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Il figlio sterile

By 17 Agosto 2011Febbraio 9th, 2020No Comments

Mio figlio Massimo e Debora erano sposati da circa tre anni.
Il matrimonio fu celebrato in una bellissima giornata di primavera, nello stile americano, nel magnifico giardino dell’Hotel Bellavista, sulla costa smeralda, che per l’occasione fu addobbato come un incantevole parco dell’eden, con tanti fiori che adornavano il viale e le panchine degli invitati, che si univano ad una struttura a pergolato, bianca, con tante ghirlande e boccioli che si inerpicavano sulla ringhiera e lungo le travi, fino al tetto, colorati con fantasie floreali.

Fu una cerimonia da fiaba, il corollario di un amore grandioso che aveva unito e sostenuto il rapporto tra mio figlio e mia nuora fino al giorno del matrimonio.
Due ragazzi d’oro, che con grande saggezza hanno attraversato le tappe fondamentali del fidanzamento, tra alti e bassi, senza perdere di vista la realizzazione del loro sogno e degli obiettivi nel campo lavorativo.
Entrambi sono dei professionisti affermati e ben remunerati. Massimo lavora nel settore dell’informatica, come ingegnere progettista programmi di difesa nel campo creditizio, mentre Debora, farmacista, gestisce un’attività propria. Un’unione che ha arricchito entrambi, non solo spiritualmente, ma anche come benessere patrimoniale.

Quindi, visto le premesse, e tenuto conto che non c’erano problemi di ordine economico, io e mia moglie Carla attendevamo con impazienza la gioia di un nipotino.
Ma dopo tre anni di vane attese la situazione cominciò a sembrarci strana, anche in considerazione che Massimo ci confidava che stava facendo tutto il possibile per ingravidare Debora.

Una domenica di maggio, Massimo e Debora erano a pranzo da noi.
Mia moglie Carla, dopo i consueti preparativi per apparecchiare il tavolo, con l’aiuto di Debora, ci invitò tutti a sedere per dare inizio all’ennesima liturgia del pranzo domenicale.
La discussione, come al solito, si stava svolgendo serenamente tra il serio ed il faceto, con tante risate.
L’atmosfera allegra divenne cupa, quando Carla rivolse una domanda a Debora, posta come una mannaia tagliente che lacerò quel clima di cordialità facendo piombare gli astanti in un silenzio totale.

‘Ma voi due quando vi deciderete a darmi un nipotino?

Una domanda semplice ma che fece sobbalzare la giovane coppia, bloccando a mezz’aria le mani di entrambi.
Massimo masticò velocemente il boccone che stava mangiando; poi sorseggiò nervoso il bicchiere d’acqua asciugandosi repentinamente la bocca
Debora reagì stranamente. Il suo volto s’incupì, come se una morse le avesse afferrato il cuore stringendolo fino a lacerarlo.

Le loro espressioni mi insospettirono, nascondevano qualcosa di grave.
Negli occhi di Debora colsi una lieve sofferenza, come se stesse vivendo un dramma.
La stessa cosa la notai anche nello sguardo di Massimo.
C’era qualcosa che non quadrava. Per la prima volta dopo tanti anni ho percepito un’incrinatura nel loro rapporto. In quell’istante tra loro non c’era alcun’affinità. L’espressione disperata di Debora era palese, mentre quella di Massimo si celava dietro un comportamento apparentemente tranquillo.

Intuendo l’imbarazzo di Debora, risposi io al loro posto.

‘Che domande fai Carla! Ma certo che ci accontenteranno! Dagli tempo! Sono ancora ai preliminari, quando passeranno all’azione, vedrai che non si fermeranno più! Ce ne faranno una tribù! Ahahah

Debora alzò lo sguardo verso di me, e imbarazzata mi fissò intensamente. Le risposi con un sorriso strizzandogli un occhio.
‘Vero Debora? Che quel pigrone di Massimo si deve impegnare di più?

Dopo un attimo di esitazione. Continuando a fissarmi. Si sbloccò, come se avesse capito le mie intenzioni, quindi si sforzò di ridere per tenermi il gioco.

‘Certo papà! Diciamo che non brilla d’iniziativa! Ahahaha

Massimo, sentendosi preso in giro:
‘Monella che non sei altro! Se non sbaglio quando ti alzi dal letto non mi sembra che tu abbia l’aria di una donna insoddisfatta! Anzi! Ahahahah

Debora si emozionò, e le sue gote si coprirono di un rosso scarlatto. Ma il gioco non poteva essere interrotto con atteggiamenti di sconforto, per cui strinse i denti e si lasciò andare ad una grassa risata. Velando quella tenue tristezza che solo io avevo intuito.

Debora è una ragazza intelligente e capace di adattarsi a qualsiasi circostanza imprevista. A tale personalità univa una bellezza raffinata, con un aspetto esteriore sensuale, occhi azzurri e capelli rossi, lunghi e lisci. Con Massimo formavano una coppia speciale. Lui moro, occhi verdi e capelli ricci.
Un contrasto cromatico piacente che caratterizzava la bellezza della loro unione.

Durante la giornata, tra dialoghi e pettegolezzi vari, finalmente ebbi l’opportunità di restare da solo con Debora.

Ci avviammo lungo il viale del giardino, tra le siepi di rose fiorite e gli alberi di ciliegie cariche del loro dolce frutto maturo.
Arrivammo fino alla quercia che divideva il giardino dalla strada sterrata, a ridosso della staccionata, ove avevo costruito una serie di panche in legno, che alla bisogna servivano come posto di vedetta e punto di osservazione privilegiato quando avevi la fortuna di alzarti presto al mattino ed assistere al miracolo dell’alba.

Era vestita con jeans stretti, attillati, e maglietta aderente alla vita, che non celavano nulla del suo bellissimo carpo snello, si sedette al mio fianco.
Dopo alcuni minuti di silenzio, la mia voce le arrivò come un suono molesto.

‘Mi dici quale è il problema che ti affligge?

Alzò il capo guardandomi distrattamente, come se volesse evitare di fissarmi negli occhi.
Con tono imbarazzato:
‘Papa! Non capisco? Di che cosa stai parlando?
‘Debora! Guardami negli occhi! Non sono stupido! C’è qualcosa che mi nascondi! L’ho capito subito! è legato al fatto che non arrivano i bambini! Vero?

Senza rispondere fece oscillare il capo, ed i lunghi capelli ruggine che le cadeva sul seno, confermando le mie supposizioni.

‘Quale il problema?
‘Massimo è sterile!

Rimasi senza fiato. Non potevo credere che mio figlio fosse sterile. Quelle parole mi fecero immaginare un frutto senza semi. Fui preso dallo sconforto.
Mio figlio sterile? Quindi non avrei mai avuto la gioia di stringere un nipotino?
In quel momento le mani di Debora, afferrarono le mie. Lei aveva colto quel momento di smarrimento e, come sua abitudine, sensibile e capace di cogliere le situazioni impreviste, aveva reagito con uno slancio di generosità verso di me.

‘Ma vi siete sottoposti ad un esame clinico?
‘In un certo senso si!
‘Spiegati?
‘Mi sono rivolto ad un amico ginecologo il quale, dopo avermi visitato attentamente, ha detto che era tutto perfettamente in regola, che le mie ovulazioni erano regolari, che potevo restare incinta senza problemi. Mi fece capire che il problema veniva da Massimo.
‘Quindi?
‘Ho chiesto a Massimo di sottoporsi agli stessi esami!
‘Allora?
‘Lui ancora non lo sa! Ma il mio amico mi ha telefonato ieri, ha riferito che Massimo non potrà mai mettermi incinta! Il suo liquido seminale è privo di spermatozoo! Quindi ha precluso anche la possibilità di un’eventuale inseminazione artificiale!

Restai basito. Quelle parole mi colpirono profondamente. Poi con lo sguardo disperato, quasi in lacrime:

‘Hai intenzione di dirlo a Massimo!
‘No!
‘E come intendi gestire la situazione? Primo o poi lui dovrà saperlo! Mi sembra corretto verso di lui! Potreste ricorrere ad una adozione?
‘Non se ne parla! Massimo è orgoglioso! Vuole un figlio suo! Papà io lo amo tantissimo! Ho paura di ferirlo profondamente! E poi temo le sue reazioni! Credo che si sentirebbe un uomo a metà!
‘E cosa vorresti fare? Un’inseminazione artificiale?
‘In un certo senso si! Ma non con uno sconosciuto!

Le ultime parole le pronunciò con un certo imbarazzo, fissandomi intensamente negli occhi.

‘Hai pensato a me?
‘Si papà! Massimo è tuo figlio! Ha il tuo DNA nel suo codice genetico! Quindi mi sembra naturale che un’eventuale inseminazione da parte tua sarebbe ideale!

Ero completamente turbato. Non sapevo come avvenisse l’inseminazione artificiale. Mi venne in mente la cosa più scabrosa che potessi pensare. Immaginai di fare sesso con Debora ed arrossì come un adolescente, in preda alla vergogna.

‘Che.. che cosa debbo fare? Dio mio nooooo Debara.. è immorale quello che mi stai chiedendo! E’ immorale!
‘Papà cosa hai capito! Ahahahah scusa se rido! L’inseminazione avverrà con l’aiuto del nostro amico ginecologo! Ho già discusso della questione con lui, è d’accordo! ci dobbiamo sentire per fissare un appuntamento, sempre se darai il tuo consenso!
‘Mi vergogno! Ma se tu mi dici che la cosa è necessaria per il bene di Massimo! Va bene farò quello che vorrai tu!
‘Papà grazie! Ricordati dovrà restare un segreto! Tra me e te! Nessuno dovrà saperlo!

Quel giorno ci lasciammo con quell’accordo scellerato.
Mi sentii in colpa per aver immaginato cose turpi.
Sentivo un senso di colpa soprattutto verso mio figlio Massimo, con cui avevo avuto sempre un rapporto improntato alla massima lealtà.
Ma la vergogna maggiore che provai fu che in quei pochi minuti di conversazione la sua richiesta mi aveva turbato i sensi.
Trovai del tutto innaturale sentire il mio cazzo diventare duro.
Per la prima volta pensai a Debora come una donna.

Nei giorni successivi non riuscivo più ad essere sereno in sua presenza. Le volte che la incontravo la sentivo molto vicina intimamente e iniziai a notare particolari che in passato mi erano sfuggiti. La bocca carnosa mi parve molto sensuale e quando parlava e si muoveva mi destava un forte desiderio di baciarla.
Il suo petto borioso mi appariva più generoso del solito e, dulcis in fundo, cominciai ad apprezzare il suo magnifico culo, che attirava il mio sguardo facendomi sentire meschino per i pensieri libidinosi che ispirava.

Alcuni giorni dopo Debora mi chiamò sul cellulare.
Restai ammutolito per la notizia sconcertante che mi stava riferendo.
Il suo amico dottore era morto in un incidente stradale.
Dopo averla confortata dall’angoscia, le dissi che la cosa poteva essere risolta con un altro dottore.
Debora rispose che non era possibile.

‘Perché non è possibile?
‘Papà era un accordo segreto tra me e il dottore! Nessun altro sapeva!
‘Dove è il problema? Cerchiamone un altro?
‘C’è un grosso problema!
‘Quale?
‘Sei troppo anziano per essere donatore di sperma! Inoltre non ti accetterebbero mai perché sei mio suocero. Il mio amico lo avrebbe fatto all’insaputa dell’ospedale! Una cosa informale non so se mi spiego!
‘Ho capito! Allora non ti resta che rivolgerti ad una struttura ufficiale?
‘Papà non voglio essere ingravidata da uno sconosciuto! Voglio evitare l’ufficialità! Massimo deve credere che il figlio sia suo! Suo figlio dovrà avere gli stessi geni di suo padre!
‘E come facciamo allora?
‘Esiste una sola possibilità papà!

Guardai il cellulare perplesso. Cribbio stavo parlando con mia nuora? Avevo intuito il senso di quella frase. Ero sconvolto. Il corpo mi tremava come un tamburo percosso da mille bastoni.
Fu Debora a rompere il silenzio.

‘Papà ci sei? Hai capito di cosa sto parlando?
‘Si ho capito! E mi sembra una mostruosità! Solo a pensarci mi viene un senso di nausea!
‘Papà! Ti capisco! Ci ho riflettuto a lungo! Solo tu poi aiutarmi! Ho bisogni di te! Dobbiamo affrontare il problema con mente razionale! Ti prego pensaci perché non ci sono alternative! Attendo una tua risposta! Un abbraccio!

Soppesavo il cellulare muto, brandendolo come un oggetto pericoloso.
In sostanza mia nuora mi ha proposto di scopare con lei.
Solo il pensiero di quello che avrei dovuto fare con lei mi rivoltava le budella.
In sostanza avrei dovuto tradire la fiducia di Massimo!
Ero un uomo dai sani principi morali. In tutta la mia vita non avevo mai tradito mia moglie.
Debora mi aveva proposto un incesto, solo a pensarci mi sconvolgeva la mente.

Tuttavia, mi pareva di udire un eco lontano, che mi arrivava vigoroso in tutta la sua forza prorompente.
In cuor mio l’offerta di Debora mi affascinava.
Per certi aspetti lo avevo anche sperato.
Ora di fronte alla possibilità di realizzare quel desiderio insano mi terrorizzava, anche se alcuni giorni primi mi aveva dato un piacere sublime solo a pensarci.
Un conto è pensare un peccato, un conto è commetterlo.
Che fare? Accettare? Mi sentivo in stringere in una morsa infernale.

Il giorno seguente chiamai Debora, con il cuore che batteva a mille e i sensi alterati dalla forte emozione, le dissi che accettavo la sua proposta, sperando nel perdono divino.
Attendevo da lei una risposta, e un programma di massima su come doveva accadere.
Le chiesi se era possibile evitare qualsiasi situazione imbarazzante, soprattutto di mantenere una atteggiamento razionale e un distacco emotivo, di porre in essere tutti quegli accorgimenti che evitassero una situazione imbarazzante.

Accettai nella consapevolezza della difficoltà a rispettare quei limiti, considerando che erano le nostre intimità a congiungersi e promettendo a me stesso di non valicarli.

La sera stessa il mio cellulare suonò. Era Debora. Come un ladro beccato in flagrante, guardai mia moglie che mi fissava incuriosita.

‘Bè! Non rispondi?
‘Certamente! E’ quel rompiballe di Luigi!

Fu la prima volta che mentivo a Carla. Mi precipitai in giardino, con il cuore pulsante, come un adolescente che trepidava in attesa di un appuntamento con la sua amata.

‘Pronto? Debora?
‘Si papà! Domani mattina dovresti venire qui! Massimo è via tutto il giorno! Sono nel periodo fecondo! Papà mi raccomando! stasera evita di farlo con la mamma! Lo sperma deve essere ricco di spermatozooo!
‘Va bene tesoro! A domani!

Quella frase suonava come una condanna a morte.
Debora non tradiva alcun’emozione. La sua determinazione era sorprendente.
Si stava dimostrando una donna forte, che esprimeva una volontà ferrea, senza indugi.
Nelle sue parole non coglievo il benché minimo imbarazzo, nonostante si stesse preparando a tradire la fiducia di suo marito.
Forse lo scopo insito in quel gesto l’aveva resa coraggiosa, ritenendolo nobile e giusto. Sembrava una sorta di moderna eroina, una Giovanna D’Arco che si immolava per il bene del suo grande amore, offrendosi in sacrificio.

O forse ero io che stavo cercando una giustificazione alla mia turpe azione, per renderla meno grave alla mia anima e lenire quel senso di colpa che mi stava pesando come una montagna.

La mattina seguente, verso le dieci circa, mi presentai a casa di mio figlio. La porta si aprì e apparve Debora. Indossava un accappatoio di spugna, corto, che le lasciava scoperte le gambe, robuste ed affusolate. Ben disegnate dalle caviglie e alle ginocchia.

‘Buongiorno papà!
‘Ciao Debora!

Aveva difficoltà a guardarmi negli occhi.
In un silenzio totale si udirono gli scatti della serratura che si chiudeva, due suoni secchi in rapida successione.
Poi, senza proferire parole, mi fece segno di seguirla nella camera da letto.
Giunta davanti al letto si aprì l’accappatoio e lo sfilò adagiandolo sul bordo.
Appena la vidi nuda provai un senso di vertigini. I lungi capelli rossi arrivavano a metà schiena, appena sotto si intravedeva un culo, borioso e rotondo, che si esaltava in tutta la sua conturbante bellezza.
L’incavo dello scoscio, tra cui si intravedevano le labbra della figa color rosa, aggredirono la mia mente, facendomi vibrare come le corde di un violino.
Si girò verso di me. Il suo viso era tirato, un velo di imbarazzo le copriva le gote, facendole risaltare con un rosso intenso. Poi si sedette sul letto con le gambe aperte e poggiate a terra, infine si distese con la schiena sul materasso.
La sua figa, coperta da pelo raso e rosso, si stagliò davanti al mio sguardo colpendomi come una saetta. Le labbra esterne carnose racchiudevano quelle interne, frastagliate come la cresta di un gallo, e sulla sommità si notava il clitoride, molto pronunciato.

Nonostante che cercassi di mantenere un atteggiamento neutrale, un desiderio morboso mi colse facendomi tremare il corpo.
Il cazzo ebbe un sussulto impetuoso irrigidendosi come un obelisco di marmo. Lo sentivo pulsante e pronto ad invadere quella nicchia di piacere. Mi venne una gran voglia di affondare la bocca e leccarla tutta, dalla punta dei piedi fino ai capezzoli dei seni.
Avrei voluto buttarmi su quel dolce succoso e appetitoso, sbranandolo con una ferocia inaudita.

Quello che temetti successo.
Dimenticai il motivo per il quale ero lì ed iniziai a fissare quel corpo adagiato dolcemente sul letto, con cupidigia, compiacendomi di vederlo completamente disponibile a ricevermi dentro di se.
Quel pensiero mi diede un impulso libidinoso immenso ed una morbosità che stentavo a controllare.

Mi abbassai i pantaloni e le mutande, rimanendo mezzo vestito per un senso di pudore e di rispetto verso di lei, poi mi inginocchiai tra le sue cosce spalancate brandendo nella mano destra un cazzo voglioso di entrare dentro quel tabernacolo di piacere.
Avrei voluto leccarla e stimolarla in ogni parte prima di penetrarla, ma le circostanze non lo permettevano, dovevo solo entrare e muovermi dentro di lei, soffocando qualsiasi sensazione di godimento.
L’unico consentito era l’orgasmo estremo, quello che avrebbe dovuto impregnarla del mio seme.

Avvicinai la punta del cazzo alla sua figa, spingendo la cappella tra le fenditure delle labbra fino a quando non le vidi cedere alla mia spinta.
In quegli istanti percepì dei lievi singulti di Debora. Notai che stava fissando un punto impreciso dell’armadio. Anche lei stava reprimendo le sensazioni di piacere che il mio cazzo le stava provocando, mentre strusciava tra le labbra e l’ingresso della figa.

La vagina infine si stava aprendo, favorita dagli umori che aveva secreto abbondantemente durante lo strusciamento della cappella tra le piccole labbra.
Ad un tratto il grosso bulbo scivolò dentro le piccole labbra venendo fagocitata interamente dentro quel caldissimo forno. Ora non mi restava che dare la spinta finale e infilare dentro quella fucina infernale il resto del cazzo.
Azione che feci subito. Un colpo secco dell’anca, possente, profondo, e subito mi trovai a lambire il suo pube con il mio inguine.

Debora non ce la fece a trattenere l’urlo di piacere. E nel momento in cui mi trovai dentro di lei, fino alla base dei coglioni:

‘MMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMM OOOOOOO

Era troppo per me. Mi era impossibile restare inerte in quella situazione infernale, con il cazzo ficcato dentro la figa bollente di quella donna meravigliosa.
Un po’ alla volta cominciai a spingere con maggiore forza.
Il mio cazzo sprofondava nella sua figa con una frequenza veloce e continua, inizialmente in modo convulso, poi con un ritmo più regolare.

Debora, nonostante si sforzasse a controllare i propri sensi, iniziò ad agitarsi, dimostrando di non riuscire più a contenere il piacere che il mio cazzo le stava dando.
Il suo corpo prese a muoversi verso di me, cercando gli affondi; accogliendo il mio cazzo nel fondo della sua figa, fino a toccare con la punta la bocca dell’utero.

Mentre la scopavo le accarezzavo le cosce, il culo il ventre.
Alla fine vinto dal desiderio estremo, allungai le mani e le afferrai le tette, stringendole con tutta la forza che avevo in corpo. Fu allora che incrociai lo sguardo di Debora, era sconvolto dal piacere. Mi fissava con le labbra della bocca morse dai denti. Stava godendo come una cagna.

Le labbra carnose e rosse della sua bocca erano una tentazione impossibile da resistere. Fu così che mi allungai sopra di lei cercando la sua bocca. Lei non si sottrasse, e afferrandomi la testa affondò le sue la sua bocca nella mia, facendo danzare la lingua con la mia.

‘Siiiiiiiiiiiiiiiii papaa scopamiiiiiiiiiiiiii mmmi fai impazzire.,.. daiiiiiiiiiiiiii scopamiiiiiiiii

Si era liberata dal blocco psicologico che la frenava in modo innaturale, liberando gli istinti sessuali che scatenarono i suoi sensi. No lo aveva previsto. Ma averlo scoperto mi dava una gioia incontenibile.

“O papaaaaaaaaaa mi stai facendo impazzireeeeeeeeee mmmmm non ho mai goduto così’
‘Mmmmmmmmmmm tesoro’ la tua figaaaaaaaa mmmm è bollente come un fornooooooo to to to
‘Si spaccami la figaaaaaaaaa mmmmm mi piaceeeeeeeeeeeemmmm
‘Girati! Mettiti sul tappeto in ginocchio ti voglio scopare a pecorinaaaaaaa mmmmm

Cambiò posizione, e in un lampo le ero sopra, mentre la stavo scopando da dietro. I coglioni sbattevano contro il suo pube ad un ritmo folle.

MMMMMMMMMMMMMMm Sto sborrandooooooooooooo
Siiiiiiiiii inondamiiiiiii la figaaaaaaaaaaaa mmmm oddiooo mmm sto godendoooooo è pazzescoooo mmmm

L’afferrai dai fianchi e cominciai a spingere dentro di lei, fino in fondo, fino al delirio finale quando i coglioni si sfogarono riempiendole la figa di sborra, poi continuai a ficcare fino a quando il cazzo non si afflosciò dentro di lei.

Nessuno dei due aveva il coraggio di parlare. Ma appena ci riprendemmo dalla fatiche iniziammo nuovamente a scopare, stavolta con i preliminari, con baci, carezze e un sublime sessantanove. Cosciente della sua volontà lasciva la scopavo con maggiore enfasi e partecipazione emotiva, ma con la consapevolezza di volere godere ogni istante del suo magnifico corpo, facendolo in tutte le posizioni che la mente sconvolta dal desiderio ci suggeriva.
Ebbi anche il privilegio di romperle il culo, felice di essere stato il primo a godere di quel meraviglioso buco.

Debora rimase incinta una, due e tre volte. Poi prendemmo le precauzioni, per evitare di dovere far nascere una tribù.

E tutti vissero felici e contenti. Così va la vita.

Guzzon59 ( Claudiogusson@ymail.com )

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