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La prima volta insieme

By 26 Gennaio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Avevamo deciso insieme io (Anna) e Marisol. Non rompeteci le palle, pensate quel che volete ma non rompeteci le palle. Lo sappiamo che per la morale comune siamo due ”’.. troiette, ma noi ce ne fottiamo della morale comune. Siamo giovani, belle, con tanta voglia di vivere e provare nuove esperienze, senza farci tante pippe mentali su pudore, buona creanza eccetera eccetera.
Siamo cresciute insieme fin dalle elementari, stessa scuola, stessa classe anche alle superiori. Siamo sempre state insieme e nel nostro quartiere ci chiamano ‘le due sorelle’, che poi sorelle non siamo, entrambe figlie uniche di genitori borghesi ingrigiti e spenti dal lavoro e dalla carriera, che nemmeno si ricordano cosa voglia dire divertirsi. Abbiamo cominciato con le prime esperienze quasi contemporaneamente, tardi perché solo all’università abbiamo potuto godere di una certa libertà dalle famiglie oppressive, raccontandoci tutto ogni volta, consigliandoci l’una con l’altra, entrambe curiose, accomunate dal desiderio e dal timore, che se i nostri avessero saputo ci avrebbero frantumate di botte. Eppure non facevamo nulla di male, abbiamo fatto quel che hanno fatto tutte le nostre compagne di facoltà o amiche. Il primo bacio (beh, quello magari un po’ prima), la prima sega, il primo pompino e poi la perdita della verginità. L’unica differenza &egrave che vivevamo con gioia queste scoperte, non improvvisate ma meditate, abbiamo sempre cercato di viverle con ragazzi che ci piacevano, che forse dire che eravamo innamorate &egrave una parola troppo grossa, ma mai per non farci lasciare o per accontentarlo. Ogni volta ci sentivamo e ponderavamo la scelta. Certo, la curiosità la faceva da padrona, non vedevamo l’ora di provare, ma non ci siamo mai ‘buttate via’. Vedevamo le altre, poche, parlare sinceramente e raccontare le loro esperienze sempre con una punta di ‘vergogna’ mentre altre, tante, facevano le pudiche, le riottose, le verginelle e poi venivi a sapere che”. Ma non importa, io e Marisol avevamo smesso di raccontarci con tutte meno che tra di noi, solo di noi due potevamo fidarci, sapere di essere comprese. Va da se che le poche esperienze saffiche le abbiamo fatte tra di noi, sempre per curiosità, molto per affetto reciproco, ma senza impegno, senza tormenti o chiusure, a noi piace il cazzo ma ogni tanto &egrave bello ritrovarci e darci piacere da noi stesse. Forse &egrave quasi amore, ma diverso.
Ora eravamo al terzo anno, con l’idea di scegliere la stessa specialistica l’anno dopo per restare ancora insieme. Però non ne avevamo la certezza, sapevamo che stava finendo il tempo della spensieratezza, che ci voleva qualcosa per ricordare, incorniciare quell’anno in cui avremmo abbandonato sicuramente la maggior parte degli amici e delle amiche con cui, a ogni modo, avevamo passato dei bei momenti e a cui ci eravamo affezionate.
Volevamo perdere l’ultima verginità, quella posteriore. Finora ci aveva trattenuto il timore e il fatto che eravamo appagate dei rapporti normali, però la curiosità restava e si faceva più intensa. In rete trovavi descrizioni entusiastiche e orripilanti, non sapevi a chi credere e non ci andava di ‘regalarlo’ ai nostri attuali ragazzi solo perché quei porcelli ce lo chiedevano (e anche spesso). Doveva anche questa essere una cosa ponderata, dovevamo ‘essere pronte’.
L’occasione ce la fornì proprio l’università, con uno stage 24H multi-indirizzo in cui conoscemmo un ragazzo molto carino. Ci eravamo informate su di lui. Lo descrivevano gentile, disponibile, premuroso, le confidenze -intime- dicevano che era bravo, attento alla partner, un ragazzo da ‘provare’. Avendo perso due anni era più grande di noi pur essendo ancora al terzo anno come noi..
Non sto a raccontare le discussioni e le pianificazioni, e l’approccio di Marisol in mensa. A lei, la più bella tra noi a giudizio unanime, era toccato il primo contatto con Massimo, questo il nome del ragazzo. La vidi tornare tutta eccitata, c’era riuscita, la sera dopo si sarebbero incontrati nell’appartamentino che dividevamo io e Marisol. La sorpresa era che Massimo non sapeva nulla di me, pensava solo di aver fatto colpo su lei e si pregustava l’avventura, non sapendo cosa lo attendesse.
Io e Mari ci eravamo messe in libertà, per non dire che eravamo nude o quasi, e attendavamo l’arrivo di Massimo. Poco prima delle 21 sentimmo suonare e io corsi a rifugiarmi in bagno. Sentii aprire la porta e un bisbiglio, poi la porta chiudersi, i passi venire verso la camera da letto e più niente. Attesi qualche istante e sbirciai dallo spiraglio della porta vedendo Marisol in ginocchio sul letto abbracciare e baciare Massimo ancora in piedi. Il bacio si faceva sempre più rovente e vedevo le mani di lui sulle tette di lei farsi sempre più pressanti, fino a toglierle il reggi e massaggiarle a piene mani. Lei non era rimasta indifferente e strofinava la mano sul suo pacco che, alla luce delle due abat-jour vedevo farsi più grande. Velocemente lui si tolse la maglietta rimanendo a torso nudo, esponendo un bel fisico, mentre era lei che brigava per slacciargli la cintura. Ancora pochi istanti e gli abiti volarono per terra e, entrambi nudi, si distesero sul lettone matrimoniale.
Marisol iniziava a sospirare, grazie anche a Massimo che con la mano era andato a impadronirsi della sua fichetta strofinandola per bene. Poco dopo cambiarono posizione, lui era disteso e lei, in ginocchio tra le sue gambe, stava iniziando a leccarglielo. Era il mio momento. Mi tolsi quel poco che avevo addosso e entrai nella stanza. Massimo era a occhi chiusi e non mi vide avvicinarmi, accucciarmi di lato e andare a contendere a Marisol il gustoso boccone. Se ne accorse subito dopo perché era impossibile non notare che ora erano due le lingue che lo leccavano, quattro le mani che lo accarezzavano.
– Ma che”.. ‘
lo sentimmo dire mentre apriva gli occhi e alzava la testa.
– Sssshhhhhh, zitto, ti vogliamo tutte e due ‘
gli disse Marisol salendo a baciarlo mentre io mi affondavo in bocca il suo cazzo. Era bello, lungo, grosso e soprattutto duro, forse non uno dei più grandi che avevo preso ma di buone proporzioni. Rabbrividii pensando a quando mi sarebbe entrato dentro e ripresi a succhiarlo con foga.
– Te la senti di soddisfarci entrambe? ‘
chiese Marisol, le tette appoggiate al suo petto, spiluccando baci a fior di lingua.
– E’ una sorpresa meravigliosa, non pensavo”.. –
– Avrai altre sorprese dopo, tu pensa solo a resistere perché non abbiamo intenzione di finire tanto presto –
– Tranquilla, non ve ne pentirete –
Dopo questo scambio verbale tra lei e Massimo, Mari scese ancora giù e io gli cedetti il palo, volevo sentire come baciava, e non fui delusa. Era dolce, mai irruento, e con la mano era andato subito sulla mia patata dandomi sensazioni paradisiache.
Forse restammo così dieci minuti quando Mari decise di cambiare.
– Basta! Lo voglio dentro –
Si mise a cavalcioni e pian piano se lo introdusse. Rimasi affascinata da quello spettacolo, scese lentamente fino a averlo tutto dentro, emettendo allora un sospiro di soddisfazione. Mosse il bacino avanti e indietro, per sentirlo meglio, e cominciò a mugolare. Facendo forza sulle ginocchia ora saliva e scendeva, accelerando via via il ritmo. Ebbi un’idea e mi alzai mettendomi sopra Massimo, la patatina a portata della sua bocca. Rivolta verso i piedi ora potevo abbracciare e baciare Mari che sentivo sempre più eccitata. Con la mano scesi a stimolarle il clito e un primo forte orgasmo la scosse tutta lasciandola immobile, il cazzo tutto dentro, a tremare con la lingua dentro la mia bocca.
La sua eccitazione ora era passata a me. La strattonai per farla scendere e gioii vedendo il Palo di Massimo ancora bello teso, luccicante degli umori di Marisol. Mi distesi sopra il letto, la mia posizione preferita &egrave quella del missionario, e lo tirai per un braccio. Capì e subito mi fu sopra per penetrarmi. Sentii la punta bussare piano all’ingresso della vagina e prendendo a piene mane i suoi glutei lo tirai forte a me incrociando le gambe dietro di lui.
Fu una sensazione magnifica, mi sentivo calda e bagnata, Massimo scivolava dentro e fuori agevolmente, con colpi a volte dolci a volte secchi con cui si piantava profondamente dentro di me. Non mi mancava molto quando lo sentii ansimare più forte, anche lui era vicino.
Fu Marisol a darci il colpo di grazia a entrambi. Era scivolata dietro di lui e sentivo la sua mano toccarmi quando Massimo affondava, gli stava accarezzando evidentemente i testicoli, poi, a un tratto, sentii un suo dito farsi strada in me nel buchino. Non faceva male, anzi, era piacevole, e la sensazione aggiuntiva unita al vedere la faccia di Mari che sorridente, gli occhi luccicanti di eccitazione, mi guardava da sopra la schiena del ragazzo, mi fece contorcere in un orgasmo improvviso aggrappata a lui con tutte le mie forze. La situazione, l’eccitazione mentale di tutta la giornata, le manovre di Massimo e Mari mi fecero sobbalzare sotto di lui come in preda a una crisi epilettica. L’orgasmo non salì lentamente come solito ma colpì improvviso, con la violenza di uno tsunami. Forse uno dei migliori orgasmi che io abbia mai avuto. E mentre sussultavo sentii un caldo getto invadermi. Anche Massimo era venuto, tutto dentro di me.
Rimanemmo abbracciati ancora alcuni istanti, la testa di Massimo appoggiata sul mio petto, la mia mano a stringere quella di Mari che nemmeno mi ero accorta di afferrare, Poi Massimo mi baciò dolcemente mormorando:
– Scusami, ti sono venuto dentro, non ce l’ho fatta a resistere, spero non ci siano problemi –
– Prendo la pillola, stai tranquillo – gli risposi ricambiando il bacio.
Ci sciogliemmo dall’abbraccio e spossati restammo tutti e tre distesi sul letto, Massimo in mezzo, per diversi minuti, senza parlare, solo un lieve contatto fisico tra i nostri corpi.
Dopo un po’ allungai una mano verso l’inguine di Massimo, incontrando la mano di Marisol che mi aveva preceduto. Insieme prendemmo a toccarlo sentendo che si stava risvegliando e insieme, straordinaria coincidenza, cambiammo posizione per omaggiarlo in altro modo. Le teste vicine, prendemmo a leccarlo, accogliendolo tra le labbra a turno, sino a riportarlo al suo massimo splendore. Ci guardammo io e Mari, e baciandola le dissi:
– Prima tu ‘
e mi alzai dal letto mentre Mari si metteva gattoni ancora intenta a succhiarlo.
Andai a prendere dalla borsa il lubrificante che ci eravamo premurate di acquistare e tornai sul letto, dietro di lei. Scesi con la bocca a leccarla, umettando di tanto in tanto il buchino, poi schizzai un’abbondante dose di lubrificante nel solco e cominciai il lavoro di preparazione vero e proprio.
Con l’indice sparsi il liquido concentrandomi sulla rosetta che forzai leggermente con la punta. Poiché non reagiva ancora spinsi più forte, vedendo la corolla aprirsi e accoglierlo; presi altro lubrificante e con il dito cercai di farlo entrare dentro, lavoro facile perché scivolò fino alla prima nocca senza problemi. Un leggero tremito di Marisol mi fece preoccupare e le chiesi se andava tutto bene. Avutane la conferma proseguii, questa volta infilai tutto il dito reso viscido e versando altro liquido lo mossi avanti e indietro. Scivolava bene, era quasi pronta, aggiunsi il dito medio all’indice e con l’altra mano andai a strofinarle il clito. La sentivo mugolare, la bocca piena, e quando la vidi muovere il bacino chiamai Massimo.
– Vieni qui, ora tocca a te –
Mi raggiunse sottraendosi con qualche difficoltà a Mari che non voleva smettere di succhiarlo e si mise in piedi in fondo al letto, quasi a portata. Tirai a me Marisol per posizionarla a tiro e attesi. Massimo se lo prese in mano e stava per penetrarla nella fichetta quando lo afferrai fermandolo.
– No, prendila nel culetto, &egrave vergine lì ma lo vuole –
Massimo rimase di stucco ma non fece una piega quando stringendolo lo avvicinai al buchino. Infilai ancora due dita dentro, per allargarlo bene, e poi le tolsi appoggiando all’ano il suo cazzo.
Massimo ebbe un’incertezza.
– Davvero vuoi? Sei sicura? –
– Si – rispose Marisol, – ma fai piano, non l’ho mai fatto –
Fui io a imprimere la prima spinta, tenendoglielo ben stretto in mano per paura che perdesse il controllo e entrasse tutto di colpo, ma Massimo fu bravo, servizievole, e attese le mie mosse, mentre già la cappella si era fatta strada e Marisol gemeva piano. Il buchino si era dilatato enormemente e stringeva nascondendo la testa di quel fungo che ora mi sembrava spropositato. Un brivido mi corse nella schiena pensando a Marisol che lo stava prendendo e a me che a breve l’avrei imitata. Tolsi la mano e Massimo proseguì da solo. Centimetro dopo centimetro, al rallentatore, vidi il cazzo sprofondare nel budello fino a che i peli del pube toccarono le chiappe.
Marisol emetteva un gemito roco, continuo. Volli sincerarmi delle sue condizioni.
– Va tutto bene? Ti fa male?-
– Solo un pochino, ma &egrave sopportabile. E’ una sensazione strana, mi sento piena, aperta. Massimo, muoviti un poco, ma piano –
E Massimo eseguì. Lo avevamo scelto bene, era delicato, attento. Lo tirò fuori per diversi centimetri e poi, sempre piano, lo infilò ancora fino in fondo. Ora pareva scorrere più facilmente, e volli aiutare Marisol. Passai la mano davanti e presi a stimolarle il clito, sentendo che si stava bagnando ancora.
– Siiiiiii – Urlò Marisol inarcando la schiena.
– Siiiii, &egrave bello, mi piace, mi piace. Più forte Massimo, più forte, fammelo sentire tutto –
La zoccoletta ci aveva preso gusto e mugolava, si muoveva con scatti improvvisi che parevano voler disarcionare Massimo il quale, invece, si era aggrappato alle reni e continuava la sua cavalcata facendola impazzire.
Marisol, urlò:
– Dammelo, dammelo. Tutto, fino in fondo, sto per godere. Dammelo DAMMELOOOOOOO!!! –
E si accasciò bocconi sul letto, trascinandosi dietro Massimo, il respiro peso, immobile mentre assaporava le ultime scosse del piacere.
– Vengo, sto venendo anche ioooooo. Ti riempio il culo, te lo riempio, GODOOOOOO –
E anche Massimo non poté resistere scaricandole il suo carico di sperma nell’intestino.
Io ero rimasta in ginocchio di fianco, una mano imprigionata sotto loro due, tra le cosce di Mari, mentre con l’altra mi masturbavo. Ero eccitatissima. Avevo visto quanto piacere aveva provato lei e non vedevo l’ora che fosse il mio turno.
Purtroppo Massimo era a terra, quando provai a scrollarlo si accasciò sul letto chiedendo di poter riprendere fiato. Si era comportato bene, ma aveva avuto due orgasmi a breve distanza, uno più intenso dell’altro e ora aveva bisogno di riposare. Un po’ stizzita mi recai in bagno per darmi una rinfrescata, che eravamo tutti e tre fradici di sudore, e avevo tristi pensieri sulla possibilità che Massimo non recuperasse in fretta. Un minuto dopo mi raggiunse Marisol, anche lei per rinfrescarsi, subito seguita da lui. Mari era luminosa in viso, sorrideva raggiante e mi baciò ringraziandomi.
Dopo le abluzioni tornammo sul letto, e ancora Massimo si mise tra di noi disteso. Vedevo il suo pene rimpicciolito riposare tristemente tra le sue gambe e meditavo cosa fare per aiutarlo a riprendere vigore. Me ne impossessai tra le labbra, piccolo, tenero, e cominciai a succhiarlo come un chupa-chupa. In breve diede segni di risveglio ma ancora non era pronto. Marisol venne a darmi una ‘.. lingua e entrambe lo lambivamo, una da una parte e una dall’altra, incrociandoci sulla punta a cui dedicavamo a turno veloci e profonde succhiate. Niente, Massimo sembrava spompato, e una mezza erezione non mi bastava. Con rabbia mi rialzai e mi tirai indietro, correndo con la mano alla mia patatina. Volevo un orgasmo a tutti i costi, anche se avessi dovuto fare da sola. Marisol comprese il mio stato d’animo e la situazione e trovò il modo di risolverla. Si alzò e fece alzare Massimo in piedi, mi fece posizionare distesa, con le gambe fuori dal letto, e mi venne sopra in posizione inversa, il classico 69.
– Guardaci! – disse a Massimo, e affondò la faccia tra le mie cosce per leccarmi.
La sua lingua mi diede subito altri brividi, era molto meglio che fare da sola. Stavo quasi per godere quando Mari andò a curiosare sulla mia rosetta. Mi allargava le natiche e le dava rapidi baci e colpi di lingua. Poi ci intrufolò un dito. Provai una piccola fitta subito dimenticata grazie all’azione della lingua. Presi a baciarla anche io, ripetendo su di lei ciò che mi faceva. Il dito ora era profondamente dentro il mio buchino, lo dilatava e la sensazione di fastidio che avevo provato era stata soppiantata da una sensazione nuova, quasi piacevole. Mari prese il flaconcino e cominciò a lubrificarmi, ora le dita erano due: Mi sentivo aperta, avvertivo il movimento delle dita e cominciava a piacermi, dei brividi mi partivano proprio da lì e si confondevano con il piacere che mi dava la sua bocca sulla fichetta.
Massimo era rimasto in piedi e, come mi raccontò poi Marisol, si era eccitato guardandoci lesbicare. Marisol lo prese in bocca per fargli raggiungere il massimo turgore e poi lo cosparse di olio puntandomelo sull’ano. Lo sentii premere e trattenni il fiato, cercai di rilassarmi il più possibile e lentamente lo sentii entrare. Era molto più grosso delle dita di Mari, mi sentivo riempire tutta ma non avvertivo dolore, era”.. strano ma piacevole, e Mari continuava a leccarmi.
Provai una fitta improvvisa che fece tornare indietro l’orgasmo che covavo da qualche minuto, ma Massimo interpretò bene il mio mugolio, avevo la faccia completamente affondata nella patatina di Mari, e si fermò un poco per poi riprendere a muoversi. Ripeté con me le mosse usate con Mari fino a che lo sentii scivolare agevolmente dentro e fuori, dentro e fuori. Mi stava piacendo e parecchio. Continuai a leccare e succhiare Mari, scopandola contemporaneamente nel retto con due dita, e anche lei non tardò a iniziare a mugolare. Ormai erano dieci minuti che Massimo mi inculava, stavo avvicinandomi nuovamente all’orgasmo e intensificavo le mie manovre su Marisol la quale a sua volta gemeva più frequentemente, sempre la faccia affondata nella mia fichetta.
A un tratto Massimo prese a sbattermi forte, con violenza, stava per avere il suo terzo orgasmo. I suoi colpi mi fecero partire. Sentii come una scossa partirmi dall’ano e viaggiare lungo la colonna vertebrale fino al cervello. Liberavo la bocca per gridare, mi agitavo, e poi riaffondavo la lingua nella fichetta di Marisol, non capivo più niente. Fu un orgasmo lungo e potente che mi sconvolse fin quasi a farmi perdere i sensi e mi scoppiò dentro proprio mentre sentivo Marisol venire a sua volta riempiendomi la bocca dei suoi succhi che bevvi e leccai come impazzita.
Non sentii nemmeno Massimo godere dentro di me, ero ormai fuori dalla realtà, abbandonata sul letto come morta. Con entrambi sopra faticavo quasi a respirare, ma non mi importava, assaporavo ancora le sensazioni fortissime che avevano saputo darmi.
Crollai in un sonno profondo da cui mi risvegliai la mattina dopo, sotto le coperte, abbracciata a Marisol che si svegliò sentendomi muovere. Con un sorriso mi disse:
– Buongiorno – dandomi un bacio.
Mentre ci facevamo la doccia, prima di andare in facoltà, mi raccontò brevemente di come lei e Massimo mi avessero messo a letto e di come lui se ne fosse andato subito dopo. Espressi il mio pensiero abbracciandola e parlandole all’orecchio:
– Non avevo mai goduto così tanto, grazie, grazie grazie, sei stata, anzi siete stati fantastici, e questa volta l’abbiamo fatto insieme –
Marisol mi fece uno dei suoi sorrisi smaglianti e mi rispose:
– Sì, e potrà continuare ancora se lo vogliamo –
Ci trovammo ancora con Massimo tre o quattro volte, la notte, e scopammo tutti e tre fino all’alba ripetendo ciò che avevamo appena imparato e prendendo sempre più gusto alla penetrazione posteriore. Il povero Massimo divenne un po’ pallido, in effetti io e Mari facevamo a gara a prosciugarlo e nonostante il fisico d’atleta iniziava a accusare le fatiche notturne e il poco sonno. Poi lo lasciammo perdere, avevamo ottenuto quel che volevamo e capì presto, dalle nostre scuse o dalle mancate risposte, che non era più il caso.
Comunque sia, ci iscrivemmo alla specialistica ancora insieme e questo ci permise di sperimentare un’ulteriore prima volta, non pianificata ma ben accetta a entrambe.
I nostri ragazzi si dimostravano noiosi, abitudinari nel fine settimana: uscita con gli amici, serata in qualche locale o disco, pompino o scopata e poi tutti a casa che il giorno dopo c’era la partita della squadra del cuore. Sia io che Mari ci stavamo stancando, sentivamo un po’ di stress per gli esami e quando ci si presentò l’occasione la prendemmo al volo. Fu ancora Massimo la causa, ce lo trovammo in mensa per caso, eravamo annoiate e fu facile accordarsi per un pomeriggio insieme, bastò uno sguardo tra me e Mari per accondiscendere alla sua proposta. Così il venerdì successivo ci facemmo trovare in gran spolvero alla fermata del bus dove ci caricò sulla sua Corsa e ci recammo a un villino fuori città che avevano i suoi genitori.
Pregustavamo una sana scopata rilassante quando incontrammo dei problemi.
Avevamo appena parcheggiato davanti al villino quando vedemmo arrivare un’altra auto guidata da una ragazza con un ragazzo sul sedile del passeggero. Scesero e scoprimmo che Massimo aveva un fratello, Andrea, che aveva avuto la nostra stessa idea e era arrivato lì con la sua morosa per stare un po’ insieme. Il dispiacere dell’incontro si leggeva su tutti i nostri volti per l’occasione andata persa ma la ragazza di Andrea si dimostrò più incazzata che dispiaciuta poiché con fare proprio da stronza salutò tutti dicendo che Andrea poteva tornare con noi e salita in macchina si allontanò. Grave errore da parte sua, ma ancora non lo sapevamo nemmeno noi.
Alla fine entrammo tutti e quattro, un pochino in imbarazzo per la situazione, Andrea per essere il quarto incomodo e Massimo per essere stato sorpreso in una situazione non proprio normale dal fratello ma soprattutto dalla di lui ragazza che avrebbe potuto parlarne con la sua morosa.
Anche io e Marisol eravamo un pochino incavolate, avevamo bisogno di rilassarci e sembrava dovesse andare tutto all’aria. Ci allontanammo per andare in bagno e lì parlammo brevemente, nessuna delle due voleva rinunciare e l’idea si fece strada nelle nostre teste.
– In fondo Andrea non &egrave male, anzi forse &egrave persino più bello di Massimo, che ne dici Anna? Sarebbe la prima volta che scopiamo insieme con due ragazzi, e ce li potremmo anche scambiare”’. –
La proposta di Marisol mi trovò senz’altro d’accordo e rientrammo nella sala sentendo i due che stavano quasi alzando il tono.
– Ma vaffanculo, proprio oggi dovevi””’. –
Andrea si bloccò vedendoci entrare. Marisol andò subito verso di lui prendendolo sottobraccio.
– State tranquilli, tutto &egrave rimediabile. Massimo, non ci avevi detto che avevi un fratello più figo di te” –
Nel dirlo Mari si era stretta a lui facendogli sentire la morbidezza del seno sul braccio. Io intanto ero andata verso Massimo abbracciandolo a mia volta per tenere bordone a Marisol in quello che prometteva di diventare un gioco interessante.
– Carino &egrave carino Mari, ma non più di Massimo, e poi bisogna vedere se &egrave altrettanto’.. in gamba –
e la mia mano agguantò il pacco di Massimo sentendolo ancora molle dentro i jeans.
Mari proseguì nella nostra scena mettendo anche lei una mano tra le gambe di Andrea e stringendo piano.
– Quel che sento non pare in ottima forma ma promette bene, forse bisognerebbe aiutarli Anna –
– Beh, un accenno di reazione c’&egrave, solo un accenno, mi sa che dovremo lavorare parecchio io e te Mari, che proponi? –
– Non saprei, forse &egrave meglio inquadrare bene prima la situazione –
e strizzandomi l’occhio si portò davanti a Andrea tirandogli giù i calzoni che si afflosciarono sulle caviglie. Io la imitai sciogliendo la cintura e aprendo la zip di Massimo.
Ora entrambi i ragazzi erano in slip con me e Mari che palpavamo a piene mani i loro inguini sentendo risvegliarsi i loro sessi. Io abbassai lo slip e presi in mano il cazzo di Massimo. Lo conoscevo già e lo ricordavo bene, mi bastarono pochi colpi di mano per renderlo duro. Di lato vidi Mari che faceva la stessa cosa con Andrea, questi aveva un cazzo più corto, ma recuperava in larghezza perché la mano di Mari non arrivava a cingerlo completamente. I fratelli erano entrambi sorpresi ma non tardarono a rilassarsi e godersi prima la sega e poi il pompino che io e Mari, in ginocchio, prendemmo in simultanea a fare.
Li succhiammo per qualche minuto per poi scambiarceli. Il cazzo di Andrea entrava a malapena nella mia boccuccia, non riuscivo a ingoiare molto più della cappella e a questa dedicai il meglio della mia lingua leccando frenulo e punta, corona e buchino, succhiando forte fino a sentirlo gemere.
Mi alzai e spinsi Andrea verso il divano facendolo sedere e sedendomi io sopra di lui, faccia a faccia. Faticai un po’ a farlo entrare nella mia fighetta, forse era il cazzo più largo che avessi mai preso. ci riuscii sentendomi riempita completamente Mentre Mari ripeteva le mie mosse con Massimo. Ora eravamo fianco a fianco, moderne amazzoni intente a cavalcare due destrieri sgroppanti. A ogni colpo di reni di Andrea sentivo la mia fighetta adattarsi meglio fino a che non ebbe piena libertà di movimenti. Tra gemiti e gridolini Marisol si sporse verso di me per baciarmi, l’abbracciai stringendola forte. Mentre si ritraeva vidi nei suoi occhi una luce furbetta che avevo imparato a associare a qualche idea libidinosa, non vi feci caso continuando a cavalcare Andrea e assaporando le sensazioni che la sua mazza mi procurava.
Notai che di fianco non c’erano più né Massimo né Marisol solo quando sentii una mano spingermi la schiena per farmi piegare in avanti. Non opposi resistenza e andai a baciare Andrea quando avvertii la voce di Mari al mio orecchio. Era china su di noi per sussurrarmi:
– Rilassati, voglio vederti impazzire –
Compresi subito cosa intendesse perché Massimo aveva puntato il suo cazzo sul mio buchino e stava spingendo piano. Andrea si immobilizzò, saldamente piantato dentro di me, per agevolarlo. Sentii Massimo farsi strada in me e avvertii dolore. Forse mi sarei ribellata se Marisol non mi avesse tirata a se baciandomi.
Con molta cautela Massimo entrò in me, forse per una metà, rimanendo fermo per permettermi di adattarmi alla sua presenza. Mi tirò a se rialzandomi dal petto di Andrea e impadronendosi dei miei seni. Mari allungò la mano tra i nostri corpi e prese a sgrillettarmi con foga. Bastò questo a farmi dimenticare il dolore e il timore. Cominciai a godere. La sensazione nuova di sentirmi piena dappertutto prese possesso di me mentre Massimo e Andrea cominciavano a muoversi. All’inizio erano impacciati e faticavano a sincronizzarsi ma ben presto si coordinarono nei movimenti e io uscii fuori di testa. Godevo incessantemente sentendo il cazzo di Andrea riempirmi completamente la vagina e quello di Massimo correre allegramente, e ora liberamente, nel mio intestino. Urlai, urlai a ripetizione. Sentii come una mano stringermi forte il ventre, una scarica elettrica partirmi dalla schiena e venni, venni e venni ancora tra le mani dei miei compagni di giochi.
Andrea e Massimo attesero che mi fossi ripresa per cercare di prendere il loro piacere ma ora toccava a Marisol, volevo che anche lei provasse quel che avevo provato io poco prima.
Dissi loro di liberarmi e vidi Andrea fare una smorfia. Immagino anche Massimo la fece ma si tolse subito ubbidendo ai miei desideri. Mi sfilai da Andrea e abbraccia Marisol baciandola e abbracciandola. Mentre lo facevo tirai Massimo fino a farlo sedere sul divano. Il suo cazzo svettava in piena erezione. Presi Marisol e la condussi da lui facendola salire in piedi sul divano dandogli la schiena. Impugnai lo scettro di Massimo e tirai giù Mari, mi assecondò senza dir nulla, aveva capito. Imboccai il cazzo di Massimo per riempirlo di saliva e poi ben lubrificato lo puntai sul buchino di Mari. Lo feci entrare piano, volevo evitarle anche il più piccolo dolore. Le sfuggì un lieve sospiro ma lo accolse, lentamente, sino in fondo. Lasciai la presa e mi tuffai con la lingua sulla sua fighetta per eccitarla di più e farle dimenticare la presenza ingombrante nel culetto. Bastarono poche slinguate per sentirla gemere. Presi in bocca il clitoride succhiandolo e Mari mi incitò a proseguire, stava cominciando a godere. Massimo con tempismo perfetto cominciò a muoversi piano e Mari urlò:
– Si si SIIIIIII, dai muoviti, muoviti, che bello, aahhhhhhh –
Non era finita, ora occorreva completare il quadro. Abbandonai la fighetta di Mari alle mani di Massimo e mi occupai di Andrea che era rimasto a guardare, cazzo al vento. Lo imboccai, ancora con fatica, leccandolo e succhiandolo per fargli raggiungere il pieno turgore e poi lo feci alzare dal divano. Non ebbe bisogno di spiegazioni su cosa fare, si posizionò tra le gambe di Mari spalancandole e puntò il suo arnese sulla fighetta. Entrò con difficoltà, per quanto lei fosse bagnata la circonferenza era notevole. Sentii Mari trattenere il respiro e la vidi poi abbracciare Andrea ricevendo con gioia i suoi colpi. Ora si muovevano tutti e tre all’unisono come con me poco prima. Guardandoli non potei fare a meno di portare la mano al mio clitoride e mentre Marisol si godeva la sua doppia penetrazione mi masturbai velocemente raggiungendo un nuovo orgasmo, subito prima di sentire Mari urlare il suo piacere insieme a Andrea. Massimo data la posizione ci mise un po’ più di tempo ma presto si unì alle grida riempiendo di seme caldo l’intestino di Mari che già aveva ricevuto nella vagina quello di Andrea.
Si sciolsero dall’abbraccio e e noi ragazze li precedemmo alla doccia. Mentre l’acqua ci cadeva addosso abbracciai Marisol e la baciai.
– Ti amo Mari, ti amo tanto – sentii le mie parole uscire senza volontà e mi accorsi che era vero. Sì, io amavo Marisol, l’avevo sempre amata.
– Ti amo anche io Anna – mi rispose, e sapevo che era sincera. Ci baciammo ancora.

Questa fu un’altra delle mie prime volte insieme a Marisol, non l’ultima perché anni dopo”
L’amore tra me e Marisol, ora pienamente consapevole, colorò e rese felici gli anni di università insieme. Dividevamo con un’altra ragazza un appartamentino con due camere da letto. Naturalmente io e Mari prendemmo quella con letto matrimoniale, e quel materasso ci vide spesso abbracciate prima del sonno dopo una dura giornata di studio. Non che ci facessimo mancare qualche avventura, eravamo tornate entrambe single, ma il più delle volte non sentivamo il bisogno di una presenza maschile, prese come eravamo dagli impegni di facoltà e da noi stesse.
Poi successe che ci innamorammo entrambe, io di un compagno di studi, Carlo, e Mari di un docente di quindici anni più anziano, Ernesto, divorziato da poco. Mancava un anno alla laurea e pur continuando a dividere l’appartamento, il letto e qualche abbraccio sporadico, le nostre strade iniziarono a dividersi perché era impossibile frequentarsi in quattro.
Alla fine ci laureammo e io m’impiegai subito presso una grossa azienda con sede nella nostra città mentre Mari seguì Ernesto negli States per frequentare un master nella stessa università dove andò a insegnare lui.
Entrambe ci sposammo a pochi mesi di distanza l’una dall’altra. Ci tenemmo in contatto molto spesso i primi tempi, grazie a Skype, ma poi, prese dalla quotidianità, diradammo i contatti sino a sentirci solo per le festività e per avvenimenti importanti, come furono i nostri divorzi.
Mi trovavo ora a essere una donna in carriera, più che trentenne, ancora bella a detta di tutti. Non avevo legami fissi, solo qualche avventura di tanto in tanto con un uomo che mi piaceva particolarmente in quel periodo.
Fu una vera sorpresa vedermi giungere in ufficio Marisol. Era rientrata per un periodo di ferie (lavorava per una grossa organizzazione americana) di sei settimane e, preda della nostalgia, voleva rivedere le persone e i luoghi che aveva lasciato. Ovvio che la prima fossi io subito dopo i genitori.
Senza esitazioni uscii prima dal lavoro e con lei passammo alcune ore tra giri in macchina, aperitivo e cena, a raccontarci particolari e aneddoti delle nostre vite. Un aggiornamento intensivo. Quando fu il momento di andare a dormire insistetti perché venisse da me così da continuare a parlare.
Era bello rivederla, aveva qualche chilo in più ma nei posti giusti, il fisico era tonico (tanta palestra mi raccontò) e, se possibile, era più bella ora che dieci anni prima.
Quando fummo a casa ci mettemmo in libertà e stravaccate sul divano, un bicchiere di vino bianco in mano, continuammo la conversazione finendo naturalmente sul sesso. Anche lei dopo il divorzio non aveva avuto storie serie, l’unica, forse, con una collega che poi si era trasferita in un altro stato. Le confidenze si fecero più intime e vidi ancora nei suoi occhi la luce ‘furbetta’ che avevo imparato a conoscere bene. Anche io mi sentivo eccitata e fu naturale, spontaneo, avvicinarmi a lei e baciarla. Non si fece pregare per contraccambiarmi e per alcuni minuti le nostre bocche rimasero saldate in un bacio lento, tenero, umido.
Da quando era partita non avevo più avuto esperienze saffiche ma con lei tutto mi sembrava pacifico, normale. Tenendoci per mano ci recammo nella stanza da letto, ci spogliammo completamente e riprendemmo a baciarci distese l’una di fianco all’altra.
Sentii la sua mano coprire la mia micina, un dito curioso spingersi dentro lentamente e mi affrettai a ricambiare. La masturbazione reciproca fece salire il tasso erotico, non ci bastava più. Ci guardammo negli occhi e la vecchia complicità riaffiorò perché simultaneamente ci muovemmo per stenderci in posizione inversa. Ora avevo la sua fighetta davanti ai miei occhi. Allungai la lingua per risentire ancora quel sapore che mai avevo dimenticato e poi sprofondai in lei con bocca, lingua e naso, quasi a voler entrare con la testa. Mari afferrò il mio clitoride tra le labbra per suggerlo e ben presto partii verso un orgasmo stellare. Ancora una volta godemmo insieme, bagnando ognuna il viso dell’altra, dissetandoci a quella fonte che ben conoscevamo.
Placato il primo istinto ci mettemmo comode, abbracciate, e riprendemmo a parlare. Ora l’argomento era la nostra infanzia, gli aneddoti passati, sempre e soprattutto sul sesso.
Entrambe avevamo nostalgia delle cose fatte insieme e mi balenò l’idea per un’ulteriore ‘pazzia’ da fare.
Io e Carlo poco prima del divorzio, per ravvivare un rapporto ormai stanco, avevamo frequentato per un periodo un club di scambisti nella città vicina. Nel priv&egrave, mascherati, ne avevamo combinate di ogni. Proposi la cosa a Mari e lei accettò entusiasticamente, con le mascherine nessuno ci avrebbe riconosciuto e avremmo potuto lasciarci andare come un tempo al godimento più sfrenato.
La sera dopo con la sua auto a noleggio, agghindate ‘da battaglia’ con abitini corti e leggeri, senza intimo, ci recammo a Xxxxxx. Nel parcheggio del locale notammo già un certo numero di auto. Indossammo le mascherine e ci presentammo all’ingresso. Il Boy di guardia non ci fece problemi, eravamo donne, e quindi entravamo gratis, eravamo sole, e quindi più che ben accette, e eravamo belle. Un mix da favola per quel genere di posti.
Al bar ci sedemmo mentre ci guardavamo intorno.
Le nostre cosce al vento non passavano inosservate su quegli alti sgabelli e più di un uomo cercò di avvicinarci. Non demmo confidenza a nessuno, era ancora troppo presto, ma in compenso ci trovammo con diversi drink offerti che consumammo pian piano.
– Accidenti Anna, mi sto eccitando, ci sono dei bei fusti, e anche giovani. Ci divertiremo un sacco –
Quando l’alcool iniziò a fare effetto la presi per mano e insieme ci recammo verso una porta sul fondo. Sapevo che dietro c’erano diversi ambienti con luci soffuse e la dark room. Proprio da quella volevo cominciare. Nell’anticamera mi spogliai, facile da farsi, dovevo solo sfilarmi l’abito, e invitai Mari a fare altrettanto. Riponemmo gli abiti nell’armadietto e restammo completamente nude, a parte le mascherine e la chiave legata al mio polso. Marisol titubò un attimo:
– Anna, e se al buio ci capita quel ciccione che abbiamo visto là fuori? Brrrr, mi fa senso solo a pensarlo –
– Non devi pensarci, &egrave come una roulette, lì siamo solo corpi che si scambiano piacere. Per un ciccione che potrebbe scoparti ci sono tanti bei ragazzi con cui dimenticarlo -.
Non era del tutto convinta ma non oppose resistenza quando la presi per mano e la tirai dietro di me entrando nella dark room attraverso il compartimento apposito. L’ambiente come lo ricordavo non era totalmente buio, pochi neon offuscati strategicamente posti delineavano le silhouette scure senza permettere di riconoscere nessuno. Il pavimento imbottito, come le pareti, era come un letto gigantesco dove già una decina di figure si muovevano. Si sentivano sospiri, gemiti, voci roche manifestare piacere.
Scelto un angolino abbracciai Mari, la baciai e attesi”.non fu per molto. Una mano mi si appoggiò all’anca, una figura aderì alle mie spalle. Non era un uomo, stranamente la prima persona fu una donna, avvertivo i seni, grossi, appoggiati alla mia schiena mentre due labbra mi baciavano il collo e una mano, da dietro, mi andava a cercare la micina per sollecitarla. Allungai una mano dietro afferrando una natica che sentii soda, con l’altra andai a cercare la micina di Mari. La trovai occupata da una mano grande, chiaramente maschile. Gliela lasciai per cercarle il seno e tormentarle il capezzolo. Mari mugolò nella mia bocca, non era insensibile a ciò che le stavano facendo. La donna dietro di me mi spinse sulle scapole per farmi chinare in avanti e, inginocchiatasi, sostituì le dita con la lingua. Era calda, carezzevole, non disdegnava di passare sul mio buchino, irrigidendosi e cercando di penetralo a mò di cazzetto. Mi stava cominciando a piacere. Mari mi fu strappata con dolce violenza e il suo posto preso da una bocca che identificai come maschile. Era irruento, la sua lingua sembrava un esercito invasore teso alla conquista della mia bocca, che lieta si arrendeva accogliendola e succhiandola. Una mano dietro la nuca mi impose di chinarmi ancora in avanti; sbattei la faccia con il suo membro e mi affrettai a afferrarlo. Era ben dotato. Con un sospiro di piacere lo fagocitai iniziando a succhiarlo mentre la donna dietro di me ora mi leccava avidamente la micina e con un dito s’introduceva nel buchino per stimolarmi maggiormente. Era brava, mi stava facendo godere e volli ricambiarla. Staccai la bocca dal cazzo che stavo succhiando e mi rialzai. Tacitai le proteste dell’uomo sussurrandogli all’orecchio di stendersi, poi mi girai e feci alzare la donna. La sua bocca sapeva di me. Sempre baciandola me la tirai addosso mentre indietreggiavo, allargando le gambe per trovarmi sopra l’uomo. Reggendomi a lei scesi con il bacino fino a trovarmi nella posizione giusta, glielo afferrai e me lo puntai alla micina scendendo ancora per farmi penetrare. Sì, era proprio ben dotato, lo sentivo riempirmi bene. Tirai ancora a me la donna e la feci mettere davanti a me, il suo sesso a portata della mia lingua. Tenendomi alle sue anche cercai di sincronizzare il movimento su e giù del mio bacino con quello della lingua nella sua micina. Dei gemiti da entrambe le parti mi fecero capire che stavo facendo bene. Mi godetti l’amplesso. L’uomo presto mi afferrò per i fianchi prendendo a alzarsi per venirmi incontro e penetrarmi completamente, io leccavo lei e agitavo il bacino su di lui. Presto i gemiti della donna divennero urla e mentre godeva bagnandomi tutta la faccia le ficcai profondamente l’indice nell’ano sentendo le contrazioni del suo orgasmo stringermelo spasmodicamente. L’uomo stava arrivando anche lui mentre io ero ancora abbastanza lontana dall’orgasmo. Sveltamente mi tolsi da sopra lui, afferrai lei costringendola a inginocchiarsi di fianco a me e tenendola per la testa la costrinsi a imboccare quel cazzo che stava per sborrare. Pochi istanti, nella mano che lo stringeva sentii i fremiti premonitori e lo tolsi dalla bocca di lei per ingoiarlo io. Uno, due spruzzi violenti mi colpirono l’ugola. Ingoiai il primo e col secondo ancora in bocca costrinsi lei a prendere gli ultimi getti, gli ultimi sussulti. Il pene ora stava perdendo il suo vigore, lei lo lasciò e io la baciai, scambiandoci saliva e sperma insieme.
Mi alzai e cercando di non calpestare nessuno andai verso dove avevo lasciato Marisol. C’era una coppia a terra, lui la scopava alla pecorina. Mi abbassai e riconobbi gli urletti di Mari, li conoscevo bene. M’impossessai della sua bocca e mentre lei godeva travasai quel po’ di sperma che ancora avevo in me impastandolo con la sua saliva tra le nostre lingue guizzanti.
Attesi che si spegnessero gli ultimi sussulti del suo orgasmo e, tirandola per un braccio, la sottrassi all’abbraccio dell’uomo incurante delle sue proteste.
La portai verso l’uscita e la sorressi nel suo passo ancora incerto. La condussi alla toilette per una veloce rinfrescata,
– Mari, come ti senti? –
– Benissimo, non avevo mai fatto una cosa del genere e ero curiosa. Ho goduto tantissimo. Ma perché siamo uscite? –
– Perché il bello viene ora, la dark era solo per riscaldarci. Lì le mascherine non servivano, adesso devi fare ben attenzione a non perderla perché dove andiamo le luci ci sono anche se soffuse. Ci sono degli ambienti qui chiusi da una tendina di perline, chi sta fuori può solo guardare, chi entra &egrave solo se gli occupanti sono d’accordo. Scegli tu con chi stare. –
Prendemmo un piccolo corridoio che aveva quattro aperture, due per lato, le quali davano accesso a tre piccole stanze e una quarta molto più grande. La prima era proprio questa. Passando vedemmo che davanti c’erano diverse persone tra cui il ciccione visto prima e una signora, probabilmente sua moglie, un po’ avanti con gli anni, i seni un po’ cadenti ma tutto sommato ancora bella. Sbirciammo vedendo che dentro c’erano forse una quindicina di persone ambosessi prese a accoppiarsi nei modi più disparati. Proseguimmo. Il ciccione ci guardò speranzoso ma non lo degnammo di uno sguardo. Altri due ambienti erano occupati da gruppi di 3-5 persone, sempre con qualcuno a guardare, e solo l’ultimo era libero. Feci entrare Marisol e la bloccai facendola girare appena entrata.
– Ora scegliamo, tienimi la mano e stringimela se sei d’accordo sulla mia scelta –
Con un gesto chiamai un bel ragazzo, mascherato come tutti, che stava nel corridoio. Si avvicinò e lo squadrai per bene. Spalle larghe, fisico asciutto, doveva avere 25 anni, l’uccello era moscio ma prometteva bene. Sentii Marisol stringermi la mano e gli feci cenno d’entrare. Con lo stesso sistema ne scelsi altri due e sempre Mari approvò. A quel punto entrai anche io e subito gente si assiepò dietro la tendina. Sapevo che non avrebbero mai osato entrare senza permesso e non m’interessava se guardavano.
Ora eravamo tutti e cinque in piedi, vicini a un letto circolare. Pareva fossimo tutti timidi ma il primo che avevo scelto, un bel moretto, ruppe il ghiaccio avvicinandosi a Mari per baciarla e accarezzarle il seno. Mari accettò l’omaggio e rispose mentre gli altri due la circondavano prendendo a carezzarla.
Eh no, proprio non ci tenevo a rimanere in disparte. Mi accostai alle spalle del moretto appoggiandogli le tette sulla schiena e con la mano raggiunsi il suo uccello. Si stava ergendo e lo segai mentre lui leccava il seno a Mari. Ora era in piena erezione. Non mi ero sbagliata, era di una buona dimensione e durissimo. Mi inginocchiai e glielo presi in bocca. Non avevo fretta, lo succhiai brevemente e poi mi dedicai a un lavoro -in punta di lingua- tutto intorno alla cappella stuzzicandolo. Lo leccai per bene, scendendo sino ai testicoli e poi risalendo, picchiettando la punta e infine imboccandolo per cercare di farmelo arrivare fino in fondo alla gola. Apprezzava. Anche con la musica di sottofondo lo sentii gemere. Mi mise le mani intorno alla testa e temetti che volesse concludere così ma aveva ben altre intenzioni.
– Ora tocca a te – mi disse dopo avermi fatto alzare per condurmi al letto dove mi fece sdraiare con le gambe fuori dal bordo. Si inginocchiò tra le mie cosce aperte e prese a leccarmi la micina.
Sapeva come fare, si dedicava principalmente alle labbra usando le dita per sollecitare il clitoride. Ogni tanto irrigidiva la lingua penetrandomi fin dove poteva. Cominciai a eccitarmi.
Girando la testa vidi Mari che si era distesa come me sul letto, mentre uno la leccava nella mia stessa posizione lei spompinava l’altro. L’eccitazione crebbe e aiutai con la mano il mio moretto, che nel frattempo mi era scivolato sopra cercando di penetrarmi, accogliendolo volentieri dentro di me.
Scopava bene, senza fretta e nel contempo mi leccava e mordicchiava i capezzoli.
Cominciai a godere e a incitarlo a sbattermi sempre più forte. La stanza si riempì di gemiti e urla mentre diverse persone dall’altra parte della tenda ci guardavano masturbandosi. Mi venne voglia di cambiare. Bloccai il mio moretto con le mani e riuscii a fargli capire che volevo salire io sopra. Accondiscese di buon grado e ora ero io a muovermi su di lui galoppando a briglia sciolta, ma non era ancora ciò che volevo. Allungai la mano per tirare a me quello che, in piedi sul letto, si stava facendo spompinare da Marisol, scopata a pecorina dall’altro. Lo tirai con forza verso di me, la mia schiena. Non tardò a capire cosa volessi e mentre mi chinavo sul petto del moretto si posizionò alle mie spalle puntandomi il cazzo sul buchino. Non fu tanto semplice, riempita nella micina dal moretto il mio buchino stentava a lasciar passare l’arnese del tipo. Provai anche una piccola fitta di dolore quando spinse con più forza riuscendo a far entrare la cappella. All’improvviso mi sentii piena, riempita dappertutto dai due, non badai più al piccolo dolore ma sentii solo crescere il godimento, un piacere che mi partiva dal ventre e mi arrivava alla testa facendomela girare.
Sentii un colpo sul viso, come uno schiaffo, e proprio di uno schiaffo si trattava perché il terzo tipo aveva smesso di scopare Marisol e ora era davanti a me, con il suo coso che mi aveva urtato la guancia. Mi impadronii subito del suo affare ficcandomelo in bocca. Ora ero veramente piena dappertutto, il piacere sottile dello spettacolo che sapevo stavo dando si mescolava all’azione sapiente dei due che mi scopavano. Gemetti a bocca piena. Mancava veramente poco e mentre Marisol, che si era messa lì vicino masturbandosi, con una mano s’impadroniva del mio capezzolo sinistro stringendolo e stimolandolo partii per la tangente. M’inarcai con violenza spingendo indietro per accogliere nella micia e nel culo quanto più cazzo dei due potevo e se pur imbavagliata dal pene del terzo urlai, urlai di godimento muovendomi come una bambola disarticolata. Mancò poco che mi strozzassi quando il tipo, senza preavviso, mi godette in bocca sparandomi il suo seme direttamente in gola. Riuscii a togliermelo tossendo e ricevendo due o tre schizzi in piena faccia, ma non appena ripresami me lo riaffondai in bocca succhiandolo per togliergli via ogni stilla del suo piacere.
Marisol era eccitata come mai l’avevo vista. Praticamente mi strappò via il tizio che ancora m’inculava per tirarselo addosso e farsi scopare. Anche lei come me prima fece in modo di girarsi e cavalcarlo. Il moretto fece per alzarsi, ancora dentro di me, e mi affrettai a togliermi per permettergli di accostarsi alla schiena di Mari. Fui io a afferrargli l’uccello e puntarlo sulla rosetta di Mari lasciandolo solo quando fu entrato per metà, con un colpo secco che strappò un urlo a Marisol. La vedevo presa tra i due e in lei rivedevo me pochi minuti prima. Mancava ancora qualcosa per completare il quadro. Il tizio che mi aveva goduto in bocca si era seduto sul letto per riprendere fiato, gli feci cenno di salire sopra il letto e lo spinsi verso la faccia di Marisol che subito prese a succhiarlo facendogli ritrovare nuovo vigore. Capii perché Marisol si era masturbata guardandoci, anche io non potei trattenermi dal darmi piacere da sola osservando il moretto che con colpi violenti l’inculava mentre lei gemeva a bocca piena. Fuori dalla tenda la folla era aumentata, tutti, uomini e donne, si stavano toccando, da soli o in coppia. Nel sentire un gemito di disappunto da parte di Marisol tornai a guardarli. Il moretto si era tolto dal suo bel buchino ma l’aveva fatto solo per scambiarsi di posto con il tipo nella sua bocca. Mi accostai andando a contendere il suo uccello alla bocca vogliosa di Mari. Lo leccammo in due, lo succhiammo a turno regalandogli un doppio pompino che avrebbe ricordato per sempre. Ce lo scambiavamo continuamente non disprezzando di baciarci tra di noi ogni tanto, giocavamo con le lingue sulla sua cappella e poi sull’asta mentre l’altra tornava a succhiarlo. La sua resistenza venne meno e con un grido si prese l’uccello in mano segandosi davanti ai nostri volti accostati finché non spruzzò tutto il suo seme nelle nostre bocche, sui nostri visi, sui nostri capelli. Contemporaneamente venni anche io che avevo continuato a masturbarmi, un orgasmo meno violento del primo ma altrettanto soddisfacente. Marisol, ora con la bocca libera, prese urlare di piacere dimenandosi sotto i colpi dei due tipi che continuavano a scoparla e incularla simultaneamente. Poi si accasciò sul petto del tipo sotto mentre questi godeva a sua volta riempiendole la micina. Il tipo dietro tardava un po’, sarebbe stato il suo secondo orgasmo, ma presto anche lui accelerò il ritmo e venne riempiendole l’intestino. Forse Mari ebbe un altro orgasmo, perché la vidi con la faccia beata anche se ancora immobile sopra il petto del tipo.
Piano piano ci riprendemmo. Eravamo tutti sudati e sporchi di sperma e umori, sentivo il bisogno fisico di farmi una doccia e stavo per chiamare Mari e andarcene quando il moretto mi venne vicino sussurrandomi all’orecchio:
– C’&egrave mio cugino qui fuori, vorrebbe scoparti se lo fai entrare”’.. ha un uccello enorme –
Guardai verso l’entrata e effettivamente c’era un ragazzo, neanche male, che si stava masturbando guardandoci. Rimasi sorpresa, il suo affare era veramente enorme, forse più di 25 centimetri, e con un diametro in proporzione. Non ne avevo mai visto, né tantomeno provato, uno simile. Mi saziai gli occhi di fronte a tanta abbondanza ma mi sentivo stanca, avevo veramente voglia di una doccia e poi di riposo. La libido s’era acquietata. Con Marisol uscimmo dalla stanza e passando non resistetti alla tentazione di toccarlo. Non riuscivo a circondarlo completamente come anche Mari, che stupefatta aveva allungato anch’essa la mano per saggiarlo.
Il ragazzo aveva un’aria mogia, aveva capito che stavamo andando via. Gli sussurrai all’orecchio:
– Oggi no, siamo esauste, un’altra volta magari”’ –

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