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La vita non sempre è come la sogniamo noi.

By 8 Febbraio 2018Aprile 22nd, 2020No Comments

La vita non sempre è come la sogniamo noi. Questo racconto inizia grazie ai numerosi contatti email avuti con Fabio, diretto interessato della vicenda. E’ una storia ingarbugliata e piena di sorprese dove la mia impressione è che la realtà a volte sfugga nella fantasia. Io da , sufficiente, interprete cercherò di “riportarla” nel miglior modo possibile chiedendo già ora la vostra collaborazione su alcuni temi di cui la mia conoscenza è limitata. Non sono interessato alle fantasie, ma ai pareri/suggerimenti di chi ,donna o uomo che sia, vive o ha vissuto qualcosa di paragonabile. La vicenda inizia qualche anno fa. Siamo a Milano ed io, Fabio, ho la fortuna di incontrare l’amore della mia vita: Marta. Mi ero laureato in ingegnera due anni prima e lavoravo come consulente presso un noto studio specializzato in “grandi opere edili” che aveva la sede proprio nel centro di Milano Ricordo quel giorno come fosse oggi. Stavo facendo la pausa caffè presso un bar vicino a piazza Duomo quando la vidi. Era di fianco a me e a sua volta “stava prendendo “ un caffè. Rimasi abbagliato dalla sua figura, da quel viso nel contempo serio, ma disponibile all’allegria. La fotografia a vista. Un po’ meno alta di me, che supero abbondantemente il metro e ottanta, lunghi capelli corvini ed un viso affilato, ma non spigoloso. Gli occhi chiari e le labbra carnose dipinte da un rosso vermiglio. Il corpo era nascosto da un impermeabile , ma era evidente che fosse ben “distribuito. Indossava una gonna e calze velate e potevo vedere i polpacci torniti e che indossava delle scarpe molto femminili. Penso di essermi innamorato di lei all’istante tanto che superando la mia forte timidezza fui sfrontato. Mi rivolsi a lei dicendole: senza un buon caffè non si arriva a fine giornata Lo so è una frase stupida, ma è l’unica che mi venne spontanea in quei pochi attimi di disponibilità, poi l’avrei persa. Mi guardò sorpresa e seria. MI sentii arrossire e sudare. Non aveva capito? Era stupita mi fossi rivolta a lei? Avevo fatto la figura del “tacchinatore”. Che imbecille sono. Scusi ,scusi ed in un moto di onestà le dissi: mi è uscita così, non sapevo cosa dirle e rimasi così come un “pirla”. Lei mi fissò silenziosa, con un viso quasi corrucciato; per fortuna durò poco. Vidi il suo viso rilassarsi ed aprirsi. Vidi il bianco dei suoi denti che accompagnò una schietta, riservata, risata. Disse: questa mi mancava. Sono stata” abbordata” in tanti modi (effettivamente era una bella ragazza)questo mi è nuova. Prese l’iniziativa: ciao sono Marta ed allungò la mano per stringere la mia. Adesso ero io lo stupito, ma fortunatamente riuscii a prendere la sua mano. Ciao sono Fabio, scusa ma.. Non c’è niente da scusare. Hai ragione. Senza caffè qui a fine giornata non ci arriviamo. Dove lavori? Le dissi dove lavoravo ed a grandi linee cosa facevo, che mi ero laureato anni prima e che vivevo a Milano ed altro. Penso di averle descritto in tre minuti tutta la mia vita. Lei mi ascoltava sorridente e quando terminai la lunga tiritera disse: il mio nome lo sai ;lavoro presso uno studio legale dove faccio praticantato in attesa di sostenere l’esame di stato per avvocati ed ho 25 anni (due meno di me). Tirò fuori il cellulare. Dammi il tuo numero. Io come un beota glielo dissi. Digitò il numero e sentii la mia suoneria squillare. Disse :adeso hai il mio numero. Chiamami se vuoi. Ciao Si girò ed uscì dal bar lasciando me ed il mio stupore. Ricordo le mie sensazioni. Che bella. Mi piace. Mi ha lasciato il suo numero. Non le faccio schifo. Forse le piaccio. Tornai al lavoro con la testa nelle nuvole tanto che i miei colleghi mi chiesero :tutto bene Fabio? E’ successo qualcosa? No. Navigavo già nel futuro con la mia fantasia. Mi imposi di non chiamarla subito e non so come riuscii a resistere sino alla successiva mattina. La chiamai verso le dieci. Ciao sono Fabio. Ti ricordi…? Quel pagliaccio ieri al bar.. Si, si mi ricordo, ma dai …e “sentivo” il suo sorriso al telefono . Come stai?…Hai voglia di un caffè ?..Al solito posto tra mezzora? Ok, a dopo. Camminavo per aria. L’ho detto: mi ero innamorato di lei dal primo momento. Sino a quel giorno la mia vita sentimentale era stato “normale”. Non sono da buttare fisicamente ed un po’ di ingegno e capacità le ho. Avevo avuto un paio di innamoramenti giovanili ( Cecilia ed Elisa) qualche filarino più improntato al sesso che ad un rapporto consolidato ed adesso ero senza partner “fisso” da un paio di mesi ,ma la mia vita era piacevole. Avevo finito d studiare, avevo un lavoro e guadagnavo decentemente, avevo uno mio appartamento, tanti amici ed amiche con cui passavo piacevolmente i momenti liberi. Alcuni miei amici avevano già messo “su casa” ed invidiavo la loro felicità e serenità e forse avevo trovato l’anima gemella ancor prima di conoscerla veramente. Fu il primo caffè d’uscita insieme. Non solo bella, era spiritosa, arguta ed affascinante. Constatai che aveva un passato familiare diverso dal mio. Io figlio di operai, lei di una dirigente d’azienda e di un libero professionista. Le mie vacanze sempre a costo minimo per quanto possibile, sia prima con i genitori nella casa dei nonni al mare e poi con gli amici. Lei con la famiglia aveva girato Italia ed estero e con gli amici aveva replicato. Io l’università con borsa di studio, lei in una università privata. Lei era cresciuta in un grande appartamento nel centro di Milano. Io in un piccolo trilocale in periferia. Erano differenze che non influenzarono il nostro “rapporto”, ma che certamente avevano inciso nella nostra personale crescita. Tanto spigliata e sicura lei, quanto “prudente” io , ma eravamo una bella coppia. A quell’incontro seguirono altri caffè e poi uscite serali per arrivare ai week end. Era nato un legame che giorno dopo giorno si rinforzava. A posteriori ,io mi “appoggiavo” sulla sua vitalità mentre lei si ” appoggiava” sul mio equilibrio . Tre anni dopo con somma gioia ci sposammo. In quei tre anni il sesso? Non fui il primo ad iniziarla al sesso; non era più vergine al nostro primo rapporto , ma non volli mai approfondire il suo passato relazionale. Per gelosia? Forse. Il passato era passato, mi interessava da noi al futuro. L’inizio , almeno per me, fu lento . Il sesso rispecchiava la mia personalità: tranquilla. I primi baci dopo tre/quattro appuntamenti , la prima masturbazione dopo due mesi, solo dopo diversi mesi il primo pompino. Solo durante le prime vacanze il sesso completo, senza acrobazie. Missionaria e pecorina e stop. Col senno del poi : niente leccate di figa o sessantanove o ..altro di più spinto. Il culetto era off limits, non perché lei me lo abbia negato, non rientrava nella mia cultura. Non sapevo se avevo tarpato la sua voglia, esuberanza, sessuale .Non abbozzò mai a particolari richieste e mi sembrava ci andasse bene. Dopo il matrimonio andammo a vivere in un bel appartamento di proprietà dei suoi genitori nella prima circonvallazione milanese. Per meglio indicarvi : dieci minuti di camminata da piazza Duomo. Un appartamento ai piani alto, spazioso ed illuminato in un bel servito contesto. Eravamo comodi sia per il lavoro ,che per i negozi e le uscite serali. Lei era nel fior fiore della femminilità sottolineata dal suo corpo che si era leggermente riempito nei punti eccessivamente magri rendendola ancor più armoniosa ed appetibile. Mi piaceva andare in giro con lei per le vie del centro e notare gli sguardi ammirati dei passanti, giovani e meno, rivolti al suo petto ed al suo fondo schiena. Devo dire che lei con il suo abbigliamento, seppur elegante, ma molto femminile li “aiutava” a guardare. Se ben ricordo non l’ho mai vista uscire per svago od andare al lavoro con i pantaloni; che poi fossero vestiti o gonne non importa, sempre e dico sempre, le sue belle gambe erano alla vista e in evidenza ben supportate da preziose scarpe con tacchi di giusta ,piacevole , misura. Quando ondeggiava sul movimento della camminata gonna e culo faceva “girare” la testa. I pantaloni li indossava solo per camminate in montagna o al mare o per gite. Anche quando prendevamo treni o aerei lei era sempre in gonna. Un po’ esibizionista? Forse, ma a me piaceva e furono pochi i giorni che saltammo dal fare sesso. Non correvamo rischi, da ancor prima di incontrare me lei prendeva la pillola. Non chiesi mai perché… Il mio ego di maschio era allietato dal possedere una così bella creatura. Erano trascorsi altri tre anni dal giorno del matrimonio. Avevo fatto carriera e mi avevano affidato la responsabilità di diversi “cantieri”, per fortuna nella zona lombarda, così ogni sera potevo tornare a casa. Lei aveva superato l’esame di stato e come associata era “entrata” da pochi mesi in un importante studio notarile. Ne era contenta anche se mi disse che il titolare le metteva soggezione. Era un avvocato anziano, sui sessanta anni, fisicamente prestante e di grande leadership e magnetismo. Mi diceva che alla sua presenza gli altri sembravano bambini pronti a compiacere il fantastico papà. Lo studio notarle ed il mio erano in centro e ciò ci permetteva ,a volte , di pranzare insieme. Eravamo felici; avevamo iniziato a parlare del futuro della nostra famiglia e si ventilava la possibilità di incrementarla. Era arrivato il momento, eravamo consapevoli e fiduciosi che avremmo potuto crescere degnamente i nostri figli; anche l’età era quella giusta, ne presto ne tardi. Il giorno prima del patatrak avevamo parlato del momento in cui sarebbe stato opportuno sospendere l’uso della pillola anticoncezionale. Avevamo deciso che sarebbe stato a fine mese e che se ci fosse andata bene nel non lontano mese di giugno dell’anno successivo avremmo potuto essere novelli, felici, genitori; ma i sogni muoiono all’alba. Facemmo l’amore quella sera e ci addormentammo sereni e felici. Il giorno dopo mi recai in un cantiere per una consuetudinaria verifica. Mi aggiravo con il capo cantiere tra un cumulo e l’altro di macerie ascoltando concentrato le sue osservazioni quando salimmo su un cumulo che franò sotto il mio peso. Persi l’equilibrio ed allungai un braccio alla ricerca di un nuovo equilibrio. Il capocantiere allungò la sua mano per una presa ,ciò al posto di favorirmi mi sbilanciò ulteriormente. Andai in rotazione e caddi a faccia in giù senza riuscire a mettere le mani a difesa . Che botta e che dolore. Caddi con il viso sul terreno e con il bacino su una putrella d’acciaio parzialmente sommersa nel terreno . La sfiga. La faccia si “spalmò” sul terreno ed il bacino e le mie “parti basse” urtarono violentemente sulla sbarra. Ero immobilizzato dal dolore, sentivo le grida del capocantiere che chiamava i soccorsi e poi : non toccatelo , aspettiamo l’ambulanza ed il medico. Arrivarono i soccorsi , fui caricato con attenzione su una barella e con una ambulanza mi portarono in ospedale. Tralascio gli esami che mi fecero. Ricordo di essere stato in un continuo intontimento. Meglio così perché i dolori parvero attenuati. Diagnosi multipla: Il viso era salvo, solo graffi che si sarebbero rimarginati nel tempo ; problemi importanti ai mie genitali. Avevo una lesione al pene e dovevano ancora valutare l’eventuale compromissione delle strutture anatomiche e dei vasi sanguigni , inoltre anche un testicolo era stato oggetto di un profondo trauma e si sarebbero dovuto verificare le conseguenze di possibili danni funzionali per il rischio di diventare azoospermico. Si parlava di operazioni chirurgiche e cure” chimiche” se necessario. Purtroppo i trattamenti chirurgici e chimici furono necessari ed eseguiti . Fu un periodo di ansie e dolori ; mia moglie fu perennemente al mio fianco. Non appena il lavoro lo permetteva correva da me cercando di allievare le mie sofferenze psichiche e fisiche. Rimasi in ospedale circa un mese poi fui dimesso con l’obbligo di astenermi da atti sessuali di qualsiasi tipo per almeno otto settimane e solo dopo quel periodo si sarebbero prese altre decisioni. Durante la convalescenza per il mio “sostegno” psicologico mi furono prescritte delle benzodiazepine. Fu un periodo ancor più difficile del precedente , se prima vi era la “paura” delle operazione adesso vi era quella delle conseguenze ai traumi. Anche in questo periodo mia moglie fu di gran supporto morale. Ero sempre ( se possibile) più innamorato di lei. . Passarono due mesi, poi tre ,le mie condizioni si erano stabilizzate ed entrai a far parte di quella piccola percentuale di uomini che non possono più fecondare l’ovulo della propria donna e non solo. Purtroppo ,nonostante le cure e le “attenzioni” di mia moglie, la mia erezione, clinicamente parlando, non superava il 40%. In altre parole il mio pene rimaneva moscio, non più in grado di penetrare la vagina di una femmina. Ciò non mi impediva di raggiungere l’orgasmo. Una sana e lunga manipolazione (sega) mi permetteva di avere l’eiaculazione a pene morbido. I medici mi dissero che molti, soprattutto anziani o malati di disfunzione erettile, sono in questa situazione, ma questo non mi diede e non mi dà sollievo. Fu un trauma. Il nostro futuro familiare cancellato. Tutti i nostri sogni, i nostri desideri, le nostre speranze, evaporati. Marta, mia moglie, mi copriva di affetto ed attenzioni. Mi rassicurava del suo amore ,di noi. Ero io che non mi sentivo più alla sua altezza. Non ero più un virile uomo. Non potevamo più avere figli, fare l’’amore. L’avrei costretta ad una vita di clausura. Quanto potevo e poteva resistere? Era una donna nel pieno della sua femminilità, come precluderle una sana vita sessuale per mia colpa? Lei mi diceva: ti amo, stai tranquillo, sei l’uomo della mia vita. Ma io non mi sentivo, non ero, più uomo. Passarono altri mesi, un anno era trascorso dal traumatico accadimento. La mia situazione fisica era rimasta la stessa. Da solo, ed alcune volte con mia moglie, avevo provato a rivitalizzare il mio pene, ma inutilmente. Provai, sotto supervisione medica, ad aiutarmi con il Sidenafil (Viagra…), incrementando anche la dose , accompagnato da riviste o film porno; mia moglie si prestava con mano e bocca e con la bellezza del suo corpo. Tutto inutilmente. L’eccitazione mentale era presente , ma il sangue non si riversava nel pene se non parzialmente ed il pene non si alzava. Continuavo a massaggiarlo(segarlo) fino a che non avevo una liquida eiaculazione Non più quegli spruzzi che si libravano nell’aria, ma un flusso denso usciva dal meato per poi scivolare sul glande come la scia densa lasciata da una lumaca. Dopo innumerevoli , mentalmente devastanti, tentativi rinunciai. Non chiesi e non mi rivolsi più a mia moglie alla ricerca di un rapporto sessuale. Avevo definitivamente compreso che non ero più un maschio. I rapporti tra Marta e me rimasero come se nulla fosse successo; la questione sesso non fu più toccata. Ci amavamo, ma non si faceva sesso. Trascorsero altri mesi . Avevo ripreso il lavoro e la nostra vita seguiva il nostro tran tran quando una sera rientrai a casa tardi. Avevo svolto una ispezione in un lontano cantiere e rientrai verso le ventuno. Contento entrai in casa e vidi mia moglie seduta al tavolo della cucina.; con le mani si reggeva la testa. Sembrava angosciata ,piangente. Le dissi? Tutto bene? E’ successo qualcosa? Fabio non posso più…non è giusto … devo dirti … Il mio titolare, Giorgio… Il tuo titolare ,cosa? Ho fatto sesso con lui. Mi cadde il mondo addosso . Non sapevo che dire . La mia reazione fu infantile ,stupida. Le mie prime parole furono: quando? Da quando? Lei: ascolta , ascoltami. Due mesi fa , a tarda serata, dopo una faticosa riunione con dei clienti rimasi da sola con lui nel suo studio. Mi disse: Marta la vede stanca ed a volte pensierosa. Va bene? E’ il lavoro o qualcosa non va a casa? Ti avevo detto che mi faceva soggezione e mi affascinava. Non riuscii a sottrarmi ed a trattenermi e per la prima volta raccontai ad un estraneo della nostra situazione. Lui era seduto alla scrivania ed io “tremante” in piedi di fronte a lui. Mi guardava ,i suoi occhi mi penetravano. Mi sentivo nuda al suo cospetto, come se la mia volontà fosse annullata. Parlavo ,parlavo gli raccontai la nostra vita, le nostre disgraziate vicende. Gli dissi dei tuoi , dei nostri problemi sessuali. Ascoltava con attenzione le mie parole, poi si alzò dalla sedia e sempre senza staccare i suoi occhi dai miei giunse a me e.

Ma prima devo dirti delle cose importanti prima di parlarti di quel momento.
Un paio di settimane prima eravamo tornati dalle vacanze . Ti ricordi che bellissime vacanze abbiamo fatto a Formentera coi nostri amici ? Giorno in spiaggia e notte in discoteca. Sole e divertimento. E poi i nostri amici sono come noi ,:sposati da poco, senza figli e ancora per un po’ giovani. Di giorno noi donne in spiaggia giocavamo ,facevamo i bagni, discutevamo e ci abbronzavamo nei nostri topless o bikini . Voi parlavate di calcio e giocavate solo al pallone tanto per cambiare, ma vi vedevamo quando di soppiatto guardavate , ridendo tra voi, il bel culo o le tette di qualche ragazza di passaggio. E’ che siete ingenui. Pensate che noi donne non facessimo lo stesso al passaggio di qualche bel ragazzo? Solo che noi gli guardavamo il culo e quello che gli stava davanti.
Di notte ,in discoteca, era follia di balli e drink.
E’ stato bello mi trovavo benissimo con loro e con te , è stato bello tutto . Solo una cosa mi turbava. Adesso posso dirtelo, La sera provavo un po’ di invidia di loro. Era quando li vedevo toccarsi ,baciarsi; pregustando il seguito della notte nelle loro camere, e già li ‘vedevo’ appassionati accoppiarsi mentre facevano l’amore scambiandosi piacere. E poi di giorno le allusioni:: allora stanotte ci avete dato dentro’.forse la famiglia è cresciuta’. Battute senza secondi fini, solo per allegria.
Ma loro non sapevano della nostra situazione e queste ‘battute’ mi turbavano. Mi facevano pensare che solo fino a poco tempo prima te ed i’o.
In quei giorni in cui potevamo pensare solo a noi ;il nostro far l’amore mi mancava e vedere, sentire, i nostri amici alludere all’argomento amplificava questa mancanza facendomi crescere il desiderio.
Adesso posso dirtelo. Tu da tempo non ti sei più ‘avvicinato’ a me. Ti capisco, ma il mio corpo cercava sfogo, ma ti giuro non ho mai pensato di farlo con altri e non mi avvicinavo a te per non crearti ulteriori ansie. Stai già soffrendo abbastanza da allora. Quando tu eri in spiaggia mi stendevo sul letto e sognavo di far l’amore con te e mi masturbavo dandomi quel piacere che il mio corpo, i miei ormoni, reclamavano.
Era diventato il mio, segreto, la mia dolce abitudine. Compensavo quello che non potevo avere e mi sentivo in pace.
Il ritorno al lavoro ha scombussolato l’equilibrio che avevo raggiunto.
Sin dal primo giorno pratiche da risolvere, riunioni su riunioni, sempre sotto pressione e quando tardi, finalmente, tornavo a casa la cena da preparare e sempre qualcosa da fare e comunque tu eri quasi sempre a casa.
I miei momenti, come posso chiamarli? Di attenzione fisica rivolti a me? Spariti
Sentivo che il mio corpo aveva bisogno di uno sfogo continuativo che non riuscivo a dargli. Sono giovane e lo so ,è brutto dirtelo : ho certe esigenze.
Ti amo lo sai e lo so, ma il sesso mi son resa conto che mi mancava.
Mi spiace’.
Potevi dirmelo. Avremmo trovato una soluzione. Sai come ti amo e che per farti felice farei ogni cosa. Perché non me ne hai parlato?
Non volevo farti del male.
E allora?
Quella sera , allo sudio,ero ai limiti della mia resistenza psichica. Avevamo avuto l’ennesima pesante riunione con degli ostici clienti. Le cose non andavano come volevo. Ero stremata.
Quando Giorgio, il capo, mi chiese: Marta la vede stanca ed a volte pensierosa. Va bene? E’ il lavoro o qualcosa non va a casa? Crollai.
Ti ho parlato di lui come figura carismatica ‘mi sentii come di fronte ad un confessore Sentivo il bisogno di ‘confessarmi’, di scaricarmi ,parlando, dei miei problemi.
Parlai a ruota libera; il suo silenzio ed atteggiamento mi incoraggiava a parlare. Parlavo e parlavo e solo dopo realizzai che in fondo avevo parlato solo di te e me . Di come ci eravamo conosciuti, di quello che avevamo fatto e volevamo fatto insieme e di quello che era successo. E quando lui mi chiese come gestivo questa situazione. Gli risposi: così come sto facendo.
E quando chiese: e per il sesso ? Ne avete parlato? Non riuscii a trattenermi e piangendo gli dissi delle mie turbamenti, dei miei imbarazzi , dei miei ‘vuoti’
Quel giorno indossavo quella leggera , bella, gonna a fiori che piace molto anche a te. Quella che arriva appena al ginocchio e che tu dicevi prima dell’incidente, poi non l’hai più detto, che se fosse stato possibile, mi rendeva ancor più femminile. Sopra avevo una camicetta chiara con un giacchino. Ero senza calze perché ero ancora abbronzata ed infine avevo i capelli sciolti.
Piangendo avevo messo il viso tra le mani; mi vergognavo della mie infantile reazione di fronte a lui. Non lo vidi muoversi che all’ultimo momento; ,all’improvviso sentii delle mani poggiarsi gentilmente sulle mie spalle e la sua voce bassa e suadente che diceva:: calma dottoressa , si rilassi.
Sentii le sue mani massaggiarmi le spalle e poi lentamente scendere . Non feci nulla per fermarlo. Erano calde, mi davano una piacevole sensazione. Era come uno di quei massaggi che facevamo in spiaggia al mare. Rilassamento e piacere.
Le sue mani scesero pian piano dalle spalle verso il basso di fianco ai seni. Lo sentivo, ma non potevo, forse volevo, fermarlo.
Aveva avvicinato il viso alla fossetta alla base del collo e sentivo sulla pelle il suo alito, mi dava i brividi.
Disse, forse più volte :si rilassi, ci penso io’
Mi abbandonai a questa nuova piacevole sensazione. Mi appoggiai completamente a lui. Non l’avessi mai fatto.
Sentii qualcosa di duro premere contro me; dapprima pensai fosse il suo corpo, poi realizzai che era solo una parte di quello. Era il suo pene.
Ero stata io , non con secondi fini ,ad andargli incontro e lui non si era spostato.
La leggera gonna me lo faceva sentire in tutta la sua forma e durezza, Mi fermai immobile contro lui, non volevo muovermi, ma aveva compreso che sapevo.
Iniziò a muoversi piano dietro me. Sentivo il suo sesso spostarsi dietro appoggiandosi e spostandosi lentamente sul mio culo.
Scusami se posso sembrarti volgare, immagino tu possa pensare che non sia di me, ma lui mi ha detto che devo chiamarlo culo e che anche le altre cose devo chiamarle nel giusto ,chiaro, modo.
Ad ogni appoggio sentivo il culo farsi più caldo e quando le sue mani scivolarono sotto la camicetta fu la mia fine.
Le sue dita erano grosse e calde; si insinuarono nel reggiseno spingendolo verso il basso e quando le tette furono libere diventarono sue. Le mani si impossessarono dei seni , li presero a coppa, una nuova ondata di calore percorse il mio corpo.
Ci giocò, le soppesò, tirò delicatamente i capezzoli.
Ero in tranche.
Le sue labbra si erano appoggiate sul collo . Mi dava baci leggeri che mi facevano ricordare bei tempi trascorsi e quando con un movimento del capo mi fece volgere il viso verso il suo fu per me naturale accogliere le sue labbra sulle mie; schiuderle per permettere il passaggio della sua lingua e mescolare le nostre salive.
Avevo dimenticato che ero sposata , che non eri tu , che fino a qualche attimo prima era per me un vecchio ed anche il mio capo.
A seguire mi fece girare verso lui senza lasciare la mia bocca con la sua.
Le sue mani si spostarono dietro, strinsero forte il mio culo spingendomi contro il suo bacino. Poi mi costrinse dolcemente a retrocedere fino ad appoggiare la schiena ala scrivania. Una sua mano era dietro la mia schiena, l’altra la usò per far salire davanti la gonna. Non ebbe ostacoli, era leggera e larga.
Con il ginocchio mi fece divaricare le gambe e mise il suo corpo tra esse. Io ero quasi seduta sulla scrivania e mi trovai il suo pene appoggiato sulle mutandine. Era presente e duro.
La mano dietro spinse la mia schiena verso lui. I nostri visi furono nuovamente a contatto. Eravamo uniti di bocca e di sesso. Il suo uccello contro la mia intimità.
Strofinava il bacino contro il mio. Sentivo la sua protuberanza spingere.
Mi sentii la passera aperta e fradicia. Gli umori dall’eccitazione mi uscivano dalla vagina.
Spostò le labbra ,mi disse : adesso ti tolgo le mutandine.
Non dissi nulla . E’ inutile mentire, lo volevo
Me le fece cadere in basso in un amen e fui io a muovere i piedi per cacciarle lontano.
Era di nuovo tra le mie gambe. Il pacco a diretto contatto delle mie mutandine mi schiacciava il pube. Me lo fece sentire spingendo contro per più secondi mentre avevamo ripreso a baiarci.
Poi mi disse: slacciami i pantaloni. Fai uscire il mio uccello. Voglio scoparti. Disse proprio così.
Le mie mani avevano vita propria e si posero sula sua vita. Slacciai la cintura e spinsi verso il basso i pantaloni ,poi presi per l’elastico le sue mutande ; indossava dei boxer neri , li calai. Uscì dritto e forte il suo uccello. Me lo trovai a stringere con una mano. Era duro e caldo.
Mi disse: mettilo dentro.
Sollevai un po’ di più il culo sulla scrivania. Allargai di più le gambe. Lo poggiai sotto il mio boschetto nero
Lui spinse verso l’alto . Sentii il glande premere tra le mie ninfee. Ero bagnatissima e vogliosa. Entrò lentamente. Lo percepivo salire ed occupare la mia vagina. Sentivo la mia vagina avvolgerlo ,modellarsi su lui. Avevo fitte di piacere che si spargevano, partendo dalla mia passera ai
Ferma. Ferma .Perché mi racconti tutto questo. Perché così?
Non volevo dirti nulla , ma adesso ho dovuto dirtelo, me l’ha ordinato lui. Vuole conoscerti e vuole che tu sappia. Non posso dirgli di no.
Fammi continuare per favore. Devo’..

Sentivo il suo pene scavarmi . Nel movimento verso l’alto il tronco del pene scivolava sulla mia clitoride e contemporaneamente sentivo intense stimolazione su lei e sulle pareti della vagina. Ebbi un primo fulminante orgasmo che faticai a non porre a conoscenza di tutto il palazzo. Lui se ne accorse e mi disse: si, così ,godi, continua a godere, ci penserò io a darti quello che ti manca.
Continuava a scoparmi ed io continuavo a percepire un piacere che non tendeva a diminuire.
Ero in trans e guardavo quell’uomo che fino a pochi minuti prima avevo considerato solo come un capo altero ed inarrivabile, ma adesso, in quella situazione con il cazzo dentro me e le sue mani che mi spingevano contro lui non sapevo più chi fosse.
Comprendevo che mi stava dando quello che volevo ed in quel momento era l’unica cosa che mi interessasse.
Lui doveva pensarla come me , di quello che stavo pensando e del piacere che stavo provando, mi ascoltava gemere ed io mi sentivo calda e disponibile a tutto quello che mi stava facendo; l’importante era che non mi sottraesse il suo pene.
No Fabio, non dire nulla, ascolta per favore
Ad un certo punto avvicinò il viso al mio. Capii cosa volesse. Un lampo per la testa mi disse: non è Fabio, non è tuo marito, non puoi.
Ma quando le sue labbra si appoggiarono alle mie ,aprii le mie e quando lui affondò la lingua alla ricerca della mia anch’io lo cercai e ricambiai. Bollivo.
Come facevo a resistere ai suoi desideri? Come potevo oppormi quando il suo cazzo mi stava portando ad un nuovo orgasmo?
Mentre la sua lingua occupava la mia bocca ebbi il mio secondo orgasmo e mi attaccai come una ventosa ancor più a lui. Non volevo finisse quella non dovuta, ma piacevolissima penetrazione.
Si rese conto di questo mio nuovo orgasmo e certamente coglieva il mio stato d’animo e continuò a scoparmi e baciarmi.
Poi sottrasse la lingua alla mia bocca e sempre standomi vicinissima , i suoi magnetici occhi fissi nei miei , mi disse : vedi Marta lo so tu sei una brava moglie , ma so anche che sei anche una donna. Sei giovane, femmina, ed il sesso è una necessità.
Sarà una cosa tra noi ti aiuterò tu in cambio sarai la mia troietta. , farai tutto quello che vorrò. Sei d’accordo?
Cosa potevo rispondere così sottoposta al suo cazzo che continuava a muoversi in me e mi stava facendo sognare.
Si va bene, quello che vuole lei.
Brava, così mi piaci. Continuavamo a dirmi del lei. Sottrasse il cazzo alla mia passera.
Mi sentii vuota ,abbandonata. Pensavo fosse finita così ,invece
Mi fece girare ed appoggiare alla scrivania . La gonna ,nel movimento, ricadde e fu lui a tirala su appoggiandola sulla mia schiena.
In quei brevi momenti ebbe l’occasione di vedermi nuda da dietro . Lo sentii dire: è proprio come pensavo quando ti vedevo passare per il corridoio, hai un bellissimo culo.
Appoggiò il cazzo sul mio culo e lo sentii scivolare tra i miei globi.
Parlava: senti quanto è duro adesso ti scopo come una cagnetta. Muovi questo bel culetto. Fammi vedere quanto lo vuoi.
Lo desideravo ancora. Lo sapeva. Era l’acqua vitale di cui avevo bisogno dopo giorni e giorni di deserto.
Non ebbi vergogna a far oscillare il mio culo come richiesto.
Brava ,brava.
Aspettavo la penetrazione con frenesia e rimasi stupita quando non sentii più il suo peso su me.
Un piccolo ‘vuoto’. Le sue dita scivolarono sull’umida fenditura dal basso verso l’alto fino ad arrivare all’altro foro e poi tornarono indietro soffermandosi con più attenzione tra le intime labbra.
Ripeté una volta il movimento e poi le dita si fermarono definitivamente sulla, meglio, nella passera. Allargarono le labbra e con decisione si infilarono nella vagina roteando e spingendosi in avanti. Le muoveva velocemente avanti ed indietro ed io mi trovai ad implorarlo :si, si ancora. Mi mancava l’aria e rantolavo. Con mio dispiacere si interruppe privandomi del prossimo orgasmo e mi stupì nuovamente sostituendo le dita con qualcosa di duro ,ma morbido nel contempo: era la sua lingua.
Lappava la mia figa che sentivo emettere liquidi in abbondanza e ne avevo vergogna. Ma lui continuava a leccare bevendo i miei liquidi ed accanendosi in particolare sulla clitoride.
Mi aveva riportato al vicino orgasmo e poi si fermò.
Volevo dirgli di no, di non fermarsi ,di continuare, ma quando il suo cazzo entrò nella mia fica con un unico colpo facendomi mancare il respiro sospirai un siiiiiiiiii .
Lo sentivo davvero tanto, era il suggello a quanto mi stava facendo. Impazzivo non sapevo se per prolungata astinenza o per altro. Certo era troppo che non facevo sesso così. Sono una femmina.
Disse: ti piace cagnetta?
Cominciò a spingere il suo cazzo dentro in maniera violenta sempre più forte mentre si era piegato su me e sentivo le sue labbra poggiarsi sul collo baciandolo. Teneva una mano sul mio fianco per l’equilibrio e l’altra la portò davanti alla mia faccia. La mano mi copriva la bocca e poi due alcune dita entrarono. Mi teneva come fossi al morso. Tolse la mano al fianco e la sentii attorcigliare e prendermi i capelli. Tirandomi i capelli indietro mi tirò la testa verso . Tenuta per i cappelli e per la bocca mi sentivo trattata come una cavalla.
Il mio culo era schiacciato al suo pube e mi sentivo inerme che subivo, anche perché era davvero quella la sensazione che provavo. Dall’altra parte quel cazzo mi faceva bene, continuava a farmi fluttuare nel piacere.
Lui sopra che mi scopava continuando a dirmi , cagnetta ti piace? Lo senti bene?
E continuava a penetrarmi fino in fondo. Nonostante fossimo ancora parzialmente vestiti è come non vi fossero ostacoli tra noi. Con le mani cercavo di contenere le sue spinte di attenuare i suoi colpi violenti. Ma resistetti per poco. Il piacere superava il disagio. Mi abbandonai totalmente sotto i suoi colpi assecondando con il corpo le sue spinte. Mi stava procurando un piacere indescrivibile e quel continuo trattamento mi procurò il mio terzo orgasmo. Ebbi un orgasmo violento e prolungato che non decideva di smettere anche perché lui pompava sempre più forte proprio mentre provavo ciò.
La terza goduta mi lasciò spossata. Ero una inerme Dolly. Un buco in cui il suo cazzo sguazzava. Lo sentii in questa ‘forma ‘ di rilassamento in cui mi era tornata la capacità di ragionare
Il suo cazzo era ancora duro, pensai che potesse durare all’infinito, che non riuscisse a venire. Un sollievo quando disse: ancora un po’ e vengo. Ero ferma, prona, ad aspettare la conclusione. Aspettavo e non dicevo.
Non dicevo che non prendevo nulla, che non ero ‘coperta’. Volevo che finisse .Per mia fortuna ebbe l’accortezza di chiedermelo.
Ricordi ,poco prima dell’incidente avevamo deciso di provare ad avere un figlio e che alla fine di quel mese avrei ‘ interrotto’ la pillola.
Alla fine di quel mese sospesi l’assunzione della pillola, purtroppo per altri motivi, come ben sappiamo.
Ti confesso che avrei voluto sentire lo sperma schizzarmi dentro dando refrigerio alla mia calda passera sanando un desiderio a lungo represso, ma non potevo e gli disse che non poteva ‘che non prendevo nulla..
Lui rispose: che peccato, per il momento non ti vengo dentro, ma dovrai provvedere perché non voglio interrompere il mio piacere stando attento.
E con mio grande imbarazzo mi chiese toccandolo :e questo bel culetto?
Lo sai per noi è sempre stato un argomento tabù. Tu non avevi mai toccato questo argomento ed io ho sempre voluto mantenere questa verginità. Ho sempre detto e pensato che fosse una cosa innaturale, sporca.
Dissi : no, mai..
Colse il mio timore/imbarazzo e la chiuse dicendo: penseremo anche a lui con un aiuto e sono sicuro che apprezzerai.
Ma adesso devo venire, fu un devo sottolineato da un alto timbro di voce, e se ho capito mi rimane solo la tua bocca
Nel dire questo uscì il pene facendomi risollevare e spostare.
Si sedette lui sul bordo della scrivania.
Era a gambe divaricate, con i piedi poggiati a terra, indossava ancora i pantaloni che erano aperti a sufficienza per far uscire l’uccello ancora puntato verso l’alto. Gli slip erano stati tirati n basso ed i testicoli si appoggiavano su essi.
Ero sufficientemente lucida per valutare quell’uccello che mi aveva dato tanto piacere. Mi vergogno a dirlo, feci anche un confronto con il tuo. Non era ne più lungo ne più largo. Avrei detto che fossero uguali ed una fitta di rimpianto e rimorso mi attraversò.
Lo so che non è stata colpa tua, ma’.
Mi svegliò. Datti una mossa . Più tardi esco con mia moglie a teatro ed ho fretta.
Mi sentii come una puttana e lo ero.
Il suo cazzo era lì davanti al mio viso
Lo sai non era la prima volta, ma questa situazione non era ne prevista ne voluta. Il suo uccello era lì che mi fissava ricoperto da una patina chiara, erano i miei umori. Mi feci forza ,aprii la bocca e mi avvicinai al glande. Ne avevo appena appoggiato le labbra quando lui usò la mano per spingere la mia testa per farmi prendere tutto il suo cazzo fino in fondo alla gola ,già da subito senza alcuna remora.
Una mano in testa che spingeva mentre l’altra si infilò nella mia camicetta per palparmi in modo deciso tette e capezzoli .
Palpava la tetta in modo gentile . premeva ,ma senza darmi dolore; nel mentre le dita ‘arrotolavano’ il capezzolo. Non mi dava fastidio. Sentivo i capezzoli tirati irrigidirsi e calore intorno ad essi.
Mi sottrasse il cazzo ed impugnandolo lo usò come un piccolo bastone picchiandomi su entrambi i lati del viso dicendomi che voleva che lo conoscessi bene visto che ero la sua troietta.
Oggi penso che l’abbia fatto per volermi umiliare, provarmi il suo possesso ed anticiparmi un futuro ‘intenso’.
Me lo tenne appoggiato davanti le labbra e mi disse di usare la lingua ,di leccarlo.
Mi parve giocasse perché si muoveva sottraendolo alla mia lingua obbligandomi a rincorrerlo.
Me lo rimise in bocca andando direttamente in fondo fino all’epiglottide .Usciva e tornava in fondo. Io non facevo nulla ,ero solo un buco da occupare. Non c’era neanche più bisogna che la sua mano guidasse la mia testa.
Aveva le mani libere e ciascuna di esse si impossessò di una tetta riprendendo a fare quello che faceva prima. C’era solo un poco più di cattiveria. Ora tirava i capezzoli più forte. Li sentivo allungarsi mentre provavo un dolore acuto.
Mi disse, ferendomi: brava, brava troietta, non ti distrarre, voglio riempirti per bene almeno la bocca.
Spingeva in bocca sempre più forte fino a provocarmi dei conati di vomito quando il pene toccava il fondo.
Diceva : brava ,brava, adesso te lo dò tutto. E si muoveva nella mia bocca sempre più velocemente..
All’improvviso mi ‘stoppò’ la testa tenendola ferma con il cazzo piantato all’inizio della gola ed anche lui si immobilizzò. Un gemito animale eruppe dalla sua bocca. Fu l’anticipazione della sua sborrata. Venne dentro la mia bocca; sentii i suoi schizzi colpirmi il palato e lo sperma scivolare ed andare giù per gola; tutto dentro fino all’ultima goccia . Mi sentii soffocare e faticosamente deglutii. Sentii il suo felice godimento durare più secondi riversandomi direttamente nella via per dello stomaco tutto il suo sperma
Rimanemmo attaccati cosi fino a quando lui non mi spinse indietro; poi mi tirò su e mi guardò come solo lui fa. Pensai che mi avrebbe mandato via ,invece mi prese per le spalle avvicinando il suo viso al mio e mi mise la lingua bocca. Con la sua lingua rimescolò la mia assaporando il sapore della suo sperma. Ne fui colpita. Non mi dispiacque
Sei proprio una gran fica e ti farò diventare troia come piace a me. Con queste ultime parole mi lasciò andando verso l’adiacente esclusivo bagno a lui riservato .
Rimasi per un po’ li ,ferma ,imbambolata. Poi mi ‘svegliai. Raccattai la mia roba e così com’ero andai presso il mio ufficio . Presi le mie cose e corsi a casa. Sentivo il bisogno di una doccia che pensavo mi pulisse da tutto, ma non fu così.
Tu eri già a casa e quella sera, al mio ingresso mi dicesti che hai? Problemi?
Dovetti fare un grosso sforzo per non dirti.
Il silenzio. Avevo capito che non era finita e, stravolto con le lacrime agli occhi, le chiesi: e poi?
Poi ti devo dire della mia prima volta dietro,( non ebbe il coraggio di dire la prima volta in culo) e dei suoi figli.
Sapevo che il titolare avesse due figli adolescenti, ma’?
Ed anche di te. Ma adesso sono stanca, per favore, domani’
Si appoggiò a me e vidi in quel gesto la mia dolce moglie; seppur abbattuto, irato e curioso di sapere non riuscii ad impormi. Vidi in lei la sofferenza ed in silenzio andammo nel nostro letto. La presi tra le braccia. Appoggiò il viso al mio petto e si addormentò. Mentre sentivo il suo respiro sul mio petto rimuginai per gran parte della notte attendendo il giorno per sapere’.

La mattina dopo mi alzai al sorgere del sole, non riuscivo a stare il letto. Marta dormiva beatamente, il racconto della sera precedente non aveva certo influenzato il suo sonno. Attendendo impaziente la sua sveglia mi sono sbarbato e vestito. Sono andato alla vicina panetteria per comprare delle brioches con marmellata di cui mia moglie va matta ed ho comprato il giornale. Tornato a casa, e verificato che dormisse ancora, ho preparato la colazione.
Ho apparecchiato con cura la tavola , preparato il tè, imburrato i toast , messo in tavola marmellate, brioches e macedonia.
Guardavo soddisfatto la mia opera degna di uno stellato bar.
Sentii dei rumori. Si era svegliata ed alzata. Sentii il suo muoversi verso il bagno.
Dieci minuti dopo entrava sorridente in cucina avvolta nella vestaglia. Il mio cuore si illuminò come rivolto al sole.
Come se nulla fosse si avvicinò e mi diede un affettuoso bacio sulla guancia e si sedette alla tavola. La imitai ed insieme facemmo una ricca colazione. Sembravamo una normale coppia, ma almeno per me così non era ed aspettavo ansioso’
Finalmente terminammo la colazione. Lei tornò in camera per completare la vestizione ,io misi a ‘posto’ la cucina ed attesi.
Mi raggiunse e quella ‘finta allegria’ terminò. Ci sedemmo , lei a capotavola ed io al suo fianco.
Non parlavo, aspettavo.
Con aria grave iniziò a parlare.
Fabio, ieri ti ho detto che ti avrei raccontato tutto e con la morte nel cuore rispetto la mia promessa.
Ricordi tutto quello che ti ho anticipato o devo’.
No, no ..continua. Purtroppo ricordo tutto.
Il giorno successivo aspettavo che il titolare mi dicesse qualcosa. Mi sentivo macerare, ero imbarazzata e spaventata per quanto era successo e aspettavo uno sconosciuto seguito, ma quel giorno non lo vidi. Scoprii dopo che era partito per un evento dedicato ai notai. Lo rividi due giorni dopo da lontano, era nel suo studio, il capo chino ‘ preso’ da una pratica. Anche quel giorno non ci fu alcun contatto. Prosegui così per una settimana. Io che attendevo e nulla che succedeva.
Pian piano la mia tensione interiore scendeva; cominciai a pensare che fosse stato un unico, spiacevole, evento e che tutto si fosse chiuso .Ma quel mercoledì, ricordo bene che fosse il mercoledì perché quella sera saremmo dovuti andare al cinema per vedere l’ultimo di Richard Gere , ripiombai nel caos.
Mi fece chiamare dalla segretaria, nel pomeriggio appena iniziato, che mi disse che il titolare voleva vedermi dieci minuti dopo nel suo ufficio.
In quei dieci minuti andai in bagno per ‘rinfrescarmi’; quella convocazione mi aveva sconvolta.
Da una parte ero spaventata, dall’altra il mio ‘desiderio femminile’ aspettava quella chiamata.
In bagno mi bagnai polsi e viso per riprendermi, avevo il volto pallido,cadaverico.
Misi a posto con le mani i capelli e mi ‘aggiustai ‘ camicetta e gonna poi mi recai da lui.
La segretaria mi fece cenno di entrare immediatamente da lui . Non sopportava i ritardi.
Era alla sua scrivania. Al mio ingresso sollevò il viso e disse: chiuda la porta per favore; contemporaneamente avvisò con il telefono la segretaria che per alcuni minuti non voleva essere disturbato.
Un lungo attento sguardo mi scrutò; mi sentii tremare . Si accomodi dottoressa. Come sta?
Non sapevo cosa dire’.dissi: tutto bene grazie.
Suo marito?
Ahi, cosa voleva?
Bene, grazie.
Ruppe gli indugi. Dottoressa non ho dimenticato la mia promessa, da lei condivisa, che avrei pensato io ai suoi bisogni in sostituzione di suo marito.
Mi sentii morire.
Continuò ,per cui stasera posso dedicarmi a lei: avvisi suo marito che farà tardi.
A proposito quando siamo da soli mi chiami pure per nome: Enzo. Ci ho pensato preferisco così.
Provai a dirgli che avevamo di già un impegno, che dovevamo andare al cinema con dei conoscenti(una bugia) e poi aggiunsi, tremolante, che quello che era successo alcuni giorni prima era stato un errore. Non fui convincente, in realtà ero succube di lui e forse anche vogliosa .Sentivo nel mio basso ventre una strana ansia che si trasmetteva al resto del corpo.
Mi lasciò parlare per poi dirmi: come le ho detto stasera alle sei ,quando tutti sono andati ,la voglio nel mio studio; saremo impegnati un paio d’ore. Avvisi suo marito che potrete andare al secondo spettacolo.
Io ‘sconfitta’ abbassai il capo in segno di sottomissione.
Per chiudere mi chiese lasciandomi stupefatta: dottoressa lei cosa indossa sotto la gonna? Si intendo: collant o altro?
Seppur ‘spiazzata’ collant dissi.
Bene, bene.
Scusi la mia sfrontatezza, ma devo dirglielo.
Sa che ha delle belle tette .Ma chissà quanti glielo avranno detto o fatto capire. Che cosa ha ,una quarta?.
In un moto di ribellione dissi: no ,nessuno si è mai permesso di dirlo e comunque è una terza abbondante.
Non si offenda e non faccia la permalosa . Comunque ‘interessante , provvederemo’
A cosa ? Pensai.
Un attimo di silenzio , aprì un cassetto estraendone un pacchetto plastificato.
Me lo lanciò dicendomi: le indossi prima di venire da me, ci vediamo alle diciotto.
Aveva ‘chiuso’ la comunicazione.
Come un’ automa mi alzai e nascondendo ,per quanto possibile, l’agitazione ed il pacchetto uscii dall’ufficio recandomi alla mia postazione.
Mi sedetti e diedi uno sguardo al pacchetto. Su vi era scritto: autoreggenti color grigio fumo.
Mi aveva preso per una troia ?
Ma cosa penso.. certo.. sono la sua troia. Me l’ha già detto. E nuovamente sentii quello strano calore tra le cosce. Cosa mi stava succedendo?
Ti ho telefonato alcuni minuti dopo la ‘scoperta’ . Ricordi .’. ti dissi di una improvvisa riunione e che sarei giunta tardi; di cenare pure, ma tu mi hai attesa.
Ricordi ? Tornai dopo le otto; tu eri in sala con la tv accesa. Avevi già apparecchiato e messo l’acqua sul fuoco.
Mi dicesti : giornata pesante eh ? Sei stravolta.
Andai a farmi la doccia e poi cenammo . Avevo il cuore che mi martellava in petto, ma non potevo parlare.
Quella sera alle 18.00 in punto la segretaria lasciò il lavoro ed anche i miei colleghi andarono. Rimasi solo io .
Ero già andata in bagno e mi ero tolto le collant ed avevo indossato le autoreggenti. Mi stavano alla perfezione. Erano belle , ma sapendo perché le indossassi mi sentivo un pò puttana.
Mi guardai allo specchio: ero davvero giovane, bella ed elegante; e lo sapevo.
Sino ad allora non avevo tenuto conto di ciò, c’era mio marito che era tutto per me poi’.
Non volevo farlo irritare e mi presentai puntualmente a lui.
Disse : bene. Si alzò dalla scrivania e venne verso me. Chiuse a chiave la porta dell’ufficio dicendo : non si sa mai, qualcuno potrebbe rientrare.
Mi prese per mano portandomi al divano che era nell’ufficio e mi fece sedere.
Quel giorno indossavo una gonna lunga ,quella blu che ti piace tanto. E’ lunga che arriva quasi alle caviglie mi fa sentire elegante e protetta.
Piaceva anche a lui ,scoprii.
Ero seduta sul bordo del divano, rigida e ansiosa Lui era in piedi di fronte. Mi disse: solleva la gonna . Fallo lentamente e fammi vedere se sei stata brava.
Obbedii e sollevai la gonna come voleva lui. Apparirono le calze che mi aveva dato e quando feci per interrompermi mi disse di continuare fino in alto.
Sollevai la gonna sino alla pancia mostrandomi in quella scandalosa ‘mise’.
Guardava le mie gambe e le mie mutandine. Aveva uno sguardo da lupo.
Mi disse: allarga le gambe.
Ubbidii.
Mi disse di allargarle di più e nel mio movimento le mie mutandine si tirarono facendo vedere in trasparenza il monticello ed il ciuffo di peli pubici.
Era assorto , mi disse metti la mano nelle mutandine. Non capivo. Toccati.
Misi la mano negli slip facendoli ‘gonfiare’; istintivamente le dita toccarono tra le labbra della passera. Solo il leggero toccare mi fece eccitare la clitoride e sentii i primi segni umidi di eccitazione; ma la mia vagina era bella chiusa.
Sentivo il suo sguardo tra le gambe ,non disse nulla ,ma si slacciò i pantaloni facendoli scendere un po’ insieme agli slip portando il pene all’aperto.
Mi si avvicinò, lo sguardo incatenato alle mie parti intime.
Guardavo la mia mano nelle mutandine e guardavo il suo uccello che pian piano si stava alzando.
Staccò lo sguardo portandolo ai miei occhi.
Porta la mano alla bocca. No quella ,quella nelle mutandine. Come un automa facevo quello che chiedeva.
Adesso succhia le dita. Si, così.
Togli le dita. Socchiudi le labbra e umettale con la lingua. Falla scivolare più fuori.
Si. Sei eccezionale.
Le sue parole; i suoi complimenti mi sollecitavano ad accontentarlo sempre più. Ero sempre più presa dal suo perverso gioco..
Poi. Adesso basta. Sei la lussuria fatta donna. Sei una femmina da monta.
Il suo cazzo era sufficientemente rigido e si avvicinava pericolosamente al viso. Feci per sottrarmi. Mi disse : non muoverti ,è tuo.
Lo appoggiò alla mia bocca e lo spinse contro le mie labbra invitandomi a ‘.. io seduta e lui in piedi.
Aprii la bocca e lo presi. Era in bocca e sentivo quel paletto spingere contro il palato. Mi trattava come un buco. Mi teneva la testa tra le mani e dettava il ritmo .
Dentro e fuori. Dentro e fuori.
Già ai primi due affondi gli era diventato duro e rigido. Continuava ad andare avanti ed indietro e mi spingeva il cazzo in fondo provocandomi conati di vomito, ma a lui piaceva. Poi si interruppe sottraendomi il pene e lasciandomi la bocca aperta ad O. Mi aiutò con una mano a sollevarmi e mi fece girare e poggiare ai poggioli del divano facendomi piegare in modo che tenessi il culo in alto.
Mi sollevò la gonna fino a farmela ‘cadere’ sulla testa e con un piede mi fece divaricare le gambe.
Sentii uno strap ed un dolore ad un fianco. Mi aveva strappato gli slip.
Ero alla pecorina sul bracciolo del divano, le cosce aperte e la testa poggiata sulla spalliera del divano.
Sentii una mano ‘trafficare’ tra le mie gambe ed un dito entrare rudemente in vagina.
Un lamento di dolore mi fuggì.
Zitta. Ti piacerà.
Trafficò con il dito per fare spazio. Disse un po’ di male poi fa del bene e senza darmi il tempo di replicare il suo glande aveva già iniziato il suo percorso. Non ha avuto nessuna remora. Disinteressandosi di me ,del dolore che provavo ,ha spinto in fondo. Ho sentito il cazzo farsi strada in me, arrivare in fondo sino ad urtare l’utero . Mi è scappato un urlo e la conseguenza è stato un forte, doloroso, schiaffo su una chiappa
Zitta, mi piace scopare le cagnette come te e con violenza mi scopò come mai era avvenuto. Era grosso e cattivo.
Avevo le lacrime che mi scorrevano in viso, ma lui niente. Incurante delle mie lamentele continuava a dare forti colpi fino in fondo facendomi sobbalzare ogni volta. Finalmente rallentò ed i suoi affondi diventarono non veloci e costanti sempre a portare il cazzo contro il mio utero.
Disse: adesso ti piacerà. Non so se furono le sue parole , ma effettivamente mi stava cominciando a piacere sul serio.
Mi suggerì di masturbarmi. Allora cominciai a toccarmi il clitoride e sentii il piacere crescere.
Se ne accorse. Ti piace troia eh? Anche le parole avevano il suo effetto.
Mi sentivo davvero una troia.
Avevo messo le mani sul mio culo e me lo palpava a fondo. Mi disse la prossima volta tocca a questo bel culetto. Compresi, dissi: no, per favore no.
Disse: tranquilla la prossima volta te lo apro per bene come una pesca, non sentirai dolore, ma tanto piacere. Preparati ,tienilo pulito per me. Capii. Non aveva terminato di penetrarmi, anzi.
Portò le mani in avanti e sbottonò i bottoni della camicetta. Poi liberò i seni dal reggiseno facendoli dondolare liberi. Mi afferrò le tette.
Come sono piene e morbide. Come sono belle. Sei una splendida vacca.
E diede inizio a quella che poi seppi fu la conclusiva danza.
Piegato su me. Poggiato sulla mia mia schiena e attaccato con le mani alle tette mi scopava con ardore e mi sussurrava quanto gli piacesse scoparmi.
Sentivo il suo cazzo frugarmi e riempirmi la vagina. Sentivo le sue parole nelle orecchie . La doppia combinazione ed il mio sditalinare fecero salire il mio piacere che montò come un onda inarrestabile sentii arrivare l’ orgasmo.
Non avrei voluto ,ma il piacere salì senza possibilità di ritorno. Fu evidente a me e a lui; lui stesso sollecitò il mio godimento dicendomi: dillo che godi. Dillo.
Godi . Godi, troia. E all’ennesima ,ripetuta troia, mi lasciai andare . e godetti.
Si, godetti dicendo: godo, godo, vengo. Siiiiii
Fu un orgasmo devastante ,tanto fu il piacere che dovetti aprire la bocca per respirare aria vitale.
Sentivo il cervello in ‘paradiso’ e la passera che pulsava stringendo quell’attrezzo che mi aveva dato tanto piacere.
Non so se furono le contrazioni della mia vagina sul cazzo a provocare il suo orgasmo. Sta di fatto che sentii il suo organo ,pulsare ,ingrossarsi e poi un ‘.no, no ..ero io che dicevo no, conscia del fatto che non volevo venisse in me. Non ero protetta.
Troppo tardi . Impossibilitata a sottrarmi sentii il suo corpo irrigidirsi ed il suo ‘caldo’ seme invadermi ,riempirmi.
Ma quanto era? Sembrava non finisse mai di riempirmi.
Poi sentii il suo corpo rilassarsi. Era sempre attaccata a me. Disse: mia cara quello che non può tuo marito posso io; voglio ingravidarti.
Tranquilla, lo faremo ‘digerire a tuo marito.
Ero senza parole, ma mi sentivo sessualmente appagata e finalmente femmina. In quel momento non mi chiesi cosa intendesse, adesso so.
Si sollevò da me, sentii il suo grosso lumacoso pene uscire dalla mia intimità. Mi sentii , con dispiacere, svuotare. Mi fece alzare e girare.
Mi baciò e si fece baciare .Fu un bacio profondo di lingue desiderose di incontrarsi
Poi ripensai a come eravamo : lui vestito con il solo cazzo penzolante all’aperto; io , ricaduta la gonna, rivestita come nulla fosse accaduto.
Pensai fosse finita, ci fu una piccola appendice. Mi disse con un ironico sorriso: dottoressa ho bisogno che mi pulisca, non vorrà mica che mi sporchi i pantaloni ? Messaggio chiaro. Mi guardai in giro alla ricerca di qualcosa per pulirlo ed asciugarlo. Intanto pensavo allo sperma che mi scivolava dalla vagina alle cosce ,al pavimento.
Mi richiamò alla realtà. Dottoressa cosa fa? Cosa ha capito? Con la bocca’
Dopo pochi secondi ero in ginocchio che gli leccavo e succhiavo l’uccello; pensavo per pulirlo invece con mia sorpresa ‘alzò’ nuovamente la testa e quello che doveva essere una pulizia diventò un lungo pompino con tanta di sborrata ed ingoio. Solo dopo potei ancora leccarlo e succhiarlo e questa volta davvero per pulirlo.
Finita la pulizia per completare il lavoro lo rimisi nello slip e gli sollevai i pantaloni.
Fu un atto spontaneo su cui poi riflettei.
Mi ero asservita spontaneamente. Ero diventata la sua amante
Mi rialzai. Mi disse sei bellissima. Mi sentii gioire . Mi diede, ci demmo, un nuovo bacio con la lingua poi ,da signore, mi accompagnò alla porta . La aprì e mi disse: dottoressa è stato un piacere.
Mi sfuggì :anche per me e mi sentii avvampare come uno scolaretta.
(Quel vecchio, distinto signore mi aveva conquistato. Aveva risvegliato ed appagava pienamente la mia femminilità , come potevo dirlo a Fabio? Neanche adesso glielo avrei detto)
Andai di corsa nel mio ufficio, presi le mie cose e tornai a casa dove tu mi aspettavi.
Marta, è terribile’
Lo so, scusa non ho finito. Ho ancora molto da raccontarti.

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