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#numero 1

Fui svegliata, nel cuore della notte, da una voce che mi chiamava per nome. La voce di uno sconosciuto che aveva un tono flautato e suadente.
Mi sfregai gli occhi, tirandomi poi le lenzuola fino al mento, forse era solo l’eco di un sogno. La voce continuò a chiamarmi, da qualche parte, nel buio. ‘Samantha, svegliati. Devi venire con me.’
Sobbalzai, spaventata, il cuore che rullava nel petto. ‘Chi… chi c’è?’ I miei occhi si stavano abituando all’oscurità, e mi allungai verso il tavolino da notte tastando alla ricerca di qualcosa con cui difendermi. Mi ritrovai con il cellulare in mano. ‘Chiamo la polizia!’ quasi urlai.
La voce rispose con una risatina sommessa. Controllai il cellulare, non c’era campo! Come era possibile? ‘Cazzo!’ dissi in un impeto di rabbia. ‘Guarda che sono cintura nera di… (di che cosa, maledizione, ero solo cintura di shopping!) di tutte la arti marziali!’ dissi per poi sentirmi una perfetta idiota.
‘Cerca di restare calma, Samantha. è solo un esperimento, sono un alieno e ti porterò sulla nostra astronave…’ iniziò a dire la voce, in tono quasi sensuale.
Oh, questa poi!
‘Ah sì? Be’ se tu sei un alieno io ho dei poteri paranormali e adesso te li farò provare prendendoti a calci nel culo prima in modo normale, e poi quando cerchi di parartelo anche in modo paranormale!’ Lo interruppi cercando di mascherare il mio panico con un’uscita arrogante. Sapevo che spesso i pazzi maniaci avevano questa predilezione per il controllo, per le vittime indifese, be’ c’era ancora da vedere chi sarebbe stata la vittima, fra noi. Non volevo mostrargli tutto il mio terrore.
‘No, no. Non c’è bisogno di usare la violenza, verrai con me, ma non farai niente che non vuoi fare.’ Individuai da dove proveniva la voce: lì accanto alla porta della camera da letto. Ovvero l’unica mia via di fuga a meno di non gettarmi dall’ottavo piano.
‘E se non ci volessi venire?’ dissi incrociando le braccia sul petto.
‘Ti teletrasporterò!’ disse come se fosse la cosa più logica del mondo.
‘Oh, ma davvero? Vieni un po’ qui che ti teletrasporto anche io. In ospedale però: reparto traumatologico!’
‘Oh, sei così passionale, per questo abbiamo scelto proprio te.’ Disse la voce dell’essere che si spacciava per un alieno. (Un alieno! Ma si può?! Sii almeno onesto, depravato notturno, dimmi che sei qui per violentarmi e facciamola finita, abbi almeno le palle per dirlo!)
‘Be’, ‘Alien’ inizia pure a teletrasportarmi allora, se ci riesci! Vediamo un po’!’ Lo canzonai.
‘Sicura? Non vuoi prima vedermi, magari venire qui accanto a me? Sarebbe meno traumatico.’
‘Sei così cesso?’
Una risata. ‘Intendevo la sensazione del teletrasporto.’
‘Scusa ma i raggi luminescenti, l’astronave aliena, la luce bianca che entra prepotentemente dalla finestra e tutte quelle robe lì?’ domandai sardonica.
‘Roba da film!’
‘E il teletrasporto no!?’
‘Non è colpa mia se i registi ci scopiazzano le idee’ rispose. Poi udii uno schiocco di dita. La luce della mia camera da letto si accese e io mi avvolsi ancora di più nelle lenzuola, sotto indossavo una camicia da notte di pizzo che non avrebbe fatto altro che alimentare le malsane voglie di quel demente che si credeva alieno. Di certo aveva acceso la luce semplicemente pigiando sull’interruttore, era proprio accanto a lui. Uhm. Lo guardai: era una ragazzo più o meno della mia età, sulla trentina, alto, biondo, forse un po’ androgino. I capelli gli sfioravano il collo e aveva gli occhi di un blu molto intenso. Le labbra sensuali piegate in un sorriso.
Okay, se proprio mi voleva violentare giocando all’alieno… be’, non mi era andata tanto male. Forse lo avrei violentato io, era da un pezzo che non avevo un ragazzo!
‘No, resto qui’ dissi sistemandomi i capelli con una mano.
‘Come vuoi, Samantha.’ Seguì uno schiocco di dita e sentii il mio corpo formicolare. Era come se ogni particella fosse viva, e pulsasse. Come se dell’energia mi brulicasse sulla pelle, nel corpo, nel capelli e nella testa. Poi avvertii una sensazione strana, mi stavo sgretolando, la vista mi si offuscò. Gridai e cercai di aggrapparmi al materasso. Poi ci fu il buio totale per qualche istante. Chiusi anche gli occhi, l’unico modo per non vedere quella fredda oscurità penetrare in ogni mia cellula.
Quando li riaprii ero in un’enorme stanza, algida, azzurrognola, di freddo acciaio. Al centro campeggiava un letto dalle lenzuola di raso rosso. Sollevai lo sguardo: in alto c’era una sorta di balconata dove c’erano centinaia di persone, dall’aspetto vagamente simile a quello dell”Alieno’ che era venuto a prendermi.
‘Visto?’ disse quella voce ormai familiare alle mie spalle.
Deglutii, tornai a guardare il letto per un attimo, poi mi voltai di nuovo verso ‘Sexy Alien’. ‘Ma che è ‘sta cafonata?!’
Lui rise di cuore. Un mormorio serpeggiò fra il ‘pubblico’.
‘è l’Esperimento, Samantha. Vogliamo capire per bene come funziona il sesso fra voi umani. è chiaro che non è solo un metodo per riprodursi, c’è qualcosa di più… qualcosa che ci sfugge. Vogliamo cercare di capire meglio di cosa si tratti.’
Sta a vedere che ieri sera ho esagero con la Tequila. Sta a vedere che è un incubo.
‘Ti va di provare?’ mi chiese Sexy Alien, mettendomi una mano sulla spalla nuda. Sentii la pelle formicolare nel punto dove mi stava toccando, mi ritrassi. E mi accorsi di essere nuda. Completamente.
‘Ma non li hai… ehm… teletrasportati i miei vestiti, imbecille?’
‘Sarebbero stati inutili.’
‘Erano solo pochi grammi di pizzo, demente! Che ti costava?’ Mi coprii le tette con una mano e il sesso con l’altra. Dall’alto serpeggiarono delle risatine.
‘Rilassati, Samantha. Voi umani vi vergognate della nudità, ma la utilizzate come arma di seduzione, la utilizzate nelle pubblicità, la utilizzate in mille modi… è inspiegabile.’
‘Ora te lo spiego a scafazzoni!’ Cercai di dargli uno schiaffo. Lui si spostò così in fretta che per un attimo pensai che si fosse smaterializzato. Mi avevano drogata! Di sicuro!
Riportai la mano sulle tette e sibilai: ‘Cagasotto alieno!’
Una voce metallica invase la stanza: ‘Unità Milletrecento, lascia il laboratorio e fai entrare l’umano di sesso maschile. Procedere, prego.’
‘Devo andare’ disse Sexy Alien stringendosi nelle spalle. ‘Ordini superiori’ aggiunse puntando un dito in alto.
‘No, aspetta, checcazzo!’
Si smaterializzò ‘per sul serio’. E io rimasi a fissare il punto dove era stato fino a poco tempo prima come una cretina. Le luci si abbassarono, mi voltai verso il centro della stanza: solo l’enorme letto era illuminato, come fosse sotto a un riflettore, in più c’era anche una luce sotto, azzurrognola. Come fosse il letto di Fast & Furious. Il pubblico era nascosto dal buio. Il silenzio totale. E io dissi, quasi cantilenando per prenderli in giro: ‘Ehi, ‘alieni’, se pensate che ‘sta roba sia sexy siete fuori strada!’
Nessuna reazione. Ma si accese un nuovo riflettore, tipo occhio di bue. Illuminava un uomo all’altro lato della stanza, prestante, dal fisico statuario, i capelli scuri, corti. Lo guardo attento e la mascella volitiva. Sembrava un gladiatore. Okay, quello era sexy. Era nudo anche lui ma non sembrava imbarazzato quanto me, mi sorrise quando i nostri sguardi di incontrarono.
Gli feci un cenno di saluto con una mano, inebetita. Per poi ricordarmi che ero nuda e coprirmi di nuovo le tette. ‘Cazzo!’ sussurrai.
‘AVVICINATEVI’ tuonò la voce metallica.
‘Ehi, vacci piano, ‘Voce del Padrone’!’ risposi.
L’uomo ‘illuminato’ scoppiò a ridere e prese ad avvicinarsi al talamo con piglio sicuro, i suoi passi rimbombavano sul pavimento di acciaio. Si muoveva come se stesse sfilando e l’occhio di bue lo seguiva. Avevo anche io un riflettore puntato addosso. La sensazione era piuttosto strana. Anzi estraniante.
‘Quel… quel tipo… il palestrato, è vero?’ domandai incerta.
‘VERO COME TE’ rispose la voce.
‘Posso parlare con l’altro? Il Sexy ehm… l’alieno coraggioso che è venuto a prelevarmi? No perché questa tua voce metallica mi fa sentire proprio a disagio…’ provai a dire.
‘Sono qui, Samantha’ disse la voce di Sexy Alien, da qualche parte, praticamente in filodiffusione. ‘Fai come ti è stato detto e ricorda: non sei costretta a fare nulla che tu non voglia.’
‘Eh, ma io lì non ci voglio andare, c’è un conflitto in quello che mi dici!’
Lui rise. ‘Fai almeno un tentativo, non ti piace quell’uomo?’
Guardai il palestrato. Be’ dire che non mi piaceva sarebbe stato un azzardo (e una bugia). Il manzo in questione si stava arrampicando sul letto con movimenti sensuali, senza staccarmi gli occhi di dosso.
‘è solo un sogno, di sicuro è solo un sogno indotto dalla mia scelleratezza alcolica, e quindi non c’è nulla di male’ mi dissi.
‘Okay’ mormorai avvicinandomi anche io al letto, l’occhio di bue a seguirmi. ‘Non è che si può spegnere questo riflettore? Mi sento ridicola.’
La luce si abbassò diventando più fievole. Apperò! ‘Non è che potrei avere un drink? Qualcosa di forte? Magari un cocktail con un ombrellino dent…’ non feci in tempo a finire la frase che accanto al letto comparve, come per magia, un tavolino di acciaio sui cui c’erano due bicchieroni di un cocktail non meglio identificato, completi di ombrellini, fiori, e ghiaccio tritato.
‘Grazie! Grazie mille!’ Ne afferrai uno, sapeva un po’ di menta e un po’ di zenzero. Era molto alcolico, mi scaldò lo stomaco, incendiandomi le viscere, ma lo tracannai fino in fondo, guardando il palestrato da sopra al bordo. L’ombrellino a solleticarmi una guancia. Il palestrato sorrise senza aprire la bocca, il suo guardo si posò sulle mie tette, e io tolsi anche la mano dal pube. Mi ero fatta la brasiliana da poco, era giusto che avesse anche lei il suo attimo di gloria -nel mio sogno- mentre mi stavo praticamente ubriacando.
Poi ebbi un’illuminazione! ‘Potrei avere anche un milione di euro, per caso? Vanno bene anche senza ombrellino!’
La voce metallica disse: ‘NO.’
‘Merda!’ Il Palestrato sollevo un sensuale sopracciglio.
Poi sentii la voce di Sexy Alien: ‘Però ci sarà un compenso per te, per ogni terrestre con il quale ti accoppierai ti accrediteremo trentamila euro. Ti va bene?’
Mi sentii subito eccitata, eccitatissima. La passera già si bagnava all’idea dello shopping. Poi i miei tabù presero il sopravvento. ‘Eh ma così mi sentirei una puttana…’ dissi appoggiando sul tavolino il bicchiere vuoto con l’ombrellino sconsolato, come me.
Sexy Alien disse: ‘Sentirsi una… ‘puttana’ è una fantasia comune a molte femmine terrestri. Ti stuzzica?’
No! No, no, no, no! Be’… forse un pochino. Magari l’idea di essere ‘costretta’ a fare sesso con quel manzo supersensuale non era tanto male.
‘Uhm… no, mi fa sentire svilita come donna!’ affermai decisa.
‘Cinquantamila?’ rilanciò Sexy Alien.
Okay, non c’era nulla di male a sentirsi un po’ svilita, e poi era solo un sogno…
‘Okay, andata. Però lo faccio solo perché così potrò saldare il mutuo.’
Non seguirono commenti. Il palestrato mi fece cenno con un dito di raggiungerlo. Mi sedetti sul letto e gli diedi un bacio sulla guancia, tipo terza elementare. ‘Pagano anche te?’ sussurrai.
‘Sì, anche a me cinquantamila. Per un massimo di tre donne. Erano partiti con diecimila, quindi ritieniti fortunata. è stata una lunga trattativa.’ Aveva una bellissima voce, un po’ roca, profonda. E profumava di mirra indiana, ma non troppo.
‘E io sono la numero… ?’
‘Tre’ rispose lui baciandomi una clavicola. La sua lingua era calda e il mio stomaco pieno di quel cocktail esplosivo. ‘E la più bella.’ La mia passera mi disse che in fondo non sarebbe stato un gran sacrificio. Occhieggiai il cazzo già in tiro dell’uomo, non era mica male. Mi avrebbero anche pagata! Mi eccitai ancora un po’. Ma mancava qualcosa… ecco sì!
‘Si potrebbe avere della musica?’ domandai guardando in alto.
Seguì un istante di silenzio, il palestrato mi disse: ‘Mi chiamo Jack’. Poi si abbassò a sfiorarmi un capezzolo con le labbra, mentre con una mano prendeva a segarsi lentamente. A quel punto partì la colonna sonora di ‘Momenti di Gloria’.
‘Un po’ troppo!’ Quasi gridai. La bocca di Jack sorrise sui brividi dei miei capezzoli. ‘Qualcosa di meno impegnativo?’
Stop a Vangelis, e partì ‘Andiamo a Comandare’. Spinsi via Jack e la sua bocca. ‘State scherzando?’ Jack sorrise rovesciando indietro la testa. Era davvero figo.
La musica si interruppe e partì ‘Careless Whisper’. ‘Un po’ meglio’ farfugliai mentre Jack iniziava ad accarezzarmi il ventre con movimenti pigri.
‘Eh meno male’ borbotto Sexy Alien, in filodiffusione. ‘Non è che abbiamo tutta la discografia terrestre!’
Sorrisi di nascosto. Sì, però avevate ‘Andiamo a Comandare’, mi vergognai per il genere umano ma solo per alcuni istanti, perché poi Jack si impadronì della mia bocca e della mia lingua e un po’ anche dei miei pensieri. Oh, baciava bene, talmente bene che iniziai a toccarlo. Dapprima un po’ impacciata, ma poi in modo sempre più audace. La pelle setosa, le spalle muscolose, i pettorali scolpiti, gli addominali sodi… il cazzo così duro! Continuammo a baciarci finché lui non mi spinse fra i cuscini di raso rosso. ‘Dimmi il tuo nome…’
‘Amanda’ mentii come facevo sempre con quelli con cui mi facevo una sveltina.
‘SAMANTHA!’ specificò la voce metallica.
‘STRONZO!’ dissi guardando in alto, in un punto imprecisato.
Jack rise e sussurrò: ‘Non importa. Sei fantastica, Amanda-Samantha!’ Mi baciò di nuovo, forse con la bocca impegnata dalla sua lingua ero più sexy. Non sapevo bene cosa fare, ero frastornata, eccitata e un po’ indecisa, di certo non ero del tutto a mio agio e l’intervento della voce metallica aveva contribuito a spezzare il momento magico. Ma Jack prese subito il comando (forse la canzone precedente lo aveva ispirato) e iniziò a masturbarmi. Staccò la bocca dalla mia solo per dire: ‘Sei pronta? Scopiamo?’
Cinquantamila euro, una bocca sexy, un bel cazzo e una folla di pseudo alieni a guardarci. Okay, era imbarazzante e anche un po’ eccitante, quindi… perché no?
‘Sì’ mormorai in un gemito strozzato. Mi penetrò subito.
Due colpi ai quali feci appena in tempo ad abituarmi, poi mi rigirò come se fossi un fuscello fra le sue mani e mi mise a pecorina. Avrei voluto ribellarmi… forse essere un po’ più attiva, magari scoparlo a smorzacandela (tanto per essere certa di godere) ma non ne ebbi il coraggio. ‘Cinquantamila euro’, pensai, ‘non fare troppo la schizzinosa!’.
Lui mi penetrò di nuovo e prese scopare come un dannato, mi teneva le mani sui fianchi e mi stantuffava dentro a tutto spiano. ‘Okay, dai, magari vuole solo caricarsi. Non deve essere facile neanche per lui’, pensai. Non mi sentivo molto coinvolta, continuavo a sbirciare l’altro bicchiere, quello ancora pieno, e la mia voglia cresceva. La voglia di bermelo tutto, intendo!
Mi accorsi che la prestazione di Jack il Manzo, stava per concludersi dai suoi gemiti e dai movimenti sempre più convulsi. No! Io non ero venuta. Merda, merda, merda! Non che mi fregasse molto, ma per una questione di orgoglio prettamente terrestre volevo che anche lui -seppure non lo meritasse- facesse una bella figura. Per il genere umano intendo. Dopo ‘Andiamo a Comandare’ non potevamo fare credere a una razza, più evoluta, che non capiva il sesso, che nemmeno i terrestri erano poi tanto bravi a capirne appieno il funzionamento.
Presi a sgrillettarmi furiosamente, alla ricerca di qualcosa di tremendamente eccitante a cui pensare. Mi vennero subito in mente i cinquantamila euro, che puttana (svilita!)! Che terrestre, poi! Cercai di pensare a qualcos’altro e, non so perché, mi sovvenne l’immagine di Sexy Alien. Così androgino, sicuro di sé ma un po’ particolare, come se nascondesse un’innata sensibilità difficile da scorgere, solo suggerita. Immaginai che la mia mano fosse la sua, che mi toccasse, curioso di scoprire come fosse masturbare una passera terrestre… quelle dita lunghe e delicate come quelle di un pianista dentro di me e il suo viso impegnato da un’espressione sensuale, gli occhi di quel blu così intenso velati dalla passione… e godetti proprio mentre lo faceva anche Jack il Manzo. Si lasciò ricadere affannato accanto a me, la fronte e il petto imperlati di sudore. ‘Piaciuto?’
Ero ancora quattrozampata, e anche un po’ infastidita. Quella storia del patriottismo terrestre mi scocciava, ma ancora di più ero scocciata dall’essermi dovuta autoeccitare pensando a un alieno, mentre scopavo con un tipo come quello. Un bell’uomo, un bel cazzo, un bel fisico, ma se non sai utilizzare bene le tue armi… be’ è un po’ come essere quasi disarmato. Mi inginocchiai e mi coprii pudicamente con le lenzuola di raso rosso, anche se ormai avevano visto -tutti quanti- tutto quello che c’era da vedere. Annuii. ‘Certo, è stato fantastico’ dissi con un sorriso. Quante altre volte lo avevo detto a un terrestre?
Sentii un capogiro, forse il cocktail, forse il sogno era un po’ troppo vivido.
‘Hai goduto, Jack?’ chiese la voce suadente di Sexy Alien.
‘Ah-ha! Di brutto!’ rispose lui alzandosi senza neppure accennare a salutarmi. Mi morsicai un labbro.
‘Hai goduto, Samantha?’ chiese Sexy Alien.
‘Sì’ mormorai un po’ immusonita, e bagnata fra le cosce.
‘Benissimo. Jack, credo non ci vedremo mai più, grazie per il tuo contributo’ disse la voce di Sexy Alien e io pensai : ‘Sì, spero di non rivederti più nemmeno io e grazie di niente!’.
Jack si smaterializzò in un istante, a pochi minuti dalla scopata, come del resto è spesso tipico dei maschi terrestri, seppure non dotati di teletrasporto.
A quel punto mi venne un dubbio prettamente femminile: e se fossi rimasta incinta?
‘Ehi… voi, lassù, non c’è mica il rischio che io rimanga incinta?’ domandai un po’ piccata.
La voce di Sexy Alien spiegò: ‘No, Samantha. Abbiamo preso le necessarie precauzioni, non ci saranno conseguenze.’
Rilassai le spalle e la voce di Sexy Alien disse: ‘Fra poco ci sarà un altro esperimento, desideri farti una doccia?’
Come? Un altro? Subito?
Altri cinquantamila euro facili facili!
‘Va bene, e okay per la docc…’ non riuscii a finire la frase che sentii di nuovo tutta la solfa delle pelle che formicolava, un attimo di buio, un momento di panico e smarrimento e mi trovai in un bagno tutto in acciaio; era di foggia futuristica, con accessori che non avevo mai visto, ma ingentilito da un vaso di fiori terrestri. Sorrisi. Individuai la doccia, ci entrai. Ogni parete era d’acciaio tranne il vetro smerigliato. C’erano un sacco di pulsanti e provai a premerli a caso finché l’acqua non prese a scorrere. Ghiacciata!
‘Cazzo!’ urlai.
‘Pulsante giallo per regolare la temperatura’ disse qualcuno aldilà del vetro. Era la voce (e la sagoma smerigliata) di Sexy Alien. Ovviamente era appena comparso, come si usava lì.
‘Grazie’ dissi premendo il pulsante. ‘Un po’ di intimità no, eh?’ Misi la testa sotto al getto tiepido.
‘Non guardo mica, c’è il vetro. E poi non penso tu abbia parti del corpo che ancora non ho visto. Pulsante azzurro per i detergenti’ mormorò divertito.
‘Oh, lascia perdere’ borbottai insaponandomi per bene.
‘Hai goduto, Samantha?’
‘Ti ho già detto di sì’ risposti un po’ stizzita.
‘Ma c’erano anche gli altri, adesso te lo sto chiedendo io.’
Sentii una sferzata di adrenalina, del tutto indesiderata e anche del tutto immotivata, sferzarmi il bassoventre.
‘Sì, ho goduto.’
‘Ti sentiresti di spiegarmi in che modo?’
Mi andò il sapone negli occhi e mentre cercavo di ripulirmeli risposi di getto: ‘Con un orgasmo!’
‘Questo lo so, ma cosa lo ha fatto scattare? Il coito o la tua mano che…’
Avvampai, insaponata, imbarazzata e un po’ accecata.
‘La seconda.’
‘L’uomo non era di tuo gradimento?’
Riuscii a ripulirmi dal sapone, e restando ferma sotto al getto dell’acqua, fissai la sagoma di Sexy Alien attraverso il vetro smerigliato. Era come se ci guardassimo negli occhi anche se, oggettivamente, non era così.
‘Sì, lo era. Ma non è quello, cioè l’orgasmo per una donna è una cosa fisica ma anche un po’ mentale.’
‘Cosa intendi dire?’
L’acqua mi scrosciava attorno, la sua sagoma si mosse come se si appoggiasse al muro, una gamba ripiegata.
‘Saperlo fa parte dell’esperimento?’ domandai con le mani sui fianchi.
‘No, l’esperimento è tutto quello che avviene nel laboratorio. è solo che io vorrei capirci qualcosa in più.’
‘Su di me?’ Sentii il cuore rullare in modo sconsiderato.
‘No, sulle donne terrestri’ rispose come se fosse ovvio.
Il cuore si calmò. Appoggiai i palmi al vetro. ‘è stato tutto un po’ troppo veloce, ha pensato solo al suo piacere e poco al mio. E poi il piacere parte dal cervello. Sapevo che lui mi desiderava ma solo fisicamente, e che… che era solo un vostro esperimento capisci?’
‘Più o meno. Ti avevamo anche messo delle sostanze afrodisiache nel drink, anche il suo profumo lo era. Non è bastato?’
‘Credo di no.’
‘E la tua mano, sì?’
‘Sì.’
La sagoma si avvicinò e appoggiò il palmi sul vetro, in corrispondenza ai miei. Li sentii fremere, e sentii la mia pelle fare altrettanto.
‘Hai usato anche il cervello quindi? Dei ricordi, forse?’
‘Più o meno. Forse più qualche fantasia.’
Strinse le mani a pugno, poi le staccò dal vetro.
‘Sei pronta per il nuovo esperimento? Pulsante viola per asciugarti.’
Sospirai. Pigiai il bottone e in un attimo fui investita dall’aria calda. Asciutta. ‘Altri cinquantamila?’ chiesi in un soffio.
‘Sì.’
Sentivo ancora i palmi brulicare di energia. Sentivo anche il mutuo da saldare e una bella vacanza avvicinarsi.
‘Sono pronta.’
‘ Continua … #numero due

Credevo che Sexy Alien mi avrebbe subito teletrasportata in quello che lui chiamava ‘laboratorio’, ovvero la stanza con il letto dalle lenzuola di raso rosso, ma esitò. E io rimasi lì, nuda ma asciutta nel futuristico box doccia. ‘Cosa?’ gli domandai secca attraverso il vetro smerigliato.
‘Mi chiamo Zomol Adreik, ma è solo il modo in cui lo pronuncerebbe -o tenterebbe di farlo- un terrestre. Non sapresti dirlo nella mia lingua’ mormorò lui come se sputasse fuori la parole, quasi ci avesse pensato fino a qual momento. Poi rimase in silenzio, attendendo (credo) la mia reazione. Forse faceva parte del suo modo di ‘studiarmi’.
Aprii il vetro della doccia e lo guardai dritto nei suoi occhioni blu. ‘E allora? Sembra il nome di un antibiotico!’
Indietreggiò leggermente, forse colto di sorpresa dalla mia improvvisa irruenza. ‘Pensavo volessi saperlo’ disse, poi la mascella gli si contrasse in un leggero tick nervoso e io mi pentii di essere stata tanto brusca. Ma lo avevo fatto apposta, per ferirlo, perché in qualche modo mi aveva ferita quando aveva detto che gli interessava conoscere meglio le caratteristiche delle donne terrestri e non proprio le mie, quelle di Samantha.
‘Sono solo un esperimento, no? Perché mai dovrebbe interessarmi il tuo nome?’ Dissi affondando la lama tagliente delle parole.
‘Credevo che ci fosse della sintonia, fra Samantha e Zomol Adreik, visto che durante l’esperimento avevi chiesto specificatamente di comunicare con me’ rispose lui senza staccare gli occhi dai miei.
Aveva pronunciato il mio nome lentamente come se accarezzasse ogni lettera con la voce, e avevo provato quello strano brividino che si avverte quando ti spazzolano i capelli.
‘No. è che mi danno ai nervi le voci metalliche, Andrè!’ risposi con un’alzata di spalle.
‘Ho capito. Zomol Adreik, comunque. Zick per gli amici’ precisò lui
‘Come vuoi.’
Allungò una mano e prese una delle mie, avvertii una lieve scossa elettrica diramarsi dal palmo fino al gomito, durò un istante, poi mi sentii disgregare e mi ritrovai nel ‘laboratorio’. Davanti al letto, da sola. Senza la mano di Antibiotico a stringere la mia.
Mi sedetti fra le lenzuola; erano blu intenso stavolta, ugualmente setose. La stanza era già in penombra, non vidi gli alieni sulla balconata, ma sapevo che c’erano, la luce tenue di un riflettore accarezzava il mio corpo nudo.
Attaccarono di nuovo con ‘Careless Whisper’. Sospirai. ‘Cambiamo musica?’
Sentii la canzone stopparsi. Dopo pochi istanti arrivò la colonna sonora di Indiana Jones. Sbuffai.
‘Non ci siamo, eh! Ci vuole qualcosa di romantico, che crei atmosfera, non che ti faccia venire voglia di schioccare una frusta!’
Anche se… uhm… in effetti…
‘Nothing compares to you’. Incurvai le spalle, o che ti faccia venire voglia di tagliarti le vene e/o di strappartele a morsi.
Tuttavia lasciai perdere, anche perché un riflettore illuminò un ragazzo sulla ventina nel punto in cui era comparso Jack il Manzo. Questo non era un manzo, più un agnellino, con il fisico da lanciatore di teorie del complotto, e un paio di occhiali spessi due dita. Si copriva le pudenda con le mani. Mi misi io stessa una mano davanti agli occhi. ‘No’ mormorai a bassa voce sbirciando fra le dita aperte.
Il Nerd domandò, con voce tremante: ‘Mi darete davvero cinquemila euro per andare a letto con quella biondazza?’
‘No, eh!’ mormorai più forte, inclinando la testa..
‘ESATTO, umano chiamato Eugenio De’Silvestri!’ disse la voce metallica.
‘Parliamone… dove sei Andre… Antibiotico?’
La voce di Sexy Alien bisbigliò: ‘Sessanta’ mimetizzando la cifra con un colpo di tosse, palesemente finto.
‘Cocktail, doppio!’ dissi.
Comparve il solito tavolino, il cocktail era così grande che l’ombrellino pareva minuscolo, ci sarebbe voluto un ombrellone miniatura al suo posto.
Lo afferrai e iniziai a bere, evitando di guardare il Nerd. Sessantamila, più cinquantamila… centodiecimila. Sì, lo avrei fatto. Con la coda dell’occhio vedevo il cono di luce del Nerd farsi sempre più vicino al letto. Avrei lavorato un po’ di fantasia. Magari ero io stessa -o qualcuno come me- la fantasia di quel ragazzino impacciato, chissà come la cosa mi eccitò. Uhm… quanto afroalienidisiaco avevano messo nel mio cocktail?
Quando il ragazzo si sedette sul letto passai il bicchiere anche lui. ‘Bevi. Mi chiamo…Aman… Samantha’ mormorai. Sembrava davvero a disagio e provai un moto di solidarietà per lui. Un tempo ero stata anche io imbranata. Lui afferrò il cocktail e mi lanciò uno sguardo imbarazzato, abbassai gli occhi sul suo cazzo. Cazzo! Era già eretto ed era davvero… ehm, notevole! Lui bevve. Io mi morsi un labbro. Chissà se lo sapeva usare. Si scolò il drink e mi porse una mano: ‘Piacere, Eugenio’.
Gliela strinsi, lui la ritrasse subito dopo, coprendosi di nuovo il pisellone. ‘Dovremmo… ehm… fare sesso’ dissi cercando di non essere troppo aggressiva. Più lo guardavo più mi sentivo protettiva, invece che peccaminosamente eccitata. E anche un po’ una milf, ma solo in un punto della mente che ignoravo, o almeno tentavo di farlo.
‘Lo so… è che io…’ sussurrò. Si tolse gli occhiali, senza non era tanto male: quel drink era miracoloso.
‘Non sarà mica la tua prima volta?’ gli chiesi inorridita.
Lui fece immediatamente dei vigorosi cenni di diniego con il capo. ‘Diniegava’ un po’ troppo alacremente. Mi insospettii.
‘Vero?’ aggiunsi.
‘Giuro, sarebbe la terza!’ rispose contrito, senza staccarmi gli occhi dalle tette.
Ah. Oddio. La Terra stava per fare una figura di merda. ‘Capisco’ gli dissi, accarezzandogli dolcemente un braccio. ‘Andrà tutto bene, vedrai, tu pensa solo che…’
Sollevò lo sguardo. ‘Contando la volta in cui sono venuto strusciandomi di nascosto addosso a una tizia in metropolitana’ aggiunse per poi abbassare la testa.
Oh, merda, merda, merda! Devi scoparmi, ragazzino pervertito, altrimenti addio sessantamila!
‘Be’, ma comunque questa non sarà la prima volta. Ehm… l’altra come è andata?’
‘Bene!’
Oh, che sollievo! ‘A lei è… è piaciuto?’ gli domandai speranzosa.
Lui sollevò il viso e sorrise a tutto spiano. ‘Tantissimo! Pensa che mi ha fatto pure lo sconto!’
Mi misi una mano davanti alla bocca. ‘Andreantibiotico? Ma con quale criterio scegliete gli umani per gli esperimenti?’
‘Attitudine’ rispose lui, ermetico, e filodiffuso.
Attitudine, quindi ero una puttana, adatta a essere corrotta con il denaro, e con un’attitudine a farlo e a scopare con chicchessia. Anche con un ragazzino un po’ imbranato.
Uhm… da quanto mi tenevano d’occhio? Solo perché una volta mi ero fatta pagare le vacanze dal mio ex, e un’altra mi ero fatta regalare un anello (da un altro ex) e cambiavo spesso ragazzo, non voleva dire che… oh, al diavolo. Era uno di quei momenti ‘Oh, vaffanculo, cazzo’, uno di quelli in cui ti rendi conto di essere nella merda, di essere una brutta persona, e che non te ne può fregare di meno.
‘Devo usare un profilattico?’ mi chiese Eugenio.
‘Naaa, pensano a tutto gli ET!’ risposi di getto. ‘VERO?!’
‘ESATTO’ rispose la voce metallica.
‘Eugenio, tesoro, devi solo…’ Devi solo scoparmi, santo cielo!
‘Ti va?’ mi domandò lui osando toccarmi una ciocca di capelli.
‘Mi va… mi va sono due parole grosse quasi quanto il tuo cazzo’, pensai. Però ormai c’ero, ero lì e non mi sarei fatta mettere sotto dall’imbranataggine di un ragazzino. O meglio, mi sarei fatta mettere sotto eccome, o forse io lo avrei messo sotto!
Dovevo solo eccitarmi per bene. Il problema era che l”imbranato, nonostante la sua imbranataggine, era pronto e io, nonostante il drinkalienafrodisiaco, mica tanto.
Baciarlo non mi attirava molto, però poi pensai che le puttane non baciano, lo avevo imparato da Pretty Woman, quindi decisi di farlo. Incollai la bocca alla sua e cercai di coinvolgerlo in un bacio. Sbavava.
Aiuto.
‘Non so se…’ iniziai a dire.
‘Usa il cervello’ sussurrò in filodiffusione la voce di Antibiotico, sapevo che si riferiva alla nostra precedente conversazione. Però per un istante pensai che si riferisse all’ipotesi di perdere i soldi e una scintilla di rabbia mi accese il cervello, tipo fiamma pilota per una caldaia. Okay, avrei scopato per soldi. Di nuovo. Davanti a tutti quegli alieni. Di nuovo. Ma non avrei fatto una magra figura. (Di nuovo!)
Immaginai che lui fosse una specie di sultano di qualche Harem, e che io fossi la sua concubina, che se non gli avessi dato piacere mi avrebbe fatto decapitare. Immaginai che volesse possedermi da anni, che non vedesse l’ora di farlo. Immaginai anche di essere la fantasia sessuale più ardita di un Nerd, che fossi la donna sulle cui foto si segava ogni sera, prendendole dalle riviste. Immaginai di essere ultrastrafigherrima su quelle dannatissime pagine patinate dove indossavo capi all’ultima moda e Louboutin all’ultima carta di di credito.
La mia passera mi inviò un messaggio poco incoraggiante, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto la mia immaginazione. ‘Vuoi toccarmi le tette?’ Mi morsicai un labbro subito dopo averlo detto. Sembravo un film porno low cost. Molto low.
‘Posso?’
Sospirai quasi in sordina. Sarà molto dura. ‘Certo!’ Gli afferrai una mano e mi schiacciai una tetta, calcandoci sopra il suo palmo, tastando. Chiusi gli occhi, pensai a qualcosa di eccitante, tipo essere lì con Jason Bourne. Solo che la mano di quello che tentavo con tutte le mie forze di immaginare come Matt Damon era molliccia e un po’ sudata. Per rispetto a Matt Damon scacciai quella fantasia.
‘Fammi tutto quello che vuoi!’ dissi sollevando il mento, sicura che la cosa lo avrebbe eccitato, e mi sarei eccitata anche io, lì, in balia di un adolescente arrapato, che mi avrebbe fatto cose indicibili contro la mia volontà! Chiusi gli occhi in attesa che facesse la sua mossa lasciva, che mi ricoprisse il corpo di saliva, o che mi si strusciasse addosso anche se io non volevo (non tanto almeno). Attesi.
Attesi ancora un po’… la canzone stava finendo. Loro la rimisero da capo avvilendomi ulteriormente. Socchiusi una palpebra. ‘Be’, e allora?’ dissi a Eugenio.
‘Se potessi fare tutto quello che voglio mi farei un selfie con te, e lo posterei subito su Facebook, ma mi hanno tolto il telefono…’ piagnucolò lui.
Spalancai gli occhi. ‘No, selfie! Basta segoni, basta vorrei ma non posto, scopare!’ Dissi scocciata, parlandogli come se fosse rincoglionito. Poi lo spinsi giù e mi sedetti a cavalcioni su di lui, strusciando il mio sesso poco entusiasta sul suo cazzo duro.
Devo eccitarmi… devo eccitarmi come posso. Come posso eccitarmi? Non ho nemmeno la misera gioia di sverginarlo, ci ha pensato una professionista molto più professionale di me!
Quel maledetto AntibioticAlien mi era entrato nella mente, nei pensieri e prima, pensare a lui, mi aveva eccitata. Immaginai che ci fosse lui sotto di me, quei suoi profondi occhi blu a fissarmi, increduli, eccitati. La sua prima volta con una terrestre. Un alieno che mi aveva rapita pur di costringermi (più o meno) a fare sesso con lui. Venuto da una Galassia lontana per farmi venire, per sbattermi come la maionese; per farsi sverginare da Samantha, la donna con quasi centodiecimila euro da spendere e spandere! Tornai con la mente al momento in cui ZoticAntibiotic mi aveva presa per mano, quel brulicare di energia sottopelle, e poi la sensazione di essere scrutata mentre facevo la doccia. Fantasticai che fosse entrato nella doccia e che mi avesse scopata perché non ne poteva fare a meno. Il suo cazzo alieno a elettrizzarmi la passera dall’interno, l’energia che mi vibrava dentro… e lui che mi diceva che non aveva mai conosciuto una Terrestre come me…
Mi bagnai, afferrai per bene e il cazzo del Nerd e me lo feci scivolare dentro con facilità. Lui gemette. Io sorrisi. Mi raddrizzai, cercando di prenderlo tutto quanto. Pensai che Zomol Adreik -un cazzo che ti scopa ti fa tornare una certa lucidità di pensiero- mi stesse guardando. Che si stesse beando delle curve del mio corpo, della sinuosità dei miei movimenti, che stesse immaginando di essere al posto del ragazzino e presi a scoparlo con foga, fregandomene del pubblico, della musica triste e di come mi fossi sentita umiliata.
Non ero umiliata, ero una valchiria che cavalca uno stallone a pelo, una Geisha che soddisfa il suo Danna, un’amante desiderata, una donna dai mille volti, e soprattutto, una donna con tanti soldi e la possibilità di guadagnarne ancora. Tutto in una notte. Sì, mi eccitai, scopai i ragazzino con forza, mi afferrai anche alla testiera del letto, per imprimere più forza. ‘Ti piace così?’ chiesi al ragazzino.
‘Da… da morire!’
‘Ti ha scopato così la troia con cui sei stato?’ gli domandai, dimentica di ogni remora, e anche di rischiare di umiliarlo.
‘No. Lei… è rimasta solo ferma’ rispose ansante, iniziando a venire incontro ai miei movimenti pelvici.
Gli presi le mani e me le misi sulle tette. ‘Godi, fatti scopare, scopami e godi!’ Gli ordinai, muovendomi sempre più in fretta, le mie pareti che godevano dei movimenti del coito e la mente infiammata dalle mie perverse e indomite (o quasi) fantasie. Ero consapevole di ogni centimetro della mia pelle, immaginavo gli occhi di Zick accarezzarmi, sfiorarmi con la mente, tutta quell’energia che emanava ad accarezzare le particelle eccitate del mio corpo di donna sperimentale.
Il mio orgasmo arrivò repentino, come non era mai successo. Forse autoindotto da quella voglia di sentirmi un po’ porca, un po’ seduttrice e un po’ puttana, ma soprattutto dall’idea di essere osservata (attentamente) da Zomol Adreik. Volevo che mi desiderasse da impazzire, che l’energia gli fremesse dentro come sangue bollente, che desiderasse essere al posto del Nerd.
Eugenio venne, godendo dentro di me con un gemito liberatorio, il viso in fiamme. Forse sarebbe stato per sempre un sottomesso, sperai che gli cancellassero i ricordi. Ero stata pessima. Tutta la gentilezza e il romanticismo che avevo pensato di usare con lui, per rendergli l’esperienza piacevole e memorabile, erano andati a farsi fottere, proprio come me.
La voce metallica domandò: ‘Hai goduto Eugenio?’
Mi chiesi perché non fosse stato Zomol Andreik, Zick, per gli amici, a chiederlo. Non è che se ne era andato?
‘Sì, sì, grazie! Pazzesco!’ rispose il ragazzino. Poi si spostò e mi baciò sulla guancia. ‘Grazie Samantha, sei fantastica.’
Chissà perché mi sentii sull’orlo delle lacrime. Sorrisi e gli diedi un buffetto sul naso. ‘Ci sono ragazze migliori di me in giro, cercale… e non pagarle. Anche se ora puoi permettertelo!’ gli dissi. Lui annuì, gli occhi ancora velati dal piacere.
La voce metallica lo congedò. Eugenio si smaterializzò all’istante. Strinsi i denti. E poi la voce mi chiese: ‘Hai goduto, Samantha?’
Ricacciai indietro le lacrime. ‘Sì, ho goduto!’ Sollevai il mento, guardando in alto, verso la balconata che non scorgevo più, fiera come tutte le donne che avevo finto di essere per riuscire a godere.
‘Ho ancora un esperimento vero? Poi posso andare?’ domandai senza più preoccuparmi di coprirmi con le lenzuola.
‘Sì, Samantha’ rispose la voce metallica. Sentii qualche commento in una strana lingua serpeggiare in alto. ‘Un’altra doccia?’
‘Certo. E… dov’è… Zomol Adreik?’
‘Qui, accanto a me. Stiamo valutando i dati degli esperimenti;è occupato.’
Un tuffo al cuore. Poi mi smaterilizzarono, teletrasportandomi nel bagno dalle fredde pareti in acciaio.

– continua- #numero 3

Entrai nella doccia, pigiai il pulsante giusto poi un altro, mi insaponai e poi mi rincantucciai a terra, lasciando che l’acqua ripulisse la mia pelle e i miei pensieri.
Ero stata una donna diversa, per certi versi più libera di quanto non fossi mai stata, in quel letto dalle lenzuola di raso, seppure, in qualche modo, prigioniera. Ero stata disperata,eccitata, spaventata, determinata. E un po’ ero stata me stessa fino in fondo. Quella che non molla mai, quella che non cede mai, quella che se ha paura lo nasconde, perché la paura altrimenti ti mangia.
Ero stata anche una donna con una grande, grande fantasia. E anche un pochino una stupida a pensare di sedurre un Alieno. Un po’ meno stupida a guadagnare tutti quei soldi per due scopate. Del resto ero stata a letto con individui che, alla fine, si erano rivelati ben peggiori. E gratis! A meno che non mi trovassi in un sogno, ma lo credevo sempre di meno. Era tutto troppo vivido, tutto troppo reale.
Inspirai a fondo, se era tutto vero, che donna ero diventata quella notte? Più me stessa o più lontana dalla persona migliore che mi sforzavo di essere ogni giorno quando facevo di tutto per non andare a letto con il primo che capitava, per non urlare contro chi mi passava davanti in coda al supermercato, contro chi mi tagliava la strada, contro i vicini che facevano casino fino alle tre di notte, e via dicendo?
Ero stata costretta a fare sesso con estranei. Ma senza essere incatenata, legata o chissà che altro. La violenza (se di ciò si trattava) era stata molto più sottile. Quale stupida avrebbe detto di no a un compenso simile? Per due scopate che non avrebbero significato nulla? Però significavano qualcosa, significavano che ero pronta a vendermi pur di avere una vita (forse) vagamente migliore, per soldi. Strinsi i denti. Magari con quella cifra avrei potuto avviare un’attività invece di abbassarmi a quegli stupidi lavoretti interinali…
Venni distratta dai miei pensieri quando comparve una sagoma accanto al vetro satinato, all’esterno della doccia.
‘Zick?’ domandai.
‘Sì.’
Vidi che appoggiava la schiena al vetro e poi si lasciava scivolare giù, in una posizione simile alla mia. ‘Hai goduto in modo diverso, Samantha’ disse come se fosse un dato di fatto.
‘Già.’
‘Dipendeva dalle dimensioni dell’organo sessuale del secondo partner?’
Ma gli uomini erano uguali in tutta la Galassia? ‘No’ risposi tenendomi sul vago.
‘è strano perché il primo partner era più avvenente, secondo gli standard terrestri, il secondo decisamente molto meno, eppure la seconda volta hai goduto in modo più intenso.’
‘Mi avete infilato dei sensori alieni nella passera?’
Lui ridacchiò. ‘No.’
‘E allora come fai a dirlo? A volte le donne fingono, a letto.’
‘Lo so e basta. Non sei il primo esperimento di questo tipo che seguo. Però lo si capiva benissimo dai tuoi movimenti, ma soprattutto dalla tua espressione: era… sognante, persa. Godevi.’
Deglutii. ‘Quindi mi hai guardata per tutto il tempo?’
‘Attentamente.’
Sentii qualcosa stringermi il ventre, le piccole labbra inturgidirsi, come se le sue parole mi facessero fremere dentro, quasi come quando mi sfiorava la pelle.
‘è che voi pensate che tutto dipenda dagli organi sessuali, ma sai qual è l’organo sessuale più potente?’
‘Il cervello’ rispose piano.
Annuii anche se sapevo che lui non mi poteva vedere. ‘Tutto parte da lì. Certo, arrivarci non è facile, serve un corteggiamento… un po’ di roba piccante e poi una marea di altri elementi casuali che non saprei spiegarti, forse un po’ di culo e di intelligenza sono fondamentali. Per esempio il primo ragazzo: forse se lo avessi conquistato in un bar affollato, con il brivido della caccia, la sensazione di accalappiarlo nonostante la concorrenza delle altre donne… be’ magari me lo sarei goduta di più. Lo capisci questo concetto?’
‘Sì, perfettamente.’
‘Invece con il Nerd è stato diverso, mi sono impuntata, volevo dare una bella prestazione, una cosa che fosse più o meno memorabile per lui, gratificante per me e…’ deglutii. ‘Un bello spettacolo per… voi.’ (Per te.)
‘Sono importanti per te, queste cose? Ti paghiamo anche se non godi.’
‘Sì.’
‘Capisco.’
‘Sicuro?’ domandai allungandomi verso il vetro satinato e appoggiandoci un palmo. In attesa.
Lui si voltò e mise il palmo in corrispondenza del mio. Sentii subito le particelle della mia mano quasi sfrigolare, sollecitate da un’energia che potevo percepire, ma sapevo che doveva essere solo la punta dell’iceberg. ‘Sicuro sicuro no. Per noi è diverso, diciamo che mi sforzo di capirti’ rispose.
‘Pensavi che non avrei goduto?’
‘Credevo che non ci saresti riuscita. Abbiamo raccolto molti dati e so che i preliminari contano. L’esperimento Eugenio non era bravo in quelli, sappiamo che l’esperienza conta, almeno in parte.’
‘Il mio cervello conosce preliminari che la mente maschile non immagina neppure!’ risposi con una risatina. Lui mi fece eco.
‘L’orgasmo è difficile da raggiungere, ma se conosci bene il tuo corpo e la tua mente be’… con gli stimoli giusti puoi farcela. Spesso è difficile che un partner occasionale ti conosca tanto bene da sapere quali corde toccare, a volte serve un lungo rodaggio, altre pochissimo tempo. Una specie di… sintonia’ mormorai.
‘Come la nostra?’
Sentii il cuore perdere un battito. Staccai il palmo dal vetro e mi passai una mano fra i capelli. ‘Più o meno.’
‘Il sesso fra gli umani è complicato. Tutto ruota attorno al sesso eppure anche voi stentate a capirlo del tutto. Un po’ come il sentimento che chiamate Amore.’
‘Tu non hai idea di quanto sia vero!’ dissi con una risata. ‘Voi ce l’avete il sesso? E l’Amore?’
Zick esitò. Si schiarì la voce. ‘Da noi l’Amore si chiama Coppia. è il termine più vicino a cosa intenderesti tu. Ci scegliamo e restiamo insieme per tutta la vita. Un misto di condivisione, una comunione di intenti e di progetti, affetto, stima e…’
‘E… ?’
‘Senso del dovere. Per noi è importantissimo.’
‘Quindi anche se vi odiate restate insieme lo stesso?’
‘Non esiste l’odio da noi. Diciamo che se i progetti e gli intenti cambiano, lungo il corso della nostra vita, restiamo comunque fedeli a chi avevamo scelto come compagno. Questo fa di noi ciò che siamo.’
‘E scopate?’
‘No.’
‘Niente sesso?’
‘No, Samantha.’
Oh…
‘Quindi a quella cosa che tu definisci ‘coppia’ manca l’elemento attrazione. E anche l’elemento sesso, e anche la passione… perché non fate sesso? Forse sareste più rilassati… magari è perché non avete la musica giusta!’ Dissi buttandola sul ridere.
‘Ci riproduciamo.’
‘Ah! E come?’
‘Samantha, noi siamo pura energia, ciò che vedi di noi è stato trasposto in modo che la mente umana potesse capirlo e interagire con noi. Quindi per riprodurci basta concentrarsi, insieme, diciamo così. Non esiste un termine terrestre per definirlo.’
Che tristezza! ‘Però siete incuriositi dal sesso umano.’
‘è solo uno dei tanti esperimenti.’
Un peso sul cuore.
‘Sei mai stato con una donna?’ gli domandai. Lui esitò e io, in preda a un inspiegabile imbarazzo aggiunsi: ‘Una donna terrestre, intendo, magari sai ,per sperimentare o roba simile…’
‘No. E tu?’
Sorrisi. ‘No.’
‘Hai ancora un esperimento, dopo potrai andare, sei pronta?’
No che non lo ero. Sarei voluta restare lì a parlare con lui ancora a lungo, chiedergli del suo mondo, delle sue abitudini, della sua vita. Però mi alzai e pigiai il tasto per asciugarmi. ‘Dopo noi non ci vedremo più?’
‘Dopo quando?’
‘Dopo l’ultimo esperimento… io vorrei ancora discutere con te… un pochino.’
‘Va bene, Samantha.’ Di nuovo la voce che pronunciava il mio come una carezza indiscreta ma piacevole. ‘Andiamo?’
Lui si alzò in piedi, io aprii il vetro della doccia e lui mi tese una mano. ”Spetta, Zick. Ancora una domanda, tu ne hai fatte a me… e io…’
‘Spara!’ disse facendomi l’occhiolino, un sorriso solo abbozzato sulle labbra. Irresistibile, molto umano e molto poco alieno.
‘Con questo corpo umano ehm… di rappresentanza, tu senti le emozioni umane e le sensazioni umane?’
‘Sento sempre le emozioni, non sono patrimonio dei terrestri.’
‘E le altre cose?’
‘Intendi l’eccitazione sessuale?’
Avvampai. ‘Sì, quello.’
‘Sì. E molto intensamente perché non ci sono abituato.’
‘Deve essere dura!’
‘Tu non hai idea di quanto lo sia!’ rispose con un sorriso spensierato e malandrino al tempo stesso. Poi mi afferrò la mano, partirono gli sfrigolamenti e le disgregazioni e mi ritrovai nel laboratorio, accanto al letto. Lenzuola nere, stavolta. Di Zick nemmeno l’ombra.
Ripensai alla sua ultima frase, era un doppio senso?
Sperai di sì. Era vero: Zick mi piaceva, mi intrigava e… una parte di me sapeva che non mi ero mai tirata indietro non solo per i soldi ma anche per lui. La mia predisposizione per cotta facile non si fermava ai confini terrestri, a quanto pareva bensì spaziava… nello spazio! Non si smette mai di imparare!
Scioccai le dita. ‘Cocktail’ comparve subito. Sorrisi. Le schioccai di nuovo: ‘Musica?’
‘I believe in a think called love’ – The Darkness. Sorrisi, era carina e immaginai che l’avesse scelta Zick, una sorta di messaggio per me, inerente l’amore. Tracannai il liquido quasi tutto d’un fiato.
Si accese l’altro riflettore, puntava su una ragazza più o meno della mia età, carina, mora, capelli lunghi e un bel fisico. La voce metallica disse: ‘Serena, questo è il tuo terzo esperimento, così come per Samantha. Poi sarete libere di andare.’
Sgranai gli occhi. Una donna! Era stata scelta da Zick in seguito alla nostra conversazione? Non ero davvero mai stata con una donna e non sapevo neppure se sarei stata in grado di farlo.
Lei si avvicinò al talamo con passi decisi, seguita da un occhio di bue rosa confetto, io mi sedetti e abbracciai un cuscino.
‘Ciao’ mi disse quando mi raggiunse.
‘Ciao, sono Samantha.’
‘Serena’ mormorò con un mezzo sorriso.
‘Non sono mai stata a letto con una donna’ dissi deglutendo, scegliendo di essere sincera, era un esperimento anche quello, per me. ‘Non so se…’
Lei sorrise mostrando i denti perfetti. ‘Ce la faremo, stai tranquilla!’ Mi fece l’occhiolino poi si accomodò accanto a me, togliendomi il cuscino dalle mani.
Mi sentii nuda più che mai, mi vergognai anche delle mie unghie corte, in netto contrasto con le sue, curate e ricostruite. Era completamente depilata e aveva un tatuaggio a forma di cuore proprio prima del pube. Non sapevo da dove iniziare e lei prese l’iniziativa anche per me, mi accarezzò delicatamente una guancia, poi arrivò alla nuca e mi attirò a sé. Sfiorò le mie labbra con le sue, dapprima con baci lievi, quasi ne saggiasse la consistenza, poi la sua lingua si avventurò fuori dalla sua bocca per entrare nella mia.
Avvertii una strana sensazione, era imbarazzo misto a piacere, ma anche qualcosa in più: era il sapore del suo rossetto, del suo alito che sapeva di menta e della mia voglia di provare una nuova esperienza. Un esperimento tutto per me e l’occasione di poterlo fare. Ricambiai il bacio e lei sospirò nella mia bocca; avevo gli occhi chiusi, ma percepii il suo corpo contro il mio. Morbido, disponibile, caldo e umano. I suoi capezzoli sfiorarono i miei e un brivido la mia schiena.
Sospirai quando lei smise di baciarmi per scendere con la bocca sui miei seni; mi inarcai offrendole il mio corpo e offrendo a me possibilità di provare una nuova -forse un po’ trasgressiva- esperienza. Mi spinse giù e presto la sua bocca assaggiò il mio ombelico, scese sulle anche in piccoli cerchi, la sua saliva sulla mia pelle sembrava fresca a contatto con l’aria. La sua lingua seta.
Quella seta arrivò alle labbra del mio sesso. Le dischiuse, le sue mani a stringermi le cosce e la sua lingua a baciare insistentemente l’altra mia bocca. Quella che non parlava ma si esprimeva copiosamente. Le accarezzai il capo, vinsi ogni remora e mi aprii ancora di più, sollevando il bacino alla ricerca di quel piacere delicato, inspirato dalla sua lingua sapiente.
Quando fui sull’orlo dell’orgasmo, lì lì per cadere nel precipizio del piacere, mi ritrassi. Lei sollevò il viso e il mio sguardo si impigliò nei suoi occhi acquamarina. Aveva le labbra umide di me. Mi sollevai e la baciai, gustando il mio sapore più intimo dalla sua bocca. Un brivido di vergogna, poi una scintilla di emozione.
Volevo sperimentare ancora di più e un po’ volevo mostrare a Zick come si fa l’amore con una donna… anche se sei una donna, o forse, soprattutto. Scesi a baciare i capezzoli di Serena. Era una sensazione strana, sembrava sbagliata ma non lo era, più che altro era inusuale, per me. Lei sospirò e io le infilai una mano fra le cosce: era un lago. Quella cosa mi infiammò ancora più della sua lingua. Si era bagnata per me, era un po’ come farlo diventare duro a un uomo, no? Anzi, forse più difficile.
Inorgoglita e curiosa mi avventurai sul suo ventre morbido, poi ripercorsi i bordi del tatuaggio con la punta della lingua, il cuore. Chissà come sarebbe stato leccare la passera di un’altra donna? Forse sarebbe stata la mia unica occasione di saperlo, non ero obbligata, ma avevo un alibi accettabile -almeno per i miei limiti personali- per farlo.
La guardai di sfuggita, le mi sorrise, rassicurante. Un bacio sul Monte di Venere, solo depositato, come una promessa. Le morsicai delicatamente le piccole labbra. Lei si mosse, si distese e allargò le gambe in un movimento fluido scevro da ogni pudore. A quel punto le baciai il sesso rorido come fosse una bocca, solo che non c’era una lingua ad accogliere la mia, ma un clitoride turgido, dal sapore acidulo. Esitai e per un istante mi sentii persa in un mondo che, nonostante fossi donna, non conoscevo. Un mondo alieno.
Serena mi accarezzò una spalla, sollevandosi leggermente, come per incitarmi a proseguire in modo gentile. Poi si riadagiò fra la seta. E la mia lingua tornò a parlare con il suo sesso, diventò tutto strano, immaginai perfino di essere un uomo, forse un alieno, forse Zick che leccava e fotteva il mio sesso con la lingua.
Quando Serena gemette di piacere, aumentai il ritmo, non era poi così difficile, anzi, presa dall’entusiasmo le infilai dentro anche un dito e, incoraggiata dai suoi gemiti, ne aggiunsi un altro. Mi ritrovai a scoparla con le dita, mentre la guardavo in faccia; le mie labbra socchiuse intrise dei suoi umori. Quando sentii che stava godendo le incollai la bocca al clitoride. Succhiai un po’, poi mi spostai e leccai lei e anche le mie stesse dita. Il suo gemito lungo mi disse che me l’ero cavata bene e ne fui orgogliosa. Mi strusciai sul suo corpo morbido e la baciai. Restammo lì, distese una fra le braccia dell’altra, in una sorta di estasi sospesa. Non avevo goduto, ma era stato ugualmente bello. In modo disarmante e inatteso. Avevo goduto a fare godere lei e, un pochino, anche di lei.
Passarono almeno cinque minuti prima che la voce metallica dicesse: ‘Esperimento terminato, per voi.’ Noi ci guardammo lei sorrise e io arricciai il naso in una smorfia divertita.
‘Hai goduto, Serena?’ domandò la voce metallica.
‘Sì, è stato molto bello, grazie!’ rispose guardandomi negli occhi.
‘Allora puoi andare, esperimento terminato. Grazie Serena, riceverai i soldi come da accordi.’
Mi ritrovai a stringere la sua mano, ci guardammo, ma poi lei sparì, teletrasportata via, disgregata e io rimasi sola. Mi strinsi addosso le lenzuola e fui felice che non mi avessero chiesto se avessi goduto quando lei era ancora presente. Chissà se si era accorta che io non avevo raggiunto il traguardo? Avevo pensato che l’avremmo fatto insieme ma chiaramente non ero poi così brava a gestire un amplesso in rosa.
La voce di Zick riempì il ‘laboratorio’: ‘Hai goduto, Samantha?’
‘No.’
Seguirono mormorii in lingua aliena.
‘Perché ti reputi eterosessuale?’
‘No. Perché era la mia prima volta con una donna. Stavo per godere, mi sono un po’ trattenuta perché… non lo so, immaginavo che l’avremmo fatto insieme, forse dopo. Ma poi mi sono fatta prendere e… insomma non ho avuto un orgasmo vero e proprio ma ho goduto di ogni sensazione.’
‘Puoi spiegarci come?’
Sbuffai. ‘Ho goduto di come l’avevo incendiata, e incendiandomi io stessa di passione. Ho goduto delle sensazioni nuove, della situazione… forse per voi è difficile da capire, ma credo che questa sia stata l’esperienza migliore delle tre.’ Deglutii.
‘Capiamo. Grazie per avere partecipato all’esperimento, Samantha.’
Sgranai gli occhi, mi stava congedando? Non avevamo detto che ci saremmo visti?
‘Aspettate io…’ Ma non riuscii a terminare la frase, sentii la pelle formicolare, i miei atomi disgregarsi. Mi ritrovai nel solito bagno, stringevo ancora le lenzuola nere fra le mani e mi ci avvolsi non appena individuai Zick, in piedi, a pochi metri da me, appoggiato con la schiena a una parete, una gamba ripiegata sotto di sé. I suoi occhi a scrutarmi.
Sospirai di sollievo, e mi avvolsi nella seta. ‘Hai teletrasportato anche le lenzuola?’ domandai sorridendo.
‘Sì, ora l’esperimento è terminato, volevi solo parlare e non sei a tuoi agio con la nudità, Samantha. L’ho capito.’
Annuii.

-Continua-
#Epilogo #non-esperimento numero 4

‘Di cosa volevi discutere con me, Samantha?’ mi domandò, inclinando leggermente il capo per poi spostarsi una ciocca bionda dalla fronte.
Presa in contropiede mormorai: ‘Non… non so, non hai le tue solite domande da fare?’
‘Sei stata abbastanza chiara nel laboratorio’ rispose reciso.
Oh.
‘Hai scelto tu la canzone, Zick?’
Sorrise, un sorriso sbilenco, l’involucro umano e artificiale che aveva scelto era proprio carino. ‘Sì, era per scherzare. Credevo mi avresti chiesto di cambiarla.’
‘Sai perché non l’ho fatto?’ domandai abbassando gli occhi.
‘No. Vuoi dirmelo?’
Annuii. ‘Perché avevo sospettato che l’avessi scelta tu.’ Tornai a guardarlo.
Parve a disagio, si staccò dal muro e si allontanò di qualche passo, dandomi la schiena. Sentii l’impulso di raggiungerlo, di abbracciarlo, era qualcosa che stentavo a controllare, tuttavia non sapevo come avrebbe reagito e rinunciai. ‘Samantha’ disse lui senza voltarsi. ‘Non devi umanizzarmi, non devi pensare a me in quel modo.’
Aggrottai la fronte. ‘Che ne sai tu, alieno, di cosa penso?’ Avevo il cuore a mille. E l’adrenalina che mi faceva tremare. Sentii gli occhi inumidirsi. Era stata una nottata piuttosto intensa e la mia sensibilità era stata sollecitata, eccitata e messa a dura prova quasi quanto la mia passera.
Lui si voltò di scatto. ‘Non è così?’
‘No!’ mentii.
‘Allora posso congedarti?’
Un altro tuffo al cuore, la sensazione di quanto un’occasione, che nemmeno pensavi di esserti meritato, ti sta sfuggendo dalla mani. E l’orgoglio ne è il lubrificante naturale.
‘Sì… ma prima… mi pagherete?’ domandai incerta, imprigionata dal mio stesso orgoglio, prigioniera più di quando mi ero sentita in loro balia, rapita, usata.
‘Certo.’
‘Dimenticherò tutto quanto, vero?’
‘Di solito procediamo così.’ Il suo tono sembrava caparbiamente freddo, niente più scherzi o giochi di parole. Voleva allontanarmi. Ma io sono una con la testa dura e uno spirito di contraddizione pazzesco!
‘E come giustificate il pagamento se uno non si ricorda come se li è guadagnati?’ domandai per prendere tempo.
‘Una vincita fortuita, l’eredità di un lontano zio sconosciuto… per noi non è un problema, Sam.’
Quando disse Sam, al posto di Samantha, sentii un brivido abbracciarmi stretta, un brivido di piacere.
‘Ho capito, quindi avrò centosessantamila euro?’
Mi guardò dritto negli occhi. ‘Esatto.’ Sorrise. ‘Te li sei guadagnati!’
Sapevo che stava per smaterializzarmi, teletrasportarmi, cancellarmi la memoria e/o fare una delle sue diavolerie aliene.
Ora o mai più. ‘Rinuncerò a tutti quei soldi se accetterai di fare tu un esperimento, per me.’
Lui aggrottò le sopracciglia, un lampo negli occhi blu. ‘Non capisco.’ Invece capiva, lo percepivo.
‘Non so se sia l’effetto di tutti quei cocktail afrodisiaci & alieni ma… rinuncio ai soldi se accetti di fare l’amore con me.’ Trattenni il fiato scrutando ogni sua più piccola espressione. Sul suo viso ci fu dapprima un certo stupore, poi divertimento, interesse e alla fine accettazione. Ma non quella cui bramavo io.
‘Non sarebbe la stessa cosa, Sam. Per te quei soldi rappresentano molto, per noi nulla. Quindi non sarebbe uno scambio equo, e non devi rinunciarci.’
Abbassai il capo, avrei voluto sentirmi un po’ meno puttana e un po’ più trasgressiva, un po’ meno troia prezzolata e un po’ più amante intergalattica, ma quando lui disse quella cosa, in parte, ne fui sollevata, lo ammetto. ‘Ho capito’ mormorai delusa e un pochino umiliata. ‘Non importa. Allora smatericosami e tanti saluti, Sexy Alien!’ Sentii le lacrime pungermi gli occhi e lo stomaco stretto in una morsa.
‘Non possiamo interagire con voi in quel modo. Sarebbe un’esperienza troppo forte, capisci?’ disse lui a mo’ di scusa.
Mi avvicinai di qualche passo, mi fissai bene il lenzuolo sopra alle tette e mi misi le mani sui fianchi. ‘Modesti eh, voi alieni guardoni e curiosoni!’
Lui scoppiò a ridere, nel farlo mi mise una mano sulla spalla, abbassandosi un po’, preso dalla risata che gli sgorgava dalla bocca. Sentii la pelle formicolare sotto al suo tocco, lui ritrasse la mano e si rialzò. I suoi occhi blu a scandagliare i miei, tornò serio. ‘Per me. Lo sarebbe per me. Una cosa che potrebbe cambiare il mio modo di pensare, per questo è proibito e dobbiamo mantenere un certo… uhm… distacco.’
Oh. Avvampai. ‘Un esperimento proibito?’ chiesi in un sussurro.
‘Già’ disse distogliendo lo sguardo per qualche secondo.
‘Tu, sul tuo misterioso pianeta, sei ‘accoppiato’ con un altro essere di energia come te?’
‘No.’
‘Sei single?’
Ridacchiò. ‘Sì, come direste voi terrestri, sono single.’
Mi allungai verso di lui e, in un impeto di coraggio, appoggiai le labbra alle sue. Le sentii brulicare di energia, avvertii la pelle incresparsi fino alla nuca. Credevo mi avrebbe respinta ma non lo fece, rimase immobile, le mani lungo i fianchi, finché non mi scostai. Poi mi guardò indeciso. ‘Non sarebbe un esperimento, Zick. Sarebbe un’esperienza proibita’ dissi. Lui non rispose. Io continuai: ‘Forse la tua unica occasione per capire la differenza fra fare sesso e fare l’amore. Per capire cosa implica il sesso fra umani. Capire come sia e scopare davvero e con un certo sentimento. Tu sei un avventuriero dello spazio, vuoi perdertela?’
Vuoi perdermi?
‘Perché vuoi farlo?’ domandò lui, sembrava così distaccato che fui certa non lo fosse affatto.
‘Mi piaci. Mi attrai e… ogni volta che ho fantasticato per eccitarmi, durante gli esperimenti, ho pensato a te, solo a te!’ (Okay e un po’ a Matt Damon, ma cinematograficamente parlando è un po’ marziano d’adozione, quindi in fondo non è una grande bugia!)
Lui mi guardò attentamente. Avevo detto tutto, mi ero proposta; avevo il lenzuolo addosso ma non ero mai stata tanto nuda con un uomo. Be’ tantomeno con un alieno!
Sollevai il mento con aria di sfida e poi mi liberai anche del lenzuolo. Ricadde ai miei piedi con un fruscio di seta, facendomi rabbrividire quando mi accarezzò le caviglie. Sentii anche l’effetto dello sguardo di Zick, una carezza lieve e sconosciuta a cui bramavo. ‘Adesso sono nuda per te… non per l’esperimento. è diverso’ gli spiegai.
Lui annuì e gli si mosse il pomo d’Adamo. Il mio cuore mi mandò un segnale d’avvertimento: si stava grippando!
‘Forse i vostri cocktail sono troppo afrodisiaci, Zick!’ mormorai un po’ imbarazzata dal suo silenzio prolungato.
‘Non lo sono.’
‘Cosa?!’
‘Sai cos’è l’effetto ‘placebo?’ Sono solo cocktail olografici.’
‘Tipo ponte ologrammi di Star Trek?!’
‘Sì, Sam. Hai fatto tutto tu, tu e il tuo cervello.’ Chiuse gli occhi.
‘Se non vuoi fare l’amore con me, fammi sparire. Adesso. Perché mi sento talmente imbarazzata che se avessi il potere di teletrasportarmi da qualsiasi altra parte, ora lo farei di mia spontanea volontà’ mormorai abbassandomi per recuperare il lenzuolo e avvolgermi di nuovo nella seta.
Mi afferrò una mano e pensai che stesse per portarmi a casa, invece finimmo con il materializzarci in una piccola cabina con un letto singolo. Le suppellettili e alcuni mobili erano solo ‘abbozzati’, ne potevo vedere la trama olografica, quasi mi trovassi in un livello mai terminato di un videogame. Come se fossero stati progettati e mai finiti. Era una sensazione un po’ strana. Indietreggiai, allontanandomi leggermente da Zick.
‘La mia cabina, come potrebbe immaginarla un umano’ mormorò lui. ‘Non ho avuto il tempo di finirla prima di portarti qui… sai in così pochi minuti… mentre parlavamo e un po’ distratto da te… Be’, ho fatto del mio meglio’ aggiunse con una scrollata di spalle.
Mi si sciolse qualcosa dentro. Mentre parlavamo era riuscito a creare (o quasi) quell’ambiente per me. ‘Avrai dei problemi con i superiori, Zick?’
Mi guardò inarcando le sopracciglia. ‘Ho detto loro che ero stanco. Non so se lo scopriranno mai, ma una terrestre impertinente mi ha insegnato che è importante provare nuove esperienze. A volte può essere… piacevole’ mormorò, poi piegò le labbra in un sorriso strano che mi mandò il cuore in stallo.
‘Stai imparando molto dai terrestri, per esempio a infrangere le regole’ gli feci notare per spezzare la tensione. Lui si avvicinò, la bocca socchiusa.
‘Sto imparando molto da te, Sam’ disse subito dopo, accarezzandomi una guancia con una mano. Sentii la gota incendiarsi e l’energia sfrigolarmi nelle vene.
‘Mi lusinga il fatto che tu non mi tema, o altro. Non so perché ma tutte le donne umane con cui ho avuto a che fare per questo esperimento provavano un certo innato ribrezzo per me, nonostante la mia forma umana. Credo siano quei film sai…’
Sorrisi. ‘Credo anche io… Però devi sapere che fare sesso con il Signor Spock è sempre stata una delle mie fantasie erotiche.’ Inarcai un sopracciglio. ‘Il fascino dell’alieno, sai del Vulcaniano così controllato… Sai chi sia?’
‘Molto interessante’ rispose sollevando anche lui un sopracciglio. Sì, lo sapeva. Scoppiammo a ridere insieme. ‘Ma io non controllo così tanto le emozioni, forse ti deluderò.’
‘Non iniziare anche tu con le paranoie dei maschi umani, ti prego’ mormorai scuotendo il capo, e nascondendo una risatina.
‘Va bene. Però ho imparato un po’ di romanticismo umano, ti interessa, Sam?’
Arricciai il naso. ‘Stai per propinarmi di nuovo una canzone melensa tratta dal vostro repertorio?’
‘No.’ Sollevò una mano verso una paratia e fece un cenno con le dita aperte. Si materializzò subito una specie di oblò, di forma allungata, semi ovale. Da lì si scorgeva lo spazio. Rimasi a bocca spalancata.
Lui mi prese per mano, mi sentii invadere di energia, come se ogni mia cellula si stesse attivando, mi condusse fino all’oblò e mi lasciò la mano. Io appoggiai i palmi al vetro, affascinata dalle immensità siderali, da quel buio pieno di piccole luci. Mi indicò una costellazione. ‘Quella è Cassiopea. Ha un’estensione di quasi seicento gradi quadrati. Cassiopea si incastra fra Cefeo, vedi? E Andromeda. Ed è attraversata per tutta la sua lunghezza dalla Via Lattea. ‘
Non ci capivo molto, ma capivo che era stupenda. Strizzai gli occhi e indicai qualcosa di rossastro che somigliava vagamente a un cuore. ‘Sembra un cuore’ dissi, poi me ne pentii, forse ero stata troppo sdolcinata.
Lui non rispose, quando mi voltai notai che stava fissando me e non lo spazio. ‘Quella che stai guardando è la Nebulosa Cuore, l’avete scoperta nel 1787. Splendida, vero?’
‘C’è un universo in te’ sussurrai senza più guardare lo spazio.
‘Ce n’è uno in tutti gli esseri viventi, solo che a volte bisogna guardare bene per scoprirlo, sai, un po’ come con le Nebulose!’ Ridacchiammo. Ma sapevo di non avere moltissimo tempo. C’era un’atmosfera scoppiettante di energia, promesse e sensualità attorno a noi. Tornai subito seria e lui seguì il mio esempio.
Fu un attimo, poi si sbottonò la camicia e se la sfilò. Quando cadde a terra disse: ‘Toccami’. Deglutii e sollevai entrambe le mani, appoggiandole sul suo petto. Era caldo, caldo e vivo come niente che avessi mai toccato prima. Pullulante di energia. Sentii la sua pelle chiara percepire il mio tocco, come se si increspasse. Socchiusi le labbra, quasi intontita dalla sensazione e dalle mie stesse emozioni, gli accarezzai il petto e poi passai alle spalle, alle braccia. Un movimento lento che era simile alla scoperta di un universo alieno.
Lui allungò una mano e fece cadere la seta che mi copriva il corpo, poi mi accarezzò proprio come stavo facendo io con lui. Saggiando la mia pelle con dita frizzanti, soffermandosi per un istante sui seni, poi sullo stomaco. Un’espressione quasi meravigliata sul viso. Due esploratori coraggiosi ed emozionati. Mi sentivo luccicare e quando abbassai lo sguardo vidi che era proprio così, i nostri corpi avevano acquisito, grazie all’energia di Zick, una sorta di luminescenza interna. In lui scorgevo una luce azzurrina, come se sotto la pelle fosse fatto solo di luce, invece io brillavo, illuminata dall’interno, la mia pelle era semitrasparente. Si intuiva ogni vena, ogni organo interno, come dietro a uno schermo luminoso e opaco. ‘Oh…’ dissi sorpresa.
‘Già… ‘ rispose lui. La voce umana arrochita. Cavolo si era umanizzato proprio per bene!
Mi mise una mano dietro alla nuca a mi attirò a sé. Quando i nostri corpi furono a contatto avvertii una leggera scossa, poi tutto si placò per un momento per tornare subito dopo a formicolare di rinnovata energia. Mi baciò il collo e schioccò le dita. Nella stanza si diffuse la colonna sonora del telefilm Roswell: Dido, ‘Here with me’. Sorrisi. ‘Ma li guardate tutti i telefilm terrestri sugli alieni?’ sussurrai contro la sua pelle luminosa.
‘Quasi!’
Il mio sorriso venne intercettato dalle sue labbra. Trattenni il fiato, chiusi le palpebre e quando aprii la bocca alla ricerca della sua lingua aliena mi sentii leggera, senza peso. Ci baciammo, non so come, ma sapeva farlo bene, doveva avere osservato molto bene gli umani. Mi sentii fluttuare e quando aprii un occhio, mi accorsi che stavamo veramente galleggiando nell’aria. Danzavamo, ci baciavamo, i nostri corpi che comunicavano i rispettivi universi. L’eccitazione e lo stupore si confusero con l’emozione.
‘Voglio assaggiarti come tu hai fatto con Serena…’ disse sui brividi del mio collo.
‘Hai… tolto la gravità o roba simile?’ domandai.
‘Più o meno, importa?’
No, non importava. Lui mi fece quasi roteare nell’aria, lentamente. Risi finché non mi bloccò, lo spazio era una visione semi astratta nell’oblò, la sua bocca risalì piano dalla caviglia alla coscia. La sua saliva era pura energia, la sua lingua piacere puro. Scattò in avanti e i nostri corpi avvinti si mossero all’indietro, lui li fermò, come se nuotasse, con un movimento sicuro. Poi sentii la sua bocca sfiorarmi il sesso. Abbassai lo sguardo per trovare il suo. Un sorriso mezzo alieno e mezzo umano e poi quella bocca sensuale baciò il mio sesso.
Sospirai, la cabina sembrò fare riecheggiare il mio gemito trattenuto. Quando sentii la sua lingua lambirmi il clitoride quasi urlai e gli allacciai le gambe alle spalle. Sentii il suo bacio alieno in tutto il mio essere, piacere, energia, il clitoride che vibrava e i miei umori che stillavano come se il mio sesso piangesse per non avere mai provato nulla di tanto fantastico. ‘Hai un sapore strano, più simile alla rugiada delle Piante del Buio, su Zerioth’ sussurrò accanto alla mia intimità.
Fui grata di quella pausa, il piacere stava diventando insostenibile per l’intensità. ‘Cosa sono?’ chiesi con la testa ripiegata all’indietro, in un deliquio sensoriale.
‘Piante che crescono solo nella zona buia del nostro pianeta, dove è sempre notte. Hanno steli pallidi e fiori che si illuminano nel buio, quando li tocchi. Ti piacerebbero…’ Sentii la nostalgia nella sua voce, e provai la stessa cosa in un moto di empatia. Malinconia per un mondo che non avrei mai conosciuto.
La sua lingua si immerse di nuovo in me, accompagnata dalle sue dita, straordinariamente sicure. Era stato un bravo osservatore, era un amante… spaziale!
Il suo bacio intimo era un’ebbrezza sensoriale, e l’idea che fosse lui a farlo, amplificava tutto. Il mio mondo divenne il mio sesso e il sesso il mio mondo. Godetti inarcandomi nel vuoto, lo spazio a guardarmi, Zick a darmi piacere. Il mio gemito di godimento echeggiò e si perse nella musica che suonava a rotazione.
Zick raggiunse la mia bocca e le sue labbra mi fecero sentire il sapore della rugiada delle Piante del Buio che avevo dentro. Ci rotolavamo nell’aria, lui ogni tanto ci riportava dinanzi all’oblò, voleva che fosse tutto bellissimo e io pensai che non volevo scordarmene, non volevo che mi cancellasse la memoria… ma quel pensiero se ne andò quando mi venne in mente che volevo rendere completa anche la sua esperienza.
Sorridendo, mi spinsi lungo il suo corpo, accarezzandogli la pelle energizzante con la lingua e con la bocca, fino ad arrivare ai pantaloni. Li slacciai, il cuore che mi rimbombava nel petto, stavo esplorando un territorio alieno. Sentivo il suo sterno alzarsi e abbassarsi nel respiro affannoso, così umano, così alieno. Quando gli tolsi i pantaloni scoprii che sotto era nudo, e che c’era un cazzo perfetto, un’abile imitazione di quello umano, così come tutto il resto del corpo. Luminoso, eretto e pulsante. Impaziente.
Lo leccai e lui quasi sussultò e disse una parola in lingua aliena. Scesi sullo scroto, imparando una nuova parola persa in un gemito, poi lo accarezzai, lo baciai, lo succhiai e lo amai, mentre continuavamo a fluttuare nella cabina.
Pensai che non avrei mai scordato la sensazione di avere un cazzo così vivo e brulicante di energia fra le labbra, nella bocca, sulla lingua… e nemmeno quella canzone. Forse mi sarei rivista tutta la serie. Non avrei permesso a quel ricordo di abbandonarmi. Quando Zick fu sul punto di godere si liberò gentilmente della stretta della mia bocca e mi fece ruotare finché non mi fu alle spalle. ‘E io di cosa so?’
(Di Enel Energia!) Ma volevo essere romantica quanto lui, e sussurrai: ‘Di cose pulite, nuove, di un universo intero!’ Lui rise sulla mia spalla. Poi mi fece girare e riprese a baciarmi. Ci sapeva fare per essere un alieno vergine! Mi avvinghiai a lui con le gambe e lui mi penetrò come fosse la cosa più naturale del mondo. Ma non lo era, era strano, innaturale, insolito e stupendo. Una sensazione pazzesca nella sua strana e lussuriosa inicità… Sentii il suo cazzo pulsare, vibrarmi dentro, inondarmi di energia ancora prima che si muovesse e godetti subito, quasi urlando. Sentivo l’energia divampare al centro del mio essere come un orgasmo cosmico. Lui si mosse, iniziando a fottermi per bene. E io continuai a godere, non avevo mai provato niente di simile. Una stimolazione sensoriale del tutto annientante, l’elevazione del piacere alla massima potenza. ‘Arthog, simoid ezhbadion…’ sussurrò lui con un vigoroso colpo pelvico che ci spinse quasi contro l’oblò.
‘Sì, Arthog anche io…’ Non sapevo cosa volesse dire ma lo intuivo dal tono di voce. Era qualcosa di meraviglioso. Spinsi contro la paratia per non andarci a sbattere. I suoi occhi velati dal piacere erano come li avevo immaginati, ma più blu, più vivi, più penetranti, come l’oceano in tempesta.
Lui sorrise. ‘Significa: ‘è la cosa più bella dell’universo”. E lo era. Quando godette anche lui avvertii un’ondata di energia entrare in me e penetrare in ogni mia cellula. Il cervello sembrò esplodere in lampi di luce psichedelica. Lui mi mi strinse forte, i nostri corpi galleggianti e fluttuanti, appagati, uniti, diversi… che avevano provato sensazioni uniche per entrambi. Avevamo condiviso un’esperienza tanto intensa da travolgerci. Zick disse qualcos’altro, ma era più un gemito. Restammo avvinti a galleggiare, fissando lo spazio, persi, ritrovati, annegati e senza fiato. Le stelle a placare i nostri respiri e la Nebulosa Cuore a suggellare l’attimo di calma dopo una tempesta galattica.
Persi la cognizione del tempo, persi un po’ anche il contatto con il mio corpo, forse l’estasi era quella, non era fare sesso con lui, era la placida e serena soddisfazione che seguiva. Un attimo di eterno. Poi lui disse: ‘Devi andare, ora, Sam.’
‘No.’
‘è stata un’ esperienza unica, mi ha cambiato profondamente. Non so se riuscirò a dimenticarlo. Eri viva, eri pulsante, ti ho sentito mia. Non avevo mai provato una cosa simile. Ma ora devi andare. Spero che sia stato altrettanto bello anche per te.’
‘No, Zick… ti prego non cancellarmi la memoria. Lasciami almeno i ricordi…’ sussurrai sull’orlo delle lacrime. Sapevo che era pericoloso, nessun altro uomo sarebbe mai stato alla sua altezza, non sarei mai più stata tanto appagata, felice e triste al tempo stesso. Non sarei mai più stata io, non a quel modo.
‘Non posso, Sam.’
‘Non puoi togliermeli, sono miei!’ gridai. Socchiuse gli occhi, mi lasciò andare alla deriva nella stanza.
Lo spazio alle sue spalle sembrava reclamarlo. Io non facevo parte del suo mondo con le Piante del Buio e lui non faceva parte del mio, quello con Enel Energia, eppure l’idea stessa di perdere quei ricordi mi sembrò la cosa più aliena dell’universo intero. ‘Ti prego. Ti amo. Ti prego.’ Mi dimenticai perfino di arrossire, mentre lo imploravo. Forse avrebbe ripetuto l’esperienza con un’altra umana… una che avrebbe accantonato il ribrezzo per un alieno, se ben pagata. E che poi avrebbe goduto proprio come me. Mi sentii bruciare dentro.
‘Non voglio che…’ mormorai. Poi mi fermai. Cosa non volevo? Non potevo più chiedere nient’altro.
‘Cosa?’
‘Niente.’
‘Cosa?’ Implacabile.
‘Non voglio che tu scopi con un’altra umana. Ma sarebbe così egoistico chiedertelo. Io scoperò con altri umani, anche se non potrà mai essere con con te. Niente sarà mai altrettanto stupendo.’ Mi si incrinò la voce. ‘Non riuscirai a cancellarmi la memoria, non voglio, terrò tutto stretto nei miei neuroni umani!’
Lui chiuse gli occhi per un istante. ‘Mi dispiace Sam. Avevo detto che sarebbe stato troppo. Forse lo è stato anche per te.’
Sì! Troppo bello!
‘Starai bene, Sam. Ti terrò d’occhio, lo prometto.’
‘Ci rivedremo?’ chiesi con un filo di voce. Rassegnata, ferita eppure ancora inebriata.
‘Ciao, Sam. Ti amo e ti prego anche io. Da noi l’amore si chiama Coppia. Per me sarà così’ disse semplicemente.
Mi sentii felice come non mai e poi sprofondare all’idea di separarci, di perderlo. Di dimenticarlo per sempre. Lui allungò una mano verso di me, sapevo che era per smaterilizzarmi. Mi ritrassi, ormai riuscivo a galleggiare muovendomi, proprio come lui.
‘Voglio baciarti’ mi spiegò.
Allora restai ferma e lasciai che la sua bocca aliena, ma non per me, toccasse la mia. Mi sentii fremere, confusi le sensazioni e mi ritrovai, dopo un istante di buio totale, nel mio letto. Con la mia camicia di pizzo addosso. Frastornata.
Albeggiava ma era ancora buio. Ansimai. Guardai l’ora sul cellulare, erano le sei in punto. Sbattei le palpebre, lì, accanto al telefono c’era un ciondolo di una strana forma, sembrava un fiore sconosciuto. E luccicava nel buio, fluorescente. Il fiore di una Pianta del Buio, pensai subito.
Sospirai di sollievo. Mi ricordavo tutto. Zick non era riuscito a cancellarmi i ricordi, oppure non lo aveva fatto di proposito? Forse quel ciondolo mi avrebbe permesso di comunicare con lui. Ci sperai tanto, ma non provai a farlo. Mi dissi che lo avrei fatto solo se mi fossi sentita davvero disperata. Forse era stato tutto un sogno, forse quel ciondolo era capitato lì chissà come, dimenticato da una delle mie amiche durante la serata alcolica.
Più tardi indossai il ciondolo, andai in tabaccheria e comprai un biglietto della lotteria. Se non era stato un sogno sarebbe stato vincente. E io sarei stata innamorata di un essere fatto di pura energia, che non avevo soltanto sognato.
Avrei vinto esattamente centosessantamila euro. Baciai il biglietto, con la lingua! Una signora di una certa età, con una crocchia argentea mi disse: ‘Ma che fa, signorina?’
‘Così si vince!’ le dissi. ‘è scritto nelle stelle, lassù accanto alla Nebulosa Cuore.’
Lei inarcò le sopracciglia e scosse il capo, come se fossi matta. Poi ne acquistò uno anche lei e fece lo stesso.
Sorrisi immaginando che Zick, da qualche parte là in alto nel freddo dello spazio, mi stesse guardando e stesse sorridendo esattamente come me.
‘Here with me’ di Dido, mi risuonava ancora nelle orecchie e la canticchiai, uscendo dalla tabaccheria e sollevando lo sguardo verso il cielo. Il ciondolo per un istante sembrò fremere contro la mia pelle.

Fine.

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