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186 – Giulietta e Letizia inculate di brutto dai fratelli e dal padre

By 19 Novembre 2014Febbraio 9th, 2020No Comments

”””””La mia storia non finisce qui, una settimana dopo, durante una calda domenica, mio padre, mia madre, i miei fratelli, io, mia sorella Lory e la nostra ormai inseparabile amica Letizia, partimmo per andare a trovare i nonni a Bibbona.

In effetti, in città, il caldo di Agosto era soffocante e qualche giornata al mare era parsa a tutti una buona idea. Dentro di me, c’era agitazione ed anche una sorta di imbarazzo a presentarmi davanti ai due maiali che vigliaccamente mi avevano violentata e usata come se io fossi stata una grande troia. Mio padre, prima di partire, mi aveva presa da parte ed aveva chiesto il mio parere sull’opportunità di andare a trascorrere qualche giorno proprio in quella casa che mi aveva vista vittima di un così grave sopruso. Alla luce delle esperienze pregresse che ormai mi avevano condotta su una strada di perversione estrema, quella che interiormente ormai definivo come ‘una iniziazione’ aveva perso la sua importanza e nel mio animo mi pareva appartenesse ormai alla normalità più assoluta. Difatti, in conseguenza di quei primi rapporti di incesto con lo zio Matteo e con il nonno, il susseguente far sesso con mia sorella e poi con entrambi i miei fratelli, mi avevano condotta in una condizione che mi faceva sembrare tutto incredibilmente normale. Forse, a farmi pensare questo era stata la disarmante semplicità che sia Lorenza, sia i miei fratelli gemelli avevano dimostrato in quei frangenti piuttosto torbidi, loro, mi avevano dato la certezza che questi rapporti d’incesto appartenessero alla consuetudine di questa nostra bella famiglia porcella.

Mio padre, previdente, aveva acquistato da poco una Mercedes classe R, sulla quale ci si stava comodamente seduti in sette persone. Partimmo il mattino seguente molto presto ed in sole tre ore e pochi minuti, grazie alla velocità piuttosto sostenuta ed allo scarso traffico, giungemmo a Bibbona; erano le nove quando rividi la stradina polverosa ed il cancello arrugginito, poi il nonno in pantaloncini corti e canottiera, quindi udii il gemere stridente dei cardini della pesante inferriata che si apriva per farci entrare.
Nel cortile assolato scendemmo dalla macchina e subito ci furono i soliti abbracci ed i consueti complimenti da parte della nonna e quindi il nonno che mi strinse a se e mi sussurrò all’orecchio parole irripetibili e sconce.
Lo sorpresi quando alzai il ginocchio e lo colpii al basso ventre, lo feci con discrezione, sorridendogli ed accarezzandogli il viso con affetto, da buona nipotina innamorata del suo dolce nonnino. Lui abbozzò e a sua volta mi sorrise, poi fingendo un improvviso mal di schiena si piegò in due, si scusò con tutti e rientrò in casa.
Mio padre fu l’unico ad accorgersi della mia manovra e mi guardò accennando un sorrisino compiaciuto. Salutai lo zio Matteo, lui mi strinse la mano, mi attirò a se dandomi un bacio per guancia e senza profferir parola passò a salutare mia madre.
Entrammo in cucina e vidi il nonno seduto su una sedia che stava recuperando il fiato. Forse quelle sue grosse palle gli erano arrivate fin dentro lo stomaco? Occhio per occhio e”
La camera riservata a me ed alla mia amica Letizia era al piano di sopra ma non quella della volta precedente, bensì una un po’ più piccola, ma d’angolo, molto luminosa e con una vista fantastica. Al di là delle mie vicissitudini sessuali, quel posto aveva per me sempre un fascino senza confronti e, come la volta precedente, uscii sul terrazzo, esso si sporgeva da un lato verso il mare e dall’altro si affacciava in direzione della lussureggiante collina.
Lontano, il mare, macchiato qua e là da bianchi cavalloni che il vento agitava e lasciava che dapprima si suicidassero nelle azzurre acque e subito appresso rinascessero più forti e violenti di prima. All’orizzonte alcune barche beccheggiavano e si agitavano tornando verso riva. Dalla parte opposta la collina punteggiata di alberi, alcuni piccoli, esili, nascosti fra quelli più alti e svettanti, poi i pini altissimi, appuntiti ed eternamente verdi.
Da quella posizione si godeva di uno spettacolo incredibilmente vario. Il mare, come un amante affettuoso, accarezzava la collina con le sue onde e quest’ultima gradiva quel massaggio salmastro ed in cambio si abbelliva popolandosi di folta e rigogliosa vegetazione. Al fondo del terrazzo si vedeva un altro scenario; la costa da quel lato del poggio era un poco più brulla e si notavano dei canaloni in secca che parevano dei grandi scivoli per bambini. Essi conducevano verso il villaggio, i cui tetti in pietra delle case, si poteva dire, che formassero una specie di scalinata a mano a mano che essi digradavano e raggiungevano gli stretti vicoli lastricati. Distribuiti su quel colle, molti cipressi e parecchi abeti; essi, mossi dal vento si agitavano, si piegavano, quindi prontamente, più arzilli di prima, ritornavano dritti in piedi pronti a combattere ancora. Immersa in quello stato di assoluta contemplazione, pensai alla vita che spesso ci crea grossi problemi tentando di buttarci a terra definitivamente. Ecco, l’esempio di come resistere e non arrendersi mai era tutto lì, raffigurato da quegli enormi pini che si piegavano al vento ma che resitevano e lottavano strenuamente per rimanere in vita.
Ebbi l’immagine di quelle case sottostanti; me le rammentai sussurranti, traboccanti di facezie e pettegolezzi, ma anche maniacalmente ordinate e pulite, esse mi vennero in mente come delle piccole scatole dorate, adagiate sui duri lastricati in pietra, addossate le une alle altre, le porte scure con le finestre quadrate e piccole, chiuse come prigioni da pesanti inferriate.
Sulla via maestra, quella che, come mille altre vie in Italia, era stata nominata Via Roma, una ragazza con una maglietta rossa, camminava lenta dondolando una borsetta di vimini intrecciato. Con lo sguardo la seguii e la vidi salire i moltissimi scalini della chiesa. Anche io sarei dovuta entrare in quel luogo e magari confessare al prete di turno i miei gravissimi peccati. Ma di quali peccati stavo parlando? Volevo vivere la vita lasciandomi prendere dalle sue gioie, sfruttando la mia giovinezza e tutte le belle cose che essa mi poteva offrire. Non mi sentivo peccatrice, la mia coscienza non mi diceva che avevo fatto cose troppo brutte. Non avevo fatto male a nessun animale, nemmeno ad un bambino, e non avevo ucciso nessuno. No, nessuna confessione.
Il campanile chiamava i fedeli alla messa delle dieci e trenta, vidi le campane agitarsi e le lancette sul grande orologio segnare l’ora del sorriso: le dieci e dieci. La ragazza sull’ultimo scalino guardò verso l’alto e parve che il campanile le restituisse lo sguardo col suo unico occhio tondo e quel viso bonario e sorridente da vecchio stanco e saggio.
Davanti al campanile chiusi in una recinzione metallica due alberi a dire il vero un pochino spogli gli facevano da sentinella aiutati dai bassi cespugli di alloro che tutt’attorno formavano una corona.
Quello, in fondo, era il mio paese, il posto dov’ero vissuta fin da bambina e dove la mia mente, nostalgicamente ogni sera prima di addormentarmi, avrebbe voluto riportarmi.

‘Giulia ti sei imbambolata??’

La voce di Letizia mi svegliò dal mio fantasticare e mi riportò alla realtà’

‘Oh, si scusa, amo questo panorama ed ogni volta rimango estasiata ad ammirarlo”

‘Hai ragione, è proprio un gran bel posto questo’.’

‘Senti Leti, io sono tutta sudata, andrei a farmi una bella doccia, tu cosa fai?’

‘Si, anch’io sono accaldata, una doccia ci starebbe proprio bene”

‘Spogliati allora, hai l’accappatoio?’

‘Si, me lo sono portato”

Ci spogliammo, guardai in quel mentre il corpo di Letizia, era proprio carina, le tettine di seconda misura, i fianchi appena accennati da adolescente, il viso con l’incarnato leggermente ambrato, gli occhi neri ed i capelli lunghi e mossi, anch’essi scuri come la pece.
Il culetto era la parte che più si evidenziava per la sua forma e la sua esuberante bellezza, esso era tondo e molto sporgente e la curva sinuosa della schiena, assieme al sedere, formava come una ‘esse’ al contrario; le natiche erano sode ed assieme al canale che le separava, producevano uno spettacolo meravigliosamente esaltante. Le cosce erano magre ed i polpacci quasi filiformi. Una selva scurissima ed intricata adornava il pube formando un triangolo piuttosto ampio che possedeva in se un che di misterioso.

Ella, mosse i piedi per far si che le mutandine rimanessero sul pavimento, quindi mi guardò e mi trovò ancora mezza vestita ed ipnotizzata dalle sue meravigliose fattezze’

‘Giulietta ti sei di nuovo incantata?’

‘Ah, no, si, ecco, ti stavo guardando, volevo dirti che sei proprio ben fatta’..’

‘Oh grazie, sembra la prima volta che mi vedi nuda’.’

‘In questi giorni, diciamo che ti ho intravista, eravamo sempre occupate entrambe a fare altro, e io non sono mai riuscita ad osservare per bene il tuo fisico. Sembri una bambina cresciuta, ma solo un po’. ”

‘E’ vero, certe cose stentano a crescere, le tette poi sono un mio grande cruccio’.’

‘Ma no, sono bellissime così come sono, mica tutte le devono avere voluminose come le mie!!!’

‘Tu hai delle belle tettone e anche la figa depilata. A me invece piace lasciarla così, al naturale’..’

‘Andiamo a farci la doccia??’

‘Si dai, andiamo’.’

Entrammo in bagno ed a scanso di equivoci, subito mi preoccupai di chiudere a chiave la porta. Ci sfilammo gli accappatoi, io entrai ed aprii l’acqua regolandone la temperatura, Letizia invece rimase fuori ad attendere che provvedessi a lavarmi’..

‘Ehi, Leti, vieni, ci stiamo tutte due’..’

‘Non volevo darti fastidio’..’

Non sapevo se faceva l’ingenua o se proprio lo era. Lei e io avevamo fatto sesso assieme, mi aveva leccata la figa e pastrugnate le tette ed ora se ne stava lì titubante come se fosse una verginella davanti al principe azzurro che la sta per deflorare.

‘Dai, vieni, ma quale fastidio, figurati”’

Entrò e si infilò sotto la doccia, eravamo spalle contro spalle e culo contro culo. Mi passai la spugna insaponata sulle natiche e sentii le sue contro il dorso della mano. Mi voltai e le chiesi’.

‘Vuoi che ti insapono la schiena??’

Con una vocina flebile mi disse’

‘Si, se vuoi’..’

Posai la spugna e mi versai un po’ di bagno schiuma sul palmo della mano, poi partendo dalle spalle iniziai a massaggiarla. Di proposito lo feci con delicatezza estrema, sfiorandole la pelle con entrambe le mani. Arrivai fin sopra ai suoi glutei marmorei, li vellicai e li circumnavigai passandole i pollici nel solco profondo; sotto ai polpastrelli sfiorai ripetutamente il suo forellino anale, poi mi accucciai e iniziai a lavarle la parte posteriore delle cosce, scesi ancora in basso sfiorandole i polpacci, quindi, senza mai staccare le mani dalla sua pelle risalii lentamente, con la mano destra mi feci spazio fra le sue belle chiappe e le lavai per bene il buchetto del culo”

‘Vuoi che ti lavo anche davanti??’

Percepii nella sua risposta, la voce incerta; direi, più sensuale, il suo era un tono di voce che voleva farmi comprendere il piacere che stava provando a farsi massaggiare il corpo”

‘No, ”..daiii, faccio”. da’ sola’.’

‘Non mi da fastidio farlo, io avrei voglia di continuare’ Tu no???’

‘Giuli, se vuoi, va bene, continua’.. ti prego’.’

Quel ‘ti prego’ in fondo alla frase fu fin troppo significativo delle sue reali intenzioni’..

‘Girati verso di me”’

Lei si girò e le nostre tette si toccarono, eravamo alte uguali ed i nostri capezzoli si divertivano ad incrociarsi, a scontrarsi, a duellare e titillarsi reciprocamente. Ancora cominciai dalle spalle, poi scesi lentamente verso i piccoli seni; erano durissimi e sodi come non ne avevo ne visti ne toccati in tutta la mia vita.
Le mie carezze sortirono l’effetto di far crescere ancora i suoi puntuti capezzoli. La guardai in viso, teneva gli occhi chiusi ed il capo rivolto all’indietro. L’acqua scendeva sul suo viso e poi a rivoli repentini scorreva sulle sue tette infantili. Mi accucciai davanti a lei e percorsi per bene il ventre, quindi fui attratta irresistibilmente dal suo foltissimo bosco scuro. Le sussurrai appena’.

‘Apri le gambe’..’

Mi rispose con un filo di voce’

‘Si”

Infilai la mano fra le sue cosce la carezzai piano piano, poi il mio dito medio si insinuò fra la fitta peluria e trovò la fessura, vi penetrai e mi accolse un calore umido e scivoloso. Era colma di umori. Un gemito soffocato, come un respiro un poco più profondo uscì dalla sua bocca’.

‘Ooohhh”’

Unii al dito medio anche l’anulare e li introdussi all’interno del suo meraviglioso anfratto nascosto. La scopai con le dita dentro e fuori, dentro e fuori’. Mentre facevo questo, la osservai alcune volte. Lei incurante dell’acqua che le scorreva sul viso entrandole in bocca ed uscendone come un piccolo torrentello, si lamentava sommessamente. La sentivo altresì aspirare l’aria con dei lievi sibili susseguenti. Le dissi ancora”

‘Apri di più le gambe amore”’

Non mi rispose ma mi ubbidì divaricandole parecchio. Mi inginocchiai sul piatto doccia e iniziai a passarle la lingua lappandole la figa ed il clitoride. Le sue mani si posarono sulla mia nuca e mi attrassero contro la sua vagina grondante. Teneva il bacino sporto in avanti e le cosce spalancate al massimo consentitole. Il mio dito medio percorse il perineo e si insinuò fra le sue chiappe. Mi si inondò ulteriormente la figa quando incontrai sotto al polpastrello il suo tenero e strettissimo buco del culo. Dolcemente, mentre continuavo a leccarla, mossi il dito e tentai di penetrarla, lei non fece una piega e mi lasciò fare, spinsi dentro il dito e me lo trovai strettamente imprigionato dai suoi muscoli anali. La prima falange era comunque all’interno e con il clitoride duro che mi si offriva alla bocca, iniziai a stantuffarle lo sfintere con movimenti brevi e veloci. ”.

‘Giuliii, Giuliiii, siiiii, siiiii, siiiii, siiiii, oooohhhh, continuaaaaaa, conti’nuaaaaa’. conti’nuaaaaaa’ siiiii an’co’raaaaaa’ an’co’raaaa’ vengo, vengo, vengooo, vengooo, vengo, siiii vengo, siiii’siiii’. vengooooo”’.’

Uscì dalla doccia improvvisamente e si sedette sul bordo della vasca, respirava a fatica ed andava a prendere il fiato in fondo allo stomaco. Il suo piccolo seno si muoveva con il ritmo del respiro. Le mani fra le cosce parevano attanagliare il pube e tremavano prese dal parossismo più intenso. Finalmente dopo qualche minuto che quasi temetti per la sua vita, aprì gli occhi e mi guardò e, respirando ancora con affanno, mi disse solamente : grazie Giuli, sei grande’.!

‘Bambina mia, vieni qui, hai voglia di dare una bella lavata anche a me???’

‘Si Giuli, si arrivo subito, fammi solo fare la pipì’.’

‘Vieni a farla qui, sotto la doccia, la puoi fare in piedi;come i maschi. L’hai mai fatta stando dritta??’

‘No Giuli, mai fatta così’..’

‘Vieni qui, voglio assaggiarti’..’

‘In che senso???’

‘Non ti preoccupare, vieni sotto la doccia’..’

Poco convinta si introdusse nuovamente dentro il box, le dissi di aprire bene le gambe, le volsi la schiena e mi sedetti sul piatto doccia, infilai in mezzo alle sue cosce il capo, poggiai la mia bocca a ventosa sulla sua dolce fighetta e mugolando le feci comprendere di fare tranquillamente la pipì. Sentii immediatamente un torrente di liquido caldo riempirmi il cavo orale. Certamente aveva la vescica piena e non smetteva più di urinarmi in bocca, inghiottii quanta più pipì potevo, ebbi l’impressione di fare i gargarismi, finalmente il torrente si interruppe e mi arrivarono ancora alcuni deboli getti, le leccai le ultime gocce e quindi soddisfatta uscii da lì sotto.

‘Non l’avevi mai fatto vero? A me l’ha insegnato mia sorella, ma nemmeno io l’avevo mai provato’.’

‘Che gusto ha la pipì?’

‘Non saprei definirlo, eemm, sa di ‘. pipì”

Mi voltai girandole le spalle, lei cominciò a carezzarmi e ad insaponarmi, in pratica rifece per filo e per segno il percorso fatto poco prima da me. Ero intrisa di umori, eccitatissima e sicuramente per questi motivi riuscii a venire. Mi ripromisi però di impartire alcune lezioni di leccaggio alla mia amica per far si che riuscisse a darmi molto più piacere di quanto non fosse riuscita a darmi fino a quel momento.

‘Devo fare anch’io la pipì’ hai voglia di’. provare anche tu a farmi ciò che ti ho fatto io???’

‘Ormai sto diventando una piccola depravata, quindi, voglio provare anch’io’.’

Si mise nella stessa posizione mia e poggiò la sua bocca sulla mia vagina. I primi getti andarono bene ma subito appresso, la sentii tossire e sputare. Io ormai terminai di pisciare lavandole completamente il viso. Quando si alzò in piedi era paonazza e, tra un colpo di tosse e un altro, respirava a fatica. Dopo un po’ si riprese e riuscì a dirmi’..

‘Mi stavi soffocando”’

‘La prossima volta mettici la lingua contro, così regoli il flusso. Eviti che ti arrivi direttamente in gola come se fosse un torrente’..’

Dal momento in cui eravamo entrate in bagno era trascorsa più di un ora. Sperai che nessuno nel frattempo avesse avuto bisogno di entrarci. Feci capolino fuori dall’uscio ma non vidi nessuno. Con indosso gli accappatoi percorremmo il corridoio ed entrammo in camera nostra. Ci buttammo completamente nude sul letto e dopo pochi minuti, esauste, ci addormentammo come due angioletti.

Mi svegliai per prima, guardai l’ora, era ormai mezzogiorno. Al mio fianco un angioletto completamente nudo. La guardai ancora una volta con calma, sembrava veramente una bambina di dodici, massimo tredici anni. Era quel corpo non del tutto sbocciato che le dava l’aria da fanciulla. L’unico indizio che stava a testimoniare la sua maggiore età, erano i peli neri e foltissimi che le ornavano riccamente il monte di Venere.

La scrollai dolcemente e lei aprì gli occhi e mi guardò sorpresa, si mise seduta e con il lenzuolo si coprì pudicamente’.

‘Ehi, Leti, sono io, Giulia’. Che fai ti copri? ‘

‘Scusa Giulietta, quando mi sveglio sono sempre in coma profondo e per qualche attimo non riesco a realizzare niente di quanto mi sta attorno.’

Quando scendemmo in cucina, il pranzo era già pronto, il mio stomaco reclamava la pappa e cominciai a piluccare qualche fetta di salame crudo accompagnandolo con dei grissini caserecci.
Erano le tredici quando ci sedemmo tutti a tavola. Eravamo ben dieci persone, e si parlava tutti ad alta voce. Il nonno mi parve molto serio e lui evitò di guardarmi in faccia per tutto il pranzo. Verso la fine, mio padre, che si era seduto vicino a me, mi parlò nell’orecchio’..

‘Ho parlato con il nonno e anche con zio Matteo’.. Abbiamo avuto una bella e proficua discussione. D’ora in poi non ti daranno più fastidio”

‘Grazie pà’.’

Mi sorrise e mi carezzò dolcemente il viso. Era un bell’uomo il mio papi, lo ammiravo sin da quando ero bambina. Adesso poi che avevo saputo dai gemelli della sua grossa dote, mi ero trovata a pensarlo nudo e per quel “piccolo” particolare era aumentata insistentemente la mia torbida curiosità.
Anche la mamma, che fino a poco tempo prima idealizzavo come una santa donna, era diventata per me fonte di interessi particolari. Il fatto che, seppure durante una serata in cui tutti erano ubriachi fradici, lei avesse fatto sesso con la nonna, con il nonno e anche con lo zio Matteo, mi faceva rivalutare la sua immagine e la proiettava sotto una luce non proprio di serietà, di rettitudine e di onestà.

Il pranzo terminò e comparvero sul tavolo un paio di bottiglie di ‘Vin Santo’ accompagnate da tre cestini di Cantucci con le mandorle, fatti in casa dalla nonna. Sgranocchiai i Cantucci e bevvi il liquoroso vino. Il nonno disse che lo comprava da una azienda locale che produceva artigianalmente piccole quantità di quel ‘Santo nettare’. In breve le bottiglie evaporarono e subito furono sostituite da altre due identiche. Decisamente in quella casa era difficile terminare un pranzo od una cena senza essere quantomeno brilli. I gemelli, che solitamente non erano grandi bevitori, parvero però gustare in modo particolare il Vin Santo e non disdegnarono neppure di abboffarsi degli ottimi Cantucci. Come spesso succedeva, anche quel dopo pranzo fu molto allegro; il nonno in particolare era molto ciarliero e raccontava in ‘vino veritas’ varie amenità della sua vita vissuta e le sue avventure sentimental-erotiche, tralasciando naturalmente le sue ‘eroiche’ maialate con la sottoscritta.
Come disse Alexandre Dumas: ‘Il vino è la parte intellettuale di un pranzo, la carne ed i legumi non sono che la parte materiale.’
Partendo da questo presupposto mi versai un altro mezzo bicchiere di Vin Santo, feci per afferrare un altro Cantuccio, ma le ceste erano ormai tutte vuote. La nonna si alzò prontamente e tornò con una teglia da forno versandovi il contenuto dentro ai cestini vuoti.
Dopo una buona mezzora altra, dissi a Letizia che mi sentivo chiudere gli occhi, lei mi guardò con gli occhi lucidi, e mi rispose che era praticamente ubriaca. A fatica alzai il sedere dalla sedia e Letizia fece la stessa cosa, salutammo la allegra compagnia e sostenendoci a vicenda, ci avviammo verso la scala che ci avrebbe portate in camera da letto. Udii solo la voce del nonno che diceva ridendo ad altissima voce:

‘Ma guarda un po’ che culetti ‘ste ragazzine!!!!’

Il bastardo ci stava guardando dal basso verso l’alto e da sotto i nostri mini vestiti ci vedeva il allegramente culo!!
Mio padre anche lui un pochino alticcio’

‘Oh babbo, smettila di fa’ l’maialeeeee!!!!’

Sgattaiolammo abbastanza velocemente in camera, mi sentii accaldata ed allora mi sfilai il vestito e rimasi con il solo perizoma addosso. Letizia fece la stessa cosa buttando il suo abito sopra il mio. Aprii la porta che dava sul terrazzo e mi affacciai per prendere un po’ d’aria. Mi raggiunse immediatamente la mia dolce amica. Mi abbracciò da dietro ed io sentii le sue tettine contro la schiena. Non ci avrebbe potuto vedere nessuno. Davanti a noi solo il panorama e nient’altro. Mi girai verso di lei e l’abbracciai, lei si strinse affettuosamente a me.
Sussurrai nel suo orecchio’

‘Andiamo dentro è meglio”

Lei mi seguì ed in breve ci trovammo sul letto abbracciate. In quel momento, sentii bussare alla porta, poi, i miei fratelli, senza nemmeno attendere risposta entrarono. Erano in pratica tutti e due ubriachi fradici fino al midollo. Arrivarono fin vicino al divanetto e si buttarono sopra. Forse si accorsero di noi solo in quel momento e Andrea si rese conto che eravamo nude e vergognosamente abbracciate’.

‘Le due maialine, visto Mario? Aspettavano solo noi’..’

‘Due belle lesbichette!!’

‘Andrea, guarda che questa volta me l’inculo io la Giulietta”’

‘Se tu t’inculi la Giulietta io glielo sfondo alla Letizia!!!’

Parlavano di noi come se fossimo mercanzie a loro disposizione, alla mercé dei loro cazzoni arrapati. Mi alzai dal letto e mi rinfilai il vestito, la stessa cosa fece Letizia. Li guardammo con aria di sfida e senza profferir parola li abbandonammo lì sdraiati sul divano ed uscimmo dalla stanza.

‘Mah, i maschi chi cazzo credono d’essere??? Solo per quella appendice che hanno lì davanti, pensano che siamo le loro schiave???’

‘Hai ragione Giulia, se lo possono tenere il loro batacchio!!! Noi quando ne abbiamo voglia ci possiamo aggiustare anche da sole!!!’

‘Scendiamo giù?? Chissà se la ciurma di ubriaconi è ancora a tavola.’

‘Andiamo a vedere”

A tavola non c’era più nessuno; come al solito le persiane erano accostate e all’interno si stava abbastanza bene. Decidemmo di uscire in cortile e una volta fuori, un afa soffocante ci accolse togliendoci il respiro. In fondo, attorno al famoso tavolo in cemento, all’ombra del fico, erano rimasti a chiacchierare il nonno, la nonna, lo zio Matteo, mio padre, mia madre e mia sorella Lorenza. Presi Letizia per mano e la condussi dietro la casa, percorremmo tutto il perimetro ed arrivammo nei pressi dell’orto. Sempre con la mia amica per mano tagliammo dentro l’orto e giungemmo, nascoste dalle alte siepi, vicinissime al tavolo dove il gruppetto stava cianciando allegramente. Ero curiosa di conoscere la natura dei loro discorsi e, soffocando una risata, ci acquattammo per ascoltare le loro conversazioni.
Rimanemmo in quella posizione ascoltando il nonno raccontare, come di consueto, alcuni fatti vissuti in gioventù e mio padre che assieme allo zio lo prendevano in giro perché in fondo raccontava sempre le stesse cose ormai trite e ritrite. Poi, mentre io mi stavo stufando e assieme a Letizia eravamo in procinto di allontanarci dal nostro nascondiglio, udii mio padre dire’

‘Certo che come quella volta che ci siamo ammucchiati tra di noi, non ci sarà mai niente di meglio!!!’

La nonna intervenne’

‘Dai Paolo, non tirar fuori ‘sti discorsi, ti prego’..’

‘Che c’è di male, tanto i bambini non ci sono’.’

Il nonno allora’

‘Bambini, bambini’. Ma quali bambini, sono grandi ormai!!!!’

Lo zio Matteo ridendo sguaiatamente”

‘Già, noi ne sappiamo qualcosa vero babbo???’

Ancora le nonna che tentava di arginare il fiume di discorsi sconci che stavano nascendo’..’

‘Piantatela, basta adesso, è stato un errore grave e io ancora me ne pento!!!’

Lo zio Matteo insistette girando il coltello nella piaga’

‘O mamma, lascia perdere, tu e la tu nuora, siete state la pietra dello scandalo!!!’

‘Proprio per questo che non ne vorrei più parlare’..’

Inaspettatamente mio padre’.

‘E’ inutile negarlo, quel giorno è stato indimenticabile, ci siamo divertiti ed abbiamo goduto tutti un sacco’.’

Lo zio’

‘Tu ti sei stato il più bastardo, ti sei sbattuto la mi figliola!!!!’

‘Senti chi parla, tu non hai per caso fatto la stessa cosa con la mia???’

La nonna che non era a conoscenza dei fatti’..

‘Matteo, ti sei trombato la Giulietta?????’

‘Si, l’ho fatto, c’era pure il babbo con me’.’

‘Zeffiro!!!! Ma che t’hai fatto????’

‘Moglie è successo, non so nemmen’ io perché, l’eravamo ‘mbriachi!!!’

Mia madre incazzatissima intervenne”

‘Vi siete scopati la mia bambina?????’

Il nonno allora’..

‘Non l’è più bambinaaa!!! L’è invece tanto troiaaa’ Solo a pensarci mi vien duro!!!’

Attraverso la fitta siepe vidi il nonno toccarsi il cazzo da sopra i pantaloni e notai mia madre che lo guardava con interesse.
La nonna ancora a cercare di calmare gli animi’.

‘Zeffiro smettila”’

Mia madre’.

‘Per fortuna che tuo figlio non ha preso da te’..’

‘Che vuoi dire che non ha preso da me??’

‘Vuol dire che lui ce l’ha il doppio del tuo!!!’

Mio padre’..

‘Sono proprio discorsi del cazzo questi’.’

La mamma trangugiando l’ennesimo bicchiere di vino’.

‘I gemelli invece sono proprio uguali al loro padre, eh, eh, eh, stesso cazzone!!!’

Sentire la mia mamma, ubriaca fradicia, parlare in quel modo, mi sembrò strano. Da sempre lei era raffinata e, specie in compagnia di altra gente, non l’avevo mai sentita esprimersi con quei vocaboli così scurrili.

Lo zio Matteo, mentre si riempiva nuovamente il bicchiere”

‘I ragazzini ce l’hanno più grosso del loro zio???’

Dicendo questo, barcollando un po’ si alzò in piedi e, dopo aver armeggiato a lungo con la zip dei pantaloni, infilò la mano nelle mutande ed estrasse il suo cazzo duro.
La nonna in un estremo tentativo di bloccarlo si inalberò alquanto e gli urlò:

‘Matteo, basta!!! Metti nelle mutande quel coso!!!!’

Lui se ne fregò altamente e se lo sbatacchiò con la mano, scappellandolo più volte’.

‘Cognatina che ne dici eh??? Non ti piace??? E’ bello grosso no???’

Mia madre, ormai completamente fatta’..

‘Che ridere Matteo, ce l’hai metà di quello di tuo fratello e molto più piccolo pure dei miei ragazzini!!!!’

Letizia mi carezzava intanto la schiena, io mi sentivo le gambe anchilosate a forza di stare in quella posizione. Mi alzai in piedi e con il piede destro calpestai un ramo secco. Un ‘crac’ fortissimo rivelò a tutti la nostra presenza. Lo zio’.

‘Chi c’è dietro la siepe???’

Con il cazzo fuori egli fece il giro della siepe e ci scoprì in flagrante. ‘..

‘Eccole qui le porcelline dal bel culo!!!!’

Ci prese per la collottola dei vestiti e ci trascinò allo scoperto’..

‘Guardate qui chi c’era dietro la siepe, le due maialine!!! !!!’

Poi senza pensarci due volte se lo prese in mano e’..

‘Giulietta, te lo ricordi il cazzone dello zio???’

Gli buttai addosso tutta la mia rabbia e lo canzonai dicendogli’

‘Zio ma come fai ad essere il fratello di mio padre se hai il pisellino che è un quarto del suo!!!’

Lui tentò di prendersi la rivincita dicendomi:

‘Ti è piaciuto però il cazzone dello zio qualche tempo fa!!!’

Letizia si nascose dietro di me, mentre mio padre si frappose tra noi e lo zio’.

‘Dai Matteo, lascia stare le ragazze, sei ubriaco, è meglio se vai a riposarti un po”’

Lui, fece due passi verso di noi, poi, come se all’improvviso gli mancassero le forze, fece dietro front e barcollando se ne andò.
Mio padre, incazzatissimo si rivolse a me dicendomi’

‘Che cazzo ci facevate li dietro??? Non si spiano i discorsi degli altri!!!’

‘Tanto per ridere, per sentire ciò che stavate dicendo, eravamo curiose’.’

Il sole, in quel momento scomparve dal cielo, guardai in alto e vidi alcune nuvole che si stavano rapidamente affollando e coprendo la grande polenta gialla. Il nonno che di queste cose se ne intendeva disse:

‘Ragazzi, è meglio che ci trasferiamo in casa, fra qualche minuto mi sa che inizierà a piovere’..’

All’unisono sollevarono tutti gli occhi al cielo ed acconsentirono. Un tuono rumoreggiò lontanissimo, pareva un brontolio cavernoso che si avvicinava sempre più, un lampo precedette un altro tuono e poi alcune gocce di pioggia colpirono con violenza le larghe foglie del fico. Raccogliemmo le bottiglie e i pochi biscotti rimasti e corremmo tutti velocemente verso casa. Sdraiato sul divano della cucina, lo zio Matteo stava dormendo a bocca aperta e russava come e più di un ghiro. Le lunghe lancette dell’orologio appeso al muro segnavano le diciotto e trenta. La nonna aprì la finestra che dava sul cortile e bloccò le ante che, mosse dal vento, sbattevano rumorosamente contro il muro.
Improvvisamente la bella giornata di sole e di caldo si stava trasformando in grigia giornata di pioggia e vento e pareva che qualcuno lassù avesse pensato di spegnere la luce. La stessa luce che la nonna provvide ad accendere. Mio padre che non sapeva stare con le mani in mano disse alla nonna’.

‘Mamma, prendi le carte che giochiamo a scala quaranta”

A parte lo zio che dormiva profondamente sul divano ed i due gemelli, forse pure loro addormentati in camera nostra, noi tutti eravamo seduti attorno al tavolo della cucina.
La nonna posò due mazzi di carte sul tavolo e si sedette pure lei. Eravamo in sette, mio padre raccolse i mazzi di carte, le mescolò e quindi iniziò a distribuirle. Il nonno chiese poi’..

‘Che ci giochiamo???’

Mia madre con la voce impastata dall’alcool fu la più svelta a rispondere’

‘Chi chiude si toglie qualcosa di dosso’.’

Mio padre che forse era l’unico non troppo ubriaco’

‘Oh madonna Lucrezia, sei diventata una ninfomane???’

‘Che male c’è dai, siamo tutti adulti no???’

La nonna intervenne per cercare di calmare un po’ i bollenti spiriti di tutti’.

‘Va bene, ma non ci mettiamo nudi!!!’

‘E va bene, ok, va bene’.’

Alle diciannove e trenta, il temporale cessò e si rivide il sole e la luce del giorno. Intanto il mio babbo era in pratica rimasto con le sole mutande, la mamma aveva indosso ancora la gonna le mutandine ed il reggiseno. Il nonno aveva chiuso solo una volta e si era sfilato la sola camicia. La nonna, che sapeva giocare benissimo era in mutande e reggiseno.
Letizia io e Lorenza avevamo chiuso solo una volta a testa e ci eravamo tolte la sola camicetta. Poi la situazione ci scappò di mano, chiuse nuovamente mio padre e senza pensarci due volte, si alzò in piedi e si liberò dell’ultimo indumento che indossava.
Vidi per la prima volta in vita mia il cazzo di mio padre. Noi tre ragazze, rimanemmo letteralmente a bocca aperta. Quello era il Dio cazzo; il cazzo dei cazzi, l’icona dei cazzi nel mondo. Era largo, tanto largo, sembrava una lattina della Coca Cola, ma era lungo almeno quattro o cinque centimetri di più. Gli pendeva molle, coperto dalla pelle, sotto si intravedevano due palle che parevano delle palline da tennis. Il fusto era innervato da fiumiciattoli bluastri in rilievo e la pelle era parecchio più scura di quella delle gambe e del resto del corpo. La punta di quel gigantesco obelisco arrivava fin oltre metà coscia, senza nemmeno accorgermene percepii un fiume caldo allagarmi la vagina. Toccai con il gomito, la mia amichetta Letizia e lei mi guardò stupita, anche Lorenza, che era la più scafata delle tre, era allibita da tanta grazia. Non seppi resistere e guardando la mamma in viso le dissi’.

‘Mamma, capisco adesso perché quando lo fate in camera vostra ti sento urlare’.’

Lei con il bicchiere colmo di vino in mano e la voce sempre più biascicata mi rispose’

‘Giulietta, tuo padre ha un cannoneee’ eehhhh, ehhhh, ehhhh”.. Dovresti vederlo quando è duro!!!’

La mia tenera mammina, che di solito era l’immagine della finezza e della purezza, si stava proprio lasciando andare’.

‘Ehhmmm digli a papi che te lo faccia vederee durooo’ eeeehhhhhh”’

Mio padre intervenne nuovamente’.

‘Basta Lucrezia, piantala, stai diventando volgare!!!’

Lorenza che stranamente fino a quel momento non aveva mai parlato’

‘Si papi, però s’era detto niente nudo integrale e invece tu”’

‘Non è mica colpa mia se ho chiuso un’altra volta!!!’

Guardai in direzione del divano e vidi lo zio che, sprofondato nel sonno, continuava incessantemente a russare. La nonna intanto’

‘Chiuso!! Ho chiuso ancora!!’

La vidi liberare le sue grosse poppe e rimasi strabiliata dal fatto che fossero ancora sode e ben sollevate. ‘

‘Nonna, ma come fai alla tua età ad avere le mammelle così turgide???’

‘Ho la pelle spessa che non si lascia mai andare”

‘Nonno hai da giocare con quelle tette”’

Risero tutti ed intanto la mamma distribuì nuovamente le carte
Fu un giro fortunato, mi arrivò un bel Jolly e riuscii a chiudere rapidamente.

‘Ho chiuso io’.’

Misi sul tavolo le carte e poi mi tolsi il reggipetto’.. Mio padre, mi guardò e disse’

‘Dici della nonna ma tu hai il seno uguale al suo’.’

‘Un pochino più piccolo il mio’.’

‘Si ma come forma è identico”

La mamma guardò mio padre ed ormai ubriaca fradicia gli chiese’.

‘Cos’è? Tua figlia te l’ha fatto diventar duro???’

Mio padre sorrise maliziosamente e poi si alzò in piedi. In quel momento fui certa che un cazzo così non l’avrei mai più visto in vita mia. Un randello incredibile, lungo almeno ventisette, ventotto centimetri, la cappella era scoperta, lucida, con la pelle vellutata e tesa, il taglietto con una piccola goccia che fuoriusciva colante. Se lo toccò un paio di volte e poi lo appoggiò sul tavolo’.. La nonna, forse la più sobria di tutti, si alzò in piedi e con il viso severo e la voce autoritaria disse’.

‘E’ meglio che la smettiamo qui, si sta degenerando’..’

Con le mani raccolse le carte dal tavolo e le mise in ordine, quindi le chiuse nelle scatoline e si alzò portandosele via. Nel silenzio più totale tutti iniziarono a rivestirsi ed in breve ognuno sparì nella propria camera.
Letizia e io entrammo nella nostra, sul letto Mario e Andrea stavano in posizione di sessantanove e se lo stavano succhiando a vicenda. Talmente erano presi dalla loro performance che non si accorsero nemmeno della nostra presenza. Quel giorno per noi due femminucce fu un tripudio per i nostri occhi e per i nostri sensi. I corpi muscolosi e perfetti dei due ragazzi, il sedere di Andrea che si muoveva scopando in bocca Mario, mostrandoci le grosse palle fra le cosce divaricate, quei due membri giganti forse un po’ meno grossi e lunghi di quello di papà, ma comunque di dimensioni assolutamente incredibili, fecero si che ancora una volta fra le nostre cosce si propagasse un calore intenso ed una copiosa piacevolissima umidità. Smisero di pomparsi il cazzo e Mario si sdraiò supino, Andrea gli fu sopra, gli sollevò in alto le gambe ed appoggiò nell’incavo delle ginocchia le sue spalle, poi guidò il suo pene contro il buco del sedere e glielo infilò a fondo. Li sentimmo grugnire entrambi, fin quando, masturbandosi, Mario eiaculò un sacco di sperma che lo colpì persino sul viso. Andrea affondò ancora il membro nello sfintere di suo fratello e lo udimmo dire che stava sborrando. Quando i due, calmato il respiro, si disgiunsero, ci videro lì sedute tranquille sul divanetto, con le cosce aperte mentre ci masturbavamo tutte godute. Rimasero a loro volta seduti sul bordo del letto ad ammirarci mentre con le nostre abili dita raggiungevamo entrambe l’orgasmo. Ci baciarono in fronte e si rivestirono, quindi uscirono dalla nostra camera.

Il resto della serata trascorse a riposare ed a smaltire i postumi delle varie sbronze.
Mi svegliai al mattino seguente, ancora vestita e con una voglia di far pipì inarrestabile. Letizia ancora dormiva, andai in bagno e poi quando tornai la scossi per svegliarla.
La prima cosa che disse fu:

‘Ho la testa che mi sta scoppiando, ho sognato tutta la notte il pisellone di tuo padre”

‘Io non mi ricordo cosa ho sognato, so solo che mi sono svegliata da pochi minuti e che se non andavo in bagno l’avrei fatta nel letto.’

‘Anch’io devo farla”

Si alzò dal letto e a sua volta andò in bagno. Decidemmo al mattino di andare in paese a farci un giro tanto per distrarci un po’ e spettegolare sulla mia famiglia e sui suoi usi e costumi. Prima però era d’uopo far colazione. Sia io sia Letizia, dopo il digiuno della sera precedente avevamo infatti un appetito inverosimile.
Scendemmo la scala e ci venne incontro un piacevole profumo di vaniglia; arrivammo quindi in cucina e la nonna ci accolse con un larghissimo sorriso ed un ‘buongiorno’ spontaneo e allegro. Ci disse di andare in cortile a prendere una brocca d’acqua fresca dalla fontana e di tornare che ci avrebbe fatto trovare la colazione pronta. In effetti al nostro ritorno su quel tavolo trovammo ogni ben di Dio.
Una caraffa di succo d’arancia, una di succo di pomodoro, un barattolo di miele profumatissimo ed uno, con l’etichetta scritta a mano, che recitava ‘composta di mele cotogne’. Dentro ad un cesto di vimini si trovavano dei biscotti casalinghi e delle fette di pane tostato. Poi, disposta su un piatto bianco, una torta appena fatta, ancora tiepida, cosparsa di cacao e di pezzetti di mandorle e cioccolato fondente. Un piattino conteneva dei riccioli di burro, mentre dentro ad un bricco c’era della panna fresca. A parte, posata sopra una piastra che la teneva calda, una cuccuma di caffè. Alcune uova sode immerse in una ciotola di acqua fredda ed infine, sopra un piatto a fiorellini, alcuni grappoli d’uva dorata.

‘Nonna, ma c’è da mangiare per dieci persone qui”

‘Non è mica tutto per voi, lasciatene un po’ anche per gli altri’.’

‘Si, si, ok nonna, forse ne lasceremo un po”’

La nonna rise e noi iniziammo a versarci il caffè nelle tazze mescolandoci poi la panna.
Non riuscimmo a mangiare tutto noi, ma poco ci mancò. Alla fine, satolle e soddisfatte ci alzammo dal tavolo ed io dissi alla nonna’

‘Noi andiamo in paese, giù a Marina’.’

‘Va bene, guardate che alle una si mangia!!’

‘Ok, per l’una saremo di ritorno”

Presi l’auto del babbo e scendemmo a Marina di Bibbona. Parcheggiai nella parte periferica del paese e ci incamminammo verso il centro storico, per quelle stradine che suscitavano in me tantissimi indimenticabili ricordi.
La forma particolare e caratteristica di Marina reca tracce di antichità che sono fin troppo evidenti nella sua stessa architettura ed io volli orgogliosamente far ammirare alla mia amica proprio queste peculiarità di quello che io ritenevo a ragione essere il mio paese natale. Condussi così la mia amica nella piccola zona storica, ad un certo punto, ci trovammo in una minuscola piazza, sulla nostra sinistra una casa con il muro in pietra e, a pian terreno, chiusa da persiane verdi, una finestra sul davanzale della quale spiccavano come una gradevole macchia rossa, alcuni enormi vasi di gerani vermigli. Pochi metri più avanti un arco dava accesso ad una viuzza lastricata in porfido grigio scuro e, alzando lo sguardo sullo sfondo di questo budello, si intravedeva alla destra, la punta della torre campanaria con tanto di grande campana in bronzo.
Proprio in quel budello era iniziata la mia prima esperienza con Tonio. Di lui e dei nostri tenui e fatui fuochi vi ho già raccontato in precedenza.
Ero sempre affascinata da quel paesello di poco più di tremila anime, dalla sua storia, persino dal suo castello che si ergeva tozzo ed inquietante a testimoniare la presenza di alcuni importanti casate nobiliari della fine del settecento. In fondo, in quelle viuzze, in quelle stradine e piazzette fatte da molteplici archi, archetti, sottopassi, scale e scalette laterali, io avevo vissuto la mia giovinezza ed il rammarico di non esserci rimasta a volte mi pervadeva fortemente l’animo. Promisi a Letizia che prima della fine delle vacanze l’avrei condotta a visitare le pinete che si espandono per chilometri a destra ed a sinistra della spiaggia e che naturalmente con lei saremo andate a prendere il sole proprio in quella spiaggia di sabbia finissima. Era anche uno spettacolo guardare le espressioni meravigliate di Letizia, la sua bocca spalancata in segno di ammirazione, i suoi occhi che si nutrivano di tutta quella cultura e che da soli dicevano di quanto fosse felice d’essere lì con me a godere ed a condividere tanta bellezza storica.
Lei ed io eravamo amiche da poco tempo, ma già s’era creato un feeling importante, che andava ben al di là dei nostri seppur intensi rapporti sessuali. C’era intesa caratteriale, la stessa età, gli stessi gusti; anche il tenersi dolcemente per mano mentre si osservavano le bellezze della nostra Italia faceva da collante a questa nostra novella amicizia. Tornammo all’auto e guidai immergendoci nella zona nuova. Totalmente diversa, moderna costituita da case basse quasi tutte bianche che conducevano verso il mare. In effetti la strada che stavamo percorrendo si chiamava proprio ‘Via Del Mare’ Fermai l’auto e ci sedemmo poi su una panchina, attorno moltissima vegetazione, costituita per la maggior parte da pini marittimi. Attraverso le case ed i foltissimi abeti si intravedeva il mare. Da sempre avevo l’impressione di aver cambiato epoca, d’essere passata dagli inizi dell’ottocento ai giorni nostri in una frazione di secondi. Chiacchierammo un po’, lei mi parlò della sua amicizia con mia sorella Lorenza, della quale amicizia, lei non era poi molto contenta. Lory era più vecchia di qualche anno e questo faceva sentire Letizia come una bambina che parla con la mamma.
Con me, mi confessò che la situazione era diversa, che si trovava veramente molto bene in mia compagnia e che anche una volta tornate a Parma le sarebbe piaciuto continuare a frequentarmi. Le dissi che anche a me sarebbe piaciuto e visto che le intenzioni erano comuni ad entrambe ci scambiammo il numero di cellulare. Mi accorsi che era mezzogiorno e, per non far incavolare la nonna, dissi a Letizia che dovevamo per forza di cose tornare a casa. Mi disse che avrebbe voluto rimanere lì ancora per un bel po’, ma che sottostava ai miei desideri e pure a quelli della mia cara nonnina.
Tornammo come promesso per le tredici in punto, la nonna ci vide e guardò l’ora, poi si meravigliò per la incredibile puntualità e ci diede altri dieci minuti per andare in bagno ed eventualmente cambiarci d’abito.
Velocemente entrammo in bagno, ci spogliammo e ci infilammo sotto la doccia. Le lavai la schiena e lei lavò la mia, le sue mani sulla mia pelle calda mi iniettarono nel cervello un imperante desiderio di fare l’amore; mi girai verso di lei, i suoi seni contro i miei, la baciai sulle labbra e poi le nostre lingue si incrociarono ed iniziarono a lottare piacevolmente. La respinsi, vidi i suoi occhi colmi di passione fissarsi nei miei, le carezzai il viso e le dissi che purtroppo la nonna e gli altri ci attendevano per il pranzo. Entrambe ansimanti uscimmo da sotto il getto d’acqua e frustrate dalla spiacevole interruzione ci rivestimmo ed in breve fummo sedute a tavola. Fu un pranzo, dal punto di vista culinario, di grande pregio ma lo fu molto meno dal punto di vista famigliare. Vidi musi lunghi e molto imbarazzo, con sporadici tentativi di rallegrare la compagnia da parte del nonno, dello zio Matteo e dei gemelli. Quest’ultimi poi, inconsapevoli di quanto accaduto la sera precedente, facevano le battute e poi ridevano da soli. Per gli altri solo isolati sorrisi e lievi risatine. Ad un certo punto chiesi a mia sorella se aveva voglia di andare in spiaggia assieme a me ed a Letizia. Lei mi guardò e con una certa sufficienza mi rispose:

‘Ummhh , si, si, va bene, ma non troppo sul presto’.’

Per tranquillità chiesi a mio padre se la macchina era disponibile e lui guardò dapprima mia madre e poi mi rispose che sarebbero venuti anche loro con noi al mare. Vista la situazione di imbarazzo generale anche i gemelli si accodarono. Il nostro nucleo famigliare si muoveva compatto. Tutti per uno ed uno per tutti. Ci riposammo tutti un po’ e poi verso le quindici partimmo. Mezzora dopo eravamo già tutti sistemati in spiaggia. Letizia e io sotto ad un ombrellone, Lorenza, alla nostra destra, da sola sotto ad un altro, i due gemelli inseparabili nella fila antistante la nostra ed alla loro destra papà e mamma. Un bel gruppetto insomma.
Papà, e ne comprendevo il motivo solo dopo la sua ‘ubriacante’ esibizione della sera prima, indossava come di consueto un paio di boxer molto ampi in tela a quadroni bianchi e azzurri. Anche i gemelli, si erano infilati degli identici pantaloncini color giallo fosforescente, naturalmente larghi che gli arrivavano sino al ginocchio. Sotto ai costumi di tutti e tre i maschietti non si poteva mai nemmeno pensare che ci fossero delle mostruose armi da guerra. Lorenza aveva un bikini color fucsia che lei amava tanto, io un due pezzi giallo anch’esso il mio preferito e Letizia un costumino intero molto sgambato e senza spalline di colore blu con i bordi bianchi. La mamma un costume intero di colore nero, parecchio scollato sull’abbondante seno e molto casto invece nella parte inferiore.

Quella riunione di famiglia fu il viatico ad una situazione che nessuno si sarebbe potuto immaginare potesse succedere. Anche se poi, con il passare del tempo, riuscii a comprendere quale era stata la molla o la scusante per giustificare ciò che successe.
Erano le diciotto e trenta circa, quando mio padre propose di andare a mangiarci una buona pizza invece che tornare a casa a cena. Tutti accettammo con entusiasmo, anche per la cupa atmosfera che in quelle ore si respirava nella casa dei nonni.
Lorenza si collegò con il suo iphone ad internet e cercò il numero di telefono della pizzeria. Prenotammo per sette persone alla ‘Pizzeria Riva dei Cavalleggeri’ Ci dissero che avrebbero unito tre tavoli e che i posti erano disponibili solo dopo le ventidue.
Subito mio padre ci disse che era troppo tardi, poi la mamma chiese al proprietario dei bagni se potevamo restare fin verso le venti in spiaggia. Lui acconsentì e noi restammo li sdraiati a guardare le altre persone che poco alla volta se ne tornavano a casa e ad ammirare il tramonto del sole. Mio padre telefonò alla nonna e l’avvisò che non saremo tornati per cena. Alle venti, anche l’uomo della spiaggia ci disse che lui se ne andava e ci pregò di legare gli ombrelloni e di chiudere i lettini prima di andare via.

‘Ragazzi andiamo a farci la doccia? Volete andare prima voi donne e poi andiamo noi uomini?’

‘Ok pà facciamo così, anche se la si potrebbe fare tutti assieme’.’

‘Giulia, è solo perché c’è Letizia con noi e non mi pare proprio il caso vista la brutta figura di ieri sera”

‘Signor Paolo, per me non ci sono problemi, tanto ormai l’ho già visto nudo e anche i gemelli’..’

‘Anche i gemelli cosa???’

‘No, no, niente, niente’..’

La piccola Letizia s’era tradita, mio padre insistette e lei dovette confessare che li aveva visti nudi. Disse anzi che li aveva visti ‘casualmente” nudi.

‘E non ti importa se ad esempio io ti vedo nuda e anche i gemelli ti vedono senza nulla addosso?’

‘Per me fa lo stesso, non ci sono problemi’.’

Per farla breve lasciammo gli ombrelloni incustoditi ed in gruppo ci recammo alle docce.
Oltre la lunga fila delle cabine, vi era uno stanzone con dei vani chiusi con muretti laterali e dei vetri smerigliati che formavano i singoli vani doccia. Accendemmo la luce, essa era molto fioca ma ci consentiva di vedere sufficientemente bene. Sia i muretti laterali, sia i vetri coprivano appena la parte centrale del corpo, dal petto fino alle ginocchia. Di fianco a me alla mia destra c’era la mamma e nella cabina a fianco papà. Alla mia sinistra c’era Mario; dopo di lui Letizia e ancora dopo c’era Andrea e per ultima Lorenza. Compresi subito che quei muretti ai lati non servivano un gran ché. Io vedevo chiaramente il pube peloso della mamma e dall’altra parte scorgevo in tutta tranquillità il pisellone di mio fratello Mario. Ecco perché il babbo aveva fatto il discorso di vederci o non vederci nudi. Lui sapeva com’erano fatte le docce!!! Tutto partì da Lorenza. La sentii ridere e dire ad alta voce’

‘Andrea, che fai ti masturbi???’

‘Ma dai, me lo sto solo lavando”

‘Letizia, tu che lo vedi, secondo te se lo sta solo lavando oppure’..’

‘Dai Lorenza, smettila, non lo so, non l’ho nemmeno guardato’.’

‘Ehi, verginella, lo puoi anche guardare sai!!!’

Mario che le stava a destra le disse’

‘Se vuoi puoi guardare il mio”

‘Oh Madonna, mi sono proprio andata a mettere tra due fuochi!!’

Mario rivolto a me’.

‘Giulietta uno sguardo me l’hai già dato vero???’

La mamma che ancora non aveva parlato’..

‘Ragazzi ricomponetevi su!!! Basta con ‘ste porcate!!!’

Mi ritrovai quasi inconsapevolmente a dire’..

‘Non sono mica porcate!! E’ la natura!!’

Lorenza uscì nuda dalla doccia e nel corridoio esterno iniziò ad asciugarsi. Subito appresso uscì Mario e con il cazzo duro si avvicinò a Lory, con una mano le sfiorò un braccio e poi subito il seno. Lei rispose a questo carezzandogli il pene. La mamma chiuse la doccia e si affacciò all’esterno. Rimase a bocca aperta nel vedere i suoi figli toccarsi fra di loro. Tentò fisicamente di dividerli, ma Andrea la allontanò avvicinandosi alla coppia. Lory stava in mezzo ai due che la stringevano a sandwich fra di loro. Vidi uscire il babbo che si avvicinò alla mamma, la guardò, era incerto sul da farsi, non seppe prendere una decisione immediata. Forse la scena di tre dei suoi figli che si abbracciavano sensualmente lo eccitò, forse fu la mamma nuda, fors’anche fui io e quasi senz’altro fu la piccola Letizia ad accendere il fuoco dentro di lui. Fatto sta che vidi il suo maestoso pene alzarsi ed indurirsi, lo sentii sussurrare probabili parole di fuoco all’orecchio della mamma, lei dolcemente, rapita da tutto l’insieme gli carezzò il viso, poi lui la strinse a se. Lei divaricò le gambe ed il cazzo di mio padre le si infilò fra di esse. La cappella spuntava fuori dalla parte opposta. Letizia che mi era vicina, mi baciò il seno destro, rabbrividii di piacere e le toccai il pube, le sue cosce si aprirono e mi diedero modo di intrufolare le dita fra le pieghe umide della sua vagina. Mio padre prese in braccio la mamma ed uscì dalle docce, lo seguimmo e nella penombra vidi i miei genitori sdraiarsi sulla sabbia, nei pressi dei nostri ombrelloni. Andrea e Mario presero i lettini e li spostarono qualche metro più avanti. Un asciugamani per terra e Mario sdraiato sopra supino. Lory gli si sedette sopra e la sentii gemere lungamente, mentre con tutta probabilità il cazzo di Mario le penetrava dentro. Andrea le appoggiò le mani sulle spalle e la spinse verso il basso, lei si sdraiò in pratica sopra a Mario e ricevette in quel momento il lungo pennone di Andrea che la penetrava nel culo. La risposta di Lorenza fu solo un si prolungato, quasi anumalesco. Mio padre si scopava la mamma e le chiedeva continuamente se le piaceva. Letizia intanto era sdraiata ed aspettava che la mia lingua iniziasse a lavorarle la fighetta fradicia. L’accontentai leccandola e facendola andare in visibilio, poi toccò a lei ricambiare e questa volta, non ebbi più l’impressione della sua certa inesperienza. Stava imparando velocemente la mia amica lesbichetta. Lorenza venne nello stesso momento in cui l’orgasmo sopraggiunse anche per la mamma. Andrea sfilò il cazzo dal culo di Lorenza e si avvicinò a me, mentre ero intenta a leccare ancora una volta la dolce fighetta di Letizia. Egli inginocchiandosi sulla sabbia mi si mise dietro. Lo sentii afferrare i miei fianchi e tenerli fermi poi il suo missile puntare deciso contro il mio sfintere e tentare di penetrarvi.
Me lo ficcò dentro al culo di brutto senza nemmeno insalivarlo un po’, poi udii la voce di Mario che diceva’

‘Ciucciamelo troietta!!’

La troietta era Letizia ed aveva il bigolo gigante di Mario appoggiato alla bocca, lei la aprì ed accolse il pesante intruso. Lui inginocchiato vicino al viso della ragazza, si teneva il pene piegato in basso e lo guidava con la mano dentro la giovane boccuccia. Mentre mio fratello mi inculava io continuai a leccare la fighetta di Letizia. Più il membro di Andrea penetrava e più sentivo forte il piacere misto a dolore attorno al mio anello anale.
Il bastardo me lo disse pure che mi stava rompendo ancora una volta il culo.
Rimasi ad un certo punto da sola, piegata con il viso sulla sabbia ed il sedere in aria, impalata da quell’organo mostruoso. Ebbi l’impressione di veder Letizia scappare e subito sentii un grido’

‘Lasciami, lasciamiiii!!!!’

La voce di Mario che le diceva’

‘Dai fatti spaccare il culetto daiiii”’

‘Noooo, nooooo, non vogliooooo!!!

‘Dai non fare la stronza, non farmi incazzare zoccoletta!!!’

‘Noooo, lasciami il braccio mi fai maleee!!!

Alzai gli occhi ed intravidi Mario che la spingeva a terra, lei cadde sulla sabbia e lui le fu sopra, le aprì le cosce e gliele alzò fino a fargliele appoggiare al seno. Lo vidi guidare con la mano il suo cazzone che alcune volte, come un aratro, invece di infilarsi nel culo solcava la sabbia, poi finalmente la grossa susina di mio fratello trovò la strettissima apertura e nella semioscurità udii lui gridarle’.

‘Toh, prenditelo nel culo troiaaa!!!’

‘Ahiaaaaa, ahiaaaaa, mi fai maleeeeee…..!!!!’

‘Mi ecciti di più se ti lamenti sai???’

Perché mi fai questo? Sono una tua amica!!!’

‘Perché mi piaci, perché sei una bella troia e perché voglio godere come un matto!!!

‘Fai piano bastardo fai piano………….’

‘Dimmi che ti piace puttanella!!!!’

“Noo, non mi piace, non mi piace mi fai malissimo!!!!”

Lui le appioppò quattro o cinque sonore sculacciate sulla coscia e sulla chiappa sinistra e poi…..

“Zitta, zitta, prenditi il cazzone nel culo e godi, godi troietta bella!!”

“Ahiaaaa,ahiaaaaaaa,che maleeeee”

“Ohh, ce l’hai quasi tutto dentrooooo”

“Ti pregoooo….”

“Ancora cinque centimetri poi te lo sei preso tutto troia!!!!!”

Sentii in quel momento il pene di Andrea sprofondare dolorosamente tutto nel mio intestino e liberare un fiume di sperma bollente nelle mie viscere..

‘Brava sorellina, mi hai fatto sborrare!!! Che culetto da favola che hai, vedrai la prossima volta ti piacerà ancora di più!!!’

Intanto Mario’..

“Aaaahhhhhh, tuttooooo, tuttooooo, tuttoooooo, ti ci ficco dentro anche i coglioni maialina di Mario!!!!”

“Fai pianooo, ti prego, pianooooo!!”

“Ormai ti ho spaccato il culooooo, ce l’hai quasi tutto piantato dentroooo!!!!!”

‘Mi fa un po’ meno ma..le……ma sei un gran figlio di puttana!!!’

La mamma stantuffata da papà ebbe un altro orgasmo e poi sentii la voce roca di mio padre dirle che era una gran troia. Quindi, sdraiata prona a terra, fisicamente esausta seguii lo stupro anale che Mario stava perpetrando nei confronti della tenerissima Letizia’..

‘Adesso te lo ficco tutto dentro fino ai coglioni!!!’

‘Nooo, piano, pianoooo……’

Erano di profilo e vidi il cazzone di mio fratello entrarle fino in fondo, la base larghissima del suo cazzo le slabbrò ulteriormente lo sfintere anale. Le grosse palle pendenti, le sbattevano contro la figa, lui grugniva come un maiale e continuava a spingere. Per fortuna, che ormai la sua grossa mazza, aveva ormai raggiunto il “fine corsa”. Interminabilmente lo vidi sfilarsi da dentro e poi ancora affondare millimetro dopo millimetro nel suo intestino.
Poi Mario accelerò le sue immersioni e cominciò a sbatterla con colpi rapidi e profondi.
Udii dei lievi gemiti da parte di Letizia e mi parve non fossero più lamenti di dolore. La sentii dire alcuni sii poi vidi Mario accelerare ancora le spinte, la fotteva in culo velocemente e dopo un po’ di tempo ancora, Letizia iniziò a godere. La sentii venire e poi lui le affondò fino in fondo il cazzo dentro e con un gemito animalesco le sborrò in pancia. Pensai che fosse finita quando delle mani mi sollevarono i fianchi, erano le grosse mani di mio padre. Sentii la sua cappella dura e bagnaticcia infilarsi fra le mie chiappe, mi voltai all’indietro e vidi dietro di me un mostro, con le sembianze del viso contratte in una maschera di ferocia. Sogghignava come un vecchio satiro ed intanto, tenendoselo in mano me lo sbatteva con forza sulle natiche’..

‘Se te lo ficcano in culo i tuoi fratelli posso incularti anch’io no, piccola troietta???’

‘Pà, sei matto?? Ma che fai? Tu sei il mio babbo? Non lo fare ti prego!!!’

‘Guarda che mazza dura che ho!! Ti piace??’

‘E’ troppo grosso il tuo!! Mi rovini, ti prego non lo fare!!! Mamma aiutami, per favore!!!’

Vidi mia madre seduta sulla sabbia guardare la scena e poi mi accorsi che attorno a me ed a mio padre anche gli altri erano presi a guardare lo spettacolo.
Mio padre con le dita mi divise le chiappe e con un dito mi tastò lo sfintere’.

‘Ce l’hai già bell’aperto, te lo allargo solo un pochino!!! Hai un culetto da favola bambina mia!!! Fammi entrare nel tuo paradiso!!!’

‘Nooo, non lo fareeeee!!!’

La sua larghissima cappella si appoggiò al mio buco del culo e lui spinse deciso. Sentii un forte dolore e mi parve d’essere penetrata da un grosso palo di legno. Grugnendo come un porco il mio paparino spinse ancora il suo membro delle mie viscere. La larghezza di quel cazzo era devastante. Senza pietà e senza curarsi dei miei forti lamenti lui lo spinse ancora e poi ancora. Inesorabilmente lui affondò il suo obice e, senza alcuna misericordia si fece strada nel mio ventre slabbrando e lacerando il mio povero culo. Attesi che finisse e anche che sopraggiungesse almeno un po’ di piacere. Pensai che con quel pene mostruoso non sarebbe mai riuscito a darmi alcuna soddisfazione. Nonostante la dolorosissima penetrazione ero eccitata da tutta la situazione che si stava svolgendo attorno a noi, in piedi c’erano Mario e Andrea che si masturbavano. La mamma, Letizia e Lorenza anche loro in piedi dalla parte opposta che con le cosce aperte si toccavano la figa con le dita. Anch’io in quel momento mi infilai una mano fra le cosce e presi a sditalinarmi, solo allora iniziai a provare un certo sollievo e per meglio offrire il culo a mio padre inarcai la schiena e spinsi le natiche all’indietro.

‘Siii, cosìììì, cosììì, brava troietta mia, siiii, cosìììì, te lo ficco tuttooooo, tuttooooo”’

Le sue parole scurrili, le mie abili dita che lavoravano furiosamente sul clitoride, il gran cazzo che mi trapanava il culo e tutto ciò che succedeva attorno a me, mi fecero arrivare rapidamente all’orgasmo. Venni come mai era successo in vita mia. Per la prima volta non tentai nemmeno di trattenere il mio piacere ed urlai a tutta Bibbona che stavo godendo, che venivo, che volevo ancora tanto e tanto cazzo nel culo.
Quando lui poco prima di sborrarmi dentro lo spinse il più a fondo possibile mi parve d’essere impalata, di sentire il suo cazzone arrivarmi quasi nello stomaco.
Lui infine, tutto goduto mi riversò il suo liquido seminale in pancia gridandomi’

‘Maialaaa!!! Ti sborro in culooo!!! Che puttanella che sei!!!! Hai godutoo!!! Che troie che siete voi femmineeee!!!’

Sul mio corpo, in quel preciso istante, arrivarono numerosi schizzi roventi di sperma e io, finalmente libera dal pene di mio padre mi inginocchiai e presi in mano i cazzi dei miei fratelli ed alternativamente li succhiai, con avidità svuotai le loro palle e mungendoli suggei fino all’ultima goccia contenuta nel loro canale uretrale. Solo allora mi accorsi che Letizia e mia madre se la stavano leccando sdraiate a pochi metri da noi sull’asciugamani e che Lory le stava guardando masturbandosi freneticamente . Sentii venire mia madre e subito appresso la piccola Letizia arrivare nuovamente all’orgasmo sotto i sapienti colpi di lingua della mia mamma. Poi i soliti urletti e sospiri profondi mi dissero che anche mia sorella era venuta.

Dopo questa sezione di sesso in spiaggia, ci facemmo un’altra doccia e alle ventidue e dieci fummo in pizzeria. Per qualche attimo ci fu estremo imbarazzo, poi cominciarono le battute, dapprima soft, poi sempre più spinte ed infine iniziammo a ridere come degli squilibrati.
Beh, un pochino squilibrati lo eravamo veramente, quale altra famiglia avrebbe fatto, specie con i genitori presenti e partecipi, un’orgia come la nostra?
Le pizze furono ottime, come ottimo era anche il locale ed il servizio. Verso la mezzanotte tornammo a casa e, quatti-quatti ce ne andammo tutti a dormire.

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina
e-mail: alexlaura2620@libero.it

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