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Quando la noia è la tua amica migliore

By 9 Aprile 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

L’astronomia è sempre stata una mia grande passione. Spazi immensi da esplorare, miliardi di anni di storia, e chissà quanti altri mondi, quante altre civiltà, quanti altri esseri viventi stanno scrutando il cielo da ogni angolo dell’universo, mentre io faccio la stessa cosa in questa notte impreziosita da un cielo terso e ricco di puntini luminosi. Chissà quanti guardano verso di me mentre io guardo verso di loro. E chissà a cosa pensano, quali preoccupazioni, quali gioie, quali dolori stanno vivendo in questo istante. I sentimenti, magari, sono universali. Ci sarà chi ha lo sguardo rivolto al cielo alla ricerca di un caro scomparso, chi guarda in alto con aria sognante per un amore appena nato, e chi lo fa a mo’ di consolazione per un rapporto interrottosi di recente. E ognuno penserà che la sua storia sia unica, che nessuno abbia mai provato il suo stesso dolore, o raggiunto le medesime vette di gioia. Tutto questo può essere terapeutico. Pensare che esistano centinaia di miliardi di stelle per ognuna delle centinaia di miliardi di galassie che affollano il nostro universo. Un numero di civiltà avanzate che non saprei neppure lontanamente quantificare. Quasi quattordici miliardi di anni di storie, di evoluzione, di apocalissi, di guerre e di passioni. E noi, che in tutto questo siamo solo un puntino infinitesimale. Noi esseri umani, che se racchiudessimo l’intera storia dell’universo in un solo anno, ne rappresenteremmo a stento gli ultimi secondi dell’ultimo giorno. Noi, così piccoli rispetto al Tutto, eppure in grado di provare emozioni così grandi e intense da farci pensare di essere unici, speciali, straordinari. E magari è proprio questa nostra aspettativa a renderci tali.
L’aria frizzante della notte mi riporta bruscamente alla realtà, strappandomi alle mie elucubrazioni in perfetto stile John Dorian e imponendomi di rientrare in casa. Ho da poco curato una brutta influenza, non ci tengo a ricaderci.
Mi sdraio sul letto, un’occhiata distratta al cellulare. Ore 2.37 di questa notte infinita. Vorrei scriverti, ma lascio stare. Per dire cosa, poi? Entrambi sappiamo già tutto. Entrambi ci siamo detti tutto. Poso il telefono. Mi rimetto supino, mani dietro la nuca e sguardo rivolto al vetro della portafinestra.
Pensieri di nuovo liberi di vagare.
Mi sento uno stupido, in fondo. Tanta magnificenza, tanta grandiosità nel disegno universale, e io, che sottovaluto tutto questo per concentrare i miei pensieri quotidiani esclusivamente su di te. Come andare al Louvre e incantarsi a guardare l’interruttore della luce. Non faccio in tempo a finire di pensare l’ennesima stupidaggine della serata, che subito me ne viene in mente un’altra. Forse l’amore è effettivamente l’interruttore della luce nella nostra vita. Forse l’amore non è un bel quadro, è l’interruttore che ci permette di illuminare la sala e renderci conto della bellezza di quell’opera d’arte. Non è la luna, è il dito che ce la indica. Non è una stella lontana, è il telescopio che ci permette di ammirarla. Non è un traguardo, ma il mezzo che ci stimola a raggiungerlo.
Già di giorno sono un disastro. Già alla luce del sole la mia mente macina pensieri su pensieri. Di notte, però, tutto si amplifica. Mi sforzo di resistere, di non cadere in una nuova spirale di idee e considerazioni. Voglio solo alleggerire la testa stanotte. Rilassarmi. Ne ho bisogno. Decisamente. Basta pensieri, concediamoci un po’ di frivolezza.
Mi impossesso nuovamente del telefono. Attivo lo schermo. Il mio polpastrello oltrepassa l’icona di WhatsApp, per posarsi su quella del browser. E’ passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta. Riapro quel sito. Il ‘nostro’ sito. Nessun titolo interessante fra gli ultimi racconti pubblicati, nessun autore che già conosca. Scorro titoli inequivocabili e privi di qualsivoglia poesia. Risalendo la schermata, il mio sguardo si posa sulla sezione del racconto random. Un sorriso amaro si dipinge sul mio volto. Sono abituato agli scherzi del destino, neanche me ne meraviglio più ormai. Il titolo del tuo primo racconto troneggia, colorando di arancio i pixel davanti ai miei occhi. Lo apro. Leggo le prime righe. Ne è passato di tempo da allora. Poco più di due mesi in effetti, ma a me sembra un’eternità. Leggo con disattenzione, i miei occhi scorrono le lettere e le parole, ma la mia testa è assente. Ripenso alle nostre di parole. Al fuoco ardente di quei giorni. Una lieve scarica elettrica mi corre lungo la schiena, e un fremito attraversa il mio membro.
Quasi distrattamente lo accarezzo con la mano libera. Non è ancora rigido, ma guadagna consistenza rapidamente.
Le immagini di te sul tuo letto scorrono nella mia testa. Quella dannatissima maglietta continua a turbare i miei pensieri. Tu che dormi. Lei che risale appena lungo le tue cosce, scoprendo parte della tua intimità, libera da altri indumenti.
Il mio sesso aumenta ancora di dimensioni, stimolato lentamente dal palmo della mia mano. E dagli inevitabili pensieri impuri che mi assalgono.
Mi immagino lì, con te seminuda e incosciente a pochi centimetri di distanza, preda del mio sguardo lussurioso sul tuo corpo prorompente, sulle tue forme abbondanti, sulle tue cosce nude. Immagino di sfiorarle appena con le dita, solleticandole. Di scivolare sul materasso e portare il mio viso in prossimità delle tue gambe.
La mia mano, intanto, afferra il mio membro con vigore. L’erezione è cominciata, l’elastico degli slip inizia a sfregare dolorosamente contro il glande, perciò lo faccio scivolare più in basso.
Le mie labbra sostituirebbero le dita che ti sfioravano fino a pochi istanti prima. Morbidamente, le farei scorrere dalle caviglie in su. Fino al ginocchio, e oltre. Fino alle tue cosce appena divaricate. Bacerei la tua pelle liscia e profumata, risalendo fino a percepire il tuo odore di donna spandersi dalla tua intimità forse già un po’ umida.
Libero il mio membro, ormai del tutto eretto, dalla costrizione degli abiti. Svetta possente verso l’alto. Lo impugno, iniziando un lento su e giù e non smettendo per un solo istante di pensare a te.
Di pensare al mio viso insinuato tra le tue cosce, che ti costringe con dolcezza a divaricarle ancora un altro po’. La maglietta è, ormai, all’altezza del pube. Davanti ai miei occhi, il tuo sesso depilato appare in tutta la sua bellezza. Con le dita ne disegno il contorno delle labbra. Non resisto, forzando appena l’apertura. L’avverto umida, ma non mi basta. Voglio assaggiarti, così porto le mie labbra sulle tue. Le bacio delicatamente, poi con la punta della lingua seguo il percorso prima tracciato dalle dita. Dormi ancora profondamente, ma il tuo respiro appare più corto. Forse queste attenzioni stanno donandoti sogni intensi.
La mia mano attorno al mio pene prende a muoversi con maggior rapidità. E’ duro. Il glande, completamente scoperto e gonfio, gli conferisce un aspetto ancor più maestoso.
Intanto, la mia lingua si insinua tra le tue labbra, e le prime gocce del tuo piacere si riversano nella mia bocca. Le assaporo avidamente, entrando dentro di te. Un gemito rompe il silenzio della tua stanza da letto. Di certo, a breve il piacere che stai provando ti porterà a destarti. Ma, intanto, io continuo imperterrito nella mia opera. Il tuo clitoride cattura la mia attenzione. La mia lingua si porta su di esso. Lo premo con la punta, imponendogli un lento movimento circolare. Le mie dita, intanto, si riappropriano della tua fessura. Ne infilo appena uno. Sei fradicia, ormai. Un urlo sommesso si propaga dalla tua bocca mentre la mia falange viola la tua intimità. In breve, prendi a gemere senza ritegno, mentre le tue mani vanno a cercare la mia nuca, spingendomi contro la tua vagina fremente.
La mia mano scorre ormai veloce sul mio membro. Posso sentirne le vene in rilievo, mentre la mia masturbazione si fa quasi frenetica. Il limite è più che vicino, il punto di non ritorno a un passo.
Le mie labbra, intanto, si serrano attorno al tuo clitoride gonfio, tirandolo, succhiandolo con passione, mentre prima una e poi due dita allargano oscenamente la tua intimità, entrando e uscendo da te a velocità folle. Esprimi il tuo gradimento con sempre maggior foga, gemi rumorosamente, incitandomi a continuare. E io lo faccio. Aumento il ritmo portandoti al limite, facendoti irrigidire, tremare e godere sotto i colpi della mia bocca e delle mie dita. Esplodi in un orgasmo devastante, urlando a pieni polmoni il tuo piacere.
Nello stesso istante, il mio membro inizia a pulsare, eruttando copiosi fiotti di sperma denso e caldo, che ricadono impiastricciando il mio sesso e le mie mani.
Quanto vorrei essere davvero con te, per farti assaporare il frutto del mio piacere dopo aver gustato il tuo.
E subito ricominciare, senza un attimo di tregua, appena dopo averti sentita sussurrare: ‘Voglio fare l’amore con te’.
E’ proprio vero. Siamo un puntino infinitesimale nell’universo. Una manciata di secondi nella storia del Tutto. Ma finché saremo in grado di provare tutto questo, potremo considerarci grandi. Unici. Speciali. Straordinari.

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