soffocò l’urlo in gola e deglutì, poi, finalmente si calmò. La lasciammo tranquilla per qualche minuto, fin quando la vedemmo sollevarsi a sedere sul letto.
Quando questo successe era mezzogiorno, iniziammo a parlare, tutti e tre seduti sul letto di Daniela e fin verso le sedici continuammo a parlare, sviscerando in modo abbastanza completo il complesso, complicatissimo e delicato argomento. Fu poi meravigliosa, la presa di coscienza, in noi si era fatta avanti la chiara opinione che tutti e tre eravamo colpevoli allo stesso modo. Forse la mamma, data l’età ed essendo sposata, aveva più colpe di noi, poi in ordine venivo io e per ultima la nostra dolce porcellina Daniela. Certamente non le spiegammo che lei, oltre a essere mia sorella era pure mia figlia, ma tutti e tre assieme comprendemmo che la mamma e io ci eravamo goduti la vita che era stata a tutti gli effetti molto soddisfacente per entrambi e che d’ora in poi, assieme a Daniela lo sarebbe stata ancora di più.
Mia sorella, dopo qualche giorno lasciò il ragazzo e dedicò a me e alla mamma, tutto il tempo e soprattutto tutta la disponibilità di se stessa , intesa sia come anima sia come corpo.
Iniziammo a fare sesso il giorno seguente, quello subito dopo a quello che definimmo il giorno della verità.
Mi rammento che già al mattino, ci trovammo in camera di mamma e Daniela si sedette sulla poltroncina contro il muro e nuda come un verme con le cosce aperte e la manina sulla tenera fighetta, ci guardò scopare, la bambina si masturbava lentamente, mentre io lo ficcavo nel culo alla mamma, la vidi esplorarsi con un dito, forse per la prima volta, il piccolo buchetto posteriore. Feci in modo di far venire la mamma e poi mi avvicinai a lei con il cazzo durissimo e inginocchiandomi sulla poltrona fra le sue cosce spalancate, glielo offrii in modo che lo accogliesse nella sua bocca.
Sicuramente, da come si mosse, qualche pompino lo aveva già praticato, era abile, anche se la massa del mio cazzo era difficile da ingoiare totalmente, ma ce la metteva tutta e alla fine respirando con il naso percepii la cappella in fondo alla sua gola. Le sborrai dentro, la vidi cercare di allontanarmi spingendomi via con entrambe le mani, ma io non mi mossi e la obbligai a deglutire. Ingoiò tutta la mia sborra e alla fine lo sfilai. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e iniziò a tossire fin quando respirando rumorosamente e aspirando aria a pieni polmoni si riprese. Mi chiese se ero matto e io le domandai se non lo aveva mai fatto. Mi rispose di no che i pochi ragazzi con i quali l’aveva fatto non le erano mai venuti in bocca. Mia madre intanto stava sul letto a cosce aperte, la ninfomane aveva ancora voglia e Daniela si alzò dalla poltrona e tuffò il viso fra le gambe di mamma, iniziò a leccarla avidamente, poi salì sul letto e si misero in posizione di sessantanove. Si leccarono e si infilarono le dita dentro la figa e anche nel culo a vicenda, fin quando quasi contemporaneamente vennero rumorosamente con urletti e gridolini acuti. Questa fu la prima esperienza che diede inizio al nostro rapporto a quattro. Si, certo, quattro, io, mia figlia, mia sorella e mia madre”

Arrivederci alla prossima puntata………

Buon sesso a tutti
Ombrachecammina

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