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Enslaved Gears

By 15 Febbraio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Enslaved Gears

Mi accendo una sigaretta, mentre il ragazzo ai miei piedi inizia a leccarmi le caviglie.
La stanza è in penombra, illuminata solo dalla luce delle torce e dei bracieri, che tremola a ogni soffio d’aria. Le nostre ombre ondeggiano, i nostri corpi sembrano dorati.
Alle mie spalle le mie due guardie restano immobili, in piedi, in silenzio, come sono avvezze a fare. Eppure sono incredibilmente consapevole della loro ferma presenza, delle armi che impugnano. So che stanno guardando dritto dinanzi a loro, anche senza voltarmi. Mi proteggono come un mantello contro il freddo. Soltanto che loro mi tutelano da pericoli e rischi ben più gravi.
Il ragazzo ai miei piedi solleva gli occhi verdi, fissandomi per un istante. ‘Non guardarmi, lecca e basta’ ordino secca. ‘Non ti è concesso osservarmi, ora.’ Lui abbassa la testa e riprende il lavoro.
Lo guardo, ha una zazzera di capelli corti, scuri, ritti in testa, i muscoli delineati di un corpo forte e potente, messi in risalto dall’olio profumato con il quale è stato preparato. Odora di mora e legno di cedro, è piacevole.
è nudo, indossa solo il collare da schiavo e le manette borchiate ai polsi, che gli bloccano le mani dietro alla schiena. Anche questo è piacevole.
‘Risali con la lingua lentamente, fino alle ginocchia’ ordino prendendo una nuova boccata di fumo. Mi arriva dritto in gola, reclino la testa indietro, sulla mia specie di trono, adornato da catene, meccanismi puramente ornamentali e gioielli, soffiando fuori anelli che si sgretolano in lente volute nell’aria.
Tutto qui dentro, nella mia sala del trono, è come piace a me o quasi. Ho raccolto un sacco di oggetti pazzeschi, come la statua in bronzo di un cavallo a grandezza naturale, per dirne una, oppure la croce di Sant’Andrea in ferro battuto, o ancora l’enorme letto a baldacchino, probabilmente vittoriano, completato da coltri nere e cremisi. Dopo il disastro nucleare ho saputo darmi da fare, ho imparato come muovermi, spesso ho avuto una fortuna sfacciata. Mi sono appropriata di un territorio. Non è stato facile. E di questo enorme palazzo. Ho dovuto uccidere qualcuno. Chi non muore si rivede e si rivede persino troppo spesso. In poche parole ho costruito un impero. Il mio.
Commercio in manufatti, faccio cercare e rivendo pezzi introvabili, e compro e rivendo schiavi e soprattutto schiavi sessuali.
Forse non mi fa onore ma francamente, per citare un vecchio film, me ne infischio.
è semplice, ho una schiera di schiavi che lavorano per me, rovistano fra le rovine, mi portano i pezzi migliori, li rivendo, guadagno, poi compro altri schiavi da rivendere, i migliori li tengo per me. Per quelli sessuali è diverso, innanzitutto devono essere belli in qualche modo, poi io li miglioro. Li addestro e naturalmente quando sono pronti li rivendo, quasi tutti. Sono malvagia? Alcuni mi definiscono così, ma non è vero. Bisogna pur ricominciare sopravvivere no?
Di fronte a me c’è un enorme specchio a parete, ha soltanto una piccola crepa di lato, un gran pezzo. Riflette la mia immagine e quella dello schiavo accovacciato fra le mie gambe. Osservo i miei seni nudi e perfetti, la curva delicata e allo stesso tempo vigorosa delle mie spalle, gli innumerevoli bracciali che porto ai polsi, bronzei, argentati, dorati, e poi catene, ingranaggi, una sorta di nido di serpi che si arrampicano fino quasi ai gomiti. Ho una gonna leggera e diafana, color tortora, trasparente, sfilacciata e aperta sui fianchi. Indosso una delle mie collane, pesante, arzigogolata, riproduce un orologio fermo, i cui meccanismi sembrano sospesi nel tempo, un pendente mi scende fra i seni fino a sfiorarmi l’ombelico, catenelle penzolano sui miei capezzoli dalle areole minuscole e pallide. Ho i capelli bianchi, color del latte, raccolti in cima al capo in un’acconciatura complessa che termina con una specie di cresta, alcune ciocche scendono a ingentilirmi il viso. Prima dell’incidente nucleare erano castani, mossi, ora sono bianchi e lisci. Qualcuno dice che è stato lo spavento. Io credo siano state le radiazioni – quelle che mi hanno fatto rinascere – a cambiarli, a cambiarmi.
Il mio viso è inespressivo, ci ho messo anni a perfezionare questa inespressività. Il mio volto è come una maschera, un ingranaggio perfetto che posso fermare, oppure muovere a piacere, per mostrare agli altri solo ciò che voglio permettergli di scorgere. A volte è difficile, ma è questione di disciplina. I miei occhi sono truccati di nero, con sfumature di kajal che arrivano sin oltre le tempie, e poi scendono, come lacrime nere, sotto ai miei occhi grigi. Trovo piacevole guardami, Persino la cicatrice sotto all’occhio sinistro è armoniosa, sembra quasi fatta apposta ‘ è il ricordo di un lontano combattimento. Uno che cerco di non ricordare mai. Left Eye Zero, così mi chiamano. Imperatrice Left Eye Zero. Ma non è il mio vero nome, quello l’ho perso. E non lo conosce nessuno. Non lo conosce più nessuno. Tutti quelli che lo sapevano sono morti.
‘Leccami le cosce’ ordino in tono incolore, come se premessi il tasto di un telecomando, lui ubbidisce. Allargo le gambe e sbircio fra le sue. Ha il cazzo in tiro. Adoro che siano così. In fondo godono anche loro, solo se glielo permetto, è chiaro. Mi eccita vedere quei membri nodosi, eretti, pronti e allo stesso tempo sofferenti. Non possono godere finché io non lo voglio.
Fa parte del loro addestramento, devono essere in grado di sopportare il dolore, di dare il piacere e di controllare il loro. Altrimenti non sarebbero degni di essere ceduti come schiavi sessuali. Devono essere preparati, allenati, devono imparare il controllo e anche che a volte è difficile mantenerlo, e a distinguere chi davvero lo detiene.
La sua lingua è calda, sento un brivido sfiorarmi la base della schiena, mi sto eccitando, è un buon soggetto, sa usare la lingua, ha imparato bene.
Gli appoggio un piede sulla spalla. ‘Risali lento fino alle grandi labbra’ dico lanciando, con un tocco dell’indice, il mozzicone della sigaretta nel braciere alla mia sinistra. Scivolo un po’ più in basso sul trono, lasciandogli spazio di manovra. Lui esagera, mi sfiora il clitoride, con la lingua. No, è presto.
‘Solo dove ti ordino’ mormoro con calma. ‘Non vuoi essere frustato, vero Kilorn?’
‘No, Imperatrice!’
‘Bravo’ sussurro scompigliandogli i capelli. Poi batto le mani tre volte, tre colpi secchi. Immediatamente sento il passo svelto di uno schiavo servitore avvicinarsi. ‘Oren, portami l’unguento all’eucalipto’ dico al servo, quando compare sulla soglia del salone.
Lui abbassa il capo allontanandosi velocemente. Sento la lingua di Kilorn esitare, come se pensasse quale utilizzo farò dell’unguento. Come se mi temesse. Adorabile.
‘Continua, Kilorn. Non distrarti. Non farà male stavolta.’ Le mie labbra scure nello specchio sembrano sorridere, ma non è così, deve essere solo un guizzo delle fiamme, il cui riflesso dondola sulla mia pelle chiara. ‘Scherzavo, certo che farà male’.
Kilorn prosegue indefesso, senza fermarsi, ma vedo un muscolo guizzare sulla sua schiena. Tensione.
Quando li addestro gli schiavi sono i miei balocchi. Balocchi nel mio palazzo delle delizie.
Metto due dita sotto al mento di Kilorn per fargli sollevare il capo. Lui esegue docile, tenendo gli occhi bassi, come gli è stato ordinato. Gli sfioro le labbra carnose con il pollice, sono intrise di saliva e dei miei umori. Ha un bel viso, tratti decisi, la mascella volitiva, un naso cesellato, e occhi come due gemme preziose, ma al momento vedo solo le sue palpebre abbassate e le sue ciglia scure. Gli sfioro il sesso con la caviglia, freme.
‘Vuoi godere vero?’
‘Sì, Imperatrice’ mormora con un tremito nella voce.
‘Succederà, ma non è ancora tempo, devi abituarti a resistere’ dico voltandomi verso la soglia. Oren è tornato e stringe fra le mani una ciotola. Gli faccio un cenno col capo e lui me la porta.
Quando la prendo lascio libero il mento di Kilorn, e lui riabbassa il capo.
‘Vai pure, Oren.’
Si dilegua velocemente, ma sono certa che se ne starà da qualche parte a guardare, magari segandosi, non mi importa. è troppo giovane ‘ e debole e remissivo – per questi giochi, ma può essere che un giorno venga scelto, per l’harem, chissà. Forse quando sarà meno minuto e più robusto.
Mi alzo e Kilorn rimane inginocchiato davanti al trono, leggermente chinato in avanti.
‘Alzati’ ordino afferrandolo per il collare, lui obbedisce prontamente. Lo trascino indietro, mi segue docile, arretrando. Quando siamo al centro della stanza, prendo a girargli attorno, osservandolo, mentre lui tiene gli occhi bassi, ha il pene perfettamente eretto. Gli pizzico un capezzolo con due dita, non sobbalza nemmeno, è come se trattenesse il fiato. Scendo sul suo cazzo con la mano, le mie mani sembrano quasi brillare nel buio, gli strizzo la punta. Una goccia di fluido stilla fuori. Kilorn tenta di restare stoicamente impassibile.
Gli soppeso i testicoli, il respiro che Kilorn cerca di controllare si fa affrettato. Li massaggio piano, muovendoli dentro allo scroto.
‘Sei molto bello’ mormoro a pochi centimetri dalla sua bocca. Noto un contrarsi nervoso della mascella e sento le sue palle fremere nella mia mano. ‘Farò un sacco di soldi con te, quando ti rivenderò.’
‘Ti prego, Imperatrice…’
Lo colpisco con un manrovescio in piena faccia, accentuato dalle mie dita cariche di anelli pesanti. Lui barcolla appena, un rivolo di sangue gli scende dal labbro perfetto che ho appena spaccato. ‘Non mi devi parlare se non ti pongo una domanda diretta’ dico pacatamente. ‘Hai capito?’
‘Sì, Imperatrice.’
Gli ripulisco il sangue dal labbro inferiore con l’indice, poi glielo metto in bocca. ‘Ripuliscimi il dito!’
Lui obbediente esegue.
”Ti prego Imperatrice’, cosa?’ gli chiedo accarezzandogli l’interno del labbro col polpastrello. ‘Puoi rispondere ora’ lo incalzo, tenendogli il dito fra le labbra.
‘Ti prego, Imperatrice, non vendermi’ dice mentre il suo respiro diventa leggermente concitato. Il contatto con la sua bocca che cerca di parlare è piacevole. Sento una sferzata di desiderio al ventre.
‘Perché?’ gli chiedo rovistandogli in bocca con due dita, avvertendo l’umida morbidezza della lingua.
‘Perché… voglio rimanere qui con te’ dice. Stenta a parlare, chiaramente. Le sue parole suonano buffe, così serie, ma impedite in un certo qual modo dalla presenza delle mie dita.
Non so se sia vero. Essere venduto può significare una vita peggiore o migliore, potrebbe essere possibile qualsiasi cosa. Forse lo dice solo perché io dimostri pietà.
Gli tolgo le dita dalla bocca e gliele strofino sul ventre teso e muscoloso per ripulirle. Gli sfioro le spalle scivolando dietro di lui, le mie dita scivolano leggere su quel corpo statuario. Poi di colpo, lo colpisco dietro alle ginocchia con le mie. ‘Inginocchiati e allarga le gambe, conosci la posizione!’
Si inginocchia, poggiando il capo a terra, di lato. Come gli è stato insegnato. Vedo muoversi la cassa toracica al ritmo col respiro affrettato che cerca di calmare.
‘Allarga bene le gambe’ dico colpendogli l’interno delle ginocchia con un piede nudo. ‘Tendi i muscoli!’
Esegue. Lì a terra, in questa posizione, coi poderosi muscoli tesi, sembra un bellissimo animale, il mio animale.
‘Rimani così, mentre scelgo’ gli dico lanciandogli uno sguardo da sopra la spalla mentre mi allontano. è perfettamente immobile.
Camminando lentamente mi avvicino alla parete in fondo, dove sono appesi vari strumenti, iniziando a sfiorarli tutti con le mani. Faccio tentennare catene, accarezzo collari, lambisco fruste.
L’attesa lo spaventa e lo eccita, ne sono certa. Mi volto a guardarlo, è ancora immobile, ma sono sicura che il suo cazzo stia fremendo. Arriverà il dolore e anche il piacere… prima o poi. E l’attesa non farà che accentuarne l’effetto. Scelgo un plug anale che termina con una coda di crine nero e lucido. Poi torno da lui. Mi abbasso e poggio la ciotola con l’unguento a terra.
Lo sculaccio forte sulle natiche – cinque colpi secchi distanziati che risuonano nel salone – finché la sua pelle non si arrossa. Vedo le sue mani, strette dalle manette di cuoio borchiato, stringersi a pugno. Però non emette un gemito. Non ancora. Mi accovaccio accanto a lui, dal lato opposto rispetto a dove sta guardando, e gli sfioro il cazzo, eccolo il gemito. è così eccitato che stenta a trattenersi. Ma è consapevole che se godesse prima del mio ordine finirebbe frustato e appeso. L’ultima volta l’ho lasciato appeso per i piedi per ventiquattrore.
Mi rialzo e lo scavalco, poi poggio a terra il plug anale con la coda, proprio dinanzi ai suoi occhi. Ha un tremito. Non credo sia di piacere, chi lo può dire, il sesso è imprevedibile, e spesso le sensazioni che un tempo aborrivamo, col tempo si possono fare incredibilmente gradevoli.
‘Ti piace quello che ho scelto per te?’ chiedo intingendo due dita nell’unguento, mentre gli divarico le natiche sode.
Non risponde.
‘Ti ho posto una domanda e voglio che tu sia sincero’ dico lentamente. ‘Rispondi!’
‘No. Non mi piace Imperatrice’ dice con la voce stranita.
Stavolta sorrido davvero. Apposta.
Con gesti calcolatamente lenti inizio a spalmargli l’unguento nella fessura fra le natiche e poi dentro all’ano stesso. Un dito, poi due, un gemito di Kilorn. Le ruoto penetrandolo fino alle nocche. Stenta a restare fermo. Poi le tolgo.
‘Fermezza, Kilorn’ dico allungandomi per prendere il plug. Inizio a inserirglielo nell’ano lentamente, facendolo ruotare, dandogli il tempo di adattarsi. Lui però si irrigidisce.
‘Apriti, rilassati, non è molto grande, un giorno ti infilerò quello più grande, questo è contenuto’ dico continuando a spingere. Lui geme, tenta perfino di dimenarsi. ‘Fermo’ mormoro piano accarezzandogli un fianco, quasi come si fa con un cavallo nervoso. E lui si ferma, permettendomi di continuare a muovere il plug avanti e indietro, lentamente e poi più velocemente, arrivando a inserirglielo fino in fondo. Kilorn serra la mascella, so che sta stringendo i denti.
‘Ora hai una bellissima coda’ dico dandogli una sonora sculacciata. Un gemito.
‘Ti fa male?’
‘Un… un po” mormora a denti stretti.
Gli libero i polsi ma lui rimane fermo nella stessa posizione, in attesa di un mio ordine diretto. Arretro lentamente fino al mio trono, continuando ad osservarlo. è magnifico. Mi siedo accavallando le gambe.
‘Cammina Kilorn, gattona a quattro zampe come l’animale che sei’ dico accendendomi una sigaretta, se ne stanno lì allineate, arrotolate per me dai miei schiavi. Lui alza il capo, solleva il busto sostenendosi con le mani e prende a gattonare per la stanza, con le guance in fiamme.
Immagino il plug che gli si muove nel culo a ogni movimento, e il crine che gli solletica le natiche e il retro delle cosce, il suo fallo è rigido e congestionato.
‘Kilorn, afferra la ciotola con l’unguento coi denti e portamela, hai cinque secondi’ scandisco.
Lui torna indietro avvicinandosi alla ciotola.
‘Quattro…’
Stenta a fare presa coi denti, è scivolosa.
‘Tre…’
Sta gattonando verso di me.
‘Due…’
Lui mugola.
‘Uno!’ Non appena lo dico la ciotola è ai miei piedi e lui la fissa.
Mi volto verso le due guardie alle mie spalle. ‘è stato bravo, vero?’
‘Molto’ risponde Evangeline.
‘Molto bravo’ le fa eco Seraphine.
Torno a voltarmi verso lo schiavo.
‘Bravo, puoi guardarmi ora, Kilorn’ dico piano.
Solleva lo sguardo. Ha il viso rigato di lacrime e gli occhi arrossati. Forse ho esagerato con l’umiliazione. Pazienza, ci si abituerà.
‘Vuoi godere ora Kilorn?’ gli domando soffiando fuori il fumo.
‘Sì, ti prego, Imperatrice’ dice con la voce rotta.
Quel taglio sul labbro è così sexy!
‘Ti piacerebbe scoparmi?’ chiedo in tono distaccato, aprendo le gambe.
Lui risponde immediatamente. ‘Sì, ti prego Imperatrice, permettimi di farlo, sarò… sarò bravo.’
Fingo di pensarci sopra un po’, poi arriccio il naso, prima di dire: ‘Magari un’altra volta’.
Il suo viso sembra deluso, mi passo la lingua sulle labbra.
‘Fammi godere con la lingua, Kilorn.’ Lui si affretta a poggiarmi le mani sulle cosce, divaricandomi le gambe e iniziando a leccarmi con foga, proprio come gli ho insegnato. Senza tralasciare nessun pertugio. Per farlo mi trascina leggermente sul trono, lo lascio fare, illanguidita.
‘Usa anche le dita, Kilorn.’
Lentamente mi infila un dito dentro, poi due, osservandomi. Dal viso non lascio trapelare, nulla, ma annuisco. Lui intensifica i propri sforzi. Io ci guardo riflessi nello specchio, è eccitante vedere quella coda che gli spunta dal culo, come si muove mentre lui mi lecca e mi fotte con le dita. Sempre più velocemente. Reclino la testa indietro, ingoiando i miei stessi gemiti. Però Kilorn si accorge che sono venuta ed esita.
‘Ripuliscimi per bene con la lingua, sono tutta bagnata a causa tua!’
Senza indugio lui obbedisce.
La promessa del piacere ti permette di avere il controllo, e il controllo totale ti permette di fare desiderare il piacere, così tanto da essere disposti a fare qualsiasi cosa per ottenerlo. è ancora più potente della minaccia della tortura.
‘Ora tocca a te, come ti ho promesso’ mormoro alzandomi. ‘Rimani così, poggia il capo sul trono, Kilorn, e anche le mani.’
Mi porto alle sue spalle poggiando il pube contro la coda di crine, spingo un po’ lui geme. Lo afferro per il collare. Un altro colpo. Le sue mani si stringono sulla morbida pelle del mio scranno cremisi. Mi abbasso sfiorandogli la schiena coi seni. La mia pesante collana gli si adagia addosso.
Percepisco un brivido che passa rapidamente da lui a me, come una scintilla. Lascio la presa sul collare, con la mano scendo a tastargli i testicoli. Lui emette un sospiro impaziente. Gli afferro il cazzo con l’altra mano, senza stringere. è duro e freme nella mia mano. Gli stringo il cazzo, poi gli affibbio un colpo pelvico, conficcando ancora di più il plug che era leggermente fuoriuscito, a causa dei suoi movimenti.
Emette un verso strozzato. Le nocche delle sue mani sbiancano. Prendo a dargli colpi sempre più violenti, mentre con la mano lo sego, stringendo e rilasciando a tempi alterni, per prolungare ulteriormente il suo piacere.
Il crine mi sfiora le cosce umide, mi appoggio completamente a lui per penetrarlo ancora più a fondo, resto ferma spingendo i fianchi contro le sue natiche, segandolo con maggior vigore. In un attimo gode nella mia mano, emettendo un verso liberatorio a metà fra un gemito e un ringhio. Gli sfilo lentamente il plug dall’ano che è arrossato e aperto. Ora sembra pulsare come se avesse vita propria. Resisto all’impulso di sfiorarlo, sembrerebbe quasi una debolezza, un gesto affettuoso. La mia maschera a volte cerca di ribellarsi, è difficile da addomesticare, più di uno schiavo.
Kilorn ha il respiro affannoso. Salendogli in groppa gli metto la mano intrisa del suo sperma dinanzi alla bocca. ‘Ripuliscila per bene, Kilorn’.
Esegue leccando perfettamente la mia mano, anche fra le dita, attorno agli anelli, continua anche quando è del tutto pulita, finché non la ritraggo. Poi mi rialzo. Lui rimane lì in attesa dei miei ordini. ‘Puoi alzarti Kilorn, per stasera abbiamo finito, ho predisposto un bagno per te, poi sarai rinchiuso nella tua stanza.’
Si alza, tiene gli occhi bassi, il labbro inferiore trema leggermente.
‘Vuoi dirmi qualcosa?’
‘Grazie, Imperatrice’ mormora con la voce arrochita, chinandosi a sfiorarmi i piedi con un bacio.
Non gli rispondo. ‘Puoi andare’ dico in fretta, per poi osservarlo allontanarsi, coi muscoli anchilosati per la posizione, le chiappe arrossate e l’incedere incerto ma comunque energico. è ancora fiero. è meraviglioso e la mia pelle, quasi freme ancora, nel punto fra le dita dei piedi e la caviglia dove ha deposto il suo ultimo bacio.
Batto le mani tre volte. Non appena Oren compare noto che ha le gote arrossate. Stento a non sorridere e a mantenermi imperturbabile. ‘Portami un calice di vino, speziato’ ordino accavallando le gambe e fissando il mio riflesso nello specchio. Occhi grandi. Pelle diafana sulla quale giocano i chiaroscuri delle lingue di fuoco. Il trono che mi abbraccia.
A volte non mi riconosco, a volte scorgo, dietro all’immagine che mi sono costruita, barlumi di quella di un tempo, e mi manca. Ma quella persona, quella ormai senza nome, se n’è andata.

– continua-

Clockwork Shopping

Adoro fare shopping. Anche io ‘I love shopping’ solo che il mio è un tantino diverso.
La mia carrozza trainata dagli schiavi, si muove velocemente, mentre guardo il panorama dal finestrino, un panorama devastato, giallastro, bruciato. Come se fosse stato dipinto da un pittore che sulla propria tavolozza non avesse avuto più tutti i colori. Era finito l’azzurro, e il verde è stato messo in cielo, invece che in terra. Forse s’era scocciato di avere terminato le tonalità del blu. Lo schiocco della frusta del cocchiere, sui miei uomini da tiro, è rassicurante, mi dice che in questo nuovo mondo, quello con la tavolozza impazzita, io sono quella dall’altra parte della frusta. Dalla parte del manico. Anche se non è stato facile arrivarci.
Un altro schiocco. Sono in sei a correre lì davanti nella polvere, fra la sabbia. Quando li imbrigliano gli mettono persino il morso, e poi li bardano tutti, sono seminudi, quasi abbigliati solo di cinghie. Ho scoperto che ad alcuni piace, lo apprezzano, e sto valutando di passarli a schiavi sessuali. Dovrò prima testare la loro resistenza e ovviamente la loro avvenenza. Me ne devo ricordare.
Sono scortata dalle guardie armate a cavallo, ovviamente. Sei, per maggior sicurezza. E stiamo andando al mercato degli schiavi, dove potrò sceglierne di nuovi per l’harem, e rivenderne altri, schiavi semplici. Per acquistare presso di me quelli ‘da piacere’ le persone vengono direttamente a Palazzo.
è fantastico andare a sceglierli perché sono ancora grezzi quando li acquisto, ancora terrorizzati, spesso selvaggi. Poi ovviamente vengono addestrati. è da un pezzo che non ne trovo di davvero interessanti, o di belli, davvero belli intendo, di quelli che ti fanno mancare il fiato e per un attimo, per un breve istante di scellerato abbandono, i sensi si innamorano solo a guardarli. Ovviamente si fa per dire.
Ma ultimamente non ho trovato dei bei pezzi. L’ultimo davvero favoloso che abbia scovato è stato Kilorn. Tuttavia fremo sempre all’idea che possa scovare un pezzo fantastico, raro. Unico. O che mi permetta di renderlo tale.
Quando giungiamo alla piazza principale di Acidalia e scendo dalla carrozza il cielo è chiaro, di un verde brillante. Dopo la Catastrofe non è mai più stato azzurro ma sempre baluginante di sfumature verdognole che a volte somigliano all’aurora boreale, e altre a un prato sconfinato, agonizzante, bruciato, acido. L’alba è giallo chiaro, come una fetta di limone, la notte buia e verdastra, come se la luna solcasse un mare colmo di mucillagini in putrefazione.
Le mie guardie, che indossano armature nere e brunite, con il volto coperto e gli elmi neri sormontati da alti pennacchi che scendono fino al sedere, puntano le picche a terra non appena scendo i gradini della carrozza, con un colpo corale che fa voltare la folla.
Le genti mi fanno largo, le mie guardie presidiano il passaggio spostandosi via via lungo il mio percorso. Avanzo decisa, a testa alta. Impettita. Il mo incedere è rapido e allo stesso tempo elegante, oserei dire scenografico.
Le persone mi guardano, mi fissano, abbeverandosi di me, di ciò che rappresento.
Potere. Paura. Piacere. Sono tutti strettamente collegati.
Indosso un abito trasparente, bianco, scende mollemente ad accarezzarmi i seni, sfiorandomi i capezzoli. Non porto nulla sotto. Una delle mie collane lo tiene fermo, fissato al collo, ho la schiena esposta. Sono orgogliosa delle cicatrici frastagliate che mostro. Il vestito mi sfiora le cosce davanti, e scende sino ai talloni sulla parte posteriore, ma controluce è possibile scorgere le curve del mio corpo. Ho una cintura alta, che mi cinge la vita fin sotto al seno, adornata di fibbie. Gli stivali borchiati, che mi arrivano fin oltre il ginocchio, terminano con tacco basso e punte d’acciaio. I miei capelli sono fissati in tante trecce, strette attorno al capo, per poi liberarsi oltre le orecchie, accarezzandomi le spalle e la schiena. Il trucco nero degli occhi è stato accuratamente rifinito da una delle mie schiave.
Mi avvicino al palco in legno dove ci sono gli schiavi in vendita. Lancio un’occhiata di sfuggita a una ragazza in saldo, già esposta, che non è messa bene. Qualcuno ha esagerato con lei. Ha ecchimosi e lividi un po’ dappertutto. Stringo i denti. Le mie guardie erano schiave più o meno in quelle condizioni. Le ho scelte, addestrate, salvate in un certo qual modo. Ma ho imparato che non puoi salvare tutti, che devi salvare prima te stessa. Solo te stessa.
Molti venditori di schiavi non si rendono conto che il confine fra il dolore e il piacere è sottile, è un gioco delicato, un meccanismo complesso, che funziona alla perfezione solo se le parti sono bilanciate, dosate, e ogni scelta durante il gioco fatta sotto a un perfetto controllo. Non preda dell’istinto del momento. Altrimenti si travalica il piacere. Resta solo il dolore. E uno schiavo avvezzo soltanto al dolore si piega presto, e non si rialza più. Diventa una sorta di bambola gonfiabile.
è difficile controllare la mia maschera ora, dinanzi all’inevitabile stoltezza di taluni padroni. Serro un istante le palpebre, riprendo il controllo.
Mi accomodo sulla sedia predisposta per me, accanto agli altri mercanti della zona. Ci sono già tutti, mancavo solo io. Lord Koll, seduto alla mia destra, mi fissa le tette, è enorme, mi ricorda un personaggio di un film di fantascienza con quei rotoli di grasso strabordanti, un filo di bava gli cola dalla bocca.
‘Imperatrice Zero’ blatera in segno di saluto.
‘Lord Koll’ replico senza badargli troppo. Oltre lui c’è Monster Fred. Un uomo con un bel fisico, col viso sempre coperto, le radiazioni lo hanno sfigurato. Gli faccio un cenno di saluto col capo. Lui ricambia. E poi c’è Lady Zuleika, con la pelle scura come il cioccolato, e una chioma di capelli ricciuti, tenuti a bada da un’acconciatura complessa e abbellita da gioielli preziosi. Scintillano alla luce verdognola della giornata, così come i suoi occhi.
Mi fa un cenno con la mano, e io inclino il capo di lato per ricambiare. Lady Zuleika è di Necropolis, ha fatto un lungo viaggio per venire al mercato degli schiavi di Acidalia, e se l’ha fatto è perché ha saputo di qualche buon pezzo, altrimenti non si sarebbe di certo scomodata.
Dall’altro lato del palco ci sono i catturatori, quelli che non acquistano per poi rivendere, quelli, che – come dice la parola stessa – catturano gli schiavi nelle Terre di Nessuno.
Scorgo gli occhietti porcini di Abominio Sam, un catturatore, che ha molti schiavi predatori al proprio servizio. è un omino basso e grassoccio, pelato, dall’aspetto all’apparenza inoffensivo, invece so che che è un gran bastardo. In quel piccolo corpo deformato dalle radiazioni, c’è così tanta cattiveria, che spesso immagino che i capelli gli siano caduti per quel motivo. Non per le radiazioni, proprio perché è così stronzo che i suoi stessi capelli non lo sopportavano più.
Il mio sguardo scorre sugli schiavi in vendita, tutti ammassati in un gabbione d’acciaio sul fondo del palco, legati, pigiati l’uno contro l’altro. Taluni hanno ancora la fierezza nello sguardo, altri l’hanno perduta. Così stretti l’uno contro l’altro sono difficili da valutare, però.
Il banditore suona l’enorme gong posto al centro del palco. Il suono che precede l’inizio dell’asta.
Una sferzata di adrenalina mi accarezza la base della colonna vertebrale inerpicandomisi lentamente fino alle gambe e alle braccia.
La prima schiava è quella che ho visto, è messa male. Molto male, l’hanno di certo violentata e picchiata, ha un sacco di iuta addosso che la copre pochissimo e ha gli occhi sgranati dall’orrore.
Il banditore la trascina ancora più avanti, lei non si dibatte nemmeno. La folla che assiste urla oscenità.
‘Base d’asta ottanta crediti’ mormora il banditore, lo conosco, si chiama Ossidossa, ed è un gran pezzo di merda. La ragazza ha un occhio pesto e una guancia tumefatta, i capelli sono un groviglio polveroso.
‘Faccela vedere un po’ meglio’ grida Lord Koll, alla mia destra. So che non la comprerà mai, vuole solo divertirsi e dare spettacolo. è una specie di pubblicità per lui.
Ossidossa le strappa il sacco di dosso denudandola fino alla vita, la ragazza, con le mani legate dietro alla schiena, non può coprirsi. Però chiude gli occhi per non guardare la folla. Ha dei seni piccoli e insignificanti, eppure il pubblico si incendia.
Ossidossa la obbliga a ruotare su se stessa, la schiena è un ricamo di segni freschi di frustate, affibbiate senza criterio. Distolgo lo sguardo per un attimo.
‘è stata pestata a sangue’ dice Lady Zuleika in tono vagamente annoiato. ‘Un po’ troppo, non li vale nemmeno ottanta crediti, ne serviranno quasi altrettanti per curarla.’
‘Concordo’ commenta Monster Fred, con un’alzata di spalle.
Ossidossa lancia loro un’occhiata incandescente e poi si volta verso Abominio Sam, il catturatore. Quest’ultimo muove leggermente il capo a sinistra. Ora abbasserà il prezzo.
‘Posso scendere fino a una base d’asta di sessanta crediti’ dice Ossidossa a denti stretti. Meno viene pagata la ragazza, minore sarà la sua percentuale.
Nessun mercante sembra interessato, mi accendo una sigaretta. Ossidossa, furioso, si rivolge al pubblico. ‘Non vi serve una schiava? Può essere addestrata a lavare, pulire, scopare… è remissiva!’ dice scuotendola per le spalle.
Dal pubblico si alza una voce femminile: ‘Non è remissiva altrimenti non l’avrebbero conciata così!’
Ossidossa alza gli occhi al cielo, poi di scatto strappa via completamente il sacco di iuta di dosso alla ragazza che volta il capo di lato, come se quel gesto repentino potesse proteggerla da quegli sguardi affamati. Non sono affamati di sesso, o di un corpo nudo, è tutto il contesto a intrigarli.
La gente assiste allo spettacolo galvanizzata. Molti non si possono permettere schiavi di nessun tipo ma vengono per guardare, per eccitarsi. Ho visto persino qualcuno iniziare a segarsi fra la folla. Turbati e allo stesso incantati dal manifestarsi del potere che un essere umano può esercitare sull’altro.
Soffio fuori il fumo della sigaretta, guardando di sbieco Lord Koll. Sembra in attesa.
‘Allora qualche offerta?’ domanda Ossidossa, sotto lo sguardo attento di Abominio Sam.
‘Sessanta’ mormora qualcuno dal pubblico sotto al palco. ‘Però voglio vedere i denti.’
Ossidossa costringe la ragazza ad aprire la bocca. Quando lo fa, si capisce subito che le è stata mozzata la lingua.
‘Ritiro l’offerta’ dice l’uomo dal pubblico.
Gli zigomi di Ossidossa si fanno paonazzi. ‘Non è possibile ritirare l’offerta.’
‘Avresti dovuto dire che era stata mutilata’ urla un altro spettatore, lanciando sul palco una manciata di fango che colpisce Ossidossa in piena faccia. Mi mordo l’interno di una guancia.
‘Sessantuno’ dice a sorpresa Lady Zuleika.
Non è pietà la sua. Sono certa che lo faccia solo per proseguire con l’asta. Il sole sta iniziando a diventare fastidioso.
‘Sessantuno e uno…’ Gong.
‘Sessantuno e due…’ Gong.
La folla sembra un po’ delusa, sperava in qualcosa in più.
Lord Koll alza una mano.
‘Sessantadue per Lord Koll’ dice Ossidossa leggermente ringalluzzito.
La voce profonda di Lady Zuleika: ‘Sessantacinque.’
Incredibile quanto sia competitiva!
Lork Koll scandisce lentamente:’Vorrei rilanciare, ma voglio prima controllarla da vicino.’
‘Prego, Lord Koll’ dice Ossidossa levandosi il fango dalla faccia.
Lancio un’occhiata a Lady Zuleika, è infastidita ma ancora impassibile. Lo evinco solo da come muove la gamba destra, nervosa. I suoi stivali di pelle bianca, coperti da catene argentee e perle di fiume, ne sottolineano l’effetto tintinnando.
Lork Koll, coi rotoli di grasso che gli ballonzolano addosso si trascina fino accanto alla schiava, obbligandola a chinarsi, con le terga verso il pubblico.
Qualcuno grida frasi scurrili, da sotto al palco. Sul viso di Lord Koll si dipinge un mezzo ghigno, poi senza alcun preavviso separa le natiche della ragazza, esponendo entrambi i suoi buchi al pubblico.
‘Un po’ slabbrata’ sentenzia guardando la folla, con un’aria scettica. Sono certa che sia eccitato, gli piace dare spettacolo in un modo pazzesco. La ragazza tiene le mascelle serrate e gli occhi chiusi, ma noto che sull’assito del palco ci sono due goccioline minuscole, proprio al di sotto del suo viso. Due lacrime che le palpebre non sono riuscite a trattenere.
Vorrei offrire cento crediti. Cento fottuti crediti per porre fine all’ispezione e alla diatriba fra Zuleika, Koll e Ossidossa e alle sofferenze della ragazza. Tuttavia non posso. Prima di tutto perché i pezzi migliori devono ancora essere mostrati e non voglio iniziare a comprare la merce che viene proposta per prima, è sempre la più scadente, e Ossidossa sfrutta l’entusiasmo e l’euforia dei compratori per piazzarla. Sarebbe come andare a un ballo e avere il carnet già pieno prima ancora che si aprano le danze, cioè quando puoi valutare i ballerini migliori, farti e un’idea e poi scegliere chi scartare e chi no.
E poi in questo mondo la pietà non è un pregio, bensì un segno di debolezza. E non è bene mostrarsi capaci di averne. E poi nessuno ne ha avuta per me. C’è stata una guerra che mi ha cambiata. E non è stata quella nucleare, bensì quella che ho combattuto dentro di me.
Lord Koll infila malamente due dita nella vagina della ragazza e lei sobbalza. ‘Rovinata’ sentenzia quasi fosse un medico. Il pubblico è eccitato, vedo fronti sudate, visi, accaldati, sguardi porcini. Stringo i denti spegnendo la sigaretta. Lui infila un terzo dito, così a secco. La ragazza emette un gemito di dolore.
‘Lord Koll, se non vuoi comprarla la compro io, come ho detto’ dice Lady Zuleika. ‘Non mi importa di come sia messa nelle parti basse, o se lo zigomo probabilmente rotto la farà restare sfigurata, mi serve solo una sguattera, andrà benissimo.’
Lord Koll sembra indispettito. Si guarda attorno e poi mormora: ‘Ve la lascio’, tornando sballonzolante al proprio posto.
Ossidossa batte il gong. La schiava è aggiudicata a Lady Zuleika. Poi scrive qualcosa sul suo taccuino unticcio, mentre la ragazza viene presa in custodia dalle guardie di Zuleika. Due uomini dalla pelle scura, come lei. Sembrano pantere nei loro succinti gonnellini, con le daghe legate al fianco.
Ossidossa si avvicina agli schiavi stipati insieme e afferra un ragazzo per il collare trascinandolo sul palco.
Minuto, capelli biondi, sguardo vacuo. So che Lord Koll cercherà di comprarlo, è proprio il suo genere, peccato che lo sia anche di Monster Fred.
‘Base d’asta cento crediti’ comunica Ossidossa, con i baffi grigiastri che fremono mentre soffia fuori la richiesta. Ha addosso la stessa veste di pelle marroncina e consunta che porta sin da quando l’ho visto la prima volta. Non emana un buon odore e ora che non è sottovento me ne ricordo fin troppo bene.
Mi sto annoiando. Pensavo che le cose sarebbero state più scorrevoli, ma oggi pare vadano a rilento.
‘Cento’ dice Monster Fred.
Ahia troppo presto. Questo infiammerà Lord Koll.
‘Cento dieci’ tossicchia infatti alla mia sinistra.
Segue una pausa che pare irritare Ossidossa. Forse credeva che le offerte si sarebbero rapidamente susseguite.
‘è vergine?’ chiede Monster Fred, che si fissa le unghie, fingendosi del tutto disinteressato.
Ossidossa lancia uno sguardo al catturatore, quello fa un cenno con il capo.
‘Naturalmente’ dice infine il banditore con un ghigno che mostra troppi denti guasti. Quelli che non sono guasti mancano.
‘Posso dargli un’occhiata da vicino?’ chiede Monster Fred. Lord Koll sbuffa.
‘Certamente’ risponde Ossidossa.
Monster Fred si alza in piedi. è alto, imponente, tutto abbigliato in pelle color testa di moro, con le braccia abbronzate e muscolose scoperte e dei bracciali in cuoio scuro, con lunghe frange, ai polsi.
Raggiunge lo schiavo in vendita a grandi falcate, sento il palco tremolare sotto alla mia sedia. Afferra il ragazzino per il mento, obbligandolo a sollevare il viso. ‘Sei vergine?’
Quello guarda a destra e a sinistra, muovendo solo gli occhi, come se aspettasse l’aiuto del pubblico. Il pubblico in questione invece sta ululando e fischiando.
‘Più o meno’ tira fuori alla fine, sbiancando.
Monster Fred guarda Ossidossa socchiudendo gli occhi. Si vedono solo quelli dalle feritoie della maschera in stoffa e cuoio e porta addosso, che gli copre l’intera testa.
Ossidossa scrolla le spalle. Monster Fred torna a fissare il ragazzino, lasciandogli libero il mento.
‘Donna o uomo?’ chiede inclinando di lato la testa. La sua voce arriva attutita dall’interno della maschera, il che rende l’effetto generale ancora più inquietante.
‘Sono… sono stato con una ragazza, solo una volta’ mormora lo schiavo. Appoggio il mento sulle mani per seguire la scena.
Monster Fred si volta verso il pubblico esclamando ‘Oh, donna!’ in modo enfatico. La gente lo guarda come ammaliata. La contrapposizione fra la prestanza fisica di Monster Fred e la gracilità del ragazzo è pazzesca. Gli mette una mano sulla testa, facendolo crollare in ginocchio, poi estrae un cazzo di notevoli dimensioni, obbligando il ragazzo a prenderlo in bocca. ‘Un pompino lo sai fare però!’ Esclama con una risata gorgogliante. Gli spettatori sono già sedotti. Monster Fred si stanca presto di spingersi la testa del ragazzo contro al pube e riallacciandosi rapidamente i pantaloni mormora: ‘Centoquindici, più due barili d’acqua’.
Lord Koll impreca accanto a me.
Il ragazzo, viene ceduto a Monster Fred fra gli applausi del pubblico.
Poi tocca a una ragazzina macilenta, col corpo rovinato dalle radiazioni. Viene acquistata da qualcuno del pubblico. Spero ce la faccia. Spesso quelle finiscono a fare le sguattere, oppure a coltivare campi incoltivabili, o più spesso le fanno prostituire agli angoli delle strade per guadagnare qualche credito.
L’asta prosegue e mano a mano che gli schiavi si susseguono sul palco, noto che la qualità si alza. Ma è qualcos’altro a colpirmi, nella gabbia ora c’è più spazio e mentre mi volto per vedere quale schiavo Ossidossa afferri per il collare, per proporlo, il mio sguardo incrocia qualcosa di un azzurro così simile al cielo di un tempo da sbalordirmi. Spicca in mezzo a tutto quel lerciume, fra i colori che non sono più veri colori. Gli schiavi nella gabbia si muovono, si spostano e io perdo quel contatto. Ossidossa porta una ragazza sul palco, iniziando a tesserne le lodi. Ma io continuo a scrutare nella gabbia. è là. Un uomo alto, muscoloso, abbronzato, col petto tatuato su cui sembra librarsi in aria un dragone di foggia orientale, la coda della bestia scende sin oltre il gonnellino di stracci che porta legato in vita. Ha i capelli neri, lisci, lunghi fino alla vita e scarmigliati, e gli occhi dal taglio vagamente asiatico. Di un azzurro impressionante.
Non riesco a smettere di fissarlo. Forse è per questo che si volta verso di me e mi lancia uno sguardo strano. Scorre sulla mia pelle come una carezza indiscreta, il viso, i seni, le gambe e poi da interessato si fa sprezzante, solleva persino un labbro a sottolineare il concetto.
Inarco un sopracciglio. Lui con la bocca mima la parola ‘stronza’, ne sono certa. Sento il cuore pulsare rapidamente. Quello sì che è un gran pezzo, e lo voglio. Assolutamente.
Continuo a fissarlo, è più forte di me. Lady Zuleika intercetta il mio sguardo, come se seguisse il filo invisibile che ci collega. Mi inquieto. No. Deve essere mio.
Continuo a osservare lo schiavo, incurante del fatto che Lady Zuleika faccia lo stesso. C’è una ragazza accanto a lui, e gli sta appiccicata, stringendogli una mano, terrorizzata. I muscoli dell’uomo sono lucidi e tesi, il viso contratto e fiero, il tatuaggio del dragone sembra muoversi insieme a lui ogni volta che si sposta, non come fosse eternamente ritratto sulla sua pelle, bensì come se avesse vita propria, ma decidesse di seguire i movimenti dell’uomo. Ho la gola secca. Potrei chiedere dell’acqua ma mi piace questa sensazione, una sorta di sofferenza condivisa.
Non appena Ossidossa vende la schiava che sta trattando, mi alzo di scatto. Poi mi ricordo che devo mantenere un certo contegno. Mi avvicino al banditore lentamente, stentando a non affrettarmi. I miei passi sono come battiti cardiaci, sull’assito, nel petto.
‘Ossidossa’ bisbiglio, avvicinandomi a lui così tanto da sentirne l’olezzo nauseabondo. ‘C’è uno schiavo nella gabbia che mi interessa, potrei vederlo?’
è un comportamento insolito per me, ma pago bene e sono sicura che non mi dirà di no.
‘Certo’ risponde immediatamente.
Dalla folla si solleva un mormorio insoddisfatto. Mi sento gli occhi di Lady Zuleika addosso mentre mi dirigo verso la gabbia con Ossidossa. Quando la raggiungiamo mi aggrappo con le mani alle sbarre, scrutandoli tutti.
L’uomo col drago si ritrae leggermente, mettendo la ragazza che tiene per mano dietro di sé, quasi volesse farle scudo col proprio corpo.
‘Quello’ dico semplicemente.
‘Quello costa mille crediti’ dice immediatamente.
Non batto ciglio e non stacco gli occhi di dosso all’uomo col drago. Da vicino è pazzesco. Non è soltanto il colore degli occhi, ma anche i muscoli lunghi e asciutti, il piglio nervoso, lo sguardo orgoglioso. ‘Ottocento, più cinque barili d’acqua e uno di vino speziato’ dico.
‘Mi sta bene, però… devo ugualmente batterlo all’asta’ risponde Ossidossa.
‘No, non voglio che altri lo tocchino, altrimenti non lo vorrò più.’
‘è per fare scena, Imperatrice Zero, cerca di capire, perderei la mia credibilità…’
‘Quale credibilità?’
‘La… la mia!’
Mi volto a fissarlo dritto in faccia, devo tenere la testa rivolta in basso per farlo. ‘Ossidossa, non diciamo cazzate.’
‘Allora almeno portalo sul palco e mostralo e poi sarà tuo’ dice lui abbassando lo sguardo.
‘E sia.’
Ossidossa, senza proferire parola entra nella gabbia, quando cerca di afferrare il collare dell’uomo col drago, quest’ultimo gli sferra un pugno in piena faccia. è a quel punto che intervengono gli uomini del catturatore. Le Belve.
‘Non rovinatelo’ ordino.
Lo strattonano, lui si difende, ne stende un paio, è una vera furia. Adorabile. Poi altri al servizio del catturatore lo bloccano, trascinandolo fuori, però l’uomo col drago continua a dimenarsi, finché una delle Belve non lo colpisce in pieno stomaco con il manganello. La ragazza che era con lui grida forte, cercando di aiutarlo e una delle Belve la afferra per la vita. L’uomo col drago prende a ribellarsi con ancora maggior vigore. ‘Lasciala, lasciala stare, bastardo!’ Uh! Pare davvero intenzionato a proteggerla. Una Belva gli assesta un altro colpo allo stomaco.
‘Ehi, fate piano!’ esclamo.
L’uomo col drago dopo esserci accasciato continua a lottare. Lo rovineranno di botte, prima ancora che ci metta le mani sopra. E ci vorranno troppi giorni per curarlo prima che sia pronto per iniziare l’addestramento e io non vedo l’ora.
‘Ehi Drago, come ti chiami?’
‘Vaffanculo!’
Originale.
‘Senti, Vaffanculo, se la smetti di fare tutto questo casino, peraltro inutile, compro anche la tua donna.’
Sembra placarsi per un istante, come se valutasse la cosa. Poi cerca di sputarmi addosso. Mi sposto giusto in tempo.
‘Senti Vaffanculo, vuoi che invece la faccia portare sul palco e violentare davanti a tutti?’
Mi guarda. Quegli occhi azzurri sembrano leggermi dentro. Un po’ troppo. Poi abbassa le palpebre.
‘è mia sorella, ti prego non… non farlo.’
Oh, ecco ho trovato un modo per piegarlo. Non sempre la forza è indispensabile.
‘Quanto vuoi per la donna?’ chiedo a Ossidossa.
‘Altri ottocento!’
‘Seicento.’
‘Settecento?’
‘Seicento e non ti faccio pisciare nel barile di vino prima di dartelo.’
‘Andata.’
Ora Vaffanculo è più ubbidiente. Segue le Belve sul palco. Per maggior sicurezza lo legano al palo.
‘Quest’uomo è stato ceduto all’Imperatrice Left Eye Zero, poiché…’ inizia a dire Ossidossa.
‘No. No. No’ interviene Lady Zuleika. ‘è un’asta e lui non è stato battuto.’
Merda.
‘Lady Zuleika, come sai non è la prima volta che succede’ dico con calma.
‘Quanto è la base d’asta?’ chiede lei ignorandomi. Restare impassibile è difficile. Mi sono esposta troppo. Avrei dovuto aspettare. Cazzo!
Ossidossa esclama: ‘Lo cedo in coppia con la donna, credo… a… ‘ sembra fermarsi per fare un rapido calcolo.
Ancora ‘ e ancora.
Dai, cazzo, devi fare ottocento più seicento e una valutazione dell’acqua e del vino, più o meno, non è difficile.
Millequattro più cinque barili d’acqua e uno di vino. Fa circa millesettecento.
‘Millequattro’ gli suggerisco a bassa voce.
‘Millequattro!’ dice lui immediatamente. Lo fisso con un sopracciglio sollevato. ‘Merda!’ sussurra quando si rende conto di non aver conteggiato tutto.
Lady Zuleika si avvicina con il suo passo da pantera. I miei occhi si spostano involontariamente su Vaffanculo. La sta guardando come se gli piacesse, e parecchio. Sento lo stomaco annodarsi. Non va bene. Questo è pericoloso. Dovrei lasciarlo a Zuleika.
‘Voglio vederlo per bene’ mormora lei.
‘Millequattro più cinque barili d’acqua e uno di vino pisciato… speziato!’ dico di getto. Debolezza. Mi mordo la lingua. Forte. Sento il sapore del mio stesso sangue scorrermi in bocca. Lady Zuleika sorride.
Si avvicina a Vaffanculo, gli solleva il viso. ‘Molto bello!’ poi gli accarezza lentamente il petto, facendo scorrere le dita sui pettorali, per poi scendere agli addominali e infine al gonnellino. ‘Volete vedere com’è fatto qua sotto?’ chiede alla folla che fin’ora è rimasta quieta a godersi la diatriba.
Urla d’incitamento, soprattutto femminili.
Stronze!
Vaffanculo ha la faccia impassibile. Quasi quanto la mia. Chissà se stenta pure lui a fingersi imperturbabile come me.
Lady Zuleika snoda il gonnellino.
Le urla femminili aumentano… anche quelle maschili in effetti.
Vaffanculo punta gli occhi in quelli di Zuleika, come una sfida. Ha un cazzo di dimensioni ragguardevoli, ma non è quello. Non è così raro. è perfettamente eretto. Si è eccitato in un certo qual modo. O forse… forse è per Zuleika.
Dovrei lasciarlo a lei. è azzardato comperarlo, mi piace troppo.
Il tatuaggio col drago scende con la coda lungo tutto il suo fianco, per terminare sulla coscia, sfiorandogli l’inguine e le anche, sulle quali sono ben visibili le vene tese.
‘Offro duemila crediti’ dice Lady Zuleika facendo ondeggiare il capo come un serpente, per poi sfiorare con il dorso della mano il membro eretto. ‘Solo per lui.’
Vaffanculo perde la propria impassibilità. ‘No aspetta, non potete, avevamo detto…’. Ma non perde l’erezione.
‘Duemilacinquecento per entrambi’ scandisco fissando Lady Zuleika. Sento Lord Koll e Monster Fred sghignazzare.
La ragazza mi serve per esercitare il mio potere su di lui. Sarebbe difficile controllarlo altrimenti, richiederebbe troppo tempo. E poi non voglio spezzare il suo orgoglio. Per voler vivere devi desiderare qualcosa, devi vivere per qualcosa, a taluni individui il piacere non basta. Lo so bene.
‘Allora vediamo un po’ questa ragazza… prima di fare una nuova offerta’ inizia a dire Lady Zuleika. La ragazza viene trascinata sul palco, tenuta ferma da due Belve. è carina. Non bella nel senso stretto del termine. Minuta, con gli occhi simili, nel taglio, a quelli di Vaffanculo, ma castani.
‘Lasciatela stare!’ grida Vaffanculo. L’erezione non demorde. è come se avesse vita propria, esattamente come il drago.
Lady Zuleika denuda la ragazza, è facile, indossava solo una tunica lacera. La folla s’infiamma.
‘Mettetela alla gogna’ dice con un sorrisino. So dove vuole arrivare. Vuole ingraziarsi la folla con uno show eccitante, non vuole che io abbia ciò che voglio senza dare spettacolo. Forse vorrebbe Vaffanculo per sé, ma sa che posso superare ogni sua offerta. E allora si ingrazia Ossidossa, nella speranza di riuscire a spuntarla. O forse lo fa solo per divertirsi. Devo stare al gioco. Non posso fare altrimenti. Non posso permettermi di inimicarmi la gente. Lì in basso, fra il pubblico, potrebbero esserci dei compratori interessati agli schiavi del mio palazzo. E un po’ non voglio che Vaffanculo capisca quanto ci tengo. Non ancora. In fondo potrebbe anche essere divertente.
Ossidossa fa un cenno con la mano. La gogna viene trascinata sul palco. La ragazza viene immobilizzata, le infilano la testa e le mani negli appositi spazi, col capo rivolto verso Vaffanculo e le terga verso la folla, poi la bloccano facendo scendere il pezzo superiore.
‘Vediamo per bene com’è questa vagina’ mormora Zuleika prendendo ad allargarle le gambe.
La ragazza urla e Vaffanculo si dibatte, le grida della folla sono alle stelle.
Mi avvicino a Vaffanculo. ‘Dimmi come ti chiami.’
‘Vaffanculo!’ risponde lui esagitato. Gli afferro il membro con mano salda. Zuleika mi lancia uno sguardo sbigottito. Vaffanculo trattiene il fiato. Il suo cazzo vibra contro le mie dita.
‘Sei vergine?’ le chiede Lady Zuleika con un luccichio sinistro negli occhi. Ecco lo spettacolo.
Sento il ‘no’ della ragazza fra le grida del pubblico. Zuleika prende dal proprio fianco un dildo di medie dimensioni, di legno lucido, iniziando a strofinarlo sul clitoride della ragazza. Nel mentre la accarezza lentamente con una mano, le stimola il clitoride.
Cala il silenzio fra la folla. Sono come dei cobra ipnotizzati dal sesso come di solito lo sono dal suono di un flauto.
‘Lasciatela stare’ dice Vaffanculo.
‘Stai zitto oppure è peggio’ gli sibilo addosso.
Nel momento stesso in cui la ragazza inizia a gemere, prendo ad accarezzare il membro di Vaffanculo, lo stringo, facendo scorrere le dita lungo tutta l’asta, inumidendole con gli umori che stillano dalla cima.
‘Non farlo, ti prego’ ansima lui con le gote arrossate.
‘Ti piacerà.’
La ragazza geme sempre più forte e Zuleika la penetra. Dapprima è una cosa lenta, poi si fa sempre più rapida, così come i movimenti della mia mano.
‘Come ti chiami?’ gli chiedo.
Vaffanculo ansima. Non risponde.
Gli libero il cazzo, mentre lo guardo in faccia.
La ragazza geme sempre più forte e Zuleika le chiede: ‘Vuoi godere?’
‘Sì, ti prego’ risponde lei con la voce spezzata, dimenando i fianchi.
‘Duemilasettecento per entrambi’ dice Lady Zuleika riprendendo a scoparla.
Con la coda dell’occhio scorgo Lord Koll che si sta segando furiosamente.
‘Tu vuoi godere?’ domando a Vaffanculo.
‘No.’
Che osso duro! Molto duro!
‘Sai quale sarà l’epilogo? La sfonderanno’ sussurro all’orecchio di Vaffanculo. ‘Dopo averla fatta venire se la faranno anche Lord Koll e l’altro, quello mascherato, le sfonderanno anche il culo.’
Finalmente lui mi guarda, ha la bocca semiaperta e le pupille dilatate. è lì, in bilico fra il piacere e la disperazione, in uno di quei meravigliosi momenti in cui tutto potrebbe essere possibile e la voglia di godere ti impedisce di pensare. So che è fantastico, terribile e favoloso al tempo stesso. è come scegliere se buttarti da un precipizio. Sai che morirai, ma l’idea di sentire l’aria sferzarti il corpo, e di cadere nel vuoto, libero, ti attrae così tanto da intontirti.
‘Oppure dimmi come ti chiami, e ti farò godere e poi vi comprerò entrambi e metterò fine a questa scenetta.’
Deglutisce. Gli afferro di nuovo il cazzo, due colpi secchi.
La ragazza geme, ci siamo quasi.
‘Ryuu, significa figlio del Drago’ snocciola rapidamente. Avevo creduto che avrebbe serrato le palpebre nel momento in cui si fosse arreso. Ma lui mi fissa, Sfrontato e stupendo. Non l’ho piegato, l’ho soltanto catturato.
‘Ryuu’ ripeto. Perfino pronunciare il suo nome è sensuale. La prima lettera ti si arrotola sulla lingua, e poi l’altra accarezza il palato con lei, per terminare con le labbra socchiuse, come nell’attesa di un bacio. Una lunga attesa. Magari con gli occhi chiusi. Ryuu. Ne assaporo il pensiero.
La ragazza sta godendo, inizio a segare quel membro turgido con mosse sapienti, con vigore, mentre gli spettatori vanno in visibilio. Freme sotto al mio tocco. Vibra. è come suonare uno strumento musicale.
Un gemito malamente trattenuto, mentre sento il suo seme gocciolarmi fra le dita. Più caldo dei raggi del nostro sole malato. Il petto di Ryuu si alza e si abbassa velocemente.
‘Cinquemila, cinque barili d’acqua e uno di vino speziato’ dico ad alta voce. ‘Per tutti e due.’
Lady Zuleika mi guarda scuotendo il capo, poi si morde un labbro. Forse potrebbe rilanciare, ma significherebbe non acquistare nient’altro. Dal mio viso non traspare niente.
Ossidossa comincia a battere sul gong.
Lord Koll ha appena goduto, è paonazzo.
‘Aggiudicato’ dice il banditore.
Faccio cenno alle mie guardie nere di venire a prendere gli schiavi.
Ryuu mi lancia uno sguardo strano. Azzurro e implacabile. Forse ho vinto ma è solo una battaglia, ed è una guerra che non vedo l’ora di combattere. Pericolosa ed eccitante.
Il cielo verdognolo sembra quasi bello. Ora ho qualcosa di azzurro sulla mia tavolozza a cui pensare e quel nome da rigirarmi in bocca. Delizioso come un frutto succoso.

– continua-

3 ‘ Tormento e castigo

La carrozza solca il deserto giallo e l’aria che entra dai finestrini è ancora tiepida. Il sole sta tramontando, annegando nel verde, quasi si inabissasse in un invisibile mare che termina e inizia alla fine del cielo, chissà dove.
Ho comprato sette schiavi, più Ryuu e la sorella. Reika. Viaggiano tutti in una gabbia montata sul carretto, trainato da due muli, che segue la carrozza. Tutti tranne Ryuu.
Non l’ho tenuto con me per evitargli lo scomodo viaggio, bensì per studiarlo. C’è qualcosa in lui che trascende la mera bellezza, possiede una cosa ancora più rara. L’intelligenza. Lo intuisco da come reagisce, da come si comporta. Non è solo un gran bel pezzo di carne.
Eppure l’intelligenza è un gran fardello. Credo che gli stolti conducano una vita meno complessa, più semplice, e la vivano meglio, che si pongano meno domande, e abbiano meno problemi. L’intelligenza è difficile da domare, così come la fantasia, animali selvaggi che al massimo puoi imparare a sfruttare al meglio ‘ a volte – ma mai a controllare del tutto. O a sottomettere completamente ai tuoi voleri. Unicorni neri pronti a imbizzarrirsi e a farti balenare domande inquietanti nel cervello, a farti pensare cose che ti turbano. E non vogliono avere finimenti o selle. Vogliono correre liberi nella tua mente, a loro piacimento, sbuffando e allargando le froge, pronti darti l’effimera illusione di poterli controllare, per poi disarcionarti quando meno te l’aspetti.
L’intelligenza non è questione di quanto o cosa uno abbia imparato, o studiato, quelli sono soltanto mezzi per domarla, è più un fatto di come uno reagisce ed elabora le cose. Di come e quanto ci rifletta. E Ryuu ha capito subito che mostrarsi troppo insolente, o irascibile, oppure indomabile, non avrebbe giovato né a lui né alla sorella. L’ho visto osservare tutto con estrema attenzione, le ruote della carrozza, i legacci, le manette, il carro dove veniva caricata Reika, la gabbia, le mie guardie, e così via. Anche me. E anche se si è mostrato collaborativo, so che invece sta elaborando un piano per fuggire. è come se sentissi gli ingranaggi del suo cervello lavorare.
Alcuni schiavi spesso si abbattono e restano quasi scioccati, arresi, dopo essere stati acquistati o catturati. Altri combattono fino a farsi massacrare, prima di collaborare. E la fuga è un’idea che scartano subito, troppo complessa. Al massimo la tentano ma senza pianificarla, solo quando si presenta l’occasione. Lui non è così. Sta macchinando. Sta mettendo a punto un piano come se fosse una cosa che gli viene naturale fare. Non può farne a meno.
L’asta è stata una giornata di tregenda e sono stanchissima. Alla fine Lady Zuleika ha lasciato Acidalia impettita e arrabbiata, perché non solo non è riuscita a sfilarmi Ryuu dalle mani, ma Lord Koll, con un’offerta improvvisa, le ha fregato pure una schiava stupenda, dall’incarnato così perfetto da sembrare di porcellana, stupenda, con occhi come due violette in un bicchiere di latte, e una bocca rossa come una ciliegia matura. Anche Monster Fred se n’è andato scontento dopo aver litigato con Ossidossa sul conto finale. Io, tutto sommato, non mi posso lamentare, seppure abbia dovuto penare leggermente per poter avere Ryuu. Del resto ho imparato che il piacere più appagante arriva dalla sofferenza, e dall’attesa.
Ora Ryuu è dinanzi a me. Seduto. I lunghi capelli neri che gli ricadono scompostamente sul petto. Le mani penzoloni, i polsi bloccati ai lati della testa da bracciali in cuoio rifiniti in ferro, agganciati alla parete della carrozza. Indossa ancora il collare degli schiavi in vendita, non il mio. Quello glielo metterò dopo averlo ripulito, e marchiato. è fissato alla paratia da un gancio assicurato all’anello del collare. E poi porta legato in vita il gonnellino di stracci. I suoi muscoli così definiti sono fantastici anche se è lurido e sudato. Odio la sporcizia, tuttavia è ugualmente piacevole osservarlo.
Sì, valeva la pena di concedere quello spettacolino al pubblico, per averlo.
Sta guardando fuori, non sembra spaventato e nemmeno troppo preoccupato, sembra solo… in attesa. Non parla da quando è salito, Io non gli ho rivolto la parola e lui, non ha chiesto nulla. Credo riesca tranquillamente a immaginare, grossomodo, cosa lo aspetti. Sta osservando la strada, calcolando distanze e memorizzando punti di riferimento. è un elemento essenziale per la fuga, lo so bene. Ho fatto le stesse cose anche io, ecco perché le individuo. L’attenzione ai particolari, alle abitudini, agli oggetti, alle gerarchie. E poi lo studio metodico delle persone. So che mi sbircia quando fingo di guardare fuori. Rivedo un po’ me stessa.
Da un cestino coperto, al mio fianco, estraggo una mela perfettamente matura. Lui la vede e per un attimo sgrana gli occhi, poi torna a guardare fuori. Posso quasi sentire l’acquolina irrorargli il palato e la lingua. Prendo un coltello dal cestino. Ryuu segue i miei movimenti come fanno i serpenti con le prede. Però cerca di non darlo a vedere. Taglio una fetta di mela e inizio a mangiarla. Sgranocchiandola a bocca aperta.
‘è una vera mela quella?’ chiede a un certo punto. Vedo il pomo d’Adamo muoversi.
‘Imparerai presto che non puoi parlarmi se non ti rivolgo una domanda diretta’ rispondo con la bocca piena di quel frutto succoso, rigirandomi il coltello fra le dita.
‘Comunque sì, è una mela.’ So di aver suscitato la sua curiosità. è difficile avere dei frutti, la terra coltivabile e incontaminata scarseggia, e io riesco ad avere queste delizie solo grazie ai campi sotterranei, con la luce del sole rifratta da un complesso sistema di specchi. Altrimenti il cibo più comune sono radici e spesso carne umana.
Mi guarda incuriosito. Posso quasi scorgere le domande affastellarsi nella sua testa. Una dopo l’altra. So anche quanto sia difficile non porle.
‘Ne vuoi una fetta?’ gli chiedo guardando fuori dal finestrino.
‘Non sarà gratis vero?’ risponde immediatamente.
‘Naturalmente no’ dico. Aspetto che ribatta ma non avviene. A quanto pare sta già imparando che deve rispondere solo a domande dirette.
‘La vuoi o no?’ lo guardo negli occhi, lui li socchiude. Per un attimo è come se fra di noi scorresse una corrente elettrica. Una muta sfida, in cui lui sta valutando di rifiutare, per orgoglio o per timore del prezzo. E io valuto come reagire in caso lui accettasse la fetta di mela, o meno.
‘Sì.’ Una contrazione della mascella. Deglutisce. Il pomo d’Adamo si muove di nuovo.
Immagino che avrebbe rinunciato alla fetta di mela, se lo avesse voluto, nonostante sia affamato, di certo assetato e abbia l’acquolina in bocca. Tuttavia non sta accettando la mela, bensì l’idea di un possibile compromesso per valutare meglio la situazione. Lo apprezzo. è consapevole che per avere qualcosa devi dare, che per poter rialzare la testa, a volte occorre abbassarla. è un detttaglio importante in uno schiavo sessuale
Apprezzo anche che non abbia chiesto cosa dovrà fare per averla. Coraggioso, audace.
Mi eccito solo all’idea di poter giocare con lui, non soltanto con il suo corpo, ma con quella parte di lui che mi attrae più di tutte, il suo cervello.
C’è un’altra cosa di Ryuu che ha sollecitato la mia fantasua: si è eccitato quando Lady Zuleika l’ha toccato, e anche a sentir godere la sorella, a vederla scopata dal fallo di legno, a guardarla godere quasi contro la propria volontà. E poi sotto al tocco della mia mano il suo cazzo era una corda vibrante, nonostante la situazione, anche se era in pericolo di vita. Deliziosamente perverso.
Lussuria, avidità e perversione, definiscono la nuova nobiltà in questo mondo. Ma siamo tutti schiavi di un meccanismo immorale, depravato, vizioso. Padroni, catturatori, venditori, sottomessi, tutti piccoli componenti di un ingranaggio gigantesco schiavo di se stesso e delle proprie depravazioni. Il sesso perverso in questo mondo nuovo è come un sogno che se hai abbastanza crediti, puoi realizzare. Questo in fondo non è cambiato. Solo che ora la maggior parte delle persone non ha nulla da perdere.
Ryuu è seduto con le gambe leggermente aperte, il gonnellino si muove a ogni sobbalzo, lo fisso sfacciatamente tra le gambe, anche se so che mi sta guardando. Poi taglio un’altra fetta di mela, ho le dita appiccicose di succo, appoggio la fetta nel cestino. Mi sposto accanto a lui, sul suo stesso sedile di cuoio imbottito e gli metto la mano sporca dinanzi alla faccia. ‘Leccala’ ordino, tenendo la mano davanti alla tua bocca e il coltello nell’altra.
Lui esita, i suoi occhi saettano nei miei, come una fiamma e io sono il fuoco.
La sua lingua è rigida e al contempo dotata di una morbida e piacevole calda consistenza contro al mio palmo. Allargo le dita e lui scorre fra di esse con la lingua, un tocco dapprima incerto, rigido, che lentamente si fa più sciolto. Serro le cosce, sento il mio sesso fremere. Quando sento la sua lingua lambirmi il polso, appena al di sopra dei braccialetti, ritiro la mano e gliela faccio scorrere sulla gola, accarezzando quel pomo d’Adamo così evidente. Lo sento muoversi, percepisco la deglutizione.
Afferro la fetta spostandomi sul bordo del sedile e gliela appoggio alle labbra. Non appena lui spalanca la bocca per darle un morso la ritraggo. Posso vedere l’ira e la frustrazione saettargli sul viso e la mancata soddisfazione bruciare su quella lingua che mi ha appena lambita. è come se gli avessi dato una frustata. Lui ha obbedito e io non l’ho ricompensato. Gli riservo un sorriso che non include gli occhi. Serra le labbra che diventano una linea sottile. Sta stringendo i pugni fino a farsi sbiancare le nocche.
Ira trattenuta. Parole trattenute. Delizioso. Gli slaccio il gonnellino con un movimento rapido e secco, denudandolo. Ha il cazzo leggermente turgido, ma non eretto. I pugni gli si serrano ancora di più. Gli muovo la mela dinanzi al viso, lui strattona il collare per afferrarla e anche i bracciali, sento il ferro tintinnare. ‘Cazzo!’ esclama furioso.
Gli punto il coltello alla gola. Subito al di sotto del cuoio. ‘Non parli se non te lo dico io’ gli ricordo. Mi lancia un’occhiata incandescente.
‘Non è così facile essere ricompensati, fatti venire il cazzo duro e avrai la fetta di mela’ dico fissandolo fra le gambe.
Apre la bocca per un istante, probabilmente domandandosi se io sia pazza. Come dargli torto? Del resto non conosce i propri limiti e il controllo che una persona può esercitare sul proprio corpo, se necessario, e quanto sia squisito perderlo, lasciandosi andare, dopo averlo mantenuto a lungo.
Sgancio la chiusura che trattiene la mia veste appesa all’ingombrante collana che porto. La stoffa mi scivola addosso, fermandosi in vita. Sento le catene calde del mio stesso tepore accarezzarmi la pelle, i seni ballonzolare a ogni sommovimento del mezzo.
Ryuu mi fissa con gli occhi socchiusi. Vedo i pugni aprirsi lentamente. Scocco un’occhiata al suo membro. Sta reagendo lentamente. Mi ficco in bocca la fetta di mela e la mastico rigirandomela tra le labbra.
Sul viso di Ryuu compare un piccolo tic nervoso, proprio a lato della bocca. Gli fisso il cazzo. ‘Puoi fare di meglio.’
‘Non è così semplice’ ribatte di getto, stranamente calmo. Finisco la fetta e poi gli punto il coltello direttamente allo scroto, la punta acuminata a increspargli la pelle. Lui inspira velocemente. Però non serra le gambe, come credevo avrebbe fatto, d’impulso. Resta fermo.
‘Non devi parlare se non ti faccio una domanda’ gli ricordo con falsa noncuranza senza guardarlo in faccia.
Sento le corte catenelle che gli imprigionano i polsi tintinnare e in contemporanea vedo il cazzo iniziare velocemente a inturgidirsi. Sono stati i miei seni pieni, ma sodi a sortire l’effetto, oppure il coltello? Mi stuzzicano entrambe le possibilità, anzi la prima mi lusinga e la seconda mi intriga.
Chissà se anche Ryuu si sta domandando la stessa cosa.
Gli accarezzo il membro con la lama del coltello, freme. Sembra annuire. Io e lui ci siamo capiti.
Continuo a stuzzicarlo con la lama.
‘è stato il coltello o le mie tette?’ gli chiedo accarezzandolo di piatto.
Deglutisce.
Gli lascio il tempo di riflettere.
Non lo fa, guarda fuori dal finestrino, il suo cazzo s’è fatto ancora più duro. Gli passo la lama alla base, proprio fra le palle e l’attaccatura.
‘Allora?’ lo incalzo.
‘Tette.’
‘Imperatrice!’
‘Tette, Imperatrice.’ Tic nervoso accanto al labbro.
‘Stai mentendo.’
Lui serra le mascelle continuando a guardare il panorama.
‘Se mi dici la verità ti darò un mela intera e ti dirò anche come faccio ad averne.’
Si volta di scatto verso di me, gli occhi sono due fessure. Non è solo il frutto a intrigarlo, è anche la conoscenza.
‘Entrambe le cose, Imperatrice.’
Risposta diplomatica. Dondola le ginocchia, allargando impercettibilmente le gambe.
Ritraggo il coltello, poi mi allungo e prendo una mela intera dal cesto. Gliela muovo davanti alle labbra. Lui cerca di addentarla, la sposto un po’ indietro. è delizioso vederlo stentare a raggiungerla, imprigionato dal collare, le mani penzoloni.
Serra le labbra. Gli pigio la mela sulla bocca. Le tiene strette. Offeso.
Tengo la mela poggiata alle sue labbra dicendo lentamente: ‘Leccane la buccia, assaporane l’attesa, senza morderla’ mormoro suadente. I suoi occhi saettano nei miei. Obbedisce, la lingua ad accarezzare il frutto, il suo sguardo che accarezza il mio. Fiamme azzurre.
Poso il coltello sul sedile. Mi sposto mettendomi lentamente a cavalcioni su di lui, solo la mia veste a dividere i nostri sessi. Mi sistemo in modo tale che la parte sottostante del suo cazzo strusci sul mio sesso, senza aver alcun modo di penetrarmi. è così duro, marmoreo. Immagino abbia una consistenza simile alla mela. Poggio la mano sinistra, quella libera, accanto alla sua testa, premendola sulla paratia, accanto al suo polso.
Ryuu continua a leccare la mela, mentre non distoglie gli occhi dai miei, lappate a lingua larga, la salivazione rende l’operazione bagnata. Molto. Si spinge contro di me. è come se il mio sesso fosse la sua bocca e il suo cazzo la mia mela. Però io non darò alcun morso.
‘Adesso mordila e assaporala con calma.’
Apre la bocca, sento i suoi denti affondare lentamente nel frutto, il suo cazzo fremere contro di me, resisto alla tentazione di muovere le anche.. Stacca un morso, mastica velocemente, continuando a muoversi mentre mi guarda.
Mi abbevero dei movimenti della sua bocca, della mandibola, dei fianchi.
‘Se godi ti levo la mela.’
Sogghigna continuando a masticare, ma lo fa con più calma, quasi con insolenza. Sento un brivido accarezzarmi le viscere. Quando deglutisce gli porgo la mela per un nuovo morso. La sua durezza mi tortura deliziosamente. Il piacere che mi nego non fa che acuire i miei sensi.
‘Come ti sembra?’
Riflette un istante, deglutendo. ‘Interessante’ risponde con la voce roca.
Ottima scelta di vocabolo. Non ha detto buona, come se si riferisse alla mela, oppure solo sì. ‘Interessante’, come se volesse indicare l’intera situazione.
Forse immagina che mi potrà fottere, o di fottermi progettando di avermi in pugno mentre elabora un piano di fuga.
Il problema con me, è che quando pensi di fottermi io ti ho già fottuto due volte, e penso alla terza. Un altro morso, più vigoroso, le sue anche si muovono come se cercasse di penetrarmi, ma mi posiziono di nuovo, in modo da non poterci nemmeno provare, nemmeno con la veste frapposta.
‘Ho delle coltivazioni sotterranee, terre quasi incontaminate, coltivate in anni di duro lavoro, da parte dei miei schiavi’ dico lentamente. Lui morde e mastica, senza smettere di guardarmi o di muoversi sinuoso sotto di me.
‘La luce del sole arriva ai campi attraverso un sistema di rifrazione, grazie a un meccanismo di specchi.’
Il suo sesso freme, duro come il marmo. E io gli parlo di come sono riuscita a coltivare frutta e verdura.
Il suo bacino si muove sinuoso sotto di me, sensuale, ipnotico.
Continuiamo finché la mela non è altro che un torsolo e la sua lingua mi sfiora sempre più spesso le dita, come una fiamma che guizza. Però in me c’è un fuoco che non si consuma mai del tutto.
Improvvisamente mi afferra l’indice coi denti, stringendo per un istante per poi leccarlo con la lingua, catturando i miei occhi. Gli infilo anche il medio in bocca. ‘Succhiale come se mi facessi un pompino’ dico muovendole dentro e fuori. Esegue anche se la mela è finita, insieme alle mie spiegazioni. La serica consistenza delle sue labbra che mi si chiudono attorno alle nocche, e la lingua che le accarezza, mentre succhia. Le mie dita sono umide, bagnate. E non sono le sole cose umide, bagnate e scivolose.
La sua durezza è un piacevole intruso, la sento fremere, tremare, bruciare. Gli tolgo di scatto le dita dalla bocca e getto il torsolo dal finestrino. Ryuu ha il respiro affrettato, e le sue labbra si sono fatte rosee. Le sfioro con il polpastrello dell’indice, che scorre sulla sua pelle bagnata di saliva come sulla seta.
‘Ti piacerebbe scoparmi?’ gli chiedo.
‘Sì’ risponde senza esitare.
‘Sì, cosa?’ poggio la fronte alla sua.
‘Sì, Imperatrice, voglio scoparti’ un movimento repentino del suo bacino a sottolineare il concetto e il tintinnare delle catenelle. Poi cerca di baciarmi. Mi ritraggo schiaffeggiandolo su una guancia. Lui apre la bocca per un istante, stupito. Stringe i pugni. Il respiro gli di fa più concitato.
Mi alzo sedendomi di fronte a lui, sul mio sedile.
Guardo Ryuu, ha gli occhi spalancati, ma non è solo stupore, è rabbia, mista a sorpresa.
Lentamente apro le gambe, poi ne sollevo una, e poggio il carrarmato del mio stivale all’interno del suo ginocchio, costringendolo a divaricare le cosce. So che potrebbe contrastare il mio movimento, invece mi lascia fare.
Faccio lo stesso con l’altra, la veste mi ricade fra le gambe, a coprire il mio sesso dal suo sguardo voglioso.
‘Raccontami della vita che facevi prima che ti catturassero’ dico aprendo di più le mie gambe, e di conseguenza le sue.
Esita, non riesce levarmi gli occhi di dosso.
‘Parla’ insisto.
‘Facevo… ero un mercenario’ mormora mordendosi un labbro. Gli faccio un cenno col capo. ‘Mi pagavano per fare delle cose sgradevoli tipo ammazzare qualcuno, o rubare o… trovare dell’acqua, non importava come.’
Il suo cazzo è ancora eretto e congestionato.
Sposto la veste e spingo il mio bacino più avanti sul sedile, in modo che il mio sesso perfettamente depilato, sia esposto alla sua vista.
‘Continua a parlarmi di com’era la tua vita’ dico sfiorandomi il sesso con le stesse dita che lui prima ha leccato e succhiato. ‘Se godi o smetti di parlare faccio frustare tua sorella non appena arriviamo a palazzo.’
Stringe i pugni, le nocche sbiancano. Però non smette di fissarmi.
‘Ero… eravamo… cercavamo di sopravvivere, di non…’
Inizio a masturbarmi lentamente, toccandomi con pigrizia.
‘Di non farci ammazzare, o catturare… là nelle Terre di Nessuno è una giungla ma…’
Con la mano intrisa di umori mi sfioro l’interno delle cosce, reclinando la testa indietro.
‘Ma è l’unico posto dove poter essere liberi, pensavo di riuscire a…’
Mi infilo due dita dentro, le stesse che erano nella sua bocca.
‘Cazzo, non riesco a parlare così…’
‘Continua a raccontarmi!’
‘A sopravvivere… e a mettere via dei soldi per arrivare a comprare cose che…’
Emetto un gemito sfiorandomi il perineo, mentre muovo le anche contro la mia stessa mano, mimando una sorta di coito.
‘Attrezzature e un veicolo, forse una barca per provare a raggiungere le Pianure Verdi, aldilà del mare.’ Ha la voce arrochita e spezzata.
‘Avevi una donna?’ chiedo muovendomi sempre più rapidamente, le dita che giocano sul mio sesso glabro, e scivolano dentro e fuori.
‘Sì. è morta un anno fa. Malattia’ risponde secco. Sento le sue gambe esercitare pressione contro le suole dei miei stivali.
‘Mangiavamo… quello che trovavamo o che riuscivo a comperare, vivevamo in un villaggio, io mi occupavo di mia sorella’ la sua voce è sempre più concitata.
‘Non… non so più cosa dirti, Imperatrice. è difficile… così.’
Continuo a masturbarmi, spingendo le dita sempre più a fondo, i sobbalzi del mezzo sembrano fatti apposta per farmi raggiungere quasi l’apice. Lo guardo di sbieco, ha il viso contratto, e il respiro affannoso.
‘Adesso dimmi come ti piacerebbe scoparmi.’
Risponde immediatamente come se quelle parole non vedessero l’ora di uscirgli di bocca. ‘Adesso ti scoperei in qualunque modo, anche con le mani legate, anche con la lingua, anche se mi frustassero’ dice velocemente mentre io spingo il palmo della mano contro il clitoride gonfio, la voce eccitata di Ryuu mi penetra quasi come le mie dita, e mi porta verso il piacere. Serro le palpebre. Ecco gli spasmi, l’attimo in cui non sono più l’Imperatrice e nemmeno la ragazza che sono stata. Sono soltanto io per un lungo istante, quello in cui il mio corpo raggiunge una temporanea pace, nel godimento dei sensi. L’orgasmo mentale e fisico. Apro la bocca in debito d’aria. Poggio rapidamente i piedi a terra e stringo forte le cosce schiacciando la mia stessa mano contro il mio sesso.
Ryuu, inaspettatamente spinge con le ginocchia contro le mie, come se volesse partecipare nell’unico modo che gli è possibile, sento i battiti del mio cuore accelerare, perdo per un attimo il controllo. Un’ultima contrazione, violenta. Emetto un gemito che non avrei voluto lui sentisse. Poi stringo i denti. Mi ricordo chi sono. Torno a indossare la maschera inesistente che rende inespressivo il mio volto e apro gli occhi, levandomi la mano dal sesso e fissando Ryuu.
è accaldato e rivoli di sudore gli scendono sul viso, quasi avessimo scopato insieme. Il suo pene è turgido, congestionato, rigidissimo. Muovo le ginocchia e lui apre le gambe, liberandomi.
‘Ripuliscimi’ ordino avvicinandogli la mano bagnata alla bocca. Lui esegue, leccando e lappando, per un attimo sento il mio sesso fremere, come se si fosse scordato di avere appena goduto. Un brevissimo bis solo accennato.
Quando finisce gli chiedo: ‘Vorresti godere ora vero?’
‘Non ti implorerò di farmi un’altra sega’ risponde serrando le mascelle.
‘Non ti ho chiesto quello’ sibilo schiaffeggiandolo più violentemente di quanto non volessi.
Le sue gambe che stringevano le mie e il mio cuore martellante, stupito da quel suo gesto volto solo a… Cristo, non devo pensarci. Non voglio premiarlo, non voglio pensare a come mi sono sentita di fronte a quel movimento che ha compiuto, così rapido, spontaneo, istintivo… è sbagliato!
Ryuu muove la mandibola come a controllare se sia tutto a posto. ‘Cazzo!’
Lo colpisco con un manrovescio. Un rivolo di sangue al lato della bocca, proprio accanto al tic. Deve essersi morsicato la lingua.
‘Ora rispondi, vorresti godere?’
‘No.’
Il suo cazzo dice diversamente.
‘Rispondi con la verità, è inutile mentirmi, il tuo corpo parla per te.’
Ha il respiro affannoso, non vuole sentirsi in mia balia anche se chiaramente lo è. Non vuole ammetterlo. Farlo ora gli costa più che dimostrarlo. Ci fronteggiamo guardandoci negli occhi.
‘No.’
Improvvisamente mi allungo verso di lui e gli afferro il cazzo con una mano. Pulsa. Si muove come se annuisse.
‘Vorresti godere?’
Ryuu apre le labbra, respira velocemente, il petto che gli si alza e abbassa.
Stringo di più.
Chiude gli occhi voltando il capo di lato, per quanto glielo permetta il collare. ‘Sì…’ Il pomo d’Adamo si muove. ‘Sì, Imperatrice.’ Si lecca il sangue dal lato della bocca.
‘Sicuro che non vuoi implorarmi? E non credere che potrai masturbarti una volta a palazzo. Sarai sotto stretto controllo.’
Muove le anche, spingendosi contro la mia mano. Lascio la presa. Un gemito.
‘Imperatrice, ti chiedo di farmi godere’ dice a denti stretti.
‘Ho detto se lo fai per bene.’
Deglutisce, avvampa. Non è molto diverso da com’era sul palco, ma prima ero un’estranea ora abbiamo una sorta di rapporto, per quanto strano, e so che è disagio. Il Potere, il controllo, il piacere. Tutti li desiderano e nessuno vuole perderli.
Voglio piegarlo. In questo momento.
‘Imperatrice, ti imploro…’
‘Cosa?’ sussurro afferrandogli nuovamente il cazzo e muovendo il pollice in cerchio, proprio sulla punta, dove è umido e scivoloso.
‘Ti imploro di farmi godere, ti prego, cazzo!’ Il sudore gli imperla la fronte, tiene gli occhi chiusi. La vergogna di implorare, la rabbia di essere così debole da doverlo fare. Ecco la perdita di controllo. Quando arrivi a un certo punto, sfori il tuo limite e quando lo fai e ti lasci andare ammettendo le tue debolezze, il piacere balugina all’orizzonte come un’oasi nel deserto. E lui ha una sete fottuta adesso.
Lo lascio andare tornando a sedermi compostamente.
‘Cazzo! No!’ Ora ha aperto gli occhi e mi fissa, muove ancora il bacino, stringe le gambe per un attimo.
‘Se godi da solo, farò frustare tua sorella e ovviamente anche te, forse anche di peggio, per esempio non so… potrei…’ inizio a dire accendendomi una sigaretta e guardando fuori dal finestrino. ‘Potrei farti mettere alla gogna e permettere agli altri schiavi di incularti finché non ti lacerano, o magari… di appenderti a testa in giù per un giorno a due, fuori, al sole.’
‘Ti prego, Imperatrice, no.’
Lancio uno sguardo alla sua erezione. ‘Fattela passare, la prossima volta forse sarà diverso’ dico tornando a guardare fuori.
Sento il suo respiro affannoso riempire l’abitacolo. ‘Del resto prima hai detto di no, la prossima volta ci penserai meglio’ aggiungo soffiando fuori un anello di fumo.
Lascio passare qualche istante poi mi riallaccio la veste alla collana. ‘Respira profondamente e pensa ad altro’ gli suggerisco.
‘Sarà sempre così?’ chiede lentamente, ancora affannato.
‘Ringrazia che non ti punisca, non hai il permesso di parlare.’
‘Ti prego, Imperatrice, fammi quello che vuoi, fammi venire col coltello o come cazzo vuoi, ma fammi venire, cristo!’ Si agita muovendo le catenelle, strattonando il collare. Una sete fottuta. è stupendo.
‘Allora non capisci!’ urlo alzandomi scattando verso di lui e afferrandolo per i capelli, lo spingo violentemente indietro, sbatte la testa contro alla paratia. Ha la bocca spalancata, e gli occhi fissi contro il soffitto della carrozza. Si è immobilizzato, sento il suo alito sfiorarmi le labbra, profuma di mele. è difficile resistere all’impulso di baciarlo. Afferro il coltello puntandoglielo alla gola esposta, subito sopra al collare. Potere, controllo, tormento e castigo. Ingranaggi di un meccanismo complesso. E Ryuu ha appena imparato le prime lezioni sul funzionamento.
‘Scusati!’
‘Perdonami, Imperatrice’ mormora lentamente, tenendo lo sguardo fisso in alto.
‘Bravo.’ Torno al mio posto e lui gira il capo, guardando fuori.
Lo faccio anche io. Il bastione di sabbia. Siamo quasi arrivati a Palazzo. Le stelle stanno iniziando a brillare nel mare pieno di mucillagini verdastre che è ora il cielo, come se il loro bagliore osasse sfidare la nebbia che tenta di opacizzarle. Brillano, brillano ancora.

– continua –

-4 – L’ombra di Zennor

Dal finestrino vedo le guglie del mio palazzo svettare in alto, stagliandosi contro il cielo notturno. Sembrano mani grigiastre e adunche che mirino a toccare le stelle, consapevoli che non ci riusciranno mai. E il Palazzo stesso, pare sorgere dalla sabbia, circondato da ettari di rovine.
Mi alzo e sgancio il collare di Ryuu dalla paratia, poi rimanendo china su di lui gli richiudo il gonnellino, annodandolo, la sua erezione pare essersi rassegnata a uscire di scena.
Il ponte levatoio viene abbassato, sento le catene cigolare, c’è odore di gelsomino nell’aria. Li faccio coltivare apposta.
‘Siamo arrivati’ dico a Ryuu. Ma sta già guardando fuori, sporgendosi per quanto glielo permetta il collare, essendo girato nel senso opposto a quello di marcia. ‘Che ne pensi?’
‘è… imponente’ commenta senza girarsi.

Quando ci fermiamo ci sono altre guardie ad attendermi e una moltitudine di schiavi servitori.
‘Portate gli schiavi nei sotterranei, lavateli per bene, ripuliteli, disinfettateli e controllateli accuratamente, infezioni malattie eccetera’ inizio a dire scendendo dalla carrozza, e dando successive indicazioni.
Avanzo verso la porta principale. ‘Quello nella mia carrozza, stesso trattamento, però assicuratevi attentamente che non possa godere. Lavatelo con acqua calda, non fredda, rasatelo, profumatelo e tagliategli i capelli, sono un groviglio.’
Non riesco a fare a meno di voltarmi. Mentre la gabbia con gli altri schiavi viene aperta e gli occupanti condotti via, altri tre servitori, assistiti dalle mie guardie, liberano Ryuu trascinandolo fuori.
Non appena scende dalla carrozza Ryuu mi lancia uno sguardo strano. ‘Imperatrice, ti prego’ mormora strattonando le guardie e i servi che lo bloccano. Le guardie gli puntano le picche alla gola, sento persino il suono delle loro armature che scattano simultaneamente e lui si lascia cadere in ginocchio. Sollevo una mano per indicare alle guardie di non fargli del male. Mi avvicino e gli metto la punta dello stivale direttamente sulle parti basse. Attendo un istante beandomi dell’azzurro dei suoi occhi, qui, alla luce delle torce, sembra quasi blu. Intenso, come ricordo fosse il mare di notte. Gli sferro una ginocchiata in faccia. ‘Insolente! Non mi devi rivolgere la parola se non ti interpello, pensavo l’avessi capito!’
Le torce appese lungo tutta la fiancata dell’edificio gettano aranciate ombre tremanti sul cortile e sul suo viso. Ryuu sputa un bolo di sangue, poi solleva lo sguardo verso di me, in attesa, con gli occhi socchiusi e le labbra tremanti. Ma non è paura la sua, o pentimento. è rabbia, riesco a vederla perfettamente.
è eccitante.
‘Cosa vuoi?’ gli chiedo.
‘I capelli lunghi, per la mia tribù, per il mio gruppo, sono un segno di forza. Combattiamo a volte, e coloro che perdono li devono tagliare’ mormora per poi serrare immediatamente le mascelle. Capisco perché abbia osato chiederlo, crede che fra di noi, durante il viaggio si fosse instaurato qualcosa.
‘Cosa diavolo vuoi che me ne freghi?’ rispondo secca. ‘Non tornerai mai più alla tua tribù, quindi potevi evitarti una ginocchiata in faccia, se ci avessi pensato. Non credi?’
‘Lo so. Ma sono… sono importanti per me’ risponde lentamente. ‘Ti prego.’
Esito. Rifletto. Non lo faccio per pietà oppure per tenere conto della sua richiesta, ma perché in effetti – forse – rovinerei l’effetto generale tagliandoglieli corti.
‘Sarai più obbediente?’ chiedo tamburellando a terra con la punta dello stivale.
Lui rotea gli occhi per un attimo, come a dire ‘più di così?’, stento a non sorridere, è anche simpatico, cazzo! In effetti non ha proprio tutti i torti.
‘Sì’ risponde muovendo il capo in un moto di divertente condiscendenza.
‘Ci tieni così tanto?’ gli chiedo abbassandomi verso di lui, mentre gli afferro il mento con una mano. Gli ho lasciato un brutto segno sullo zigomo.
‘Sì, Imperatrice’ risponde remissivo.
‘Tagliategli solo fino al collo’ ordino ai servi, voltandomi per allontanarmi.
‘Sei una bastarda!’ Sibila Ryuu, ancora in ginocchio. Sento nuovamente il rumore delle armature delle guardie. Senza voltarmi alzo la mano destra, stretta a pugno e poi stendo l’indice e il medio. Due.
Dopo qualche momento odo lo schiocco di due frustate, ravvicinate e i gemiti di dolore di Ryuu. Stringo i denti e serro un istante le palpebre.
‘E rasateglieli a zero, da un lato’ aggiungo incamminandomi verso l’ingresso. Se non mi allontanassi andrebbe a finire che si ritroverebbe con la testa completamente rasata e la schiena massacrata. Lo so. Non posso tollerare tali episodi in presenza dei servi o delle guardie o di me stessa.
Attraverso il Palazzo a passo rapido, con uno stuolo di servi ad ascoltarmi mentre abbaio ordini.
‘Marchiate gli schiavi, ma non Ryuu, quello che era nella mia carrozza. Lo faremo dopo, quando lo riterrò opportuno. E date loro cibo e acqua da bere.’
Mi fermo un istante accanto alla balaustra, prima di incamminarmi al piano superiore. ‘A Ryuu, dopo la cena, servite anche una mela, rossa. Lucida e perfetta.’ Aggiungo. Poi salgo le scale aggredendo i gradini a due a due. Solo due servitrici mi seguono affrettandosi, quelle addette alla mia toeletta personale. ‘Il bagno per me è pronto?’
‘Si, Imperatrice’ rispondono in coro.
Raggiungo i miei appartamenti, spalanco il doppio battente della porta della mia camera da letto irrompendo come una furia. Sì, sono furiosa, e non me ne ero nemmeno resa conto. Mi fermo un istante a riprendere fiato. Analizzando quella cosa che mi si torce nel petto, accarezzandomi dall’interno come un serpente piumato, velenoso, pronto a mordermi le viscere, avvelenandomi.
La luminescenza delle torce alle pareti incendia la stanza, e il mio talamo a baldacchino, di splendori dorati. Mi porto una mano al petto. Cristo, da quale uovo è uscito questo serpente piumato che mi lambisce lo stomaco, mi si attorciglia nelle viscere e poi risale lentamente lungo la colonna vertebrale, incendiandomi il cervello di collera e agitazione? Mi si dimena dentro come se non riuscisse a trovare una posizione comoda.
‘Andate’ dico alle serve. Restano lì impalate, alle mie spalle, lo so perché non sento lo scalpiccio dei loro passi allontanarsi.
‘Andate’ ripeto. ‘Mi scioglierò da sola i capelli, vi chiamerò per acconciarli, più tardi.’
Sento i loro passi allontanarsi e le porte richiudersi. Mi incammino verso la vasca d’acqua calda, so che l’hanno tenuta pronta sin dall’approssimarsi della sera. Nel mentre mi sgancio la collana e la lascio cadere a terra, in un tintinnio di fronzoli, argento e catene. L’abito mi scivola addosso, accarezzandomi il corpo fino a toccare il pavimento, una pelle già indossata. Mi sfilo i bracciali, lasciandoli cadere al suolo, risuonano come campane a morte, pesanti, cupe. Una scia di cose che portano a me. Infine mi libero degli stivali, slacciandoli per poi calciarli via.
Entro nella vasca, che è accanto al finestrone che arriva fino a terra. L’acqua calda lambisce le mie membra e consola il mio corpo, ma non la mente. Prendo un profondo respiro e poi un altro ancora. Rifletto. Il serpente piumato è Ryuu! Lui che credevo di avere già iniziato a piegare, mi ha fatto qualcosa di orribile. Quel suo roteare gli occhi, simpatico. Quella sua espressione strafottente e quel suo passare dalla rabbia malamente trattenuta alla simpatia in un lampo, per poi tornare all’ira. Il suo coraggio nell’affrontarmi e quel corpo indomabile, sinuoso, come il suo drago. Sì Ryuu è un animale pericoloso quanto il drago che porta tatuato addosso, che mi eccita sottomettere ma del quale ammiro l’audacia.
Un po’ troppo.
Non voglio pensare a come mi sono sentita male nell’udire il suono di quelle frustate e i suoi gemiti. Una scudisciata nel petto solo a ripensarci. è sbagliato. Le sue gambe a stringere le mie mentre godevo, e quella strana cosa che ho provato, ancora più sbagliata.
Stringo gli occhi e scivolo sotto il pelo dell’acqua calda, trattenendo il fiato finché ci riesco, come a mondare non solo il mio corpo dalle sozzure del giorno, ma soprattutto la mia mente da quei pensieri infidi e letali che alimentano il mio serpente piumato. La mia amica solitudine mi strizza l’occhio. La amo. Ho faticato a ritrovarla.
Quando riemergo sento i miei capelli candidi sfiorarmi le spalle, una carezza morbida e tiepida. Scaccio dalla mente il pensiero di quelli di Ryuu completamente opposti ai miei, quelli che ho ordinato di tagliare.
Sono solo capelli.
Per lui erano importanti, erano qualcosa.
Qualcosa che deve dimenticare, così come la sua vita precedente. Gliela voglio strappare di dosso.
Cazzo, ne sono gelosa.
No!
è stata una giornata impegnativa e lui è straordinariamente bello. è solo per quello. I miei sensi mi giocano dei brutti scherzi.
E allora perché quella scudisciata nel petto e poi giù nel ventre, come se il serpente piumato che non riesco a controllare, si stesse facendo spazio dentro di me?
Afferro la caraffa di vino speziato e dolce che c’è sul tavolinetto accanto alla vasca e bevo direttamente da quella.
Ancora e ancora. Questo placherà il serpente. Mi verso il liquido direttamente in bocca, tenendo le labbra spalancate, un po’ ne scivola fuori, dolce sulla lingua, freddo sui seni, si mischia all’acqua come gocce di sangue trasparente.
La mia mente vaga, so cosa gli stanno facendo ora, perché un tempo ci sono passata anche io. Il bagno caldo e profumato, quasi come il mio, Ryuu tenuto fermo da guardie armate, mentre si dibatte quando lo spogliano per lavarlo energicamente, mani sconosciute dappertutto, il fastidio e l’umiliazione che fa a gara col piacere perverso che tutti tendiamo a rifiutare.
Poi bloccato, rasato fin nelle parti intime, lame e olio che sfiorano la pelle delicata, la sferzata della paura, l’incanto della perdizione, le natiche spalancate a togliere ogni peluria, dita, mani, che ti toccano e gli altri schiavi che ti si dibattono attorno, i loro corpi nudi. La vana ribellione.
Gli taglieranno i capelli, si opporrà strenuamente, insulterà i propri carcerieri e sarà ancora inutile. Eppure sono certa che queste cose non lo piegheranno, perché ho visto in lui la mia stessa fermezza psicologica. Lo ungeranno con unguenti profumati, accarezzeranno il drago tatuato, i sensi che si risvegliano ancora, il tormento, la rabbia, la voglia di fuggire e l’odio che monta dentro nel sentirsi trattati come oggetti e il turpe piacere che deriva proprio dalla stessa sensazione.
Nel frattempo lo istruiranno sulle cose fondamentali, del Palazzo, gli daranno informazioni su di me ‘ le poche che hanno. E tutte queste cose a lui parranno stupidaggini, abomini, perversioni. Finché non ne diverrà parte, e loro parte di lui. Dentro all’ingranaggio. Fino in fondo.
Poi gli daranno da mangiare, immagino le sue mani dalle dita lunghe e nervose che rovistano nel piatto, che si ficcano il cibo voracemente in bocca. La masticazione rapida, il piacere del cibo ristoratore che scende nella gola e nello stomaco gorgogliante.
La mela che gli ho fatto portare. La guarderà? Ripenserà a come l’ho costretto a umiliarsi per averla? Oppure ricorderà quanto volesse scoparmi mentre si spingeva contro di me, mangiandola avidamente dalle mie mani, o forse la divorerà e basta?
Impazzisco.
Sto andando fuori di testa. Il vino mi inebria i sensi. Penso a cosa gli staranno facendo proprio ora, e ricordo come ero io.
Nata in libertà, prima della catastrofe nucleare. Dopo il disastro ero una ragazzina sola. Orfana come molti altri. L’orrore di vedermi all’improvviso i capelli bianchi. Di aver perso i miei genitori e tutti quelli che conoscevo. Poi quell’uomo che mi ha portata nella sua magione. I ricordi galleggiano nella mia memoria come fotografie che si inabissano nell’acqua, subito dopo essere state rispolverate.
Credevo fosse una benedizione. E poi lentamente le sue attenzioni audaci, dopo qualche anno in cui altro non ero che una serva. Il modo in cui mi teneva in braccio e io sentivo quella sua durezza contro di me. Una cosa strana, che mi provocava un rimescolio dentro. ‘Fatti accarezzare, piccola’. Remissiva, disponibile. ‘Fatti guardare’. Io nuda di fronte a lui, mentre mi spogliava. I suoi occhi a guizzare sul mio corpo pallido. ‘Fatti toccare, sei stupenda’. Felice. ‘Non ti farà male’ quella cosa strana che mi sfiorava nel punto in cui ero bagnata di qualcosa che il mio corpo proponeva volontariamente. Anche se non capivo come. ‘Solo la punta, solo un pochino, non ti farò male’. Non era sgradevole, solo strano. ‘Ancora un po”. E poi ancora un altro po’ finché il suo respiro non si faceva affannoso e qualcosa mi colava tra le cosce. E lui che sembrava felice e soddisfatto. Io che credevo di essere speciale a provocare una cosa simile, una cosa pazzesca. Ma non lo ero poi molto, dopo qualche mese erano giunte altre ragazzine e io, dopo un lungo viaggio, ero stata venduta al mercato degli schiavi.
Ricordo ancora Ossidossa più giovane, ma sempre orribile e puzzolente, che mi esponeva alla folla. Le sue dita nell’ano a dilatarlo, dicendo che era vergine, le sue dita orribili a masturbarmi per mostrare quanto mi bagnassi e i miei occhi chiusi e brucianti per la vergogna colpevole che provavo, le palpebre strizzate, il cuore martellante e l’uomo interessato all’acquisto che mi palpava, mi controllava i denti, mi inseriva un dito nel sedere fino alla prima falange e due dita nella vagina. E poi faceva l’offerta più alta.
Si chiamava Lord Zennor.
Zennor era un padrone abile. Ho imparato molto da lui. Quasi tutto. Soprattutto che la sottomissione è un piacere complice, in cui schiavo e padrone condividono sensazioni potenti, abissali. Ineguagliabili. Certo prima c’è la paura, quella non ti lascia mai, e alla fine impari a conviverci, in un certo qual modo la apprezzi, la sfidi e te ne abbeveri. Ti fa sentire viva. Poi c’è il dolore, le frustate, le vergate la punizione diventa una sorta di attenzione che ti devi meritare, impari persino a gradirla. Impari. Ogni frustata ti insegna qualcosa. Qualcosa di te. Impari a dominare il dolore, a rimandare il piacere, a prolungarlo, a inseguirlo e ad ottenerlo, e come. Godi nell’essere umiliato, un piacere sinistro, strano e passivo. Godi nell’essere trattato come un oggetto, perché chi ti sta usando non vuole regalarti il piacere ma solo trovare il suo, un momento puro, unico, in cui nessuno mente. In cui nessuno finge di volerti compiacere o di amarti per poi avere qualcosa in cambio. Vieni usata e basta.

Chiudo gli occhi restando col viso a pelo d’acqua a farmi bagnare dai ricordi.
Le ore passate legata a vedere Zennor godere delle altre schiave, a invidiarle persino quando piangevano. Tutto è parte del meccanismo. E quando hai imparato abbastanza puoi immaginare di essere tu la padrona. Finché quell’idea non diventa te stessa. Ma ci riesci solo se prima sei stato dominato, altrimenti è come essere ciechi. Non puoi insegnare se non hai prima imparato.
E io imparavo, apprendevo, apprezzavo, godevo. Ma Zennor commise il primo errore: si innamorò di me. L’amore è pericoloso, non è come il sesso. L’amore è subdolo. Amare significa dare a qualcuno il potere di ferirti. Amare significa che la tua felicità dipende dalle scelte di un altro, e quella dell’altro dalle tue. Riflettendoci, è il peggior tipo di schiavitù che mi venga in mente.
Zennor mi rese potente, aveva visto qualcosa in me, qualcosa che lo attirava come la luce una falena; diventai in breve il suo braccio destro, la sua schiava prediletta, e lui il mio mentore. Mi permetteva di leggere i suoi libri, di imparare non solo il sesso, non solo la dominazione, ma tutto quanto potesse offrirmi. Trascorrevamo ore soltanto a parlare.
Poi commise il secondo errore, comperò uno schiavo stupendo – si chiamava Ethelwulf, biondo, statuario e magnifico – e diede a me il compito di iniziarlo ai piaceri della sottomissione. Mi sentivo invincibile e, per la prima volta, potente.

Il mio cuore ancora sobbalza al ricordo di quella sensazione e di lui. Di Ethelwulf e di come mi sentivo quando eravamo insieme. Ethelwulf era uno schiavo difficile da sottomettere del tutto. Aveva lo stesso dono di Ryuu, era intelligente e ironico, persino buffo, a tratti. E io inesperta. Sapevo utilizzare alla perfezione verghe, cinghie, falli, manette, fuoco, pinze e qualsiasi altro strumento; ero in grado di dare piacere e di prendermelo, ma non avevo ancora imparato a escludere i sentimenti.
Mi innamorai di Ethelwulf e lui di me. Eccola la schiavitù. Temere che gli accadesse qualcosa, che fosse rivenduto, che qualcuno me lo portasse via. Temere che lui smettesse di amarmi, terrorizzata dai suoi amplessi con gli altri schiavi o schiave al quale Zennor ogni tanto voleva assistere. Atterrita all’idea che Ethelwulf dicesse a un’altra o a un altro le stesse cose che mi sussurrava all’orecchio fra le coltri. Gelosa del piacere che gli altri gli davano o che lui dava agli altri. Soggiogata da ogni suo gesto al punto da attribuire loro valenze spesso inesistenti, affamata di ogni sua parola d’amore.
Una senso d’aspettativa crescente, la gola chiusa, l’appetito altalenante, l’eccitazione. Meraviglioso e doloroso, come una cicatrice cauterizzata ancora in rilievo.

Mi sfugge un sospiro, fuori il cielo è verde intenso, la luna si lascia accarezzare da nubi fumose, le stelle ammiccano pallide e i ricordi che mi attraversano la mente, sono come il vino che ho bevuto, dolci, speziati, a tratti asprigni con un retrogusto di malinconica inquietudine.
L’uomo che mi aveva presa con sé quando ero solo un’orfana spaurita si mi chiamava ‘Piccola’, Zennor mi chiamava ‘Bambina’, l’unico al quale avessi mai rivelato il mio vero nome, era Ethelwulf. Il mio nome rappresentava le ultime vestigia di ciò che ero stata, era la ragazzina spaventata, era la ragazza che non voleva essere umiliata, la donna che rifiutava l’idea di essere usata, la persona che respingeva l’idea di riuscire a godere dal e nel dolore. Lo dissi a Ethelwulf quasi fosse un pegno d’amore. Quelle che ero stata poteva averle tutte, era come mettersi a nudo. Senza pelle. Quando lui lo pronunciava mi sentivo completa. ‘Emeraude’ sussurrava dopo il piacere, con i nostri respiri ad acquietarsi insieme. ‘Ti amo, Emeraude’. E io mi sentivo tutto ciò che ero stata, e anche quello che ero diventata. Insieme, finalmente completa. Quasi come durante gli sfuggenti istanti dell’orgasmo. Solo io, l’inizio e la fine, l’Alfa e l’Omega.
Però la vera tortura è quella mentale. Così come l’organo sessuale più potente – e difficile da dominare – è il cervello. Iniziai a mettere a punto un piano per la fuga. Lo stesso al quale avevo pensato fin da quando ero giunta al Palazzo di Zennor. Se ne stava lì, incatenato alle pareti della mia mente, pronto a liberarsi. Conoscevo strade, guardie, abitudini, falle della sicurezza, sapevo come aprire porte, catene e manette. Dovevo solo perfezionarlo. E avere il coraggio di metterlo in pratica.
Quel coraggio, insinuatosi in me lentamente, nato dallo stesso ventre dell’amore, alimentato dal sentimento annientante che provavo per Ethelwulf, si faceva ogni giorno più consistente. Vivo. Così come il piano diventava più particolareggiato. C’era solo un problema: sarei mai riuscita a vivere senza quei piaceri perversi dei quali non riuscivo più a fare a meno? L’amore di Ethelwulf mi sarebbe bastato, dopo tutto ciò che avevo provato?
La risposta divenne chiara il giorno in cui Zennor capì della nostra tresca, credo lo avesse intuito dai nostri comportamenti. Inizialmente non disse nulla, poi mi seguì, a notte fonda, mentre mi introducevo, con la chiave che gli avevo sottratto, nella cella di Ethelwulf. Attese finché dai suoni e dai gemiti non fu chiaro cosa stessimo facendo, e poi irruppe dentro, con gli occhi fiammeggianti. Ricordo che mi parve un demone. Un demone che un tempo era stato potente, agguerrito e indomabile. Ma in quel momento – quella notte – lo vidi veramente per la prima volta. Era vecchio, ed Ethelwulf era giovane come me. Zennor era furioso, sconfitto, annientato. Umiliato come mai era riuscito a fare, in nessun modo, con i propri schiavi. Il nostro padrone, carnefice, amante era diventato d’un tratto la nostra vittima. Vidi in lui la cattiveria che nasce dal dolore, dall’essere feriti là, in quel punto, che nessuna frusta può raggiungere.
Ci fece incatenare, frustare, obbligandoci ad assistere l’uno alle torture dell’altra e viceversa. Ma nulla pareva placarlo. Alla fine, quando eravamo tutti e tre stremati dal sentimento che ci dilaniava, prese a dire che avrebbe venduto Ethelwulf, forse anche me. Ma era anch’egli schiavo. Era, in un certo qual modo, un mio sottomesso. Lo capivo ma era una un’idea marginale, che quasi stentavo a concepire e ad accettare. Perché il terrore che vendesse Ethelwulf era più ancestrale. Iniziai a pensare che perdendo Ethelwulf sarei impazzita, saperlo chissà dove, lontano. Lontano da me.
Mi pareva che se fosse accaduto sarei morta. Implorai Zennor di non farlo, gli giurai amore, sottomissione, qualsiasi cosa. Zennor mi disse che mi avrebbe accontentata, che non avrebbe ceduto Ethelwulf, ma che ci sarebbe stato un prezzo. E io mi proclamai disposta a pagarlo. Quella notte mi fece violentare da tutti i suoi schiavi sessuali, assistendo alla scena dando ordini, godendo senza mai toccarmi. Godevo anche io. Non per l’atto sessuale, ma perché mi pareva di soffrire per qualcosa di più grande. Per Ethelwulf. Sopportai tutto, senza impazzire, senza perdere la testa, senza piangere, urlavo quando provavo troppo dolore, ma mi pareva accettabile. Era la mia sentenza.
Mentre mi penetravano anche in due alla volta, io pensavo. Pensavo a come fuggire con Ethelwulf. Sapevo dove Zennor teneva i crediti, che aveva la chiave della stanza dove erano conservati sempre appesa al collo, sapevo che le guardie lo odiavano, perché un tempo le aveva strappate alle loro famiglie, non gli erano fedeli, non avevano scelta – se si fossero ribellate avrebbe sterminato i loro affetti. Sapevo come conduceva gli affari, conoscevo i suoi contatti, tutti i suoi segreti e le sue debolezze. Ogni fottutissima cosa. Dovevo solo sopravvivere a quella notte. Fui picchiata e poi violentata ancora. E il piano diventò sempre più fattibile e preciso.
Il mattino dopo, quando mi svegliai dolorante e sanguinante, guardai fuori dalla finestra, e vidi Ethelwulf impalato nel mezzo del cortile. Il sangue colava dal palo che gli trafiggeva l’ano fino a fuoriuscirgli dal petto e sul viso aveva un’espressione di orrore puro.
Non crollai però, non urlai nemmeno, neanche piansi. Rimasi a fissarlo, immaginando quali torture avesse subito, mentre dentro di me i sentimenti melliflui ed effimeri che avevo provato, quali amore, gelosia, orgoglio, estasi, si mischiavano, si confondevano, si accoppiavano per trasformarsi e rinascere sotto forma di odio, accettazione, rabbia e rimpianto. Di tutti fu l’accettazione quello più pericoloso, perché significava che avevo capito perfettamente il funzionamento del meccanismo che aveva portato a tale epilogo, che ne facevo parte e che non avrei potuto fare più nulla per riavere Ethelwulf. Che avrei dovuto lasciarlo andare quando ancora potevo per salvarlo. E capii anche di essere stata troppo egoista per farlo. Tutto ciò era accaduto perché lo amavo e ancora di più amavo me stessa attraverso Ethelwulf, e anche perché Zennor, a proprio modo, mi amava.
Quel pensiero mi fece comprendere perfettamente di essere solo un ingranaggio minore. Che ciò che lo aziona davvero è il controllo, il potere.
Dolorante, chiesi udienza a Lord Zennor. Stentavo persino a camminare. Quando lo raggiunsi era nella sua stanza da letto, lì accanto alle tende di broccato. Aveva la patta dei pantaloni aperta e stava fottendo uno schiavo in bocca. Uno di quelli che mi avevano violentata la notte precedente. Zennor lo congedò, continuando però a segarsi. Mi gettai ai suoi piedi, coprendolo di baci e lusinghe. ‘Padrone, ti ringrazio’ dissi piangendo, baciandogli i piedi. ‘Ti ringrazio perché mi hai liberata, ora Ethelwulf non sarà mai più di nessuno, e io sono libera di essere la tua schiava, di amare solo te.’
Zennor mi fece alzare, coprendomi il viso di baci. ‘Sono contento che tu abbia capito, Bambina.’
‘Padrone, non so cosa mi fosse successo, ma vederlo là, morto nel cortile, impalato, mi ha fatto comprendere la mia stoltezza. Era solo uno schiavo, tu sei tutto, tutto nasce da te, dolore, piacere, tutto dipende da te’ dissi impugnandogli il membro. ‘Stanotte mentre gli schiavi mi possedevano non facevo altro che pensare a te, a quanto avrei voluto che fossi tu a farmi male a farmi raggiungere il piacere attraverso il dolore e l’umiliazione. Grazie.’
Oh, le lusinghe, quali dolce melodie possono tessere per incantare le orecchie di chi non attende altro che esserne sopraffatto.
Il potere è fra le mani di chi non ama. Zennor mi amava. Io no. A quel punto non eravamo più in tre, bensì solo in due, e il potere era solo mio. Mi sferzava il ventre di piacere, il cervello di trepidazione.
Zennor mi baciò, sentii la sua barba pungermi il viso, il potere fluire dal suo cazzo alla mia mano, tangibile.
La schiava era potente. Aveva accettato e capito. Il mio piano di fuga s’era trasformato, evoluto come me. Perché fuggire? Rinunciare a tutte quei piaceri, al potere, alla ricchezza?
Zennor soleva tenere una daga al fianco. La afferrai di scatto, stringendogli lo scroto con l’altra mano. Lui parve sorpreso, e di nuovo vecchio. Una stretta violenta, un movimento rapido, e cercai di tagliargli la gola, ma lui si spostò rapidamente indietro. L’avevo solo ferito. Se avesse chiamato le guardie sarei stata uccisa, forse come Ethelwulf. La paura mi si aggrappò addosso, come una coperta ghiacciata, raggelandomi.
Zennor però non gridò. Sì, l’avevo ferito, ma non solo alla gola. Ben più in profondità e compresi che portava la mia stessa coperta gelata, ma non temeva di morire, solo di perdermi. Per quello non chiamò le guardie. Mi fissò tenendosi una mano sulla gola ferita e poi mi colpì con un pugno ‘ un pugno appesantito dagli spessi anelli d’argento che portava alle dita – direttamente all’occhio sinistro. Vidi tutto nero per un istante e sentii il sangue bagnarmi il viso. Ma se c’era una cosa che avevo imparato grazie a Zennor, era sopportare il dolore. Gli fui addosso in un attimo, e gli puntai la daga alla gola. ‘Grazie Zennor, per avermi insegnato a non amare, era l’ultima lezione quella più importante’ mormorai in un soffio.
‘Lo so, non dimenticarla’ riuscì a dire prima che gli tagliassi la gola da parte a parte.
Mentre il sangue zampillava dalla ferita e la vita abbandonava i suoi occhi, iniziai a indossare la maschera dell’impassibilità.
Odio ricordare quel momento. Non volevo bene a Zennor, non gli ero affezionata, tuttavia era stato un punto fermo, per me, così a lungo, che fu come uccidere una parte di me stessa. In un certo qual modo perderlo, fu quasi più complesso da accettare rispetto a perdere Ethelwulf. Zennor mi aveva forgiata, temprata, fino a rendermi quella che ero diventata. Sentii una vecchia amica venire a farmi compagnia, la solitudine.
Fu abbastanza semplice prendere il suo posto, fui aiutata dalle guardie stesse. Vendetti tutti gli schiavi, sia quelli sessuali che i servi e feci una fortuna. Le guardie furono ricompensate e lasciate libere di decidere del loro destino. Col pagamento ricevuto avrebbero potuto iniziare qualsiasi attività. Alcune rimasero, e mi aiutarono ad addestrare le nuove. Tutte donne per me.
Io acquistai nuovi schiavi, mi cercai guardie che fossero fedeli, salvandole dalla schiavitù. E iniziai anche il commercio non solo degli schiavi ma degli oggetti ripescati dalle rovine. Presto i miei schiavi sessuali diventarono i più richiesti. Perfettamente addestrati, mai riottosi, sempre splendidi e vogliosi.
Ora il Palazzo che fu di Lord Zennor è il mio, ma il mio dominio si è esteso ancora più del suo, il potere non è mai sazio, è come una bestia sempre affamata.
Ecco come sono diventata Imperatrice. E la ferita sotto all’occhio sinistro mi accompagna da quella notte, il ricordo. Lo sfregio è ciò che mi ha permesso di vedere.
I miei schiavi sono trattati come tali, perché il potere va ostentato come deterrente, ma l’eccessiva violenza dosata con parsimonia. Chi detiene il potere porta anche un gran fardello. è difficile tenerli in riga, occorre avere polso, incutere timore, e non farli avvicinare mai troppo. Devi essere il peggiore e il migliore al tempo stesso. Spesso il potere è solo un’illusione.

E ora, mentre mi sento invasa da questo serpente piumato, riesco quasi a sentire l’ombra di Zennor mettermi in guardia. Un tempo anche lui era stato giovane come lo sono io ora e ha commesso i propri errori, quelli più gravi quando ormai era quasi canuto. Io sto per commetterne uno proprio adesso?
Non posso permettermi questa debolezza, non dopo tutto ciò che ho guadagnato, costruito, inventato, posseduto. Non dopo aver vinto quella guerra che mi ha cambiato l’anima. Che mi ha inacidita quasi quanto la terra, rendendomi sterile e infinitamente potente e temuta. Questo mondo è un inferno e quando regnano gli inferi, gli angeli sono i primi a cadere, e quelli che sopravvivono degnamente, adattandosi sono i demoni, come me. E se sei un demone fra i demoni, devi cercare di essere il peggiore.

– continua –

5 ‘ Verrà una donna. E porterà la guerra. (Bad Moon Rising)

Mi sciolgo i capelli, li lavo. Li sciacquo e poi mi insapono il corpo, schiuma e profumo di muschio bianco. Esco dalla vasca e mi asciugo da sola, senza l’ausilio delle servitrici, mentre attendo con calma che quella catastrofe che è la mia anima torni a sembrarmi interessante. Devo riprendere il controllo, e non solo apparente. è necessario che io sia forte, che non sia più Emeraude, ma solo Left Eye Zero. I miei ricordi devono restare in quella vasca d’acqua che ormai si sta raffreddando.
Batto due volte le mani e Sianna e Kara, entrano immediatamente nella stanza.
‘Voglio i capelli acconciati in modo complesso e voglio indossare qualcosa di nero’ dico senza nemmeno voltarmi, continuando a guardare fuori dalla finestra, mentre sento che raccolgono tutto ciò che ho lasciato cadere in giro spogliandomi. La luna sembra nascondersi per poi tornare a solcare il mare verde che ora vive nel cielo. Ha uno strano ghigno, a volte immagino si prenda gioco di tutti noi, là, dall’alto.
‘Sì, Imperatrice’ rispondono all’unisono.
Mentre Kara inizia a spazzolarmi i capelli, Sianna fruga nel mio armadio, proponendomi via via mise differenti. Nessuna sembra soddisfarmi. Me ne serve una che trasudi potenza e anche bellezza, la bellezza mette in soggezione, ancora più di un aspetto temibile. La bellezza è il simulacro stesso del potere che un individuo può esercitare su di un altro. Effimera e spesso subdola. Non c’è nulla di più soggiogante.
Kara mi sta asciugando i capelli con un grande apparecchio a manovella che soffia fuori aria, quando Sianna solleva un corsetto nero e viola, in stile vittoriano, orlato di merletti e richiuso da stringhe di fettuccia, viola.
‘Quello’ dico socchiudendo gli occhi, immaginando come mi stringerà la vita e, come metterà in risalto i miei seni. ‘E la gonna in tinta’ aggiungo velocemente, impaziente anche soltanto di vederli accostati.
Sianna cerca fra i miei abiti e tira fuori la gonna abbinata. Viola e nera, lunga fino ai piedi, ma sollevata sul davanti, quasi come una tenda e un sottogonna in tulle nero, vaporoso. Un gioco di vedo non vedo, quando indossata.
‘Collane’ ordino, mentre Kara inizia ad acconciarmi i capelli in una creazione arzigogolata.
Ne scelgo una pesante, e lunga. Ha una sorta di collare che mi cinge la gola e poi scende con catene argentee sino oltre la vita.
Non appena Kara termina di sistemare i capelli in una crocchia sorretta da forcine e trecce che si intersecano, mi faccio vestire. Adoro sentire gli indumenti accarezzarmi il corpo, mentre mi guardo allo specchio. è una sorta di trasformazione, una metamorfosi esteriore che lentamente mi entra dentro, divento ciò che mostro. E la preparazione è parte del piacere stesso.
Quando sono pronta, Kara inizia a truccarmi accuratamente il volto pallido, e poi gli occhi col kajal nero che accentua il mio sguardo grigio. Stende il colore fino alle tempie che poi scende in false lacrime nere che mi si disperdono sulle gote.
‘Andate, e fatemi portare la cena e lo schiavo chiamato Ryuu’ mormoro, mentre mi dirigo verso il vecchio grammofono situato a lato della finestra.
I dischi. Spesso vengono ritrovati fra le rovine. I CD e le musicassette oramai sono inservibili ma non i dischi. Sono rari. Vendo alcuni pezzi, ma altri li tengo per me. Accarezzo le copertine consunte, sembra quasi parlino delle persone che li hanno posseduti. E ora appartengono a me.
‘Bad Moon Rising’ – Creedende Clearwater Revival. Ha un qualcosa di decadente e la luna mi ha fatto venire voglia di sentirlo, sembrava quasi minacciosa. Il grammofono è stato modificato perché ripeta il disco inserito finché non viene spento.

I see a bad moon rising
I see trouble on the way…

Mentre le note iniziano a galleggiare nell’aria, mi siedo sul talamo, dopo essermi data un’ultima occhiata allo specchio. Mi piaccio. Piacersi è il primo passo verso la sicurezza che occorre mostrare per riuscire a dominare qualcuno.
Mi sono agghindata per fare colpo su Ryuu.
Impossibile.
Forse.
Chissenefrega!


I see earthquakes and lightnin’
I see bad times today….

Quando mi portano la cena inizio a piluccarla lentamente, dopo qualche momento, fanno entrare Ryuu nella stanza. Non sollevo nemmeno lo sguardo dal piatto, lo ignoro e ordino semplicemente: ‘Incatenatelo agli anelli del muro, quelli centrali e mandatemi anche Kilorn’.
Sento il suono delle catene quando le agganciano al collare ai bracciali di Ryuu, dolce, melodioso e rassicurante. Ryuu è imprigionato e incapace di muoversi. Costretto a fissarmi oppure a chiudere gli occhi. Ma so che non lo farà. Se c’è una cosa che ho imparato è che per quanto qualcuno possa essere spaventato o furioso o ancora umiliato, preferisce sempre guardare.


Don’t go ’round tonight
It’s bound to take your life
There’s a bad moon on the rise

La strana contrapposizione del genere musicale con l’avere un uomo incatenato al muro della mia camera da letto è oltremodo stuzzicante. Continuo a mangiare le mie verdure, senza apparentemente prendere in considerazione la presenza di Ryuu. Eppure la curiosità di guardarlo, di vedere come gli abbiano tagliato i capelli, o di come sia da ripulito, mi sta scendendo nello stomaco, a sostituire la fame di cibo.
Fermezza psicologica. Resistere alla tentazione se questo ti porterà a raggiungere ciò che desideri. Rimandare il piacere, intensificare il desiderio e mostrarsi esattamente come vuoi che gli altri ti vedano, come se posassi per una foto, o recitassi in un film. Interpretare il ruolo a te assegnato dagli ingranaggi.


I hear hurricanes a blowin’
I know the end is commin’ soon

Ben presto Kilorn viene portato al mio cospetto. Lo lasciano libero, si inchina immediatamente davanti a me, baciandomi la punta degli stivaletti con tacco a stiletto, in acciaio. Indossa il gonnellino annodato in vita, bianco, che portano tutti i miei schiavi, il collare, i bracciali e nient’altro. è lucido dell’olio con cui è stato preparato. Si rialza e rimane dinanzi a me, con gli occhi bassi.
Lo guardo per un istante, scorrendo sul suo corpo con gli occhi, osservandolo attentamente. ‘Spogliati’ ordino fissandolo al di sotto della vita. Kilorn obbedisce, sciogliendo il nodo del gonnellino che ricade ai suoi piedi. Ha il cazzo già duro, ma non ha ancora raggiunto la completa erezione.
‘In posizione’ mormoro lentamente. Lui esegue chinandosi carponi, le mani poggiate al pavimento, il capo chino. La muscolatura delle spalle riluce di bagliori dorati.
‘Hai mangiato Kilorn?’ gli domando continuando a spizzicare dal mio piatto.
‘Non ancora Imperatrice’ risponde lentamente.
Afferrandolo con due dita, gli porgo del cibo dal mio piatto. Kilorn mangia avidamente. So che questo farà inorridire Ryuu, vedere Kilorn trattato come un animale, del tutto sottomesso. Il suo orgoglio maschile subirà una frustata virtuale e la sua fervida mente inizierà a immaginare, seppure non lo voglia, a quali soprusi potrà essere sottomesso.
L’immaginazione è l’arma più potente che possiamo rivolgere contro noi stessi, immaginare è ancor peggio che vedere, assistere, che avere determinate certezze, perché risveglia i demoni più perversi e dormienti del subconscio. Le cose che temiamo ci eccitano, quelle che aborriamo ci stuzzicano, e sapere di non averne il minimo controllo, in un certo qual modo, ci permette di accettarle. Nutrire a questo modo Kilorn è una mossa delicata, nessuna violenza fisica né su Kilorn e nemmeno su Ryuu, eppure è potente come una staffilata.


I fear rivers over flowing
I hear the voice of rage and ruin

Ripeto il gesto e Kilorn ‘ forse inavvertitamente ‘ mi sfiora un dito con i denti, si ritrae immediatamente, in attesa dell’eventuale punizione, che posso elargire o meno, a mia discrezione.
Non è paura la sua, è semplice accettazione. Lo schiavo semplicemente rispetta le regole sociali che ha appreso. A volte addirittura anela alla punizione, vuole essere castigato perché gode del gesto che il padrone compie, in conseguenza della propria azione, che sia intenzionale o apparentemente casuale. Essere sottomessi non significa che lo schiavo non apprezzi ‘ in qualche modo ‘ la veste che ricopre. Tanto è vero che alcuni sottomessi preferiscono di gran lunga mantenere il proprio ruolo piuttosto che sognare ‘ o sperare ‘ di essere padroni di qualcuno, un giorno.
‘Non ti punirò stavolta’ dico a Kilorn. La mancata punizione può essere un castigo, talvolta ancora più perfido. ‘Non importa se mi hai sfiorato le dita coi denti’ gli dico a beneficio unico di Ryuu, perché comprenda quanto è successo, cosa che non avrebbe potuto immaginare, altrimenti.
Porgo il piatto semivuoto a Kilorn. ‘Ripuliscilo.’ Lui esegue.
Il mio semplice ordinare, il mio tono di voce, la situazione, lo ha eccitato. Ha il cazzo decisamente in tiro, ora. L’abitudine stessa, il consequenziale e atteso susseguirsi degli eventi, le cose che si aspetta avvengano, agiscono sulla sua eccitazione. La prospettiva del castigo, l’umiliazione e la soddisfazione sessuale agognata e a volte disattesa, tutto ciò è parte della sottomissione e dell’impulso sessuale che ne deriva.


Don’t go ’round tonight
It’s bound to take your life
There’s a bad moon on the rise

Mentre Kilorn ripulisce accuratamente il piatto, chino a quattro zampe, con le mani diligentemente poggiate a terra ai lati del piatto, finalmente sollevo lo sguardo su Ryuu.
Immediatamente i suoi occhi agganciano i miei. Limpidi azzurri, ammalianti. Socchiusi in una muta sfida. Ha i capelli rasati da un lato, il resto della chioma corvina gli sfiora a malapena il collo, e una manciata di ciocche ribelli gli ricadono scompostamente sull’occhio sinistro. Lo scruto e lui con uno sbuffo cerca di ricacciare indietro i capelli per liberarsi il viso. Per un istante capto una sorta di strana valenza nel suo gesto. Qualcosa del tipo ‘me li hai fatti tagliare e me fotto’ oppure potrebbe essere ‘sì, mi hai sottomesso tagliandomeli, e io ora lo sottolineo per farti piacere’. Ma credo più la prima.
Comunque non mi ci devo arrovellare, è solo uno schiavo.


Hope you got your things together
Hope you are quite prepared to die

Sì, è soltanto uno schiavo, cazzo!
Mi alzo, raggiungendolo, il suono dei miei tacchi d’acciaio, è come il mio stesso battito cardiaco. Controllato, costante, fermo, deciso, freddo sulla pietra.
Gli afferro il mento, obbligandolo a voltare il capo a destra e a sinistra, per quanto possa, imprigionato dal collare agganciato al muro. Il segno che gli ho lasciato sullo zigomo con la ginocchiata mi sferza il bassoventre di emozione.
‘Ti stanno bene’ dico con un ghigno confezionato appositamente per lui. In risposta un grugnito.
Il drago tatuato sulla sua pelle, pare ribellarsi alle mie parole, le iridi si illuminano, le scaglie si arroventano, ma naturalmente è solo la rifrazione delle fiamme guizzanti delle fiaccole sulla sua pelle lucida che solletica la mia incantevole immaginazione.
‘Hai gradito la mela?’ gli domando, voltandogli all’improvviso le spalle, per avvicinarmi al tavolino e prendere una sigaretta.
‘Fottiti!’ è la sua risposta immediata. Con la coda dell’occhio noto le spalle di Kilorn sobbalzare nell’udire tale insolenza. La fiamma del cerino accarezza la sigaretta, aspiro, si accende. Un ulteriore tiro, il punto d’incandescenza si illumina della mia rabbia. Appoggio l’accendino sul tavolo con lentezza e soffio fuori un anello di fumo, tornando a voltarmi verso Ryuu.
Parsimonia nelle emozioni, controllo, fermezza. Il gioco mi accarezza la fantasia. è un provocazione la sua. Avrebbe potuto inveire sin da subito, o quando i nostri sguardi si sono incontrati, ma ha atteso che fossi io a rivolgergli una domanda.
Una boccata di fumo, porto il mio viso a pochi centimetri dal suo, le bocche quasi a sfiorarsi, mentre valuto la mia reazione, ponderando la differenza fra ciò che si aspetta io faccia e quello che intendo fare. Gli soffio il fumo sulla bocca. Lui stringe le labbra e io all’improvviso gli pizzico un capezzolo con le unghie affilate. Ryuu stringe i denti, non emette nessun suono. La mia stretta si fa più salda, sento le unghie perforare la pelle delicata e quasi i suoi denti scricchiolare. Il suo respiro accanto al mio.


Looks like we’er in for nasty weather
One eye is taken for an eye

Devi gemere. Non di voluttà ma di dolore. Fallo, cazzo! Adesso.
Credo si spezzerebbe i denti piuttosto che gemere. All’improvviso lascio la presa e mi dirigo verso il letto. Kilorn nel frattempo ha ripulito il piatto. ‘Kilorn, posizione d’attesa e guarda il nuovo schiavo’ scandisco.
Kilorn esegue, voltandosi e restando a terra, inginocchiato, con le terga sui propri calcagni e le mani poggiate sulle cosce, mentre io rovisto nel baule ai piedi del mio letto, estraendone uno staffile sottile, che termina con una piccola punta d’acciaio. Prendo a picchiettarmi il palmo della mano sinistra con il manico, mentre la correggia dondola, quasi indecisa. La musica che si ripete è ossessiva e sintomatica della situazione in cui si sono ritrovati parecchi schiavi.


Don’t go ’round tonight
It’s bound to take your life
There’s a bad moon on the rise

Ryuu ha un leggero scatto del mento mentre mi avvicino. Lo colpisco all’improvviso in pieno petto, il drago sussulta, a ritmo con le catene, le labbra di Ryuu si aprono ma non ne esce alcun suono. Lo colpisco di nuovo, in senso inverso. Goccioline di sangue prendono a stillare dalle ferite superficiali che gli ho procurato. Ryuu strattona i bracciali, nell’inutile tentativo di liberarsi, i muscoli tesi e scattanti, con le vene in rilievo.
Abbatto nuovamente lo staffile, più in basso appena sotto l’ombelico, Ryuu si tende e finalmente geme. Mi avvicino a lui e gli accarezzo la bocca semiaperta con il polpastrello dell’indice. ‘Chiedimi perdono per la tua insolenza’ mormoro con la sigaretta tra le labbra. ‘Può essere che ti ascolti.’
‘No’ risponde con il viso madido di sudore. ‘Massacrami se vuoi.’
‘Vorrei, credimi, ma temo che sarebbe inutile, non è questione di chi può infliggere dolore, ma di chi ha il controllo’ gli rispondo inarcando un sopracciglio. ‘Pensavo avessi capito come funziona. Io ti ho in pugno e non solo perché stringo il frustino o il tuo cazzo, se voglio, fra le mani.’


I hear hurricanes a blowin’
I know the end is commin’ soon

Ryuu mi fissa, sposto un istante lo sguardo Kilorn che sta assistendo alla scena imprigionato nella propria immobilità. Batto le mani due volte. Immediatamente Oren si presenta alla soglia della mia stanza. ‘Fammi portare la schiava che si chiama Reika’ dico facendo un nuovo tiro.
‘Sì, Imperatrice!’
‘No. Aspetta!’ dice Ryuu.
Mi volto di scatto e gli affibbio una nuova staffilata che lo colpisce alla clavicola, ammutolendolo.
‘Non ho chiesto il tuo parere. Hai avuto l’occasione di obbedire e non l’hai fatto, ora conoscerai le conseguenze.’
‘Ti chiedo perdono, Imperatrice, per la mia insolenza’ dice immediatamente, come se recitasse una lezione mandata a memoria.
‘Ti perdono’ rispondo, ‘tuttavia non cambierò idea.’
‘Farò ciò che vuoi’ ribatte affannato. Questa volta lo colpisco al di sotto dell’ombelico, quasi accanto al gonnellino, una nuova striscia rossa gli si illumina sulla pelle tesa, accanto all’altra. Geme immediatamente, stavolta. Forse finge per compiacermi. ‘Non mi devi parlare se non ti rivolgo una domanda’ scandisco. Risponde con cenno del capo, come se annuisse.
Reika viene condotta nella stanza, indossa il collare, una veste grigia, stretta in vita da una cintura in corda, si dibatte, ma poco, i suoi occhi saettano in quelli di Ryuu e poi si posano su Kilorn. ‘Legatela a una delle colonne del mio letto, le braccia in alto e imbavagliatela.’
Reika non è destinata a essere una schiava sessuale, ma potrei sempre cambiare idea, tuttavia in questo momento, è solo il simulacro di una frusta ben più potente di quella che stringo fra le mani.
Ryuu serra la mascelle, sta imparando una grande lezione. No, non è quella che se non obbedisce o si mostra irriverente, la sorella ne pagherà il fio. è una ben più profonda: restando zitto, impedendosi di rassicurarla o di implorare che non le venga fatto alcun male, la protegge. Sta imparando a esercitare un controllo sulle proprie reazioni spontanee, a capire che dal controllo che ha sul proprio corpo può dipendere il suo piacere o dolore e anche quello degli altri.
Mentre la sorella di Ryuu viene legata e imbavagliata come ho chiesto, carezzo il petto di Ryuu con le dita, passo sulle ferite sanguinanti, spalmandogli il sangue addosso, accarezzando il drago, come se volessi ammansirlo. Ryuu ha il respiro affrettato. Getto a terra la sigaretta, accanto ai suoi piedi.
‘Spegnila’ gli sussurro accanto all’orecchio. Esita. ‘Spegnila e la farò anche bendare, così che non assista alla tua umiliazione, ma che sia solo presente’ gli bisbiglio mentre la mia lingua gli lambisce lascivamente il lobo. Deglutisce e poi esegue. Gli calco il piede nudo ancora di più con la suola del mio stivaletto, mentre lui inspira velocemente.
‘Bendatele gli occhi’ ordino con la bocca accanto alla guancia rasata di fresco di Ryuu. Obbligo, ricatto, concessione. Un’altra lezione.


Don’t go ’round tonight
It’s bound to take your life
There’s a bad moon on the rise

Gli slaccio il gonnellino, rivelando il suo membro a riposo, poggiato sullo scroto glabro, così come il pube. Gli sfioro il cazzo con le unghie, ha un leggero fremito. ‘Ti hanno rasato per bene’ commento. Vedo le sue narici dilatarsi per un attimo e le labbra stringersi. Avvicino nuovamente il viso al suo e gli lecco le labbra con la lingua, poi mi stacco e prendo a fissargli il cazzo.
‘Fattelo venire duro’ gli ordino voltandogli le spalle, mentre mi dirigo verso il mio letto. Quando passo dinanzi a Reika le infilo una mano sotto alla veste, sfiorandole il sesso. Lei geme dibattendosi leggermente, è umida, premo per infilarle un dito dentro, entra con una certa facilità, e lei smette di dimenarsi. Tolgo il dito e mi distendo sul letto, di lato, una mano a sorreggermi la testa, un ginocchio ripiegato, tornando a fissare la nudità di Ryuu.
‘Ti darò una mano, anzi, una bocca’ dico lentamente, mentre giochicchio con lo staffile, sulle mie cosce. ‘Che ne dici, Ryuu, se ora Kilorn te lo facesse drizzare per bene?’.
‘Ti, prego, no’ dice immediatamente.
‘Kilorn, fagli drizzare il cazzo’ ordino facendo cenno a Oren che sta facendo capolino dalla sogli, di portarmi da bere.
Kilorn si alza immediatamente, inginocchiandosi accanto alle gambe di Ryuu. ‘Allarga bene le gambe, Ryuu’ ordino facendo schioccare la frusta accanto a Reika, senza colpirla. Obbedisce, mentre il drago sembra dibattersi, impotente.
‘Kilorn, solo la bocca’ mormoro. Kilorn si abbassa leggermente, dalla mia posizione, posso solo vedere la sua testa muoversi, con vigore e passione. Gli occhi di Ryuu si sgranano, si ritrae leggermente, vedo i muscoli delle cose tendersi, la bocca stringersi. Nel momento stesso in cui i muscoli si rilassano leggermente, serra le palpebre.
‘No. Ryuu, guardami bene negli occhi’ dico afferrando il bicchiere di vino che mi sta porgendo Oren.
Ryuu obbedisce, gli occhi socchiusi, le pupille fiammeggianti e il corpo a contrastare e allo stesso a soccombere a quel piacere che vorrebbe rifiutare.
Una lunga sorsata.’Non farlo godere, Kilorn’ ordino all’apparenza annoiata, come se parlassi del tempo. Però mi sento inumidire fra le cosce nell’assistere all’impegno di Kilorn, nel sentire i suoni lascivi che provengono dalla congiunzione fra la sua bocca e il membro di Ryuu e quest’ultimo rifuggire quel piacere perverso, tendendosi e poi abbandonandosi, a tratti. Finché un gemito di colpevole godimento non gli sfugge dalla bocca semiaperta.
‘Basta Kilorn!’ Kilorn si ritrae immediatamente, spostandosi di lato. Ora il cazzo di Ryuu è completamente eretto. E io del tutto bagnata. Il viso di Ryuu è arrossato, ha il respiro lievemente affannoso ma ancora sotto controllo.
Un altro sorso di vino.


Don’t go ’round tonight
It’s bound to take your life
There’s a bad moon on the rise

‘Kilorn, libera Ryuu dalla parete e imprigionagli i polsi dietro alla schiena, poi portamelo’ ordino sentendo che il mio cuore prende ad accelerare.
Kilorn esegue, a tratti strusciandosi sul corpo di Ryuu, non glielo impedisco, vedo entrambi i membri turgidi sfiorarsi per brevi istanti. Reika si muove leggermente, sono sicura che sia bagnata, l’immaginazione è un’arma potente. A doppio taglio. Devo ricordarmene.
Kilorn porta Ryuu fino a me. Scruto il suo corpo lucido di olio e sudore, i muscoli tesi, e il cazzo svettante. Faccio un cenno col capo a Kilorn e lui costringe Ryuu a inginocchiarsi, col petto e il capo poggiati al letto, il volto girato verso di me.
‘Dammi una paletta’ ordino a Kilorn. Lo schiavo prontamente esegue, prendendone una dal mio baule dei balocchi. Non appena ce l’ho fra le mani inizio a picchiare Ryuu sui glutei, sempre più forte, non mi sfugge il fatto che tenti di strusciarsi contro alle coltri, e al contempo stringa il natiche e poi le rilassi, tentando di sfuggire al dolore. Continuo con colpi sempre più forti finché non ha le chiappe completamente arrossate.
‘Sali sul letto e leccami fra le gambe, Ryuu’ dico ad alta voce. Ryuu mi guarda negli occhi un istante, poi in silenzio si arrampica sul letto, facendosi strada con la testa fra il tulle e la gonna, finché non sento la sua lingua lambirmi, dapprima le cosce, poi il clitoride. Tiene la lingue rigida come fosse un piccolo cazzo. è quasi violento nei movimenti, non servizievole. Mi sento fremere, per questa sua strana ribellione, solo accennata, per il suo strenuo tentativo di tenermi testa. Ma non voglio venire.
Mi spingo contro di lui. ‘Leccami meglio, succhiami, e poi fottimi con la lingua’ scandisco senza inflessione alcuna. Sento il respiro di Ryuu farsi concitato, contro il mio sesso, e poi la sua lingua adorare il mio punto più sensibile. Bacio. Un bacio. Un bacio profondo. Mi illanguidisco. Dura parecchio. Con la coda dell’occhio vedo Kilorn deglutire a vuoto, poi le labbra di Ryuu mi succhiano, si ferma, per un istante immagino assapori i miei umori, spalanco le cosce, la lingua di Ryuu mi si avvolge dentro. Muovo i fianchi come durante il coito, e Ryuu irrigidisce la lingua, lasciando che le sue labbra solletichino le mie, quelle più intime. Sento i suoi denti sulla pelle. Il serpente piumato mi accarezza il ventre con le sue piume umide, con le sue scaglie subdole. Ci sono quasi. è stato davvero bravo.
Mi ritraggo all’improvviso prima di godere, chiudendo le cosce per poi spalmare sulla bocca e sul viso di Ryuu i miei umori. Ma sul suo volto c’è altro, si è distesa la lussuria, gli accarezza le labbra e gli incendia gli occhi. Reika si dimena voluttuosamente attorno alla colonnina.
‘La tua sorellina si è eccitata, scommetto che è un fuoco, bagnata anche più di me’ dico lentamente, infilando il pollice fra le labbra di Ryuu. ‘Reika vuoi godere?’ le chiedo.
Lei, imbavagliata annuisce. Vedo un lampo saettare sul viso di Ryuu, ma dura solo un istante.
‘Ryuu, vuoi che Kilorn la faccia godere?’
Esita. Poi risponde: ‘No’.
‘è una forma di tortura impedirle il piacere, come sai’ gli dico sollevando un sopracciglio. ‘Kilorn potrebbe farla godere in un attimo, solo con la lingua e le dita.’
Reika mugola. Ryuu si morde un labbro.
‘Vuoi che Kilorn la faccia godere e le dia sollievo?’ gli chiedo di nuovo.
è confuso e vedo una gamma di emozioni contrastanti susseguirsi sul suo viso. ‘Sì.’ risponde poggiando la fronte sulle coltri.
Faccio un cenno a Kilorn che immediatamente le solleva la veste iniziando a leccarla e a lavorarla con le dita. ‘Aspetta, Kilorn, levale il bavaglio, voglio sentirla gemere mentre gode.’ Ryuu serra le mascelle.
Kilorn esegue e la bocca di Reika si spalanca come fosse alla ricerca d’aria. Faccio sedere Ryuu sul letto e gli avvolgo le gambe attorno alla vita, da dietro, sento le sue mani quasi a contatto col mio sesso. Poi gli afferro il cazzo turgido e pulsante.
Quando Kilorn torna all’opera Reika prende a gemere muovendo i fianchi e io inizio a segare Ryuu, sibilandogli all’orecchio: ‘Se godi la faccio frustare e poi violentare da più schiavi’. Lui inspira velocemente e io riprendo il mio lavoro, stringendo e scappellandolo.
So che Ryuu sta desiderando che Reika goda in fretta e al contempo teme che lo trascini nel godimento, coi versi voluttuosi che non si risparmia.
Quando Reika raggiunge l’orgasmo Ryuu ha la schiena imperlata di sudore, gli sfioro lo scroto con l’altra mano, continuando a segarlo, colpi ravvicinati e poi secchi. Resiste.
Poi sento la voce della ragazza, mormorare fra i gemiti: ‘Verrà una donna’ un sospiro pesante. ‘E porterà la guerra.’ Segue un gemito prolungato quando Kilorn le fra vibrare dentro le proprie dita.
‘Portatela via’ ordino secca. Vedo le spalle di Ryuu rilassarsi, mentre Reika ci lancia un’occhiata stralunata. Poi le guardie la scortano fuori.
‘Cosa voleva dire?’ chiedo a Ryuu, lasciando la mia presa sul cazzo e prendendo a massaggiarli il ventre teso.
‘Sono le radiazioni’ spiega a stento. ‘Sai che hanno cambiato alcuni, lei ha delle visioni… spesso quando gode’ riesce a dire con la voce spezzata.
è vero le radiazioni hanno modificato le persone, alcuni fisicamente a altri dentro… può essere che quello sia vero.
‘E si realizzano?’ gli chiedo tornando a stringergli il membro. ‘Sì’ voce strozzata. ‘Quasi sempre.’


I fear rivers over flowing
I hear the voice of rage and ruin

Deglutisco, turbata. Poi dico a voce alta: ‘Io non credo alle profezie’, mentendo. Mentre dentro di me qualcosa mi mette in guardia.
Kilorn è quasi allo stremo, conosco il suo controllo, ma lo sto mettendo a dura prova. Immagino lo sia anche Ryuu. Tuttavia il mio divertimento non è finito.
Manca l’ultima parte. Avvicino la guancia a quella di Ryuu, proprio accanto al livido.
‘Ti piacerebbe scoparmi Ryuu? Rispondi liberamente, non ci saranno ritorsioni su tua sorella.’
Reika è al sicuro, ora sta solo a lui scegliere. Schiavo di se stesso e del proprio desiderio di raggiungere il piacere. Sento il cazzo guizzare nella mia mano, indicandomi la risposta, forse sono veggente anche io. ‘Sì, Imperatrice, ti prego’ la voce gli si spezza sulla supplica. Vuole godere. La ricerca del piacere e del godimento – del resto – è proprio la cosa che ha permesso all’umanità di non estinguersi. è un istinto incontrollabile, o quasi, di certo primordiale.
‘Ti lasceresti fottere da me, prima di avermi. Per avermi?’ gli chiedo pianissimo, sussurrandogli all’orecchio.
‘Sì’. Il respiro affrettato, la bocca semiaperta. La lussuria che prende il sopravvento sui ogni cosa. è oltremodo eccitante.
‘Kilorn, prendimi l’unguento, è lì, accanto al baule, e un fallo di quelli minori’ il cazzo di Ryuu ha una specie di scatto.
‘Ryuu, voltati e mettiti in ginocchio sul letto, con il sedere ben in alto.’ Esita, mi guarda indeciso, poi esegue, voltando il capo dall’altra parte. Glielo concedo. Kilorn poggia la ciotola accanto a me.
Allargo le natiche di Ryuu, inizialmente è teso, vedo l’ano che gli si stringe, scendo con la lingua a sfiorargli un fianco, bacio il drago tatuato fino a metà coscia, mentre inizio a spalmare l’unguento, sussurrando: ‘Non hai mai provato un’esperienza simile?’
‘No.’
Gli infilo dentro l’indice fino alla falange. Ryuu si stringe e sento il suo gemito. ‘No, cosa?’
‘No… Imperatrice’ mormora con la voce roca.
Lo massaggio, glielo spalmo bene all’interno del pertugio, penetrandolo fino alla nocca, mi si stringe attorno al dito. ‘Rilassati.’ Un sospiro soffocato. Un secondo dito. Un nuovo gemito inatteso e le pelvi che vengono incontro alla mia mano.
Prendo il fallo di legno, lo intingo nell’unguento e poi lo appoggio accanto alle mie dita, iniziando a sostituirle con quello. Lo inserisco di qualche centimetro. ‘Vuoi che ti scopi Ryuu?’
‘Sì. Sì. Imperatrice’ mormora seppellendo il capo fra le coperte di raso. La sottomissione. Ora non teme per la sorella, ora lo vuole davvero, e lo vuole disperatamente. La perdita del controllo, schiavo del suo stesso desiderio mentre anela al piacere.
‘Se non godi, potrai scoparmi. Raggiungere il paradiso’ sussurro melliflua. Ryuu geme inarcandosi e io affondo fino alla radice, beandomi del suo singulto soffocato, stringendo le cosce, mentre il serpente piumato mi accarezza a fondo. Muovo il fallo lo ruoto, poi lascio a Ryuu il tempo di adattarsi e lo penetro più a fondo. Geme, tentando si sottrarsi per poi restare fermo.
Lasciandogli il dildo di legno conficcato nell’ano gli ordino di voltarsi, lui esegue con movimenti lenti, sinuosi, finché il suo drago non fronteggia il mio serpente. Tiene lo sguardo fisso in alto, il viso paonazzo. ‘Allarga bene le gambe’ gli dico, impugnando di nuovo il fallo. Lui obbedisce. Lo scopo senza mai estrarlo del tutto, ha il cazzo congestionato e lucido.
Sento il respiro di Kilorn farsi pesante, eccitato. Ryuu si dimena, andando incontro al fallo, ma resiste, capisco in un lampo di inquietudine che si sta controllando davvero per arrivare a darmi piacere. Il serpente piumato mi azzanna forte il ventre.
No. Non glielo posso permettere. Non me lo posso permettere, anche se l’idea stessa mi fa fremere, quasi vittima del mio stesso gioco.
‘Succhiaglielo, Kilorn, fallo venire’ ordino secca.
‘No. Imperatrice, ti imploro, no’ ansima Ryuu. Estraggo il fallo per poi conficcarlo a fondo, con rudezza per punirlo, mentre Kilorn si abbassa su Ryuu. Vedo il movimento della mascella di Kilorn, succhia, lecca, lambisce. Ryuu si dimena, cercando di sfuggirgli.
‘Puoi toccarlo, se vuoi’ dico. Immediatamente Kilorn esegue, tenendolo fermo e carezzandolo al tempo stesso e io continuo a scopare Ryuu che non riesca sottrarsi a quella doppia sollecitazione. Fra le cosce sono un lago.
‘Non esiste, nessun paradiso, Ryuu, figlio del Drago, solo l’inferno. Ed lì che viviamo ora, tutti noi’ mormoro con voce controllata. Ryuu prima mette un verso di rabbia, poi mugola perso nel deliquio del piacere, troppo a lungo negato. Finalmente arreso.
I sospiri di Ryuu si sublimano a poco a poco i gemiti voluttuosi, la bocca aperta, gli occhi sbarrati, il corpo che si contorce andando incontro alla bocca di Kilorn.
Deve desiderarmi, non avermi. E lo stesso vale per me. Gli ingranaggi si muovono, il loro movimento sincronico è inarrestabile, perfettamente oliato, sinuoso, scivoloso. è il desiderio del piacere assoluto. ‘Godi, Ryuu!’
Viene copiosamente nella bocca di Kilorn. Sono invidiosa, vorrei essere stata io al posto dello schiavo al quale ho ordinato di farlo godere, ma il controllo deve essere anche autoimposto, non solo esercitato. Non voglio che il mio desiderio di lui mi soggioghi.
Mentre Ryuu giace spossato, colpito nel profondo dell’orgoglio maschile, ordino a Kilorn di incatenarlo di nuovo alla parete e di mettergli il morso in bocca, così che non possa parlare. Ryuu sembra stremato e permette a Kilorn di strattonarlo, di legarlo, docile e vittima delle endorfine che seguono il piacere e della propria sottomissione, della quale sono certa ora si vergogni.
Per un istante solleva gli occhi a incontrare i miei, proprio mentre Kilorn gli fissa il morso alla bocca. Gli sorrido, ma solo con la bocca.
‘E ora, Kilorn, puoi scoparmi’ scandisco iniziando a liberarmi lentamente della gonna, resto solo con la collana, il corsetto e gli stivaletti. sentendomi gli occhi di Ryuu addosso come una carezza, o uno schiaffo assestato con passione. Quando gli faccio un cenno Kilorn mi raggiunge, gli indico di salire sul letto, esegue, pronto a soddisfarmi.
Mi impalo facilmente su di lui, scivola dentro come fossi unta di burro, prendendo immediatamente a muoversi, sollevando le pelvi per sincronizzarsi ai miei movimenti studiatamente lenti. è il cazzo di Kilorn a muoversi, pulsante, dentro di me, ma sono gli occhi di Ryuu, che mi sento addosso a darmi il piacere che mi sono volutamente negata. Li sento accarezzarmi i seni traboccanti dal corsetto, le anche, i glutei, li percepisco seguire i miei movimenti, le mie mani sul petto di Kilorn.
La collana mi accarezza quasi il pube, ondeggia insieme a me quasi fosse una catena. Sapere che Ryuu mi sta guardando mi eccita ancora di più. Mi muovo sinuosa, enfatizzando talvolta i gesti, e le movenze lasciandomi mollemente possedere, per poi cavalcare rapida.
Ancora e ancora, cerco di non guardare Ryuu, ma ogni tanto ne capto i movimenti, il suono delle catene, le parole imbrigliate dal morso. Quando mi volto ha il cazzo nuovamente eretto. Era solo una scaramuccia ma ho vinto. E allora mi abbandono al piacere, stringendomi attorno al membro di Kilorn, inarcandomi, e premendo il bacino contro quello del mio stallone. Vorrei fosse il cazzo di Ryuu ma è troppo presto. Voglio che mi desideri, che mi voglia fino a struggersi. Che il mio serpente piumato si ammansisca, che il suo drago lo desideri. Kilorn ha sentito il mio orgasmo e gode dentro di me con un gemito di lussuriosa liberazione.
Mi alzo immediatamente e prendo una sigaretta, la accendo avvicinandomi a Ryuu, che non mi perde di vista. Gli accarezzo il drago tatuato per tutta la lunghezza. ‘Puoi andare, Kilorn’.
All’improvviso, mentre il piacere scema e le endorfine mi accarezzano ancora il cervello, le parole di Reika mi tornano alla mente. ‘Verrà una donna. E porterà la guerra.’ Guardo il membro eretto di Ryuu, valutandone le dimensioni ragguardevoli e la forma perfetta. Forse la guerra è già dentro di me.
Mi pare di individuare la parola ‘bastarda’ dietro al morso di Ryuu.
‘Ora verrai marchiato’ gli dico fissandolo negli occhi, con un mezzo sorriso.


Hope you got your things together
Hope you are quite prepared to die
Looks like we’re in for nasty weather
One eye is taken for an eye…

Spengo il grammofono.

– continua –

6 – Dune

6 ‘ Dune

Non appena spengo il grammofono la mia stanza piomba nel silenzio. Solo i gemiti di Ryuu che scuote le catene, tentando di liberarsi, spezzano la quiete.
La luna è alta ora, quasi si fosse sollevata, spostata, per vedere meglio attraverso il finestrone. Torno a indossare la gonna, ora che il mio piacere è placato, come una fiera finalmente ammansita, i miei pensieri si fanno più chiari, quasi scevri dai turbamenti della passione.
Mentre mi allaccio la gonna, continuo a guardare il panorama, attendendo che tutti torni come ho ordinato, alle mie spalle. Che Kilorn lasci la stanza dopo essersi fissato il gonnellino, che le guardie lo scortino, che altre entrino a prendere il loro posto. E che venga approntato il braciere e il ferro per la marchiatura.
Solo gli schiavi sessuali vengono marchiati in questo modo. Per gli altri, solo un piccolo tatuaggio ‘ che rappresenta un occhio dal quale grondano lacrime nere ‘ sul polso. Ma per quelli sessuali è diverso. Il marchio deve essere potente, deve essere apposto tramite la sofferenza, e, soprattutto deve dire a chi acquista lo schiavo, da dove proviene. Una sorta di pubblicità. E poi se uno schiavo ne ha molti significa che ha avuto parecchi padroni. Io, ad esempio, non ho mai messo il mio marchio di lussuria, sotto a quello di un altro padrone, e me ne vanto. Merce di prima scelta. Quando le persone vengono ad acquistare uno schiavo da me, lo sanno.
Fuori la sabbia è una distesa mobile sferzata dal vento, sembra ondeggiare, a tratti ammiccare, per poi placarsi, un po’ come il desiderio. Un oceano di sabbia, sotto a un mare verde, illuminato dai raggi beffardi della luna.
Ci sono stata. Sono stata persa nella sabbia a lungo, durante una delle torture imposte dal mio vecchio padrone, Zennor.
Appena giunta a Palazzo ero ribelle, indomabile. Non servivano le frustate, le punizioni. Ancora non accettavo di essere solo un piccolo ingranaggio. Lì, nel mezzo del nulla, con il Palazzo ‘ distante ‘ alle mie spalle legata mani e piedi a un palo, completamente nuda, a sentire i granelli che mi sfioravano il corpo, dapprima con gentilezza, fino a diventare via via simili a punture di spillo. Piccole fitte che da insignificanti si facevano insopportabili e i miei occhi strizzati, a scrutare la linea dell’orizzonte, a osservare la distesa semovente nel terrore che qualche animale mi divorasse. Ci sono animali sopravvissuti alle radiazioni, però quasi tutti quelli che non sono stati spazzati via dalla stoltezza dell’uomo, per continuare a perpetrare la loro razza, hanno subito dei cambiamenti. Pochi sono rimasti simili a come erano prima. E quelli maggiormente modificati, sono quelli che hanno un ciclo di vita più breve. L’evoluzione corre veloce come la morte e incredibilmente interessanti sono le strategie che i viventi, uomini, animali e vegetali, hanno escogitato per sopravvivere in condizioni di vita estreme. Queste strategie prendono il nome di adattamento. Lo stesso che ha avuto presa su di me. Non ho mai conosciuto il sesso se non tramite un processo più o meno sottile di dominazione. Per me è così e basta. Come talune specie non hanno memoria di come fosse il loro habitat prima del Disastro.
Nel deserto che attornia il Palazzo ad esempio ci sono le vipere cornute, ma non sono velenose, sono radioattive. Se vieni morso entro poche ore il tuo corpo inizia lentamente a deteriorarsi come se ti avessero iniettato il virus stesso del disastro. Dapprima bolle, poi la pelle che cade a brandelli, poi inizi a perdere le dita delle mani e dei piedi, e infine gli arti. Alcuni raccontano che qualcuno sia sopravvissuto, che sia solo un torso pensante, al limite della follia.
Ci sono anche dei mammiferi, per lo più topi enormi, hanno sviluppato un fitto rivestimento di peli nelle narici e apposite reti di capillari per raffreddare l’aria in entrata ed eliminare il vapore dall’aria in uscita dai polmoni e sono in grado di utilizzare l’acqua prodotta dal proprio metabolismo. Poi ci sono gli insetti, coleotteri tenebrionidi grandi come mele, si nutrono di carne decomposta, e se non ne trovano attaccano in massa. Unendosi possono anche trasportare una persona per miglia, e poi lasciarla morire di fame e sete, per nutrirsene successivamente.
E poi ci sono gli scorpiomorfi, i più pericolosi. Artropodi velenosi che avvelenano la preda, e la divorano, a volte ancora viva, scorpioni lunghi fino a tre metri, spesso deformi, con tenaglie grandi come l’intero corpo. Vivono sotto alla sabbia, sono animali perlopiù notturni. Ma non esitano ad attaccare anche di giorno, se qualcuno calpesta il luogo dove si sono interrati. Sono ricoperti da una spessa peluria che capta le vibrazioni degli esserei viventi. Di notte, alcuni sono leggermente luminescenti, bluastri. E ricordo che quando ero nel deserto, legata al palo, le membra doloranti e gli occhi brucianti, mi sembrava di scorgere bagliori ovunque. Là dietro ai vortici di sabbia che si muovevano come figure tremolanti e ammantate, più a destra, accanto ai soguari coi loro rami ormai contorti come adunchi artigli, o accanto a me, nei movimenti improvvisi delle onde, chiamate dune. Immaginavo le mie carni dilaniate, i miei ultimi pensieri coerenti prima di cedere all’orrore di essere mangiata viva. E poi lì, nelle distese mobili, fra le dune accarezzate e poi strattonate dalla furia della natura, ho sentito una voce, fatta di sabbia e di raffiche di vento, di punture come piccole sferzate e di paura, e quella voce mi ha sussurrato che non ero sola. Che non sarei morta.
Ho creduto fosse la voce della Terra, con le sue creature sopravviventi a dirmelo, ma non era così. Era la mia mente a immaginare sussurri dove c’erano solo il vento a spirare e la sabbia a seguirlo, innamorata. Però le ho creduto, non avevo altra scelta. E ho resistito. Quella notte mi ha forgiata, sono rinata, sono diventata non più forte, ma più consapevole. Il mondo era pieno di orrori dopo la Catastrofe, ma lo è sempre stato, eppure l’atrocità peggiore è sempre quella che gli uomini infliggono alla loro stessa razza.
Sono rimasta sveglia – seppure spossata – per ore a controllare che nessun animale mi si avvicinasse, ma se anche l’avessi scorto non avrei potuto farci nulla. E allora ho ascoltato quella voce, le ho creduto e l’ho creduta vera, perché non avevo scelta alcuna. E quando l’ho accettato ho chiuso gli occhi, permettendo alle punture della renella di tormentarmi il corpo senza più dimenarmi, alle spire del vento di spazzarmi, ai terrori delle dune di osservarmi dalle loro tane, con occhietti affamati perché ero parte di un meccanismo che mi avrebbe permesso di sopravvivere, modificandomi. Ho serrato più forte le palpebre, avvertendo la durezza del palo al quale ero legata, sentendomi potente nella mia consapevolezza. Non avevo più paura del buio, o dei flagelli della notte. Ne sarei diventata parte, e la notte mi temeva e mi adorava, mi accarezzava con tentacoli di lussuria, con lingue di desiderio. Essere sola nelle tenebre, alla mercé di qualsivoglia orrore è diventato eccitante. L’abbandono, l’eccitazione derivante dalla perdita di controllo. Mangiami, notte, se ne hai il coraggio. La lussuria che mi permetteva di resistere, in vista di nuovi piaceri era essa stessa il piacere. Sarei diventata un ingranaggio sempre migliore, perché è questa l’evoluzione, adattarsi, migliorarsi, sopravvivere. E io l’avevo fatto. La notte non mi ha divorata, il buio mi ha temuta. Spaventato dalla mia accettazione e dalla mia nuova pelle.
Dopo quell’episodio ho visto schiavi tornare impazziti, dopo aver subito la mia stessa punizione, o morti… o non tornare più. Io ero tornata. Non ero impazzita. Mi ero rinnovata e tramutata.
Mi riscuoto dai miei pensieri, quando sento poggiare il braciere sulle mattonelle. Non sono più là fra le dune sabbiose, non sono più prigioniera come un tempo, ma in un certo senso sono ancora legata, a farmi spazzare il corpo dai granelli di sabbia, che ora sono il mio inesauribile desiderio, a farmi tormentare dal vento della brama di potere, prigioniera della mia stessa evoluzione. Vittima sopravvissuta. Ingranaggio importante, vincolato a un meccanismo spaventoso e al contempo meraviglioso. Non potrai mai fare a meno di tutto questo, mi schernisce sussurrando la voce del vento. La mia.
‘Imperatrice… è tutto pronto’ dice Oren. Mi volto. Il braciere è stato sistemato quasi al centro della stanza, presidiato da due guardie. Il ferro approntato. Altre quattro guardie sono pronte ad aiutarmi a tenere fermo Ryuu. Ci sono schiavi che percepiscono il processo di marchiatura come un’intollerabile sottomissione, altri che invece l’accettano.
Quando mi hanno marchiata, subito dopo la notte trascorsa legata al palo, io non ho emesso nessun gemito. Urlavo dentro, un grido muto. Non di dolore né di rabbia e nemmeno di ribellione alla sottomissione. Di vittoria: riuscivo a dominare i miei istinti, le mie emozioni, le manifestazioni di dolore. Me. E quel marchio, per me, non sanciva che ero di qualcuno. Bensì che ero qualcuno con un marchio a ricordarmi quanto fossi ferma e risoluta a non morire, a evolvermi.
Mi avvicino a Ryuu con passo deciso e gli sfioro il petto madido, le scaglie del drago che sta per avere un nuovo compagno, il mio marchio. L’occhio con le lacrime che sono ferite. Lui mugola qualcosa dietro al morso. Sorrido, spostandogli i capelli umidi dalla fronte.
‘Non ti farà tanto male, Ryuu,’ penso come se gli parlassi. ‘La pelle viene subito cauterizzata, la maggior parte delle volte non si infetta.’
Scorro con la punta delle unghie sulla sua guancia, sotto allo zigomo.
‘Rivedo me stessa nella tua ribellione, non una disubbidienza nei miei confronti, ma nell’opporre resistenza a diventare schiavo del piacere stesso. Ad accettare che è una forza potente, più di tutti noi.’
La mia mano scende sulla sua gola, carezza lentamente il pomo d’Adamo, poi il collare. Si sofferma sulla clavicola, scende sul pettorale dove si sveglia la testa del drago, ne segue i contorni, ne assapora pigramente i colori.
‘Rivedo me stessa nel tuo fermo orgoglio, nei tuoi occhi che parlano, nella tua brama di dimostrare virilità e nella tua sensuale agognata e recalcitrante sottomissione, Desti i miei sensi, stimoli la mia mente, mi fai bagnare.’
Ryuu ha smesso di dimenarsi sin da quando ho iniziato a toccarlo, mi guarda, la bocca semiaperta, gli occhi di azzurro fuoco liquido. Le mie dita sul suo fianco e un muscolo a guizzare sotto al mio tocco quasi fosse un saluto.
‘Vorrei saperti amare, vorrei poterti amare, ma anche io ho un drago dentro. A volte è un serpente piumato, altre uno scorpiomorfo affamato, altre ancora è il vento che spira, muovendo le mie dune, e so che non sono in grado di farlo. Il mio amore si sublima in piacere, il mio affetto viene incatenato a un palo spazzato dalla sabbia, la mia stima si esalta nella bellezza, la voglia in dolore e infine le emozioni controllate dalla mia evoluzione.’
Un guizzo delle sue palpebre, gli occhi completamente aperti, lì dove i nostri sguardi si incontrano per un breve attimo.
Le scaglie del drago, ancora una volta incantate dai bagliori delle torce, sembrano muoversi sinuose sotto al mio tocco. Lì, sull’osso dell’anca, più in basso, dove gli sfiorano l’inguine glabro, ancora più sotto, dove si avvolgono alla coscia muscolosa. Luccicanti, ammalianti.
‘Non è questo il nostro tempo. Forse in passato ci siamo amati, in lontane vite che conosciamo solo in sogno o non sospetteremmo mai. Perse fra le brume dei secoli, immolate all’umana evoluzione, divorate da demoni come me.’
Risalgo a tastargli una natica, la sento rovente sotto alla mia mano, quasi bruciante dove la mia paletta ne ha arrossato la pelle. Ryuu potrebbe schiacciarmi la mano contro al muro con un movimento, ma non lo fa, anzi sembra discostarsi leggermente dalla parete per permettere alla mia carezza di assaporare il contatto con le sue carni.
‘Soffrirai, e avrai il piacere di godere nella sofferenza, imparando ad amarla, l’unico tipo di amore concesso, nell’inferno.’
Gli sfioro l’ano ancora dilatato dalle mie incursioni con un dito. Ryuu ha un sussulto, il mio tocco si fa lieve, una specie di carezza.
‘Il mio marchio su di te, è l’unico modo che conosco per dire che sei mio. Mio finché lo vorrò!’
Sento una sferzata dentro al ventre, un liquido languore pervadermi, e il sospiro soffocato di Ryuu.
Torno a stringergli il fianco, scorro sulle scaglie del serpente fino a giungere all’inguine. Il silenzio esalta il respiro di Ryuu, ha ancora il cazzo dritto, si muove come un invito suadente, ma non lo tocco.
‘Fra poco le tue carni sfrigoleranno a contatto col ferro incandescente, e io mi abbevererò dell’aroma della tua carne bruciata, entrerà dentro di me come una carezza, quasi che il tuo seme mi scenda nello stomaco, caldo e tuo. Profondamente tuo.’
Gli afferro lo scroto con una mano, soppesandolo nel palmo. Il respiro di Ryuu si fa concitato, gli sfugge un lamento in bilico fra la passione e la ribellione. Il piacere al quale anela corrisponde alla stessa cosa che al contempo rifugge, un mostro che se ne sta in agguato fra gli orrori della notte, che ne fa parte.
‘Slegatelo e mettetelo a terra, per essere marchiato!’ dico allontanandomi da lui.
‘E quel mostro sono io.’
Ryuu si dibatte, come mi aspettavo, cercando inutilmente di liberarsi, inveendo parole impedite dal morso mentre le guardie lo sganciano e lo strattonano fino a farlo inginocchiare a terra, le gambe leggermente divaricate. Sento il suo suo corpo colpire il pavimento. Lo tengono fermo per le braccia, due picche puntate alla gola.
Vorrei che avesse ascoltato tutti i miei pensieri, ma non gli ho detto nulla, parlandogli solo con tocco delle mie dita, sussurrandogli riflessioni intime coi polpastrelli, e so che è giusto così. è in questo modo che deve andare.
Supero Ryuu e mi avvicino al braciere, impugno il ferro per la marchiatura per il manico, udendo i grugniti di disperazione che il mio schiavo emette. Rigiro il ferro fra le fiamme, lingue di fuoco lambiscono il mio ventre e fiammate si sollevano dal braciere.
Il mio simbolo brucia nel crepuscolo della stanza, al centro della notte. Mi posiziono alle spalle di Ryuu e gli appoggio il piede calzato nello stivale al centro della schiena. Sento il tacco d’acciaio affondare lievemente sulla sua pelle liscia e scivolosa. Vedo la schiena tendersi nei respiri lunghi e affannosi che compie, le vertebre in rilievo, a tratti. In movimento come le dune di sabbia.
‘Se non urli ‘ e se non ti si ammoscia il cazzo per il dolore – dopo ti farò godere, dipende tutto da te’ dico con voce suadente. Ammansisco lo stallone, domo l’unicorno, incateno il drago al piacere oppure libero l’uomo nel proprio dolore.
L’imposizione e il premio.
‘Levategli il morso’ ordino secca. L’ordine viene eseguito.
‘Cazzo!’ sbotta Ryuu affannato, sputando poi a terra un bolo di saliva. Aumento la pressione del mio tacco a stiletto sulla sua colonna vertebrale.
‘Fammi vedere chi sei e cosa vuoi’ scandisco. Poi avvicino il ferro alla scapola destra di Ryuu, gli permetto di percepirne l’incandescenza per qualche istante, beandomi del suo respiro rapido e superficiale, delle sue mani strette a pugno, della sua spaventosa attesa. Faccio un cenno alle guardie che lo stringono ancora più saldamente.
Poi affondo il mio marchio nella sua pelle e più sotto, nella carne. Sfrigola. Ryuu trattiene il fiato, io trattengo il ferro in posizione. Non sta urlando, dalle sue labbra certamente serrate proviene un lungo lamento rabbioso. Immagino come stringa i denti, vedo le natiche contratte, la schiena che tenta di ritrarsi. Piccole volute di fumo s’innalzano dalla sua pelle accanto al punto d’incandescenza del ferro. Lì, dove la carne è costretta a farsi fottere dalla tortura. E al di sotto il corpo di Ryuu teso nello spasmo del dolore.
Tolgo il ferro, lasciando che l’olezzo di carne bruciata mi risalga nelle narici, lo inalo, apro la bocca, gli permetto di entrarmi dentro.
‘Lasciatelo’ ordino alle guardie. Ryuu ricade al suolo, accasciandosi. Sento i suoi respiri farsi profondi e lunghi, come se cercasse di calmarsi o riprendesse fiato dopo una lunga corsa. Invece sono stati pochissimi momenti. Reclino indietro il capo, prendendo boccate che mi sferzano la gola, mi accarezzano i sensi.
Quando torno a guardare Ryuu vedo che ha voltato la testa, il suo sguardo sfiora il mio. Non ha urlato. Il mio marchio sulla sua pelle è ancora fumante, rovente, fresco.
Il sangue mi pulsa nelle tempie, un martellare intenso e annientante. Ryuu torna voltarsi, vedo la sua nuca esposta, il capo piegato, e poi sento le sue parole intrise di strana calma. ‘Te ne sei abbeverata…’ Mi sferzano la schiena come una frustata, mi colpiscono come uno schiaffo. Per un attimo raccolgo i pensieri, ritorno a quanto ho pensato prima. Avevo pensato ‘abbeverata’ quando immaginavo il momento in cui l’avrei marchiato? Era proprio quello il vocabolo che avevo utilizzato per paragonare metaforicamente l’aroma della carne sfrigolante al suo sperma?
Mi manca il fiato. Ma non oso chiedere. Come potrebbe aver percepito i miei pensieri? Ha letto quel piacere nei miei gesti quando si è voltato ed è solo un caso? Una spontanea e casuale scelta di vocabolo? Dovrei punirlo per avermi rivolto la parola, ma sono così basita, annichilita dalla mia stessa fantasia da ammutolirmi e bloccarmi. Deglutisco.
è solo un caso.
Una coincidenza che ha fatto imbizzarrire il serpente piumato annidato nel mio stomaco, solleticando la mia immaginazione. Forse Ryuu mi ha capita? Così profondamente? Oppure sono un libro aperto?
è intelligente.
L’intelligenza è sexy.
Lo desidero così tanto.
Desideriamo sempre le cose che alla fine ci distruggeranno.
Ryuu ha accarezzato il mio serpente piumato, arrivando fino a toccare i miei più inappropriati pensieri. E ora lo voglio. Voglio l’altra parte della metafora. Disperatamente.
Immagino la mia bocca leccargli il membro, lente leccate di degustazione. Poi lunghe ed energiche suzioni. Per poi passare allo scroto, sentire Ryuu gemere, sotto al mio tocco sapiente, il suo sapore nella mia bocca. Tornare all’uccello, guardandolo negli occhi, Leccargli la punta, picchiettarla, lasciarmelo spingere contro al palato, sentirlo in gola, lì vicino alla testa del serpente piumato. E poi stringerlo e titillarlo udendo sommessi rantoli di piacere. Sento il desiderio pulsarmi dentro, indomabile, nervoso come un purosangue.
Devo aprire la bocca per respirare, devo calmarmi.
Non succederà, non posso soddisfare la mia brama di lui, gli darei un’idea errata.
Sarei debole.
Afferro il collare di Ryuu trascinandolo indietro con rabbia. Vorrei punirlo per avermi provocato un tale turbamento, e allo stesso tempo permettermi di amarlo, per lasciarmi infliggere il peggiore dei tormenti.
Guardo fra le sue gambe, ha il cazzo rigido e congestionato. Avevo quasi sperato che non lo fosse, sento il serpente piumato arrivarmi in gola, fino a chiudermela.
Gli avevo promesso il piacere e ora, qualsiasi cosa mi sfiori il cervello per darglielo, mi pare inadatta, in confronto alla mia bocca sul suo sesso, o peggio ancora, di quel pulsante turgore dentro di me.
Eppure devo terminare la sessione con la sua ulteriore soddisfazione, altrimenti ogni mia futura promessa di ricompensa cadrebbe nel vuoto. Sono sconvolta dal mio stesso desiderio e dalla profonda comprensione di quanto debba restare inappagato ancora molto a lungo. Prima deve essere del tutto sottomesso. Un percorso lento e pieno di insidiosi pericoli.
Guardo i suoi occhi socchiusi, le sue labbra dalle quasi esce un rivolo di sangue, forse si è morsicato per resistere al dolore. Per non urlare. Potrei permettergli di darsi piacere da solo e osservarlo segarsi. Lì, dinanzi a me, vedere quelle dita nodose scorrere sul membro lucido, mentre non gli stacco gli occhi di dosso, ma sarebbe troppo intimo in questo momento. Sarebbe come se fossimo legati, e potrebbe capire che lo vorrei solo per me.
Non so nemmeno se ce la farei a resistere.
Devo trovare una soluzione differente, una che colpisca il mio serpente piumato, che lo tramortisca, che mi risvegli dalla follia nella quale sto cadendo.
‘Portatemi una schiava sessuale’ riesco a dire con la gola chiusa. ‘Portatemi Ayala!’.
Strattono ancora una volta il collare di Ryuu. ‘Seguimi, in ginocchio, fino al letto’ gli ordino.
Lui lo fa, mi segue così docilmente, anche se ha le mani libere, così obbediente da farmi venire voglia di rivedere la mia idea di fargli scopare la schiava. Ma non posso, mi serve qualcosa che lo distragga da me, che mi distolga da questo desiderio che sfiora il confine ultimo delle mie mura personali. Vederlo scopare un’altra dovrebbe funzionare. Spero.
‘Sali sul letto’ gli ordino secca. Lui esegue guardandomi fissa negli occhi. Per un attimo credo mi legga dentro, volto pagina. Penso ad Ayala, al suo corpo ambrato e sinuoso come quello di un felino, alle sue labbra pronunciate, ai suoi occhi scuri come il carbone. Ryuu scuote leggermente il capo. C’è tensione sessuale fra noi, così forte da farmi fremere il sesso. Arretro per impedirmi di toccare il corpo di Ryuu.
Poi Ayala viene condotta nella stanza. Ha i polsi legati l’uno contro l’altro e le mani strette in grembo.
‘Levatele la veste.’
Viene rapidamente spogliata. Lancio un’occhiata a Ryuu, ma lui sta guardando me, non i seni pieni di Ayala, nemmeno la sua pelle liscia e neanche le sue cosce tornite. Arretro ancora, poi mi dirigo verso il tavolino, afferrando una sigaretta solo per potermi mettere qualcosa in bocca, per darmi un tono, per calmarmi almeno all’apparenza. Mantengo impassibile il mio viso, ma è come se tutte le mie emozioni fossero spinte verso l’esterno dal serpente piumato.
‘Ayala, sali sul letto e divarica le gambe, ora il nuovo schiavo ti scoperà’ tiro una boccata prima che mi sfugga dalle labbra ‘e sarà piacevole’.
Ayala esegue, è come me da otto mesi, è perfettamente sottomessa. Ryuu continua a fissarmi, s’è addirittura voltato per farlo. Gli faccio un cenno con la mano. ‘Scopala, scopala per bene, sfogati’ dico cercando di cancellare ogni nota di amarezza dalla mia voce. Un impeto di gelosia mi attanaglia lo stomaco così forte, che aggiungo: ‘Mettetegli il morso, non voglio che la morda.’
‘O che le sussurri qualche cosa all’orecchio, non le deve parlare, deve solo scoparla, e io devo vederlo scopare un’altra così da mondarmi la mente.’
Ryuu non si ribella ma continua a guardarmi. ‘Scopala!’ sibilo. Lui si gira e per la prima volta guarda Ayala, il suo sguardo scorre sul suo corpo, sulle cosce aperte, sui seni ansimanti. Esita, si impugna l’erezione con una mano, due colpi di polso.
‘Frusta’ dico allungando una mano. Immediatamente una delle guardie si avvicina al baule dei balocchi e me la porge. Questa non ha la punta d’acciaio, è una semplice frusta.
Sento il cuore rimbombarmi nel petto, rulla, si dibatte, cerca di fuggire, ma la cassa toracica lo imprigiona, col suo abbraccio protettivo. Lo stesso sotto al quale si dimena il serpente.
Mi sento tesa come una corda di violino, accaldata.
Faccio schioccare la frusta accanto a Ryuu. ‘Fottila!’.
Ryuu si abbassa su di lei, sostenendosi con un braccio, l’altra mano a impugnare l’erezione. La penetra lentamente, come se temesse di farle male. Immagino la carne cedevole e umida di Ayala opporre una prima blanda resistenza. Sento un brivido. Oh essere obbligata a farmi fottere da Ryuu, non mi viene in mente niente di più eccitante in questo momento.
Lui si ritrae e poi la penetra piano, ma più a fondo. Immagino come lei si apra e come l’iniziale resistenza ceda a quella promessa di piacere. Mi sposto per poggiarmi al muro, proprio dove questa sera era stato incatenato Ryuu. Ne sento la solida durezza contro la schiena, la frescura.
Ryuu si muove piano. Poi si volta a guardarmi con le labbra innaturalmente divaricate dal morso. Mi sento gli occhi lucidi di furore. ‘Scopala, cazzo! Scopala forte!’ quasi urlo, avvicinandomi. Lui torna a voltarsi verso di lei, un nuovo affondo, sento il gemito di piacere di Ayala riempirmi le orecchie.
Non basta, lo colpisco sulla schiena con la frusta, cercando di non sfiorare la cicatrice del marchio. Ryuu geme e contorcendosi affonda ancora di più nel corpo di Ayala, vedo le natiche stringersi nello movimento. Ayala solleva le braccia a cingergli il collo, nonostante abbia i polsi stretti l’uno accanto all’altro. Sento le fiamme incendiarmi le vene.
Un’altra frustata. ‘Più forte!’ Lui mi lancia uno sguardo furioso, poi prende a fotterla sul serio, stoccate brevi e profonde, muove i fianchi in cerchio, le pelvi di Ayala gli vanno incontro e lui d’un tratto le afferra le cosce, portandosele sulle spalle per affondarle ancora più dentro.
Brucio viva. Il serpente piumato sputa lingue di fuoco dentro al mio stomaco, arrivano fino al ventre dove il piacere degli occhi si scontra con il tormento.
Lo frusto ancora, in silenzio, voglio sfogare la mia collera. Ryuu si impegna, la scopa vigorosamente, affondi che da cadenzati si fanno via via disordinati, sempre più ravvicinati, così come le mie frustate. Non riesco a fermarmi. Sento le vibrazioni attraversare la pelle di Ryuu e poi tornare indietro, ripercuotendosi fino al manico che impugno, come se la frusta fosse un collegamento fra i nostri corpi. Non riesco a smettere di colpirlo anche se sta scopando come un dannato. Sudato, impegnato. Brucio.
Ayala si inarca, portata via da quel piacere che desidero per me. Muoio ad ogni affondo. Soffro ad ogni gemito. Mi avveleno e quasi vacillo. Ayala libera il collo di Ryuu, portando indietro le braccia, ansimante.
Ryuu affonda sempre più violentemente, con gemiti animaleschi che vanno a ritmo con le sue stoccate, soffocati dal morso. Il viso teso, i muscoli contratti. I miei colpi di frusta quasi sincronici.
‘Sì.’ Penso bloccandomi un attimo prima che lui si fermi, del tutto annidato dentro ad Ayala e poi si irrigidisca nello spasmo fuggevole del godimento, il capo improvvisamente piegato indietro, le palpebre serrate, le natiche contratte e la schiena ricamata dai segni del mio inappropriato desiderio di lui.
Poi Ryuu si lascia cadere di lato, il respiro affannoso, il petto ansante. Ayala invece si volta a guardarmi, ha le gote arrossate e le trema la gamba sinistra. ‘Vai’ le dico. Si alza in fretta, le mani quasi giunte, il capo chino. Raccoglie frettolosamente la veste e sparisce nel corridoio, scortata da altre guardie. Ryuu guarda in alto, capisco da come muove gli occhi che sta fissando la propria immagine riflessa nello specchio agganciato sul baldacchino.
Mi avvicino maggiormente. ‘Alzati.’ Esegue con la molle rilassatezza delle endorfine a cullargli i movimenti. Gli afferro rudemente il mento, i nostri occhi si incontrano e gli sguardi si scontrano. Gli tolgo il morso, sentendo il calore del suo alito sfiorarmi le dita. Gli ripulisco il rivolo di sangue dalla labbra.
‘Sei stato bravo’ gli sussurro. Poi alzando il tono di voce ordino: ‘Portatelo via!’
Le guardie lo afferrano per le braccia, ma lui le segue docilmente. Lo guardo allontanarsi, le chiappe arrossate, la schiena stillante piccole goccioline di sangue. Quando è sulla soglia però punta i piedi e volta il capo per quanto possa e solleva un sopracciglio, dicendomi con voce limpida: ‘Se mi avessi scopato tu, con la stessa veemenza con la quale mi hai frustato per non farlo, mi sarei fatto marchiare volentieri tutta la schiena!’
Sento il cuore mancare un battito e la mia maschera indifferente riempirsi di crepe. Qualcosa mi brucia in gola. Qualcosa a cui non posso resistere è potente. Stringo ancora la frusta fra le mani, mi avvicino quasi correndo e lo colpisco con una frustata fra le scapole, così forte da fargli piegare le gambe. Le guardie lo sorreggono.
Quella cosa mi crepita in gola come un fuoco pronto a divampare. Stento a trattenerla.
‘Portatelo…’ devo resistere, mi dolgono persino le mandibole. ‘Portatelo via e lasciatemi sola, immediatamente!’ Obbediscono trascinando Ryuu. Chiudo le doppie porte sbattendole più forte che posso. Poi cado in ginocchio liberando quella cosa strana che mi stava strozzando. è una risata.
Dapprima sommessa, poi sempre più forte. Avevo perfino dimenticato come si facesse a ridere, sollecito muscoli che quasi si erano rattrappiti. è… così piacevole. La mia disperata brama della ricerca del piacere sessuale sembra sciogliersi come neve al sole. è… rilassante. Liberatorio.
Rido, piegata quasi in due, trascinandomi fino al grammofono, per accenderlo, perché da fuori non mi sentano. Erano anni che non ridevo, non mi ricordavo più nemmeno cosa fossero le risate. Mi scuotono il petto, mi consolano i pensieri. Reliquie del passato, pezzi rari.
Poi mi calmo, lasciando che la mia maschera mi cali nuovamente addosso. Mi ha scopata. Mi ha fottuta. E l’ha fatto facendomi ridere, non ficcandomi dentro l’uccello. Bastardo. Una piccola risatina mi sfugge ancora dalle labbra, come un colibrì che frulla le ali, per poi disperdersi nel vento.
Il serpente piumato sta sghignazzando e mi divora da dentro. La furia mi pervade nuovamente. Fottuta, imprigionata, e quasi… felice. Cristo, non lo sopporto! Strappo via le coltri e le getto in un angolo, per non sentire l’odore del corpo di Ayala e di Ryuu.
Sono sfinita, sopraffatta, dominata da una risata così spontanea da togliermi le forze, da mitigare la mia rabbia, da farmi scordare la mia evoluzione.
Sento il vento ululare fra le dune, la sua voce sembra trasformarsi in una lunga risata e poi nuovamente ridiventare un ululato lento e cupo.
Mi raggomitolo sul nudo materasso, col corsetto a stringere il mio corpo spossato. Il giorno è finito, la notte richiama il mio sonno, i rimpianti sono già lezioni, le emozioni sono ricordi, e il domani si sta delineando ai confini del cielo, come una nuova sfida che per la prima volta, ho paura di vincere. Forse il buio mi ha temuta, ma ora io, soggiaccio dinanzi al potere di una risata genuina. L’evoluzione non ha mai fine.

– continua –

Come il vento per la roccia

‘Dimmi di più.’
‘Non posso, non saprei che altro dirti, Imperatrice.’
‘Hai una visione quando succede? Una visione completa?’
‘No, Imperatrice. è come se le parole mi uscissero di bocca senza che io me ne rendessi davvero conto, succede solo a volte, e non riesco a… collegarle a specifici eventi o a collocarle nel tempo…’ ripete Reika, per l’ennesima volta, con parole differenti.
Spazientita prendo a camminare avanti e indietro nella cella, misurandola a grandi passi, il suono dei miei stivali rimbomba fra le pareti in pietra e la veste mi svolazza dietro quasi possedessi una coda fluttuante e setosa.
Questa notte, dopo aver dormito solo poche ore, turbata dai miei pensieri su Ryuu, ho focalizzato la mia attenzione sulle parole di Reika. Senza la passione e il desiderio a ottenebrarmi la mente, non avrei potuto ignorarle. ‘Verrà una donna. E porterà la guerra.’ Ricordo come suonasse grave e stentorea la sua voce mentre le pronunciava, nonostante fosse affannosa per aver appena goduto.
Eppure dopo averle posto domande per ore, e averla fatta godere due volte, in modi differenti e pur continuando a interrogarla, non ne ho cavato un cazzo dal buco.
Reika è molto sottomessa, non si ribella mai, ha capito immediatamente come comportarsi, come non sfidare la mia collera, come reagire. Sembra così diversa dal fratello. Eppure non riesco a sapere ciò che vorrei. Ovvero che diavolo significavano le sue parole. A che serve una profezia ‘ se davvero di profezia si tratta ‘ se non puoi capirla o almeno provarci?
Potrebbe essere il semplice delirio di una pazza, di una mente debole che ‘ a volte- nel momento dell’orgasmo dice frasi senza senso. E Ryuu potrebbe avermi detto che i suoi sproloqui si realizzavano solo per turbarmi ‘ ancora di più! – come se ce ne fosse bisogno. O magari erano d’accordo.
Dannazione!
Sono furiosa. Ma non me la posso prendere con Reika, non avrebbe senso. Sono furiosa con me stessa per aver permesso a Ryuu e a lei di entrarmi nella testa, di ammorbarmi i pensieri con le loro cazzate.
Mi blocco un istante, al centro della cella. La luce del sole entra a quadretti dalle sbarre in ferro. Mi volto di scatto verso Reika, che giace spossata sulla branda. ‘Tuo fratello ha dei poteri simili ai tuoi?’
Lei scuote il capo fissando la stessa macchia di luce quadrettata che ho guardato io poco fa, scorgo un fremito all’angolo del suo occhio destro. Mi allungo verso di lei e le afferro il viso con le mani, costringendola a guardarmi negli occhi.
‘Stai mentendo.’
Gli occhi di Reika si sgranano. ‘No, Imperatrice, te lo giuro, non sto mentendo, Ryuu non ha nessun particolare potere se non quello di…’
‘Di?’ la mia voce sale di tono. Sento il sangue scorrere più velocemente nelle vene. Reika esita e la mia mente vaglia tutte le possibili risposte, quella che temo di più è ‘di leggere nel pensiero’.
‘Parla, schiava!’ quasi strepito, puntandole la daga che un tempo fu di Zennor, alla gola.
‘Ryuu ha la capacità di osservare le cose…’ Reika deglutisce e distoglie lo sguardo dal mio. ‘Le cose del passato, intendo, tipo cose meccaniche e di capirne immediatamente il funzionamento, riesce a ripararle, o…’
Le faccio un cenno d’assenso col capo. ‘Prosegui.’
‘Oppure ne adatta il funzionamento, in modo che possano essere utilizzate anche senza l’energia elettrica’ conclude con un sospiro.
Le lascio andare il viso, frustrata. Non era ciò che avevo sperato – o temuto ‘ di sapere. Non è un potere quello; è una semplice attitudine, una capacità. ‘Se scopro che mi hai mentito, ti uccido. E non sarà una morte rapida, o pietosa, ti lascerò nel cortile, impalata, a morire lentamente dissanguata fra le sofferenze.’
‘Non ti ho mentito, Imperatrice’ si affretta a rispondere Reika abbassando gli occhi.
Le volto le spalle, avvilita. Ho perso gran parte della mattinata e non ho ottenuto niente.
Sento bussare alla porta della cella. ‘Sì’ dico.
Oren entra con lo sguardo basso, ‘Imperatrice, c’è un messaggero per te’, dice, poi però non riesce a resistere e lancia un’occhiata lasciva alla nudità di Reika. Sono certa che lei si sia coperta, alle mie spalle.
‘Da dove viene?’
‘Acidalia, Imperatrice.’
Acidalia… saranno affari.
‘Arrivo subito, fallo accomodare nel salone.’
Oren lancia un ultimo sguardo a Reika, con uno strano luccichio negli occhi, poi con un cenno del capo si congeda.
‘Imperatrice però… Ryuu è speciale anche in un altro modo…’ mormora indecisa Reika alle mie spalle.
Mi volto di scatto, l’abito mi si muove addosso, per il modo repentino in cui l’ho fatto. I miei occhi saettano nei suoi. ‘Dimmelo!’ esclamo. ‘Dimmi tutto!’
Reika apre la bocca come per prendere aria, come se si fosse pentita di aver pronunciato quelle parole, poi lentamente mormora: ‘Aveva una moglie un tempo, e ha generato un figlio con lei’.
La guardo con gli occhi sbarrati. ‘Cosa?’
L’apocalisse nucleare ci ha resi quasi tutti sterili, è molto, molto raro riuscire a riprodurci. Forse è stata qualche sorta di giustizia per evitarci pietosamente di procreare in questo mondo popolato di dannati.
‘Un figlio’ ripete lei mentre le guance le si imporporano. Attribuisco questa sua pudicizia al fatto di avere appena rivelato una cosa incredibile sul conto del fratello, una cosa che avrebbe anche potuto evitare di dirmi. Perché l’ha fatto? Ma la curiosità mi rode le viscere. ‘Ed era… voglio dire era nato vivo? E sano?’
Reika annuisce. ‘Vivo, sano e del tutto normale, senza nessuna apparente anomalia.’
‘E… ed era ancora vivo quando vi hanno presi i catturatori?’
‘No. Imperatrice. Il bambino, Koichi, è morto divorato da uno scorpiomorfo tempo prima’ risponde Reika socchiudendo gli occhi.
‘Quindi non ci sono prove che lui sia fertile, prove tangibili’ mormoro quasi riflettendo ad alta voce.
‘No, Imperatrice, ma pensavo che avresti voluto saperlo.’
è sveglia. Il valore di Ryuu salirebbe alle stelle se fosse vero. è tuttavia difficile riprodursi, servono due individui fertili ovviamente, ma lo potrei vendere ugualmente per una cifra da capogiro, solo per la possibilità di tentare di farlo riprodurre. Farebbero numerosi tentativi e le donne impazzirebbero pur di avere anche solo la possibilità di provare. Anche se francamente non capisco il desiderio di mettere al mondo un bambino in questo inferno. Eppure pare che sia prerogativa della razza umana anelare alla riproduzione, in qualsivoglia condizioni. Istinto ancestrale, forse.
Comunque sarebbe un ottimo pretesto per venderlo. Liberarmene. Liberarmi del serpente piumato, tornare a vivere la mia vita di sempre senza più pensare a Ryuu.
Ci riuscirei?
Sì, un colpo netto. Lontano da me. Piena di crediti inattesi da spendere per prendere altri schiavi, meno… meno…
Solo pensare alle caratteristiche di Ryuu mi sconvolge.
Respiro.
Il messaggero mi attende.
Eppure vorrei porre altre domande a Reika ora che la lingua pare esserlesi improvvisamente sciolta.
Dimenticandomi ogni forma di cautela le dico sbrigativamente: ‘Mettiti velocemente la veste e seguimi nella sala del trono.’ Mentre tamburello con la punta dello stivale a terra, la guardo alzarsi, sollevare la veste e infilarsela dalla testa. Le ricade sul corpo snello e minuto, come un soffio. è servizievole, disponibile, mansueta, eppure c’è qualcosa in lei che mi disturba. Prima si piegava al tocco delle mie dita come se non aspettasse altro, facendo le fusa come una gatta in calore. Senza nessun accenno di ribellione. Forse è questo che mi disturba, o magari è che conosce cose di Ryuu che io non saprò mai.
O forse ‘ peggio ancora ‘ è che Ryuu la ama.
Lo stomaco mi si stringe, proprio come la cintura di corda che Reika si sta annodando in vita.
‘Andiamo’ le ordino.
Usciamo nei corridoi delle segrete, i suoi piedi nudi sbattono sulle mattonelle seguendo i miei stivali borchiati.
Mi volto per dirle da sopra la spalla: ‘Tieni la voce bassa. Ma dimmi, Ryuu ha generato altri figli?’
Potrebbe essere stato solo il tradimento di una moglie.
Attraversiamo le segrete e Reika mi cammina dietro in silenzio, come se stesse pensando, lo so perché mi sono voltata a due volte a guardarla ed entrambe le volte teneva gli occhi bassi e aveva il volto teso.
‘Allora?’ la incalzo mentre saliamo le scale e lei prende a trotterellarmi accanto.
‘Ryuu non vuole che se ne parli’ mormora torcendosi le mani. Le lancio uno sguardo iracondo, ma non se ne accorge, si sta guardando in giro, le guardie, i soprammobili, i quadri, gli arazzi, le tende di broccato, il suo sguardo vaga ovunque fra lo sfarzo ostentato del palazzo.
Immagino non abbia mai visto tanta bellezza, tanta opulente ricchezza, tutta insieme, forse non l’ha mai neanche sognata.
‘Non mi interessa cosa vuole Ryuu. Parla oppure ti farò torturare davanti al messaggero che mi attende nel salone.’
Ecco, ora ho la sua attenzione.
‘Diciamo… uhm… c’era stata una nascita precedente…’ bofonchia.
‘Specifica’ le dico continuando ad avanzare verso il salone.
‘Una ragazza che… immagino si intrattenesse con mio fratello’ dice lentamente, poi aggiunge: ‘A volte.’
Mi giro a guardarla. ‘Mentre era… sposato?’
‘Credo di sì.’
‘Credi oppure è così?’
‘è così…’ ammette asciugandosi le mani, probabilmente sudate nella veste.
Siamo quasi al salone, vedo una delle mie guardie, Eulalia, lanciare uno sguardo a Reika, ma non ci bado. ‘E questa ragazza che si ‘intratteneva’ con lui, lo faceva soltanto con lui?’
‘Sì… ne era innamorata.’
Il nostro Ryuu è più vizioso di quanto immaginassi. E infedele. Interessante…
‘Ne sei sicura?’
‘Sì, Imperatrice’
Mi fermo prima di entrare nel salone. ‘E ha generato un figlio, sano anche con lei?’
Reika abbassa il capo. ‘Sì, Imperatrice.’
‘E che fine ha fatto?’
‘Era una bambina, i catturatori hanno preso lei e la madre, molto prima che fossimo presi anche noi.’
Lo immagino, una femmina in grado di riprodurre e una bambina, hanno un valore inestimabile.
Resto ferma a fissare Reika, immaginando come si debba essere sentito Ryuu, poi scaccio quel pensiero. è… fastidioso. Vorrei porle altre domande, tuttavia ora non ne ho il tempo e poi da un certo punto di vista non voglio farmi incuriosire troppo dalla vita precedente di Ryuu. Inoltre c’è sempre il rischio che Reika mi stia mentendo.
‘Vai…’ le dico, inghiottendo le mie stesse curiosità. ‘E come premio per avermi rivelato queste cose, puoi andare nelle cucine e sceglierti il pranzo.’
Lei rimane impalata a fissarmi. ‘Puoi andarci anche senza scorta’ aggiungo.
Del resto le guardie sono un po’ dappertutto, e poi non può di certo fuggire. E poi occorre sempre mostrare di ripagare gli schiavi, quando si mostrano collaborativi.
Reika si inchina e mi bacia la punta dello stivale. ‘Grazie, Imperatrice.’
Mi volto ed entro nel salone. C’è un ragazzo in piedi, impolverato. Fare il messaggero è un brutto lavoro per uno schiavo. Occorre essersi guadagnati la fiducia del padrone, ma soprattutto, viaggiare senza scorta è oltremodo pericoloso. Immagino sia venuto a cavallo, o a dorso di mulo. Attraversare il deserto da Acidalia a qui, è molto pericoloso. Lo schiavo talvolta tenta la fuga, a volte ce la fa, ma un messaggero fuggitivo che venga riacciuffato, di solito viene condannato a una morte terribile, come essere bollito vivo, oppure lasciato fuori, sotto le piogge acide, o durante le tempeste solari. Oppure pesantemente mutilato.
‘Chi ti manda?’ chiedo prendendo posto sul mio trono. Il ragazzo ha un naso aquilino ed è molto smunto.
‘La Baronessa DeVille’ risponde inchinandosi.
La Baronessa DeVille non è mai stata mia cliente, di solito si appoggia a Lady Zuleika che ha prezzi più abbordabili.
‘E cosa vuole?’
Il ragazzo inizia a tossire. Batto due volte le mani, Oren compare sulla soglia. ‘Dagli dell’acqua, prima che sputi un polmone’ ordino.
‘Grazie… Imperatrice’ tossicchia il messo.
Immediatamente Oren gli porta una ciotola piena d’acqua, presa dalla caraffa che c’è sul tavolo del salone.
Il ragazzo beve avidamente, mentre io lo guardo col mento poggiato sul palmo di una mano.
‘Dunque, Imperatrice Left Eye, Zero’ inizia a dire, restituendo la ciotola a Oren. ‘La mia padrona, la Baronessa DeVille, desidera acquistare uno schiavo sessuale, e chiede quando la potresti ricevere.’
Accavallo le gambe riflettendo sulla cosa.
‘Ti ha detto la cifra che sarebbe disposta a spendere?’ chiedo.
Il ragazzo si schiarisce la voce. ‘Fino a settantamila crediti’ mormora fissandomi.
è davvero parecchio, soprattutto per un solo schiavo.
‘Sta bene’ rispondo. ‘Dille di venire da me domani, nel primo pomeriggio, sono certa che non se ne andrà via delusa. Puoi andare, ora.’
Il messo dopo essersi esibito in un considerevole inchino, esce dalla sala scortato dalle guardie.
Rifletto sulla possibilità di guadagno, e poi alla conversazione avuta con Reika.
Potrei vendere Ryuu per almeno settecentomila crediti, se domani ventilassi alla Baronessa DeVille che è fertile. Immagino che la cosa farebbe il giro di Acidalia in un battibaleno. Potrei arricchirmi ancora di più, liberarmi di Ryuu e di tutte le sensazioni sbagliate che suscita in me.
Tutte.
Potrei anche vendere Reika, in fin dei conti sarebbe perfetta come oracolo, e mi leverei di torno pure lei. Pacco completo. Uno stallone fertile e sua sorella ‘ veggente ‘ in omaggio. Non importa se ancora non è domato, in fin dei conti il fatto di essere fertile supplirebbe altre eventuali carenze comportamentali.
‘Portatemi Amanda e Thaneus’ dico quasi sovrappensiero. Oggi lascerò Ryuu nella sua cella, a cuocersi e ad annoiarsi, mentre guarisce dalle frustate di ieri e dalla marchiatura. L’attesa è una forma di tortura. Passerà il tempo a… a pensarmi?
No.
Non mi importa cosa farà. Mi dedicherò a Thaneus e Amanda. Potrei proporre proprio lui alla Baronessa DeVille domani.
Thaneus è un bel ragazzo, alto, biondo e muscoloso, occhi chiari e sguardo intenso. Proprio il genere di schiavo che una donna dell’età e del rango della DeVille potrebbe immaginare di acquistare per quella cifra. è obbediente e debitamente sottomesso, resistente, non ci saranno brutte sorprese con lui. è abituato a dare piacere a uomini e donne, e a riceverlo. Credo che sarebbe perfetto per intrattenere eventuali ospiti della Baronessa. O da mostrare alla amiche e dare loro piacere dopo il tè del pomeriggio. Amanda è una splendida schiava, dai tratti aristocratici, e dal viso di porcellana su un corpo proporzionato e pieno. Capelli biondi proprio come Thaneus, insieme sembrano sempre due bambole preziose.
Eppure quando Thaneus e Amanda vengono accompagnati al mio cospetto, e si inchinano a baciarmi la punta degli stivali non provo niente.
Ho la mente del tutto vuota, qualsivoglia forma di sottomissione potrei praticare sembra esserci dileguata dai miei pensieri. Quando Thaneus, dietro mio comando si slaccia il gonnellino, rivelando un membro già eretto, e Amanda si libera della veste, non faccio altro che fissarli. Niente sembra stuzzicare le mie perverse voglie di solito sempre affamate.
‘In, ginocchio, in posizione!’
Stento ad ammetterlo, ma non riesco a pensare ad altro che a Ryuu.
Devo venderlo.
Liberarmene.
‘Thaneus, inizia a masturbarti, e tu, Amanda, fai lo stesso’ mormoro accendendomi una sigaretta, annoiata ancor prima di iniziare. I due eseguono i miei ordini senza battere ciglio.
Vedo le dita di Amanda trastullarsi il sesso, piccole carezze che si trasformano poco a poco in gesti decisi. E la nocche di Thaneus scorrere sul membro turgido, movimenti così sicuri e rilassati, da ipnotizzarmi.
Li lascio proseguire per un po’, ma sono del tutto indifferente, e questo non mi piace. Un padrone deve essere partecipe, seppure spesso solo con la mente. Mi manca qualcosa. Non mi basto più. Spengo la sigaretta.
La mia vecchia amica solitudine sogghigna, così fanno gli amici più intimi quando sanno che stanno per perderti e sanno che è colpa dei tuoi stessi errori. Te li hanno fatti notare, ripetuti, suggeriti, ma tu li hai commessi tutti. E loro sorridono allontanandosi, consapevoli del fatto che non solo sentirai la loro mancanza, ma soprattutto che capirai di non averli apprezzati quando ancora eri in tempo.
Mi mordo un labbro.
C’è un modo per fare sì che il mio sangue torni a pulsare voracemente nelle mie vene, anche se non vorrei ammetterlo. è lì, accoccolato nei meandri del mio cervello, annidato fra le spire del serpente piumato che non vede l’ora di tornare a rigirarmisi dentro.
C’è un modo per permettere alla lussuria di abbrancarmi le membra col suo abbraccio scivoloso.
C’è un modo per risvegliare i miei sensi che sembrano essersi temporaneamente sopiti, come un meccanismo inceppato.
Lui sa fare funzionare le cose che non lo fanno più, e il suo nome è Ryuu.
Figlio del Drago, connivente del serpente piumato, alleato della mia inappropriata lussuria, persecutore della mia solitudine, e turbamento della mia fermezza.
Mi aggrappo con le dita al mio scranno, sento i polpastrelli premere, la mente rifiutare l’idea, stringo i denti.
Guardo i miei due schiavi. Immagino di ordinare loro di inserirsi l’un l’altra dei plug anali, di frustarli se non lo fanno rapidamente. Di torturarli con cinghie, corde e cera di candele… ma è solo l’idea di immaginare come reagirebbe Ryuu nel vedere quello spettacolo che mi solletica i nervi e mi incendia la fantasia, fino a farmi muovere a disagio sul trono.
Mi racconto una bugia.
Mi racconto che è solo uno schiavo, che non potrà che fargli bene assistere all’allenamento di Thaneus e Amanda.
Mento e poi mento ancora quando mi convinco che si tratti solo della novità del momento, un po’ come quando mi portano qualcosa di prezioso dalle rovine, qualcosa del quale inizialmente stento a capirne l’utilizzo, e poi, quando lo faccio, non riesco a più a farne a meno. Devo capirlo, farlo riparare, mostrarlo e bearmi della sua presenza. Usarlo. Capire come farlo al meglio.
Sì, è solo quello, mi dico e mento ancora. Abbastanza bene da convincermene quasi del tutto.
‘Portatemi lo schiavo chiamato Ryuu’ dico stentando a controllare il tremito della mia voce colpevole di alto tradimento.
Eppure dopo aver pronunciato quelle parole, alla sola vista delle le guardie che si attivano, per andare a prenderlo, sento il sangue proveniente dal cuore irrorarmi il corpo di calore, risale fino alle guance, ai palmi delle mani, mi vortica dentro e poi dà una sferzata vibrante al mio sesso.
Attesa.
è la snervante e deliziosa sensazione dell’attesa.
Fottuto serpente!
Mi alzo di scatto e vado rapidamente alla mia collezione di oggetti particolari appesi al muro. Mi sento gli occhi di Thaneus e Amanda sulla schiena, afferro un frustino in cuoio con nove filiali e lo tengo in mano, lasciando che la fredda carezza delle lingue – al momento innocue – mi lambisca i polpacci, mentre continuo a fissare il muro, meditabonda. Poi prendo un plug anale, che termina con una lunga coda di cuoio. Mi volto verso Thaneus e Amanda che immediatamente abbassano il capo.
‘Thaneus, vieni qui’ ordino improvvisamente rinvigorita dalla sola idea che Ryuu entrerà nella stanza, fra poco. ‘A quattro zampe’ aggiungo.
Thaneus obbedisce gattonando rapidamente verso di me. Gli indico la croce di Sant’Andrea con il mento. ‘Lì, ora ti legherò io stessa.’ Un fremito delle palpebre, poi la sottomissione. Si alza e ci si appoggia con la schiena, sollevando le braccia.
Mi struscio apposta su di lui, fissandogli il bracciale sinistro all’aggancio posto sul legno. Vedo il suo petto sollevarsi e abbassarsi rapidamente. Attesa. Snervante e deliziosa attesa. La conosco bene. Ora sono tornata schiava anche io… o forse lo sono sempre stata. Dei miei stessi impulsi, delle mia sessualità perversa, ma ora, anche di sortire un qualsivoglia effetto in quel demonio forgiato proprio da me, nella mia stessa mente, che si chiama Ryuu.
Thaneus emette un leggero sospiro di impazienza, il suo cazzo eretto si muove, sfiorandomi il fianco, mentre gli fisso anche il secondo bracciale.
Lo frusto sul ventre teso, accanto all’ombelico, vedo la massa muscolare sobbalzare. Stringe i denti, lo colpisco di nuovo, alcune lingue di cuoio raggiungono la sua erezione, emette un lamento. Gli accarezzo il membro con i lembi della frusta, lasciandoglieli penzolare sopra. Lo sento tendersi.
Poi scendo per agganciargli i piedi alle catene, e nel farlo lascio che il mio respiro gli accarezzi l’erezione, freme. Dopo avergli fissato le caviglie, mi rialzo e mi appoggio con il ventre sul suo corpo, per bloccargli anche il collare, collegandolo all’apposito supporto. Nel momento stesso in cui scatta il gancio Euteria – una delle mie guardie ‘ domanda alle mie spalle: ‘Dove volete che lo posizioniamo, Imperatrice?’
Anche senza voltarmi, so ‘ ovviamente ‘ che si riferisce a Ryuu. Sento un piccolo brivido solleticarmi le terminazioni nervose.
Ryuu, il vizioso Ryuu che ha tradito la moglie, che l’ha ingannata per soggiacere ai piaceri del sesso, il cui sperma potrebbe essere fertile, una preziosa rarità, un piccolo sorriso mi increspa le labbra, ma sono lesta a scacciarlo.
Continuando voltare le spalle a Ryuu, fingendo di armeggiare accanto al collare di Thaneus, e ai nervi tesi del suo collo dico lentamente: ‘Ryuu, questo è un modo per metterti, alla prova, per vedere se hai capito come funzionano le cose, quindi ora rispondimi, se non ti faccio incatenare mi obbedirai?’
La risposta arriva così immediata, e la sua voce è così profonda che impedirmi di sobbalzare è difficile.
‘Sì, Imperatrice.’
‘Lasciatelo’ ordino alle guardie.
Mi volto verso di lui, proprio mentre lo lasciano andare e lui si inginocchia nella posizione che ha imparato, voltato verso di me, ma col capo chino, il ciuffo corvino a oscurargli parzialmente il viso.
Non è sottomissione la sua però, devo starci attenta. Troppo repentina, in un lasso di tempo così breve, soprattutto in contrapposizione alla strenua resistenza che ha tentato sempre, in qualche modo, di opporre. No, la sua è falsa sudditanza, atta a indurmi a credere di averlo domato, mentre studia la sua prossima mossa, mentre mi studia. Ne sono consapevole.
Mi avvicino a lui sollevandogli il viso con due dita sotto al mento. Lui tiene le palpebre abbassate.
‘Bravo, hai capito’ mormoro anche se non lo penso. Poi gli porgo il plug anale, per un istante è incerto, poi lo afferra dalle mie mani.
‘Infilalo nell’ano di Amanda, dopo averla adeguatamente preparata, ovviamente. è già bagnata, ungila dei suoi stessi umori, eccitala di più, se vuoi, e poi procedi’ gli dico con un brivido di aspettativa. Quasi assordata dal mio stesso battito cardiaco.
Eccolo lo sguardo indignato che aspettavo. La ribellione che deve tenere a bada, la propria indole nemica di se stessa.
‘Devi rispondere ‘Sì, Imperatrice’ e poi eseguire il mio comando’ mormoro falsamente disinteressata, raggiungendo il mio trono, per poi sedermici, accavallando le gambe. Ryuu è proprio accanto ai miei piedi.
‘Sì… Sì, Imperatrice’ risponde. Le sue meste parole mi accarezzano le orecchie come una carezza indiscreta.
Per la prima volta noto i segni delle frustate che gli ho lasciato addosso. Non pensavo di esserci andata così pesante. Sono profondi e ancora freschi, devono avergli fatto un male del diavolo stanotte, gli ricamano la schiena del mio desiderio, ricordo la sensazione. Il dolore a ogni movimento, il bruciore, la sensazione di non essere più padroni di niente, nemmeno della propria sofferenza, il senso di umiliazione e appartenenza che trasmettevano. è come se le mie stesse cicatrici si risvegliassero per un istante.
Poi Amanda si accovaccia, mettendosi carponi, e Ryuu, titubante, le sfiora il sesso con le dita. Piccole carezze indecise a saggiarne il grado di eccitazione, Amanda geme, consapevole di dover rimandare il proprio godimento. Mi allungo di lato, per vedere le dita lunghe di Ryuu intingersi nei suoi liquidi caramellosi. Appoggio il gomito al bracciolo, e mi sostengo il capo con una mano, abbandonando una gamba sull’altro bracciolo, per godermi comodamente lo spettacolo.
Le dita che le entrano dentro, sempre di più, e Amanda che si spinge indietro, andando incontro al quel temporaneo sollievo alla propria voglia di godere. Ha gli occhi chiusi. Cazzo, come la invidio. Mi sporgo per colpire la schiena della donna con il frustino, un avvertimento che la fa sobbalzare e quasi ritrarsi. Eppure non mi sfugge come le dita di Ryuu, inseguano il suo sesso, quasi spietate. Sento qualcosa pulsare sotto all’ombelico, il piacere del serpente piumato.
Vorrei ordinare a Ryuu di non esitare oltre, ma i suoi movimenti sicuri mi ammaliano. Il sesso di Amanda è aperto come un fiore dai petali irrorati di sangue. Fremente, in attesa. Ryuu ha il viso teso e la bocca semiaperta, sta osservando la propria opera esattamente come sto facendo io. La domatrice e il leone. Il secondo più pericoloso della prima, in caso si ribellasse repentinamente.
Amanda geme, la colpisco di nuovo. L’atmosfera sembra rarefarsi e il tempo espandersi e poi ricompattarsi.
Ryuu si posiziona meglio, del tutto preso da ciò che sta facendo. Immagino che abbia un cipiglio simile sul viso, quando si occupa dei meccanismi dei quali mi ha parlato Reika. Va avanti a lungo e io sento lo stomaco contrarsi.
Poi Ryuu inizia a spalmare l’eccitazione di Amanda sullo sfintere, lentamente, come fosse un’operazione complessa. Per un attimo mi sfiora l’idea che lo stia facendo con studiata lentezza, per turbarmi. Le infila una falange nell’orifizio, Amanda geme forte. La colpisco nuovamente. Ryuu prende il plug, lo avvicina all’ano e dà una spinta leggera. Leggera ma implacabile. Amanda geme, destreggiandosi fra dolore e piacere, vedo chiaramente Ryuu prendere un respiro profondo.
Poi mi stupisce, si volta e mi guarda. Amanda non può vederlo e continua a ondeggiare sinuosa.
Ryuu non mi può parlare, vuole sottostare alle regole, o fingere di farlo. Però solleva un sopracciglio, quando incrocia il mio sguardo. Poi sorride solo con un lato della bocca. Gli faccio un cenno col capo. E lui, continuando a guardarmi le conficca tutto il plug nel sedere, fino in fondo, con un movimento forte e fluido al contempo.
Amanda, sussultando in avanti, emette un lamento simile a un gemito, stento a non seguirne l’esempio. Ma Ryuu si volta di nuovo verso di lei e la trattiene con uno scatto, spingendo il giocattolo fino in fondo.
Sento come una corrente elettrica attraversarmi. Per l’attimo condiviso e la sicurezza con lui l’ha fatto. Il serpente piumato stilla dolce veleno nel mio ventre. Mi rendo conto di avere la bocca aperta e secca, lo sguardo quasi appannato. Dopo un istante realizzo anche di essere me, e allora ordino: ‘Amanda, avvicinati carponi alla croce dove è fissato Thaneus, lentamente.’
‘Sì… Imperatrice’ risponde con la voce stranita dal piacere agognato e al contempo negato. La guardo gattonare con la lunga coda che le fuoriesce dalle natiche, fino a strisciare a terra. Poi scocco un’occhiata a Ryuu, la sta osservando esattamente come me, col viso leggermente inclinato a destra. Deglutisco. Mi riscuoto.
‘Quando lo raggiungi, inclina la croce, Amanda, in modo tale che Thaneus sia orizzontale.’
Lei esegue, per farlo deve muoversi e immagino le sensazioni contrastanti che provi con quel plug, per niente piccolo, conficcato nel sedere. Il meccanismo si muove e Thaneus viene inclinato. Ha il cazzo duro e congestionato, per avere assistito alla scena e per l’impotente attesa.
‘Ora, Amanda, scopalo e dagli piacere, ma bada bene che il plug non ti esca dal sedere, e non aiutarti con le mani, altrimenti sarai frustata!’ dico lentamente, accarezzando Ryuu, ancora in ginocchio, con lo sguardo.
‘Sì, Imperatrice’ risponde Amanda con voce strozzata. So che sarà difficile, dovrà stringere lo sfintere, resistere all’impulso di aprirsi, e poi stringere ancora, finché Thaneus non godrà. Dovrà soddisfare la mia richiesta, sospesa fra l’eseguire l’ordine alla perfezione e cavalcarlo per godere, minacciata dalla possibilità di essere punita e torturata dal desiderio stesso.
Guardo per un istante Amanda salire a fatica sulla croce, stringendo le natiche. Poi torno a spostare la mia attenzione su Ryuu che sta assistendo alla stessa cosa.
‘Ryuu, alzati’ mormoro.
Lui si alza, voltandosi verso di me. ‘Levati il gonnellino’ ordino divaricandogli leggermente le gambe con un colpetto dello stivale sulle sue caviglie.
Esegue l’ordine in silenzio. Osservo la stoffa scendergli lungo le cosce, sfiorargli i polpacci e solo quando tocca terra mi permetto di sollevare lo sguardo sul suo cazzo turgido e palpitante.
Serpentino scivola via il mio manto d’impassibilità e per un istante quasi boccheggio, dinanzi al mio stesso desiderio. Poi domino me stessa e placo il serpente, mentendogli. Raccontandogli che presto questa mia brama passerà, se ne andrà via come un refolo di vento nella notte.
Alla mia sinistra i gemiti di Thaneus e i sospiri di Amanda sembrano amplificare i miei pensieri, vorrei godere di Ryuu come lei gode di Thaneus, ma non posso. Devo essere forte come una roccia. Non posso permettermi una tale debolezza… eppure forse…. qualcosa potrei concedermelo.
Mi sfiora la mente una specie di gioco d’azzardo. Qualcosa che ammansirà in ogni caso le mie voglie, e domerà i miei pensieri più proibiti. In ogni caso.
‘Sei stato bravo Ryuu’ mormoro fissandolo negli occhi. ‘Obbediente e con grande spirito d’iniziativa.’ Sento il cuore rullarmi nel petto. ‘Quindi ora potrai scegliere se unirti ad Amanda e Thaneus, magari prendendo il posto della coda di Amanda, oppure se darmi piacere con le tue dita.’ Osservo quanto stenti a mantenere il viso impassibile, cazzo, come lo capisco. I gemiti provenienti dalla croce sono difficili da ignorare, mi sento un fuoco. Mi accendo una sigaretta per poi aggiungere tranquillamente. ‘Scegli tu, non ci saranno ritorsioni, ricordati che approvo la ricerca del piacere.’
Il serpente mi azzanna. La mia vecchia amica solitudine ora non c’è più, sono in compagnia. In compagnia del mio, a quanto pare indomabile, desiderio di quest’uomo che non riesco a piegare quanto vorrei. E allora se il gioco d’azzardo lo spingerà verso Amanda e Thaneus, forse quelle stupide idee che albergano nel mio cervello se ne andranno via per un po’. E smetterò a ripensare a come mi ha stretto le cosce con le sue gambe per partecipare al mio orgasmo, nella carrozza.
Spero che li raggiunga, eppure le lingue di fuoco del mio sesso pulsante raccontano un’altra storia, narrano melliflue di come sarebbe incantevole avere quelle dita su di me, a regalarmi il piacere al quale anelo.
Gli occhi di Ryuu hanno un guizzo. Il mio cuore balza. Mi ripeto che anche se scegliesse di soddisfarmi lo farebbe solo per compiacermi. Nient’altro. Quindi non devo… pensarla diversamente. Sarebbe solo una mossa tattica la sua, e ha mostrato di esserne in grado a meraviglia. Così come ha meravigliosamente scaldato Amanda. Un tiro, un anello di fumo. Sono immobile come una roccia. è di nuovo come se tutto avvenisse lentamente, invece sono solo pochi istanti. Pochissimi istanti in cui realizzo di sentirmi nuovamente una schiava, perché il mio piacere dipende dalla scelta di qualcun altro. è una sensazione allo stesso tempo incredibilmente eccitante e anche terribilmente spaventosa.
Ryuu si infila due dita in bocca, leccandole lentamente in un movimento così sensuale da darmi il capogiro, e io capisco cosa sceglierà, mentre le viscere mi si fanno d’acqua.
‘Scelgo te, Imperatrice’ mormora muovendosi verso di me. Il cuore mi rulla nel petto, il serpente piumato mi si dibatte così forte dentro, che temo di esplodere e il sesso sembra prendere vita, sembra palpitare nell’attesa. Mi sento così bagnata che immagino di avere inumidito persino il trono.
Schiocco la frusta colpendolo su una spalla. Lui si blocca con gli occhi sgranati.
Sono una roccia.
‘Unisciti a loro, oppure vattene!’ esclamo.
Ryuu resta un istante ammutolito.
Non sono più una schiava.
Il mio piacere non può dipendere dal figlio del drago.
‘Avevi detto che avrei potuto scegliere…’ mormora indeciso.
Lo colpisco di nuovo, stavolta sul collo, sento le corregge penetrargli nella pelle sottile.
‘Ma non ho mai detto che avrei rispettato la tua scelta fino in fondo. Insolente!’
Lui si ritrae. I gemiti di Amanda e Thaneus sembrano amplificati dal silenzio della sala. Si ripercuotono sulle pareti e ci piovono addosso come una pioggia di lussuria.
‘Unisciti a loro, oppure vattene’ ripeto facendo un nuovo tiro, per poi emettere fumo dalla bocca aperta, distogliendo a stento lo sguardo dal viso sbigottito di Ryuu.
Il figlio del drago si abbassa riallacciandosi il gonnellino sull’erezione.
‘Allora preferisco andarmene, Imperatrice’ sussurra abbassandosi per sfiorarmi la punta dello stivale con un bacio. Ritraggo il piede.
‘Portatelo via.’
Mentre l’amplesso di Amanda e Thaneus volge verso la fine, raccolgo le gambe sul trono. Me le stringo, poggiando il mento alle mie ginocchia. Amanda è riuscita a non fare sfilare il plug.
Mi sento svuotata.
Avrei preferito che Ryuu si ribellasse oggi, così da godere nel piegarlo, nel sottometterlo. Invece lui si è ammansito, spiazzandomi, anche se so benissimo che non è una vera resa la sua. è stato come stringere il vento fra le mani, catturarlo. Impossibile, se non temporaneamente.
Però ho resistito. Sono stata una roccia, ho tenuto a freno le mie debolezze.
Strizzo gli occhi. Eppure anche le rocce hanno il vento ad accarezzarle, penso, sognando ancora il tocco delle mani di Ryuu su di me, ma se mi avesse toccata, sarei stata di nuovo schiava. Ripenso al suo sguardo complice mentre penetrava con studiato vigore l’ano di Amanda, voleva compiacermi oppure è fin troppo simile a me? Sì, lo temo. Perché anche le rocce più dure, alla fine, a lungo andare, finiscono per essere plasmate dal vento. E per quanto siano forti, non hanno altra scelta, non riescono a opporre resistenza. Mi stringo le ginocchia e mentre odo i versi lussuriosi dell’orgasmo di Thaneus sovrapporsi a quelli di Amanda, sento un brivido scuotermi nel profondo e il serpente piumato, sorridere ancora una volta. No, non sta sorridendo, sta ridendo.
Di me.

– continua-

Notturno blu

C’è una fragile linea di confine fra il dolore e il piacere. Se la tortura – il dolore fisico – è troppo da sopportare per uno schiavo, o se non ne trae alcuna sorta di godimento, e nemmeno ne accentua l’attesa, allora rivendo quello schiavo. Quella linea fragile è come un filo, se si tende troppo si spezza e una volta spezzato, è difficile da riallacciare. C’è un collegamento fra carnefice e vittima, fra dare e avere, e lo schiavo sessuale deve essere disposto – oppure abituarsi – a gustarsi il piacere dalla sottomissione. Se ciò non avviene non sarà mai un buono schiavo sessuale. Lo schiavo deve saper trarre il proprio piacere dall’essere dominato, e saper dominare il proprio godimento. Spesso la punizione è solo un simulacro.
Leggendo i libri della biblioteca che apparteneva a Zennor ho imparato molto sul sesso. E so bene che esiste un tipo di sesso ‘ probabilmente ‘ ugualmente appagante che nasce dal desiderio stesso, senza necessità di sottomissione alcuna. Tuttavia non l’ho mai provato. Non riesco nemmeno a capirlo. Forse se ne avessi sperimentato le possibilità sarei differente. Immagino che Ryuu l’abbia provato quando ero in libertà, e credo sia difficile sradicare tale idea dalla testa di qualcuno.
In un certo senso la cosa mi affascina. Cambiare la percezione di qualcuno, le idee è una forma estrema di potere.
Anche nelle menti all’apparenza più pure esistono delle curiosità, delle pruriginose voglie, delle inconfessabili fantasie, e la dominazione, o l’essere dominati, ne fa di certo parte. Ryuu sembrava stuzzicato oggi pomeriggio, incredibilmente allettato dall’idea stessa di poter elargire piacere o dolore ad Amanda, di giocare.
Il fatto che sembri disposto a varcare quella fragile linea sottile, è solo un mirabile inganno?
Continuo a ripensarci.
Ho risvegliato qualcosa in lui, oppure era solo parte del suo modo di tentare di comprendere i miei meccanismi per poi utilizzare tali informazioni contro di me?
Sta progettando la fuga? Oppure di conquistarmi per affiancarmi, in qualche modo, come ho fatto io stessa con Zennor, stuzzicando il suo desiderio di avere una sorta di compagna al fianco? Qualcuno di simile, per desideri e attitudini, con cui condividere pensieri, e riflessioni e amplessi più o meno sofisticati? Qualcuno che renda la solitudine obsoleta?
è calata la notte, i miei turbamenti sono come pipistrelli appollaiati, silenziosi e immobili, che abbiano atteso il tramonto, per iniziare a muoversi liberamente, diventando infine predatori delle mie paure più recondite.
Me ne sto nuda, accoccolata nel letto ad attendere il sonno, dopo aver bevuto troppo vino, nella speranza disattesa di rimboccare le coperte a tutti i miei dubbi.
Oggi pomeriggio, dopo la sessione con Thaneus e Amanda, ho convocato Gika e Titus, credendo di riuscire a dare il via a una sessione quantomeno mediocre, sull’onda del mio inappagato piacere derivante da quella alla quale era presente anche Ryuu. Invece ho finito con il frustare a sangue Titus e a ordinare a Gika di praticarmi un insoddisfacente cunnilingus, durato troppo a lungo e sfociato semplicemente in altra frustrazione, un’eccessiva punizione e una palese perdita di tempo.
Cosa mi sta succedendo?
Il vino sta facendo effetto, sento le mie resistenze cedere e la volontà sciogliersi in nebbia, succede improvvisamente come se il sonno mi trascinasse via su una barca fatta solo di piume, candide piume bianche alle quali posso morbidamente poggiarmi mentre galleggio su un lago azzurro, come quelli delle illustrazioni che visto nei libri.
Quell’idea si aggrappa immediatamente ai miei ricordi dei libri di Zennor, è come se fossi là, tra quelle polverose pagine, nella biblioteca che odora di carta e d’antiche storie. Storie dove si narra di amori dolci e di un genere di sesso che non ho mai sperimentato. Nemmeno una volta, neanche con Ethelwulf. Con lui era una dominazione assertiva e complice, non conoscevamo altro modo, evidentemente entrambi. E ora quel tipo di sesso, così stranamente legato all’amore, quasi fossero l’uno lo schiavo dell’altro, mi stuzzica l’immaginazione, mentre sento le membra farsi deboli e la mente arrendersi. Come posso indugiare in tali pensieri vergognosi? è svilente, indegno di me, non mi sento nemmeno più io, forse il sonno mi sta sospingendo verso la persona che ero prima della Catastrofe, una bambina ingenua e sperduta.
Eppure non riesco a reagire e mi addormento, preda e schiava di quei turpi e indegni pensieri, mentre il mio serpente pare finalmente acquietarsi sotto allo sterno.

***

Mi sento legata anche se sono libera, incapace di muovere braccia o gambe o anche solo di socchiudere le palpebre e so che sto sognando. La notte sembra bluastra dietro alle mie palpebre pesantemente serrate.
Avverto il materasso abbassarsi accanto a me, il sogno di ombre e luci, di luna e stelle sembra soffiarmi sulle spalle nude, mi sento come fossi la tela di un ragno, ricoperta di rugiada sospesa nella notte, in balia del vento, prossima a spezzarsi. Umida e lucente. Quando la sua bocca trova il mio seno, lo succhia e lo lecca, tendendomi fino allo spasimo, il filo ricoperto di rugiada sembra brillare di luce riflessa per poi ondeggiare nel vuoto. Un filo di rugiada non può opporre resistenza alla brezza, è solo apparenza.
Le sue mani sono su di me, sembrano essere dappertutto, accarezzano bramose la mia pelle, sfiorano il mio pube glabro facendomi emettere un gemito così femminile da ricordarmi quelli di cui ho solo letto. Lascivo, libero, incredibile, debole.
Le dita a stringermi la gola, piano, con una stretta decisa ma gentile. L’altra mano a carezzare l’ombelico e la zona circostante, e il mio corpo che si inarca per sentire la durezza che immagino sulle mie natiche roventi.
Sì, è lì. E al suo contatto la mia pelle vibra, il mio desiderio infiamma la rugiada di opalescenti riflessi bluastri, cangianti nel viola più intenso. Non mi importa di essere spezzata. Lo voglio come non mi ricordo di aver mai voluto qualcuno, qualcosa, qualcuno.
‘Non gridare, non parlare’ sussurra una voce alle mie spalle. La voce del mio migliore incubo, travestito da drago sottomesso. Il mio ventre freme solo all’idea di eseguire l’ordine. Mi abbandono alla sensazione erotizzante di non poter reagire. Di essere il giocattolo di qualcuno che prenderà il proprio piacere da me, senza darmi niente in cambio.
Le dita che amavano l’ombelico vogliono flirtare col mio sesso e scendono a saggiare l’umidore della rugiada. Dischiudono i petali del fiore notturno con una carezza oscenamente innamorata. Piacevole, disdicevole e intensa. Carezze per regalare piacere, non per provocare dolore nell’attesa del piacere. Già piacevoli, come se saltassero volutamente un passaggio. Queste mani vogliono darmi piacere, non sono un giocattolo, desiderano darmelo così tanto da farmi stringere lo stomaco, da permettermi di abbandonarmi ancora di più, solo per compiacerle.
Lì dove stilla il nettare, un bacio con la punta delle dita e un respiro affrettato sul mio collo. Dentro al fiore così a fondo, da toccare forse la coda del serpente. E poi il suo desiderio che spinge fra le cosce, le dita che gli aprono il cammino. Scivola dentro piano piano, arrivando a fondo e poi ancora di più. I miei occhi aperti sulle coltri d’amaranto, a conoscere una delicatezza e un piacere così alieno da essere quasi abbacinante. Le sue dita a strizzarmi proprio dove il piacere pare costringere i petali a fremere. Così peccaminoso e sbagliato è il mio cuore, a rullare indisturbato.
Sentirlo scivolare dentro mi manda in estasi, liscio, morbido, lento e prepotente al tempo stesso.
‘Ti piace, vero? Non desideravi altro…’
‘Sì’ la mia voce strozzata e i miei movimenti tutt’altro che fluidi, bensì quasi ansiosi, affrettati.
‘Sì, Emeraude, proprio così…’
Deglutisco stordita.
Le sue spinte prendono un ritmo costante e l’espressione del suo piacere si traduce in sospiri sulla mia clavicola. Sono caldi, ma freddi come la brezza, sulla mia pelle accaldata e umiliata.
Il petto poggiato alle mie scapole, la sua coscia a cingere le mie e le spinte sempre più forti. Immagino il drago avvilupparmisi addosso, stringermi fra le spire e possedermi con la lunga coda, entrarmi dentro sempre più in profondità, impalarmi nel labirinto del piacere, fino a togliermi il respiro.
Sento il suo potere, sento la sua bestia dentro di me, la sua essenza accanto alla mia. Esce e poi rientra come se non potesse fare altro, e io lo accolgo altrettanto impotente. Ancora e ancora, mentre nessun controllo riesce a tenere a bada la fiammante inquietudine dei miei sensi risvegliati. Non rifuggo il piacere, lo inseguo, mi nascondo e poi gli vado incontro per gustarlo meglio. Così piena e completa. Sono tutte le donne che sarei potuta essere.
‘Godi Emeraude…’ sento il mio nome attorcigliarsi attorno al mio orecchio come la sua lingua, carezzarmi e scaldarmi, consolarmi per il mio comportamento così ignobile. E poi una spinta più forte e il mio piacere esplode, lì, in fondo alla notte. Fra le mie coltri sgualcite come il mio orgoglio.
Ancora un paio di spinte e poi il suo seme mi invade al posto del mio libero arbitrio. Mi colma e mi bagna, il fiore sembra abbeverarsene come una pianta carnivora. Succhia, stringe, beve, gode. Lì, in fondo, in quel punto dentro di me che pensavo di avere perduto.
La notte avvolge il mio corpo, foglie di nebbia sui miei capelli, lacrime d’ombra bagnano le mie labbra. Ho cercato in luoghi sconosciuti il suo sorriso e ora lo sento sfiorarmi il collo con baci, penetrandomi ancora, fiaccando le mie resistenze con il semplice suono di una piccola risata. è pericoloso e so che mi spezzerà. Mani che mi accarezzano, il tempo si perde, trascorre, si dilata, le carezze si fanno lievi, e poi più pretenziose e quella cosa dentro di me, la coda del drago, si muove vibrando, sempre di più. Si ingrandisce, si tende, pulsa, temo se lo farà ulteriormente, non ci sarà più spazio per me nel mio stesso arrendevole corpo traditore.
‘Non voglio’ mormoro con la voce impastata, ma è troppo tardi.
‘Sì, che vuoi, lo sai, e io lo so’ sussurra audace, poi sento il dolore pervadermi all’improvviso, mentre i suoi denti affondano così forte nel mio collo da farmi inarcare, con la bocca spalancata in un urlo muto. E il dolore si mischia di nuovo al piacere del suo membro nuovamente turgido dentro di me. Godo e le sue spinte si fanno all’improvviso rudi, quasi cattive, sento le sensazioni travolgermi, la tela del ragno tendersi, il sangue sgorgare dalla ferita al collo, caldo. La sua lingua lo beve e mi beve.
‘Sono entrato dentro di te, proprio come una carezza’ dice la voce roca al mio orecchio. ‘Anche io mi sono abbeverato del tuo piacere, anche tu hai il mio marchio, ora, Emeraude.’
‘No…’
‘Sì!’
Un bacio sulle labbra, umido e caldo. Improbabile e scellerato.
Scivola via, via come la brezza notturna. E ciò che resta di me, è solo una donna semicosciente. è stato solo un sogno, non mi ha spezzata. Solo uno stupido e inconfessabile sogno… Fuori il vento ulula. è stato soltanto un sogno. Un incubo notturno nato dai miei turbamenti diurni, figlio delle mie fantasie vergognose e pericolose. Dei miei vaneggiamenti e dal vino speziato.
***

Il vento non può evitare di accarezzare la tela del ragno sospesa nella notte blu, umida di rugiada, perché è nella sua natura passarci attraverso, e spesso, quasi con crudeltà, spezzarla.

continua

Regni di Porpora

Mi sveglio perché qualcuno mi sta scuotendo e lo sta facendo piuttosto energicamente. Socchiudo gli occhi sentendoli incollati, la bocca impastata. La testa mi duole e mi sento malissimo, come se mi avessero pestata a sangue, dopo una sbronza colossale.
è Kara che mi sta chiamando. ‘Imperatrice, ti prego. Non riusciamo a svegliarti…’ dice in tono spaventato. Mi sollevo a sedere nel letto, sentendomi spiegazzata quanto le lenzuola.
‘C’è già la Baronessa DeVille nel salone, è primo pomeriggio!’ dice concitatamente la mia serva. C’è anche Sianna, dietro di lei.
‘Cosa? Ma si può sapere perché non mi avete svegliata prima?’ La mia voce è gracchiante. ‘Sarete punite, tu e Sianna, vi farò frustare!’ dico frastornata.
‘Scusaci, Imperatrice, ma ti abbiamo chiamata, abbiamo provato più volte e tu ci hai sempre mandate via, credevamo che volessi dormire.’
‘Siete indegne di essere mie serve!’ grido furente. ‘E ora preparatemi e vestitemi velocemente, e fate servire alla DeVille il vino migliore che abbiamo, e…’ faccio un gesto nell’aria. ‘Mandatele qualcosa di sfizioso dalla cucina, rapide!’
Kara si volta a guardare Sianna che sfreccia come un lampo fuori dalla mia camera, per riportare i miei ordini a Oren.
Non ho nemmeno avuto il tempo di consultare il registro degli schiavi, di rinfrescarmi la memoria sul loro prezzo d’acquisto, di controllare per bene da quanto sono con me, di preciso, e, soprattutto, di farli preparare.
Sono furibonda, ma imprigiono ogni emozione dietro alla mia maschera perfetta.
‘Sarete punite’ dico ancora una volta a Kara e Sianna che mi stanno rapidamente vestendo e pettinando, mentre io sfoglio avidamente il registro.
‘Sì, Imperatrice’ mormorano all’unisono.
Batto due volte le mani, compare una guardia, Eulalia, sembra vagamente stordita, quasi ciondolante, ma non ho il tempo di soffermarmici. ‘Oren è nel salone a servire la Baronessa DeVille’ mi dice sull’attenti, guardando fisso dinanzi a sé, fuori dalla finestra.
‘Fai preparare Titus, Thaneus, Kilorn, Aigometh, Gwaniel e Quinn, che siano pettinati, puliti e oliati alla perfezione, se non riescono a prepararli tutti insieme, piuttosto ne presenterò uno alla volta, ma devono essere impeccabili’ dico con voce stentorea. ‘E anche Olaf e Ryuu’ aggiungo rabbiosa. Ma che questi ultimi due attendano di essere chiamati, solo se necessario. Che non salgano insieme agli altri.’
Non so se proporre anche Ryuu, però sento che dovrei liberarmene quanto prima. Mi ha tormentata persino nei sogni, impedendomi di essere preparata a lucida per questo importante appuntamento, Olaf invece forse non è ancora pronto ‘ come Ryuu del resto. E poi è troppo imponente, quasi un gigante, magari alla la DeVille non piacerà; tuttavia non voglio deluderla, quindi le darò una scelta mediamente ampia.
Non ho nemmeno avuto il tempo di schiarirmi le idee, cazzo!
Mentre scorrevo velocemente il registro degli schiavi, per rinfrescarmi le idee, in men che non si dica Kara mi ha acconciato i capelli e Sianna mi ha rapidamente allacciato al collo una veste color porpora lunga fino ai piedi, ampia, con un profondo doppio spacco sul davanti. Poi mi ha stretto un’alta cintura in vita, di cuoio, ricoperta di fibbie, che funge quasi da corpetto. Infine mi ha fatto calzare gli stessi stivali alti fino oltre il ginocchio che ho indossato all’asta. Quando mi ha porto la collana da abbinare al corpetto ho declinato, ho troppa fretta.
‘Dopo la trattativa vi farò frustare’ sibilo. ‘E appendere a testa in giù.’
‘Sì… Imperatrice.’
E ora mi sto dirigendo, a grandi falcate, verso la sala del trono, con lo scudiscio in mano, cercando di fare chiarezza nella moltitudine di idee che ho in testa. Cifre, nomi, date e prezzi sembrano accavallarsi e mischiarsi mentre sono ancora istupidita dal sonno e confusa dal brusco risveglio. Persino le pareti sembrano ondeggiare, come se non fossero del tutto solide. Barcollo. Mi appoggio con una mano al muro, portandomi una mano al petto, nel tentativo di calmarmi.
‘Stai bene, Imperatrice?’ mi chiede una delle mie guardie, alle mie spalle.
‘Sì, tutto bene. Solo un piccolo capogiro’ rispondo. ‘Dopo che sarò entrata, fatemi avere un tè forte e acqua fresca.’
‘Sì, Imperatrice.’
Quando giungo dinanzi ai battenti serrati delle porte del salone del trono, vedo che sono già stati allineati i sei schiavi, pronti: Titus, Thaneus, Aigometh, Gwaniel, Quinn e Kilorn. Quest’ultimo mi lancia un’occhiata tesa che ignoro. Invece mi soffermo a controllare che abbiano addosso i gonnellini eleganti, puliti, che siano stati rasati e unti a dovere e che abbiano i capelli sistemati.
‘State dritti!’ esclamo dopo uno schiocco di frusta, sfilando davanti a loro per passarli in rassegna.
‘Spalle erette, mento in alto, e occhi bassi’ mormoro sfiorando la gola di Titus. Li vedo muoversi impercettibilmente tutti quanti, per obbedire.
Sistemo una ciocca di capelli di Thaneus, ‘questa è una grande occasione per voi’ mormoro.
Sfioro il petto scuro e possente di Aigometh, ‘la Baronessa DeVille acquisterà uno schiavo, e potrebbe essere uno di voi.’ Sento un sospiro trattenuto. Annodo meglio il gonnellino dorato di Gwaniel. ‘State fermi quando sarete al suo cospetto e obbedite ai miei ordini, mai ai suoi. Non finché non sarete acquistati, s’intende. Dopodiché dovrete comportarvi con lei come con me, sempre obbedienti e pronti a soddisfarla. Solo in questo modo sarete apprezzati e riceverete piaceri e sollazzi, nonché premi. Se acquisterà uno di voi e lo riporterà indietro perché insoddisfatta, quello schiavo passerà almeno tre giorni, legato in cortile. E se ci saranno piogge acide o tempeste solari, peggio per lui.’
Quinn tende il collo, quando gli sfioro i capezzoli con le unghie. ‘Ricordate che uno schiavo sessuale può aspirare a molto, se si comporta sempre correttamente e come ci si aspetta da lui. Un giorno la vostra padrona potrebbe decidere addirittura di liberarvi, per gratitudine, o di sposarvi oppure di rivendervi a qualcuno peggiore… tutto, in fondo, come ben sapete, dipende solo da voi.’
Ho pronunciato questo discorso così tante volte che lo so a memoria. ‘State attenti’ mi fermo dinanzi a Kilorn che ha la fronte imperlata di sudore. ‘Perché se oggi mi deluderete, ci saranno punizioni spietate e credo che nessuno di voi voglia finire a tirare la mia carrozza per i prossimi viaggi fino ad Acidalia o a Mar Sara.’
Kilorn tiene la bocca semiaperta. ‘E non tollererò ribellioni o rimostranze, dovete essere perfetti. Vi sentite tutti bene? Parlate ora oppure tacete finché non sarete ulteriormente interpellati.’
Kilorn mi guarda, sembra voler dire qualcosa, so che teme di essere rivenduto, rifugge l’idea. Sembra quasi che la frase che vuole rivolgermi gli bruci in gola e gli faccia muovere il pomo d’Adamo un paio di volte. Poi probabilmente la deglutisce.
Arrivano cinque risposte più o meno sicure. ‘Sì, Imperatrice.’ E un cenno del capo da parte di Aigometh.
Faccio schioccare lo scudiscio ancora una volta.
‘Perfetto allora, spalle erette, mento in alto, occhi bassi e naturalmente cazzo in tiro!’ dico discostando leggermente il gonnellino di Kilorn, per un controllo a campione. Ottimo.
‘Entrate quando sarete convocati.’
Non appena apro i battenti, l’aroma dolciastro del profumo della Baronessa DeVille mi aggredisce la narici. Oren le sta servendo dei manicaretti, e lei se ne sta seduta su una poltrona, posta a qualche metro dal trono. è tozza e pingue, ma non è una brutta dopotutto. Ha dei folti capelli castani, acconciati in una crocchia complicata, è truccata e incipriata come le cortigiane che ho visto nei libri che parlavano di storia francese, quelli sulla corte di Versailles, se non vado errata. E indossa un abito in stile adeguato al look. Rosa pesca.
Ostento un sorriso di cortesia. ‘Baronessa DeVille, benvenuta nel mio Palazzo, spero che l’attesa sia stata piacevole.’
Mi osserva attentamente, come fossi io stessa in vendita. Sapevo che sarebbe stato così, è sempre così. Perciò ho scelto il porpora; dai libri di Zennor ho imparato che nell’antichità la porpora poteva avere diverse sfumature di colore, in base alla preparazione. Il più ricercato era sempre il colore più intenso, simulacro del sangue e del fuoco. Due simboli potenti. Su quei libri ho letto che la tintura si otteneva da un mollusco, il murice, e per riuscire a tingere anche una sola veste occorrevano migliaia di esemplari. Anche per riuscire a governare un Palazzo come questo, e avere schiavi sessuali di questo livello, servono molti sacrifici.
Il color porpora, nei tempi antichi, per lungo tempo fu riservato all’uso sacerdotale e regale, ma in seguito venne utilizzato anche dagli aristocratici romani per abbellirne le vesti. E anche allora significava benessere, potenza e regalità. Ovviamente questa simbologia si è persa, ma io credo che l’importante sia che io ne sia consapevole.
La consapevolezza rende potenti.
Inoltre, questa sfumatura intensa e sanguigna, si abbina incantevolmente ai miei capelli lattei e alla pelle chiara, sono l’Imperatrice vestita di sangue. La DeVille sembra studiarmi, anche se so che mi ha già vista non siamo mai state così vicine, poi un sorriso le impegna il volto. ‘Naturalmente. Sono stata vezzeggiata e mi sono ripresa dal viaggio polveroso, anche se speravo in un’attesa meno lunga’ risponde continuando a sorridere, mentre si caccia in bocca un pasticcino.
‘L’attesa aumenta l’appagamento successivo’ ribatto strizzandole l’occhio. Lei avvampa leggermente. Bene. Mi siedo sul trono con movimenti lenti e calcolati, so che non mi perde d’occhio, voglio proprio che mi guardi, mentre la sicurezza trasuda da ogni mia mossa, lo spettacolo deve sempre essere inscenato al meglio.
Mi accomodo e accavallo le gambe, permettendole di scorgere un breve stralcio della mia intimità glabra. Quando si rende conto che la sto guardando distoglie lo sguardo, e il boccone le va quasi di traverso.
‘Quando sei pronta, Baronessa DeVille, faccio entrare gli schiavi’ dico.
Lei afferra una salvietta e si ripulisce sommariamente. So che certe squisitezze culinarie, sono rare da trovare e la capisco, tuttavia mi sembra indice di debolezza ingozzarsi a questo modo. Ingordigia; una cosa che volgerò a mio favore.
‘Sono pronta’ dice querula.
‘Titus, Thaneus, entrate’ ordino.
I due schiavi entrano con passo deciso, quasi si muovessero al ritmo di una marcia nuziale, avanzando fin oltre il trono per poi fermarsi e voltandosi, dando le spalle alla finestra, girati verso la soglia del salone. Sono alla mia sinistra, e quindi al destra della Baronessa.
‘Questi sono Titus e Thaneus, Baronessa. Thaneus, quello biondo è molto forte e muscoloso, e ha dei meravigliosi occhi color menta; come tutti i miei schiavi è resistente, sessualmente parlando, e ovviamente obbediente e avvezzo a ogni pratica sessuale, passiva e attiva.’ Dico parlando lentamente, in modo che possa farsi una prima idea.
La Baronessa non stacca gli occhi di dosso ai due schiavi. ‘L’altro è Titus, leggermente più minuto, ma ugualmente resistente, gli ho misurato la lingua, è di due centimetri e mezzo più lunga del normale e ha una caratteristica speciale: è leggermente biforcuta, a causa di un piccolo incidente e riesce a muoverne perfettamente le estremità’ spiego facendo cenno a Oren di servirmi il tè, notando che una serva è ferma sulla soglia, col vassoio in mano.
La Baronessa sembra del tutto rapita.
‘Gradisci del tè, Baronessa?’
Lei annuisce e faccio cenno a Oren di servirlo anche a lei. ‘Dopo, Baronessa, ti mostrerò la lingua di Titus, se ti aggrada.’
Accetta con un cenno del capo, continuando a fissarli entrambi. Sembrano due statue.
Oren serve il tè anche a lei, mentre io sorseggio il mio dandole il tempo di osservarli.
‘Preferisci esaminare più accuratamente questi due schiavi, oppure vuoi che ne faccia entrare altri? Al momento ne ho preparati sei’ dico, già immaginando la risposta. Ingordigia.
Senza staccare lo sguardo dai pettorali di Thaneus mormora: ‘Voglio vederli, sì fanne entrare altri’.
Del resto è venuta per scegliere e anche per assistere al piccolo spettacolo, del quale di certo gli altri miei clienti hanno raccontato eccitanti meraviglie.
‘Aigometh, Gwaniel!’ dico a voce alta.
Immediatamente coloro che ho convocato fanno il loro ingresso, la camminata lenta, lo sguardo basso, fino ad andare a posizionarsi accanto ai primi due.
La Baronessa si passa la lingua sulle labbra, continuando a bere il tè. La bevanda calda sembra ristorare anche me e mi rianimo leggermente.
‘Aigometh, come vedi, è di colore, ha la pelle color cioccolato fuso, liscia e setosa, è alto, ed è flessuoso come un giunco. Ha dita lunghe e ti lascio immaginare le delizie che celano sotto alla vita, a volte mi ricorda una pantera, soprattutto quando è acquattato fra le mie cosce’ le dico con falsa noncuranza. Poi torno a bere, mentre lei per la seconda volta quasi si strozza. ‘Aigometh è muto, però la sua lingua sa ugualmente parlare, soltanto non a parole’ aggiungo.
Gli occhi della Baronessa luccicano.
‘L’altro è Gwaniel, come vedi è di statura inferiore, ma ha forti braccia, e capelli rosso fuoco. La sua pelle è candida come il latte, e quando lo si frusta si incendia come se prendesse fuoco. A sculacciarlo gli si arrossano immediatamente le natiche, di un rosso particolarmente acceso!’
La DeVille si muove sulla sedia, ovviamente illanguidita dalle idee che le sto facendo balenare in mente.
‘Quinn, Kilorn, entrate!’
Anche loro le sfilano davanti, con incedere elegante, per andare ad allinearsi accanto agli altri.
‘Quinn è un toro. Forte e muscoloso, è così forzuto da riuscire a sollevare anche un uomo robusto – figuriamoci una donna – e dargli piacere tenendolo sospeso fra le proprie braccia… A lungo’ dico facendo una pausa, finendo il mio tè, per dare modo alla DeVille di immaginarsi la scena. ‘Si dice fosse un cacciatore, quando era in libertà, e ti assicuro che, è agile e scattante, nonostante la mole. Sa essere silenzioso ma ti assicuro che quando gode emette suoni di una lussuria unica; è capace di fare inumidire le schiave nella stanza attigua soltanto a sentirlo.’
La Baronessa poggia rumorosamente la tazza di tè, semivuota, con uno scatto e quasi la rovescia.
Il suo trucco prevede gote rubizze, ma immagino lo sarebbero altrettanto se anche non portasse alcun artificio di bellezza sul viso grassottello.
‘E infine c’è Kilorn. Come vedi ha un viso di una bellezza inconsueta e quasi unica, tratti decisi, mascella volitiva, zigomi scolpiti, occhi come due gemme preziose e pelle di velluto. Anche lui è prezioso, è dolce e affezionato, e quando si scalda la sua pelle brucia come fuoco. Inoltre può mantenere l’erezione straordinariamente a lungo e riesce a essere nuovamente pronto in un battibaleno.’
Kilorn serra forte le mascelle. Lo vedo deglutire. Così come la DeVille.
‘Ora, Baronessa, li potrai osservare meglio, toccare, esaminare, però come ben sai c’è un prezzo. Per esaminarli chiedo una caparra di cinquemila crediti, che non ti saranno restituiti, nel caso decidessi di non acquistarne nessuno. Una caparra di diecimila crediti per esaminarli e assistere a qualche loro prestazione. Anche questa non ti sarà restituita, in caso non ne acquistassi alcuno. Invece ovviamente la caparra sarà scalata dal prezzo totale dello schiavo che acquisterai.’ Le lascio il tempo di valutare la cosa, mentre mi accendo una sigaretta.
‘Invece, nel malaugurato caso in cui lo schiavo non riuscisse a darti piacere, quando lo porterai alla tua magione, o ne fossi insoddisfatta, potrai restituirmelo entro una settimana. Se non avrà subito danni sarai rimborsata del prezzo, tranne la caparra. Se danneggiato valuterò a quanto ammonti e di conseguenza sarai rimborsata della differenza. Ti è tutto chiaro?’
Ora mi fissa dritto negli occhi. Sta valutando, sembra fare un rapido calcolo mentale, e poi dalla sua bocca rosa escono le parole: ‘Diecimila crediti’.
‘Oren’ dico facendogli un cenno con la mano. Il ragazzo si avvicina alla DeVille che gli mette i crediti fra le mani, prendendoli da una borsa che porta legata in vita.
Oren me li porta immediatamente. Li conto. Sono diecimila.
Li consegno alla guardia in piedi dietro al trono, alla mia destra. ‘Per ora conservameli, tu, Eulalia.’
Posso scorgere l’aspettativa sul viso della DeVille, non appena mi volto. è lì, in agguato come un animale affamato, un cane che aspetta l’osso. E io non vedo l’ora di lanciarglielo.
Mi alzo e mi avvicino con passi lenti, ma decisi, alla sua poltrona, le tendo la mano e lei la afferra. Ha i palmi sudati.
‘Vieni, avviciniamoci, c’è qualcuno di loro che suscita la tua curiosità al momento?’ Le chiedo mentre raggiungiamo gli schiavi allineati. Le lascio la mano.
‘Un po’ tutti’ risponde torcendosi le dita nervosamente in grembo.
‘Sei a disagio? Non hai mai acquistato uno schiavo sessuale?’ le chiedo senza guardarla, bensì accarezzando il petto ampio di Thaneus con il polpastrello dell’indice. Il dito scorre, scivola, si sofferma e poi riprende a navigare.
‘Sì. Un paio… ma mai da te. ‘
‘E cosa ti turba?’
‘Non erano così… così…’
‘Spudoratamente attraenti?’ domando passando a stuzzicare un capezzolo turgido di Titus.
‘Anche, ma più che altro non avevano questa carica… erotica’ risponde lei.
‘Li hai ancora?’
‘Soltanto uno, Garth. L’altro l’ho rivenduto. Però ultimamente lo utilizzo quasi solo quando ho ospiti, non mi intriga più, a dire il vero sono stata attratta da lui solo per le prime settimane…’
‘Oh, cara, non devi farti intrigare o attrarre, devi prenderti il piacere, usandoli. è il tuo piacere, che la deve fare da padrone, devi nutrire le tue fantasie più sordide, non esserne vittima. Altrimenti non riuscirai mai a dominarli come si deve. Non te lo ha spiegato la persona dalla quale hai acquistato gli schiavi?’
‘Sì, più o meno’ risponde vaga.
So che era cliente di Zuleika e non approfondisco. Non si sparla degli altri commercianti, non apertamente almeno.
‘Guarda’ mormoro per poi rivolgermi a Titus: ‘Apri la bocca e mostraci la lingua’. Titus esegue prontamente. La sua lingua termina con due lembi di carne. La DeVille quasi sobbalza.
‘Stringimi il mignolo, Titus, con la tua lingua biforcuta’ ordino mettendogli il dito mignolo dinanzi alla bocca.
La lingua di Titus saggia la mia pelle, poi con un movimento deciso mi stringe la punta del dito cole estremità della lingua. ‘Immagina, Baronessa, cos’altro potrebbe stringere tanto agevolmente e con un tale ardore’ commento allusiva facendo scorrere lascivamente il dito sulla presa di Titus.
Quando guardo la Baronessa noto che ha capito, lo evinco dalla dilatazione della pupilla. ‘è un pezzo raro, come immagini. Può dare piaceri speciali, e non solo per questa sua caratteristica, diciamo ‘linguistica’. Slacciagli il gonnellino, se vuoi.’
Non le levo gli occhi di dosso. ‘Posso?’ domanda lei falsamente esitante, fissando l’ombelico di Titus, invece so che non aspettava altro.
‘Naturalmente’ rispondo, esalando un anello di fumo.
Le dita tozze della DeVille scattano, trovano immediatamente la fibbia, la slacciano, e il gonnellino cade a terra. La DeVille sembra deliziata. Sì, Titus ha un bel cazzo, forse non enorme, direi normale, ma è perfettamente armonico nella forma, e gli ho fatto tatuare sopra un serpente.
‘Quando è a riposo il serpente sembra solo una biscia innocua’ le dico. ‘Poi diventa… questa sorta di cobra, mi sembrava adatto sai, per via della lingua biforcuta.’
‘Oh… ed è stato doloroso?’ chiede la DeVille direttamente a Titus. Lui rimane impassibile anche mentre lei gli sfiora il serpente – realizzato fin nei minimi dettagli – con le dita.
‘I miei schiavi sessuali rispondono solo a me e parlano solo se direttamente interpellati’ le spiego parlando piano, quasi ammansissi un animale ancora da catturare. ‘Se e quando sarai padrona di uno di loro, farà lo stesso con te.’
Appoggio la mia mano su quella della Baronessa, costringendola a serrare la presa e a segare lentamente il membro dello schiavo. ‘Titus, ti ha fatto male il tatuaggio sul cazzo?’ gli chiedo quasi sussurrando.
‘Sì, Imperatrice’ risponde sollevando leggermente il mento.
‘Ed è stato piacevole?’
‘Sì, Imperatrice.’
‘E ce l’hai avuto in tiro per tutto il tempo, in modo che si potessero realizzare queste fantastiche sfumature, vero?’
‘Certo, Imperatrice’ risponde lui secco e deciso.
La Baronessa mormora: ‘Oh, mio dio’ ma non so se riferisca a ciò che ode o a ciò che stringe. In effetti la mano della DeVille ha preso sicurezza e sono certa che se la lasciassi finirebbe serenamente l’opera. Ma la fermo. ‘Mai elargire piacere gratuitamente’ le sussurro all’orecchio, sfiorandole il lobo ingioiellato con la lingua. ‘è una pessima abitudine.’
‘Quanto costa… lui… Titus?’ chiede la Baronessa, senza staccare gli occhi dal cobra. ‘Quarantamila crediti’ rispondo senza inflessioni.
‘E l’altro?’ domanda deglutendo e indicando Thaneus.
‘Anche lui’ dico. ‘Ora passiamo ad Aigometh.’
Aigometh è il più alto degli schiavi schierati, la sua pelle color cioccolato è lucida e sembra bronzea in controluce. Pare quasi finto, una splendida statua umana, dai muscoli definiti e dalle vene in rilievo. Lo afferro per il collare, strattonandolo in avanti. Lui docilmente segue il mio movimento. ‘Denudati, Aigometh’ ordino. ‘E ruota su te stesso, mentre lo fai.’
Aigometh esegue prontamente, dandoci una spettacolare immagine non solo del suo enorme membro teso, ma anche dei suoi glutei scolpiti.
Lo blocco quando ci sta dando le spalle e lo sculaccio forte sulle natiche. Non sobbalza nemmeno. La DeVille, impressionata, si ritrae leggermente.
‘Vuoi toccarlo?’ le chiedo?
Lei tentenna. Io no. Le afferro una mano e la premo sulla colonna vertebrale di Aigometh, scorrendo in basso, lentamente, fino alle fossette di Venere. ‘Velluto caldo’ mormoro. Le labbra della DeVille sono semiaperte. ‘Aigometh è un ottimo schiavo, è muto, come ti ho detto, pertanto non sarà mai insolente o inappropriato e sa usare perfettamente la lingua, vuoi provarla?’
La Baronessa quasi strabuzza gli occhi.
‘Sì, o no?’ la incalzo.
Lei annuisce.
Faccio schioccare la frusta.
‘Aigometh, voltati e inginocchiati a terra! In posizione!’ Mentre lui esegue, La DeVille si porta una mano al petto. ‘Fai sentire quanto sai dire con la lingua, pur restando in silenzio’ mormoro.
Lui, con le mani dietro alla schiena, infila lentamente la testa completamente rasata sotto alle gonne della Baronessa. Vedo lo chiffon muoversi, e sento il risolino iniziale della mia cliente, spegnersi in un gemito malamente trattenuto. ‘Oh… oh mio dio!’.
‘Basta così, Aigometh!’ Lo schiavo obbedisce. ‘Rialzati.’
‘Interessante, non trovi?’ dico alla DeVille. ‘Vuoi sentire quanto il suo cazzo sia duro?’
La mia cliente scuote la testa.
Forse Aigometh è troppo per lei. ‘Cinquantamila’ mormoro. Poi passo a Gwaniel. La sua zazzera rossa è incendiata dalla luce del sole, e la pelle chiara, in contrasto con quella d’ebano di Aigometh è un piacere per gli occhi.
‘Spogliati, Gwaniel’ gli ordino. Lui si slaccia la fibbia, lasciando cadere il gonnellino. La DeVille continua a fissarlo fra le gambe. Getto a terra la sigaretta. ‘Spegnila Gwaniel’ dico.
Lui scatta e spegne la brace in un attimo, tendendo i muscoli, senza emettere un fiato. Il suo cazzo ha un leggero fremito. La Baronessa ha gli occhi sgranati. ‘E ora voltati e chinati in avanti, così che la Baronessa possa sculacciarti.’ Gwaniel si gira, mostrandoci le terga, poi si china, poggiando le mani sulle proprie ginocchia.
‘Prego, accomodati’ dico rivolta alla Baronessa. ‘Vuoi farlo con le mani o preferisci una paletta?’
‘Con… con le mani’ dice dandogli immediatamente una leggera sculacciata.
La pelle di Gwaniel si arrossa immediatamente. ‘Colpiscilo più forte, per bene!’ Lei obbedisce come fosse una schiava, colpendolo più volte, e poi ancora e ancora. Quando finisce è affannata, e di certo eccitata. Le natiche di Gwaniel sono infuocate.
‘Delizioso, vero?’
Lei annuisce, rapita. ‘Ti piace?’
‘Sì… sì, mi piace’ quasi balbetta.
‘Costa quarantacinquemila crediti.’
Poi passo a Quinn, alto, massiccio e vigoroso. Gli sfioro i capelli castani che porta lunghi fino al collo, glieli scompiglio. ‘Quinn, solleva la Baronessa, come per possederla’ dico. Poi aggiungo per buona misura. ‘Sei d’accordo?’ rivolgendomi a lei.
La DeVille annuisce, ha la scollatura che mostra svariate sfumature di rosso, per l’eccitazione.
Quinn la afferra saldamente per la vita, sollevandola come se non pesasse nulla, lei allarga le gambe e lui se la appoggia in vita, mimando i movimenti del coito.
Li interrompo dopo quasi un minuto, la Baronessa è a corto di fiato. Slaccio il gonnellino di Quinn, rivelando un’erezione di dimensioni notevoli.
‘Cinquantacinquemila, per lui’ dico sapendo di non aver bisogno di aggiungere altro.
Le lascio il tempo di riflettere, mentre vado a prendermi un’altra sigaretta. ‘Puoi toccarli e fare ciò che vuoi’ le dico voltandomi un istante verso di lei, per poi armeggiare sul tavolino, alla ricerca dell’accendino. è anche una scusa per scrocchiarmi il collo, con un movimento rapido del capo, mi sento a pezzi.
Quando mi giro, mentre aspiro, vedo che la Baronessa sta slacciando il gonnellino del primo schiavo, Thaneus, mentre gli carezza i pettorali. Attendo a raggiungerla per osservare le sue mosse, per tentare di capire quale schiavo la intrighi di più. Cammina lungo tutta la fila, poi si sofferma su Kilorn.
‘E questo?’ chiede la DeVille guardandolo.
A questo punto la raggiungo, prendo Kilorn per il collare e gli soffio del fumo in bocca, lui lo emette dal naso. ‘Questo è Kilorn, notevole vero?’ dico.
‘Sì, molto.’
‘Kilorn, denudati’ ordino guardandolo. Lui esegue. La Baronessa lo guarda attentamente. ‘Puoi toccarlo… senti che testicoli duri…’ mormoro guidandole la mano a soppesarli. ‘E guarda quanto è fiero e affascinante, un solo sguardo e può fare impazzire di desiderio le tue amiche, magari dopo il tè del pomeriggio… Per lui chiedo sessantamila crediti.’
Lei annuisce.
‘Vuoi iniziare a fare una prima scrematura?’
‘Sì.’
‘Quali vuoi tenere?’ domando scrutandola.
Lei torna a guardarli. Poi lentamente indica Aigometh, Kilorn e Gwaniel
‘Posso congedare gli altri?’ chiedo.
‘Sì, immagino di sì, tutti insieme mi confondono.’
Faccio un cenno del capo e gli altri schiavi, riallacciandosi il gonnellino, lasciano la stanza.
‘Accomodati sul talamo, Baronessa, siediti’ dico lentamente. Lei obbedisce come ipnotizzata.
Mi avvicino al muro dove sono appesi i giocattoli e afferro una paletta. ‘Gwaniel, vieni qui.’
Lui mi raggiunge. ‘Inginocchiati.’
Quando è a terra gli metto la paletta fra i denti. ‘Ora gattona fino dalla Baronessa, implorala di sculacciarti e poi mettiti sul suo grembo, porgendole le natiche.’
Lui obbedisce, e gattona fino al talamo. Poi le porge la paletta. La DeVille la afferra, e continua a guardarlo, a quel punto la voce di Gwaniel dice chiaramente: ‘Ti prego, Baronessa, sculacciami’. Poi si posiziona sulle sue gambe, di traverso, con le gambe penzoloni e il busto poggiato sul letto.
La Baronessa mi guarda. ‘Prego, sculaccialo!’ le dico rifilandole un nuovo sorrisino.
Non appena lei prende a picchiarlo Gwaniel mi guarda di soppiatto. Lo sta picchiando piuttosto piano e io gli faccio un cenno col capo, a quel punto inizia a lamentarsi leggermente, fingendo di ritrarsi e immediatamente i colpi della donna prendono più vigore.
‘Aigometh, vai dalla Baronessa e dalle piacere con la lingua’ ordino quando vedo che la DeVille è parecchio eccitata.
Mentre Aigometh esegue, afferro il collare di Kilorn, per trascinarlo fino al letto. Mi segue, ma mente lo fa mormora: ‘Ti, prego, Imperatrice, non voglio’.
Mi volto e lo guardo in faccia, per poi schiaffeggiarlo due volte. La Baronessa, sotto alle cui gonne si sta facendo strada la lingua di Aigometh mi lancia uno sguardo sbigottito.
‘Kilorn, possiedi Aigometh, mentre lui dà piacere alla Baronessa’ dico carezzandogli il viso dove l’ho appena colpito.
Kilorn si abbassa dietro ad Aigometh, e dopo averlo inumidito leggermente, lo penetra con un colpo di reni. Non appena lo fa, inizio a frustarlo sulla schiena. I miei colpi si intersecano coi gemiti della Baronessa.
‘Gwaniel, tu ora prendi Kilorn, niente delicatezza!’ Ordino allo schiavo dai capelli rossi, che era rimasto sul letto.
Anche lui esegue immediatamente gli ordini, con un luccichio negli occhi e la mia vista si bea delle carni scure di Aigometh a contatto con quelle abbronzate di Kilorn, per finire con le altre lattee di Gwaniel, dalle chiappe di fuoco. Continuo a frustare Kilorn. Il suo commento è stato insolente, e inappropriato.
I corpi su muovono e a ogni colpo di frusta Kilorn penetra maggiormente nello sfintere di Aigometh, quasi a farsi perdonare per la propria sfrontatezza e ciò, in qualche modo fa sì che i gemiti emessi dalla Baronessa siano ancora più alti.
Quattro meccanismi che lavorano all’unisono.
Rumore di corpi che cozzano l’uno contro l’altro, di carni che cercano il loro appagamento, in qualsiasi modo esso possa avvenire. Un meccanismo perfetto che altro non fa tentare di sfruttare gli altri per arrivare, infine, al proprio piacere. Un dettame della logica, un semplice fatto. Il meccanismo è complesso ma ora funziona alla perfezione. Anche dentro di me inizia a risvegliarsi un certo languore, lì nel bassoventre, tana di tutte le passioni, nido di ogni istinto, alcova di impulsi sfrenati. Eppure quelle più abbiette sembrano sopite, come se un pifferaio magico le avesse soddisfatte con un succedaneo. Il sogno di stanotte…
Scaccio il pensiero lontano dalla mia mente come una mosca fastidiosa. Era soltanto un sogno. ma la mosca torna e mi volteggia nel cervello, mentre i movimenti degli schiavi si fanno via via più intensi, come se danzassero insieme una musica immaginaria. Li guardo socchiudendo gli occhi sembrano un’unica bestia.
Divarico le gambe, per avere più presa, poi li colpisco tutti con un solo colpo di frusta, e i loro gemiti voluttuosi si intensificano.
Non sempre i fatti sono come appaiono. Spesso invece ci fanno intuire che andando in profondità potremmo vedere i meccanismo da vicino. Capire che il mostro che si muove lascivo che inizia con le natiche infuocate di Gwaniel per finire fra le cosce della Baronessa non è del tutto sotto al mio controllo. Sì posso esercitare un certo controllo, e loro me lo permettono, ma è il loro piacere che io servo. E ne sono consapevoli. E ora io e gli schiavi che domino, siamo due mostri che si contendono gli stessi pezzi di carne, la DeVille, i suoi soldi, il suo piacere, il mio stesso compiacimento e infine l’appagamento dei sensi. Pezzi prelibati.
‘Dopo che la Baronessa avrà goduto, potrete farlo anche voi’ dico sottolineando il concetto con una frustata.
Il che avviene ben presto. La DeVille si accascia all’indietro con un lungo gemito, e Aigometh inizia a segarsi. Mentre Kilorn e Gawain prendono ad avere i movimenti spesso scoordinati che precedono l’orgasmo, in un susseguirsi di lamenti sensuali.
Faccio cenno a Oren ‘ paonazzo in viso ‘ di portarle dell’acqua. Dandole il tempo di riprendersi, ordino agli schiavi di ricomporsi, e di assumere la Posizione, inginocchiati attorno al talamo.
‘Sei giunta a una scelta oppure vuoi eliminarne qualcuno?’ Le domando propinandole un nuovo sorrisetto.
è ancora affannata. E indecisa. Dannazione!
‘Non so… questo… questa pantera nera è interessante, ma stavo ancora pensando a quello con la lingua biforcuta, ma anche il rosso è intrigante, l’altro è splendido ma mi sembra un po’ ribelle’ commenta. Il ribelle a cui si riferisce è Kilorn. E pensare che le avevo detto che era obbediente. Cazzo!
Faccio buon viso a cattivo gioco, anche se non vedo l’ora di liberarmi di lei, mi sento spossata.
‘Come, vuoi, faccio richiamare Titus?’ le chiedo.
Lei annuisce, bevendo.
Mi sta facendo impazzire, la testa mi pulsa. Però devo pazientare, non costano poco è normale un po’ d’indecisione. è già successo.
‘Oren, fammi mandare Titus’ dico. Non appena lui spalanca le porte per uscire, vedo uno scorcio di corridoio, là fuori ci sono Olaf e Ryuu. In piedi in attesa. Per un attimo i ricordi del sogno mi balzano nel cervello, aggressivi come coleotteri affamati. Ronzano, risvegliano i pensieri che il sole ha scacciato, fino a renderli vividi e concreti. Il cuore mi martella nel petto.
‘Chi sono quelli?’ chiede la DeVille.
Le idee mi si confondono in mente, devo liberarmi di Ryuu.
Devo dirle che potrebbe essere fertile così che giri voce di quanto vale?
Devo liberarmi di Ryuu?
Voglio liberarmene?
‘Imperatrice, vorrei vedere quegli schiavi’ mi incalza la DeVille. La sua voce pare provenire da lontano.
Le sensazioni del sogno tornano, come richiamate dai miei sensi illanguiditi. Quelle mani, la bocca, le cose che mi ha detto. Il mio nome… il mio nome, cazzo! Nessuno conosce il mio nome, può solo essere stato un sogno, non posso essere così turbata.
‘Sono Ryuu e Olaf’ sento qualcuno rispondere. è la mia voce, sono stata io.
‘Vorrei vederli’ chiede la Baronessa, facendosi aria con una mano, spaparanzata sul talamo, fra le coltri porpora, quasi al centro del mio Regno.
‘Olaf, Ryuu’ pronuncio lentamente. ‘Entrate.’
Loro obbediscono. Prima entra Olaf, gigantesco, imponente, alto più di due metri, con un viso che sembra scolpito nella pietra, e occhi di ghiaccio. E dietro a lui Ryuu.
Io sono in piedi, a metà strada fra il talamo e il trono, quando il mio sguardo incontra il suo, Ryuu solleva un angolo della bocca. Per un istante immagino che mi rivolgerà la parola e sento i sensi risvegliarsi di colpo, all’idea di punirlo, così come il serpente piumato. Ma lui continua a sorridere in silenzio, in quel modo provocante… provocatorio. E poi, lentamente solleva una mano e si sfiora il collo, indugiando con le dita in quel punto delicato fra la giugulare e la clavicola. L’angolo della bocca ancora increspato in modo insolente.
Mi sento il viso in fiamme. Deglutisco ancor prima che l’idea si faccia davvero strada nella mia mente, come se il serpente conoscesse tutte le risposte. Indietreggio fino al mio trono, mentre Ryuu, seguendo Olaf, mi supera, continuando a guardarmi. Ricado praticamente sullo scranno, mentre le mie dita arrivano al mio collo, scostano la stoffa purpurea del mio abito, e scovano il marchio. Il segno di un morso. Del suo morso.
Vedo la DeVille rassettarsi e alzarsi, per avvicinarsi i due schiavi, vedo Kilorn, Aigometh e Gwaniel, inginocchiati a terra, vedo Olaf e Ryuu sistemarsi con le spalle rivolte alla finestra, con la luce del sole a illuminarli da dietro. E il cielo come un mare d’alghe dietro a loro, ma è tutto avvolto in una nebbia. La mia mente mette insieme i pezzi. La guardia che sembrava stordita, il mio sonno incredibilmente profondo e duraturo, il sogno della scorsa notte, il morso, l’appagamento dei miei sensi, il mio serpente piumato sibila verso il drago di Ryuu.
‘Sono splendidi, Imperatrice, dimmi qualcosa di loro…’ chiede la DeVille.
Allungo un braccio per versarmi dell’acqua, mi sento la gola riarsa. Ma urto la caraffa e la rovescio, tanto mi tremano le mani. L’acqua si riversa sul tavolino e a terra. Gocciola quasi segnasse il tempo.
Ci sono fatti ai quali forse è troppo tardi per rimediare.
Nella pozza che si forma a terra vedo un volto di donna specchiato, il mio. Eppure è così preso dal panico, e talmente deformato dall’acqua da sembrare irriconoscibile.
‘Verrà una donna. E porterà la guerra’ dico quasi in silenzio, muovendo solo le labbra.
Forse è la DeVille, o forse sono proprio io quella donna. C’è un’estranea che ha perso il controllo dentro di me, e mi fa paura. Quasi come trovarsi chiusi in una stanza buia con uno sconosciuto. Uno sconosciuto che un tempo credevi di conoscere benissimo.
Ryuu sa il mio nome. Come è possibile? Cos’altro sa di me? Fa paura rivelare tutto di noi stessi. Immaginare che qualcun altro conosca cose di noi che abbiamo sempre voluto nascondere, perché non appena la verità viene svelata, la si deve affrontare.
Quando sollevo gli occhi, Ryuu mi sta guardando.
Ora non sorride più. E il suo morso sul mio collo, all’improvviso, sembra talmente fastidioso che mi chiedo come abbia fatto a non notarlo appena sveglia.
Vorrei liberarmi della DeVille per torturare Ryuu fino a saperne di più, per schiarirmi le idee, per capire se siano solo gli incubi e le paure di una folle, o se sia tutto vero, in qualche modo. Ma non posso, ho una fama, una posizione, una nomea che non posso tradire.
Chissà se la marchiatura di Ryuu duole a questo modo?
Cazzo, forse sto impazzendo. Cosa mi sta succedendo? Vorrei urlare, ma non posso, vorrei scappare ma non posso, chi ha il controllo ora? Il mio Regno di Porpora sembra soffocarmi, così come la stoffa del vestito. Sanguigno, purpureo, l’Imperatrice imprigionata nel proprio Regno. Emeraude vestita di sangue.

– continua –

Il volto nudo

I miei occhi fiammeggiano, e la maschera imperturbabile che porto sul viso, per un istante, mentre fisso Ryuu, sembra quasi scivolarmi via di dosso. Per qualche secondo eterno ho la sensazione che lui e io siamo da soli, in questa stanza, e al contempo lontani. Avverto una capogiro.
Poi Ryuu distoglie lo sguardo, prendendo a fissare il vuoto, dinanzi a sé, proprio come Olaf. Emi ritrovo a sistemarmi in capelli in un moto d’incertezza che mi è quasi sconosciuto.
‘Imperatrice…’ mormora la DeVille schiarendosi la voce, per attirare la mia attenzione. ‘Puoi dirmi qualcosa di loro?’
‘Sì’, penso. ‘Uno è uno stronzo’, ma ovviamente non lo dico.
‘Certo, scusami, Baronessa, non ho riposato bene… incubi, orribili incubi’ dico. ‘Quello enorme si chiama Olaf, è di origini nordiche, parla a malapena la nostra lingua, ma la comprende benissimo. Come vedi è un vero gigante, molto d’effetto, e stuzzica le fantasie di chiunque.’ Indico Olaf.
La Baronessa, sessualmente soddisfatta, prende coraggio ‘ ingordigia ‘ e gli si avvicina in un fruscio di vesti. ‘Posso?’ chiede accennando a spogliarlo.
Annuisco e le faccio un cenno distratto con la mano, mentre Oren asciuga l’acqua che ho versato a terra.
Mentre lei denuda lo statuario schiavo, il mio sguardo saetta quasi automaticamente su Ryuu. E lui mi riserva un sorriso, per un attimo così genuino e inaspettato, che, se non lo odiassi con tutta me stessa, mi divertirebbe.
Tuttavia mi rendo conto di non sapere come reagire, sento i nervi del viso tendersi, quasi volessero – di loro spontanea iniziativa – ricambiare il sorriso, maledetti traditori. Ma l’Imperatrice glielo impedisce. La stessa Imperatrice che non riesce nemmeno a ponderare obiettivamente la propria reazione. Non posso frustarlo qui, ora. Oppure sì?
A nessuno dei miei schiavi è mai passato per la mente di sorridermi, e tantomeno di infilarsi nel mio letto e…
‘Fantastico… ma è… davvero dotato, persino un po’ troppo’ mormora la Baronessa osservando il membro e carezzando distrattamente lo stomaco di Olaf. Quasi fosse un animale.
‘Lo congedo?’ Le chiedo sovrappensiero.
Lei annuisce.
‘Vai, Olaf’ ordino svogliatamente.
Mentre Olaf esce di scena, entra Titus, appena convocato. La Baronessa, nel frattempo sta scrutando il drago tatuato di Ryuu. ‘Bellissimo’ commenta. ‘Sembra vivo.’
Forse lo è, forse mi ha divorata.
‘Già… ti andrebbe di frustarlo?’ chiedo socchiudendo gli occhi e fissando Ryuu. ‘Ha segni di frustate fresche sulla schiena ed è appena stato marchiato, soffrirebbe parecchio’ aggiungo.
Ryuu tiene lo sguardo fisso e Titus prende diligentemente posto accanto lui. Quando la Baronessa si gira a guardarmi, per rispondermi, lui le fa una smorfia, per poi riassumere l’atteggiamento impassibile che ostentava poco prima.
Stento nuovamente a tenere a bada i miei nervi ribelli. Non c’è niente da ridere.
‘Non so…’ risponde la mia cliente guardandomi, per poi osservare alternativamente lui e Titus. La mia mente intanto cerca di capire come sia riuscito Ryuu a farmi drogare il vino…
‘Ryuu è fertile sai?’ dico apposta per colpirlo. è una frustata virtuale, lui si tende. La Baronessa si gira a guardarmi con gli occhi sgranati. ‘E come lo sai?’
‘Me l’ha confessato la sorella’ spiego con calma. ‘Due figli da due donne diverse, nati vivi e sani.’
‘Ed è vero?’ chiede lei.
‘Non ne ho ancora le prove, ma immagino lo scoprirò presto, continuando a farlo accoppiare con le schiave, a turno, ammesso che fra di loro ce ne sia una fertile…’
Le labbra della Baronessa si spalancano in un moto di stupore. ‘E quanto chiedi per lui?’
Allo stato attuale, senza prove, cinquecentomila crediti. Se fosse fertile sarebbe un prezzo a dir poco conveniente…
‘Cinquantamila crediti’ mormoro invece, stringendomi nelle spalle. ‘Del resto non ne ho le prove.’
‘Oh…’ risponde lei che si aspettava una cifra nettamente superiore. Anche io. Ma vorrei che lo prendesse e lo portasse via, lontano da me, lontano dalla donna chiamata Emeraude che ha risvegliato. Lui conosce il mio nome.
‘Posso vedere come è messo sotto al gonnellino?’ domanda la DeVille
‘Certo!’ rispondo ancor prima che termini la frase, o quasi.
Eppure quando le dita grassocce della DeVille sfiorano la fibbia, percepisco una subdola ondata di gelosia afferrarmi la gola. Mi risale dentro, accompagnata dalla risacca dell’adrenalina, subdola, indesiderata e sfrontata. La scaccio.
Non è mio.
Non lo è mai stato.
Di fronte all’evolversi delle cose, immagino non lo sarebbe mai.
Non del tutto.
Come io non sono mai stata di nessuno, non del tutto. Sì, sono stata acquistata, ma dentro di me, non ho mai sentito di appartenere ‘ veramente ‘ a qualcuno. C’è sempre stato qualcosa di indomito nel profondo del mio essere, qualcosa che mentre viveva il presente, già guardava al futuro, immaginandolo, plasmandolo nella mente. La speranza.
Ryuu non mi sarà mai devoto come Kilorn, è solo un peso per me, una sofferenza, una sfida che potrei vincere, forse, se mi ci impegnassi parecchio. Ma ho imparato che a volte, per vincere una guerra, occorre scegliere accuratamente quali battaglie combattere.
Io ne ho combattute parecchie e le più dure sono state come me stessa, eppure la mia più acerrima nemica è ancora viva, da qualche parte dentro di me. Nascosta là in fondo, dietro all’insicurezza che ho imparato a travestire da arroganza, laggiù, mimetizzata fra le pieghe della mia coscienza, più in fondo, dove c’è la mia cupidigia che cela la pietà, lì, fra gli anfratti della paura occultata dalla mia indole ribelle. E poi dietro al cuore, dove i sogni romantici di una ragazzina sono stati soppiantati dalla brama di possedere il potere stesso, le persone e ogni cosa possibile. E infine lassù nel cervello, dove tutto – in fondo ‘ nasce; nell’organo sessuale più potente, dove la ragione ha spazzato via il sentimento, l’ha soffocato fino a renderlo soltanto l’utopia degli sciocchi.
E ora quella sciocca sono io.
Gabbata, imbrogliata, raggirata e peggio di tutto, sedotta, non solo da qualcuno di mia proprietà, – e credo persino con la connivenza di qualcuno da me stessa prezzolato – ma soprattutto dalla me stessa che ho impiegato anni a dominare. è avvilente e vergognoso.
Però posso capire Ryuu, e il fatto che tenti in ogni modo di rivoltarsi; proprio perché anche io non ho mai accettato di essere di proprietà di qualcuno. Non dell’uomo che mi accolse per la prima volta, iniziandomi al sesso per poi rivendermi, non di Zennor, sebbene in un certo qual modo lo ammirassi. Sì mi sono sottomessa e ho goduto nel farlo, ma soltanto in vista di un obiettivo superiore. Come un guerriero che accetti di essere sconfitto per rinascere dal proprio sangue.
E ora quello stesso sangue ribolle nelle mie vene, a vedere la Baronessa spogliare Ryuu.
Il corpo della DeVille si frappone tra il mio sguardo e lo schiavo, scorgo solo il gonnellino cadere a terra, la testa della Baronessa leggermente inclinata a fissarlo fra le gambe e parte del viso di Ryuu; il mento sollevato, lo sguardo azzurro e fiero, la mascella leggermente contratta.
Prendo un profondo e silenzioso respiro.
Poi vedo la Baronessa girare il capo verso di me mormorando. ‘Forse non è in vena…’ E quando si sposta noto che il ragguardevole membro di Ryuu, penzola, pacificamente inerte. Del tutto a riposo. ‘è comunque notevole’ dice lei con un sorrisino sbilenco, quasi a scusarlo.

Non so se essere dannatamente furiosa, come doverosamente mi spetterebbe, oppure sollevata.
Dannatamente furiosa! Come osa farmi fare una figura simile?!
Sollevata: non lo sceglierà mai, e potrò ‘ sarò costretta, COSTRETTA! ‘ a tenerlo con me.
Dannatamente furiosa! Mi sta prendendo in giro? L’ha fatto apposta?
Sollevata: è indice di poca virilità! Ecco perché non me ne frega niente di lui. Lo punirò e poi lo impalerò in cortile e vaffanculo! Sì vaffanculo! Deliziosamente furiosa!
Mi alzo di scatto brandendo la frusta, e raggiungo a grandi passi la Baronessa.
Non me ne frega un bel niente di lui, sono solo sciocchezze nate da puerili fantasie e dalle cose strane e melense che ho appreso dai libri di Zennor e che in qualche modo, mi hanno turbata, proprio adesso. Come se fossero state sempre lì in agguato, come predatori in attesa di una mia debolezza.
‘Spostati, per cortesia, Baronessa’ dico stentando a non stringere i denti. Poi frusto Ryuu direttamente sul petto, la correggia lo colpisce in parte al collo e in parte al petto, disegnandogli subito addosso un tentacolo rossastro. ‘Quando ti presenti qui devi avere il cazzo eretto, stupido schiavo!’ urlo.
Titus, accanto a lui, resta impassibile.
Ryuu serra la mandibola. Lo colpisco nuovamente, e poi ancora, finché non gli vedo dominare una smorfia, stavolta di dolore, il viso imperlato di sudore. Eppure non si ritrae e non indietreggia, nonostante non sia incatenato. Bensì affronta a testa alta le mie frustate. Mi irrita ancora di più. Vorrei vederlo rattrappito, in un angolo, ammansito, a chiedere perdono. Colpisco e colpisco ancora; il suo petto ora è una ragnatela disegnata dalla mia furia. Il cazzo è ancora moscio e lui ancora fermo, sudato e ansante. Come me.
La Baronessa è alle mie spalle, sento il suo respiro pesante dietro di me. So di avere esagerato, ma non riesco a fermarmi. Mi sento in balia di una tempesta sulla quale non ho alcun controllo. Lo frusto violentemente, per la sua impudicizia, per quello che mi ha fatto la scorsa notte… per come mi fa sentire…
‘Imperatrice, fermati, ti prego’ blatera una voce alle mie spalle, che so essere quella della DeVille. ‘Forse… può essere che non si senta bene…’
Serro le labbra.
Sta benissimo, questo stronzo sta benissimo!
Mi fermo solo perché non posso perdere la vendita, spaventando la cliente, ma so che ora, nello stato in cui si trova Ryuu, la DeVille non lo comprerebbe mai, è già tanto se spargerà la voce che forse è fertile. Non me la sono giocata bene, ed è tutta colpa sua! Di Ryuu! Sento la testa pulsare. Stringo forte le dita sull’impugnatura della frusta.
Sono affannata. Io e Ryuu ci guardiamo. ‘Non ti senti forse bene, lurido schiavo?’ gli domando senza riuscire a dominare il tremito delle mie labbra. E odiandomi per quello.
Il mio petto si alza e si abbassa, e lui lo accarezza con lo sguardo, per qualche istante. Poi vedo un sorriso accennato danzare nei suoi occhi dal taglio a mandorla, mentre dice, in tono affettato: ‘No, Imperatrice, è che questa notte ho avuto degli. incubi piuttosto impegnativi, che mi hanno stremato’. Ora lo ammazzo! ‘Mi dispiace’ aggiunge lui fissando dritto dinanzi a sé.
Sì lo ammazzo e poi lo uccido ancora, finché non muore. Sollevo il braccio per colpirlo quando la DeVille sussurra: ‘Scusami, Imperatrice, se mi intrometto, ma a dire il vero…’
Mi giro a guardarla abbassando lentamente il braccio. Prima era calda ed eccitata, ora solo accaldata e infastidita. ‘Dimmi’ mormoro cercando di ricompormi.
‘Punirai dopo questo splendido schiavo… ma ora… vorrei parlare dell’acquisto di quest’altro, posso guardarlo meglio?’ domanda indicando Titus.
Mando giù la rabbia. Mi brucia in gola, mi irrita lo stomaco, il serpente piumato la divora.
‘Certo…’
Lei gli si avvicina sfiorandogli le labbra con un dito, poi passa a saggiare la consistenza dei muscoli, gli carezza le braccia, gli tasta i glutei. Con la coda dell’occhio vedo Ryuu trattenere una risata, l’angolo della bocca che gli si increspa continuamente.
Non vedo l’ora che la DeVille se ne vada per poter fare soffrire a Ryuu le pene dell’inferno, gli toglierò quel sorriso dalla faccia, a costo di levargli pure la faccia.
Mentre la Baronessa continua a tastare e a perlustrare il corpo di Titus, io penso a tutt’altro. A frustare Ryuu finché non implorerà pietà, per poi negargliela e farlo mettere alla gogna; a farlo violentare da tutti gli schiavi, e poi a metterlo sulla croce di Sant’Andrea; a ricoprirgli le parti intime di miele e lasciare che gli insetti banchettino con lui a lungo. E poi lavarlo con acqua e sale – brucerà sulle ferite – e poi sculacciarlo, al cospetto di tutte le guardie e degli schiavi, e dei servi, e… poi obbligarlo a possedermi, ancora e ancora, stringo le cosce,… sto avvampando. No. Quest’ultima cosa no. Penso come sarebbe strappargli via il drago di dosso, lentamente, con un coltello, scaglia dopo scaglia e poi…
‘Hai detto quarantamila per Titus, vero?’ mormora la DeVille.
Ancora una scaglia… il sangue che stilla… nelle mie fantasie.
‘Sì, esatto quarantamila, e se vuoi, posso lasciarti anche Gwaniel, per altri quarantamila. Ottantamila in tutto’ dico, cercando di salvare il salvabile. Di sfruttare al meglio la sua ingordigia.
Lei mi guarda socchiudendo gli occhi. Sta valutando la cosa. ‘Posso arrivare a settantacinquemila… non di più’ mormora.
‘Quindi sei interessata ad acquistarli entrambi?’
La Baronessa DeVille si sfiora il collo. ‘Credo… credo di sì.’ Si mordicchia l’interno di una guancia. ‘Sì!’
Le rifilo un sorriso preconfezionato. ‘Perfetto, andata.’ Ci stringiamo la mano, un rapido contatto dovuto, del quale avrei fatto volentieri a meno.
Ritiro i crediti direttamente dalle mani della DeVille, poi prendo gli altri che ho dato alla Guardia, e li metto in un sacchettino. Lo stringo fra le dita, mentre abbaio le istruzioni perché portino Gwaniel. E infine lo deposito sul tavolino accanto al trono.
Non vedo l’ora che la DeVille se ne vada. Settantacinquemila crediti sono parecchi. In fondo il negoziato non è andato male. Stringo il sacchettino, cercando di evitare di incrociare lo sguardo di Ryuu.
Saluto rapidamente Titus, e lui mi riserva un rapido e pratico.
Sì le nostre strade si divideranno qui. Ne siamo entrambi consapevoli, e soddisfatti.
Gwaniel sembra più scosso, attribuisco la cosa al fatto che non se l’aspettava. Mi bacia la punta degli stivali, sollevando un istante gli occhi in cerca di una rassicurazione che non posso e non voglio dargli, serro le mandibole.
‘Fato fausto a voi’ dico abbracciandoli con lo sguardo. Aggancio due catene ai collari, poi ne consegno le estremità alla DeVille. I suoi occhietti luccicanti mi dicono che è contenta dell’affare. Con un un ultimo saluto lascia il salone seguita dagli schiavi.
E io resto lì, con Ryuu, Oren, due guardie e tutti i miei incubi.
Devo punire Ryuu, ma c’è una cosa più importante da fare: costringerlo a parlare. La mia sicurezza ha una falla notevole, potrei avere delle guardie inaffidabili, oppure corrotte, e sarebbe alquanto pericoloso; ho sempre riposto la massima fiducia in loro, ma se uno schiavo è riuscito a drogarmi il vino e a giungere fino ai miei appartamenti, devo assolutamente scoprire come.
Prendo un profondo respiro e poi ordino: ‘Uscite tutti, che rimanga solo lo schiavo chiamato Ryuu’. Le guardie mi guardano allibite.
Se non puoi fidarti di nessuno, meglio non avere nessuno attorno.
Oren si appresta a lasciare la stanza. Le guardie esitano. ‘Fuori. Tutti fuori, non voglio essere disturbata per nessun motivo! E chiudete le porte. Se avrò bisogno di voi, vi chiamerò!’ scandisco.
Non voglio dovermi guardare le spalle, all’improvviso ho la sensazione spiacevole di essere seduta sopra a una bomba che potrebbe esplodere da un momento all’altro, come se il delicato e al contempo spietato meccanismo che regola la mia vita, stesse per sgretolarsi all’improvviso. E so che basterebbe la più piccola vibrazione, per innescarne la reazione.
Le guardie escono, quando le porte si richiudono stringo le dita attorno al manico della frusta, l’unico punto fermo che mi è rimasto. Poi guardo Ryuu. Se ne sta lì, nella stessa posizione in cui era quando ancora la DeVille era nella stanza, e per un istante mi sembra quasi una presa in giro la sua falsa obbedienza. è coperto dai segni della mia rabbia, eppure, in qualche strano modo è come se fossi consapevole che fa tutto parte del suo piano. Probabilmente il suo. Stringo i denti.
Avrei dovuto farlo legare al muro, bloccarlo, eppure ci sono due cose che me l’hanno impedito: la prima è che temevo una ribellione, una sopra di golpe. Ho avuto quasi sentore che se l’avessi fatto le guardie si sarebbero opposte e si sarebbe innescata una sorta di reazione a catena. E l’altro motivo è il peggiore: l’orgoglio. Il mio. Non volevo che fosse impossibilitato a difendersi, perché se riduci l’avversario a questo, significa che lo temi.
Mi volto e chiudo a chiave la porta. Mentre dentro di me i sentieri della consapevolezza, sono solcati da immagini di schiavi e guardie che irrompono nella stanza, per difendere Ryuu, qualora lui gridasse o chiamasse aiuto.
Mi infilo la chiave dentro alla cintura.
Del resto però, la cosa vale anche per me, è un’arma a doppio taglio. Se chiamassi aiuto… non potrebbero entrare. Deglutisco. Ora siamo quasi ad armi pari.
Faccio schioccare la frusta nell’aria, come se la mia autorità non fosse stata mai minata. Eppure mi rendo conto all’improvviso che il mio regno è un’illusione, e l’illusa sono io.
Ryuu mi osserva, bilanciando il peso da una gamba all’altra. So cosa sta facendo. Sta ponderando tutto, preparandosi allo scontro. La daga di Zennor che porto al fianco, mi sembra improvvisamente pesantissima, come il fardello che grava sulle mie spalle. è difficile essere me, comandare persone, gestire un palazzo, occuparsi degli affari… vivere… la mia stessa vita.
Sono schiava delle mie stesse ambizioni.
Mi avvicino a Ryuu, a portata di frusta, con passo deciso. ‘Come sei riuscito a farmi drogare il vino, a stordire le mie guardie? Dimmi chi hai corrotto, come hai fatto, chi sono i tuoi complici?!’ Le parole mi escono di bocca rapidamente, come se fossero sempre state lì, arrotolate sulla mia lingua, come un tempo lo era stato il nome di Ryuu, e ora le avessi fatte schioccare come un colpo di frusta.
Ryuu mi guarda inclinando il capo di lato, senza arretrare, arriccia il naso, non risponde. Dovrebbe avere paura di essere colpito, dovrebbe temere il dolore di una nuova frustata, è quasi coperto di sangue.
‘Rispondimi o ti ammazzo!’ lo minaccio, mentre la rabbia prende possesso del mio viso, sostituendo la maschera che ostento sempre.
Ryuu soffia in alto, per levarsi il ciuffo ribelle dalla fronte, una scintilla gli guizza negli occhi. ‘Se non rispondo mi frusti finché non crepo?’ ribatte muovendo la testa come a scrocchiarsi il collo. Le scaglie del drago tatuato sembrano abbeverarsi del sangue che stilla dalle ferite che gli ho provocato prima. Sembra sfidarmi.
‘Parlerai’ mormoro.
‘Non ti fidi più delle tue guardie, tantomeno dei tuoi schiavi, se mi uccidi non saprai mai niente, e vivrai nel terrore. Schiava del terrore.’
Le sue parole mi colpiscono come uno schiaffo. ‘Credo che per te la tua vita valga di più che sapermi in preda al panico, l’ho già affrontato ce la farò, ma tu non saresti qui a goderne.’
‘Stai rapidamente pensando a un modo per farmi parlare, tipo usare Reika… ma non puoi, perché ora sei totalmente sola e dipendi dalle mie decisioni.’ Muove un passo in avanti.
Mi devo costringere a non arretrare.
Sollevo la frusta, mirando all’espressione tracotante del suo bel viso. Ma quando la correggia sta per andare a segno, lui con uno scatto improvviso solleva le mani e la blocca, avvolgendosela rapidamente attorno al polso; stringo la presa e lui, con un movimento sicuro del braccio mi trascina più vicina. Non voglio lasciare la frusta, il mio sguardo corre alle sue spalle, a sinistra, verso il muro dove sono appese e allineate le altre armi e gli strumenti di tortura.
‘Non ci arriverai!’ dice lui e so che ha ragione.
Sono stata sciocca e avventata. Esattamente come voleva che fossi, in preda alla rabbia e all’impulsività.
Per un attimo mi sento la ragazzina spaventata che non voleva arrendersi ma sapeva di doverlo fare in qualche modo, prima o poi, anche solo per finta. E un lampo di consapevolezza mi saetta nel cervello. è proprio la ragazzina che sono stata la chiave di tutto. Emeraude. Il mio nome. Tutti coloro che lo conoscevano sono morti… e se lui lo conosce… allora mi legge davvero nel pensiero. In qualche modo le radiazioni gli hanno fatto questo. E se conosce i miei pensieri, o li percepisce in qualche modo, allora sa che vorrei tirare la frusta verso di me, fingere di balzargli addosso, brandendo la daga che ho al fianco, e poi scartare a destra, verso il muro, dove c’è la balestra. Un’arma a distanza. Per ferirlo quasi a morte, e obbligarlo a parlare. Proteggendo il mio dominio.
Quindi dovrò sorprenderlo e sorprendermi, improvvisare. Non so come riesca a leggere nei miei pensieri e come, ma so che, in qualche arcano modo, lo fa. Per quanto possa essere incredibile e bizzarro è così, non può essere diversamente. Non mi ero sbagliata, ha ripetuto le parole che avevo pensato quando l’ho marchiato. Mi ha violata. Profondamente. Una violenza che non avevo mai sperimentato.
Ti ucciderò con la daga di Zennor, con quella che mi ha resa, in fondo, l’Imperatrice, e non mi importa di cosa mi nascondi, lo scoprirò dopo che sarai morto, mentre gli avvoltoi banchetteranno con la tua carogna…
Tiro la frusta – che lui sta trattenendo – verso di me, poi lascio improvvisamente il manico e corro a destra, non verso il muro, verso il letto, immaginando che mi inseguirà per afferrarmi. Sperando di guadagnare abbastanza tempo per raggiungere il muro con le armi, prima di lui.
Scatto, sentendo l’adrenalina lambirmi le membra, mi sento viva come non mai. Ryuu mi insegue, dopo aver vacillato, proprio come avevo immaginato. Rapidamente raggiungo il muro, e focalizzo lo sguardo sulla balestra, mi slancio in avanti e proprio quando riesco a sfiorarne l’impugnatura, mi sento afferrare e trascinare a terra.
Sbatto la spalla sul pavimento grezzo, nel tentativo di voltarmi, la mano sull’impugnatura che non voglio lasciare e l’altra a cercare di attutire il colpo. Poi Ryuu mi imprigiona e sento il suo peso schiacciarmi. Tasto con la mano sollevata alla ricerca di un’arma da usare in uno scontro ravvicinato, so che sto sfiorando l’elsa della mazza ferrata, ancora prima di vederla. Ne riconosco il contatto.
‘Non farlo’ ringhia lui. ‘Non costringermi a colpirti, non è quello che voglio.’
Le mie dita stringono la presa, sento le labbra di Ryuu mormorare sulla mia nuca. ‘Non farlo.’
Un colpo sull’impugnatura e la mazza si sgancia ricadendo a terra, e io, approfittando del momento in cui Ryuu istintivamente si sposta, afferro la daga che porto in vita. Tutto avviene così rapidamente che quasi il mio corpo si muove senza che me ne accorga, come se reagisse per puro istinto animale. Girandomi, gli punto la lama alla gola, mentre ancora il suono della mazza ferrata che è caduta a terra, rimbomba nel salone.
Ci guardiamo negli occhi, il suo corpo a premere sul mio e ancora una volta un’arma nelle mie mani, a minacciare le sue carni, consolando la mia vulnerabilità.
‘Tu mi leggi nel pensiero’ dico lentamente.
‘Sì’ risponde piano inarcando un sopracciglio. ‘Un regalino delle mutazioni.’
Deglutisco cercando di impedire al mio stesso corpo di mandare impulsi contraddittori al mio cervello, tipo che piacevole sentirmi il suo peso gravare addosso. ‘Sempre?’
‘No. Solo alcuni pensieri, più che altro sensazioni, a volte delle parole, come se fossero perse in una nebbia e io, strizzando gli occhi, potessi leggerle da lontano. La chiamo Empatia Aumentata’ spiega. Tuttavia, mi rendo conto che non lo sta facendo a causa della minaccia della daga, ma perché vuole farlo. è frustrante e piacevole al tempo stesso.
‘Togliti’ ordino affondando leggermente la lama.
‘No.’
‘Sono io a dare gli ordini, sono io quella armata!’
Mi perdo per un istante nel luccichio dell’azzurro dei suoi occhi, sembrano il cielo, il cielo di un tempo, quello che conosceva Emeraude.
Poi Ryuu con un movimento inatteso mi afferra il polso, potrei ugualmente tentare di tagliargli la gola, ma non ci riesco. Non riesco a convincermi a farlo, e gli permetto di usare la forza, per spingermi indietro il braccio, finché le mie nocche non sfiorano la pietra del pavimento, e la lama tintinna, scivolandomi dalle dita.
Ho perso il mio potere. Ora sono in sua balia ed è quasi piacevole. Ecco com’era volerlo e non averlo. Desiderarlo. Quando resti per un po’ di tempo senza certe cose, è facile dimenticare com’era prima. Scordare quanto fosse stupendo desiderare qualcosa, e quanto fosse semplice non averla.
Ora che lui ha il controllo – il potere – mi sento sollevata ed eccitata. Sì, avevo quasi dimenticato la sensazione, ma un meccanismo non scorda mai il proprio funzionamento.
‘Cosa vuoi?’ gli chiedo socchiudendo gli occhi, permettendo al mio viso di mostrare smarrimento, inquietudine, e curiosità
Un sorriso fa capolino sulle labbra di Ryuu. ‘La stessa cosa che vuoi tu.’
Mio malgrado consento a un sorriso incerto di salutare il suo. Sono nuda- il mio volto lo è. Non capisco quanto di me abbia letto nei miei pensieri, quanto mi abbia compresa o quanto riesca a capirci ora, lo comprendo a stento anche io. Però so che non sono mai stata così nuda in vita mia, anche se ho ancora l’abito addosso.

– continua –

Demoni

‘E quale sarebbe?’ gli chiedo lentamente, come una sfida.
‘Il potere’ risponde a bassa voce.
Combatto contro me stessa per tentare di non pensare al turbamento che il suo corpo, nudo, provoca al mio. Non voglio che lo percepisca o legga… o quale altra diavoleria riesca a fare la sua cazzo di Empatia Aumentata.
‘Quindi questa sorta di pseudo seduzione è solo un tuo piano per… per cosa?’ mi perdo nel ragionamento. Come potrebbe gestire questo Palazzo al posto mio? Non conosce niente, non ne sa nulla, è solo un maledettissimo schiavo con un drago tatuato addosso. Un fottutissimo schiavo che mi ha scopato il cervello, cazzo!
All’improvviso lui si solleva, permettendomi di scivolare via dalla dominazione del suo corpo sul mio. Sollevo il busto, mettendomi seduta. Poi mi faccio ancora più indietro, fino a poggiare la schiena al muro dove ci sono le armi. Potrei voltarmi e prendere la prima che mi capita, ma non lo faccio, voglio sentire cosa mi dirà, intrigata e allo stesso tempo sconcertata dall’intera situazione.
Lo osservo sedersi accanto a me, sollevare un ginocchio e cingerselo con le mani. Se anche volessi sbirciare fra le sue gambe ‘ cosa che devo ricordarmi di non pensare ‘ non potrei; dovrei sporgermi per farlo.
Lascio che il mio sguardo vaghi sino alle coltri spiegazzate del talamo, così come il suo, a fissare un punto inesistente. Forse lo stesso.
‘Non è un golpe architettato da me, ma è un piano di Zuleika’ mormora afferrandosi la canna nasale fra due dita.
‘Cosa?’
‘Sono un suo schiavo, così come Reika’ dice lentamente.
Ryuu apparteneva a Zuleika. Tutte le torture e i piaceri ai quali ho creduto di averlo iniziato… erano solo cose probabilmente già vissute per lui, in modo differente ma sicuramente non troppo dissimile. La gelosia mi afferra la gola, ancor prima del panico che dovrebbe suscitarmi la cosa e tutto ciò che comporta.
‘Quindi… era tutto… finto? Tutta una messinscena… anche le cose che mi ha detto tua sorella?’ mormoro indignata non dai fatti stessi ma dall’esserci cascata così facilmente.
Ryuu si volta a guardarmi per un attimo, ma io tengo lo sguardo fisso davanti a me. ‘Quella non è mia sorella, solo una che faceva parte della mia tribù, prima che i catturatori ci prendessero, qualche anno fa.’
‘Quindi non ti è mai importato niente di lei?!’ Ora mi giro a fissarlo.
‘Più o meno’ risponde con un’alzata di spalle, sbirciandomi solo per un istante.
Mi alzo in piedi.
Lui non si muove. ‘Hai intenzione di chiamare le guardie? Non farlo… alcune non ti sono più fedeli…’ sussurra.
‘No. Mi serve una sigaretta’ mormoro, sincera.
Mi avvicino al tavolino accanto al trono e solo quando ho la sigaretta tra le le labbra, e tento di accenderla mi accorgo di quanto mi tremino le dita. Devo trattenere l’accendino con entrambe le mani, per riuscire ad accenderla.
‘Torna qui, ti racconterò tutto’ mormora Ryuu, quasi in un bisbiglio. ‘Ma prima…’ fa un cenno con il capo verso il grammofono. Poi mi indica la porta e si tocca un orecchio. Già, potrebbero esserci orecchie in ascolto.
Mi avvicino allo strumento, sto obbedendo ai suoi ordini ma non mi importa, sono così scossa da non discutere, voglio solo conoscere la sua versione dei fatti, poi valuterò con calma. Inoltre non voglio pensare ad alcunché, nel timore che lui mi legga attraverso.
Scelgo un disco, ‘Mad World’, quasi a caso.

All around me are familiar faces
Worn out places, worn out faces
Bright and early for their daily races
Going nowhere, going nowhere

Mentre le note riempiono la sala, torno da Ryuu, raccogliendo il suo gonnellino da terra, quasi fossero le ultime vestigia del potere che ho esercitato su di lui. Una farsa. Quando lo raggiungo glielo porgo e lui si stringe nelle spalle, poggiandoselo semplicemente addosso. Attende che mi sia seduta nuovamente, prima di continuare.
‘è da un pezzo che Zuleika ha intenzione di rovesciare il tuo trono. La appoggiano anche Monster Fred e Lord Koll, il potere e la ricchezza generano sempre invidia, è inevitabile’ mormora Ryuu, porgendomi la mano. Gli poggio la sigaretta fra le dita, riflettendo su quanto ha detto e lui aspira e tossicchia leggermente, prima di ripassarmela. ‘Non ricordavo quasi più nemmeno come fosse’ dice con piegando amaramente le labbra.

Their tears are filling up their glasses
No expression, no expression
Hide my head I want to drown my sorrow
No tomorrow, no tomorrow

‘Dimmi di questo piano’ chiedo stringendo i denti.
Ryuu si passa una mano fra i capelli. ‘Ha un infiltrato fra i tuoi servi, da un bel pezzo, la teneva al corrente delle tue mosse, di ogni cosa, tramite una congiura di messaggeri.’
‘Chi è?’ domando già immaginando la risposta. Sentendo la lama della paura accarezzarmi i nervi.
‘Proprio chi immagini’ risponde mestamente Ryuu.
‘Oren.’
‘Oren’ mi fa eco lui annuendo.
Chiudo gli occhi, ferita e rattristata, un po’ dal tradimento di Oren, e un po’ dalla mia stessa stoltezza. E Ryuu prosegue. ‘Poco alla volta ha comprato la fedeltà di molte tue guardie, ha promesso ad alcuni schiavi la libertà se l’avessero appoggiata durante l’attacco… Il piano prevedeva che infine io e Reika convincessimo quanti più schiavi possibili a passare dalla sua parte, sai facendo una sorta di propaganda. Ha scelto me perché ho questa capacità di leggere nel pensiero, il carisma per convincere le persone, scrutando nelle loro menti, e perché sapeva che il mio aspetto ti avrebbe intrigata.’
Un nuovo tiro. ‘Capisco.’ Mi sento così stupida che mi prenderei a pugni. E umiliata.
‘Questa era la parte finale del piano. La scorsa notte Reika ha drogato il tuo vino. Sapevo che le tue guardie ne bevono sempre un po’, e tu?’
Mi sfugge un sorriso. ‘No. Ma l’ho immaginato oggi.’
‘Avrei dovuto sopraffarti la scorsa notte, renderti inoffensiva, rinchiuderti nelle segrete… e oggi la DeVille sarebbe tornata ad Acidalia, dicendo che tu non c’eri, e sarebbe partito l’attacco. è tutto pronto. Tutto organizzato.’
Trattengo il fiato poi aspiro dalla sigaretta.
‘E perché non l’hai fatto?’
‘Zuleika pensava di rivenderti come schiava, dopo averti umiliata, durante il mercato, Monster Fred non vedeva l’ora. Ti avrebbe torturata fino alla morte, era molto eccitato all’idea. E sapessi le idee che sono passate per la mente di molti tuoi servi e schiavi… credo che talune cose non verrebbero in mente nemmeno a te.’
‘Mi sottovaluti. Comunque posso immaginarlo, ma non hai risposto alla mia domanda’ dico lentamente.
‘Vuoi schiaffeggiarmi?’ ribatte lui ridacchiando.
‘Lo vorrei. Più di quanto tu possa leggere’ rispondo.
Lui sorride per un attimo.

And I find it kinda funny
I find it kinda sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had

‘Quando eravamo nella carrozza che mi portava qui ho colto nettamente un tuo pensiero’ mormora Ryuu.
Sorrido. ‘Quale?’
‘Esattamente: ‘Il problema con me, è che quando pensi di fottermi io ti ho già fottuto due volte, e penso alla terza” risponde. Poi scuote la testa. ‘Mi ha colpito, l’ho pensato spesso anche io, sai, per sopravvivere… e poi una valanga di altri tuoi pensieri che mi hanno colpito e per la prima volta mi sono sentito vivo e ho visto uno sbocco in questa vita di merda.’
‘Ti ho picchiato, umiliato, marchiato… io al tuo posto credo avrei seguito il piano di Zuleika, quantomeno per una rivincita.’
Ryuu annuisce. ‘L’ho pensato, credimi. Ma c’era un’altra cosa che mi ha colpito di te, non solo i tuoi pensieri, così differenti da tutti gli altri che ho sbirciato…’
Lo guardo, cercando di immaginare cosa risponderà ma non ci riesco.
‘La cosa delle mele… quando mi hai raccontato di come sei riuscita a immaginare come coltivare, come hai progettato tutto, come hai progettato un modo per sopravvivere, migliorando il Palazzo che ti sei conquistata. Sono bravo sai a capire come funzionano le cose… e le persone.’
‘Allora quella parte, delle cose di te che mi ha detto Reika, era vera.’
‘Già. C’è qualcosa di speciale in te.’
‘è banale non credi?’ ribatto.
‘No. Per niente. Zuleika era crudele, solo crudele. Non ha mai capito fino in fondo come funziona il rapporto fra schiavo e padrone, tu sì. Lei ha ereditato il proprio misero potere dalla madre, tu invece ci sei passata. Sei stata una persona e poi una schiava, proprio come me. E proprio come me non ti sei mai arresa, non del tutto. E so quanto sia complesso farlo e capire come riuscirci, senza impazzire…’

I find it hard to tell you
I find it hard to take
When people run in circles
It’s a very, very mad world, mad world

Annuisco. Mentre il serpente piumato mi suggerisce che nessuno mi ha mai capita così profondamente come Ryuu. é mostruoso ma è così.
‘E quindi, fammi indovinare, hai pensato di scoparmi invece di catturarmi. Molto originale, hai qualche altra balla da rifilarmi? Fa anche questo parte del piano?’ sibilo, spaventata dai miei stessi precedenti pensieri. Non posso fidarmi di lui. Solo perché mi ha scopata in un modo che non avevo mai provato. Con… mi fa impressione persino la parola, con dolcezza. Rabbrividisco, non può fare presa su di me con quello. Non glielo posso permettere. è assurdo.
‘No. Quello l’ho fatto perché mi andava. Dopo anni al servizio di Zuleika non mi ricordavo più nemmeno come fosse scopare perché lo vuoi, perché desideri qualcuno, far godere qualcuno, e non per un’imposizione o per raggiungere il piacere che ti obbligano a desiderare con tanto accanimento’ mormora lentamente.
Deglutisco ignorando il balzello inappropriato del mio cuore.
‘E che scusa hai trovato, con gli altri intendo’ chiedo ancora scettica.
‘Ho detto che non avevi bevuto il vino, che l’ho trovato versato e che se avessi chiamato le guardie ancora fedeli tutto sarebbe andato in fumo’ risponde.
‘E Oren che non l’ha ripulito non si è insospettito?’
‘No. Per niente. Credo abbia immaginato che l’abbiamo ripulito Kara e l’altra… Sianna. Loro ti sono fedeli. Strenuamente fedeli. Così come altre guardie, e alcuni schiavi. Come Kilorn, per esempio, sai, credo sia innamorato di te.’
Scuoto il capo. ‘Non ho più guardie fedeli, credo. Altrimenti mi avrebbero avvisata. E comunque, riesci a capire che non posso crederti?’
‘Sì, in parte.’
‘Ryuu, perché mai mi dovresti aiutare? Cosa ti ha promesso Zuleika per fidarsi così tanto di te? E cosa ti spinge a rifiutarlo?’
‘Mi ha ordinato di farlo, e mi ha promesso la libertà.’
Spengo la sigaretta. ‘E metteresti a repentaglio la tua vita e la possibilità di essere libero solo per salvare la mia, quella di una persona che non ha fatto altro che…’
Lui mi interrompe mettendomi una mano sulla bocca. ‘Che ha fatto ciò che doveva fare, che ha imparato a fare, per andare avanti. E che prova piacere nel farlo. Credi che io non sia come te? Che non mi eccitino certe cose? A volte è piacevole essere uno schiavo sessuale. Altre meno. Tu in fondo non sei stata spietata, il tuo desiderio mi lampeggiava nel cervello. Non avevo mai percepito niente di così forte e… potente.’ Poi toglie la mano. Come se la mia bocca scottasse.

Children waiting for the day they feel good’
Happy birthday, happy birthday’
Made to feel the way that every child should’
Sit and listen, sit and listen’

Avvampo, è difficile rimanere senza maschera. Si sente freddo. ‘E cosa pensi di ottenere? Ora, rivelandomi tutto?’
Lui sorride. ‘Te.’
Lo guardo sbigottita. ‘Oh… capisco, e quindi immagini che fuggiremo insieme, verso il tramonto acido, dopo aver eluso più di metà del mio esercito corrotto… e ci ameremo per sempre?’ Mi sfugge una risata amara. ‘Non credo a queste stronzate, mi dispiace! E poi… non riuscirei a fare a meno di certe cose… alcune abitudini ti cambiano profondamente. Sono corrotta, non sono un’eroina romantica, sono soltanto… me.’
‘No… non penso questo, ma credo che tu abbia capito che io non mi arrendo. Contavo di fuggire, nel casino generale dell’attacco, e mi sono organizzato. Immaginavo che Zuleika non mi avrebbe concesso la libertà, e poi cosa te ne fai qui della libertà? Vivi come un povero contadino, un mendicante o vieni catturato di nuovo se ti rifugi in qualche posto dove poter vivere senza che ti portino via tutto. Gliel’ho letto dentro, anche se cercava di schermare i suoi pensieri, non è intelligente come crede di essere. Contavo di salvare quanti più schiavi potessi e…’
Sollevo una mano a fermarlo. ‘Molto eroico, Ryuu, figlio del Drago… e un po’ improbabile non pensi?’
‘Il cinismo che ostenti è solo una difesa, Emeraude, comunque, fammi finire.’


Went to school and I was very nervous
No one knew me, no one knew me
Hello, teacher, tell me what’s my lesson
Look right through me, look right through me

La mia mente è un caos. Sono un demone perduto, un generale sconfitto, ferito dal fuoco amico delle sue stesse guarnigioni, e non riesco a fare altro che ascoltare l’araldo canterino della mia disfatta.
‘In te ho visto qualcosa, ho letto nella tua mente quanto basta per… provare qualcosa per te’ mormora, mentre io sorrido sarcastica.
‘So che non riesci a capire, tu non hai mai conosciuto…’
Mi giro di scatto, inviperita, resistendo a fatica all’impulso di schiaffeggiarlo. ‘Ti sbagli, prima della Guerra Nucleare avevo anche io una famiglia!’
‘Forse lo hai provato, un tempo, ma eri troppo piccola per capirlo fino in fondo, so che hai sofferto…’
‘Ho amato un uomo!’ dico difendendomi scioccamente. ‘ Si chiamava…’
‘Ethelwulf’ conclude lui per me. Lo fisso a bocca aperta. ‘E desideravi così tanto amare qualcuno che l’hai fatto, ma sai bene che era un tipo di amore viziato dalla prigionia. Eravate due naufraghi dispersi nello stesso mare ostile.’
‘Non è così, non capisci!’
‘Lo capisco. E ti ha spaventata così tanto amare che hai deciso che era una sciocchezza. è sempre nei tuoi pensieri, in sottofondo, come una vibrazione, ma non sai come sia amare qualcuno da libera… da donna libera.’
Rifletto, dominando la mia rabbia. Forse potrebbe avere ragione.
‘Tuttavia’ prosegue lui. ‘questo è marginale. Non conta, o quasi. Il punto è che la DeVille tornerà ad Acidalia. Zuleika farà in modo di contattarla. Le sue guardie hanno portato qua altri crediti per corrompere più guardie e servi possibili, fra i tuoi. Zuleika capirà che qualcosa è andato storto, perché la Baronessa ha acquistato due schiavi, e le dirà che tu eri eri presente ed era tutto normale, e organizzerà una nuova offensiva. Reika non è dalla mia parte e tu le hai dato modo di circolare per il tuo palazzo e le avrà fatto pervenire informazioni, ma non sospetta di me. Ora, hai due possibilità: chiamare le guardie e farmi uccidere o torturare o altro… oppure seguire il mio piano.’


And I find it kinda funny’
I find it kinda sad’
The dreams in which I’m dying’
Are the best I’ve ever had’

‘Stai scherzando’ mormoro confusa.
‘No. Grazie alla Empatia ho dei contatti, come ti ho detto e godevo di una certa libertà quando ero da Zuleika. C’è un trasporto a qualche chilometro da qui. Un grande autoarticolato, in grado di affrontare il deserto e due veicoli a motore.’
‘è impossibile!’ esclamo. ‘Non esistono veicoli a motore funzionanti, non esiste più nemmeno il carburante!’
Ryuu fa schioccare la lingua. ‘Tsk.’
‘Stai mentendo!’ dico alzando la voce.
Lui si gratta la nuca. ‘Non sto mentendo. è vero che so riparare le cose. Anche Zuileika ha dei veicoli a motore, alimentati a benzina, mentre tu razziavi le rovine loro si sono spinti più a sud, trovando una riserva di carburante, veicoli, pezzi… e io li riparavo. Ma sono riuscito a gestire bene la cosa, ad avere dei contatti degli alleati che in qualche modo hanno creduto di potercela fare e…’ solleva lo sguardo. ‘Ma che importa? Non mi credi vero?’
‘No. E poi… potresti solo volermi rabbonire, per rivendermi o chissà cos’altro. Immagino di essere un ghiotto bottino. L’Imperatrice che ha perduto il proprio potere ed è caduta in disgrazia quanto vale? Cinquecentomila crediti? Oltre a tutti quelli che razzierebbero dal mio palazzo, oltre a tutti gli oggetti che ho collezionato, i miei schiavi…’
‘Potremmo fuggire, insieme, attraversare le Lande Desolate, arrivare al mare, comprare un trasporto e raggiungere le Pianure Verdi e…’
Lo interrompo, quasi inorridita. ‘E vivere felici e contenti?’
‘E organizzare un nuovo Regno, non sarebbe bello dividere il fardello del potere con qualcuno? Avere un compagno che possa alleviare la tua solitudine, ricominciare tutto daccapo. Un commercio fiorente, ne hai i mezzi. Potremmo farcela!’


I find it hard to tell you’
I find it hard to take’
When people run in circles’
It’s a very, very mad world, mad world’

Enlarge your world’
Mad world

Per un momento accarezzo l’idea, sembra quasi tutto vero. Immagino la fuga rocambolesca, il viaggio avventuroso, una persona al mio fianco, qualcuno che mi emoziona quanto lui, qualcuno con cui condividere la vita, qualcuno come me, col quale poter essere nuda. Lui. Poi L’Imperatrice mi proibisce di indugiare ulteriormente in quella follia. Ho imparato a non fidarmi di nessuno. Soprattutto di chi è simile a me. Ho imparato che è meglio non giocare col diavolo ‘ ha l’abitudine di barare.
‘Complimenti’ dico alzandomi. ‘è una bellissima favola, peccato che io non creda alle fiabe. Non rinuncerò al mio regno per i vaneggiamenti di un folle!’
Anche Ryuu si alza, parandomisi davanti, il gonnellino scivola a terra. La sua nudità ora che si ho parlato, mi imbarazza e non capisco perché. Mi volto e raggiungo la finestra, il tramonto verdognolo sta per annunciare l’arrivo della sera. La distesa di sabbia sembra guardarmi, così come i mostri che cela, tutti in attesa della mia prossima mossa.

Children waiting for the day they feel good’
Happy birthday, happy birthday’
Made to feel the way that every child should’
Sit and listen, sit and listen’

Ryuu mi raggiunge, lo sento alle mie spalle. ‘Preferisci attendere l’attacco? Aspettare di tornare a essere una schiava? Con le dita di Ossidossa a esporti al pubblico ludibrio, mentre vieni violentata sul palco, e sai che quella non sarà la cosa peggiore?’ Mi chiede.
Non rispondo, continuando a fissare il sole che pare nascondersi dietro all’orizzonte, come se si immergesse fra la sabbia.
‘Preferisci restare qui a chiederti chi ti sia fedele e chi no. Dormendo con un occhio aperto, nell’attesa che qualcuno ti uccida, ti avveleni, ti droghi, senza sapere quando succederà?’
Sento il cuore rullarmi nel petto.
Ho permesso a Ryuu di accendere qualcosa in me. Forse il fuoco della passione, il serpente piumato l’ha attizzato, e ora le sue parole lo stanno facendo bruciare sempre di più.
Quando accendi un fuoco, pensi di poterlo controllare. Ma il fuoco è estremamente difficile da domare, ha una vita propria e, proprio quando credi di avere estinto le fiamme, il fuoco si riaccende, prende aria e divampa più caldo e più ardente di prima. Resto in silenzio e Ryuu aggiunge: ‘Ti piegheranno stavolta, ti piegheranno e poi ti uccideranno, perché ti temono. E mentre attenderai la morte, che saprai essere inevitabile, quel piacere che tanto ti piace elargire, far desiderare, negare e poi concedere, sarà l’unico tuo amico, ma ti brucerà, perché saprai che è stato l’inizio e sarà la tua fine. Quando Monster Fred di ficcherà il cazzo dentro, trattenendoti perché Lord Koll ti possieda insieme a lui, sotto lo sguardo strafottente di Zuleika, morirai dentro. Non riuscirai a sopportare questa sconfitta, perché sarebbe solo il tuo epilogo. E lo saprai.’
Mi volto di scatto e schiaffeggio Ryuu, la mano con cui l’ho colpito mi brucia. Lui resta sbalordito per un attimo, si vede che non sempre riesce a leggermi dentro, poi mi si avventa contro, colpendomi con un manrovescio e poi scrollandomi. ‘Vuoi punirmi per averti aperto gli occhi?’
Sollevo un ginocchio per colpirlo, lui si piega e lo raggiungo allo stomaco, mi strattona, lottiamo come due disperati. Uno schiaffo, un pugno, una ginocchiata, gli sfuggo e mi riagguanta. Sento il potere scivolarmi via di dosso. Non sono più nessuno. Senza qualcuno a farlo funzionare, ogni meccanismo si inceppa, e gli ingranaggi che credevo di conoscere sembrano divorarmi. Ryuu mi assesta un pugno in pieno viso, resto stordita per un istante. Poi allungo una mano e premo sulla bruciatura del mio marchio su di lui. Il suo viso si trasforma in una maschera di dolore, eppure non si ferma, mi trascina a terra, gravandomi addosso col proprio peso.


… and I was very nervous
No one knew me, no one knew me
Hello, teacher, tell me what’s my lesson
Look right through me, look right through me…

Mi dibatto, lui sorride, con un rivolo di sangue fra le labbra. Poi mi bacia e al contempo mi discosta le vesti alla ricerca del mio sesso umido. La colluttazione, il fatto stesso che eserciti potere si di me mi ha eccitata. Vittima del mio stesso meccanismo, l’unico modo in cui riesco a percepire il sesso. ‘è così che vuoi che sia?’ mi chiede Ryuu. Mi dimeno, ma invece di ritrarmi gli vado incontro, muovendo i fianchi. Qualcuno mi ha caricata e ora tutto ciò che voglio è che lui mi possieda con la forza, senza che io debba esercitare nessun potere, voglio lasciare il comando a qualcuno, ecco la mia lezione. Non smetti mai di essere una schiava del desiderio, e il desiderio ti brucia.
Sento il sesso turgido di Ryuu entrarmi dentro con violenza, emetto un gemito strozzato.
‘Potrai picchiarmi ogni tanto, se ti andrà e io farò lo stesso con te, non sai quanto vorrei legarti e sculacciarti, per poi leccarti e sentire quanto ti ho fatta bagnare. è questo che vuoi. Il tuo regno è un luogo di piacere e io posso dartelo.’
Rotolo sopra di lui e Ryuu me lo permette, anche se potrebbe sopraffarmi con la sua prestanza fisica. ‘Se anche fosse tutto vero, ti servirebbero solo i miei crediti, per poter attraversare il mare, per potere avere qualcosa di simile a questo. La mia dote. Grazie ma no grazie. Non ti concedo la mia mano’ ringhio cavalcandolo.
Le sue pelvi vengono incontro ai miei movimenti.
‘Non è quello che voglio, non solo. Voglio te, prima di tutto. La tua testa, la tua astuzia, la tua esperienza. Te. Con me’ mi rigira sotto di lui. ‘Io con te. Insieme potremmo avere una nuova vita, tutto ciò che hai sempre voluto, lontano da questo deserto spaventoso.’
è l’unica cosa che conosco, chi lo sa cosa c’è nelle Pianure Verdi?
‘Potresti ammazzarmi in ogni momento, una volta avuti i crediti’ ringhio mentre lui affonda prepotentemente dentro di me, affannato come se avesse corso a lungo. Il suo sangue a lordare il rosso purpureo della mia veste.
‘Dovrai fidarti’ risponde piano. ‘E nemmeno io conosco le Pianure Verdi, ne ho solo sentito parlare…’
Chiudo gli occhi.
‘Per la prima volta, Emeraude, dovrai fidarti di qualcuno, c’è sempre una prima volta’ ringhia, e io sento le forze venirmi meno.
Ryuu si sfila dal mio sesso e io provo un immediato senso di vuoto. Gemo come intontita. Soggiogata e spaventata. Senza controllo. Poi lui mi slaccia la veste, carezzando con la lingua il segno del morso della notte precedente. Gemo, sentendo un leggero dolore e un brivido caldo solleticarmi e deliziarmi. Ryuu mi mette due dita in bocca e io le lecco, guardandolo negli occhi, immaginando quei mezzi di cui mi ha parlato, ad attenderci, nel deserto. I suoi complici a fuggire con noi. I suoi occhi azzurri, miei. Lo possiederei. E io sarei sua.
Annuisce. Quelle stesse dita scendono fra le mie gambe, accarezzano il mio sesso rovente, e poi più in basso, a violare il pertugio anale. Mi inarco, gemendo.
‘Sì, sarebbe proprio così’ sussurra al mio orecchio.
‘Sono solo le tue fantasie…’ pronuncio a stento.
‘No, e lo sai’ risponde. Poi il suo sesso preme dove prima erano le sue dita, entra, si adatta, e va sempre più a fondo. Così come hanno fatto le sue parole. Non riesco a sottrarmi al piacere, muovendomi ansimante e lui affonda con colpi rapidi e secchi, sottolineando ogni movimento con gemiti lascivi di piacere.
‘Cristo, ho voluto farlo fin da quando ti ho vista e volevo che tu urlassi e poi mi implorassi di non smettere.’
‘Non smettere’ mormoro.
‘Sì, Imperatrice!’
Stavolta obbedisce e si impegna parecchio nell’eseguire l’ordine.
Sento l’orgasmo arrivare improvviso come una tempesta e mi abbandono al piacere, Ryuu mi segue. è come se la nostra discussione e la successiva colluttazione, fossero proseguite con le gesta dei nostri corpi. Non avevo mai parlato così a lungo con qualcuno, così liberamente. Con Zennor, era differente, parlavamo a lungo ma dovevo compiacerlo. Mi sento strana, il mio serpente piumato s’acquieta.
Ansimanti ci ritroviamo a fissare il soffitto scrostato del Palazzo.
Il disco continua a girare.

And I find it kinda funny
I find it kinda sad
The dreams in which I’m dying
Are the best I’ve ever had

Il meccanismo anche. Sì, Ryuu sa come fare funzionare gli ingranaggi.
‘Stanotte’ mormora. ‘Fuggiremo, prenderemo i crediti, gli schiavi che ti sono fedeli, le guardie che vogliono venire con noi, i servi che vorranno seguirci… e Zuleika, Lord Koll e Monster Fred capiranno che il problema con noi, è che quando pensano di fotterci noi li abbiamo già fottuti due volte, e pensiamo alla terza!’
Sorrido.
‘Una volta Zuleika mi ha costretto a restare tutta la notte con Monster Fred…’ mormora Ryuu. Lo guardo. La mascella gli si contrae. ‘Preferirei morire piuttosto che mi prendano di nuovo, ci sono dei limiti e a volte, quando li superi, rischi davvero di impazzire.’
Lo capisco profondamente. Ripenso a quando Zennor mi fece violentare, alla notte trascorsa nel deserto.
Ryuu mi guarda. ‘So che capisci.’
‘Mi leggerai sempre nel pensiero… sarà come essere sempre nuda…’ mormoro sentendomi rilassata eppure ansiosa.
‘Sì’ risponde Ryuu. ‘E imparerai come impedirmi di farlo. Evoluzione.’

***
Sì, l’ho fatto. Sì, ho arraffato tutti i crediti, anche quelli nascosti nei punti più segreti del Palazzo. Sì, ho fatto a pezzi i dischi, il grammofono e quante più cose possibili, tutto ciò che sono riuscita a fare senza destare i sospetti delle guardie ribelli, cercando di non fare rumore. Sì, mi sono fidata di Ryuu, perché a volte la speranza è l’unica cosa a cui ti puoi aggrappare, oppure all’istinto di sopravvivenza. Gli ho creduto perché in qualche modo, il giorno in cui l’ho visto là nella gabbia, e ho fatto di tutto per comprarlo, sapevo che la mia vita sarebbe cambiata. Kilorn, Sianna, Kara, Olaf, Aigometh e alcuni servitori ci hanno seguiti. Anche Eulalia. Abbiamo percorso il deserto, armati come potevamo, con il terrore degli scorpiomorfi, e quando ho visto che esisteva davvero un autoarticolato, adattato per le sabbie, e due automezzi che ci attendevano, sono stata talmente sollevata che a fatica non sono scoppiata a piangere.
Kilorn ha confermato tutto, anche Eulalia.
Non so quando arriveranno le forze di Zuleika a Palazzo. Ma credo che ci inseguiranno, posso solo immaginare la rabbia di Zuleika. La frustrazione di Monster Fred.
Sì, era tutto vero.
E stento ancora a credere che Ryuu sia stato in un certo qual modo il pezzo mancante del mio ingranaggio. Non so cosa ci riserverà il futuro. Ma ora, mentre sono su una delle auto biposto attrezzate per il deserto e le grosse ruote mordono la sabbia, a tutta velocità mi sento libera. Libera come non lo sono mai stata prima. Non avevo mai provato una sensazione simile. E so che qualsiasi cosa mi attenda ce la farò. E sono eccitata al pensiero delle avventure che ci attendono.
So che Ryuu è simile a me, in un certo qual modo è un demone, proprio come me, perché per sopravvivere nell’inferno lo devi essere. è piacevole non essere più sola. E poi in fondo qualcuno mi era davvero fedele, forse si impara ad amare anche un demone, magari non è così difficile. Ci si evolve.
‘Uccideranno Reika?’ chiedo a Ryuu.
‘Non lo so’ risponde, mentre sta guidando. è tutto nuovo. Non ero mai stata accanto a un uomo, alla guida, la sabbia si solleva dietro di noi e posso scorgere l’altra auto, e l’enorme autoarticolato che ci segue dallo specchietto. Il sole sta sorgendo sulle Lande Desolate e il verde del cielo, sembra quasi sfumare nell’azzurro, lungo la linea dell’orizzonte. Non ho ucciso Oren, ma avrei voluto farlo. Spero che venga venduto a Lord Koll, quando Zuleika capirà che il suo piano è andato a puttane e le rimarrà solo un palazzo fra la sabbia e schiavi e guardie che le è costato una fortuna corrompere.
‘Credo che Kilorn cercherà di uccidermi nel sonno, prima o poi’ mormora Ryuu con il suo sorriso strafottente.
‘Ti proteggerò io’ ribatto ridendo, mentre il vento mi scompiglia i capelli. Tutto cambierà, quelli che erano schiavi e servi e ci hanno seguiti, credo diverranno amici, e se raggiungeremo le Pianure Verdi e riusciremo a rimettere in piedi un Impero, loro faranno parte del team, non saranno più ciò che erano. Li ho cambiati più di quanto pensassi.
Tutto cambia, tutto si evolve, anche i meccanismi.
Il piacere così come lo conosco, mi ha cambiata, le radiazioni mi hanno cambiata, ma ora sono tutte le donne che sono stata. Completa. Libera.
‘è vero che puoi generare dei figli?’ chiedo a Ryuu, curiosa.
‘Ma tu credi proprio a tutto!’
‘Credo che se arriveremo alle Pianure Verdi, ti nominerò Imperatore Vaffanculo!’
‘Molto divertente’ risponde per poi scoppiare a ridere.
‘E la storia dei capelli?’ gli domando un po’ scocciata dal fatto di essere stata, in fondo, presa in giro in qualche modo.
‘Quella era vera, stronza!’ risponde guardandosi per un attimo nello specchietto retrovisore, per poi scuotere il capo. ‘Lì, ti avrei volentieri ammazzata.’
Ridacchio. ‘Puoi sempre farlo… se Olaf non ti mette a tappeto’ rispondo. ‘Hai visto? è molto protettivo con me e pensare che ho sempre creduto mi odiasse profondamente.’
‘Elargire il piacere fa una certa presa… fidati’ ribatte.
‘Chissà se Titus sarebbe stato dalla mia parte… e Gwaniel…’
‘Ti mancherà la lingua biforcuta di Titus immagino… sono un po’ geloso sai.’
‘Mi mancherà il suo serpente, ma ora ho un drago… quindi… spero solo non te lo abbia tatuato addosso Zuleika’ ribatto.
‘No. Ce l’avevo già da prima, comunque quel tuo pensiero sullo strapparmelo via di dosso, scaglia dopo scaglia, spellandomi, mi ha vagamente turbato!’
Scoppio a ridere.
‘Passami una mela… ‘ dice Ryuu.
Ne afferro una dal borsone dietro e gliela porgo, perché la morda. Lui cerca di afferrarla con la mano ma io gliela muovo davanti alla bocca e lui le dà un morso.
‘Sarà difficile ricostruire tutto’ mormoro pensierosa.
‘Sarà divertente farlo insieme’ ribatte Ryuu. ‘E non farti venire strane idee con questa mela, se ripenso all’ultima volta che me ne hai data una viaggio, mi viene duro!’
Scoppio a ridere insieme a Ryuu. Non avevo mai riso così con qualcuno. C’è sempre una prima volta. Le sue labbra mi sfiorano le dita, la sua lingua indugia sulle mie falangi.
‘Imperatrice, hai mai fatto un pompino a qualcuno che sta guidando?’
‘è un ordine?’ chiedo seria.
‘Vuoi che lo sia?’ Vedo la vena del suo collo pulsare. è eccitante vederlo completamente vestito, con pantaloni e una maglietta e un giubbotto. è davvero stupendo. Ed è davvero mio. Ora anche io sento di appartenergli, in un certo strano modo e non mi dispiace affatto. Sento il sesso pulsare a ritmo con la sua vena.
‘Credo di sì.’

Fine.

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