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Il desiderio nascosto

By 8 Gennaio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

… se ci penso, guardando la scena davanti ai miei occhi, mi è quasi impossibile realizzare come, un solo anno fa, una situazione del genere sarebbe stata impossibile. Persino ora, che vedo tutto questo accadere davanti ai me, che ne vengo coinvolto, che ne traggo beneficio, mi è difficile accettare che sia proprio Romina ad avere organizzato tutto questo, lei che, poco più di trecento giorni fa, aveva paura della sua stessa ombra. Era giunto per me il momento di cogliere i surreali frutti del suo cambiamento, una mutazione che io stesso avevo scatenato e che, incredibilmente, era andata ben oltre le mie più esagerate aspettative, prima di lasciarmi avvolgere dalla follia però, con un ultimo respiro ripensai alla Romina di un tempo ed a come tutto questo era cominciato.

Era stato Renato stesso a chiedermi di intervenire, quel giorno, dopo che lui e Romina, la sua ragazza da ormai un paio di anni, avevano litigato. Lui era tornato per qualche notte a casa sua e mi aveva pregato di passare all’appartamento che divideva con la ragazza per prendere un paio di cose, sfruttando poi l’occasione come scusa per fare quattro chiacchiere con la sua dolce metà.

L’idea non era certo di mio gradimento ma mi sentii in dovere di dare una mano al mio amico, dopotutto il nostro motto era sempre stato “Bros before hoes”, i fratelli prima delle stronze, come avevamo sentito dire in qualche telefilm americano. Nonostante la nostra amicizia di lunga data e la reciproca fiducia che legava Renato e me, sapevo bene che la sua scelta di mandare me a parlare con Romina non era stata dettata dalla profondità della nostra amicizia ma da una mia specifica virtù, la capacità di condurre, diplomaticamente, una discussione, una conversazione o una trattativa, qualsiasi fosse l’argomento in questione.

La questione, per l’appunto, era piuttosto delicata e si era reso necessario l’intervento di qualcuno che non solo potesse mediare tra le due parti in causa ma che, forte di una cultura lontana da quella dell’italiano medio, non avesse un codice morale tanto forte da impedirgli di parlare apertamente di cose potenzialmente imbarazzanti, personali ed intime; una persona che non avesse paura di parlare, in maniera franca e decisa, dell’argomento piuttosto scottante che aveva causato la lite; una persona dotata non solo di una minima esperienza nel campo ma anche di una mentalità aperta e di un vocabolario in grado di aggirare gli ostacoli più pericolosi di una conversazione che si preannunciava accesa, come minimo. L’unica persona che Renato conosceva, dotata anche solo di alcune delle caratteristiche necessarie, ero io.

Per tutto il tragitto, lungo, in verità, non più di dieci minuti, dalla porta di casa mia al citofono dell’appartamento di Romina e Renato, cercai di pensare a qualcosa di intelligente da dire, qualcosa di toccante, profondo e razionale da usare per dare inizio alla conversazione che ero stato inviato a svolgere, qualcosa che potesse aiutare Romina a parlare dei problemi che, di recente, aveva avuto con il mio amico. Sapevo bene, infatti, che Romina non avrebbe parlato volentieri dei suoi recenti litigi, particolarmente perché, come Renato mi aveva già spiegato, non senza qualche imbarazzo, le recenti difficoltà della coppia erano dovute ad incomprensioni nella sfera sessuale, un tipo di problematica difficile da affrontare con chiunque ed in particolare, almeno credevo, con Romina, una persona piuttosto nota per il suo carattere schivo ed ansioso, per i suoi modi “perfettini” e distaccati e, forse l’ostacolo più grande, per la sua fortissima fede cattolica.

Così, quando premetti il dito indice sul pulsante del citofono, non ero, nonostante i miei sforzi, riuscito a pensare ad una sola frase che potesse introdurre l’argomento senza offendere l’acuta sensibilità di Romina.

“Ciao, Sali.” Disse la sua voce dal piccolo speaker dell’impianto citofonico, seguita dal classico rumore della serratura elettrica che apriva il portone, lasciandomi accedere alla rampa di scale che mi avrebbe condotto verso l’appartamento giusto. Ancora privo di una frase di apertura, feci le scale e, dopo un rigoroso e deciso “permesso” entrai spedito nella porta, già aperta, dell’appartamento di Romina.

La ragazza era, come di suo solito, vestita in maniera sobriamente elegante, con un lungo maglione nero, piuttosto pesante, molto più adatto ad un’anziana signora, che ad una ragazza nemmeno trentenne. Una lunga gonna del medesimo colore, anch’essa piuttosto monotona, le copriva la parte inferiore del corpo e, insieme al maglione già citato, contribuiva a nascondere ogni centimetro di pelle che non appartenesse alle mani o al volto. L’unica forma della ragazza in gradi di farsi notare, nonostante la bardatura, era il suo seno, uno di quei grani seni materni che le ragazze un po’ più in carne, come Romina, tendono spesso a tentare, invano di nascondere, come se la sua presenza le facesse apparire ridicole.

Romina, come già detto, era un po’ in carne, anche se non eccessivamente, ed oltre al suo seno prospero poteva vantare di una pelle che, per il poco che lasciava vedere, era liscia e morbida, dotata di una elasticità e di una delicatezza fuori dal comune, interrotta, raramente, da qualche neo qua e là. Gli zigomi marcati, le guance rotonde, gli occhiali, i capelli lisci e sempre pettinati ed il suo modo di fare molto ordinato, contribuivano a darle, almeno così mi era sempre sembrato, un’aria di semplicità, di vita d’altri tempi.

Nonostante la situazione già per se imbarazzante di un amico del proprio partner, venuto a prendere delle cose per lui dopo un litigio, Romina non perse nemmeno per un secondo le sue rinomate buone maniere e mi fece accomodare sul divano, in salotto, prima di consegnarmi un piccolo sacchetto di plastica con le poche cose che sarebbero servite a Renato durante la sua breve (o almeno così si sperava) assenza. Prima che potessi dire qualcosa, inoltre, mi trovai fornito di tazza di the, bustina di dolcificante (non mi piace lo zucchero), latte e biscotti, proprio come sarebbe accaduto se fossi stato catapultato in un romanzo di Jane Austen. Romina si sedette a fianco a me, mantenendo una distanza di sicurezza, e, sorprendentemente, iniziò la conversazione.

“Renato mi ha detto che dovrei parlare con te.” Annunciò. “Perché tu sei bravo a capire questo genere di cose e ci aiuterai a risolverle.”

Non fui sorpreso del fatto che Renato avesse anticipato alla fidanzata il reale motivo della mia visita, ne che Romina, avvisata della cosa, avesse introdotto l’argomento in maniera così fredda e robotica. Sospirai e, consapevole di non aver nulla da perdere ne da guadagnare, diedi inizio alle danze.

“Mi ha detto che avete litigato.” Dissi.

Romina annuì.

“Mi ha detto che il motivo del litigio è il sesso.” Continuai, mantenendo un tono distaccato e cortese. “Non so altro, vuoi parlarmene?”

Fino a quel momento tutto era andato come lo avevo immaginato e, conoscendo il soggetto, mi aspettavo di continuare sulla stessa linea d’onda per un po’, conversando con toni freddi, a distanza di sicurezza, senza ottenere alcuna vera opinione sull’accaduto fino a quando Romina non si sarebbe sciolta un po’. Sorprendentemente, invece, la ragazza crollò subito e, pur mantenendo un tono pacato, si lasciò andare ad uno sfogo lungo quasi un’ora, durante il quale io, sopraffatto da un’onda anomala di parole, ebbi a malapena modo di annuire, di tanto in tanto.

Romina mi parlò di come i suoi rapporti intimi con Renato fossero freddi, di come i due non riuscissero mai a lasciarsi andare, ad abbandonare quei modi un po’ distaccati che li avevano sempre contraddistinti, a lasciarsi coinvolgere dal reciproco piacere. Mi raccontò di come Renato, inesperto ed impacciato, credesse di darle tutto il piacere necessario con il poco, sporadico e freddo sesso che i due condividevano di tanto in tanto, senza mai lasciarsi andare ad un minimo eccesso. Ascoltavo interessato e, nel frattempo, scoprivo una Romina frustrata dall’incapacità del suo uomo di condurla oltre il limite della sua inibizione, di farla uscire dalla prigione di bon ton e di morale nella quale era stata cresciuta ma, ancor più, delusa dal suo insuccesso nel far godere il proprio uomo, messo a disagio dalla propria vistosa inesperienza, dal suo fisico imperfetto e limitato dalla sua limitata fantasia, la quale lo conduceva a credere di aver fatto bene il proprio dovere (ricordavo infatti che si era vantato più volte della sua abilità) mentre in realtà non aveva combinato granché. Romina, da parte sua, aveva le sue colpe: non osava, non insisteva e non prendeva mai le redini della situazione e, nelle rare occasioni in cui tentava di sedurre il proprio uomo, si arrendeva al primo segno di disinteresse, spegnendo sul nascere una fiamma che avrebbe, invece, avuto bisogno di essere alimentata.

Frustrata, arrabbiata, incompresa, Romina si era lasciata andare e, perse almeno nella conversazione le sue pesanti inibizioni, si era sfogata con me, nonostante fossi li per sostenere la causa di Renato, non la sua, dimenticando il suo freddo e robotico vocabolario, la sua distanza di sicurezza ed il suo tono da lady settecentesca. La conversazione fu un crescendo continuo che, infine, la portò a confessare che i due non si erano mai nemmeno visti nudi, troppo imbarazzati dai propri corpi, preferendo sfogare i propri istinti senza mai spogliarsi del tutto, rimanendo sempre coperti da una t-shirt, da un maglione o da un pigiama e liberandosi, timidamente, solo della parte inferiore dei propri indumenti.

“Scusami…” dissi appena ebbi modo di aprir bocca “…ma se renato non si lascia andare, perché non ci provi tu? Insisti, provaci, spogliati, fai una follia, se non te la senti incoraggia lui a farne una, seducilo, sorprendilo. Se nemmeno in quel caso ti segue, allora potrete parlarne, ma se nessuno di voi fa il primo passo, come potete pretendere di migliorare?”

“Io ho provato a sedurlo, credimi.” Disse, alzandosi dal divano e mettendosi davanti a me, in piedi.

Romina sbuffò, seccata, non pensava più a ciò che stava dicendo o facendo, si era lasciata del tutto alle spalle le proprie ansie ed aveva, finalmente, trovato modo di esprimersi liberamente, di liberare le proprie frustrazioni. ora però, non riusciva a spiegare, ne a me ne a se stessa, i suoi fallimenti nell’incoraggiare Renato a prendere parte, in maniera più attiva, alla loro vita sessuale. Senza alcuna intenzione di proporsi a me, ma soltanto per dimostrarmi la freddezza del suo uomo, la ragazza allargò e piegò le gambe e si mise a cavalcioni sulle mie gambe. Il suo corpo era inaspettatamente caldo e la sua gonna, alzatasi necessariamente un po’ rivelò parte delle sue gambe, dotate anch’esse della pelle rosea, liscia ed elastica, che le contraddistingueva il volto.

“Io ho provato un paio di volte a mettermi così.” Spiegò, muovendo leggermente il bacino “Mi struscio, lui inizia, io faccio due versi, pensando di incoraggiarlo e lui…”

Romina si fermò e per un attimo non riuscii a comprenderne il motivo, poi, sentendo una parte del mio corpo toccare inaspettatamente il suo, mi accorsi che, contrariamente alla mia volontà, ma soprattutto senza nemmeno essermene accorto, mi ero eccitato. Romina era visibilmente imbarazzata e, penso, non sapeva come reagire, almeno così credevo.

“Vedi,” disse arrossendo “con lui questo non succede mai.” Ci fu una breva pausa, un imbarazzante silenzio che sembrò durare in eterno. “Ma cosa sto facendo?” disse poi lei, accortasi finalmente di essere in ginocchio su di me e di essersi strusciata, sebbene a scopo dimostrativo, contro il mio corpo. Romina pareva essere paralizzata, penso volesse spostarsi ma l’imbarazzo per la situazione e la sensazione della punta del mio pene che le sfiorava le cosce, sebbene l’azione stessa fosse dettata da lei, non da me, la bloccava, rigida, su di me, facendo si che, come nel più classico dei circoli viziosi, il mio membro, da sotto i jeans, continuasse a toccarle il corpo, sebbene da sopra il tessuto della gonna, non riuscendo quindi a sgonfiarsi ed a liberarla.

“Però, vedi.” Dissi, sebbene preda dell’imbarazzo “Ti sei lasciata andare e le cose sono venute da sole. Dovresti provare anche con Renato. Ora penso che sia meglio…”

Feci per districarmi, non so come, dalla posizione in cui mi trovavo ma, nel farlo, peggiorai solo le cose. Il mio pene, eretto, trovò un varco nelle pieghe della gonna e, come sempre involontariamente, fece si che la parte gonfia dei jeans le colpisse l’intimo, proprio nella parte sensibile. Un singolo sospiro di Romina, a metà fra imbarazzo e piacere, segnò l’inizio di una reazione a catena inaspettata, incontrollabile e devastante.

Le gambe di Romina si strinsero intorno al mio corpo ed il suo bacino, quasi a ribellarsi alla sua mente, riprese quel movimento delicato ed incerto che aveva dato origine al problema. Le mie mani, anch’esse probabilmente agendo per conto loro, spostarono come poterono la gonna, facendo in modo che la duna ormai innalzatasi sui miei pantaloni trovasse l’insenatura, ora umida, nelle mutandine della ragazza; come parte dello stesso movimento, i miei due arti superiori si alzarono, portando le mie dita a sfiorare il maglione nero, sorgendo fino a stringere le dita intorno a quelle montagne che la spessa lana nascondeva.

Romina mi baciò, respirando a fatica, incerta, incapace di tenersi a freno, benché ci stesse provando. Dopo il bacio, che contribuì ad intensificare i nostri movimenti, mi guardò negli occhi, rossa in viso, imbarazzata ma visibilmente eccitata.

“Cosa stiamo facendo?” mi chiese.

“Non lo so.” Risposi io sussurrando, lasciando seguire alla mia risposta un sospirato gemito di piacere.

“Mi piace…” rispose lei, accennando ad un sorriso per poi abbassare la testa, poggiandola sulle mie spalle, i suoi seni materni ancora stretti nelle mie mani mentre le sue cosce si strusciavano incontrollate contro i miei jeans.

Strusciarsi, così come stavamo facendo, era piacevole ma, consapevole che oramai il danno era fatto, desideravo sprofondare ancor più nel terribile atto che stavo compiendo, con la gentile collaborazione della mia assistente, nei confronti del mio amico. Fermai Romina, le baciai il collo un paio di volte, ascoltando il suo respiro intenso e mi girai in modo da spingerla, con il mio movimento, a sedersi sul divano, lasciandomi libero di alzarmi. In un attimo mi sfilai scarpe, calze, jeans, t-shirt ed intimo e mi trovai, nudo, di fronte a lei che, ancora vestita, mi guardava con compiaciuta curiosità, quasi stesse vedendo un uomo nudo per la prima volta, e mi accarezzò il corpo, sfiorando solo il mio membro, mentre mi avvicinavo a lei, puntandole il pene verso il viso.

Per un breve attimo non accadde nulla, guardavo intensamente Romina come ad indicarle che stavo aspettando lei e Romina, confusa, contraccambiava con uno sguardo inquisitore, come se non sapesse cosa fare.

“Romina…che hai?” chiesi, “Non vuoi toccarlo? Non lo vuoi succhiare?”

La ragazza sorrise imbarazzata, spostandosi i capelli castani dal viso, poi mi guardò, rossa in viso, incapace di pronunciare la frase successiva senza esitare.

“Non…non sono capace…” disse.

Risi impietoso, pentendomene subito dopo e spiegandomi subito alla povera Romina “Romina, non è una cosa che si impara, si fa e basta. Se non ti piace e un conto, altrimenti non è difficile.”

Romina si avvicinò timidamente, appoggiando le sue labbra sul mio glande, esitando, pensando, imbarazzandosi. La incoraggia molto presto, spinto dall’istinto inevitabile di penetrarle la bocca le poggiai una mano sulla nuca, spingendola delicatamente in avanti, la prima volta fino a metà dell’asta, la seconda volta a tre quarti, la terza fino in fondo. Romina perse presto la sue inibizione ed iniziò a muoversi da sola, a succhiare, a leccare, a lasciare che io mi addentrassi sempre più dentro le sue labbra e fino alla sua gola. Non si fermava, non tossiva, non faceva fatica, succhiava soltanto avidamente ogni centimetro del mio membro, guardandomi in cerca di approvazione mentre si muoveva lentamente su e giù, con le mani poggiate sulle mie gambe.

La fermai per un secondo. “Che fai?” mi chiese, ma io non le risposi, sorrisi soltanto, afferrandole un polso e portandolo verso la sua vita. Le alzai il maglione di qualche centimetro e le feci capire che volevo infilasse una mano sotto le mutandine e si masturbasse, mentre mi succhiava. Lei fece per tirarsi indietro ma non glielo permisi.

“No, dai, è da puttana…” disse, con il tono che usa una bambina quando non vuole fare i compiti.

“Da puttana? Guarda che non c’è niente di male a toccarsi. Lasciati andare, ti prometto che ne vale la pena. E poi, non c’è nulla di male nel sentirsi un po’ puttana ogni tanto, no? Trasgredire, fare cose che solitamente non si fanno, è parte del divertimento.”

Lei fece per rispondere ma io le presi ancora la nuca e, delicatamente, la spinsi a riprendere, mugugnante, il lavoro che stava facendo. In poco tempo la sua mano destra si diede da fare ed i suoi mugugni si trasformarono, ben presto, in gemiti di piacere ai quali si unirono i miei. Avvolto dalle sue labbra, la osservavo mentre godeva e mi faceva godere, come non credevo fosse possibile, delle sue perverse attenzioni. Il fatto che lei ritenesse un atto, per me così semplice, una trasgressione incredibile, il fatto che si vergognasse, eccitata però troppo per tirarsi indietro, mi facevano impazzire.

Sentii di doverla fermare, l’apice del piacere si stava avvicinando troppo in fretta, e la feci alzare in piedi. Lei, inaspettatamente, fece per andarsene, prendendomi per mano come per portarmi con se.

“Dove vai?” le dissi, trattenendola per la stessa mano con la quale voleva trascinarmi via.

“Andiamo a letto…no?” mi chiese lei, speranzosa.

Le presi la vita con ambo le mani e la avvicinai, dolcemente, ad un muro poco lontano, appoggiandole la schiena contro la parete azzurra. Feci per toglierle il maglione ma lei mi fermò.

“No…ti prego…mi vergogno…” mi pregò.

“Ti vergogni?” le dissi “Non hai motivo di farlo.” Insistetti, continuando a tentare di spogliarla.

Romina si rifiutò ancora. “Ti prego…andiamo a letto.”

Non volevo andare a letto, volevo prenderla li dov’era, nel suo salotto, contro quel muro, e la volevo nuda, non coperta da maglione e gonna pesanti. La ragazza andava incoraggiata a fare qualcosa che non avrebbe solitamente fatto, doveva lasciarsi andare, doveva imparare a godere, doveva capire che, in intimità, non esiste cosa che non sia lecito fare. Persino comportarsi “da puttana” come lei lo definiva, non era certo un comportamento sbagliato, se svolto con la persona giusta. Certo, il tradimento nei confronti di Renato era un errore imperdonabile ma quello era l’unico dettaglio che lei aveva completamente trascurato.

Mi appoggiai allo schienale del divano che, dopo il nostro spostamento, si trovava alle mie spalle e, preso il mio membro in mano, iniziai a masturbarlo delicatamente.

“Vedi, io sono nudo e come vedi sono eccitato.” Le dissi “Sei tu che mi ecciti, e io ti voglio. Ma voglio vederti, altrimenti non ha senso…non trovi?”

Romina era ancora indecisa, ma comprese. “Va bene…fai pure” mi disse.

“No…” risposi io, ancora con il membro in mano, intento a compiacermi “fallo tu…voglio masturbarmi mentre ti guardo…sei così eccitante, mi fai impazzire…”

La ragazza non era ancora convinta, andava incoraggiata, volevo si rendesse conto di potermi sedurre, se lo voleva. Non era mia abitudine chiedere, ne lo era pregare, ne, tantomeno, lo era comportarmi con tanta pazienza, nel sesso, ma compresi che Romina aveva bisogno di essere pregata, incoraggiata, complimentata, se volevo che trovasse il piacere e perdesse per sempre il freno che le impediva di godere delle gioie del sesso.

“Ti prego Romina…” dissi masturbandomi davanti a lei “ti voglio troppo…”

Romina fece per slacciarsi la gonna, era un po’ goffa a dire il vero ma io continuai a masturbarmi, gemendo, esagerando le mie reazioni a ciò che provavo in modo da spingerla a continuare.

“Così va bene?” chiese imbarazzata. “Devo essere più sexy?”

“Spogliati come faresti di solito.” Risposi “Mi piace…ah…”

La gonna di Romina cadde presto a terra, lei sorrise, il suo imbarazzo stava finalmente lasciando un po’ di spazio al divertimento, il suo maglione si alzò lentamente, dandomi modo di guardare il suo corpo per la prima volta. Le sue gambe lisce e morbide, cosce invitanti e rotonde, prive di imperfezioni, un po’ di pancia, vero, ma nulla che fosse sgradevole, anzi, e poi quei seni, grossi, materni, coperti con l’enorme intimo bianco necessario a trattenerli, dentro i quali avrei potuto perdermi. Il maglione nero ora copriva il suo volto e, quando esso fu del tutto sfilato, ed i suoi capelli lisci ricaddero sui suoi occhiali, scompigliati, lei mi trovò davanti a se.

La baciai, toccandola in quei pochi secondi in tutti quei luoghi che non erano mai stati toccati, poi mi inginocchiai davanti a lei, le sfilai le mutandine e, vorace predatore, la divorai.

Immediatamente Romina perse il controllo, non aveva mai provato quel piacere perché, fino a quel momento, le sue inibizione le avevano impedito di farsi prendere, di farsi trattare come una donna dovrebbe essere trattata, di essere fornita di tutti i piaceri necessari a farla impazzire. Bastò poco, questione di secondi, di minuti forse, a farle perdere quel poco di imbarazzo rimasto e farla finalmente mia.

“Oddio…” esclamò “Ti prego…ti prego scopiamo…”

Lo disse, disse quella parola ed io come un fulmine mi alzai, baciai quei seni irresistibili lungo la risalita e poi le sue labbra, infilando il membro tra le sue gambe e strusciandolo contro la vagina bagnata del suo piacere. Lentamente, con un solo movimento, fluido e naturale, la infilai, sentendola sospirare, libera, eccitata, piena di me.

“Dio mio mi piace…” sussurrò “Scopami…ti prego scopami…”

Non me lo feci ripetere ancora. Iniziai a muovermi, spingendole la schiena contro il muro, in piedi, avvolto nelle sue braccia, stretto contro quelle mammelle così piene ed eccitanti. La riempii col mio membro eccitato, penetrandola con forza e decisione, marcando ogni mio movimento con un gemito, un sospiro, una parola che descrivesse il mio piacere. Lei godeva, impacciata forse, ma vogliosa e desiderosa di compiacermi, mi lasciava fare ciò che volevo, compiacendosi dei risultati e cercando, a suo volta, di assecondare i miei movimenti per accrescere il mio piacere. Le mie mani le strinsero il sedere, rotondo e un po’ ingombrante ma liscio ed invitante.

“Più forte…” mi disse tra un gemito ed il seguente “Vai più forte…” ed io accelerai, spingendo di più, facendole sobbalzare il seno nell’unico pezzo di intimo che ancora indossava.

“Sei fantastica!” le dissi io, come per rispondere alle sue richieste “Mi stai facendo impazzire…voglio farti godere!”

Le sue mani mi afferrarono il sedere e spinsero, aiutandomi ad affondare ancora di più nella sua carne, entrando per intero ad ogni colpo nella sua figa calda e bagnata. Il suo corpo formoso mi scaldava e mi eccitava, il contatto con la sua pelle mi ipnotizzava, il suo odore mi avvolgeva ma, più di ogni altra cosa, i suoi gemiti sinceri, forse per la prima volta, mi facevano provare l’irresistibile voglia di sfondarla, di darle ogni millimetro di me. Volevo godesse come non avrebbe mai potuto immaginare.

“Ti prego continua! Sto per venire!” sussurrò, incapace di alzare la voce per la mancanza di fiato, schiava dei suoi stessi gemiti, alla mercé del suo stesso corpo, conquistata dalle mie mani, posseduta dalla mia lingua, ogni rimanenza di imbarazzo piegata dal mio cazzo, che da dentro di lei, si impadroniva di ogni suo pensiero.

Le strinsi una mammella con la mano destra, da sopra il reggiseno, e portai l’altra mano dietro il collo, facendole poggiare la fronte contro la mia, sentendo il suo fiato unirsi al mio mentre si avvicinava all’orgasmo, la baciai ancora e la sua lingua si fece strada dentro di me, vogliosa, implacabile, desiderosa quasi di imitare le azioni del mio membro che ora sentivo pulsare, come stesse prendendo vita propria. Lei si staccò improvvisamente.

“Vengo…ah…ah…AH!”

Il terzo gemito fu forte, lungo, intenso, i suoi movimenti non rallentarono ma si intensificarono a tal punto che dovetti trattenermi per non esplodere sul più bello. Il suo orgasmo fu potente a tal punto da lasciarmi stordito, ipnotizzato dal movimento, incapace di reagire. Colmata la sua sete di piacere e si sfilò il mio membro dalla vagina con un ultimo, soddisfatto gemito. Si inginocchio, strusciandosi il glande contro i seni lungo la discesa. Voleva succhiarmelo ancora ma io non potevo più resistere. Dopo essere passato su quelle tette paradisiache, il mio cazzo rimbalzò contro le sue labbra ed al primo tocco della sua lingua eruttò in un orgasmo che non potevo in alcun modo trattenere. I primi schizzi le bagnarono il viso ma lei, desiderosa di ricambiare il piacere datole, non lasciò che il mio piacere finisse così.

Velocemente, Romina mi afferrò il pene e prese a menarlo, senza ina minima pietà per il mio corpo, tremante dal piacere e per le mie grida. Persi il controllo e mi lasciai mungere, guardando ogni goccia di spera coprirle il viso, docciale il seno, caderle in bocca, macchiarle gli occhiali. La Romina timida ed inibita, incapace di  sedurre il suo partner era solo un lontano ricordo, quella che ora era davanti a me era una creatura diversa, appagata, felice di essere coperta della mia sborra, desiderosa, lo vedevo nei suoi occhi, di poter ripetere la doccia appena compiuta. Ansimante, mi appoggiai ancora allo schienale del divano, mentre lei, coperta del mio seme, si sedette in terra, poggiando la schiena contro il muro.

Quando lasciai l’appartamento, circa un’ora dopo, tutto sembrava tornato come prima. Le finestre aperte avevano lasciato rientrare l’aria fresca invernale e l’odore di sesso sfrenato che per un po’ aveva dominato la stanza era scomparso. Il pavimento era pulito, i vestiti di Romina erano in lavatrice e nuovi indumenti, anch’essi sobri e scuri coprivano ogni centimetro della sua pelle. Lei mi salutò con due baci di cortesia sulle guance e, sorridendo, chiuse la porta.

“Ci vediamo! Ciao!” disse mentre l’uscio si chiudeva. Tutto sembrava essere tornato come prima se non che, quando la porta era oramai quasi chiuso, le sentii sussurrare “Grazie di tutto… sei stato fantastico…”.

Scesi le scale e tornai in auto, mi diressi verso casa colmo del senso di colpa che è naturale avere, dopo aver fatto sesso con la ragazza di un amico. Nel mio cuore, nutrivo la speranza che la mia cattiva azione potesse, in qualche modo, risvegliare la passione in una coppia spenta, che potesse salvare Renato e Romina, oltre che il loro rapporto. Mentre infilavo la prima, ed il motore iniziava a spingermi verso casa, nemmeno mi rendevo conto di quanto le mia azioni, quel giorno, avrebbero scatenato. Di quanto, nel giro di qualche mese, le cose sarebbero cambiate e di quanto Romina sarebbe mutata nelle settimane a venire.

Continua…

C’è una fascia di trenta minuti, tra le sei e mezza e le sette del mattino, in cui il mio sonno non va assolutamente disturbato. Quella dolce mezz’ora prima del mio risveglio mi serve per avviare, inconsciamente, tutti i miei sistemi, i miei neuroni, i miei muscoli. La chiamo “la mezz’ora sacra” e gran parte del mio umore, durante la giornata, dipende da essa. Quando il mio sonno viene interrotto in quella fascia, non è insolito che io venga colpito da emicranie, fastidi, nervosismo, una condizione che, ovviamente, preferisco evitare.

Quando sentii il cellulare squillare erano le sei e tre quarti, la canzoncina che fa da suoneria all’apparecchio mi rimbombò nelle orecchie, portandomi fastidiosamente ed improvvisamente ad aprire gli occhi, girandomi nel letto nel disperato tentativo di raggiungere l’apparecchio elettronico, ancora collegato al suo caricatore.

“Ma che cazzo le hai detto?” mi gridò Renato, con la sua voce nasale resa ancora più fastidiosa dall’infausta ora della sua telefonata.

“Pronto?!?” risposi, ancora confuso ed intorpidito.

“Cosa hai detto alla Romi?!” chiese ancora il mio amico, con la sua erre moscia che accentuava involontariamente il nome della compagna.

“Niente di speciale…” risposi nervosamente, spaventato dall’idea che qualcosa fosse trapelato, dalla bocca di Romina, riguardo al nostro incontro del giorno prima “…perché?”

“Mi ha detto che vuole cambiare tutto! Che devo cambiare registro, che devo essere più passionale! Altrimenti mi molla!” continuò a gridare il mio amico “Non dovevi risolvere le cose?”

Per un attimo, mi scordai di essere andato a letto con la ragazza di uno dei miei migliori amici. Pretendere che io risolvessi i suoi problemi di coppia mi fece dimenticare i miei sensi di colpa, i quali non avevano certo agevolato il mio sonno appena interrotto. Come osava Renato accusarmi di aver peggiorato la situazione, dopo che era stato lui ad insistere affinché intervenissi?

Non sapendo cosa dire lasciai che la voce irritata dalla parte opposta della conversazione si sfogasse un po’. Poi, presami la strigliata, dissi a Renato che avrei sentito la sua ragazza per vedere come rimediare.

Mi feci una doccia veloce, preparandomi per andare al lavoro con poca voglia e grande nervosismo. Gli effetti dell’interruzione dell’a mezz’ora sacra, iniziavano a farsi sentire. Mi stavo infilando i Jeans quando sentii nuovamente la fastidiosa canzoncina del telefono cellulare chiamarmi verso il mio comodino. Inveendo ed imprecando contro il piccolo apparecchio elettronico, promettendo a me stesso di cambiare quella dannata suoneria, lo afferrai e risposi, senza vedere chi mi stesse chiamando.

“Ciao.” Mi disse Romina, con un’insolita schiettezza.

“Ciao Romina…” ero molto sorpreso, Romina non mi aveva mai chiamato prima e, soprattutto, io non le avevo mai dato il mio numero. Prima che potessi chiedere cosa volesse, la ragazza riprese a parlare.

“Sono sotto casa tua. Mi fai entrare?”

Sotto casa mia? Perché Romina era venuta da me? Durante la notte avevo avuto il timore che questo sarebbe successo: una ragazza come lei, solitamente seria e monogama, avrebbe preso il nostro incontro sessuale come l’inizio di una storia romantica, cosa che, con lei, io non avevo assolutamente intenzione di intraprendere.

Aprii la porta di casa e lasciai entrare Romina, vestita come sempre in maniera sobria, con un maglione di lana marrone, una gonna nera lunga fino alle ginocchia e scarpe nere, sobrie, classiche. Feci entrare Romina in cucina dove, sul tavolo, avevo allestito la mia colazione la sera prima.

Offrii un caffè a Romina, che rifiutò cordialmente prima di rimettersi a parlare di Renato. Pur non avendo avuto un buon inizio di giornata, mi sentii piuttosto sollevato dal sentire la ragazza del mio amico parlare dei suoi problemi di coppia. Almeno, pensai, non aveva accennato a quanto era successo tra noi il giorno prima. Mi recai al frigorifero per prendere del latte, chinandomi per afferrare la confezione in tetrapak da uno scaffale piuttosto basso dell’elettrodomestico.

“Io non penso che Renato possa più soddisfarmi.” Sentii dire alla ragazza. “Non so, forse dovrei lasciarlo.”

“Se lo molli adesso mi mangia!” risposi “Oggi mi ha chiamato e mi ha detto che ha litigato con te per colpa mia!”

Non riuscivo a vedere gli occhi di Romina, dietro il riflesso dei suoi occhiali, ma riuscii comunque a intendere che fosse spiacevolmente sorpresa da quanto le avevo appena detto.

“Colpa tua?” mi disse “Se lui nemmeno mi tocca, tu che danni puoi aver fatto? Nemmeno ha idea di quello che è successo ieri!”

Feci spallucce e continuai con la mia colazione. Romina, intanto, smise di parlare e si mise a fissarmi mentre masticavo i miei biscotti. Il suo sguardo mi metteva in soggezione, benché non vedessi le sue pupille oltre i vetri spessi, ma non dissi nulla, non finché non fu lei ad interpellarmi.

“Però ammetto,” disse “che è difficile tornare a lui dopo un’esperienza come ieri.”

Un pezzo di biscotto mi si conficcò in gola. Temevo che si sarebbe arrivati a fare un paragone tra me e Renato, sia perché mi sentivo in colpa per aver fatto sesso con la sua compagna, che perché non avevo alcuna voglia di sentir parlare dei rapporti intimi tra lui e Romina. Feci un mezzo sorriso prima di bere un sorso di latte dalla mia tazza, deglutendo a fatica il pezzo di dolce incastratosi nel mio esofago.

“Ti…ti è piaciuto però…vero?” chiese allora lei.

Sapevo che sarebbe finita così, ora ero davvero nei guai. Se avessi detto di no, avrei offeso i sentimenti di Romina, con conseguenze imprevedibili ma, al contrario, se avessi annuito, avrei poi dovuto spiegarle che non ero intenzionato ad avviare un rapporto con lei.

“Romina…” dissi “non voglio che tu a Renato vi lasciate. Soprattutto non per colpa mia!”

La ragazza sorrise.

“Ma se fossi single, lo rifaresti?” chiese ancora.

“Romina, non lo sei!” risposi seccato.

“Ma io e Renato non dureremo se non si sveglia a letto!” insistette “e allora sarei single…

Tu lo rifaresti a quel punto?”

Mi sentivo perso nel labirinto di creta, seguito da un invisibile Minotauro, pronto a mozzarmi la testa al primo errore.

“Certo…” dissi sarcasticamente “…così Renato mi sparerebbe! E poi, diciamocelo, non siamo troppo compatibili, romanticamente parlando.”

“E sessualmente?” insistette lei, curiosa.

“Sei fidanzata con un mio amico. Fatta eccezione per ieri, non accadrà nulla!”

Romina fece una pausa, poi si alzò, avvicinandosi alla mia sedia mentre io, piegandomi all’indietro, tentavo di allontanarmi quanto più possibile. Romina si chinò in avanti, afferrandomi il viso e baciandomi per un secondo, prima che io la allontanassi.

Aprii la bocca per parlare, volevo dire a Romina che non sarebbe più successo nulla tra noi, che l’episodio del giorno prima non si sarebbe ripetuto, ma lei, decisamente emozionata, mi fermò sussurrandomi all’orecchio.

“Ti voglio…” disse, stringendomi il collo tra le braccia. “…ti prego!”

Non sapevo più cosa, dire, ne cosa fare. Il mio corpo era immobilizzato, incapace di rispondere ai miei comandi, il mio cervello intorpidito dal suo profumo e dall’echeggiare di quelle parole nelle mie orecchie.

“Romina…” dissi “…Renato non…”

“Non gli dirò nulla, ti giuro!!” insistette lei, tentando di affondarmi il viso tra i seni ancora coperti dal maglione, prima di rialzarsi, stranamente intraprendente, insolitamente decisa, spinta dalle sconosciute passioni che avevano preso possesso del suo corpo.

Una volta in piedi, Romina abbassò le mani verso la sua sobria gonna nera, sollevandola fino a farla arrivare alla vita, mostrandomi un intimo nero leggermente meno conservatore di quello che avevo veduto il giorno prima. La sua mano sinistra si fece poi avanti, prendendomi la nuca e spingendola verso le sue cosce. Feci per resistere, ma solo per una frazione di secondo, prima di abbandonarmi alla sua spinta ed affondare tra le sua gambe mentre lei, sebbene un po’ goffa, mi seduceva con il solo richiamo della sua incapacità di controllarsi.

“Leccami!” disse, spostando le mutande in modo da permettermi di appoggiare le labbra alla sua vagina. Stentavo a riconoscere la Romina timida ed impacciata del giorno prima ma, inevitabilmente, non potevo fare altro che accondiscendere alla sua volontà, comandato come ero dalla pressione del mio membro, pulsante e palpitante sotto i Jeans.

Non avendo alternative, divorai Romina come se i suoi umori fossero il mio ultimo pasto, lasciando che la mia lingua si facesse strada dentro di lei, aiutata dall’incessante spinta delle sue braccia ed incitata dai suoi gemiti e dai suoi comandi, sintomo di una sensazione liberatoria che aveva ormai sopraffatto le sue leggendarie inibizioni.

“Si! Non fermarti ti prego!” disse, agitandosi mentre le mie dita accorrevano in aiuto della mia bocca, facendosi strada tra le cosce gocciolanti dei piaceri di Romina per andare a sfiorarla laddove la mia lingua non poteva arrivare.

“Fammi venire così!” mi pregò la ragazza, facendo ancora più pressione sul mio capo, lasciando che la esplorassi ancora più a fondo mentre si avvicinava sempre più all’orgasmo.

“Ti adoro!” gridò venendo, tremando, gocciolandomi sul viso mentre finalmente mi lasciava libero di respirare, allontanandomi da se, tirandomi per i capelli e lasciando che fossero le mie dita ad infierire sui suoi genitali bagnati.

Lasciandomi finalmente alzare, mi baciò nuovamente, stavolta assaporando con la lingua gli aromi con cui lei stessa aveva riempito la mia bocca.

“Non so come mai, con te perso il controllo.” Disse, appoggiandosi al tavolo alle sue spalle.

Ci fu un attimo di silenzio, poi i suoi occhi, finalmente visibili ora che le sue lenti non riflettevano più la luce che entrava dalla finestra, notarono l’evidente rigonfiamento dei miei pantaloni. In un ultimo atto di razionalità, Romina sorrise ed arrossì, chiudendo per un secondo le gambe in modo da nascondere le sue fradicie nudità.

“Mi insegneresti…” disse poi “…a lasciarmi andare di più?” e timidamente riaprì le cosce, sfilando imbarazzata le mutandine nere e lasciando cadere le sue scarpe verniciate sul pavimento.

Un po’ sconvolto ma decisamente felice della domanda, annuii con la testa prima di baciare nuovamente la ragazza tirandola a me per farla alzare ancora una volta in piedi.

“Renato?” chiesi poco convinto, in un ultimo attimo di esitazione.

“Con te che mi insegni e mi tieni contenta,” rispose lei “sopporterò finché non saprò fargli perdere la testa… Adesso voglio fare l’amore con te!”

“Scopare…” risposi “puoi anche dire qualche parolaccia lo sai?”

Lei sorrise e si sfilò il maglione. Sotto, aveva una camicetta bianca, un po’ stropicciata dall’agitazione appena avvenuta.

“Tiramelo fuori!” le dissi e lei obbedì felicemente, slacciandomi i pantaloni ed abbassandomi i boxer, lasciando finalmente libero il mio membro.

“E’ bello!” ridacchiò lei, sfiorandolo con la mano.

“Cosa è bello?” chiesi, come per riprenderla.

“Il…” esitò lei, ma io le infilai due dita in bocca al primo cenno di indecisione, facendomi succhiare l’indice e il medio della mano destra, mentre l’altra mano andava ad accarezzarle, quasi minacciosa, la figa nuda ed ancora umida.

“Dicevi? Cosa ti piace?” chiesi, sfilandole le dita dalla bocca ed usandole per slacciare la camicetta.

“Mi piace il tuo cazzo!” sussurrò, ancora intenta ad accarezzarlo dolcemente.

“Dacci dentro!” le dissi io “Fammi una sega!” e lei prese coraggio, stringendolo tra le dita della mano destra, portando la sinistra al petto, ove io le stavo sradicando, con poca delicatezza, i seni dall’intimo.

“Sei una tettona!” le dissi ammirando i suoi seni.

Afferrai il brik di latte dal tavolo e lo poggiai al centro del suo petto. Lei ansimò, era freddo, ed io iniziai a strusciarlo da un lato all’altro, facendole ballonzolare le mammelle, spingendolo contro i suoi capezzoli, infilandole ancora le dita in bocca ad ogni gemito. Poi, versai prima qualche goccia, poi un piccolo ruscello di latte sui seni scoperti,, spingendo le dita a fondo nella sua gola per impedirle di lamentarsi per il freddo, almeno fino a quando non iniziò a sentire le mie labbra intorno ai suoi capezzoli, intente a succhiare il latte direttamente dalla sua pelle.

La sentii mugugnare e così, tolta la mano dalla sua bocca calda, la portai verso di me, massaggiandole le tette mentre le succhiavo, versando sempre più latte su di esse, fino all’esaurimento della confezione.

“E’ bello succhiarti il latte dalle tette!” dissi “Ma c’è anche di meglio!”

Feci inginocchiare Romina e, prima che se ne accorgesse, le sbattei il pene tra i seni, stringendoli tra le mani, senza smettere di massaggiarli, stantuffandoli mentre lei, senza nemmeno accorgersene, aveva iniziato a masturbarsi.

“Sei proprio una bella vacca!” le dissi ridacchiando “E fai anche un buon latte!”

Mentre le stringevo il petto tra le dita, avvolgendole intorno al mio cazzo duro, la sentii tremare tra un gemito e l’altro.

“Mungimi allora!” mi incoraggiò, non senza arrossire di nuovo.

Andai avanti fino a quando non sentii che, tra i seni schiacciati e munti, la sensazione di bagnato di latte e saliva sul petto, il pene che le sbucava dal basso, toccando la sua lingua estesa verso il basso per assaggiare il mio glande e le sue dita intraprendenti, operose tra le sue cosce, Romina era nuovamente prossima all’orgasmo. Sapendo di non essere, nemmeno io, troppo lontano dal piacere dopo tanto divertirmi, feci alzare ancora la ragazza, spingendola poi ad appoggiarsi contro il tavolo per poi aprirle le gambe per far strada al mio cazzo eccitato.

“Avanti..” mi disse lei “..Prendila…”

Le strinsi un capezzolo, portando poi in alto le dita e stringendole le guance per correggerla.

“Come?” Chiesi impazientemente.

“Riempimi la figa col cazzo!” disse lei, goffamente quanto eccitantemente.

Fu tutto ciò di cui avevo bisogno, la sfondai con tutto me stesso, aprendole la figa già pronta a ricevermi ed ascoltando il suo boato, mentre i suoi seni ballonzolavano in alto ed in basso, sotto i colpi del mio bacino.

“Cazzo scopami!” gridò lei, agitando le cosce alla disperata ricerca della piena penetrazione, la quale arrivò solamente quando, portando le braccia intorno al mio collo, ella si issò per aiutarmi ad entrare ancor più in lei, sfondandola del tutto mentre ancora non riuscivo a smettere di mungere quei suoi seni grossi e pesanti, i quali si schiacciavano contro il mio petto.

La sentii stringersi intorno al mio membro mentre veniva, gridando come mai aveva, probabilmente, fatto prima in vita sua. Colsi l’occasione per abbassarla, dopo aver rovesciato quanto sulla tavola per terra, sul legno freddo del mobile al centro della mia sala da pranzo, sbattendola fino a far tremare ogni sedia intorno ad esso.

“Cazzo godo!” gridò lei, liberando altri umori dal suo dolce orifizio. “Ti prego, vieni anche tu!”

Feci per estrarre il membro dal paradiso in cui lo avevo infilato, pronto ad inondarla ma, inaspettatamente, le sue gambe mi strinsero, impedendomi di uscire e costringendomi a continuare, incessantemente, a fotterla.

“Prendo la pillola.” Disse “Vieni dentro…” Romina esitò un secondo, guardandomi impazzire nel tentativo di resistere ad un orgasmo oramai incontrollabile. Non riuscivo a distogliere gli occhi dal suo corpo, ogni forma del quale si agitava, godendo sotto i miei colpi tra un respiro, un gemito una stretta delle mie dita sulla sua pelle. Vidi, ad un tratto, una sua mano strapparle gli occhiali, in modo tale che io potessi ben vedere i suoi occhi, persi nel piacere mentre lei mi implorava, pronunciando le parole che, sapeva, mi avrebbero fatto impazzire.

“Riempimi di sborra!”

Colpo dopo colpo il mio seme le invase la figa, intrecciandosi ai suoi liquidi ed al suo sudore nello stesso modo in cui i nostri respiri, i nostri gemiti e le nostre grida si intrecciavano tra loro. Lei continuò ad agitarsi, facendosi mungere il seno con fermezza, fino a quando ogni goccia del mio sperma non fu donato al suo canale vaginale.

“Mi piace essere vacca!” disse sorridendo quando mi accasciai su di lei, esausto. “Mi farai da professore allora?”

Annuii con la testa, troppo privo di fiato per risponderle a parole. Sapevo, in quel momento, che avevamo sorpassato un limite invalicabile, eravamo passati da un crimine accidentale ad un premeditato atto volontario. Ero cosciente che io e Romina lo avremmo fatto ancora ma, mentre trovavo la forza di rialzarmi, baciarla e ricordarmi che dovevo andare al lavoro,  non pensavo che mi sarei trovato nella situazione nel quale, inaspettatamente, mi ritrovo a formulare questi pensieri.

Quel giorno io e Romina ci rivestimmo da amici e da amanti, salutandoci con un bacio dopo un nuovo e passionale atto amoroso ma, a mia insaputa, la mia nuova compagna di giochi aveva già deciso di lasciarsi andare sempre di più, passando da dolce pecorella a predatrice ed aveva, conscia della sua perdizione, già deciso come mi avrebbe portato ad impazzire, nel senso più piacevole che il termine possa concedere, in un mondo, fino a quel momento, sconosciuto sia a me che a lei.

Quel Sabato mi ero svegliato presto: le prime luci dell’alba, in una giornata tiepida di primavera, mi avevano portato ad un rapido e lieto risveglio. Subito dopo essermi seduto a letto, ancora avvolto dalle coperte leggere, da usare in tarda primavera, aprii lo schermo nero del mio computer portatile e premetti il tasto di accensione.

Lo schermo si accese ed il sistema operativo si caricò lentamente, avviandosi accompagnato dalla solita musica di benvenuto, i processi e le applicazioni si susseguirono nell’avviarsi, mostrandosi a me sullo sfondo e sul menù di avvio, nella barra di accesso rapido si caricarono, una dopo l’altra, le icone dell’antivirus, della messaggistica istantanea, dell’e-mail.

Il suono di notifica della mail mi colse di sorpresa. Generalmente la notifica mi arrivava prima sul telefono, poi sul pc ma, questa volta, avevo spento il cellulare per garantirmi un sonno ininterrotto dopo una settimana stancante. Cliccai sull’icona ed il browser si aprì, caricando il mio profilo mail, passando per la schermata di login per chiedermi la password e poi lasciandomi entrare nella mia casella di posta in arrivo.

Nuovo messaggio da Romy.l@homail.it

Romina. Perché mi aveva scritto una mail? Poteva chiamarmi, scrivermi un messaggio, se voleva, inoltre sapevo quanto lei non amasse la rete e preferisse il tradizionale telefono per comunicare. Cliccai sulla mail, priva di oggetto, per vederne il contenuto.

Il testo si mostrò immediatamente “Ho pensato a te…” diceva soltanto. Sotto, una foto iniziava a caricarsi, vidi il viso di Romina, abbastanza imbarazzato nel tentativo di apparire seducente, poi, sotto, iniziai a scorgere il suo seno nudo, le sue forme rotonde ma eleganti, il suo ombelico e, più giù, le sue cosce, allargate per mostrarmi la sua vagina, ben curata e nascosta solo da un paio di dita sornione, posate sopra di essa in maniera tutt’altro che casuale.

Osservai la foto per qualche minuto, sentendo il mio pene svegliarsi ed ingrossarsi mentre lo facevo. Ripensai ai miei due precedenti incontri con Romina ed, inevitabilmente, mi ritrovai ben presto ad accarezzarmi con una mano, masturbandomi dapprima in maniera delicata, poi sempre più decisa e furiosa, davanti alla foto della ragazza nuda. Pensai alla sua bocca intorno al mio cazzo, ai suoi seni ed i suoi capezzoli compressi contro il mio corpo, al suo sedere abbondante e rotondo che si lasciava infilare da me ed intanto la mia eccitazione si faceva sempre più forte, fino al punto di farmi esplodere, fino al punto in cui non riuscii più a trattenermi e, sopraffatto dal piacere, inondai le lenzuola del mio stesso sperma.

Ebbi il tempo di fare una doccia e di mettere a lavare le lenzuola prima che il mio cellulare iniziasse a squillare. Guardai il display prima di rispondere, era ancora Romina. Questa volta mi aspettavo la sua chiamata, era piuttosto normale, dopo la mail della mattina, che lei si facesse viva per sapere se l’avessi gradita.

“Ciao.” Mi disse con tono scherzoso “Hai visto la mia mail?”

“Direi di si…” risposi ridacchiando. Sentii Romina sospirare alla cornetta, non sapevo se fosse sollievo o eccitazione ma la sua frase successiva, pronunciata con un tono caldo ed ammiccante, mi diede la risposta.

“Ti sei eccitato?” Mi chiese.

Non risposi, se non con una timida risata che fece capire benissimo il concetto. Romina fu gentile a non insistere, capendo subito cosa avrei voluto dire, se le parole non mi si fossero bloccate in gola. Non avevo ancora del tutto superato l’idea di aver fatto sesso, per ben due volte, con la ragazza di Renato e, oltretutto, di averla cambiata, da timidissima e fredda a passionale ed energica, in campo intimo. Stranamente, ripensandoci, non avevo allora la minima idea di quanto stesse cambiando l’atteggiamento di Romina verso il mondo del sesso. La sua mutazione sarebbe stata rapida, sorprendente e quasi spaventosa, l’avrebbe portata a superare di gran lunga non solo i suoi limiti inibitori ma, con essi, i miei. Comunque, ignaro di quanto stava accadendo, ed ancor più di quanto stava per accadere, continuai ad ascoltare Romina, la quale, non contenta di sconvolgermi tramite posta elettronica, aveva tutta l’intenzione di continuare a farlo, questa volta, in prima persona.

“Senti. Oggi Renato non c’è, vuoi passare?” Chiese, continuando poi, come se avesse dovuto convincermi “Ho visto due o tre cosette sul computer che voglio provare…”

Accettai subito l’invito della mia amica, come potevo fare altro? E passai il resto della mattinata a pensare cosa ella avrebbe avuto in serbo per me, tentando disperatamente di non ricadere nella pericolosa trappola della masturbazione. Finalmente, alle due di pomeriggio, mi infilai in macchina e partii verso casa di Romina, distante circa una decina di chilometri dalla mia. Giunto a destinazione, entrai dal cancello aperto della palazzina e riuscii ad arrivare alla sua porta di casa senza dover suonare citofoni o campanelli. Il portone interno e persino la sua porta di casa, erano sorprendentemente aperti.

Bussai delicatamente prima di entrare, trovando ad accogliermi, anziché Romina, un ragazzo piuttosto alto e grosso, con una maglietta rossa ed un paio di Jeans in dosso. Sulla t-shirt, il logo di una nota azienda telefonica.

“Buongiorno.” Disse il ragazzo, quasi spaventato dal mio arrivo “Lei è il padrone di casa?”

“No..” risposi io, “..sono un amico, ero venuto a..” Prima che potessi terminare la frase, Romina entrò nel salotto. Era in accappatoio, con i capelli avvolti in un asciugamano e priva dei suoi occhiali, che teneva in mano visibilmente appannati.

“Ciao!” mi disse “Scusami, sono uscita ora dalla doccia. Renato non mi aveva detto che sarebbe venuto il tecnico… accomodati in salotto, io mi vesto e poi arrivo.

Mi sedetti sul divano ed aspettai una decina di minuti. Sentii il tecnico continuare la sua opera, sbuffando ed imprecando contro chissà quale contrattempo, poi, udii il phon accendersi nella stanza di Romina per qualche minuto ed ancora il tecnico che posava i suoi attrezzi in una valigetta, anch’essa decorata con il logo della sua azienda. Cessato il rumoreggiare, spentosi il phon, il ragazzo passò dietro il divano e, fermatosi proprio alle mie spalle, esclamò per farsi sentire bene dalla mia amica.

“Signora! Io ho finito!” gridò.

Romina uscì da camera sua in maniera piuttosto frettolosa. Non si era ancora vestita ed era coperta solo dal suo intimo, un completo composto da reggiseno e mutandine neri, ben ricamati, da un reggicalze del medesimo colore e modello ed un paio di collant scuri. La ragazza, cercando di non esporsi troppo, afferrò la sua borsa, cercando freneticamente il portafogli al suo interno e dirigendosi, nel frattempo, verso camera sua.

“Vieni.” Disse al ragazzo “Ti do i soldi.”

Il ragazzo, piuttosto arrossito, seguì Romina in camera per venire pagato ed io rimasi sul divano, piuttosto ansioso di vederlo uscire. Avevo scorto Romina nel suo intimo sensuale e sapevo bene che, a breve, avrei potuto sfilarlo dal suo corpo e farla mia, che presto l’averi potuta toccare, possedere, prendere. Con l’acquolina in bocca attesi l’uscita del tecnico dalla camera della mia amica, sperando di poter presto sbattergli la porta dietro le spalle ed accomodarmi sul letto di Romina ma, prima che questo accadesse, sentii la mia amica chiamare il mio nome.

“Puoi venire un secondo per cortesia?” disse chiamandomi.

Seccato dall’ennesimo ritardo nella dipartita dello sgradito ospite mi recai alla camera di Romina, oltrepassando l’uscio con passo deciso, fermandomi però, di colpo, nel notare una sessantina di euro lasciati in terra, abbandonati. Alzai lo sguardo e fui quasi colto da un infarto, il tecnico era davanti a me, di spalle, con i pantaloni abbassati intorno alle caviglie. Davanti a lui, Romina mi guardava, in ginocchio, a malapena coperta dall’intimo pocanzi descritto, intenta ad accarezzare il pene del ragazzone, strofinandolo energicamente con la mano destra mentre egli, non più sbuffante e seccato, piuttosto ben contento della sua ricompensa, le guardava il seno ballonzolare reggiseno stretto, al ritmo del movimento delle sue braccia.

“Vieni qui…” disse, ed io, quasi ipnotizzato, obbedii.

Con la sola mano sinistra Romina mi slacciò in un attimo i jeans, abbassandoli quanto bastava per poter spostare i miei boxer e rivelare il mio membro. Ero un po’ in imbarazzo, non essendo mai stato nudo davanti ad un altro uomo prima di allora, ma presi coraggio quando, inevitabilmente, feci un paragone tra il mio membro e quello del ragazzo della compagnia telefonica. Nessuno di noi due era certo un fenomeno da fil erotico, rientravamo ambedue nella media ma, con tutti e due i peni uguali, il mio era leggermente più uguale del suo. Insomma, il mio era più grosso.

Soddisfatto della mia piccola vittoria sorrisi, guardando Romina negli occhi mentre, incurante sia delle mie dimensioni, che di quelle del ragazzo, ci masturbava piacevolmente, lasciandosi toccare le mammelle gonfie e compresse dal reggiseno. Le nostre taglie, semplicemente, non le interessavano, ciò che le premeva, e le premeva davvero molto, era come esplorare nuovi ambiti della sua neo-trovata perversione, della sua voglia appena sorta, del suo oramai incolmabile desiderio.

Le labbra di Romina si avvolsero intorno a me, per primo. Sentii il risucchio della sua bocca mentre la sua lingua si avvolgeva intorno a me. La timidezza dei giorni passati era completamente scomparsa, il suo modo di dare piacere era cambiato, migliorato. Non ero più io ad incoraggiarla a fare ma lei che si prendeva ciò che voleva con estrema decisione. Alzai la testa e chiusi gli occhi, godendomi il momento a pieno, fino a quando non udii la voce del ragazzo a fianco a me interrompere l’ebro momento.

“Dai, succhialo anche a me!”

Romina si fermò, abbassai lo sguardo e la vidi, piuttosto seccata, interrompere la masturbazione del ragazzo, senza per un attimo cessare di muovere la mano sinistra su di me.

“Dammi del lei.” Disse, sorprendentemente “Non sono mica tua sorella!”

Per un attimo pensai che il ragazzone, umiliato dalle parole di Romina, avrebbe reagito. Fortunatamente, e presumo anche a causa della mia presenza, si trattenne e, dopo essere arrossito per qualche secondo, perdendo parte del suo vigore, cedette alla bizzarra richiesta della sua seduttrice.

“Per favore signora…” disse “Me lo succhi!”

Romina sorrise soddisfatta, avvicinando le labbra al cazzo del giovane, il quale immediatamente riprese forze, tra un gemito e l’altro. La mia amica non mancò di farmi sentire apprezzato, agitando la sua mano su di me con più forza mentre succhiava il tecnico con inaudita ingordigia. La sentivo mugugnare mentre, chino su di lei, le estraevo i seni dalla scomoda prigione di pizzo in cui li aveva intrappolati, accarezzandoli, stringendoli e schiaffeggiandoli mentre venivo masturbato dalla loro padrona. Fu allora che Romina staccò le labbra dal tecnico e, dopo essersi alzata, si lasciò sfilare di dosso le mutandine per poi sdraiarsi a gambe aperte sul letto.

“Leccamela!” disse al ragazzo, il quale, dopo avermi guardato negli occhi per un attimo, in cerca forse di approvazione, si inginocchiò ai piedi del letto e prese ad eseguire il piacevole compito che gli era stato assegnato. Subito sentii il fiato di Romina farsi più pesante e qualche timido movimento del suo corpo mi suggerì che il ragazzo stava facendo un buon lavoro. Le mani della mia amica si strinsero intorno a me, immediatamente riprendendo a sfiorarmi, toccarmi, strofinarmi, nel tentativo di darmi tutto il piacere possibile.

“Ti piace?” Mi chiese, guardandomi, per poi volgere lo sguardo al tecnico, impegnato ad assaporarla, mentre si masturbava in ginocchio, tra le sue gambe. “Ti piace guardarmi così?” chiese, guardandomi con occhi inteneriti, in preda a piacevoli sevizie e dolci torture.

Annuii, lasciandomi sfuggire un sospiro di piacere mentre una sua mano mi accarezzava lo scroto, solleticandone la parte più bassa. Staccandosi per un secondo dal mio membro, una mano di Romina mi tirò a se, avvicinandomi alle sue labbra, le quali però lo avvolsero per un solo istante, come per baciarlo, complimentarlo.

“Vieni qui.” Mi disse, indicando il proprio corpo, suggerendomi di salire a cavalcioni su di lei.

Ancora una volta, feci quanto mi era stato chiesto e, montato sul letto, mi inginocchiai a cavalcioni sullo stomaco della mia amica, stando bene attento a non schiacciarla e poggiando il pene li, sul suo petto, ove lei poté avvolgerlo tra i suoi enormi seni, prendendo immediatamente a muoverli, massaggiandomi con le sue morbide mammelle mentre, con la lingua, cercava il mio grande, sfiorandolo, stuzzicandolo, facendolo pulsare e contorcere dal piacere, mentre il mio bacino si muoveva, spingendolo su e giù nei suoi seni.

Sentii il fiato di Romina aumentare ancora, i suoi gemiti crescere di volume mentre il suo corpo si bagnava e si eccitava, schiavo della lingua del ragazzo sconosciuto che le stava assaporando il clitoride, penetrandola con due dita della mano destra, palpandole cosce e sedere con l’altra in maniera rude, brutalmente piacevole. Mentre sia io che lei muovevamo i nostri corpi all’unisono, stimolandoci reciprocamente, il mio membro perduto tra i suoi seni soffici ed accoglienti.

Osservavo Romina, quasi ipnotizzata dal piacere che provava, intenta a fissarmi mentre mi muovevo sul suo petto gemendo per il piacere, tremando, godendo con lei. Da dietro i suoi occhiali la vedevo fissarmi vogliosa mentre si mordeva le labbra, preda delle dolci torture del tecnico, il quale sentivo ansimare mentre la leccava, masturbandosi come poteva mentre le leccava la figa. Romina pareva chiamarmi a se, con quello sguardo insolito per lei, quasi demoniaco, perduto nei miei occhi o forse nel vuoto di un momento di estasi.

“Lo voglio…” sussurrò “Lo voglio dentro…”

Il ragazzo alle mie spalle si alzò. Aveva sentito il voglioso lamento della mia amica ed ora, con il proprio membro in mano, si accingeva a penetrare la ragazza, poggiando il glande sulla sua morbida vagina, pronto ad affondare tra le sue calde cosce. Romina gemette, quasi non sapesse resistere alla sua stessa voglia, stretta come era da una duplice morsa, quella del ragazzo, pronto a sfondarla, e quella del mio cazzo, il quale ancora si dimenava tra i suoi seni, cercando le attenzioni della sua lingua, protesa verso di esso nel tentativo di assaporarlo.

“No!” Gemette, tra piacere e disperazione Romina, prima di rivolgermi lo sguardo “Solo lui…”

Il ragazzo mi guardò basito, sicuramente infelice della scelta di Romina. Evidentemente, era già pronto a farla sua, a fotterla, godendo di lei come lei aveva fatto della sua lingua ma, nella mente della mia amica, il piano era ben diverso.

Vedendo il ragazzone dubbioso, forse pronto a fare comunque di testa sua, lo invitai con la testa a farsi da parte, dirigendolo verso la bocca, forse meno ambita, ma altrettanto calda di Romina. Non volendo creare tensione, pensai che un piccolo incoraggiamento verbale.

“Dai, fammi vedere come glielo succhi!” esclamai, sentendomi forse un po’ ridicolo.

Romina non esitò. Si girò rapidamente, mettendosi a carponi sul letto. Era incredibilmente seducente, le sue forme rese ancora più invitanti dall’intimo, spostato ma mai del tutto sfilato, che la stringeva, quasi costringendola, dando l’impressione ch’ella fosse talmente vogliosa di ricevere i nostri membri da non poter perdere tempo a togliersi i pochi vestiti che la coprivano. Prima che potessi aggiungere altro, la sua bocca già si avvolgeva intorno al cazzo del giovane, ed il suo sedere ondeggiava invitante davanti a me. Lo sguardo di Romina incrociò il mio, chiedendomi silenziosamente di prenderla, poi, tornò in avanti, alzandosi verso il volto del tecnico, fissandolo mentre prendeva in bocca fino in fondo il suo uccello pulsante.

“Ti piace?” chiese con una decisione che in lei non avevo mai visto prima “Ti piace fartelo succhiare da me?”

“Si…si signora…” Rispose il ragazzo, col fiato spezzato dal piacere. “Dio…quanto…quanto è troia signora!”

Al sentirsi chiamare troia, Romina sbarrò gli occhi. Forse era la prima volta che le accadeva ed io, conoscendola, ero convinto che il gioco sarebbe finito in quell’istante. Invece, la ragazza si irrigidì di colpo per poi, con il membro del ragazzo ancora immerso nella sua bocca, lanciare un lungo gemito che pareva un raglio, estraendo delicatamente il cazzo del giovane dalla propria gola.

“Si…” sussurrò rivolgendomi uno sguardo lussurioso “scopatevi questa troia!”

Non seppi resistere. Mentre la mia amica assaporava nuovamente il pene del ragazzo, io mi avvicinai a lei e, afferratone il sedere rotondo ed invitante, mi spinsi violentemente in lei, osservandola incurvarsi e strabuzzare gli occhi, grugnendo e dimenandosi per il piacere, gemendo e succhiando, muovendo il ventre alla ricerca della massima penetrazione. Colma sia del mio cazzo, che di quello del giovane tecnico, pareva essere una bestia, sodomizzata da un girarrosto sul quale veniva lentamente fatta rosolare al fuoco del piacere. Persino il mio compagno in questo gioco perverso, non poté fare a meno di notare la cosa.

“Cazzo che scrofa..” si lasciò sfuggire, prima di essere ammutolito dal piacevole risucchio di una Romina scatenata, la quale reagì grugnendo ancora di più, dimenandosi con più forza.

Sentivo lei spingere più forte contro il mio bacino, il suo fiato aumentare, i suoi gemiti farsi ancora più intensi. Vidi il suo sguardo perdersi nel vuoto. L’orgasmo, per lei, era oramai prossimo. Attirai per un attimo l’attenzione del ragazzo con un movimento delle mani, tolte per un solo istante dalle forme voluttuose della nostra seduttrice e, con tono più deciso dell’ultima volta, gli dissi parole che fecero immediatamente inondare la figa della mia amica, la quale passò da bagnata e calda ad un vero e proprio fiume di umori.

“Sfondale la gola! Sta per venire questa maiala!”

Così, in un crescendo di gemiti e respiri, sia io che il ragazzo aumentammo l’intensità e la forza dei movimenti dei nostri bacini, penetrando sempre di più nel corpo di Romina, io dalla vagina, lui dalla bocca. La ragazza pareva non toccare più terra, come fosse sorretta solo dai nostri colpi mentre i suoi gemiti si facevano acuti ed intensi, frequenti a tal punto di sembrare un unico segnale piatto. Le sue mani si aggrapparono alle lenzuola e, pur con la bocca serrata dal cazzo del tecnico, ed il fiato accorciato dalla mancanza d’aria, emise un raglio di piacere, prendendo a dimenarsi violentemente, prima di cadere, lasciandosi schiacciare e penetrare a pieno dal nostro peso, sul materasso.

Gli umori di Romina bagnarono il materasso, ed il suoi occhi si persero nel vuoto mentre veniva, lasciandosi andare, lasciandosi cogliere completamente dal piacere, sfondata dai nostri membri. La follia però, era al suo culmine e ne io, ne il ragazzo, accennammo a rallentare, continuando a sfondarle figa e bocca con la medesima intensità. Anche noi eravamo prossimi al piacere estremo e non avevamo la minima intenzione di fermarci.

“mmm…scopatemi…” riuscì a mugugnare Romina prima che il pene del ragazzone le si infilasse nuovamente in gola “..Voglio la sborra…”

La nostra reazione non si fece attendere, continuammo a sfondarla per qualche secondo, aumentando ancora, se mai fosse stato possibile, l’intensità dei nostri colpi. Romina era oramai esausta, sopraffatta dalle sue stesse sensazioni al punto di essersi arresa. Prendeva, ricurva con la sola pancia sul letto, ed il seno alzato, come il sedere, i nostri membri nella bocca e nella vagina, arresasi al piacere ed alla fatica. Una preda oramai catturata ed immobilizzata dai suoi predatori.

Sentii il ragazzo gemere ed un mugugno particolarmente intenso della mia amica mi fece capire ch’egli stava rilasciando il suo seme nella sua gola.

“Si, la beva tutta…” esclamò lui godendo, senza dimenticarsi dell’ordine ricevuto.

Sentii Romina deglutire e, nello stesso momento, la sentii stringere le cosce intorno a me. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sentii un brivido percorrermi la spina dorsale e, dopo un ultima serie di colpi, accompagnati da violente grida di piacere, sia mie, che di Romina, estrassi all’ultimo momento utile il membro dalle cosce della mia amica e, senza che passasse un secondo, le schizzai quanto seme avevo in corpo sul sedere, rotondo e invitante, prima ch’ella si riposizionasse, facendosi largo per tornare in ginocchio, in mezzo ai suoi due, ansimanti compagni di gioco, prendendoci in mano i membri bagnati di seme e lasciando cadere le nostre ultime gocce di piacere sui seni, ripulendo quanto rimaneva su di noi con la lingua.

“Grazie.” Disse Romina al tecnico. “Ora vestiti e vai pure!”

Il ragazzo ci lasciò presto, con Romina ancora intenta a leccarmi ridacchiando e masturbandosi. Il povero tecnico era scosso, sebbene soddisfatto.

Quando la porta si chiuse alle spalle del ragazzo, Romina mi fece sdraiare sul letto, andando avanti a leccarmi e baciarmi le parti intime fino a quando non fu del tutto soddisfatta. Stentavo a riconoscerla, era priva delle inibizioni e le indecisioni che, fino a quel giorno, l’avevano caratterizzata. Libera da ogni scrupolo sessuale e schiava di un piacere che cercava, ed avrebbe cercato, ovunque da quel giorno in poi. Da dietro gli occhiali macchiati di seme, il suo sguardo era cambiato. L’agnello innocente era diventato un lupo feroce e, quel giorno, ebbi l’impressione, per la prima volta, che la parabola discendente del pudore di Romina avesse deciso di precipitare fuori controllo, facendola piombare in una fossa di lussuria e piacere che, oramai, non potevo far altro che attendere, sapendo bene che l’ondata di perversione avrebbe presto travolto anche me.

Lascia Romina ancora nuda sul letto, intenta a toccarsi mentre mi guardava rivestirmi ed andarmene, prima che Renato facesse ritorno.

“Ti è piaciuto il gioco?” mi chiese, poco prima che aprissi la porta.

Annuii sorridente, forse sapendo già cosa avrebbe seguito alla mia silenziosa risposta, che lei mi diede aprendo le cosce e mostrandomi la vagina rosea ed eccitata.

“Quando vuoi…è tutta tua!” Mi disse “Ho già qualche altro giochino in mente.”

Già eccitato al pensiero dei piaceri che mi avrebbe riservato il futuro, chiusi la porta alle mie spalle, dirigendomi verso l’auto. Ero esausto, quasi distrutto dalle voglie insaziabili della mia amica e dal rimorso per aver tradito la fiducia del suo ragazzo ma sapevo bene che, oramai, non potevo più fare a meno del piacere che solo lei sapeva darmi.

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