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Elena e le sculacciate

By 20 Marzo 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Conobbi Serena durante il primo anno di università: avevamo entrambe preso alloggio presso un convitto ed avevamo due stanze l’una vicina all’altra. Una soluzione questa che era stata posta per entrambe dalle nostre famiglie che, certamente non facoltose, non avevano intenzione di sborsare i soldi necessari ad affittare un appartamento. Inoltre in questo modo i nostri genitori erano convinti di poterci tenere maggiormente sotto controllo, di evitarci distrazioni inutili e così di aiutarci nello studio. Sbagliavano. Quella scelta al contrario ci permise di conoscerci, fare amicizia e rafforzare la nostra convinzione che per l’anno seguente avremo assolutamente dovuto organizzarci diversamente. Così durante l’estate entrambe facemmo qualche lavoretto in modo da mettere da parte qualche soldo ma soprattutto ce ne procurammo uno per il settembre seguente: avremmo lavorato come hostess per una cooperativa che organizzava convegni, convention e altre manifestazioni. Un impegno solo saltuario, che non ci avrebbe troppo “distratte” dallo studio ma che al tempo stesso ci avrebbe permesso di guadagnare quel tanto che occorreva per affittare una stanza ammobiliata in uno dei tanti alloggi per studenti che si trovavano nei quartieri vicini alla nostra facoltà.
Grazie ad un’amica comune trovammo una sistemazione che ad entrambe pareva ottimale: un appartamento abbastanza grande, con tre camere da etto, una per ciascuna di noi due e una per Francesca e il suo ragazzo che vivevano li già da due anni e che avevano la necessità di trovare qualcuno con cui dividere le spese. Quando conoscemmo quella coppia ci piacquero subito: entrambi parevano simpatici, e allegri, l’appartamento dava l’impressione di essere pulito, ordinato e ben organizzato. Inoltre, essendo loro una coppia eravamo al tempo stesso contente di poter contare sulla presenza di un ragazzo in casa che sollevate dal fatto che quel ragazzo avesse già una compagna di cui pareva essere molto innamorato. Senza essercelo mai detto espressamente, Serena ed io avevamo infatti intenzione di sfruttare la nostra nuova abitazione per condurre una vita un po’ più movimentata di prima. Nessuna esagerazione certo, ma poter uscire liberamente la sera, senza vincoli di orario come eravamo state costrette a fare quando vivevamo nel convitto, e se avessimo conosciuto qualche ragazzo, interessante ora avevamo un posto dove poter stare tranquille.

Le cose andarono in modo molto diverso da come ce lo eravamo immaginato e tutto iniziò circa dopo due mesi che vivevamo assieme a Diego e Francesca. Erano circa le nove di sera e noi ragazze eravamo tutti in sala a chiacchierare quando sentimmo Diego che urlava dal bagno chiedendo con una certa veemenza di venire ad aiutarlo
Non ci mettemmo molto a capire cosa era successo: qualcuno aveva dimenticato aperto il rubinetto dell’acqua della vasca da bagno e questa, raggiunto il bordo, aveva iniziato a straripare allagando il bagno (senza grandi danni per fortuna) e parte del corridoio che essendo in parquet, poteva essersi rovinato. Per un bel po’ ci demmo tutti da fare a pulire, senza preoccuparci di altro, poi, tornate in sala stanche e nervose, indagammo sull’accaduto scoprendo presto che la colpevole del piccolo disastro era Francesca la quale tuttavia all’inizio sembrava proprio non voler confessare. esclamò Diego con un tono tanto serio che io non lo presi in considerazione. Intendo che, paradossalmente, fu proprio l’assoluta serietà con cui lo disse a farmi pensare che stesse scherzando e che volesse solo prendere bonariamente in giro la sua ragazza. Francesca invece era diventata bianca e balbettava A me la sua reazione divertiva molto: vedere quella bella ragazza arrossire come una ragazzina e balbettare impaurita me la faceva apparire ridicola, tanto che dissi Anche Serena si unì al coro dal tono era chiaro, almeno per me, che anche lei stava scherzando e che l’intento era, al massimo, quello di fare sentire Francesca in colpa e prenderla un po’ in giro Dopotutto se lo meritava!
Le nostre parole invece ebbero effetti che, né io né Serena, avevamo immaginato.
Diego, seduto in poltrona, si stava battendo le mani sulle cosce mentre chiamava la sua ragazza. Noi ancora ridacchiavamo, senza invero aver ben compreso cosa stava per succedere. Chi lo aveva capito invece era Francesca che stava infatti cercando di limitare i danni
Ma Diego sembrava irremovibile il suo tono di voce era calmo, il volume basso, ma nella sua voce c’era un che di serio e autoritario che percepivo anche io.
Quando Diego mi pose la domanda ero ancora convinta che stesse recitando, che non parlasse sul serio dissi ridendo come una scema.
Ciò che successe dopo mi fece smettere di ridere. Rimasi allibita.
Francesca si avvicino al suo ragazzo e si sdraiò di traverso sulle sue ginocchia appoggiando le mani a terra. Lui la aiutò a sistemarsi per bene, le cinse la vita portandola più vicino a sé e le abbassò i pantaloni della tuta lasciandola con indosso le sole mutandine. Io e Serena eravamo senza parole. O meglio lei provò a dire qualcosa mi affrettai ad aggiungere. Ma invero le nostre parole erano prive di forza. Eravamo troppo stupite per protestare davvero, e forse ancora non credevamo che lo avrebbe fatto sul serio. Francesca ormai non diceva più nulla. Né nulla disse quando la mano del suo ragazzo iniziò a sculacciarla colpendola con ritmo regolare sulle natiche. CCIAFF CCIAFF CCCIIAFFF i colpi risuonavano nel silenzio della stanza. Nessuno fiatava a parte Francesca che faceva seguire ad ogni colpo un piccolo mugolio. I colpi non erano fortissimi e non credo che lei abbia sofferto molto, ma certo non erano carezze ne semplici pacca sul sedere… era una sculacciata vera e propria e io e la mia amica eravamo li a pochi metri ad assistere senza fare nulla. In effetti non potevamo nemmeno dire che lui ‘avesse presa con la forza: lei – sebbene protestando un po’ – su quelle ginocchia ci si era messa di sua spontanea volontà, e forse non era nemmeno la prima volta. Anzi non lo era di certo dato che poco prima le avevo sentito chiedere di rimandare la punizione a dopo, quando noi non saremmo state presenti. Sconvolgente. Eppure continuavo a guardare, e ascoltare il suono di quei colpi e dei suoi mugolii, senza fare nulla.
Quando lui la fece rialzare le si mise velocemente in piedi risistemandosi la tuta e, dopo aver scambiato un breve e intenso sguardo al suo ragazzo, si girò verso di noi e ancora ci chiese scusa per l’incidente. Poi fuggì in camera. E dato che noi continuavamo a restare in silenzio dopo un po’ se ne andò anche lui. 
Avevo bisogno di fumare e mi accesi una sigaretta domandai alla mia amica, un po’ per rompere il silenzio, un po’ perché pensavo che uscire ci avrebbe fatto bene. Lei annuì Sparii nella mia stanza e mezz’ora dopo eravamo fuori.

Non ne parlammo subito, forse entrambe avevamo bisogno di pensare a quanto era successo prima di confrontarci, ma alla fine fui io a parlarne e a chiedere il suo parere. Se possibile le parole di Serena mi sconvolsero più della scena a cui avevo assistito mi confessò. Io la guardai allucinata aggiunse. Non sapevo cosa risponderle, non era esattamente questo il commento che mi attendevo. non l’avevo mai sentita parlare così. Scoppiammo a ridere mi chiese. Lo ero? Ero su di giri, agitata certo… ma eccitata? Non capivo. Non volevo pensarci… Per fortuna (fu una fortuna?) quella sera nessuno ci provò con noi, o almeno non notammo nessun ragazzo interessante guardarci con interesse e così rientrammo a casa abbastanza presto, e solo un po’ alticce. Mi addormentai subito.

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