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Le due veneri.

By 18 Agosto 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Non sono mai stato adatto all’estate Italiana. Il caldo, l’umidità, i negozi chiusi per ferie, le località turistiche affollate e colme di gente schiamazzante e, per la maggior parte, incivile. Da quando sono stato in grado di scegliere, infatti, ho sempre preferito andare al mare a settembre o a giugno, quando il sole non è caldissimo e le spiagge sono quasi sempre vuote. Questo però, è quello che accade ora ed, un tempo, le cose non stavano così.

La maggiore età è un concetto che tutti i ragazzi perseguono. È un obbiettivo che tutti, me incluso, si prefissano sin da piccoli come momento in cui potranno fare le proprie decisioni e non essere più dipendenti da quelle dei propri genitori. L’ideale però, nella sua integrità, non è altro che un’illusione. Lasciando perdere i casi in cui, complici genitori troppo protettivi o affezionati, i ragazzi non lasciano casa fino a quasi alla mezza età, è possibile comodamente affermare che, fino al compimento dei 20-25 anni, è impossibile per un ragazzo fare le proprie scelte e divincolarsi dalle tentacolari dita dei propri genitori.

Nel mio caso, fortunatamente, la scelta di andare a vivere da solo molto presto, e l’indipendenza economica ottenuta grazie a non pochi sacrifici, mi hanno permesso di fare a modo mio sin dai più bassi limiti della fascia d’età pocanzi descritta. A vent’anni quindi, mi accingevo ad affrontare la mia prima estate a Milano ove, si, mi sarei ritrovato solo ma, al tempo stesso, avrei potuto godere della santissima e benedetta presenza della mia unica, vera, irrinunciabile compagna, l’aria condizionata, presente a livelli polari negli uffici dell’azienda in cui, a quel tempo, lavoravo.

Solo un problema mi separava dal paradisiaco fiato della mia musa ispiratrice, fresca come una brezza invernale, un problema talvolta piacevole ma, sfortunatamente, spesso contrastante con il mio concetto di quieto vivere. La mia allora dolce metà.

La mia ragazza al tempo si chiamava Erica, una ragazza che con me, effettivamente, aveva ben poco in comune. Mentre io ero, e sono, una persona molto silenziosa, pigra e spesso burbera, che non ama le feste, la musica ad alto volume o qualsiasi luogo in cui ci siano più di tre o quattro persone, Erica era, e posso solo presumere sia ancora, una ragazza molto allegra, almeno in apparenza, che amava circondarsi dei suoi amici, ballare, ridere e fare chiasso. Non so cosa, ai tempi, oltre all’attrazione fisica, ci legasse ma il nostro rapporto era, inevitabilmente, costellato di contrasti e contraddizioni.

Ovviamente, Erica desiderava andare al mare ad agosto, balneare ed abbronzarsi sotto il sole cocente ed in compagnia delle sue amicizie rumorose e, a mio parere, tutt’altro che gradevoli. Di tutti i suoi amici, infatti, solo due o tre erano, per me, sopportabili e, per la maggior parte, essi provavano per me la stessa diffidenza e lo stesso disprezzo che avevo io per loro. Ciò nonostante, come spesso accade, ogni litigio, contrasto e discussione furono inutili. Erica sarebbe andata al mare con i suoi amici ed io, mio malgrado, l’avrei seguita, non tanto per poter stare con lei, quanto per poterla tenere d’occhio.

Erica era, e non solo secondo me, molto attraente. Aveva lunghi capelli biondi, i quali le cadevano fino a metà schiena, girandosi su se stessi in riccioli larghi e soffici, i suoi occhi erano di un azzurro glaciale, molto più chiari dei miei ed avevano un non so che di orientale nel loro aspetto. Il suo corpo era per me fonte di eccitazione pressoché costante, abbondante nel sedere, senza che esso divenisse brutto, ma soprattutto nel seno, una quinta misura naturale, morbida ed irresistibile. Erica, come tutte le donne, fingeva di vergognarsi delle sue forme, definendosi troppo grassa e troppo bassa ma, questo ve lo assicuro, erano in pochi a fare si che le sue forme, lievemente rotondeggianti, dissipassero l’incredibile attrazione che essa suscitava negli uomini.

Non mi fidavo, questo era naturale, Erica mi aveva conosciuto mentre era fidanzata con un altro uomo ed io, al tempo, non mi ero fatto problemi a soffiargliela, lei però, aveva l’abitudine di flirtare, giocare, osare e, soprattutto, tradire ed io, benché non granché affezionato a lei, non ero certo volenteroso di farmi prendere in giro, soprattutto visto che, oltre dai ragazzi, dovevo guardarmi le spalle anche dalle donne. Non era un segreto, infatti, che Erica amasse intrattenersi in compagnia delle ragazze, quanto in quella dei ragazzi e, benché la osa mi avesse inizialmente stuzzicato ogni genere di fantasia, sapevo che i pericoli, con lei, sarebbero stati doppi.

Partiti per la classica località balneare romagnola, con un convoglio di vetture degno di una carovana del far west, e giunti a destinazione dopo ore di traffico intenso e caldo insopportabile, ci stabilizzammo in un residence degno dei miei peggiori incubi: affollato, rumoroso e colmo di ragazzi e ragazze festanti, spesso ubriachi e, soprattutto, vogliosi di portare i loro giochi ben oltre la nuotata amichevole o la ballata in discoteca. Per i primi giorni, infatti, non feci altro che allontanare potenziali pretendenti dalla mia ragazza, rischiando di fare persino a botte, quando uno di costoro fu sorpreso a toccarle il seno, per nulla scoraggiato dalla mia presenza e, questo va detto, quasi invitato dalla mia poco austera fidanzata.

Stufo del suo atteggiamento libertino, che non mi avrebbe infastidito tanto se a me fosse stato permesso anche solo parlare con un altro membro del sesso femminile, alla fine del secondo giorno espressi tutto il mio rancore nei suoi confronti, non mancando di assicurarmi che i suoi amici mi sentissero ogni parola sgradevole che pronunciai nei loro confronti. Terminato il litigio, lasciai Erica nella sua stanza, dicendole che me ne fregavo, che poteva darla a chi voleva, ed esprimendole a pieno la similitudine che essa aveva con le peggiori e più audaci meretrici immaginabili. Dopo essermi sbattuto la porta alle spalle, mi allontanai dal residence, non senza ricordare ai nostri compagni di appartamento di stare lontani dalla mia ragazza, ed andai a passeggiare sulla spiaggia, lasciata finalmente libera per quel periodo di tempo in cui il sole non è forte abbastanza da abbronzare ma non ha ancora lasciato spazio alla notte, in cui, sulla spiaggia, i vacanzieri si ritrovano a ballare, bere e divertirsi.

Camminai per qualche minuto prima di accorgermi di essere seguito. Non so come feci a rendermene conto ma, improvvisamente, mi sembrò di sentirmi un paio di occhi addosso e, fingendo di guardare il mare, notai con la coda dell’occhio che si, effettivamente qualcuno mi stava seguendo. Mi voltai, e riconobbi subito la persona che avevo davanti. Aveva un fisico simile a quello di Erica, sebbene leggermente meno abbondante, così come, di poco, meno formoso, due bellissimi occhi castani , un vestito decorato da migliaia di rose rosse disegnate e lunghi, splendidi capelli rossi, di quelli che si vedono, oramai, solo nei film in stile ottocentesco, basati su boriosi e noiosissimi romanzi di Jane Austin.

“Sara,” sospirai sollevato “che ci fai qui?”

Sara era un’amica di Erica, forse la sua migliore amica e, certamente, era una delle poche persona che sopportavo tra le sue amicizie. Bella, intelligente e dolce, Sara era sempre gentile e disponibile con tutti ma, contrariamente alla sua amica, teneva le sue attenzioni, ed il suo corpo di conseguenza, per se o, al massimo per chi le si accompagnasse sentimentalmente. Era una ragazza molto singolare per il quale, non lo nego, avevo sempre avuto un debole.

“Non te la prendere, lo sai come è fatta.” Disse Sara, appoggiandomi goffamente una mano sulla spalla “Fa la scema ma non vuole tradirti, ti vuole bene.”

“Si, certo!” risposi io seccato “Sono pronto a scommettere che ora sarà con uno dei vostri amici a divertirsi

Sara sospirò, sapeva che la sua amica era così, difficile da far ragionare, convinta di poter avere tutti e di avere diritto a costringere il proprio partner ad avere solo lei. Era un’idea ingiusta ma, sfortunatamente, Erica non vedeva altra realtà che non fosse la sua. La sua migliore amica però, pensava di avere una carta in più da giocare. Erica, era certa, voleva far durare il nostro rapporto e, con l’aiuto della sua migliore amica, ce l’avrebbe fatta.

“Non preoccuparti. Te la tengo d’occhio io!” mi rispose “Sei una brava persona e voglio che tu stia con lei.”

Così dicendo Sara mi baciò la guancia furtivamente, prima di voltarmi le spalle e tornare verso il residence di corsa, quasi non ci fosse un secondo da perdere per fermare la sua amica, prima che compisse qualche scellerato atto. Io, invece, dedicai i minuti seguenti a sbollire la mia rabbia, passeggiando con i piedi immersi nella fresca acqua marina fino a quando non mi sentii tranquillo abbastanza per poter tornare alla mia stanza. Giunto al residence salii le scale fino al piano a cui era il nostro appartamento, aprii la porta principale e mi diressi verso camera mia, o meglio, mia e di Erica, fermandomi sulla porta, ove sentii un rumoreggiare alquanto sospettoso.

Squittii, fruscii, respiri, i tipici segni che fanno subito capire cosa stia accadendo dentro una stanza. Meno male che Sara doveva tenermela d’occhio, che doveva farle la guardia, invece, tutti erano usciti, probabilmente per andare a cena ed Erica era stata lasciata sola con qualche ragazzo.

“Perfetto” pensai appoggiando la mano alla maniglia della porta “Cogliamola sul fatto e facciamola finita con questa storia!” e, così pensando, aprii la porta.

Rimasi a bocca aperta, esattamente come le persona che avevo appena sorpreso. Mi ero deciso ad entrare nella camera urlando a squarciagola ma, prima che io potessi pronunciare la prima sillaba, fui costretto ad interrompermi. Per una frazione di secondo ebbi la possibilità di vedere Erica e Sara baciarsi, i loro seni in parte scoperti, intente a toccarsi amorevolmente, in preda ad un passionale scambio di effusioni. Appena mi notarono però, il bacio si interruppe e Sara, visibilmente scossa, si aggiusto subito il vestito, coprendo i suoi abbondanti seni rosei sotto il vestito arioso che indossava.

“Dio…” disse, visibilmente rossa in viso “…mi dispiace, non è come pensi…io…”

La ragazza fece per alzarsi ma Erica la fermò, afferrandola per una spalla e baciandole una guancia amorevolmente, ridacchiando nel guardarmi.

“Hai visto amore…” disse, accoltellandomi con quel suo sguardo di sfida “…anche la nostra Sanina non è così buona e dolce come credi.”

Sara aveva gli occhi lucidi, il suo sguardo era al contempo imbarazzato, terrorizzato e rattristato. Pochi minuti prima aveva cercato di rassicurarmi ed ora, si era fatta cogliere in flagrante mentre baciava, toccava e denudava la mia donna. Le sue colpe però, non erano finite.

“Dai, tesoro…” disse Erica guardando la compagna negli occhi “…di al nostro amico da quanto stiamo insieme…”

Fu una pugnalata nel cuore, non solo nel mio ma, lo si vide, anche in quello di Sara, la quale, per la mia incredulità, confessò balbettando i suoi peccati.

“U-un anno…”

Un anno. Io ed Erica stavamo insieme da poco più di tre mesi e lei già andava a letto, con la sua migliore amica, da nove mesi prima che uscissimo per la prima volta.

“Per favore, non arrabbiarti…” sospirò Sara, il cui viso ora non tratteneva più le lacrime “…noi ti vogliamo bene…e…”

“…e tu sei cornuto!” rise ancora di gusto Erica, leccando le gocce salate dal volto dell’amica.

“Smettila!” esclamò Sara, spingendola via. “Non fare la stronza, non fare finta che non te ne freghi un cazzo!”

Erica aggrottò la fronte, seccata, voleva irritarmi, inizialmente, ma ora, forse, voleva infastidire anche Sara. Comportarsi male, dopotutto, era il suo passatempo preferito e, pensando di non aver oramai nulla da perdere, aveva deciso di divertirsi con i sentimenti di coloro che amava, finché poteva.

“Hai ragione…” disse alzandosi.

Erica si fece avanti, venendo verso di me con passo deciso e provocante. I suoi capelli erano sciolti e rimbalzavano come nuvole di seta sulle suo spalle, scoperte dall’abito bianco che indossava. I suoi occhi, più glaciali che mai, approfittavano della mia confusione per inebetirmi, stordirmi, soggiogarmi, aiutandosi con la bellezza del suo corpo, delle sue forme, delle sue gambe e delle sue cosce, appena coperte dalla stretta e cortissima gonna bianca e dei suoi prosperi seni, uno dei quali sporgeva dall’abito, mostrandosi a me in tutta la sua gloriosa enormità.

Erica mi afferrò i capelli e si fece avanti per baciarmi, appoggiandosi a me con il suo petto soffice e caldo. Io feci del mio meglio per resistere ma la sua mano libera, lontana dall’essere immobile, si stava già infilando sotto il mio costume e, quando ella mi afferrò il membro, accarezzandolo delicatamente da sotto la stoffa umida, non potei più fare altro che appoggiare le labbra alle sue, lasciando che la sua lingua mi penetrasse la bocca, eccitandomi all’istante come non avrei mai potuto pensare di dare in un simile momento.

“…vedi?…” continuò facendo ben vedere alla compagna come mi stava toccando e quanto fossi divenuto duro “…del cazzo mi frega eccome…”

Erica mi baciò ancora ed io, con gli occhi chiusi, potei solo sentire Sara che singhiozzava, abbandonata da una persona che credeva le volesse troppo bene per ferirla in quel modo. Io però, pur essendo dispiaciuto per la ragazza, non potevo fare nulla, come un compagno di Ulisse, sedotto da Circe l’incantatrice, ero oramai una bestia, più che un uomo e, mentre le mie mani si abbandonavano al seno scoperto della mia carnefice, mi perdevo nel suo dolce profumo, per nulla attenuato dalla salsedine posatasi sulla sua pelle durante il giorno.

Sentii Sara alzarsi, ed i suoi passi percorrere la stanza frettolosamente tra un singhiozzo e l’altro. Voleva andarsene ma, ancora una volta, Erica la fermò. Aprii gli occhi quando le labbra della ragazza lasciarono le mie e la vidi voltarsi per baciare la compagna, la quale però, al contrario di come avevo fatto io, si rifiutò di ricambiare, pur non riuscendo a liberarsi dalla presa dell’amica.

“Avanti…” disse Erica tirandola a se “…non fare la timida…di al mio ragazzo come stanno le cose…o devo dirglielo io?”

Ancora una volta Erica avvicinò alle labbra di Sara che, questa volta, oppose meno resistenza, lasciandosi baciare, sebbene malvolentieri, ed arrossendo di imbarazzo vedendo, con la coda dell’occhio, che io la stavo guardando e che, eccitato come ero dalla situazione, impazzivo di desiderio, posseduro come ero dalle abili mani della sua amica.

“Io…”accennò Sara, esitante ed incerta “…tu…”

“Avanti tesoro…” le sussurrò Erica dolcemente, affondandole nuovamente la lingua tra le labbra e sfregando il petto contro il suo “…digli la verità.”

“…mi piaci…” mormorò Sara.

Erica afferrò bruscamente Sara per i capelli, evidentemente non era quello che voleva sentire. Lasciando finalmente il mio pene, oramai completamente eretto e pulsante, ella estrasse la mano dal mio costume e la usò per tirarla in avanti, strattonandola per il vestito che per un attimo si spostò, per poi essere immediatamente rimesso a posto dalla proprietaria.

La mia ragazza mi piazzo davanti l’amica, come se essa dovesse farmi un annuncio ufficiale e, abbracciandola da dietro, baciandole caldamente il collo, le sollevò la gonna, infilandole le mani sotto le mutandine del costume sottostante, di un ricco colore rosa, con qualche ghirigoro bianco. Sara gemette lievemente, contorcendosi mentre l’amica le massaggiava il clitoride, arrossendo ancor più in viso, fino a quando le sue guance rosee non divennero del medesimo colore acceso dei suoi capelli.

“Amore!” disse rabbiosamente Erica “Non è quello che mi dici ogni volta, dal giorno in cui io e lui ci siamo messi insieme…”

“Io…ti voglio…” disse finalmente“…vi voglio insieme, tutti e due per me…”

“Brava Sarina…” aggiunse Erica, baciando l’amica, oramai abbandonatasi alle sue braccia e toccandola con più intensità tra le gambe, in modo che io la vedessi ancor più eccitata.

“E tu amore?” disse rivolgendosi a me “Adesso che sai questa cosa, sei ancora arrabbiato? Vuoi lasciarmi qui, con lei, o preferisci averci tutte e due, solo per te?”

Non risposi, ero una statua di sale, incantata di fronte a due veneri, avvolte l’una nell’altra, pericolosamente intente a compiacersi, in un modo o nell’altro, nel tentativo di conquistare la mia attenzione. Ero perduto, perduto negli occhi glaciali di Erica, che mi guardava lussuriosa, disposta a condividere con me la donna che amava pur di non perdere il nostro rapporto, perso nell’iride castano di Sara, la quale, preda delle dita della compagna mi chiamava, come una sirena, a prenderla, perduto completamente nelle sinuose curve dei loro corpi, ancor quasi del tutto vestiti, che desideravo possedere più della mia stessa anima.

Feci un passo avanti, avvicinandomi alle due, ma Erica subito mi fermò con il palmo della mano.

“Fermo!” esclamò “Qui non stiamo giocando e basta. Tanto per cominciare tiralo fuori e faglielo vedere bene.”

Obbedii, abbassandomi il costume da bagno bianco, con grossi fiori azzurri, fino a farlo cadere ai miei piedi. Poi, presi in mano il mio membro, il quale puntava dritto verso di loro, ed accarezzandolo dolcemente, lo mostrai, così, duro come era, alle due ragazze davanti a me.

“Hai visto?” sussurrò Erica all’amica, facendo appena sentire la propria voce sopra i suoi gemiti di piacere. “E’ proprio come te lo avevo descritto, vero?” le chiese poi, prima di rivolgersi nuovamente a me.

“Ci vuoi?” chiese, ed io annuii con la testa.

“Ci vuoi tutte e due?” ribadì, ed ancora io mossi il capo con un cenno verticale di approvazione.

“Non ci basta che ci scopi però…ci devi volere davvero…” insistette, e questa volta io rimasi fermo, esitando, convinto che Erica avesse ancora qualcosa da aggiungere. Lei, non vedendomi rispondere, mutò per un attimo la sua espressione da sensuale e lussuriosa a dolce e fragile, baciando la guancia dell’amica come fosse alla ricerca di conforto.

“Amore…” chiese “…vuoi essere nostro?”

Nemmeno se fossi stato un folle, nemmeno in un momento di ira o di smarrimento completo, avrei mai potuto udire quelle parole, rivolte a me da una simile venere, e negarmi al suo volere. Guardai le due ragazze negli occhi, ancora incredulo al fatto che quanto stava accadendo fosse reale e, con una voce resa scarsa e soffocata dalla pura emozione ed eccitazione di quel momento, mi lasciai sfuggire un timidissimo, mugolato ma convintissimo “si”.

Fu il segnale che pose fine alla tensione del momento, a quel senso che tutto, di li a poco, sarebbe potuto andare a monte. Eravamo in tre in quella stanza, ed ognuno di noi desiderava l’altro in maniera uguale e reciproca, tutti e tre ci eravamo mentiti, fino a quel giorno, inconsapevoli di quanto ci volessimo l’un l’altro e di quanto, pur nella confusione della nuova scoperta, saremmo stati bene nel condividere i nostri piaceri a tre.

Il breve attimo di pausa tra il mio consenso e il prossimo respiro passò improvvisamente, come se il tempo avesse rallentato per poi accelerare di nuovo e spazzarci tutti via. Furono le ragazze a riprendere in mano la situazione. Si baciarono, finalmente lasciandosi andare a dolci sogghigni di piacere, toccandosi da sopra gli abiti mentre le loro lingue si intrecciavano. Il seno scoperto di Erica veniva massaggiato dall’amica, che ancora poteva godere della sua mano infilata sotto le mutandine, tra le gambe.

“Ti amo…” sussurrò la mia ragazza all’amica prima di venire verso di me, marciando con lo stesso passo di una gatta, vogliosa come non mai di farmi perdere ogni cognizione della realtà. Ella si inginocchiò davanti a me, lasciandosi cadere in terra con una grazia altrettanto felina e, con un solo, fluido movimento del corpo, portandosi avanti, facendo si che il mio membro, oramai sovrastimolato e quasi sul punto di esplodere, si infilasse, come un pezzo di ferro attratto da un magnete, tra le sue labbra.

Il formicolio di piacere che quel momento di pura estasi mi diede mi risalì il ventre, esplodendomi nel petto quando sentii i seni di Erica sfiorarmi le gambe, uno coperto dal suo vestito leggero, l’altro nudo ed esposto, in grado di farmi percepire tutto il suo calore. Gemetti lievemente alzando il capo verso il sofitto ma non ebbi tempo di dire altro prima che Sara si fosse avvicinata. Dopo aver incoraggiato l’amica ad affondare la mia carne ancor più nella sua cola, con un dolce movimento delle mani dietro la nuca della compagna, ella si fece avanti, poggiando il suo corpo ancor vestito contro un mio fianco, le sue gambe morbide e sinuose leggermente divaricate, i suoi seni candidi, visibili appena dalla scollatura del vestito, appoggiati alle mie spalle.

“Ti avevo detto di non preoccuparti…” ridacchiò, prima di appoggiare le labbra alle mie.

La lingua di Sara era calda, dolce, irresistibile, mi invase la bocca tremante ma si fece presto decisa ed esploratrice. Sentii il corpo della ragazza fremere, anche per loro doveva essere un momento nuovo, immaginai, anche loro dovevano in qualche modo, sfogare il sollievo per il passaggio di quella tensione sessuale quasi insopportabile che si era creata e che, finalmente, era stata convogliata verso ciò che tutti e tre sapevamo di volere ma non avevamo il coraggio di chiedere. Il mio braccio destro strinse la dolce rossa a me, facendo si che io sentissi prima il suo ventre, poi le sue cosce urtare delicatamente la mia pelle nuda. La mia mano le alzò lievemente la gonna vaporosa, in modo tale che potessi afferrarle il sedere, così morbido, così sensuale. Lei gemette e con le mani cercò il mio ventre, prima, scendendo poi verso il mio inguine, ove l’amica lavorava voracemente con la bocca, andando a sfiorarmi la base del pene, i testicoli, facendomi nuovamente provare il brivido di piacere che offre il primo contatto con una persona.

La mia altra mano, nel frattempo, era perduta in un mondo tutto suo. Essa si spostava, quasi freneticamente, sebbene in maniera fluida, facendo avanti ed indietro dalla nuca di Erica, ove infilandosi tra i suoi soffici ricci biondi, la incoraggiava ad assaporare ogni mio millimetro con crescente ingordigia, ed il suo corpo formoso. Con un gesto quasi automatico infilai la mano sotto il vestito bianco e scollato della bellissima bionda, sentendola mugolare mentre si dava piacere, succhiandomi e masturbandosi al tempo stesso. Accarezzai la mammella ancora coperta, passando tra la nuda pelle e il cotone bianco, afferrandola con dolcezza e tirandola fuori, lentamente, dal luogo in cui era stata gelosamente custodita. Finalmente potevo guardare, potevo sfiorare e toccare quel ben di dio sebbene, questo devo ammetterlo, fosse difficile capire cosa, dove, ma soprattutto chi volevo stringere tra le falangi, se l’incantatrice dalla chioma dorata, la quale mi aveva ipnotizzato ed ora mi divorava golosamente o la fata dai dolci occhi castani, poggiata al mio fianco, che accarezzava oramai ogni millimetro del mio corpo.

Ponderavo su questo dilemma, stretto nella morsa delle due veneri, perso nel piacere, colmo di desiderio. Ogni movimento era, per me, un passo in avanti verso la follia, verso la perdizione. Sentivo le ragazze gemere, toccandosi e lasciandosi toccare da me, ricambiavano le attenzioni delle mie mani con mugolii di piacere e sospiri, sussurrando di tanto in tanto le loro voglie, cosicché io potessi sentirle. Sara, finalmente, parve avere pietà della mia mente offuscata e fece un passo indietro, lasciandomi alle sole attenzioni di Erica, cosicché io potessi ritornare alla realtà, concentrarmi su qualcosa, evitare di impazzire. Credevo che ella avesse voluto salvarmi ma, in realtà, voleva solo portarci, tutti e tre, ancor più dentro il fiume della lussuria.

Il silenzio durava oramai da minuti interi, si udivano, nella stanza, solo i delicati mugolii, i respiri soffusi, i sospiri, i sussurri ed il suono sporco ma paradisiaco della bocca di Erica intorno a me. Di tanto in tanto, un delicato “Ah, si…” si levava in aria, pronunciato da me o da uno dei miei due angeli del piacere. Ad interrompere il delicato silenzio fu una musica leggera, suonata a basso volume, che Sara aveva trovato la lucidità di far partire dal suo cellulare, appoggiandolo poi ad una mensola dietro di se. La ragazza si portò davanti al letto, di lato, rispetto a me ed Erica, ove tutti e due potevamo vederla.

Rimanendo in piedi, leggermente controluce, la ragazza si raccolse i capelli color rame tra le mani, alzandoli per poi lasciarli ricadere alle sue spalle, muovendosi sinuosamente al suono della musica, un delicato sottofondo alla sua sensuale sinfonia. Sia io che Erica ci fermammo involontariamente, come stregati dal canto delle sirene, a guardarla, le nostre mani, ancora le une sul corpo dell’altro, improvvisamente immobili per l’eccitazione che ella aveva in noi scatenato.

“Vi prego…” disse Sara sospirando, mentre le sue mani percorrevano in lungo il tessuto del suo abito “…non fermatevi…continuate…e guardatemi…”

Lentamente, le mie mani, appoggiate alla nuca di Erica, riresero a muoversi, facendo si che ella riprendesse ad assaporarmi, a succhiarmi, interrompendosi solo per leccare delicatamente il mio clade, per poi percorrere tutta la mia asta, vero i testicoli e li, soffermarsi ad assaporarli mentre mi lavorava con le mani. Godevo mentre pronunciavo il suo nome, guardando le sue forme ondeggiare e le sue dita scendere, dandosi il cambio, dal mio inguine al suo, onde dare piacere simultaneamente sia a me che a lei. Non potevo però, come non poteva lei, non alzare lo sguardo vero la nostra compagna, la quale, senza interrompere il suo ipnotico movimento, si era abbassata le spalline del vestito e ci lasciava sbirciare, dalla scollatura abbassata, i suoi seni candidi, sempre meno coperti. Quando finalmente la parte superiore dell’abito cadde sotto la linea del petto, lasciando libere le sue mammelle, ci fu un sospiro di piacere collettivo, nel vedere le curve perfette di Sara rimbalzare ad ogni suo movimento, nell’ammirare le sue mani salire a massaggiare il suo corpo esposto, a stringere i suoi capezzoli rosei e turgidi tra le dita.

La ragazza continuò il movimento ondulatorio, girando lentamente su se stessa mentre si alzava la gonna, mostrandoci il suo culo perfettamente rotondo mentre si abbassava, anche se solo di un po’ le mutandine che non caddero a terra prima che lei ci stesse nuovamente guardando, osservandoci mentre godevamo nel vedere la sua piccola aiuola rossiccia, curata e perfetta come tutto il suo corpo, comparire da dietro la stoffa rosa del costume il quale, finalmente, aveva smesso di coprire il dolce paradiso che non vedevo l’ora di possedere.

Sara giocò ancora per qualche secondo con il vestito, alzandosi ed abbassandosi la gonna per farci vedere o coprire le sue cosce, il suo sedere, il suo pube, massaggiandosi e stringendosi i seni, giocando con i propri capelli. Poi, alzando bene l’abito sopra li linea della vita, si sedette comoda sul letto, divaricando le gambe in modo da mostrarsi a noi completamente e, senza indugio alcuno, iniziò a toccarsi, sfiorandosi e penetrandosi con le piccole, soffici dita di cui era dotata. Il suo respirò aumentò presto ed ella aprì la bocca per respirare meglio, regalandoci una lunga espressione di piacere che ci fece quasi perdere la testa.

Erica stava visibilmente perdendo ogni cognizione del tempo e dello spazio, mi assaporava da cima a fondo, masturbandosi sempre più freneticamente mentre guardava l’amica la quale, dal letto, ci guardava come fossimo stati gli attori di un film a luci rosse, creato ed interpretato appositamente per lei. Guardavo le dita della mia ragazza muoversi tra le sue cosce aperte, spostandomi poi, senza poterne fare a meno, sul suo sguardo voglioso, sulla sua bocca che mi percorreva l’asta fino in fondo, lasciando che fossero le mie mani a decidere quanto volevo penetrare nella sua gola, sui suoi seni pieni che, di tanto in tanto, mi avvolgevano, facendomi tremare tutto il corpo, prigioniero delle sue forme calde e suadenti.

Fu allora che Erica non poté più resistere. Si sfilò lentamente la mia asta dalla bocca, liberandomi con uno schioppo soddisfacente e, attratta come un magnete dalla sua amica, gattonò come una fiera verso di lei che, intenta a godersi lo spettacolo, era oramai un lago di piacere, sul punto di esplodere, ad un passo dal culmine.

“Vieni qui…” sussurrò Sara all’amica, lasciandola gattonare tra le sue gambe aperte “…fammi godere!”

Erica si calò tra le cosce della compagna, prendendo immediatamente a sfiorarla ed entrare in lei con le dita, per poi divorarla, affondando le labbra sulle sue parti più sensibili, leccando ed assaporandola come una belva assetata, dimenandosi per farla giungere il prima possibile al massimo dell’estasi.

“Aaaaah!” Gridò dopo pochi secondi Sara, accompagnando la sua testa all’indietro e tenendosi, con una mano, alla nuca della mia ragazza, aggrappandosi alla sua chioma per farla affondare ancor più in lei “Leccamela! Leccami sto venendo….AAAAH!”

Per qualche secondo, le due schiamazzarono in preda al piacere, Erica Leccava e toccava la sua amica senza mai dimenticare di portare almeno una mano all’indietro per compiacere se stessa, infilandosi una, due, tre dita nella figa e lasciandosi bagnare di succhi e piaceri che parevano nettare divino. Io mi toccavo, guardandole godere, guardando il volto di Sara mentre veniva, i suoi seni stretti tra le mani, la sua intimità posseduta da un’amica che oramai l’aveva in pugno, che la stava facendo venire in un’esplosione di grida e di piacere. Guardavo Erica, il suo sedere rotondo ed abbondante dalla pelle liscia che ondeggiava di fronte a me, scuotendosi al suono delle sue grida, bagnandosi sempre più degli umori che fuoriuscivano da lei e, talvolta ,schizzavano qualche gocciolina verso l’alto. Nell’orgasmo, Sara trovò la forza per alzare il viso e guardarmi, rabbiosa di piacere, vogliosa, ardente.

“Scopala! Falla impazzire!”

Erica era già piuttosto folle, in realtà, vicina all’orgasmo a tal punto da essere già tremante e pulsante di piacere. Ciò nonostante non esitai a farmi avanti e, alzando ancor più la sua gonna bianca, togliendo le mutandine che lei finora aveva solo spostato, entrai violento in lei, immediatamente prendendo a stantuffare, spingendole con una mano il viso ancor più forte verso la vagina dell’amica e, con l’altra, schiaffeggiandole il sedere che ora mi accoglieva, materno, urtandomi il ventre mentre mi spingevo in lei.

Erica era oramai al limite. Avrebbe voluto gridare ma potè farlo solo nei brevi momenti in cui il suo volto, a causa del nostro movimento, si staccava dal pube dell’amica, concedendole un attimo di respiro, una sillaba o poco più.

“Si!” Gridava “Cazzo!” imprecava “Godo!” gioiva, contorcendosi intorno a me e tentando di trovare il fiato per concedersi a me ancor più, disperatamente prigioniera del suo e del nostro piacere. Finalmente, esasperata dal piacere post orgasmico, Sara si lasciò cadere con la schiena sul materasso, divaricando le gambe, finalmente rilassate e concedendo alla compagna la tregua che le serviva per unirsi a lei nel culmine del piacere.

“Si! Amore vengo!” Esclamò “Facci godere siamo le tue porche!” prima di abbandonarsi alle follie della sua mente, finalmente esplodendo in un lungo e violento tremito, gemendo in un intenso ululato di piacere, durante il quale dovetti letteralmente afferrarmi a lei per non venire sbalzato via, come un cavaliere dal toro meccanico.

Quei secondi mi sembrarono infiniti, io stesso mi chiesi come avevo fatto a resistere senza esplodere in lei ma, conscio dei piaceri che mi attendevano, resistetti fino a quando Erica non crollò, cadendo in avanti sul pavimento, ai piedi della sua amica, ridacchiando con lei, sguazzando nel piacere soave che viene dopo un violento coito.

“Ah…tesoro…” disse rivolgendosi a Sara, riprendendo il fiato “è fantastico, non è mai stato così bello! Voglio essere vostra per sempre! Sono vostra!”

Sara si fece avanti, scendendo dal letto a carponi e baciandola. Le due si toccarono ancora, strusciandosi vicendevolmente per qualche secondo. Ero sul punto di saltargli addosso, in preda alla follia in cui mi avevano trascinato, quando Sara lasciò la compagna a riprendere fiato per qualche secondo e, lasciandomi sdraiare schiena a terra, mi baciò, sottraendosi a me solo per discendere lungo il mio corpo con la lingua, arrivando ben presto alla base del mio membro e, subito, assaporandolo come aveva fatto l’amica minuti prima.

Fu un piacere paradisiaco, ma di pochi secondi, presto infatti ella decise di concedermi un piacere ancora più intenso, estraendomi dalle sue calde labbra rosee e stringendomi, decisa ma delicata, tra i tuoi seni, prendendo immediatamente a rimbalzare su e giù, usando le mani per giocare con il mio scroto, con il mio perineo ed il mio ano ma, soprattutto, raggiungendo con la lingua la punta del mio glande, non appena esso si mostrava dalle sue voluttuose curve.

“Mi fate impazzire…” sussurrai, allo stremo delle forze “…vi voglio entrambe!”

“Siamo tue…” rispose lei, massaggiandomi tra le sue mammelle, in confronto alle quali il paradiso sarebbe parso come un luogo grigio e noioso.

Non potevo più resistere, dovevo avere anche la seconda venere, dovevo prenderla e così feci. Portai le mani ai suoi seni, accompagnandoli un paio di volte nel loro movimento, autocompiacendomi nel sentire la pressione passare dalle mie mani alla sua carne e poi ancora alla mia verga. La sensazione era semplicemente unica, quasi surreale. Le mie mani scesero poi più in basso, afferrandola appena sotto, con delicatezza, per incoraggiarla a risalire lungo il mio corpo. Ella mi assecondò ed in un attimo il suo viso fu di fronte al mio ed il mio corpo giaceva caldo ed eccitato tra le sue gambe. Ella si avvicinò e mi baciò, lasciandosi afferrare, stringere e strizzare in ogni modo, incoraggiandomi persino a stringerle forte i capezzoli, tanto da provocarle un dolore innocuo ma intenso che le scatenò un’espressione di sconvolto piacere sul viso e fece fluire nuovi liquidi dalla sua già bagnata vagina.

Fu quello il momento in cui sentii una sensazione bagnata, calda e piacevole avvolgermi il pene, poi i testicoli e vidi Sara balzare su se stessa, facendomi rimbalzare le sue forme abbondanti in viso, sconvolta come se qualcuno l’avesse colta di sorpresa. Ambedue guardammo indietro per comprendere cosa stesse accadendo, scoprendo con piacere che Erica si era ripresa ed ora, vogliosa di ricominciare a giocare in tre, stava leccandomi e succhiandomi con tutta se stessa mentre le sue mani, piccole, delicate ma terribilmente curiose, giocavano con l’ano dell’amica, la quale arrossiva nuovamente di piacere.

Sara sospirò ancora e gemette brevemente, squittendo mentre mi baciava un’altra volta. Poi, inarcando la schiena e tenendosi a non più di un centimetro dal mio viso, si assicurò che io l’avessi guardata bene, bella, formosa, sudata, bagnata, perfetta, prima di lasciare che l’amica poggiasse il mio membro all’ingresso del suo paradiso.

“Sono tua.” Mi disse “Prendimi.”

Mentre ella si lasciò andare su di me, io spinsi in alto e la penetrai, sentendola subito contrarsi su di me, prendendo a muoversi, saltellare, scivolare sul mio corpo, muoversi circolarmente come una danzatrice del ventre, spingendo la mia verga in profondità, dentro di se, lasciandosi toccare e gemendo, gridando, godendo come una belva, come una porca, come un giocattolo tra le mie mani, concedendomi di essere suo ma, soprattutto, di averla, di possedere lei e non solo, di avere con lei anche Erica, due veneri nelle mani di un solo uomo, il preludio alla follia ed alla lussuria più intensa che esista.

La stupenda e formosa bionda, oramai persa nell’estasi di quegli istanti, si affiancò all’amica, lasciandosi toccare sia da me che da lei, concedendosi in maniera ancor più assoluta, invitandoci con ogni sua movenza a fare di lei ciò che volevamo, qualsiasi cosa fosse, qualunque fosse la nostra volontà. Le mie dita la penetrarono la figa, quelle dell’amica si insinuarono tra le sue natiche e nel suo ano, lanciandola in grida e grugniti suini di piacere, ella si chinò in avanti, così come fece Sara e le due mi invitarono a succhiare dai loro capezzoli, ad uno ad uno, a mungerle ed a godere a pieno di loro, poi, rialzatesi, con Sara che ancora mi cavalcava con furia e passione, esse si strinsero e baciarono, toccandosi e stimolandomi fino alla perdizione.

“Amore, sto venendo…godo!” Disse Erica, stringendosi alla compagna e porgendo le mani dietro di lei, dove potevo sentirle carezzarle il perineo per poi sfondarle il culo “Ah! Vengo!”

“Scopatemi…fottetemi sono vostra!” si unì all’orgasmo Sara, stringendo i seni dell’amica tra le mani ed accelerando ancor più i suoi balzi “Dio godo come una troia! Vengo!”

Le due vennero, una subito dopo l’altra, insieme, come gemelle che, sebbene diverse, condividono ogni loro sensazione. L’orgasmo fece si che ogni loro movimento, ogni sguardo ed ogni curva, accrescessero esponenzialmente il mio piacere. Ero oramai al mio limite, non avevo mai dato tanto ne tanto avevo ricevuto, desideravo solo scoppiare e, vedendole li, avvinghiate, i loro corpi caldi intrecciati, pensai che avrei potuto svenire per il piacere.

Sara mi sentì pulsare, ero pronto, stavo per venire anche io, per unirmi a loro, per eiaculare. La venere rossa mi lasciò scivolare fuori da se, assicurandosi che io vedessi ogni mio centimetro uscire da lei e che guardassi le sue labbra chiudersi dopo il mio passaggio, accompagnando il suo movimento sinuoso con un gemito lungo e audace, poi, chinatasi in avanti, mostratami la parte di lei più pronunciata, ella invitò l’amica ad unirsi a lei nel banchettare sulle mie rovine, ad assaporarmi e compiacermi fino a quando non avrei donato loro ciò che volevano, il seme che con tanta passione avevano munto dal mio corpo.

Non avevo mai avuto due donne prima, non potevo essere pronto per la sensazione che mi diedero due paia di labbra e due lingue che si attorcigliavano intorno a me, salendo e scendendo sulla mia asta solo per fermarsi, ogni tanto, sulla cima e baciarsi intensamente. Non potevo conoscere il tocco di quattro mani su di me, ne l’abbraccio di quattro seni, così morbidi, caldi e piacevoli da annichilire ogni mio precedente concetto di piacere, stretto tra i sue corpi, condiviso da due veneri, iniziai presto a sentire la mia volontà che mi abbandonava ed un tremito irresistibile risalirmi dal perineo, allo scroto, fin nei testicoli ed alla base del pene, una sensazione incoraggiata da quelle dita, da quelle bocche, dalle loro mammelle intorno a me.

“Vengo…vengo…” dissi, e le loro mani presero a mungermi, mentre le loro lingue iniziavano a raccogliere il frutto del mio piacere.

“Dai tesoro, dacci la tua sborra…” disse sorridendo Sara mentre mi stringeva nel suo petto.

“Amore…faccela bere tutta!” Aggiunse Erica, assaporandomi il glande e succhiando come si sul fare un ghiacciolo in estate.

Diedi fino all’ultima goccia di me stesso prima di rilassarmi e godere del meritato riposo, di quella sensazione che, subito dopo l’orgasmo, riempie la mente di endorfine e placa ogni cattivo pensiero. La pace dei sensi. Le guardai, ancora crogiolandomi in quelle sensazioni, nel guardarle baciarsi, scambiandosi il caldo latte appena sottrattomi di bocca in bocca e toccandosi l’un l’altra finché il momento, dolce e duraturo, non fu finito. Qualcosa di paradisiaco era avvenuto ed ora tutto era diverso. Io ero loro e loro, erano mie.

Non uscimmo dalla stanza per un po’. Le ore seguenti furono fatte di abbracci, carezze e baci, pratiche a cui io non sono eccessivamente avvezzo ma che, in quella occasione, mi vennero naturali come se non avessi fatto altro tutta la vita. Giocammo teneramente con i nostri corpi nudi, scherzando sull’avvenuto e scambiandoci piacevoli effusioni fino a quando non fu buio. Allora, emersi dalla stanza, fummo accolti dal frastuono degli amici di Erica che con un fragoroso quanto maleducato applauso ci accolsero al nostro ritorno al mondo reale. Tanto intense erano state le ultime ore, che l’idea che essi fossero rientrati e potessero sentirci non ci era nemmeno balenata per la testa.

Ricevetti i complimenti sarcastici dei ragazzi, così come Sara ed Erica si sorbirono, imbarazzate, i commenti, sicuramente velenosi e colmi d’ipocrisia delle amiche. La verità però, e che erano invidiosi, tutti. Non di me, o di Erica, o di Sara ma del fatto che quel pomeriggio io e le mie due veneri avevamo trovato un piacere che molti di loro, nella vita, non avrebbero mai sfiorato.

Abbracciai le mie due compagne in questa nuova avventura, quella notte, prima di chiudere gli occhi. Eravamo andati oltre ciò che comunemente era permesso e, ancor più insolitamente, avevamo deciso di soffermarci li, di godere per un po’ della compagnia di due, piuttosto che uno solo, di fare trio anziché coppia. I mesi che seguirono mi avrebbero dato prova di come la vita possa essere bizzarra, tumultuosa ed al tempo stesso infinitamente piacevole.

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