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Giorgia sentì il suono del campanello e si voltò ad osservare i nuovi venuti.
Erano quattro uomini attorno ai quaranta, tarchiati e scuri in volto.
Attese che scegliessero un tavolo di loro gradimento – impresa piuttosto semplice, giacchè erano gli unici avventori – quindi si avvicinò con i menù.
“Vi lascio l’elenco dei nostri piatti, torno tra cinque minuti quando avrete deciso”, disse sorridendo.
“Lascia stare, sappiamo già cosa prendere”, disse quello con i capelli a spazzola.
“Bene, allora prendo subito l’ordinazione”, disse estraendo il blocchetto e la penna.
“Prendiamo sushi con carne”, disse l’uomo.
Giorgia staccò la penna dal blocchetto.
“Signori, qui noi serviamo solo pesce, mi spiace – rispose interdetta – Se però qualcuno non lo gradisce, ci sono verdure, zuppe….”.
“Vogliamo sushi con carne”, ribadì l’uomo guardandola negli occhi con sguardo deciso.
Ci mancava solo più questo imbecille, pensò Giorgia senza smettere di sorridere.
“Vorrei aiutarla, ma purtroppo….”.
“Chiamami il titolare!”, sbraito l’uomo.
La ragazza girò i tacchi e si avviò verso la cucina.
Oltrepassò la prima porta e aprì la seconda, dietro la quale si nascondeva una minuscola stanzetta che il padre aveva adibito ad ufficio.
“Papà, ci sono quattro cretini di là che voglio sushi con carne”, disse.
L’uomo sollevò lo sguardo da una fattura e la guardò con sufficienza.
“Digli che non l’abbiamo, no?”.
“Gliel’ho detto, ma vogliono parlare con te”.
“Io ora sono impegnato”, cominciò, poi intercettò lo sguardo compassionevole della figlia.
“Va bene – disse alzandosi – però devi imparare a gestire da sola delle situazioni come questa”.
La precedette nella sala da pranzo, ma quando vide gli avventori si bloccò.
“Cosa volete?”, domandò con tono preoccupato.
“Vogliamo solo mangiare, non preoccuparti”, disse l’uomo con i capelli a spazzola, anche se il tono suggeriva tutt’altro.
“Bene, allora stasera sarete miei ospiti. Volete una barca? Una selezione di sashimi? Abbiamo un tonno eccezionale”.
Si voltò verso la cucina e urlò: “Quattro menù completi! Veloce!”.
Il tizio scosse la testa.
“Lo abbiamo già detto alla signorina: vogliamo sushi con carne”.
Andrea, il padre di Giorgia, si grattò la testa.
“Io vi vorrei veramente accontentare, ma questo è un ristorante di pesce, anche volendo non ho carne in frigo”.
“Lo so benissimo, Andrea. Quando ti dico che voglio sushi con carne, intendo però un’altra cosa”.
Il ristoratore lo guardò perplesso.
“Ora tu ci porti il tuo miglior sushi, ma, anzichè servircelo su dei piatti, lo poggerai sul corpo di quella ragazza. Nuda, ovviamente”.
Indicò Giorgia con l’indice la quale, per reazione, fece un passo indietro e strinse il menù al petto, quasi come per difendersi.
“Ma cosa dici? – replicò Andrea sporgendosi verso di lui e abbassando la voce – Quella ragazza è mia figlia!”.
“Lo so bene che è tua figlia – continuò l’uomo – Giorgia, ha appena compiuto diciotto anni, va al liceo classico e fuma di nascosto da te”.
Andrea guardò verso la figlia, la quale sembrava veramente spaventata.
“Hai cinque minuti – proseguì l’uomo – Se entro cinque minuti la nostra portata non è in tavola ce la prenderemo da soli, ma non ci limiteremo a mangiarci sopra”.
Sorrise, ma gli occhi non erano amichevoli.
Andrea si deterse il sudore dalla fronte usando un tovagliolo e andò verso la figlia.
“Papà, chi sono questi individui?”, domandò la ragazza con un filo di voce.
“Tesoro, devi sapere che quando ho aperto questo posto, non è stato attraverso un finanziamento della banca”, spiegò.
La ragazza rimase in silenzio, anche se aveva già immaginato come sarebbe proseguita la storia.
“Un amico, uno che conoscevo – continuò il padre – mi disse che mi avrebbe messo in contatto con qualcuno che ci avrebbe aiutati, e così incontrai questi signori. Mi diedero tutti i soldi che ci servivano in ventiquattro ore, e così potemmo aprire”.
“Papà, sono degli usurai! Cosa ti è venuto in mente? Non li leggi i giornali?”.
“Tesoro, non avevo scelta! Io non lavoravo, tua madre non lavora neppure ora, la banca non ci aveva concesso il mutuo, cosa avrei potuto fare?”.
“Bella scelta! E adesso?”.
“Un minuto è passato”, annunciò a voce alta l’uomo al tavolo.
“Adesso non so come uscirne”, confessò l’uomo abbassando lo sguardo.
Il cuoco, ignaro del dramma in corso, uscì dalla cucina con quattro piatti in mano.
“Per i signori?”, domandò, anche se era evidente visto che non c’era nessun altro.
“Aspettiamo il coperto”, disse l’uomo.
Il cuoco guardò interdetto verso Andrea, che però fissava il pavimento.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, nel frattempo uno dei quattro, con il cranio rasato, estrasse una pistola e la poggiò sul tavolo.
Rimasero tutti in silenzio, in uno stallo surreale: il cuoco con i piatti in mano, Andrea con lo sguardo basso e Giorgia addossata al muro.
“Due minuti….”, ribadì quello con i capelli a spazzola.
Giorgia guardò verso la porta, sperando ardentemente che entrasse qualcuno, ma il martedì sera non era mai una serata propizia. Neppure le altre, a onor del vero.
Diversamente non si sarebbero trovati in quella situazione.
“Tre minuti!”.
“Ragazzi, datemi solo un po’ di tempo…”, li implorò Andrea.
“Tempo per cosa? – disse uno con la barba che fino a quel momento non aveva parlato – Per tenere aperto questo posto di merda e perdere ancora soldi? Noi abbiamo investito su di te, e ci siamo sbagliati. Ma gli unici che stanno perdendo qualcosa siamo noi, e questo non è giusto”.
“Due minuti!”, annunciò l’altro.
Giorgia si sentiva tremare, ma sapeva che non c’erano alternative, almeno non raggiungibili in un minuto.
“Va bene!”, disse.
Tutti si voltarono verso di lei.
“Tesoro, non ci pensare neppure!”, le disse il padre.
“Ho detto che va bene. Non morirò per questo”, ribadì decisa.
I quattro uomini sorrisero cattivi, il padre scosse la testa.
“Non so che dire, non avrei voluto arrivare fino a questo punto…”, ammise.
“Ecco, bravo, non dire nulla”, sottolineò quello con i capelli a spazzola.
Gli sguardi erano tutti sulla ragazza, che posò il menù sul primo tavolo libero.
Ce l’avrebbe fatta?
Prima di quel momento l’aveva vista nuda solo il suo ragazzo, sarebbe riuscita a spogliarsi di fronte a degli sconosciuti?
L’avrebbe scoperto presto.
Sbottonò i primi bottoni della camicetta.
Tutti la guardavano, era estremamente in imbarazzo.
La slacciò fino all’ultimo e si liberò dell’indumento poggiandolo allo schienale di una sedia.
Sotto portava un reggiseno nero.
“Su, che il sushi si fredda!”, disse l’uomo, e tutti risero.
Solo Andrea rimase impietrito, combattuto tra guardare sua figlia e continuare a fissare il pavimento.
Giorgia slacciò il bottone del gonnellino e abbassò la cerniera. L’indumento scivolò lungo le gambe e atterrò sul pavimento.
Lo scavalcò, mentre gli sguardi di tutti erano puntati sul suo perizoma azzurro.
Doveva andare avanti?
Si liberò delle scarpe.
Il pavimento freddo a contatto con la sua piante del piede la fece rabbrividire.
Serrò le braccia conserte sul suo seno.
“Tutto. Togliti tutto, mi sembrava chiaro”, le ordinò l’uomo rasato.
Tanto lo sapeva.
Si voltò con il viso al muro e slacciò il gancetto del reggiseno, quindi lo mandò a tener compagnia alla camicetta.
“Complimenti, bel culetto!”, disse uno che non riuscì ad identificare.
“Dai, togli sto cazzo di perizoma!”, disse un altro.
Trasse un sospiro, afferrò l’elastico e lo abbassò fino alle caviglie, poi lo allontanò con un calcio.
Si voltò, tenendo pudicamente le mani sul pube rasato.
“Brava, bella di papà – commentò ironicamente quello con i capelli a spazzola – Ora vieni, che abbiamo fame”.
Si avvicinò titubante al tavolo.
“Coraggio! Sdraiati di schiena”.
Poggiò il sedere sul bordo del tavolo, poi si adagiò.
Era completamente esposta, sotto gli occhi di tutti, incluso suo padre e il cuoco.
“Coraggio, impiattiamo!”, disse al cuoco quello rasato.
Il cuoco guardò verso Andrea, che gli fece cenno di sì con la testa.
Forse per delicatezza o forse per un bizzarro senso estetico, appoggiò i primi due pezzi di sushi sui capezzoli di Giorgia, poi li distribuì sul suo petto, sulla pancia e sul pube.
Gli uomini presero le bacchette.
Giorgia sentì il tocco su una costola.
Aveva gli occhi chiusi, non voleva vedere, ma sentì uno di quegli uomini rivolgersi al padre e al cuoco: “Allora? Vi sembra normale stare attorno quando la gente mangia? Che modi sono? Via, in cucina!”.
Giorgia sentì i passi allontanarsi.
“Non mi stupisce non abbiano clienti, non sanno comportarsi”, commentò uno.
Il pezzettino di sushi sul capezzolo destro venne prelevato tra i primi.
“Che dici, ce la farà a pagarci?”.
“Lo vedo male”.
Conversavano come se lei non ci fosse, come se fosse veramente il tavolo su cui servirsi.
Via anche l’altro pezzettino dal capezzolo sinistro.
“E come facciamo?”.
“Potremmo sfruttare sta puttana”.
Giorgia sentì un colpo al cuore.
Via altri pezzetti.
“Dici? Ha le tette piccole, non va bene per lo strip”.
“Potrebbe rifarsele”.
“Sì, certo. E con quali soldi? Paghiamo di nuovo noi?”.
Giorgia si sentì avvampare. Parlavano di lei? Erano seri lo facevano solo per spaventarla?
“E’ vero. Però potrebbe darsi al porno”.
Il suo cuore perse un battito. Veramente pensavano di riservarle quella sorte?
Perché suo padre era stato così incauto?
Le punte delle bacchette la solleticarono ancora mentre altri pezzetti di pesce venivano prelevati.
“Potremmo farla battere. Di quello dovrebbe essere capace”.
L’uomo le tirò uno schiaffetto sulla guancia e la spinse ad aprire gli occhi.
“Giorgia, sei vergine?”.
“No”.
Arrossì.
“Quanti uomini hai avuto?”.
“Uno. Il mio ragazzo”.
“Dio mio, che squallore! Anale? Lo fai?”.
Diventò ancora più rossa.
“No, mai”.
“Orale? Fai i pompini?”.
Si augurò che suo padre fosse fuori portata di udito.
“Sì. Qualche volta”.
Qualcuno prelevò l’ultimo pezzetto di sushi, posto proprio sopra il suo ombelico.
Era finalmente finito?
Poteva andare?
Rimase immobile, non scordava la pistola appoggiata sul tavolo.
Sentì le bacchette titillarle un capezzolo, che subito diventò duro.
Anche l’altro capezzolo venne sottoposto alla medesima stimolazione, con il medesimo risultato.
“Signori, per piacere, posso andare?”, domandò Giorgia, sempre con gli occhi chiusi.
“No bella….sento che sta per arrivare il dolce”.
Un altro paio di bacchette le toccò il clitoride, facendola quasi trasalire.
“Signori, vi prego – disse ancora con gli occhi chiusi – Avete mangiato, questi erano gli accordi”.
Il legno freddo continuava a stimolarla, ora sentiva il clitoride ingrossarsi.
“Ogni quanto ti scopa il tuo ragazzo?”.
Giorgia deglutì.
“Poco….vive in un’altra città….”.
“Che peccato! Perché qui c’è da divertirsi, ne sono sicuro”.
Sentì due bastoncini afferrarle il labbro sinistro e tirarlo verso l’esterno; un attimo dopo la stessa operazione venne compiuta sul labbro destro.
Le venne istintivo allargare le gambe, e nel farlo le fece ricadere oltre il piano del tavolo, una gamba a destra e una a sinistra.
Ora era completamente aperta.
Il clitoride ricevette un altro tocco delicato, come una carezza lignea.
Giorgia sospirò. Si stava bagnando.
I bastoncini ripresero a stringerle i capezzoli, con una presa ferma ma non dolorosa.
Anzi.
Le labbra si stiracchiarono ulteriormente, esponendo ancora di più il clitoride.
Due bacchette lo lavoravano con delicatezza e decisione allo stesso tempo, con una sensibilità unica.
Stava per venire.
“Vi prego….non qui”, disse con un filo di voce.
Le bacchette che fino a poco prima le stavano tormentando i capezzoli presero ad accarezzarle i fianchi.
Era piacevole. Molto.
“Sulla pancia…”, disse.
“Cosa?”, domandò una voce maschile.
“Accarezzatemi sulla pancia, vi prego…”.
Un attimo dopo sentì cinque dita calde percorrerle il ventre.
Le piaceva, le era sempre piaciuto.
Due bacchette le strinsero ancora la base del clitorode, e lei venne.
Improvvisamente e violentemente.
Sentì il suo corpo attraversato dal piacere e sfogò il suo orgasmo con un mugolio prolungato.
Quando riaprì gli occhi vide le espressioni serie degli uomini.
Per un attimo si era dimenticata in quale situazione fosse.
“Scendi, dobbiamo sparecchiare”.
Non capiva il senso della frase, giacchè non c’era nessun piatto sul tavolo, ma eseguì lo stesso.
“Piegati a novanta gradi sul tavolo”, le ordinò quello con la barba.
Si mise nella posizione richiesta.
“Noi siamo dei clienti modello e dopo cena non lasciamo le nostre cose in giro. Ragazzi, riponiamo le bacchette. Ma prima le passeremo nel wasabi”.
L’uomo prese le bacchette e in maniera molto teatrale le passò nella salsa piccante, poi si posizionò dietro alla ragazza
Giorgia sentì i due bastoncini insinuarsi nel suo ano, e poco dopo un calore pazzesco le si sprigionò in prossimità dell’ano.
Un istante dopo arrivarono anche gli altri due, anche questi imbevuti del liquido urticante.
Uno dopo l’altro entrarono tutti e otto.
Il fuoco dentro di lei la costrinse ad aprire la bocca, quasi boccheggiando.
In aggiunta, la posizione e la situazione erano imbarazzanti, imbarazzo che crebbe ulteriormente quando l’uomo con i capelli a spazzola chiamò suo padre.
“Dio mio….povero amore mio!”, disse l’uomo non appena vide sua figlia.
La ragazza fece per alzarsi, ma uno schiaffo su una natica la persuase a desistere.
“E’ stata una buona cena, ti ringrazio”, disse l’uomo.
“Ora possiamo ritenere estinto il nostro debito?”, chiese Andrea.
L’uomo con il pizzetto lo guardò con occhi sgranati, poi scoppiò a ridere.
“Ma sei serio? Secondo te mettere le mani su quella puttana di tua figlia vale tutti soldi che ci devi?”.
“Non ti permettere di chiamarla così!”.
“Io mi permetto cosa voglio. Quello che è capitato stasera non estingue neppure un euro del nostro credito, serve solo a ricordarti che noi non siamo stupidi e che quello che è nostro ce lo prendiamo come vogliamo. E anche quello che non è nostro”.
Giorgia nel frattempo si sentiva morire. Voleva solo che se ne andassero e che le permettessero di uscire da quella situazione.
“Per curiosità, a quanto avresti messo questo piatto?”, domandò l’uomo con i capelli a spazzola.
“Ma non lo so…non ci voglio neppure pensare!”, rispose il ristoratore.
“Allora ci penso io – proseguì l’uomo – Abbiamo mangiato in quattro, il sushi era buono e fresco, questo te lo riconosco. Anche la ragazza era buona e fresca, e tutto questo secondo me lo puoi mettere a cinquecento euro”.
Mise una mano sul sedere di Giorgia e prese ad accarezzarlo.
“Ne fai due a cena e uno a pranzo e sono millecinquecento euro in un giorno. Non male, eh?”.
“Non ci penso neppure!”.
“Infatti non ci devi pensare, lo devi fare. Da domani chiunque verrà a chiederti sushi con carne sarà servito in questa maniera, la voce la spargiamo noi. E questo andrà avanti fino a quando il debito non sarà estinto, chiaro?”.
“Senti, ma io….”.
L’uomo diede una manata al sedere di Giorgia strappandole un urlo.
“Nessun ma! Fai questo o questa puttana passerà la notte a fare pompini a venti euro a botta. E a quel punto rimpiangerete entrambi di non aver accettato il mio consiglio”.
Afferrò le code delle bacchette che sporgevano dal sedere della ragazza e le spinse ulteriormente dentro di un paio di centimetri.
Giorgia urlò ancora.
“Siamo d’accordo?”.
Andrea guardava ancora il pavimento.
Le bacchette penetrarono ancora, e Giorgia urlò di nuovo.
“Siamo d’accordo?”.
Il padre sospirò.
“Va bene, siamo d’accordo!”.
L’uomo con i capelli a spazzola sorrise e sfilò le bacchette dallo sfintere di Giorgia, che però rimase piegata sul tavolo.
“Ce ne andiamo, il caffè ci renderebbe troppo nervosi”.
Risero tutti e imboccarono la porta di uscita.
Giorgia si accertò che fossero usciti, poi si alzò ed andò ad abbracciare suo padre, che la strinse forte.
Era stremata e spaventata, tanto spaventata che non si accorse dell’erezione di suo padre.

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