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Il mio nome è Ludovica (in codice “fica” per le mie adorate, profonde e predilette conoscenti), perché così loro m’appellano in maniera amichevole, benevola e confidenziale quando ci ritroviamo tutte assieme. Ho cinquantatré anni d’età compiuti il mese scorso e sono ammogliata da venticinque anni. Con il mio attuale consorte stiamo bene insieme, facciamo molte cose, approviamo diversi interessi in comune e sottoscriviamo siglando svariate emozioni. Di frequente, come in tutte le coppie, da qualche tempo bisticciamo concitatamente e ci scontriamo finanche vivacemente, tuttavia quest’aspetto non lo reputo né lo ritengo un problema insuperabile, nel senso che non sono controversie né questioni tali che ci fanno irrompere sfociando in crisi come coppia, perché semplicemente le facciamo e così come iniziano poi in un baleno si concludono. L’effettivo, reale, inespresso e in ultimo latente problema però, inizia sennonché allorquando cominciano i rapporti sessuali.

Io infatti, da qualche tempo (da cinque anni) mi sento in realtà esageratamente in pieno misfatto, una specie d’infrazione e un’inedita malefatta m’assale irrimediabilmente scuotendomi la psiche e l’intelletto nel tempo in cui facciamo l’amore, perché sovente mi viene da meditare a delle cose, a dei tipici frangenti e a delle situazioni che mi eccitano enormemente, in cui non sempre c’è il mio attuale coniuge, all’opposto, persino mi vengono in mente scene di film porno, di altri uomini della vita quotidiana, di persone già viste, adocchiate, salutate appena, conosciute realmente o immaginate, giacché mi compaiono situazioni non vissute, anche più cospicue e rilevanti rispetto a come sono io e alla mia naturale indole. Ciò che maggiormente m’aizza e mi stimola, è identificarmi nel piacere che ricevono le donne delle mie fantasie. Come è possibile tutto questo? Può darsi che voglia dire e indicare, che sono in scompenso e in sbilanciamento, con il mio attuale consorte e non me ne sia giammai accorta?

La mia adorata amica Monica mi riferisce incoraggiandomi e rincuorandomi di non farne un dramma, perché mi spiega commentando il mio timore e decifrando la mia incertezza, che tutto ciò che mi sta accadendo, non è poi talmente minaccioso né preoccupante, inconsueto né strano come io penso. Lei mi riferisce sottolineando per bene l’argomento, che la fantasia a letto è un elemento determinante, un fattore assai fondamentale, un ingrediente basilare e sostanziale assai considerevole e di gran peso nella vita, e quindi pure nella sessualità in tutta la sua cornice che la stessa racchiude. Alquanto regolarmente, gl’individui s’angustiano e si turbano di quanto sia concreta l’inventiva e tangibile la fantasia, e quest’apprensione è parecchio più percepita e avvertita, laddove si ha a che fare con la sessualità. Questo è leggermente il mio caso. Ammanettare e immobilizzare la fantasia entro delle regole, aggiunge in maniera solerte, netta e decisa Monica, avrebbe lo stesso valore e corrisponderebbe a sfibrarla privandola e spogliandola della sua sua naturale e intrinseca funzione.

Vedi “fica” (Ludovica) – aggiunge Monica in maniera briosa, spigliata e scaltra, come ben saprai, partendo dal presupposto che l’organo sessuale più possente e gagliardo che abbiamo è il cervello, non adoperarlo né servirsene durante i rapporti sessuali, sarebbe un poco come defraudarsi di un’utilissima, fruttuosa e insuperabile fonte di piacere. Io credo e suppongo cara mia, che il contenuto delle tue intrinseche e fitte stravaganze, t’ha messo quasi certamente lievemente in allarme per nulla. Vedi “fica” (Ludovica) – prosegue analizzando determinata Monica, io delle volte contemplo e vagheggio su delle persone anche diverse dal mio attuale fidanzato, per me non è strano né raro né straordinario. Ho notato e in ultimo persino appurato sulla mia persona, che come più la coppia sta insieme da tempo, più è usuale che nelle fantasie sessuali siano presenti elementi o persone totalmente estranee e non coinvolte alla coppia e ciò non è assolutamente connesso ad una negativa né sventurata relazione all’interno della coppia, ovvero i fidanzati stanno bene insieme. Hai afferrato il mio pensiero, hai capito il concetto “fica” (Ludovica) seguitava Monica, esponendo il suo telegrafico quanto ricco e sintetico suggerimento, dandomi un lieve buffetto sulla guancia.

In verità, si ci fai caso, tutto questo non è poi così strampalato né eccentrico sottolinea ancora Monica: nella fase iniziale d’una coppia, infatti, la grandezza e la rilevanza di vagare con la fantasia primeggia e s’impone, dopo con il passare del tempo la realtà deve sovrastare se si vuole che la coppia si strutturi, per cui ricorrere a delle fantasie a questo punto è un poco come voler porgere e affidare lo spazio ad un poco d’incantesimo, lasciando provvisoriamente da parte la realtà. A successo pure a me, fidati mia cara, rincarava il dialogo Monica. Ti dirò che, nel caso in cui tu e Renato andate d’accordo e non avete dilemmi né grattacapi di sorta da un punto di vista relazionale, per me ha poco senso inquietarsi e angosciarsi di quanto reale sia la fantasia. Torno a sottolinearti “fica” (Ludovica) – rimarcava in maniera laboriosa e zelante Monica, che sarebbe alquanto fruttuoso e interessante per esempio, comprendere se questa tua fantasia interiore esprima dei bisogni irrealizzati, desideri che ti piacerebbe magari attuare, o se invece linearmente ti riconduce indietro nel tempo a dei ricordi non vissuti pienamente, esperienze e vicende non consumate, scene viste, che t’hanno morbosamente colpito e che pertanto riguardano patologicamente la tua memoria, perché il nostro intelletto ci riconsegna nel momento in cui viviamo avventure ed esperienze simili.

Ovviamente il fantasticare, e nello specifico, il poter immaginare anche su altri individui – seguitava Monica, è benissimo comprensibile e naturale, anche in coppie che stanno insieme anche da molto meno tempo, questo sappilo. Poi c’è da aggiungere inoltre che, la fantasia è una questione assai interiore, per cui associarla e metterla in relazione o meno con il partner è in ultimo una scelta che non può né deve seguire una regola distinta, perché ogni persona e ogni coppia, deve sentirsi in conclusione libera di selezionare come viversi questa individuale dimensione. Dopo quell’interessante e allettante spiegazione, Monica si separò da Ludovica e s’avvio verso la sua autovettura per prendere sua figlia dalla palestra nella parte opposta del sobborgo, sincerandosi che Ludovica mettesse in pratica le sue preziose esortazioni, lasciandosi finalmente alle spalle le futili e le inefficaci apprensioni che la tormentavano.

Da qui, invero, comincia adesso il mio stravagante quanto estroso, inconsueto e lieto debutto. Questo è effettivamente l’inedito brio, l’intemperante e insperato risvolto totale, perché da quel momento ha inizio la mia affascinante, inattesa e viziosa vicenda. Da tre mesi ero nuovamente solo e celibe, libero, autonomo di decidere, indipendente d’attuare e di programmare le mie giornate come meglio volevo, senza l’avvallo di nessuno che ti ronza e si frappone tra i piedi. Chicchessia che non t’attende a casa, nulla da spartire, nessun compito da compiere, nessun grattacapo da risolvere, nessun’incombenza né incarichi d’adempiere. Un poco desolato, osservavo sennonché sconfortato le stoviglie sporche accatastate dentro il lavabo ingombrandolo del tutto, intanto che spulciavo sul telefonino i tanti messaggi della segreteria telefonica ancora da ascoltare. Volevo uscire per riprendermi, ponderavo e meditavo di chiamare un tassì sotto casa, perché non avevo nessuna voglia di guidare conciato com’ero e in tal modo decisi. Il tassista arrivò e mi condusse nei pressi del mio bar preferito a pochi chilometri dal mio quartiere residenziale, adiacente al distributore di benzina della stazione di servizio dell’Agip, dove facevano un caffè eccezionale. Fu in quella circostanza che l’adocchiai e in seguito conobbi così Ludovica.

In quell’inatteso momento, affaccendata nel cercare di posteggiare l’autovettura attendendo il turno per effettuare il lavaggio alla sua automobile, io estasiato da tanta grazia l’adocchiai squadrandola attentamente. Era quasi come una figura celeste, perché irradiava un’inedita armonia e un’eccezionale proporzione con quel portamento come poche donne d’altronde. Intravidi delle graziose gambe ben rifinite, fermandosi in maniera fiera e determinata a breve distanza di fronte a me. In quel frangente la esaminai meglio e notai che indossava due splendide scarpe allacciate alle caviglie, mentre le sue iridi dal colore blu cobalto facevano silenziosamente il resto rubando interamente la scena circostante, squadrandomi in modalità indagatrice e a tratti caritatevoli, esclamando all’istante in modo sorridente:

“Buongiorno, ho l’impressione che ci siamo già incontrati già in giro per la città. Il suo è un volto piuttosto familiare” – esordì Ludovica all’istante, mirabilmente attratta e stupendamente incuriosita di conoscermi.

“No, sono io che la sto bramosamente seguendo per regalarle quello che le manca e che anela silenziosamente da tanto tempo di ricevere” – risposi di getto, senza pensarci su, scoppiando entrambi in una fragorosa quanto eccezionale risata.

In un baleno ci accomodammo dentro il bar, ordinammo e iniziammo a dialogare, attratti in maniera bizzarra da una stravagante sensazione, peraltro libidinosa e incontinente dei nostri famelici e bramosi sensi. Io sono Ottavio, molto piacere, dai sono curioso, narrami la tua vicenda, ti ascolto, le manifestai io seguitando a conversare, suddividendoci a vicenda le bevande e i tramezzini farciti che avevamo frattanto ordinato. Dopo, quando non restò più nulla da spartire, Ludovica mi sollecitò stimolandomi senz’indugio di pedinarla. I suoi, invero, furono i conclusivi vocaboli che mi proferì, perché dopo venne il totale oblio, la completa quiete, intanto che mi scortò nella sua autovettura invitandomi di salire. Là dentro c’era un completo mutismo nel tempo in cui lei pilotava durante il tragitto, la totale omertà nel momento in cui la chiave spalancava l’uscio della sua dimora, calma e silenziosità anche quando mi portò nel bagno, disattenzione e finanche trascuratezza, allorquando Ludovica riempì la vasca da bagno con l’acqua calda.

Io in quella circostanza mi sentivo come intorpidito, vistosamente offuscato, interamente anestetizzato, inconsapevolmente mi sentivo sprovvisto di vitalità, sicché non mi spostai, imponendole di denudarmi adagio e di persuadermi d’entrare dentro la vasca, nel mezzo del vapore. In tal modo, di proposito, la mia staticità l’obbligò ad insaponarmi a rilento, intanto che la spugna slittava sul mio torace, lasciandomi al naso il profumo del bagnoschiuma, perché immerso in tutto quel magico oblio, assieme al contatto delle sue delicate mai sulla mia cute, gradualmente mi ripresi in modo tenue.

Il mio cazzo s’ingrandì in modo flemmatico, sapientemente accompagnato dalle mani di Ludovica, innegabilmente gelatinose e mollicce dovute all’effetto del bagnoschiuma, in compagnia delle sue unghie che seguivano con accortezza e con precauzione la piegatura del cazzo. Dopo lei lo lasciò per un attimo, sodo e gagliardo qual era in tutta la sua innata prestanza, divenuto al presente violaceo, mentre il suo vestito scivolava sul pavimento. Ludovica si collocò su di me nella postura della smorzacandela, la sua preferita d’altronde, senza mai lasciare la mia carne soda ci avvinghiammo assaporandoci e accoppiandoci in modo placido e indolente, senza fretta né impazienza, ma con bramosa partecipazione.

Io sdrucciolai di gusto dentro la pelosissima e nerissima fica di Ludovica imbottendola in profondità, ambedue espropriati sia di prestanza che di brillantezza. La nostra era a tutti gli effetti, una tangibile ed eloquente scenografia attenuata, come al rallentatore, ambedue saldamente attaccati alla vasca da bagno, intanto che Ludovica gravava sulla mia cavità pelvica regolando la cadenza degli affondi. Le nostre lingue si rovistavano frugandosi in maniera ghiotta e smodata, i suoi capezzoli rassodati battevano contro il mio torace, mentre l’acqua placida ci accarezzava. Io, smarrito in quella tenue penombra dei suoi lunghi e nerissimi capelli slegati sulla mia faccia, scambiai i miei intimi fluidi con lei, e quasi andai sotto quando contrasse sul mio cazzo e lagnandosi cadde su di me.

Rimanemmo in tal modo semi-appisolati nell’acqua ormai diventata tiepida, io dentro di lei, e Ludovica dentro di me, ciononostante parecchio più in profondità. Al presente ho di fronte al mio sguardo una conclusiva e spettacolare immagine di lei, dalla cute traslucida ed esile sulle lenzuola alla luce del mattino, che filtrava nella stanza e le sue chiappe armoniche e proporzionate, rivolte verso me, intanto che adagio serravo la porta alle mie spalle.

Ludovica era veramente e indubitabilmente una persona completa e perfetta, dall’incantevole e lunga nerissima chioma e con la cute vellutata, in quanto m’ha propriamente raccattato recuperandomi all’istante, intanto che andavo giù, prendendosi riguardo e totale premura di me. Io, nella stessa misura, ho compiuto amorevolmente e soddisfatto teneramente la medesima cosa con lei, suppongo accontentandola e appagandola, alla ricerca e nella riuscita di quel qualcosa che lei andava da sempre anelando e cercando d’ottenere.

In tutta cristallina franchezza e con schietta limpida onestà, io non l’ho mai e poi mai più incontrata, però le ho lasciato il mio recapito telefonico sopra la mensola accanto alla lampada a stelo, posizionata nell’angolo della sua accogliente e gradevole stanza.

Il numero che le avevo trascritto era sennonché inesatto, io ero attualmente e innegabilmente alticcio, profondamente entusiasta e incontestabilmente euforico, non solamente di lei.

{Idraulico anno 1999} 

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