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GIOCO 3

Erano passati tre giorni dalla seconda prova; certo, i game master sapevano che dovevano lasciare ai concorrenti il tempo di riprendersi un minimo se non volevano vederli stramazzare a terra per davvero. Non che questo importasse realmente agli organizzatori ma il gioco sarebbe stato poi meno interessante. La seconda prova si era rivelata però particolarmente impegnativa dal punto di vista fisico e tutti accusavano chi un dolore muscolare chi un certo bruciore alle parti intime.
Quel giorno almeno era stato permesso che i giocatori si recassero in sala giochi sulle loro gambe. Quella mattina avevano persino ricevuto in sala mensa una ricca colazione: un cornetto albicocca, una tazza di latte e cereali e un caffè a testa.

Entrarono in fila indiana nella sala giochi. Impersonale come sempre il freddo stanzone: un non luogo avrebbe detto lo scrittore francese Marc Augè. I giocatori ci trovarono già sei guardie parate come bravi soldatini, i soldati indossavano solo la parte superiore della divisa ma non portavano pantaloni né mutande. Sciorinavano a mo’ di bandiere i loro cazzi mosci. In cosa sarebbe consistito il terzo gioco?

Puntuale come un orologio svizzero la voce calda da conduttore, attraverso l’altoparlante, diede la risposta:

” Bentrovati. La terza sfida è una gara di pompini. Le guardie sono già pronte. Scegliete voi chi rappresenterà la vostra coppia. Noi vi guarderemo attraverso telecamere opportunamente nascoste e assegneremo a ciascun giocatore un voto da 60 a 110. Come fosse la vostra maturità orale. Quando tutti i concorrenti in gara avranno terminato il loro lavoro di bocca vi diremo il nome della vincitrice o del vincitore. Buona fortuna!”

Bene, potevano ancora un po’ lasciare i muscoli a riposo; be’, non proprio tutti i muscoli.
“Finalmente! Questa volta ho praticamente la vittoria già in tasca”, Jasmine proruppe in un giubilo. Jasmine si considerava un’abile pompinara. Ai tempi dell’università ne aveva succhiati parecchi: colleghi, emeriti sconosciuti, assistenti e professori. Fu proprio lei la prima a scattare verso il suo soldato, ovviamente scelse il più imponente e quello col cazzo più bello (sebbene quando lo prese in mano era ancora una molliccio).

Jasmine iniziò la sua sfida agguantando il cazzo davanti a sé come fosse una rockstar e quello il suo microfono. Sperò che gli fosse capitato anche il più resistente, ma su questo non poteva essere certa. Voleva esibire tutta la sua tecnica. Dapprima shakerò per trasformare il brutto anatroccolo in un ciglio. Salutò poi il ciglio leccandolo dalle palle alla cappella. Ora aveva innanzi agli occhi una mazza di medie dimensioni; ne aveva viste di più grosse, però dai…Infatti quello che reggeva in mano e avrebbe a breve messo in bocca era un pene soprattutto lungo. Il proprietario del lungo attrezzo era un uomo sulla cinquantina, biondo un poco stempiato occhi azzurri con qualche ruga attorno e pizzetto, fisico ben messo (si vedeva che andava in palestra): assomigliava un po’ a quel famoso attore britannico, Daniel Craig.
La donna accostò delicatamente al glande le labbra su cui aveva applicato un rossetto rosso, se lo fece scivolare lentamente dentro e diede un paio di colpetti con la lingua. Nel pompino era incredibilmente parsimoniosa e paziente come non lo era in nient’altro.
Se lo mise in bocca fino a metà, non avrebbe mai potuto farlo scomparire tutto a causa della lunghezza. Cominciò a muoversi avanti e indietro dondolando la testa e le mani; ad ogni passaggio una quantità esagerata di saliva grondava sul pene e sul pavimento.
Di tanto in tanto la rossa staccava per un attimo dal bastone per cercar traccia delle telecamere. Niente, non vedeva nulla.
Per quanto provasse a mantenere mento alto, sguardo dritto ed espressione imperscrutabile anche la guardia ogni tanto si distraeva dal suo triste lavoro (essere un manichino di carne). Lui lo faceva però per una sacrosanta ragione e cioè sbirciare l’aspetto di colei che lo stava spompinando cosi bene. Era bellissima la donna seduta sui talloni, con la mente si poteva scivolarle lungo la schiena fino e riempirsi i palmi di quelle grosse natiche celate dietro un leggins zebrato. La donna aveva raccolto la fulva chioma dietro la nuca.
Probabilmente Jasmine non aveva indovinato il più resistente della compagnia perché dopo sette minuti di fellatio la guardia venne. Si svuotò senza avvisaglie nella sua bocca. Lei fu costretta a deglutire per non soffocare ma subito dopo non riuscì a nascondere un moto di disgusto.

Song era l’unico maschio in gara. Aveva pregato Alice di poter rappresentare la loro coppia in quella gara di pompini. Alice aveva accettato nonostante anch’ella si ritenesse brava nelle discipline orali…non eccellente, ma brava. “D’accordo, ma mi raccomando una cosa: calma, non farlo durare un minuto” l’aveva ammonito la ragazza conoscendo ormai la passionalità del partner che difficilmente riusciva a controllare. “Tranquilla, sarò una squillo di lusso e non una di quelle zoccole che non vedono l’ora di far sborrare il cliente per sgraffignare cinquanta euri e passare al prossimo ”. In effetti Song presa posizione davanti ad una guardia scelta ad occhio (non gli importava fosse bello o dotato), solo una volta lubrificatosi i palmi e le dita con la saliva, solo una volta sfregatosi ben bene le mani come un chirurgo prima di operare, afferrò con ambo le mani il paziente. Stette un attimo a riflettere quasi a voler fare una diagnosi e lo iniziò a menare: da un ramoscello sottile e ricurvo ne ricavò un tronco non dico di quercia ma di cipresso. Ora poteva aprire la bocca e inghiottirlo: ne prese tra le labbra il glande, come la lamina di un frullatore mosse la sua lingua dedicando al frenulo le sue maggiori attenzioni, poi fece sparire tutto il troncone nella cavità orale. Si affidò a una prassi studiata e sperimentata: succhiare, lappare, prendersi i testicoli in bocca uno alla volta mentre si continua a segare, massaggiare il perineo mentre si riprende fiato, ricominciare a succhiare e così via fino all’esplosione. Esplosione che arrivò dopo quindici minuti, ma copiosa e del tutto soddisfacente, riversandosi sul pavimento (Song si era ritirato con destrezza ai primi spasmi di quel pene, con un sorriso stampato in faccia e un’aria sorniona).

Chiara non avrebbe voluto prendere un cazzo in bocca quel giorno, ma si trovava costretta suo malgrado anche lei a prendere parte alla spompinata di gruppo. Benito aveva scelto per lei l’uomo al quale avrebbe dovuto dedicarsi: si trattava della guardia più gracile delle sei, alta e secca occhi scuri capelli neri corvino troppi peli addosso e un pene davvero grottesco; era un pene assai corto ma quasi una lattina in larghezza. Quel giorno Chiara indossava un vestitino rosa con ricami di pizzo agli estremi e scarpe converse ai piedi. All’arrivo della ragazza il pene grottesco era già barzotto, con riluttanza la ragazza si dovette inginocchiare. Era impacciata, in tutta la sua vita aveva succhiato solo due cazzi e uno durante la gara; l’altro si era trovata a succhiarlo a un compagno di classe al liceo nei bagni durante l’ora di educazione fisica.
Portò timidamente le mani attorno a quella grossa ascia sebbene non riuscisse del tutto ad impugnarla tanto era grossa. Sotto lo sguardo bramoso di Benito che l’osservava fu anche peggio quando cercò di ficcarsi il nerbo in bocca. La tenera boccuccia di Chiara non era fatta per accogliere quelle dimensioni. Con frustrazione e rabbia, mentre iniziava a sudare e farsi rubiconda in viso, alla fine la lattina riuscì ad entrare: una scena pietosa, non poteva neanche estrarre la lingua; gli occhi le lacrimavano e le guance sembravano essere sul punto di squarciarsi. Quantità esagerate di saliva presero a ricoprire la mazza di carne, che non doveva nemmeno lei gradire troppo il trattamento. Arrapato e stanco di aspettare, non volendo in nessun modo permettere a quell’erezione di sfiorire, la guardia ad un certò bloccò la testa alla ragazza. Era la prima volta che una guardia si muoveva per fare qualcosa di attivo; bloccò la testa alla ragazza e iniziò a muovere avanti e indietro il bacino. Se quella bocca non l’avrebbe scopato, doveva scopare lui quella bocca al costo di contravvenire agli ordini ricevuti. Chiara iniziò ad agitarsi, voleva fermalo, alzarsi e scappare; tentò di artigliare le gambe dell’uomo e cominciò ad emettere suoni soffocati. Tutto era però inutile: più si ribellava, più la guardia schiacciava con la mano nodosa e pelosa la sua chioma bionda. Ovviamente Benito era divertito dalla scena e avrebbe voluto mettere anche il suo cazzo nella mano a Chiara.
Dopo un primo momento Chiara si scoprì bagnata. Non erano tuttavia le lacrime che le avevano irrorato prima il viso dallo sforzo e della rabbia, bensì qualcosa di più caldo in mezzo alle cosce. Come una rugiada del mattino le impreziosiva il suo bocciolo di rosa e le finiva sui petali. Ora la ragazza non avrebbe più saputo dire con certezza se continuava a protestare per scappare davvero da quella situazione, se invece lo faceva per mostrare all’esterno una certa coerenza con gli atti di poco prima o se invece lo faceva perché il suo amante occasionale la premeva con sempre maggiore brutalità reagendo a quella sua pantomima. Ora vedeva la sua mente affollata di immagini, immagini che in un primo momento aveva contrastato: si vedeva quel bullo del partner alternarsi a quella guardia nella bocca, si vedeva scopata la bocca senza ritegno da Benito, riempita negli altri due orifizi da due uomini con il volto oscurato (un cazzo è un cazzo!), si vedeva dominata dal compagno di classe che aveva spompinato al liceo… Fu delusa quando la lattina le venne strappata via con violenza troppo presto, lasciandole la bocca orfana; i suoi occhi comunicavano tristezza quando il secco al limite dopo poche menate le venne sulla faccia. A lei restava almeno il contentino di far banchetto con tutta quella sborra.

Questa volta il gioco terminò dopo nemmeno venti minuti, la più lenta fu Martina non perché le fosse capitato uno con la resistenza di un maratoneta ma perché le faceva proprio ribrezzo toccare un pisello. La solita voce squillò oltre l’altoparlante:
“Dobbiamo dire che questo gioco ce lo siamo proprio goduti, complimenti giocatori. Abbiamo deciso di dare la lode in pompini al signor Song, quindi dieci punti vanno alla coppia 4. Un 110 senza lode per quella sua disattenzione finale alla signora Jasmine, quindi cinque punti vanno alla coppia 2. La classifica finale vede in vantaggio con venti punti la coppia 4 costituita da Alice e Song. Niente è ancora deciso.”

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