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“Le mie vicine di casa sono delle grandissime buttane, sono troie incestuose, sono una mamma con sua figlia ed una sua amica. Si fanno tra di loro. La capa di tutto il bordello è l’amica, si chiama Carla, una grandissima zoccola sui cinquanta. La mamma si chiama Anna, anche lei sui cinquanta anni e la figlia Nicoletta, una puttanella sui trenta anni. Prendile e puniscile, sono delle vacche!”
Seguiva un indirizzo, si trattava di una cittadina di provincia, mamma e figlia stavano in un appartamento, l’amica in quello adiacente, nello stesso condominio.

Master Viktor, come si faceva chiamare e come si presentava sui diversi social in cui era presente aveva fama di essere un gran bastardo, lui dal suo blog alimentava questa fama raccontando le sue imprese ed enfatizzando i tratti depravati del suo carattere.
In effetti Master Viktor non era solo un degenerato e un cinico, che con le sue vittime era spietato e feroce, era un vero delinquente che aveva unito l’utile al dilettevole. Il blog era solo una copertura per poter individuare le sue prede.
Gli piacevano le schiave, ma lui con le buone o con le cattive, le trasformava in puttane da vendere a clienti facoltosi che su quelle poverette, trasformate rapidamente in marionette ubbidienti, potevano sfogare ogni loro perversione.
Viktor viveva in una tenuta sperduta, in una valle inaccessibile, tra le montagne e lontana dai centri abitati. Per domare le sue schiave e raggiungere i suoi scopi non risparmiava loro nessuna crudeltà, alcune, le più fortunate, le plagiava, altre ancora le ricattava, quando nessuno di questi due sistemi bastava le puniva crudelmente. Non faceva tutto da solo, negli anni le schiave del suo redditizio bordello erano diventate numerose, ma la sua era comunque una gestione familiare.
Suoi complici erano la moglie, una quarantenne robusta e florida come lui, il fratello di lei, più giovane, un segaligno trentacinquenne, e la madre dei due, una megera sessantenne secca come uno stecco e cattiva come il diavolo. Una famigliola di depravati senza nessuno scrupolo.

Master Viktor capì subito che una storiella come quella di cui era stato messo al corrente da quella anonima mail, con un account di fantasia, avrebbe creato in quella piccola cittadina di provincia un grande scandalo. Se la notizia era vera e si fosse saputa, quelle tre donne avrebbero dovuto andare via dal paese, se gli appartamenti in cui vivevano erano di loro proprietà avrebbero subito anche un grave danno economico.
Ma quello che Master Viktor voleva sapere prima di tutto era se ne valeva la pena, se si doveva impegnare in quella faccenda o lasciar perdere, la cittadina era abbastanza lontana da casa sua e se poi erano tre cessi a che scopo darsi da fare. Già c’erano due cinquantenni, merce non proprio richiestissima, anche se c’era qualche cliente che le apprezzava, ma in genere i clienti e le clienti preferivano ragazze giovani.
La suocera gli fece notare che le cinquantenni potevano essere molto utili come serve e per tutte le faccende di casa e ce ne era bisogno. Quello, quindi, non era un problema e che poi tre in un colpo solo… Viktor si disse che non c’era altro da fare che andare a vedere. Voleva vedere come erano fatte e non si fidava delle fotografie, come sapeva, spesso alteravano completamente la realtà. Scrisse al suo anonimo delatore e gli fisso un appuntamento per il giorno dopo alle dieci in un bar di quel paese.
L’anonimo scrisse cento volte che non voleva comparire nella storia, ma alla fine Viktor lo convinse ed accettò l’incontro.

L’uomo raccontò che dalla sua finestra, che stava di fronte all’appartamento di una delle troie, aveva visto la figlia che leccava la fica della mamma mentre l’amica se la fotteva con uno strap on. Questo succedeva un mese prima, poi si era messo d’impegno e le aveva viste, in quel mese, fare sesso, più volte. Considerato che lui aveva visibilità solo su quella camera e che non sempre la finestra era aperta, si poteva dedurre che le troie erano impegnate spesso a fare le sporcaccione.
– E come sono? – chiese Viktor.
– Booone! – rispose il delatore anonimo. – La figlia si chiama Nicoletta ed ha una trentina di anni, due belle tette a pera, un bel culo, fianchi larghi e cosce lunghe e tornite. La mamma sta sulla cinquantina ed è naturalmente più formosa, seno più abbondante, cosce più tornite, fianchi ancora più abbondanti. Mamma e figlia hanno capelli neri e carnagione chiara. L’amica ha la stessa età della madre, è simile, ma un po’ più altina ed un po’ più magra ed è castana. La figlia non ha fidanzato e le due più grandi sono vedove già da qualche anno. Non frequentano uomini, se la fanno tra di loro. –
Non male pensò Viktor che però voleva verificare.
Viktor convinse il suo confidente che le doveva vedere, gli promise che gliele avrebbe fatte assaggiare tutte e tre. – Ma mi vedranno – piagnucolò il confidente. Era un sessantenne malandato, bassino, flaccido più che grasso, calvo, trasandato e probabilmente impotente.
Viktor gli preparò la scena, irresistibile per uno come lui. – Saranno nude, legate e bendate, non ti potranno vedere, basta che non parli non ti riconosceranno mai. Le potrai toccare dove e come vuoi e per tutto il tempo che vorrai, saranno tue e non sapranno mai che le avrai usate. Pensa potrai mettergli la mano nella fica. –
La lussuria venne immediatamente fuori, l’uomo sbavò, qualcosa si mosse in basso e disse di sì.

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Le aveva catturate facilmente, prima la mamma, Anna, quando era sola in casa. Aveva suonato presentandosi come un dipendente dell’azienda del gas e quando la poveretta aveva aperto era stata rapidamente sopraffatta, legata ed imbavagliata. Poi era stato un gioco da ragazzi, si era trattato solo di aspettare che arrivassero prima la figlia e poi l’amica. Legate ed imbavagliate anche loro e poi bendate tutte e tre.

Ore dopo, come era stato promesso.
Nicoletta era nuda e legata ad un pilastro del salone, braccia tirate indietro con la corda, tesa, che dai polsi girava dietro il pilastro. Lo stesso in basso sulle caviglie. Le gambe erano leggermente divaricate. Nicoletta le poteva ancora allargare, ma non stringere. Era bendata e con una ball gag in bocca. Era impaurita e tremante, il seno ansava ed il corpo era leggermente sudato, lo stress.
Mamma ed amica non se la passavano meglio.
Carla era incorniciata in una porta. Viktor aveva piantato quattro chiodi sugli angoli in alto ed in basso e su quelli in alto aveva legato i polsi ed in quelli in basso le caviglie. La manza era squartata. Era nuda pure lei, bendata ed imbavagliata anche lei, ma al contrario di Nicolette non tremava e cercava di stare calma, era un grande sforzo, ma sembrava che ce la stesse facendo.
Infine, Anna. Era sdraiata su un tappeto, adagiata su un fianco con i polsi legati dietro la schiena e le caviglie legate fittamente. L’unica nuda, ma con le cosce chiuse. Era impaurita come la figlia, ma non tremava, forse la posizione la favoriva.
Lo squallido omuncolo entr’ nella penombra della stanza e si guard’ intorno, vide quelle tre donne nude e per poco non gli venne un colpo. Sudava e tremava anche lui, ma per ben altri motivi. Gli occhi guizzavano da una all’altra, dalle cosce di Nicoletta, alla fica di Carla, al seno abbondante e gonfio, ansante di Anna. Non sapeva decidere, non sapeva da dove cominciare. Si strofin’ sopra i pantaloni, non c’era un’erezione, ma era eccitato, sbavava. Si pass’ il braccio sulla fronte per asciugare il sudore, poi si diresse deciso verso Nicoletta. Gli mise le mani sulle tette e strinse forte, la troia mugg’ e si dimen’ cercando di gridare.
Lui colto di sorpresa l’abbandon’ spaventato. Poi si arrabbi’ con se stesso per la sua codardia, vide che la ragazza era impotente e ritorn’ all’attacco. Questa volta mise una mano sulla fica e la morse sul seno. Nicoletta mugg’ ancora disperatamente, ma stavolta lui era pi’ sicuro e continu’ a mordere quelle splendide tette mentre la ragazza cercava di immobilizzarsi e calde lacrime le scendevano da sotto la benda sulle guance. Lui sent’ che stava rizzando, si sentiva potente, quella bella troietta era sua e poteva farne tutto quello che voleva. Inizi’ a leccarla sul seno. Si sentiva potente anche sotto, qualcosa si stava muovendo. Succhi’ un capezzolo voracemente e lo sent’ diventare duro.
Viktor era nascosto dietro una porta e filmava. Era uno di quei filmini che piacevano tanto ai suoi clienti, spontaneo e naturale, pecoreccio e per niente artificiale. Inoltre, con quel filmino Viktor avrebbe ricattato sia l’omuncolo che le tre troie. L’omuncolo perch’ non parlasse, le tre troie per far fare loro tutto quello che voleva.
L’ometto leccava e succhiava, ma si ramment’ che ce ne erano altre due da gustare e le voleva possedere tutte e tre. ‘ Fai con calma gli aveva detto Viktor, hai pi’ di un’ora per divertirti, ma lui aveva perso il senso del tempo e non sapeva quanto gliene restava, in verit’ erano passati solo dieci minuti da quando era entrato nella stanza, ma si diresse rapidamente verso Carla. Lasci’ per ultima la sua preferita, Anna. Mentre si muoveva lanci’ uno sguardo su di lei, allucinato e lussurioso, da paura. Anna per fortuna era bendata e non poteva vederlo, come le altre due, altrimenti ne sarebbe rimasta terrorizzata. Lo sguardo non sfugg’ per’ alla telecamera di Viktor che sorrise soddisfatto. L’ometto era divertente, il filmino sarebbe risultato esilarante ed al tempo stesso oscenamente erotico.
L’ometto mise le sue due mani dietro le chiappe di Carla e l’attrasse a s’, spinse il bacino in avanti contro la fica nuda di Carla e mim’ l’atto sessuale. Sbav’ e lecc’ il collo della manza. Voleva urlare, insultarla, riempirla di epiteti come: troia, vacca, puttana, baldracca’, ma riusc’ a trattenersi. La troia era una bambola tra le sue mani, Nicoletta aveva reagito, questa neanche ci prov’, ma la cosa non gli dava soddisfazione e allora le strizz’ i capezzoli ferocemente e la manza gua’. Lui sorrise e spinse il suo bacino in vanti, freneticamente, su quello di lei che continu’ a muggire. Lui ansimava, sbavava, sudava, aveva gli occhi velati di piacere, sent’ che stava per venire e stava per lasciarsi andare, ma si ferm’, ci riusc’ anche se gli cost’ molto. Voleva godere, ma voleva concludere con Anna non con Carla.
Anna era la sua preferita, era pi’ tornita, con lineamenti pi’ rotondi e dolci, lui in passato aveva cercato un approccio, ma lei non l’aveva degnato di nessuna considerazione, ed ora era a sua disposizione. Che goduria!
Cerc’ di rilassarsi, si allontan’ da Carla e scalci’ via le scarpe, poi si abbass’ i pantaloni, se lo prese tra le mani, non si ricordava pi’ quando era stata l’ultima volta in cui se l’era sentito cos’ duro. Si avvicin’ ad Anna e si sdrai’ accanto a lei.
Lei senti la sua presenza ed ebbe un brivido, cerc’ di tirarsi indietro, di scalciare, prov’ a gridare, ma dal bavaglio usc’ solo un suono soffocato.
Lui allung’ le mani e l’accarezz’ sulla coscia risalendo in su. Lei scalci’ di nuovo e prov’ a colpirlo.
Lui voleva gridargli ‘stai ferma troia o ti massacro.’
Non grid’, ma le diede un ceffone sul viso e subito dopo un pugno nella pancia.
Anna gua’, pianse, ma si arrese. Non si mosse pi’.
L’omuncolo impervers’, l’accarezz’ dove e come volle, sulle cosce, sul seno grosso e pesante, sulla fica succosa, sulle natiche generose.
Lei era inerte, ma a lui bastava strizzare qualcosa di quel morbido corpo, soprattutto i capezzoli per vederla guizzare e rantolare e questo gli dava un grande piacere ed un grande potere.
Non ce la faceva pi’, le sciolse le caviglie, la fece girare sulla schiena, supina, le allarg’ le gambe e la mont’.
Si strofin’ su quella fica voluttuosa, la penetr’ e per un minuto prov’ a fotterla, venne e si abbandono su quel corpo caldo e morbido. Poteva addormentarsi su quel materasso di carne, ma si ricord’ che aveva un tempo limitato. Viktor era stato tassativo e minaccioso.
La manza singhiozzava, lui si sollev’ appoggiandosi ad un gomito, riusc’ a mettersi in piedi, si tir’ su i pantaloni e se ne and’. Soddisfatto ed al tempo stesso scornato.

Nell’ingresso trov’ Viktor che lo guard’ ironico. ‘ Vai a casa e dimenticati di quello che ‘ successo. Non parlare con nessuno, altrimenti farai una brutta fine. ‘
L’omuncolo trem’ impaurito, ma non capiva. Allora Viktor gli fece vedere delle foto. – Se parli, – gli disse mostrandogli foto in cui lui era su Anna, Nicoletta e Carla nude, passerai un sacco di guai, anche perch’ queste da domani scompaiono… Me le porto via e tu non hai visto niente. Chiaro? ‘
L’omuncolo non ce la fece a parlare, annu’, poi abbass’ la testa ed usc’ dall’appartamento.

Viktor se la prese con calma, doveva aspettare la notte per portare le sue tre nuove schiave sul furgone. Le avrebbe per sicurezza avvolta in tappeti e coperte, ma era meglio che nessuno lo vedesse. Aveva un sacco di tempo da far passare, ma non si sarebbe annoiato, doveva far apparire che le tre donne, sia pure in tutta fretta si erano allontanate volontariamente e quindi doveva chiudere le due case per bene, staccare luce, gas, chiudere l’acqua’ E poi si sarebbe divertito un po’ con le sue nuove tre schiave.

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Martina non ce la faceva pi’ a mantenere il suo segreto.
Quella notte il Padrone l’aveva presa fino a sfinirla e lei era piena e soddisfatta.
Erano sdraiati sul letto, era notte ed era tardi. Martina quella notte dormiva da lui. Era la sua schiava da circa un mese ed aveva trasferito a casa sua un po’ di indumenti. Quelli che le potevano servire la mattina per andare al lavoro dopo una notte come quella.
Gianni, non glielo avrebbe mai detto, ma adorava la sua schiava.
Banalmente lei lo sapeva.
Lei gli dava le spalle e lui la cingeva da dietro, Martina si era acciambellata tra le sue braccia e godeva placidamente di quel contatto e delle sue carezze, ma doveva parlargliene.
– Padrone’ –
– S’ ‘ rispose lui baciandola sul collo ed aspirando il suo odore. Era stupenda, una bionda con tutte le curve e una bellezza eterea.
– Padrone, ho raccontato di noi a mio marito. ‘
Il Master si irrigid’, ma non era preoccupato se lei voleva raccontare’, era adulta e sapeva quello che faceva, era una delle donne pi’ intelligenti che avesse mai conosciuto e ne aveva conosciute tante. Ed era bellissima.
– Perch’? ‘ rispose comunque freddamente.
Lei si gir’ verso di lui e glielo prese in mano, lo sent’ moscio, ma liscio e morbido, vitale, guizzante’ Lei lo strinse e lo sent’ reagire, ma non era il momento, allent’ la presa anche se continu’ a tenerglielo in mano. In quelle situazioni Martina sapeva di poter fare quello che voleva. Quando lui era appagato, felice e beato lei poteva imperversare. Lui l’avrebbe perdonata per qualunque cosa avesse fatto. Infatti pass’ al tu e gli strizz’ il pene rilasciandolo subito.
– Come pensi che io possa passare le notti a casa tua senza che lui ne sappia niente. ‘
– Pensavo che ti fossi inventata qualcosa’ lavoro, amiche’ –
– Una notte s’ ed una no ‘ sospir’ lei guardandolo negli occhi.
Gianni non rispose, giocherell’ con i suoi capezzoli aspettando che lei continuasse.
Non continuava. Lui la baci’ sulle labbra e poi chiese ‘ che ha detto? ‘
– Che se lo aspettava e che era felice per me, anche se non pensava che mi sarei scelto un Padrone, ma un normale amante. ‘
– Gli hai detto anche questo? ‘ Gianni pass’ una gamba su quelle di lei, una gamba possessiva per sentirla pi’ vicina.
– Padrone, Padrone, come facevo a non dirglielo. A parte che mi lasci segni dovunque, lo so ‘ la mia pelle che ‘ delicata, ma il pi’ delle volte non vanno via in 24 ore ed io e lui dormiamo insieme, diciamo poco vestiti, ma a parte questo perch’ non dirglielo? Non ‘ geloso, non pu’ esserlo. E’ sinceramente contento che io stia bene. E’ sempre innamorato di me ed io di lui. ‘
– Ok, – rispose lui laconico, quel discorso sul marito non gli piaceva, anzi lo infastidiva, non ne voleva sapere niente e quindi cerc’ di concluderlo. – Quindi, questo ti tranquillizza. ‘
– S’, molto. ‘ Lo guard’ e poi aggiunse. ‘ Ti vuole conoscere. ‘
– No, cazzo no! ‘ rispose d’impeto alzando la voce.
Martina si ritir’ e si gir’, ferita ed umiliata. Pochi centimetri, ma erano una distanza incolmabile. Lui poteva ignorarla, anzi poteva farla distendere e sbatterla come aveva fatto fino a poco prima, ma cap’ che per Martina quella era una faccenda davvero delicata oltre che importante. ‘ Vieni qui ‘ le ordin’, ma lo fece con tatto.
Lei era rigida e fredda, lui l’abbracci’, ma la sent’ lontana, poi tremante. L’abbracci’ pi’ forte e poi delicatamente, che non gli era molto usuale, le disse ‘ spiegami perch’ vuoi che conosca tuo marito. ‘
Lei si distese accanto a lui, di spalle, si fece abbracciare, ma non voleva guardarlo negli occhi mentre parlava.

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Lui l’aveva conosciuta ad una di quelle feste che le aziende organizzano in occasione di lanci pubblicitari. Lei infatti si occupava di pubblicit’ e pubbliche relazioni, era una delle artefici della serata, lui era l’ per lavoro, stava scrivendo un pezzo su quell’azienda e una delle persone con cui doveva parlare era proprio Martina.
Lei era molto presa, aveva il suo bel da fare. Gianni si avvicin’ con un bicchiere di prosecco in mano e le disse porgendole il bicchiere ‘ si rilassi, ormai la festa ‘ avviata. ‘
Lei sorrise, quando sorrideva era fantastica, – grazie. Vero, la festa ‘ avviata, ma io sono sempre ansiosa. ‘
Gianni si present’ e dichiar’ il motivo per cui si trovava l’.
Lei lo esamin’ guardinga, ma anche piacevolmente interessata, al contrario di tutti gli altri invitati quell’uomo non si curava molto del suo look. ‘ Ora non ho tempo da dedicarle, come pu’ vedere ho molto da fare. ‘
Gianni ragion’ in fretta. Forse ‘ meglio cos’ pens’. ‘ Va bene, la invito domani a pranzo. ‘
Lei a quel punto non poteva rifiutare.

Martina era una bionda che andava verso i quaranta anni, alta, ma dal corpo morbido e sinuoso, molte curve e nessun angolo, un bel seno, una quarta anche se scarsa. Un viso dolce e occhi splendenti, celesti, chiari ed intelligenti, i capelli lunghi, ondulati e morbidi le scendevano fino alle spalle.

Gianni era alto e ben piantato, i suoi quarant’anni erano portati egregiamente, i capelli castani non avevano un filo grigio. Sulla bocca grande e carnosa spiccavano un bel paio di baffi, il naso era anch’esso grosso, l’insieme lo rendeva simpatico a prima vista. Gli occhiali di tartaruga gli davano un’aria intellettuale che alle signore non dispiaceva, in effetti era un giornalista abbastanza noto. Vestiva in modo sportivo: pantaloni di velluto e giacca di tweed, sotto un gil’ ed una camicia di flanella, le scarpe erano comode. La camminata indolente e dinoccolata unita all’abbigliamento volutamente trasandato ne davano una rappresentazione mite, niente di pi’ sbagliato, dentro era molto duro e cinico.

Lei aveva mangiucchiato una mozzarella ed un’insalata, lui un filetto e delle verdure griglate, lei aveva bevuto dell’acqua frizzante, lui una caraffa di rosso. Lei era perfettina in tutto, lui era esuberante in tutto. Il dovere era stato portato a termine prima di iniziare il pranzo, ora lui aveva travolto le sue barriere ed aveva una mano tra le sue cosce mentre con l’altra le teneva fermo il polso sul tavolo e quindi la teneva inchiodata dove era. Lei era rossa in viso, calda e si sentiva umida tra le cosce. Non capiva come era successo.
Lui la stava prendendo in giro per la dieta salutista, ma era talmente carino che lei ridacchiava allegramente, si era rilassata. Aveva bevuto anche lei un bicchiere di rosso e si sentiva bene come non le succedeva da tempo, sorrideva del suo garbato corteggiamento e civettava come una ragazzina. Poi lui si era accostato a lei e le aveva appoggiato una mano sulle cosce, sopra la gonna, quindi si era chinato su di lei per baciarla. Erano in un locale che si stava svuotando dopo il pranzo, ma che non permetteva molto di pi’ di un innocente bacio.
Eppure quelle labbra sulle sue, quel rapido e fugace contatto era stato elettrizzante, lei arross’ come una ragazzina e lui ne approfitt’ per passare da sopra a sotto la gonna, e la mano scomparve sotto la tovaglia.
Risal’ teneramente sulle calze di nylon, strinse e la sent’ gemere, super’ la balza delle autoreggenti e arriv’ a contatto della pelle, rovente. Lui le teneva il polso sul tavolo fermo e la guardava, lei non diceva niente, ma era color porpora, quando lui da sopra le mutandine la tocc’ sulla fica lei allarg’ le cosce e apr’ le labbra sorpresa. Era smarrita e chiuse gli occhi.
L’orgasmo arriv’ fulmineo e terrificante, lei si sent’ scossa, tremante, una crisi epilettica. Un attimo, lei aveva perso il controllo e non aveva pi’ freni. Ma lui non voleva uno scandalo, le mise una mano sulla bocca per impedirle di urlare, poi la tir’ in piedi e le disse andiamo. Lei malferma sulle gambe gli cammin’ accanto, sostenuta, poi lo lasci’ alla cassa a pagare, doveva uscire fuori, aveva bisogno di aria e di ridiventare lucida, non capiva cosa le era successo.
Lui usc’ fuori, la prese per un gomito senza dirle una parola. Lei era ancora scossa ed inerte, lui la prese a braccetto e la guid’ a casa sua, non stava lontano.

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