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Gita sul mare

By 7 Dicembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Sei arrivata in treno, alla stazione di Genova Principe; sei davanti alla stazione, sotto il porticato, dall’ingresso della biglietteria come concordato e ti guardi intorno con ansia, assalita dal dubbio di aver capito male l’ora, il giorno, il posto’ che ti abbia tirato il bidone.
Io ti osservo da lontano e mi diverto a vederti muovere con un cauto, timido sorriso andando verso tutti gli uomini alti che passano e poi la delusione quando ti vedo chiamarli col mio nome e loro o scantonano infastiditi, oppure ti sorridono, provano ad attaccar bottone, ma allora sei tu a scansarti, con un imbarazzato sorriso, appena capisci che nessuno di loro &egrave chi devi incontrare.
Qualche scatto col teleobbiettivo, tanto per cominciare e poi entro in stazione da un altro ingresso, in modo da potermi materializzare all’improvviso alle tue spalle, dalla direzione da cui non mi aspetti: ‘Ciao troia!’
Sobbalzi, ti volti ed i tuoi occhi sono all’altezza del mio petto; alzi lo sguardo sul mio viso, fino ad incrociare il mio sguardo severo, addolcito solo da un’ombra di sorriso sardonico: ‘Angelo’?’
Ancora la paura di esserti imbattuta in un altro sconosciuto, solo più audace, ma un timido sorriso speranzoso ti illumina fiocamente il volto.
‘Sì Michela! Chi altri?’ dico, con un vago sarcasmo nella voce.
Se da una parte ti rilassi per avermi finalmente davanti (l’uomo col quale avevi questo strano appuntamento sono -finalmente!- io, io e nessun altro!), dall’altra sei intimidita, forse spaventata perché ti rendi conto che adesso non saranno più parole, non sarà più masturbazione leggendo i miei racconti, no: da adesso si farà sul serio!
Hai accettato di venire qui e dovrai essere all’altezza di quello che mi hai detto che sei disposta a fare; da adesso in poi sarai solo il mio giocattolo!
Taccio guardandoti e godo del tuo imbarazzo.
Questo silenzio ti pesa addosso come un macigno: ‘Sei’ alto!’ dici, la prima cosa che ti passa per la mente.
‘Te lo avevo detto, bagascetta, che sono alto, no?’
Intanto ti guardo, finalmente dal vivo, finalmente posso ‘annusarti’: posso cio&egrave avere tutte quelle informazioni che sfuggono ai contatti telematici; intuisco la grana della tua pelle, noto i tuoi piccolissimi tic di ragazza imbarazzata davanti ad un ‘grande’, osservo la tua mimica, percepisco (o credo di percepire) un vago aroma di sapone, ma con una vena di sudore frutto del lungo snervante viaggio in treno nella giornata caldissima e poi un altro inebriante sentore: sento che nonostante l’imbarazzo ti stai eccitando.
Faccio un passo indietro e ti osservo con severità: hai dei sandaletti con un tacco da 6-7 centimetri, una minigonna né corta né lunga ed una polo gialla, che mette in risalto i tuoi solidi tettini e che &egrave spinta dai tuoi capezzoli già turgidi; non ti ho dato indicazioni, sul come vestirti, ma noto con piacere che non hai il reggiseno.
Un lampo: la mia mano sulla tua nuca, le mie labbra contro le tue, forzate dalla mia lingua che si impadronisce della tua bocca che sa di mentine; tre secondi per metabolizzare la sorpresa, poi rispondi al bacio, mentre la mia mano sinistra ti preme sulle reni per stamparti contro di me e poi comincia a palparti il culo. Poi la mia mano scende, passa sotto l’orlo della gonna e cerca di nuovo le tue chiappine; due dita ti si infilano tra le cosce e ‘come immaginavo- sento che non indossi neanche intimo, oltre al fatto che sei già un bel po’ bagnata.
‘Non mi piaci, vestita così’ la mia &egrave una sentenza, inappellabile.
Ti vedo come rattrappire: senti la colpa di avermi deluso, anche se in realtà mi piace come sei vestita, ma voglio umiliarti.
‘Vieni, andiamo!’
Parto e tu mi vieni dietro; attraversiamo la piazza poi scendiamo verso il centro storico e, in fondo alla discesa, giriamo a sinistra, in un largo vicolo pieno di gente, soprattutto stranieri: africani e latinos.
Mi fermo, mi abbasso un pochino e ti bacio, stavolta teneramente; mentre rispondi al bacio, le mie mani si posano sui tuoi fianchi, afferrano la cintura della minigonna e te la fanno salire di un po’, soprattutto sulle reni; adesso l’orlo &egrave all’altezza della piegolina tra le natiche e le cosce e chi ci osserverà camminare da dietro, potrà fantasticare sul tuo culetto, indovinandolo senza troppi sforzi.
Arriviamo in un punto dove alcuni nerissimi africani stanno chiacchierando ed io mi metto una sigaretta tra le labbra, poi tiro fuori l’accendino dalla tasca e me lo faccio sfuggire dalle dita; ti guardo, tu capisci e cominci ad accucciarti per raccoglierlo: ‘No, non così: piegati in avanti, troia!’ ti correggo sottovoce.
E tu esegui, regalando la vista del tuo culo agli attoniti africani; ne sei consapevole ed arrossisci. Probabilmente aspetti da loro dei commenti salaci, magari qualche manata, ma loro sono molto più pudichi di noi occidentali e so di averli sinceramente scandalizzati, non eccitati.
Proseguiamo, io con lunghi passi e tu a trotterellare per cercare di starmi dietro; di solito il mio passo &egrave più tranquillo, ma voglio metterti a disagio e questa &egrave una maniera efficace.
Attraversiamo una strada, passando tra le auto ferme in coda al semaforo e poi varchiamo un’antica porta della città e poi in salita fino a’ fino ad un certo negozio self service, che conosco: &egrave di un laido cinese e vende tutto ciò che serve per vestirsi’ soprattutto se fai la puttana o se sei un travestito: dalle scarpe con zeppa e tacco 16 alle parrucche, passando per striminziti completino intimi, calze e collant di ogni tipo, cinture alte come gonne e minigonne corte come cinture.
E poi trucchi da due soldi, ma vistosi, unghie finte incredibilmente decorate, ‘pantacollant’ così sottili ed aderenti da riuscire a vedere la ricrescita del pelo pubico tre giorni dopo la rasatura, abitini elasticizzati, trasparenze assortite, spacchi e scolli vertiginosi, paillettes sbrilluccicanti ovunque’
‘Ciao Gian!’ saluto il cinese col nome che mi aveva detto tempo prima , meno ostico di un probabile Wuan.
Lui mi guarda e il suo grasso viso si apre in un lieve sorriso di riconoscimento, poi i suoi occhi porcini ti studiano e lampeggiano di eccitazione.
‘Voglio che questa giovane baldracca si vesta come merita, facciamo un giro’ annuncio e lui alza il corpaccione obeso dalla sedia dietro la cassa, viene verso di noi e sembra sbavare ad osservarti.
‘Però ‘aggiungo subdolo- non voglio spendere un capitale: questa troia non mi ha ancora fruttato un euro!
Quindi non compreremo chissaccosa”
Lui mi guarda e mostra i denti anneriti in una specie di sorriso: ‘tu non preoccupare: io posso trattare bene te’ Avete bisogno di provare?’
Perfetto! ‘Sì: il camerino &egrave là in fondo?’
Annuisce e poi parla al cellulare in cinese per pochi secondi: tempo un minuto e arriva una delle sue figlie, che prende subito ubbidiente il suo posto alla cassa.
Comincio a scegliere degli abitini stretch molto al di là della sconvenienza, delle scarpe col tacco altissimo, una parrucca rosso fiamma, autoreggenti disegnate nei modi più strani e poi con la bracciata di merce raggiungiamo il fondo del locale.
Ti indico il cosiddetto camerino di prova: un cubicolo celato solo da una tenda scorrevole su un bastone circolare appeso al soffitto, con un vecchio attaccapanni ed uno sgabello.
Entri con la bracciata di roba e fai per chiudere la tenda, d’istinto.
‘Puttana, non avrai mica vergogna, vero?’
Tu arrossisci: ti sei ormai abituata all’idea di farti ‘prima o poi- vedere nuda da me, ma lo sgradevole cinese’
‘Prova questo’ ti ingiungo, allungandoti un abitino azzurro elasticizzato.
Con qualche esitazione, ma spinta dal mio sguardo severo, ti togli la polo e poi la gonna, restando completamente nuda davanti a noi.
Afferri l’abitino ed alzi le braccia per indossarlo.
‘Aspetta, fermati così! Adesso ruota lentamente su te stessa” di ordino e tu esegui, mentre Gian sembra sbavare per il tuo giovane corpo.
Senti il suo sguardo addosso, come il dardo di una fiamma ossidrica: arrossisci, ma completi comunque il giro.
‘Adesso provatelo!’
Mentre aziono la macchina fotografica lo indossi, lo fai scendere oltre i fianchi, lo tiri e lo tiri ancora, ma lui sadicamente risale a filo fica: sei deliziosamente oscena, con quell’apertura tra i seni che arriva a velare appena i tuoi capezzoli turgidi, la scollatura sulla schiena che arriva a mostrare il solco tra le tue chiappine sode, la bombatura della fica che si indovina da sotto l’orlo dell’abitino ed io immortalo il tutto.
Te lo faccio togliere e ti faccio provare altro e altro e altro ancora, mentre Gian ormai lo ha tirato fuori e se lo tocca, viscido di pre eiaculazione.
Vedo il tuo sguardo verso il suo cazzo: corto ma tozzo, non molto duro e cerchi di valutare se e come dovrai occupartene.
‘Tuo figlio’?’ chiedo al cinese.
Lui capisce al volo, mi fa un sorriso viscido e riprende il cellulare; stavolta il tono &egrave di chi fa un dono, non di chi da un ordine, come prima.
‘Arriva!’ conferma.
Poi mi guarda con un sopracciglio alzato; io faccio un breve assenso con la testa e dico: ‘Vado a prendere una borsa’ , mentre lui ti mette una mano sulla testa e ti fa accucciare, nuda, davanti a lui. Ti artiglia a nuca e ti appoggia il suo viscido cazzo su una guancia, lasciando una scia, come una lumaca.
Da come arricci fuggevolmente il naso, intuisco che l’odore del membro non dev’essere quello del sapone; mi guardi con gli occhi spaventati ed io dico solo, da dietro il mirino della digitale: ‘Dai, troia: guadagnati lo sconto, sul tuo guardaroba!’
Quanto ti sei masturbata, sognando che ti avrei usata io, quantomeno per primo, che il mio cazzo presumibilmente pulito ti sarebbe affondato fino in gola e poi nella fica bollente e magari anche ne nel culo voglioso’ Non ti aspettavi di cominciare questa trasferta sessuale con un vecchio cinese obeso e lurido!
Hai le lacrime agli occhi dalla vergogna e dalla delusione, ma sei partita per arrivare qui e quindi hai accettato di fare tutto quello che ti avrei detto e per questo imbocchi quel cazzo e cominci a leccarlo, a succhiarlo, a lambire le piccole palline, combattendo con lo schifo e però sentendoti sempre più bagnata di eccitazione per la laida situazione.
Prendo un borsone di nylon, che valuto sufficiente per tutto ciò che ti ho comprato, e torno verso il fondo del locale; dietro a me sento dei passi e vedo arrivare Giorgio, il figlio di Gian nato qui ventidue anni fa, alto un bel po’ più di me ‘che son pur parecchio alto!- e con un fisico tonico; un fisico da cattivo dei film di 007, per intenderci.
Insieme a lui, un suo amico, cinese anche lui.
Un cenno di saluto tra noi e ti vede accucciata a spompinare suo padre; valuta qualche secondo la situazione, sorride all’amico e chiude la tenda a soffietto che isola quella parte del negozio.
Tu, con la coda dell’occhio, ci osservi, ma sempre pressata contro il pube di Gian dalla sua manona sulla nuca.
Giorgio ti viene dietro, ti afferra per i fianchi e, senza farti interrompere di spompinare suo padre, ti fa stare piegata in avanti, sulle gambe tese.
Poi, con lievi calcetti (manco fosse un poliziotto che ti deve perquisire!), ti fa allargare i piedi; senti le sue dita divaricarti le ninfe e poi’ sussulti! Urleresti, se non avessi la bocca piena di cazzo, perché non ti aspettavi né la improvvisa e violenta penetrazione, né le notevoli dimensioni dell’attributo del tuo coetaneo.
Fortuna che sei un lago di eccitazione’ fortuna che il vostro amico di famiglia ti ha’ rodato (e fatto rodare dai suoi amici!) perbene tutti i buchi, nei mesi da quando tu ti sei lascivamente offerta a lui ed alle sue smodate voglie’ però quella nerchia &egrave davvero grossa e ci metti un po’ ad adattarti ed a ricominciare a scalare la montagna del piacere.
Senti improvvisamente mugolare e borbottare Gian e ti trovi la sua sborrata in gola; questo eccita il tuo lato più troiesco e mentre sei intenta ad ingoiare, il piacere ti travolge, portandoti a contrarre i muscoli vaginali e provocando, a catena, la sborrata di Giorgio a colmarti completamente la fica.
Senti i due maschi scivolare fuori di te, il padre ormai mollo e ridotto a dimensioni ridicole, il figlio ancora vigoroso, anche se non al massimo come poco prima, ma Gian ti tiene ancora piegata e tu senti la cappella dell’amico di Giorgio sprofondarti nella fica sborrata.
Due colpi, solo due colpi, poi senti che si sfila, ti senti divaricare le chiappe dalle forti dita del giovane e la cappella lubrificata dalla sborra miscelata al tuo ciprigno bussare alla porticina del tuo culo.
L’irruzione &egrave rapida, violenta, dolorosa, ma ringrazi il cielo che questo giovane sia meno dotato dell’amico: lui ti avrebbe lacerato!
Ti muove, ti usa, esattamente come un giocattolo erotico ed in pochi minuti lo senti irrigidirsi e svuotarsi nel tuo culo.
Ti rialzi dritta, con cautela, come stupita che sia tutto finito ed incroci il mio sguardo severo mentre ti allungo un abitino rosso, dei più striminziti e un paio di zoccoletti con tacco dodici: ‘Vestiti, che andiamo!’
Ti tocchi d’impulso e poi osservi le tue dita bagnate di sperma e ti guardi in giro, come a cercare qualcosa per ripulirti.
‘Succhiatele e poi lascia perdere, vai bene così!’ ti dico e tu capisci che, senza mutandine, dovrai uscire col corto vestitino, con i buchi dilatati e gocciolanti del piacere dei tuoi primi maschi, mentre il mio obbiettivo ha registrato le condizioni dei tuoi accoglienti buchi. Dopo dieci minuti, siamo di nuovo in giro per i vicoli; ci infiliamo nell’antico ghetto, una zona dove si aprono le porte di ex botteghe, trasformati nelle stanze di lavoro di travestiti non giovani.
Ho riposto la digitale perché so che non amano essere fotografati, ma mi godo i loro commenti sboccati, le proposte oscene che fanno a noi come coppia, alle mani che ‘dopo un mio cenno di assenso- ti esplorano fica e culo, provocando un rilancio di commenti volgari, come riconoscono la viscosità dello sperma con quale sei stata riempita.
Uno arriva a proporre di andare e ‘fare in tre’ ed io -per gioco, per provocarti ed imbarazzarti- rilancio, proponendogli di tenerti per il pomeriggio intero a disposizione dei clienti che eventualmente volessero approfittarne’ ed ovviamente trattenendo tutto l’incasso! So che la proposta può stuzzicarlo come idea, ma non l’attrae dal punto di vista pratico, difatti lui ripropone di fare in tre, mostrando in un lampo un uccello di dimensioni davvero generose e promettendoci che ce lo avrebbe fatto provare ad entrambi. Declino l’invito con un sorriso, perché ho altri programmi: attraversiamo il ghetto ed usciamo sulla strada; tempo cinque minuti siamo in sella al mio scooter; adesso, col casco calzato in testa, forse capisci perché non ti ho fatto indossare la parrucca da troia’ Comunque, se non lo capisci, se non ci hai neanche pensato, non &egrave un mio problema!
Partiamo e cominciamo a salire, verso il parco che occupa la sommità della collina che domina sul centro e come entriamo nell’area del parco, comincio ad andare piano, ad usarti ‘così scosciata come sei, con i miei fianchi tra le tue ginocchia e il risibile indumento risalito fin quasi alla vita!- come esca da traino; so che il posto &egrave frequentato da guardoni ed un paio di ‘vasche’ a bassa velocità farà in modo che ci notino sicuramente e che studino i nostri movimenti.
Alla fine della’ ‘pesca alla traina’, parcheggio lo scooter a bordo strada, in un posto facilmente visibile da chiunque passi (e quindi anche da loro) e poi ti piloto verso una piccola radura tra la bassa vegetazione.
Mi siedo sull’erba, la schiena appoggiata ad un masso, ti faccio scendere la parte superiore dell’abito intorno alla vita ed indico il mio pacco: ‘Avanti, datti da fare!’
Ti inginocchi tra le mie cosce, mi slacci la cintura, mi apri i jeans, mi abbassi i boxer e guardi per un istante la mia dotazione, con un lievissimo sorriso di soddisfazione: la sacca che contiene due grossi coglioni, la nerchia che pur non essendo eccezionale, &egrave comunque di dimensioni più che dignitose, le proporzioni equilibrate che lo rendono anche’ bello da guardare e che promettono una sana dose di divertimento’
Vedi che non &egrave al massimo dell’erezione, ma comprendi che alla mia età ho bisogno di’ coccole, per dare il meglio di me.
Così ti impegni, onori l’uccello che hai imparato a desiderato prima con un bacio sulla cappella, poi scendendo e lappando delicatamente lo scroto, fino a vederlo contrarsi, raggrinzirsi, mentre il cazzo si irrigidisce ancora e allora la punta della tua lingua risale, con un tortuoso percorso, tutta l’asta, fino ad arrivare alla cappella che adesso &egrave decisamente pronta, pronta ad entrare in te.
E tu schiudi le labbra, la succhi un pochino, poi spalanchi la bocca più che puoi e lo fai entrare fino a sentirtelo in gola e poi stringi le labbra alla base dell’asta e aspiri, succhi. lecchi ed io ti accarezzo i capelli per dimostrarti il mio apprezzamento; sì, decisamente il tuo amico di famiglia ti ha insegnato proprio bene, a succhiar cazzi!
Percepisco un movimento e guardo verso destra: vedo un paio di guardoni, nascosti dietro ai cespugli, che ci spiano; faccio un piccolissimo segno con la mano di aspettare e loro capiscono.
Sei in un altro mondo, nel mondo delle succhiacazzi dove sei impegnata a dimostrarti all’altezza delle migliori, ma io ti metto una mano sotto il mento e delicatamente ti faccio sfilare.
Mi guardi in viso, cercando di capire perché ti ho interrotta (‘Oddio! Non gli piacerà come glie lo succhio?’), ma poi capisci che voglio che ti impali sul mio piolo ritto e così ‘finalmente!- entro nella tua fica.
Vuoi goderti ‘e farmi godere!- il momento e così, bilanciandoti sulle ginocchia, ti appoggi la cappella sulle ninfe e poi lentamente scendi, facendotelo entrare a poco a poco, centimetro dopo centimetro, fino a stamparti la fica sui miei ispidi riccioli.
Ti godi un attimo la sensazione di pienezza che il mio cazzo duro ti da e poi, appoggiandoti con le mani sulle mie spalle, cominci lentamente a risalire, fin quasi a farmi uscire da te, ma dopo una sosta quasi impercettibile, te lo riaffondi tutto dentro, fino a sentirlo cozzare sulla bocca dell’utero e poi risali e ridiscendi e risali ancora e così via, sempre con maggiore confidenza, con maggiore velocità, con maggiori affondi.
Piego un paio di volte due dita verso i guardoni, che sono magicamente raddoppiati, e loro capiscono che adesso possono avvicinarsi: si mettono ad arco, davanti a me, cazzi nella mano e masturbati con diverse velocità, concentrati a guardare il tuo culo che sale e scende, mentre ti fai affondare il cazzo sempre più in profondità; un’occhiata rapida: vedo che sono tra i quaranta ed i sessanta, né alti né bassi, non troppo magri ma neanche obesi: assolutamente anonimi, insomma.
Uno si abbassa e mi guarda: mi basta chiudere lentamente gli occhi per un secondo, per fargli intuire il mio permesso e lui allora comincia ad accarezzarti le chiappe e anche gli altri si fanno sotto e ti toccano il sedere, le reni, le cosce, la schiena, la nuca.
Tu fai un piccolo singulto: sei sorpresa, ma ti piace, ti godi questi inaspettati e sconosciuti contatti..
Il primo a toccarti sento che fa arrivare le dita fino a sfiorarmi i coglioni; ho un attimo di perplessità, ma tu sobbalzi lievemente ed io capisco; difatti quasi subito sento le sue dita ‘almeno due- che ti entrano nel culo e poi cominciano a scorrere avanti ed indietro.
Una piccola sosta ed un altro dito ti entra dentro ed io le sento contro il cazzo, separate solo dalla sottile membrana tra i due canali.
Un altro si mette accanto a noi, il cazzo all’altezza della tua bocca e tu non lo deludi: glie lo prendi in bocca e cominci un appassionato pompino.
Un altro si affianca a lui e tu ti trovi a succhiarli prima alternativamente e poi ad ospitarli insieme in bocca.
Il quarto ci gira intorno, sempre segandosi: evidentemente &egrave già soddisfatto di poter guardare quanto sai essere troia.
Vedo che il primo ti sfila le dita dal culo e se le pulisce sfregandotele sul culo; poi si inginocchia dietro di te e capisco le sue intenzioni; ti metto una mano sulle reni e ti faccio stare ferma, mentre lui ti appoggia la cappella sullo sfintere e poi ti incula.
Percepisco chiaramente il suo cazzo contro il mio, dentro di te, e levo la mano, lasciandovi liberi di muovervi come volete.
I due guardoni si scaricano, a distanza di pochi istanti, nella tua bocca e tu diligentemente ingoi fino all’ultima goccia, leccandoti anche le labbra per recuperare una gocciolina sfuggita; ti sento sospirare, vedo il tuo viso stravolgersi, sento le ritmiche contrazioni della tua vagina: ancora pochi istanti ed esplodi in un favoloso orgasmo liberatorio.
Sia io che il tuo inculatore non resistiamo ed anche noi ti riempiamo fica e culo di sborra calda, mentre tu accasci qualche minuto, stremata.
Anche il quarto guardone ormai sta per godere e si avvicina al tuo viso: tu lo guardi e la sua sborrata parte e ti colpisce con dense gocce sulla fronte, le guance, il naso, i capelli.
A parte nei momenti in cui stavo ormai per sborrarti dentro, ho continuato a fotografarti e son sicuro di averti bene immortalata, in questi tuoi momenti di assoluta troiaggine. I quattro sono andati e ci hanno lasciati soli; so che adesso entreremo nella leggenda del parco; anzi: io sono conosciuto (da anni ed anni), ma tu invece diventerai ‘la ragazzina del Baffo’ ed i quattro parleranno di te ad altri che racconteranno ad altri ancora, magari con qualche piccola, personale aggiunta finché alla fine, appena mi (o ci) vedranno, si passeranno rapidamente la voce e ci troveremo al centro di una colossale gangbang’
Ma questo appartiene al futuro’ il nostro presente ti vede con l’espressione del gatto che ha mangiato il canarino: diciamo colpevolmente soddisfatta.
Guardo l’ora e mi rendo conto che stiamo seguendo con accettabile coerenza la tabella di marcia che avevo pensato, per cui ci ricomponiamo e ripartiamo, scendendo da una strada diversa ed arriviamo in un quartiere che, pur mostrando ottocentesche tracce di nobiltà nelle belle facciate offuscate dallo smog, &egrave diventato molto popolare, come la baronessa finita per i casi della vita a fare la cassiera all’hard discount.
Lasciamo lo scooter in un vicoletto; dal borsone estraggo la parrucca e tu la indossi, sistemandotela nello specchietto dello scooter; poi mi guardi, in cerca di approvazione ed io faccio un breve, accondiscendente gesto col capo.
Giriamo l’angolo e subito entriamo nel cinema: l’atrio di marmo fa intuire un’antica eleganza, anche se ora &egrave diventato uno scassato cine porno.
Un cenno di saluto al padrone alla cassa, che mi fa segno con la testa di salire; in cima alla scala, scostiamo il pesante tendone di velluto ed entriamo dal basso nella galleria digradante, con i seggiolini di legno disposti in quattro blocchi, divisi da una scalinata centrale e da un corridoio a metà. Mentre i nostri occhi si abituano alla relativa oscurità ‘per giunta la scena sullo schermo &egrave un esterno notturno-, saliamo fino al corridoio centrale e comincio a vedere gli altri spettatori: una coppia nella prima fila del quadrante basso, lontano dall’ingresso, un paio di singoli seduti appena dietro di loro ed altri quattro uomini soli, sparpagliati per la sala. Uhmm’ Speravo che Salvatore, che avevo avvertito del tuo arrivo, ci avrebbe fatto trovare più gente’ pazienza! Tanto ho sempre da realizzare il progetto del dopocena!
Ci sediamo all’incrocio tra il corridoio centrale e lo scalone, io nella seconda poltroncina e tu accanto; mi rendo conto che tutti gli altri stanno attentamente osservando i nostri movimenti, stanno valutando se e come entrare in gioco.
Appena seduti, ti metto la mano tra le cosce e te faccio aprire bene, toccandoti la fica nuda e fradicia sia di sperma vecchio che di nuova eccitazione.
Ti prendo delicatamente per il mento, ti faccio girare verso di me e ti bacio appassionatamente, tenendoti abbracciata.
Con la coda dell’occhio, vedo uno dei singoli che lascia il suo posto e si viene a sedere dietro di noi ed anche il lui della coppia, che ci teneva d’occhio, si alza con la compagna e vengono a sedersi vicino a noi, lei più vicina a te, con un posto libero tra voi.
La tenda scostata fa entrare un lampo di luce dalle scale ed un altro singolo entra in galleria, restando fermo un pochino per adattarsi alla poca luce e poi per valutare le dinamiche.
La mia mano sinistra &egrave sempre tra le tue cosce e ti ho messo quattro dita dentro, che faccio scorrere avanti ed indietro, provando anche a divaricarle, per aprirti maggiormente.
Sento delle dita sfiorare le mie e getto un’occhiata: &egrave la donna dell’altra coppia ‘una cinquantenne magra ma ancora decente- che cerca di arrivare alla tua fica; capisco che il tremore che hai avuto poco prima era la reazione alla sua sapiente carezza sulla tenera pelle all’interno della tua coscia; decido di farle posto e tolgo la mano.
Tu getti un’occhiata e ti rendi conto di chi sia la mano che sta cominciando ad occuparsi della tua bollente fichetta; aggrotti le sopracciglia, contrariata dallo scoprire che si tratti di una donna, ma poi la sapienza del suo tocco ti fa accettare di buon grado le sue attenzioni.
Dietro a noi, intanto, i singoli sono diventati quattro: uno ti accarezza il collo, un altro parte dalla spalla per arrivare ad un seno; te lo faccio uscire dal vestito e lui comincia a stringerti il capezzolo, mentre tu sussulti per le piccole fitte di dolore che provi.
Una mano ti fa girare la testa e ti trovi una grossa cappella contro le labbra; le schiudi e la accogli di buon grado in bocca, mentre altri cazzi si materializzano ai lati della testa e ti sfregano sul collo e le guance.
La donna ti ha preso la mano e te l’ha pilotata tra le sue cosce e tu senti per la prima volta un’altra fica sotto le dita; la accarezzi lievemente, quasi con timore ma poi decidi di renderle ciò che ti sta facendo, stringendole e stuzzicandole il clitoride con le dita.
Un altro singolo si &egrave aggiunto alla compagnia ed io mi alzo per lasciare libero il posto accanto a te.
Comincio a scattare foto, usando solo la debole luce proveniente dallo schermo, ma con la digitale verranno comunque delle foto accettabilmente chiare.
Scatto foto di te che succhi alternativamente cazzi, mentre mani ti brancicano le mammelle e tocchi, in perfetta reciprocità, la tua vicina di posto che intanto si gusta anche lei qualche’ uccello di passo.
Dopo una ventina di minuti, gli scatti son diventati davvero tanti: ti ho immortalata in piedi, a gambe larghe, piegata in avanti a mangiare la fica della donna mentre i cazzi dei vari uomini si succedono nella tua fica o nel tuo culo, secondo le preferenze dell’uomo; poi mentre sei seduta su un singolo, profondamente piantato nel tuo culo, e la lei che lecca la fregna grondante di secrezioni tue e di vari maschi.
Poi ancora in piedi, con le mani sullo schienale di una poltroncina a spompinare chiunque ti si presenti davanti, mentre gli altri si occupano dei tuoi altri buchi oscenamente a disposizione e di quelli della tua nuova amica, affiancata a te in una tipica ‘batteria’, mentre altri singoli ancora arrivano e si uniscono.
Ho usato il flash solo in una breve sequenza: quando la donna ti ha pilotata -tenendoti per i capelli- a stenderti al centro del corridoio e poi si &egrave accoccolata sul tuo viso, prima per far colare nella tua bocca la sborra che le avevano donato e poi, finalmente!, per dare sollievo alla vescica con lunghi, zampillanti getti dorati sul tuo musetto e la tua bocca.
Il lampo del flash ha cristallizzato le colature, i getti, le goccioline diretti alla tua bocca, al tuo viso, ai tuoi capelli, arrivando fin quasi ai seni turgidi di eccitazione.
Dopo lei, anche qualche uomo ha deciso di schizzarti sul volto il suo piacere per poi lavartelo via col potente getto frutto delle reni, mentre i primi, che ormai hanno goduto del tuo giovane corpo da aspirante baldracca, prendono fiato -seduti intorno- ed osservando divertiti il viavai dei nuovi arrivati che verificano quanto tu sia porca e disposta a farti montare da chiunque ed in ogni anfratto.
Getto un’occhiata all’orologio: il tempo &egrave volato!
Ti faccio capire che dobbiamo andare ed allontano chi ancora ti sta intorno.
‘Devo andare in bagno’, mi sussurri.
‘Devi fare pipi?’ mi informo; annuisci, vergognosa.
‘Ti accompagno, ma non voglio che ti pulisca’
Raggiungiamo i servizi e ti faccio entrare nel cubicolo, ma blocco la porta aperta e tu sei imbarazzatissima di dare spettacolo a me ed a chi ci ha seguito, mentre l’orina zampilla nella tazza.
Finito di mingere, per istinto allunghi la mano per asciugarti’ ‘Resta così!’ ti ingiungo
Mi guardi, stupita, poi avvilita al massimo, ma obbedisci; ti alzi, esci e ti metti davanti allo specchio per risistemare l’abitino e per osservare in che condizioni sei: sei fradicia di piscio e la parrucca sembra uno straccio per lavare in terra, inzuppato.
Il vestito &egrave umido, macchiato di chiazze di sborra (come la pelle del tuo viso e di collo, petto e spalle!) e guardandoti dietro grazie allo specchio, vedi che &egrave annerito dal sudiciume che era sul pavimento dove sei stata fatta sdraiare, sciolto in una lurida fanghiglia dal piscio che ti hanno diretto addosso.
Annusi rumorosamente e e senti di puzzare: puzzi di sesso, di sborra, di piscio’

Usciti dal cinema, non entriamo nel vicoletto accanto, dove ho lasciato lo scooter, ma invece percorriamo il marciapiedi dove incrociamo molte persone, tra cui tanti coi tratti somatici sudamericani, che ti guardano con eccitazione (e commenti pesanti sussurrati a mezza voce in italiano o spagnolo, se sono uomini) o con scandalizzato disgusto se sono donne.
Vorresti piangere, lo so. Arriviamo fino alla piazza, dove molti degli sfaccendati hanno modo di rendersi bene conto di come sei conciata.
L’autobus affollato fermo al capolinea mi fa venire un’idea maliziosa; su quella stessa linea, molti anni prima, avevo praticato la nobile arte della ‘mano morta’, con qualche interessante sviluppo (da signore che avevano gradito il mio palpeggiamento garbato ai loro culi, fino ad alcune -rarissime purtroppo!- alle quali sono arrivato a toccare la fica nuda, anche penetrandole con le dita… Una si era addirittura lasciato sfilare lo slippino -i perizoma era sconosciuti, all’epoca- ed ero riuscito a recuperarlo come trofeo).
Così saliamo e, nell’autobus stipato di immigrati, non devo aspettare molto per vederti trasalire, stupita dalle mani che si avventano sul tuo corpo e dall’audacia con la quale lo esplorano minutamente.
Sono accanto a te e con la mia notevole statura ho una discreta vista sul cosa ti succede ed intuisco da come si muovono i 6-7 immigrati -sudamericani e africani, a giudicare dai tratti somatici-che ormai ci circondano, cosa stanno cercando di farti.
I tuoi occhi sono sgranati: intuisco che qualcuno ti ha infilato callose dita nella fica e nel culo… probabilmente più di un dito e più di una persona contemporaneamente…
Fortuna che sei stata appena ben fottuta in fica e culo e che sei ben lubrificata dalle abbondanti sborrate che hai subito, almeno non devono sforzare troppo per entrarti dentro.
Le fermate si susseguono ed a ognuna sale altra gente, pressandoti contro i tuoi… utilizzatori: vedo che qualcuno ti ha tirato fuori le tette (hai i capezzoli duri come chiodi!) e che l’abitino &egrave rialzato fino intorno alla vita.
Valuto che siamo circa all’altezza dello scooter e quindi ti strappo -letteralmente!- dalle loro mani e scendiamo.
Sul marciapiedi ti getto un’occhiata sinceramente divertita: sei scompigliata, stropicciata, praticamente nuda ed impiastricciata; il viso &egrave arrossato dal piacere che evidentemente hai provato, nonstante la tua educazione così perbene… Rapidamente, guardandoti ansiosamente intorno, ti risistemi l’abitino e cerchi di darti un contegno: missione improbabile, conciata come sei da troia appena -tanto!- usata!
Entriamo in un lurido bar e ti accompagno nei cessi, imponendoti di sistemarti, mentre ti levo e getto la parrucca.
Dopo un quarto d’ora sei grossomodo presentabile e ti porto in una trattoria per cena.
Dopo cena camminiamo un pochino per l’angiporto perch&egrave &egrave ancora presto, per il finale di serata…
Verso le nove e mezza, valuto sia tempo di procedere e così entriamo nel bar che avevo scelto.
Prendiamo due whisky al banco, mentre intorno a noi gli avventori ti scrutano e fanno commenti divertiti in varie lingue slave e poi ti conduco nella saletta sul retro, dove c’&egrave un tavolo da biliardo.
Osserviamo finire la partita a stecca e poi chiedo se possiamo fare noi una partita; mi avevi detto che avevi imparato a giocare quando marinavi le superiori e quindi accetto la sfida di un paio di albanesi che vogliono giocare con noi.
Propongono di mettere dieci euro come posta ed accettiamo.
Cominciata la partita mi rendo conto che giocano davvero male e dentro di me sorrido: ho capito il loro giochetto…
In effetti la partita, seguitissima da alcuni avventori, finisce abbastanza presto ed ho apprezzato moltissimo che, ogni volta che ti piegavi sul biliardo per tiri un pochino complicati, dopo le prime sbirciate ai tuoi buchi dilatati, ormai le mani mulinano sopra e dentro di essi.
Intasco la vincita con un’espressione volutamente beota ed immancabilmente viene la richiesta della rivincita: ‘Però, amico, noi vogliamo far salire la posta: noi mettiamo duecento euros per giocare!’
‘No, mi spiace, non ho così tanti soldi, con me’ dico, con la ovvia faccia dispiaciuta.
Alla fine arriva la proposta che aspettavo: loro scommettono duecento euro e io ‘la tu dona!’
Accetto e ci metto poco a capire che i due sono davvero bravi, a stecca.
Per complicare le cose, ogni volta che ti muovi attorno al tavolo, qualcuno ti tocca, ti palpa, ti obbliga a baciarlo in bocca ed ogni volta che ti pieghi per un tiro, o ti violano con le dita o -addirittura- ti appoggiano le cappelle sulla rosetta del culo o sulle labbra della fica.
Alla fine, come previsto, abbiamo perso; a sancire la sconfitta, sento il rombo della saracinesca del bar che viene abbassata ed in poco tempo sei nuda, sul biliardo, a totale disposizione della decina di slavi arrapati.
Ti insultano in italiano e nelle loro lingue e protestano anche con me -tra una chiavata, un pompino ed un’inculata- che sei larga, dilatata, che nonostante i loro cazzi siano mediamente notevoli, ti ‘sentono’ appena, anche se apprezzano l’entusiasmo che ci metti ad essere la loro bagascia e l’impegno che spendi nello spompinarli, ingoiando tutto senza che neanche te lo chiedano e come ti impegni a metterti nelle posizioni che loro ti chiedono, sia per farti ancora riempire di cazzi e sborra, sia per accogliere i loro schizzi ovunque loro vogliano indirizzarli: sul tuo corpo, il collo, il viso i (tuoi!) capelli, le tette, le chiappe…
Alla fine dell’orgia uno di loro, vestito con qualche pretesa, mi si accosta e mi borbotta una proposta…
‘Uhmm… devo pensarci un attimo, gli rispondo.

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